15 ottobre—15 dicembre

SIAE – Classici di Oggi ex novo musica 2017 ex novo ensemble Infopoint Caleidoscopio Novecento ringrazia Ex Novo Ensemble Florence Alibert Presidente Claudio Ambrosini xiv. edizione Enrico Bettinello Cannaregio 3095 – 30121 Venezia dal 15 ottobre al 15 dicembre 2017 Gabriele Bonomo Tel./Fax (+39) 041 5240550 Sandro Cappelletto Mobile (+39) 338.8976827 SIAE – Classici di Oggi Cristiano Chiarot [email protected] Massimo Contiero www.exnovoensemble.it Gran Teatro , Laura Coppola Sale Apollinee Matteo Costa Ingressi Conservatorio Benedetto Marcello, Lucas Christ Interi 20 euro Sala Concerti Angela Ida De Benedictis Residenti a Venezia 10 euro Ateneo Veneto, Alexandre Dratwicki Studenti, soci CinemaPiù e soci Tci 5 euro Aula Magna e Sala Tommaseo Rosa Giglio Stefano Lombardi Vallauri La manifestazioni presso l’Ateneo con il sostegno di Mario Messinis Veneto e il Conservatorio Benedetto SIAE Letizia Michielon Marcello sono ad ingresso libero Fondazione Teatro La Fenice Marina Niero Palazzetto Bru Zane – Massimo Ongaro Biglietteria Vela: Centre de musique romantique française Fortunato Ortombina punti vendita e orari Pro Helvetia Angela Pescolderung Teatro La Fenice tutti i giorni Fondazione Svizzera per la Cultura Gianluigi Pescolderung dalle 10.00 alle 17.00 e un’ora prima Franco Rossi dell’inizio degli spettacoli con la collaborazione di Paolo Zavagna Call Center (+39) 041 2424 Ateneo Veneto Guido Zucconi acquisto biglietti dalle 09.00 alle 18.00 CIRS Centro Internazionale Piazzale Roma dalle 8.30 alle 18.30 per la Ricerca Strumentale Tronchetto dalle 8.30 alle 18.00 Città di Venezia Progetto grafico Piazza San Marco 71f Conservatorio Benedetto Marcello Studio Tapiro dalle 8.30 alle 18.30 CSC (Centro di Sonologia Accademia dalle 8.30 alle 18.30 Computazionale) Agosto 2017 Rialto dalle 8.30 alle 18.30 dell’Università di Padova Ferrovia (Scalzi) dalle 8.30 alle 18.30 SaMPL (Sound and Music Ferrovia (fronte binario 2) Processing Lab), Padova dalle 8.30 alle 18.30 Edizioni Suvini Zerboni, Milano Lido dalle 8.30 alle 18.30 Casa Ricordi, Milano Mestre dalle 8.30 alle 18.30 Rai Radio 3 Sottomarina (piazzale Europa 2/c) Studio Tapiro dalle 8.30 alle 18.30 Chioggia Vigo dalle 8.30 alle 17.30 Aeroporto Marco Polo (area arrivi) dalle 8.30 alle 18.30 Dolo (via Mazzini 108) dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle 18.30

Biglietteria on line www.teatrolafenice.it Le 13 commissioni e prime esecuzioni assolute Michele dall’Ongaro (1957) Danni collaterali nel contesto del progetto SIAE – Classici di Oggi (2003) per violoncello e ensemble [6] Michele dall’Ongaro (1957) Due canzoni siciliane Giovanni Albini (1982) Quintetto op. 53 (2017) (2016) per violoncello e pianoforte [6] per clarinetto e quartetto d’archi [5] Luca Francesconi (1956) Insieme (2014) Claudio Ambrosini (1948) per ensemble [11] Domini minimi (2017) per ensemble [9] Giorgio Federico Ghedini (1892-1965) Alberto Colla (1968) Quintet écrit pendant Tre pezzi per flauto (1962) [4] la fin des temps (2017) per ensemble [10] (1920-1973) Divertimento Azio Corghi (1937) Metamorfosi (2017) in due tempi (1953) per flauto e pianoforte [6] per voce e ensemble [10] Gian Francesco Malipiero (1882-1973) Azio Corghi (1937) Tang’Jok-Jaloux (2012) Parafrasi (1962) per violino [5] per viola Gian Carlo Menotti (1911-2007) Trio (1996) Osvaldo Coluccino (1963) per clarinetto, violino e pianoforte [11] Senza soglia (2008) per ensemble [11] Goffredo Petrassi (1904-2003) Antonio Covello (1985) jenseits der Menschen II Dialogo Angelico (1948) per due flauti [6] (2017) per flauto e chitarra [4] Goffredo Petrassi (1904-2003) Duetto (1985) Michele dall’Ongaro Spin Off (2016/7) per violino e viola [5] per ensemble [6] Ildebrando Pizzetti (1880-1968) Tre Canti (1924) Stefano Gervasoni (1962) Altra voce, per violoncello e pianoforte [7] omaggio a Robert Schumann (2015/7) Vittorio Rieti (1898-1994) Theme and Variations per pianoforte e dispositivo elettronico trasparente [9] on “When from my love” (1964) per ensemble [11] percorsi verticali percorsi Renato Miani (1965) Sonata Notturna (2017) Fausto Romitelli (1963-2004) per violoncello [11] Ganimede (1986) per viola [5] Mauro Montalbetti (1969) Madrigale onirico Nino Rota (1911-1979) Trio (1973) per clarinetto, (2017) per clarinetto e violoncello [7] violoncello e pianoforte [7] Fabio Nieder (1957) Five Stanzas for Salvatore Sciarrino (1947) Il giardino di Sara (2008) a Love Song (2016) per pianoforte [9] per voce e ensemble [9] Salvatore Sciarrino (1947) Due arie marine Un secolo di musica italiana (1924-2017) da Perseo e Andromeda (1990) per voce e suoni Claudio Ambrosini (1948) Ma misi me per di sintesi in tempo reale [9] l’alto mare aperto (2015) per quartetto d’archi [5] Camillo Togni (1922-1993) Cinque Pezzi Luciano Berio (1925-2003) Lied (1983) per flauto e chitarra (1975/6) [4] per clarinetto [5] Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968) I numeri tra parentesi quadre riferiscono Sonatina op. 205 (1965) per flauto e chitarra [4] alla manifestazione nella quale è inserita Niccolò Castiglioni (1932-1996) Sic (1992) l'esecuzione dell'opera. per flauto e chitarra [4] Aldo Clementi (1925-2011) Sphinxs (1978) per trio d’archi [5] Azio Corghi (1937) Affekte (2005) per ensemble [10] Azio Corghi (1937) “... promenade” (1989) per ensemble [10] Azio Corghi (1937) Tang’Jok-Her (2008) per viola [10] Luigi Dallapiccola (1900-1975) Tartiniana Seconda (1955/56) per violino e pianoforte [11] Vi è mai successo di pensare che ci vuole molta più fede a credere alla fisica che alla re- che “L’Italia auspica…“; il quinto che “L’Italia esorta…“ e giù avanti per un’altra ventina ligione? In effetti non è poi così difficile immaginare la Madonna o lo Spirito Santo: una di frasette. Apprezzare, stimare, esortare, auspicare, incoraggiare… da noi la Legge sulla giovane donna dall’aria casta o una colomba bianca riusciamo a pensarla tutti. Ma convin- Musica è la sagra del verbo protendente (utopico o ipocrita, a seconda del lato del can- cersi che dentro un sasso ci siano elettroni, neutrini, neutroni, protoni, leptoni, fermioni, nocchiale da cui lo si guarda). mesoni e bosoni – che per di più girano, si scindono, danzano, si azzuffano in un sabba infernale – richiede grande fiducia e capacità di mettersi in gioco, di darsi. Richiede fede. Gli altri paesi, che non hanno il dono di credere nei miracoli, invece investono nei loro Ancor di più però ne richiede pensare di poter fare, e far ascoltare, musica in Italia, so- esecutori, nelle formazioni, negli ensemble dando loro spazi, mezzi, strumenti, supporti prattutto non quella da frigorifero, freezer o congelatore all’azoto (a seconda di quanto logistici, viaggi, ospitalità. E commissionano nuovi lavori a compositori (anche stranieri), retrograde siano le programmazioni concertistiche) ma quella giovane, fresca, piena di conferiscono premi, borse e stipendi, mettono a disposizione strutture e orchestre, anzi sciocche illusioni come quella che, una volta ascoltato quello che si è ascoltato per secoli, attribuiscono loro il ruolo di consiglieri e di rappresentanti della nazione, in importanti ci sia ancora la possibilità di dire qualcos’altro, anche se per ora balbettato e brancolante. occasioni internazionali. La Francia per esempio l’ha sempre fatto, da Guillaume de Ma- D’altronde, che cos’è un’istituzione se non quella cosa che osteggia con tutte le sue forze chaut a Boulez. Ma si sa, i francesi sono spocchiosi, non si accontentano. E i tedeschi ciò che è nuovo, per poi difendere con altrettanta ottusità ciò che è stato nuovo qualche che, oltre al resto, forniscono staff di mezza dozzina di persone ai loro ensemble, perché secolo prima? In questo senso, ‘istituzione’ è sinonimo di società e l’ostinarsi a voler offrire possano concentrarsi solo sulla musica? Figurati, i tedeschi hanno il chiodo sulla testa, si (nuova) musica in questi contesti si configura come esperienza religiosa, di sacrificio e di accontentano ancora meno. E gli scandinavi, che primeggiano in diversi settori, dalla dire- classici di oggi credo, e questo non stona in un paese che poggia la sua visione del futuro sulla fatalistica zione d’, al design, alla narrativa? Neanche loro possono accontentarsi, fa troppo fiducia nei miracoli. freddo. E poi gli inglesi, che se si fossero accontentati dei Beatles non avrebbero dominato le classifiche mondiali del pop per più di cinquant’anni? Pura fortuna, anche perché gli In effetti, perché mai aiutare i nuovi talenti, i nuovi compositori, quando c’è l’esempio di inglesi, si sa, sono ingenui (No sex please, we are British!). Noi qui siamo molto più furbi Verdi, che al conservatorio non era neanche stato ammesso? Miracolo! E perché mai tirar e quindi il motto è: No (new) music please, we are Italians! su nuovi cantanti, che portino nel mondo – e cantata in una lingua comprensibile – l’o- pera, quando abbiamo avuto Pavarotti, che la musica non sapeva neanche leggerla? Mi- Solo che, per fortuna, noi dell’Ex Novo l’inglese non lo sappiamo. racolo. E direttori? Gli Abbado, che la musica la respiravano in casa. Miracolo. E flautisti? E, miracolosamente, nemmeno la SIAE. Gazzelloni, che veniva dalla banda. Miracolo. E pianisti? C’è Pollini. E violinisti? Accardo, Ughi… Siamo a posto. Miracoli, miracoli, miracoli! Claudio Ambrosini Per darci modo di farne anche noi, nel nostro piccolo, le istituzioni (dal Ministero in giù, Presidente dell’Ex Novo Ensemble degradando) si preoccupano innanzitutto di farci trovare nella condizione ottimale, azze- rando tutti i contributi (d’altronde, anche i mistici cominciavano ad avere le visioni quando erano a digiuno). Poi, per farci render conto che è tutto pensato a fin di bene, anche se noi non lo capiamo, promulgano leggi e regolamenti dai quali si intuisce bene quanto loro importi della musica.

Infatti il tipico ordinamento nostrano consta di una sfilza di articoli che descrivono l’Eden. Il primo di solito dice più o meno che “L’Italia reputa la musica un bene importante“; il se- condo che “L’Italia ha a cuore la musica ecc. “; il terzo che “L’Italia ci tiene ecc. “; il quarto

Riferisce Wolfgang Sawallisch in Im Interese der Deutlichkeit. Mein Leben in Musik, duzione al silenzio” si incarna perfettamente nell’arroccarsi su rigide formulazioni teoriche Hoffmann und Campe Verlag, Hamburg, 1988 traduzione italiana a cura di Sergio Sablich che assicurino un “immobilismo” funzionale al verbo artistico. La fortuna di questi atteg- La mia vita con la musica, Firenze, 1989, Passigli Editore, p.49: giamenti dogmatici si prolunga in Europa, oltre ogni previsione, per alcuni decenni e segna un momento di aperto contrasto sia con l’entusiastica sete di apertura a ogni forma di «Ebbi modo di ascoltare Furtwängler con i Wiener Philarmoniker a una prova della sperimentazione espressiva che caratterizzò il periodo tra le due guerre, sia con il successo Quinta di Bruckner, che non potrò mai dimenticare. Era il 1951, tre anni prima della dell’alea, «che ci ha aiutato a spezzare le catene della disciplina degli anni cinquanta, con sua morte quando Furtwängler aveva raggiunto la sublime vetta della sua arte. ingenuità e candore» (Boulez). Goffredo Petrassi, fu un testimone a nostro avviso equili- Ricordo l’inizio della Sinfonia, il pizzicato di violoncelli e contrabbassi. Credo che brato, ne parla come «un’arma a doppio taglio», cui però rende il merito di aver riportato l’abbia fatto ripetere otto dieci volte, sempre senza dire una parola. Noi che era- la musica al fatto sonoro, fuori da rigidezze estetiche di inaudita arroganza. vamo seduti qua e là in sala ci guardavamo increduli: ma perché interrompe, se è tutto perfetto? Mi tornavano in mente i miei ricordi di ragazzo a Berlino: Furtwän- Nella musica di oggi nessuna delle discussioni che hanno attraversato la seconda metà del gler non correggeva, non commentava, interrompeva e taceva. Per otto volte. Ma Novecento è più presente: le ideologie artistiche sono state superate divenendo oggetti quando dopo l’ottava volta proseguì, noi capimmo perché prima aveva interrotto: di indagine archeologica: la dodecafonia, lo spettralismo al pari di sistemi fiorenti molti era la forza dell’espressione quello che egli voleva trasmettere. L’ultimo pizzicato fu secoli fa – tanto esaltati dai musicisti italiani della prima metà del ‘900 – sono studiati fantastico, senza confronto con i precedenti; e nessuno poté dire come e perché». senza pathos e hanno perso ogni attrattiva: non riescono a fornire gli strumenti per scio- gliere quel complesso groviglio di linee di forza contrastanti che si presenta sotto i nostri Il luogo del significato è sempre appartenuto a un ordine speculativo superiore, a un mon- occhi. Se guardiamo al florilegio delle tanto diverse espressioni musicali che abitano il do immateriale e invisibile: questo episodio ci traduce il pathos degli orchestrali di fronte al mondo contemporaneo sembra che oggi (ancora con Ricoeur) l’«estensione del nostro disvelamento della verità. Come afferma Paul Ricoeur: «l’opera d’arte si riferisce in effetti spazio emozionale» sia sempre più complessa e articolata: «ogni opera è autenticamente ad un’emozione che è scomparsa come emozione, ma è stata preservata come opera. Così una modalità dell’animo, una modulazione d’animo». Sembra il nostro tempo rivaluti la si potrebbe dire che ogni brano musicale crea un mood, che è il suo stato d’animo. Le grande forza della soluzione kantiana, che è quella di aver scommesso tutto sull’idea della tonalità affettive, le Stimmungen, erano come addormentate; ora sono non solo attualiz- comunicabilità dell’Universale senza concetto: una sorta di incendio, di contagio che fa zate, ma create: ogni brano musicale genera la sua catena di tonalità, il suo movimento di scaturire il gioco tra intelletto e immaginazione, l’unica forza ancora in grado di generare “moods”, di stati d’animo.» Da qui l’impegno dell’interprete nel “mimare” alla perfezione la partecipazione a una stessa emozione. le emozioni scomparse e farle rivivere.

modulazione dell'anima Questa premessa al programma della rassegna Ex Novo Musica 2017 invita a comprendere La musica europea del primo dopoguerra – incredibilmente – ebbe il suo epicentro nella la ragione delle scelte che ci hanno guidato nel costruire una vasta antologia di musica ita- cittadina tedesca di Darmstadt in una Germania devastata moralmente e materialmente liana del secolo scorso – come recita il sottotitolo Caleidoscopio Novecento. La program- dalla vergogna sociale e dalla distruzione dei suoi territori: le “tonalità affettive” non po- mazione non mira a riannodare i fili delle molteplici estetiche apparse in questo secolo, ma tevano che orientarsi in un percorso di presa di coscienza delle inimmaginabili tragedie e a presentarle in un meditato confronto senza tralasciare l’ipotesi di tratteggiare orizzonti orrori che avevano segnato il recente passato. Alla nota “obiezione” di Adorno: «scrivere che abbraccino visioni di “lungo periodo”. Al tempo stesso intende superare la tesi che il una poesia dopo Auschwitz è un atto di barbarie e ciò avvelena la stessa consapevolezza Novecento, in particolare in Italia, abbia proposto una molteplicità di linguaggi fortemente del perché è divenuto impossibile scrivere oggi poesie», lo stesso Ricoeur risponde che differenziati e impossibili da interrelare, analizzando al contrario le forti simmetrie e le possiamo sì fare arte “sul dolore” ma «a condizione che ci riconduca al silenzio, al silenzio connessioni stilistiche ed estetiche tra autori anche cronologicamente lontani. Ripensando rispettoso, si potrebbe dire al silenzio etico, senza difetti né eccessi estetici.» Questa “ri- in una chiave meno strumentale le ben note controversie ideologiche che hanno marcato la recente storia della musica, si è tentata un’analisi che non riduca le individualità alle ca- composition musicale (1824-6): un atteggiamento estetico che ricerca modalità espressive tegorie – rozzamente identificate in base al modello adorniano – della dialettica tra forme condivise – mood direbbe Ricoeur – per vivificarle sinergicamente: non siamo lontani dalle radicali delle avanguardie e esperienze che si sono lasciate indurre a modalità espressive visioni di molti compositori nostri contemporanei! più comunicative (neo-oggettive, neo-classiche o “funzionali”, per citarne solo alcune). L’attenzione si focalizza non tanto sulla cosiddetta “generazione dell’ottanta” (cioè quella A conclusione di queste note desidero ringraziare, a nome di tutti i musicisti dell’Ex Novo degli autori operanti per lo più tra le due guerre), ma su autori che ebbero la sorte di espri- Ensemble, quei compositori e interpreti – da Stefano Gervasoni ad Azio Corghi, da Monica mersi nel periodo a cavallo del secondo conflitto mondiale: da Malipiero a Dallapiccola, da Bacelli a Alda Caiello, per citare solo alcune presenze della stagione 2017 – che sostengono Ghedini a Rota, e molti altri; su artisti che vissero intensamente la difficoltà di abbracciare Ex Novo Musica da molti anni, non solo con l’eccelsa qualità dei loro contributi artistici, il metodo dodecafonico – Maderna, Berio, Petrassi o Castiglioni – e infine sui linguaggi ma con autentici apporti di pensiero e straordinari slanci di stima e amicizia. degli ultimi decenni del secolo scorso e contemporanei.

Emblematico appare in questo senso un trittico concepito a festeggiamento di tre figure Aldo Orvieto di Maestri nostri contemporanei. Se da un lato Salvatore Sciarrino stupisce e ammalia con le sue invenzioni linguistiche e si determina come un’icona del comporre contemporaneo nel riannodare con strepitosa originalità – dalla tabula rasa – i fili delle eterne istanze della musica, Azio Corghi nel riferirsi più oggettivamente – ma con sublime sapienza ed estrema duttilità – a molteplici linguaggi del passato, ci invita a vedere la musica come un’inesau- ribile serbatoio della memoria, in eterno, inquieto fermento. Infine Michele dall’Ongaro si avventura con delicata sorniona maestria nei territori dei linguaggi più sperimentali, ne innova la sintassi, li veste di una timbrica lussureggiante, riesce magistralmente a vivificarli con stimoli narrativi, e conferirgli potenza drammaturgica. Questi tre appuntamenti costi- tuiscono il cuore del progetto SIAE - Classici di Oggi, parte preponderante della XIV edi- zione del Festival Ex Novo Musica, che darà peraltro come di consueto ampio spazio anche ad altri autori del mondo musicale contemporaneo con tredici prime esecuzioni assolute.

In due appuntamenti, in collaborazione con il Palazzetto Bru Zane - Centre de musique romantique française, si è inteso rinsaldare il legame con il passato. Come diceva Luciano Berio «un testo implica una pluralità di testi»: le grandi opere sono sempre costituite da un gran numero di altri testi che l’autore ripropone nel proprio ambito creativo non sempre volontariamente e consapevolmente. Questa sezione del festival focalizza quest’anno la sua attenzione sulla figura di Anton Reicha, musicista ceco vissuto tra Vienna e Parigi. Contemporaneo di Beethoven – ma visse nove anni più a lungo – Reicha è latore di una colta e raffinata sintesi delle molteplici sperimentazioni linguistiche che caratterizzarono l’arte del suo tempo. La sua musica, di matrice classica, apre allo stile galante e – con sguardo attento al Biedermeier – insieme aderisce all’affermarsi della temperie roman- tica: «commuovere l’anima e toccare il cuore» scriveva Reicha nel suo Traité de haute

domenica 15 ottobre ore 20.00 sabato 21 ottobre ore 20.00 domenica 29 ottobre ore 20.00 sabato 25 novembre ore 20.00 martedì 28 novembre ore 18.00 mercoledì 29 novembre ore 20.00 1 Gran Teatro La Fenice Gran Teatro La Fenice 3 Gran Teatro La Fenice Gran Teatro La Fenice Ateneo Veneto 9 Conservatorio Benedetto Marcello Sale Apollinee 2 Sale Apollinee Sale Apollinee 7 Sale Apollinee 8 Sala Tommaseo Sala Concerti L'art de varier Un secolo di musica Commuovere l’anima Ardo non ardisco Plurimo Arie marine svizzera (1917-2017) musiche di Carl Philipp Emanuel musiche di Franz Joseph Haydn, SIAE – Classici di Oggi SIAE – Classici di Oggi SIAE – Classici di Oggi Bach, Ludwig van Beethoven, musiche di Antoine Fachard, Wolfgang Amadeus Mozart, Anton Reicha Arthur Honegger, Michael Jarell, Anton Reicha musiche di Claudio Ambrosini, Sandro musiche di Claudio Ambrosini, Frank Martin, Wladimir Vogel Ludwig van Beethoven, Cappelletto, Stefano Lombardi Stefano Gervasoni, Fabio Nieder, Ex Novo Ensemble Daniele Ruggieri flauto Mauro Montalbetti, Vallauri, Fortunato Ortombina, Salvatore Sciarrino Ex Novo Ensemble Roberto Giaccaglia fagotto Ildebrando Pizzetti, Nino Rota Aldo Orvieto, presentano i dischi: con il sostegno del Carlo Teodoro violoncello Alda Caiello soprano Palazzetto Bru Zane – con il sostegno di Aldo Orvieto pianoforte Davide Teodoro clarinetto Claudio Ambrosini Aldo Orvieto pianoforte Centre de musique Pro Helvetia Carlo Teodoro violoncello Plurimo, Edizioni Stradivarius Alvise Vidolin regia sonora romantique française Fondazione Svizzera con il sostegno del Federico Lovato pianoforte Trobar Clus, Edizioni EMA Vinci Paolo Zavagna live electronics per la Cultura Palazzetto Bru Zane – Ex Novo Ensemble Centre de musique in collaborazione con romantique française Ateneo Veneto, in collaborazione con Edizioni Stradivarius, Conservatorio Benedetto Marcello EMA Vinci Records, Casa Ricordi

sabato 11 novembre ore 18.00 martedì 14 novembre ore 20.00 giovedì 16 novembre ore 20.00 domenica 3 dicembre ore 20.00 venerdì 15 dicembre ore 18.00 4 Ateneo Veneto 5 Ateneo Veneto Gran Teatro La Fenice 10 Gran Teatro La Fenice 11 Ateneo Veneto Aula Magna Aula Magna 6 Sale Apollinee Sale Apollinee Aula Magna Quasi una serenata Sostenendo il canto Né tempo né luogo Affektenlehre In volo sul Novecento SIAE – Classici di Oggi SIAE – Classici di Oggi SIAE – Classici di Oggi SIAE – Classici di Oggi SIAE – Classici di Oggi musiche di musiche di Giovanni Albini, musiche di Michele dall’Ongaro, musiche di Alberto Colla, Azio musiche di Osvaldo Coluccino, Mario Castelnuovo-Tedesco, Claudio Ambrosini, Luciano Berio, Bruno Maderna, Goffredo Corghi, Gioacchino Rossini Luigi Dallapiccola, Luca Niccolò Castiglioni, Antonio Aldo Clementi, Gian Francesco Petrassi, Arnold Schoenberg Francesconi, Gian Carlo Menotti, Covello, Giorgio Federico Ghedini, Malipiero, Goffredo Petrassi, Monica Bacelli mezzosoprano Renato Miani, Vittorio Rieti Mauro Giuliani, Camillo Togni Fausto Romitelli, Girolamo Salieri Ex Novo Ensemble Anna Serova viola Aldo Orvieto pianoforte Ex Novo Ensemble Daniele Ruggieri flauto Ex Novo Ensemble Ex Novo Ensemble Alberto Mesirca chitarra in collaborazione con in collaborazione con Ateneo Veneto in collaborazione con Ateneo Veneto Ateneo Veneto Alcuni concerti di Ex Novo Musica 2017 saranno registrati e trasmessi in differita da RAI Radio 3.

I testi non firmati e la redazione del catalogo sono a cura di Aldo Orvieto

Anton Reicha (1770-1836) Anton Reicha Diciotto Variazioni e Fantasia op. 51 Nella Vienna dei primi anni dell’Ot- Diciotto Variazioni e Fantasia tocento, come riferisce un recensore della Allgemeine musikalische op. 51 (1804) in sol maggiore sul tema Zeitung, ebbe luogo una sorta di “epidemia di variazioni”, con moltis- “Se vuol ballare, Signor Contino” sime edizioni di raccolte di variazioni su motivi operistici in voga come dalle Nozze di Figaro pure di variazioni virtuosistiche da concerto. Anton Reicha scrisse le di Wolfgang Amadeus Mozart Diciotto Variazioni e Fantasia nello stesso anno 1804 in cui diede alle per flauto, violino e violoncello stampe presso Breitkopf & Härtel L’art de varier op. 57. Il monumen- Variazioni (Tempo di Minuetto) – tale lavoro per pianoforte (57 numeri) è concepito per illustrare ogni Fantasia (Adagio/Allegretto) sorta di tecnica di variazione su tema dato mediante un compendio pratico, seguendo la tradizione dei musikalische Kunstbücher come Ludwig van Beethoven ad esempio l’Offerta musicale e l’Arte della fuga di Bach o le Diabelli (1770-1827) Variationen di Beethoven. Come magistralmente illustra Maria Teresa Domenica 15 ottobre 2017 Sette Variazioni WoO 46 (1801) sul Arfini nel saggio “Antonín Reicha e Beethoven: una relazione contro- ore 20.00 tema “Bei Männern, welche Liebe versa?” proprio con Beethoven si instaurò in quegli anni una sorta di Gran Teatro La Fenice l'art de varier fühlen“ da Die Zauberflöte di “competizione a distanza” nel presentare cicli di variazioni che sempre Sale Apollinee Wolfgang Amadeus Mozart più scandagliavano le possibilità combinatorie delle diverse modalità per violoncello e pianoforte variative. Reicha conosceva Beethoven dai tempi della gioventù a Bonn: nel 1785 – entrambi quindicenni – suonarono insieme nella Hofkapelle nel contesto del festival Anton Reicha (1770-1836) cittadina, studiarono composizione con Christian Gottlob Neefe e – Antoine Reicha musicista Grand Duo Concertant op. 103 (1824) incoraggiati dal loro maestro – si iscrissero alla facoltà di filosofia della cosmopolita e visionario in re maggiore neonata Università di Bonn. Se negli anni di Bonn Reicha aveva parlato (dal 23 settembre al per flauto e pianoforte dell’amicizia con Beethoven in termini entusiastici, nel 1802 egli rice- 4 novembre 2017) Lento/Allegro con fuoco – vette dall’amico un giudizio molto severo in merito alle sue Trente-six Lento – Finale (Allegro vivace) fugues pour le pianoforte, composées d’après un nouveau systeme op. con il sostegno del 36, e per questo si allontanò definitivamente da lui: prova ne sia che Palazzetto Bru Zane – Carl Philipp Emanuel Bach nei trattati della maturità Reicha esalta l’arte variativa di Haydn senza Centre de musique (1714-1788) riportare alcuna citazione da composizioni beethoveniane. Dall’analisi romantique française Quartetto in re maggiore comparata dei cicli di variazioni dei due autori risulta però evidente un Wq. 94 H. 538 (1788) per flauto, rispettoso “guardarsi a distanza” e in più casi si riscontrano singolari Ex Novo Ensemble viola, violoncello e pianoforte coincidenze formali. Nelle opere di Reicha – come spesso accade per Allegretto – Sehr langsam und questo compositore abilissimo nel compendiare tradizione e moder- Daniele Ruggieri flauto ausgehalten – Allegro di molto nità – troviamo quasi un catalogo delle possibilità tecniche al tempo Carlo Lazari violino in uso: la tecnica della variazione classica (il profilo melodico-armonico Mario Paladin viola del tema viene conservato); la tecnica della variazione contrappuntistica Carlo Teodoro violoncello (di epoca rinascimentale e barocca, che mantiene pressoché inalterata Aldo Orvieto pianoforte la melodia facendola circolare tra le voci) e la tecnica libera che lascia invariato il solo schema armonico-metrico del soggetto. Reicha si spinge Anton Reicha Grand Duo Concertant op. 103 Dopo una prima Sonata (in sol maggiore, anche oltre nell’applicare, con vero e proprio virtuosismo di ars combi- op. 54) databile intorno al 1802/3, appartenente al suo periodo viennese, natoria, il complesso sistema di permutazioni dei tre parametri motivo/ nella quale il flauto– pur contribuendo efficacemente al discorso musicale armonia/disegno di accompagnamento, via via esposti in forma origi- – rimane in rapporto secondario con l’ampia e articolata scrittura piani- nale o variata. stica, Anton Reicha scrisse il ben più complesso Gran Duo Concertant op. 103, pubblicato da Zetter nel 1824, la cui composizione si presume risalga Ludwig van Beethoven Sette Variazioni WoO 46 Composte nel 1801 e pubblicate a al periodo 1818-24. Stabilitosi definitivamente a Parigi nel 1808, dopo aver Vienna nel 1802 con dedica al conte Johann Georg von Browne, protet- scritto due importanti trattati teorici – Traité de mélodie (1814) e Cours de tore del giovane Beethoven, le Variazioni WoO 46 sul Duetto Pamina- composition musicale, ou Traité … d’harmonie pratique (1816/8) – Reicha Papageno “Bei Männer welche Liebe fühlen” (primo atto del Flauto venne nominato professore di contrappunto e fuga al Conservatoire di Magico di Mozart), sono di poco posteriori alle due Sonate op. 5. È Parigi nel 1818. Nonostante la sua vasta produzione, Reicha ebbe successo probabile che siano state composte in concomitanza con la rappresen- in Francia più come teorico della composizione e come insigne didatta che tazione viennese del Flauto magico all’Opera di Corte. Come afferma per la sua produzione musicale. Una cifra stilistica caratteristica delle sue Daniele Spini «in questo ciclo, forse il più interessante fra i tre, si ultime opere appare nel primo movimento del Gran Duo Concertant come comincia a constatare un atteggiamento verso la Variazione che supera, anche nel minuetto del Quintetto op. 107 per oboe e archi: la struttura in qualche modo, i limiti stilistici e tecnici che condizionavano questa melodica risulta quasi “a palindromo” se non fosse che la seconda metà forma nei termini di una musica d’intrattenimento, per proporsi come della frase viene trasposta in tonalità minore rispetto alla prima, intro- opera di originale intervento creativo, anche sul dell’espressione». ducendo un notevole effetto di varietà. In quest’opera Reicha esaspera Tutti gli studiosi concordano nell’affermazione che Beethoven era il contrasto stilistico tra i movimenti, al punto che all’ascolto ogni movi- giunto a un controllo perfetto dell’organico strumentale, con dialoghi mento sembra scritto da un diverso autore in un diverso contesto storico. timbrico-espressivi di raro charme, e che in questo ciclo di variazioni il La grande cultura musicale e l’approfondito studio teorico delle opere dei linguaggio beethoveniano sia orientato alla ricreazione stilistica, quasi suoi contemporanei – non dimentichiamo che Reicha nacque lo stesso «all’analisi e alla catalogazione di stili ormai oggettivati», come afferma anno di Beethoven ma visse fino al 1836, dunque operò anche in piena Piero Rattalino. Forse per compiacere il nascente gusto Biedermeier, le epoca romantica – lo portarono ad acquisire una immediatezza di scrit- Variazioni mettono in scena una perfetta parodia di caratteri tipici con tura in molti differenziati stili. Nel caso del Gran Duo Concertant il primo momenti di spumeggiante vitalità e altri di pacata e severa contempla- movimento – soprattutto per la sua compressione tematica – fa pensare zione, a tratti velata da accenni drammatici. La Coda risulta senz’altro la ad una ispirazione al modello beethoveniano mentre la scura espressività parte più interessante del ciclo, ove Beethoven estrae un materiale del del movimento centrale richiama certamente alla temperie romantica; tutto personale dal motivo del duetto mozartiano, di grazia semplice e infine il finale riconcilia l’ascoltatore con le pratiche ancien régime di una celestiale, per animarlo con grande immaginazione creatrice e aperture armonia quasi rossiniana, pur trattata con la consueta passione di Reicha stilistiche nuove; appropriandosene e quasi piegandolo – dopo averlo per la sperimentazione: il pianoforte procede in modo aperto e solare a lungo indagato nelle sue potenzialità più convenzionali – alle proprie conquistando sempre nuove “isole armoniche” nelle tonalità più lontane esigenze espressive. Come afferma Piero Rattalino «molto mondana è mentre al flauto è affidato il compito di collegare tra loro queste isole con la conclusione, con un teatralissimo effetto di allontanamento contrad- spunti melodici il cui carattere estroso risulta perfettamente funzionale detto da due clamorosi accordi finali.» alla necessità di riorganizzazione il materiale tematico nelle più diverse tonalità. Carl Philipp Emanuel Bach Quartetto in re maggiore Wq. 94 La famosa affermazione trii, in base all’antica convenzione di tener conto del numero delle voci di Mozart – in una lettera al padre Leopold – secondo la quale «Bach “sopra il basso” e non del numero degli strumenti dell’ensemble. La scelta è il padre, noi siamo suoi figli, chiunque oggi sia sulla “giusta via” ha dello strumento a tastiera non è precisata, ma una mano apocrifa segna sul imparato da lui» si riferiva all’arte di Carl Philipp Emanuel Bach e non manoscritto “pianoforte”; secondo la consuetudine tardo-barocca queste a quella del padre Johann Sebastian. Per quanto a noi possa sembrare opere potevano comunque essere suonate su clavicembalo o pianoforte curioso Carl Philipp Emanuel godette in vita di una fama internazionale indifferentemente. Richiesti a Berlino da una eccellente musicista, Sarah che addirittura eclissava quella di suo padre: venne riconosciuto come uno Levy Itzig – la prozia di Felix Mendelssohn Bartholdy – i tre quartetti, dei più grandi clavicembalisti del suo tempo e i suoi scritti teorici influen- datati 1788, sono le ultime composizioni di Carl Philipp Emanuel Bach. zarono varie generazioni di compositori. Al servizio come “maestro al Il loro organico inusuale – oltre ad aderire perfettamente ai predetti assunti cembalo” di Federico II di Prussia, eccellente flautista dilettante, dal 1740 estetici – si motiva attraverso la predilezione per il flauto che domina la per quasi trent’anni, Carl Philipp Emanuel Bach dovette adeguarsi ai gusti capitale prussiana in quegli anni e per la presenza di un eccellente violista del sovrano, grande ammiratore dello stile galante che prediligeva una nella cerchia di amici della committente, ella stessa abile tastierista. scrittura melodica e una texture armonica semplice: musica che evitava contenuti emotivi profondi essendo destinata al “diletto” degli ascolta- tori. Carl Philipp Emanuel, – per questo non mai veramente apprezzato dal suo sovrano! – pur sapendo comporre brillantemente in questo stile era interessato – seguendo dunque un’estetica diametralmente opposta – a esprimere l’intera gamma delle emozioni umane e fu il musicista che più entusiasticamente aderì al movimento letterario e artistico denominato Empfindsamer Stil (stile sentimentale) creando una musica iper-espressiva altamente drammatica che sfrutta forti contrasti dinamici e metrici, ama il cromatismo e gli effetti coloristici. Una musica che teorizza l’abbandono della convenzione barocca nella quale ogni movimento del brano presen- tava uno solo “affetto” più o meno stereotipato a favore di una riflessione sulla natura mutevole dei nostri stati d’animo e di una scrittura continua- mente cangiante che trasmetta con passione la trasformazione continua delle nostre emozioni. I tre Quartetti Wq. 93/94/95 – di cui questa sera ascolteremo il secondo in re maggiore – sono magnifici esempi di questo stile libero ed emozionale e presentano un vero dialogo “a quattro” tra gli strumenti, con improvvise interruzioni, cambiamenti d’umore, scrittura cromatica espressiva, oscuri passaggi modulanti: tutti elementi che aderi- scono pienamente all’estetica romantica, e sono considerati dalla musico- logia addirittura più avanzati del più tardo “stile classico” che in qualche modo ne tempera le potenzialità espressive. Sul manoscritto autografo l’autore parla di quartetti piuttosto che di trii, per quanto Haydn e Mozart – che ben conoscevano e apprezzavano queste opere – li nominino come Arthur Honegger Arthur Honegger Rapsodia Nel giugno 1917 Honneger partecipò ad una lecture della sua (1892-1955) nuova Rhapsodie al Conservatorio. Così ne parla in una lettera ai genitori: Rapsodia (1917) per due flauti, «ho fatto eseguire la mia Rhapsodie per due flauti e clarinetto nelle classi clarinetto e pianoforte (*) di d’Indy e Widor, ho avuto buon successo e i due maestri hanno rilevato Larghetto – Allegro – Tempo primo che uso con abilità gli strumenti a fiato. Mi sono reso conto in questa situazione, come già avvenne per il mio Quartetto e per il mio Preludio Frank Martin (1890-1974) per orchestra, che sento veramente bene quello che scrivo poiché in Ballade (1939) nessuno di questi brani ho avuto la minima disillusione dal punto di vista per flauto e pianoforte del risultato sonoro, come spesso accade ai giovani compositori. [...] Tutti gli effetti che ricerco, anche i più rischiosi, mi hanno dato la più completa Wladimir Vogel (1896-1984) soddisfazione.» Il 17 novembre la Rhapsodie fu suonata per la prima »Musik Inspire par Jean Arp« (1954) volta in pubblico sotto l’egida della Université Interalliée du Parthenon Sabato 21 ottobre 2017 per violino, flauto, clarinetto e e fu riproposta pochi giorni dopo alla Salle Huyghens, nel contesto di un ore 20.00 violoncello concerto che presentava le «Nouveaux Jeunes» di compositori francesi. Gran Teatro La Fenice L’opera ebbe un marcato successo e le frequenti esecuzioni della Rhapso- Sale Apollinee Michael Jarell (1958) die costituirono per Honegger un importante biglietto da visita per presen- Aus Bebung (1995) tarsi sulla scena musicale parigina. Ingiustamente dimenticata ai giorni per clarinetto e violoncello nostri, questo delizioso trittico, di grande seduzione sonora, si compone prima esecuzione italiana di due movimenti lenti, costruiti su un ritmo costante di 3+2+3 crome, che manifestano la profonda ammirazione di Honneger per Debussy: tanto Antoine Fachard (1980) il primo, costruito su una scala esatonale, quando il secondo svolto “in Suivi de ses ombres...(2017) tonalità”. Al centro si trova un Allegro in do diesis minore, modale, che per flauto, clarinetto, violino, coniuga piglio ritmico, grazia e leggerezza, con qualche reminiscenza con il sostegno di violoncello e pianoforte raveliana; troveremo una visionaria citazione di questo Allegro anche Pro Helvetia Commissione Ex Novo Musica nella dolce sognante coda. La meravigliosa scrittura timbrica contrappone Fondazione Svizzera prima esecuzione assoluta l’aerea trama dei due flauti – le cui sonorità sono sempre simbioticamente per la Cultura legate – alla cantabilità scura e pastosa del clarinetto. Una lussureggiante scrittura pianistica avvolge nel mistero le sonorità degli strumenti nelle Ex Novo Ensemble due sezioni lente mentre nell’Allegro centrale impone una frenesia ritmica che fa presagire il fascino che, negli anni a venire, i ritmi meccanici eserci- un secolo di musica svizzeraun secolo Daniele Ruggieri flauto tarono sulla musica di Honegger. Sonia Venzo flauto (*) Davide Teodoro clarinetto Frank Martin Ballade Scritta all’inizio del 1939 su richiesta del Concorso internazionale Carlo Lazari violino di esecuzione musicale di Ginevra fu proposta come “brano imposto” ai Carlo Teodoro violoncello partecipanti alla competizione. La commissione richiedeva di comporre Aldo Orvieto pianoforte un’opera che mettesse in evidenza le qualità dei flautisti concorrenti alla prova, soprattutto sul piano tecnico dello strumento. Frank Martin non di musica d’uso con Hanns Eisler e Stefan Wolpe, nonché nella critica considerò solo l’opportunità di inserire delle sezioni virtuosistiche ma volle musicale partecipando all'attività del giornale di sinistra Die Welt am donare ai giovani flautisti un brano che potesse mettere in luce le loro Abend. Pur opponendosi alla rottura della continuità storica, sulla scorta qualità timbriche ed espressive. La ricchezza di improvvisi cambiamenti di di una ricerca di “proporzioni omnicomprensive” che non spezzino l’ideale registro, di una cantabilità melismatica, di improvvisi cambi di umore, di busoniano di «unità della musica», nel 1939 si schierò con i compositori ritmi che contrastano l’andamento metrico e l’impiego dell’intera tessitura dodecafonici ma con la determinazione a mantenere un alto livello di dello strumento – con affascinanti episodi nel registro basso - ne fanno comunicabilità nella sua musica. Questa scelta – oltre che in linea con uno dei brani più completi e apprezzati della letteratura flautistica. La lo schierarsi apertamente tra i “compositori degenerati” criminalizzati dal forma, come avviene anche per le altre Ballate di Frank Martin, è rapsodica nazismo e, nel dopoguerra, tra i “decadenti borghesi” emarginati nella in un solo tempo: non presuppone alcun preciso intento narrativo, anche sua patria dal Realismo Sovietico – fu presa smarcandosi dalla corrente se vi sono chiare allusioni alla poesia libera e profondamente romantica prevalente del “serialismo integrale”. Vogel si propose di “sanare” tramite di Ossian. Pur rifiutando l’estetica di Schoenberg (con il quale peraltro l’uso raffinato di una scansione ritmica ben percepibile (di matrice russa) studiò intorno al 1930), Martin sviluppò un linguaggio personale di natura la durezza della trama dodecafonica: asperità che spesso appaiono nella fortemente cromatica che media il metodo dodecafonico con elementi sua musica quali simboli della realtà lacerata in cui visse. »Musik Inspire di scrittura tonale, largo uso di ostinati e pedali; l'armonia e imperniata par Jean Arp« riprende il medesimo organico strumentale delle Variétudes su accordi di tritono che rendono difficilmente individuabili ben precise (1939/40), uno dei suoi lavori cameristici più rilevanti, rispetto al quale la tonalità e indaga le tensioni melodico-armoniche tra fondamentale e musicologa svizzera Doris Lanz, analizzando il processo ritmico unificatore sensibile. Le lunghe linee melodiche sono costruite con grande economia della serie, parla addirittura di «Schoenberg subordinato a Busoni». Scritto di materiali, avvicinandosi spesso a veri e propri melismi e adeguandosi ad nel 1954 – anno in cui Arp vinse il premio per la scultura alla Biennale di una logica contrappuntistica che si ispira a Bach. Martin realizzò in seguito Venezia – si riferisce a un frammento del film di Michael Mrakitsch su una versione per flauto, orchestra d’archi e pianoforte che fu presentata Jean Arp, amico di Vogel e al quale il compositore dedicò anche un’altra dal flautista Joseph Bopp e dall’Orchestra da Camera di Basilea diretta da sua importante opera, Arpiade, per soprano, coro parlato e strumenti su Paul Sacher il 28 novembre 1941. testi tratti da sue poesie. La creatività di Jean Arp, come quella di Vogel, è segnata dalla ricerca – affrontabile solo attraverso l’arte – di una essenza Wladimir Vogel »Musik Inspire par Jean Arp« Vogel si definisce «compositore mitte- spirituale della realtà. Ricerca che in Jean Arp lega il dadaismo (rifiuto del leuropeo di estrazione russa provvisto di nazionalità svizzera», frase che razionalismo) al surrealismo (abbandono all’inconscio): «L’art peut être ben riassume la ricchezza delle sue intuizioni maturate su una ricchezza méchant, ennuyeux, féroce, doux, dangereux, harmonieux, laid et beau», di esperienze tanto varia da apparire ai limiti dell’inconciliabilità. In come dice egli stesso in un frammento del film che ha ispirato a Wladimir Russia, ove trascorse la prima parte della sua vita (1896-1918), Vogel aderì Vogel questo curioso brano di musica. appassionatamente al Simbolismo di matrice spiritualistica scryabiniana. Lo troviamo a Berlino nel 1918, forse l’allievo più autorevole di Ferruc- Michael Jarell Aus Bebung è un duo tratto da un’opera preesistente di Michael Jarrell cio Busoni, alla ricerca di dare ordine alla prepotenza delle sue pulsioni intitolata Bebung (in italiano “oscillazione” o “vibrato”) per clarinetto, attraverso la disciplina della «classicità». Di Busoni Vogel sempre ammirò violoncello ed ensemble strumentale. Il riferimento è ad una particolare la prospettiva cosmopolita che mirava a superare le difficoltà linguistiche forma di vibrato che si produce nel clavicordo, quando, mediante la varia- attraverso un’elevazione spirituale, intellettuale ed esistenziale. Negli zione del peso sul tasto si induce una relativa variazione della pressione stessi anni il suo eclettismo lo portò ad impegnarsi nella produzione sulla corda. La variazione della pressione produce una sottile variazione di altezza della nota emessa, dunque una forma di vibrato. Un'applica- zione musicale semplice di questo principio viene ottenuta, per esempio, quando uno dei due strumentisti suona l’attacco della nota mentre l’altro tiene e “modula” la medesima altezza. Jarrell ci presenta in questo brano il proprio particolarissimo universo sonoro, dominato dall’eleganza nella forma, nelle scelte acustiche e negli sviluppi dei materiali musicali. Al tempo stesso avvolto nel mistero di passioni frementi celate da un velo di apparente tranquillità.

Antoine Fachard Suivi de ses ombres... Una iniziale successione di accordi – costruiti in modo tradizionale, per rimaner ben impressi nella memoria uditiva – sono oggetto di incessanti trasformazioni mediante processi matematici e fisici nel corso di tutto il brano. Il materiale armonico viene disgregato fino a trasformarsi in sequenze di suoni polverizzati per poi ricomporsi in scale di smisurata lunghezza. Tale processo di metamorfosi e trasfigurazione di un materiale musicale iniziale determina tutta l’opera sia dal punto di vista formale che da quello semantico ed estetico. L’autore gioca dunque sulla memoria a lungo termine, per condurre l’ascoltatore attraverso materiali musicali anche molto differenziati i quali mantengono però sempre un legame con l’armonia dell’esordio, senza che questa venga riproposta in modo esplicito; indagando così instancabilmente sulla soglia che separa l’oggetto dalla sua ombra, l’udibile dalla sua eco. [Antoine Fachard] Franz Joseph Haydn Anton Reicha Sonata per fagotto, Grand Quatuor op. 104 Allo stesso modo di Haydn, (1732-1809) universalmente considerato “il padre del quartetto d’archi”, Anton Reicha Trio Hob. XV:17 (1790) divenne a giusto titolo famoso per la sua produzione di quintetti a fiato. in fa maggiore per flauto, I suoi 24 quintetti, scritti nel periodo 1811-20 e dedicati a illustri virtuosi violoncello e pianoforte del Conservatoire, gli assicurarono autentico successo presso il pubblico Allegro – Tempo di minuetto parigino. Per gli stessi virtuosi di strumento a fiato Reicha scrisse una considerevole mole di brani solistici tra i quali la serie dei quintetti per Anton Reicha (1770-1836) flauto (op. 105), per oboe (op. 107), per clarinetto (op. 89), per corno Sonata in si bemolle maggiore (op. 106), per fagotto (1826) e quartetto d’archi. Oltre al flauto, strumento (1810/15) per fagotto e pianoforte prediletto da Reicha – il giovane Anton iniziò la sua carriera musicale Allegro – Adagio – Allegretto come flautista nellaHofkapelle di Bonn con al fianco Franz Ries e Andreas Romberg ai violini e Ludwig van Beethoven alla viola – anche il fagotto Domenica 29 ottobre 2017 Wolfgang Amadeus Mozart riveste notevole importanza nel suo catalogo: oltre al già menzionato ore 20.00 (1756-1791) quintetto, egli compose una serie di Variazioni per il medesimo organico Gran Teatro La Fenice Sonata K. 292 (1776) strumentale e i due brani che ascolteremo questa sera: la Sonata per Sale Apollinee per fagotto e violoncello fagotto e pianoforte e il Grand Quatuor op. 104 per l’insolito organico di Allegro – Andante – flauto, fagotto, violoncello e pianoforte. Anche se, a giudizio degli attuali Rondò (Allegro) studi musicologici, l’approccio intellettuale e analitico della musica di Reicha difficilmente si coniuga con la spontaneità necessaria al palco- Anton Reicha (1770-1836) scenico, sappiamo che Reicha si stabilì definitivamente a Parigi nel 1808 Grand Quatuor Concertant con la ferma volontà di intraprendere la carriera di operista. Nonostante nel contesto del festival op. 104 (1824) egli stesso annoveri alcuni lavori teatrali di quegli anni tra le sue opere

Antoine Reicha musicista l'anima commuovere in mi bemolle maggiore più riuscite, l’insuccesso della sua musica di scena lo indusse a ripiegare cosmopolita e visionario per flauto, fagotto, sulla più intima vena espressiva cameristica. Ma l’eco di questo suo primo (dal 23 settembre al violoncello e pianoforte amore appare in molte sue opere, come anche nell’Adagio iniziale del 4 novembre 2017) Adagio/Allegro – Andante – Grand Quatuor ove assistiamo ad una vera e propria “entrata in scena” Minuetto (Allegro Assai) – delle individualità strumentali, che vengono caratterizzate con idiomatica con il sostegno del Finale (Allegro) definizione espressiva. Il seguente Allegro in forma sonata, presenta una Palazzetto Bru Zane – perfetta pariteticità di scrittura tra le voci con una leggera predominanza Centre de musique della parte pianistica che a tratti viene esposta nella forma – che ritro- romantique française viamo spesso in opere coeve di Mozart e Beethoven – di un concerto per pianoforte e ridotto organico orchestrale. Da segnalare, nel corso Daniele Ruggieri flauto di questo primo movimento, un breve tema di marcia che apre in modo Roberto Giaccaglia fagotto assolutamente inconsueto la sezione di sviluppo. Anche il secondo movi- Carlo Teodoro violoncello mento si avvale di una breve introduzione, questa volta pianistica, quasi Aldo Orvieto pianoforte sipario operistico. Il fagotto espone un tema di nobiltà haydniana, che, nel corso del brano, verrà riproposto una seconda volta dal violoncello Franz Joseph Haydn Trio Hob. XV:17 Dopo la morte di Nikolaus I Joseph Prince Esterházy e una terza, in forma riccamente fiorita, dal flauto. Le sezioni di ponte il 28 settembre 1790 l’orchestra di corte fu sciolta e Haydn si trasferì tra le tre esposizioni tematiche sono per lo più affidate al pianoforte e a Vienna. Nel 1791/92 intraprese la sua prima visita in Inghilterra e nel la più estesa tra queste, nell’emblematica tonalità di do minore, volge la 1794/5 la seconda. I tre Trii Hob. XV: 15-17 (1790) gli furono commissionati classicità del tema iniziale a tinte romantiche, indulgendo talvolta al pate- dall’editore inglese John Bland nel 1789. Ciò non impedì all’imprenditore tico ma con perfetto equilibrio formale di ascendenza mendelssohniana. Joseph Haydn di vendere contemporaneamente le tre opere all’editore Di gusto Biedermeir appare anche il seguente Minuetto, la cui struttura Artaria di Vienna! Si tratta degli unici esempi di trii con pianoforte il cui presenta due riprese del tema iniziale e due Trii, di cui un primo con dolce organico annovera il flauto in luogo del più consueto violino: strumenta- andamento di Ländler, e un secondo pianistico che, con bell’effetto zione che potrebbe essere spiegata come una concessione al gusto inglese teatrale, ci proietta in un mondo di raggelata arcaicità. La conclusione del in quanto il flauto era all’epoca molto popolare tra i membri dell’aristo- movimento abbrevia la riesposizione iniziale per lasciar spazio a una coda crazia e della borghesia anglosassone. Anche i più tardi London Trios Hob. “sinfonica” su materiali del primo Trio. Il Finale presenta un rigore analitico LV: 1-4 (1794) per due flauti e violoncello, furono infatti scritti per due e un impegno intellettuale senza precedenti per un’opera del periodo. aristocratici inglesi, flautisti dilettanti. Al contrario degli altri due trii (in L’utilizzo di una struttura ibrida tra Rondò e Forma Sonata consentono a re e sol maggiore) scritti per il medesimo organico – strutturati entrambi Reicha di sfoggiare tutta l’abilità combinatoria dei suoi studi matematici in due vivaci movimenti in forma sonata che incorniciano un movimento con un risultato di sorprendente rutilanza fonica di materiali. centrale più lento in forma di Lied – il Trio in fa maggiore, che ascolte- La Sonata per fagotto e pianoforte, opera postuma e non inclusa nel remo stasera, ci rivela deliziose sorprese. La partizione dell’opera in due catalogo che l’autore redasse in vita, fu probabilmente scritta da Reicha soli movimenti presenta un solenne Allegro iniziale con una drammatica durante i primi anni del suo soggiorno parigino: presenta due brillanti sezione di sviluppo condotta sinfonicamente, profondamente espressiva. movimenti veloci che incorniciano un Adagio elegiaco di grande liricità e Il carattere intenso e passionale del primo movimento si scioglie in un sapienza nello sfruttamento di tutti i registri espressivi dello strumento. Il compassato ed elegante minuetto che conclude l’opera. In questo lavoro primo tempo in forma sonata e il Rondeau finale puntano su un virtuo- – e contrariamente a quanto avviene nei trii in sol e re maggiore – la sismo lussureggiante ma mai gratuito; sempre controllato e funzionale al dialettica tra gli strumenti diviene più marcata affidando Haydn al flauto desiderio di ordine formale che contraddistingue tutta la musica di Reicha. una parte melodica per lo più indipendente da quella del registro acuto La Sonata non presenta ancora quegli attributi di commistione linguistica del pianoforte, lasciando invece al violoncello il ruolo di contribuire alla che vediamo dominare nel Grand Quatuor ove diversi climi sonori evocati forza, al colore e alla vitalità ritmica sostenendo la linea del basso del da molteplici linguaggi appartenenti a epoche storiche molto differen- pianoforte. Il fatto che questi tre trii con flauto siano senz’altro dedicati ziate vengono sapientemente sfruttati drammaturgicamente. Tale stile, a musicisti dilettanti non deve ingannare riguardo il loro valore musicale: che contraddistingue l’ultimo periodo creativo dell’autore, è senza dubbio anche se meno sontuosi delle sinfonie o meno elaborati polifonicamente quello che meglio identifica la musica di Reicha come colta e raffinata della scrittura quartettistica, queste opere presentano fecondità melodica, sintesi della grande instabilità che caratterizzò la ricerca linguistica e bruschi cambi di registro e deliziose improvvise deviazioni della curvatura formale del primo Ottocento. melodica. Wolfgang Amadeus Mozart Sonata per fagotto e violoncello K. 292 Mentre si trovava al servizio di Hieronymus von Colloredo, Principe Arcivescovo di Salisburgo, Mozart ricevette una commissione dal direttore del teatro del Principe Elettore Massimiliano III Giuseppe di Baviera per scrivere un’opera buffa da rappresentarsi al carnevale di Monaco del 1775. Recatosi nella capitale bavarese nel gennaio di quell’anno per assistere alle prove de La finta giar- diniera (K. 196) Mozart ebbe modo di conoscere e lavorare con i fagottisti dell’orchestra di Corte, senz’altro a quel tempo tra i migliori solisti d’Eu- ropa. Le ricerche documentarie sulla Sonata K. 292 (196c), come anche quelle sul coevo Concerto K. 191 per fagotto e orchestra portano al nome del barone Thaddäus von Dürnitz, che presumibilmente commissionò a Mozart ben tre concerti per fagotto. Sappiamo per certo che i tre concerti e la Sonata K. 292 (che comparivano nell’inventario della biblioteca del barone) furono consegnati da Mozart stesso al barone in occasione della prima rappresentazione de La finta giardiniera nel gennaio 1775 a Monaco. Non si ebbero più notizie del Concerto K. 191 (l’unico giunto sino a noi, la cui partitura data Salisburgo, 4 giugno 1774) né della Sonata K. 292 fino ai primi anni dell’Ottocento, quando l’editore Johann André acquistò direttamente dalla moglie di Mozart, Costanze, una cartella di musica autografa comprendente i due brani che poi pubblicò nel 1804/5 secondo la lezione del manoscritto, successivamente andato perduto. Non solo le origini del lavoro e la sua datazione, ma la Sonata stessa rimane un mistero per gli studiosi. La designazione del violoncello come partner del duo sembra discutibile: Mozart non ha lasciato istruzioni specifiche riguardo alla strumentazione e la scelta potrebbe essere stata fatta dall’editore. Il trattamento della seconda voce come vero e proprio Basso Continuo sembrerebbe rendere possibile l’uso di strumenti che vanno dal violoncello agli strumenti a tastiera o a un secondo fagotto. La linea del basso, pur contribuendo occasionalmente alla texture con interventi moti- vici, è trattata in modo privo di enfasi per consentire al fagotto un ruolo spiccatamente solistico. Il movimento centrale esplora le qualità liriche dello strumento mentre i movimenti estremi, un Allegro in forma sonata e un Finale in forma di rondò, sfruttano la flessibilità dello strumento e mettono in luce le abilità tecniche dell’esecutore. Mario Castelnuovo-Tedesco Mario Castelnuovo-Tedesco Sonatina op. 205 Nel 1965 Castelnuovo-Tedesco aveva (1895-1968) settant’anni e il suo catalogo già superava i duecento numeri d’opera. Sonatina op. 205 (1965) La Sonatina per flauto e chitarra, con la sua scrittura naturale e perfet- Allegretto grazioso – Tempo tamente equilibrata, è prova della lunga esperienza compositiva del di siciliana – Scherzo-Rondò suo autore. Nel primo movimento, Allegretto grazioso, i due strumenti godono di perfetta pariteticità nell’esposizione dei due temi. La sezione Camillo Togni (1922-1993) centrale, più dolce e tranquillo, vede la comparsa di un nuovo soggetto, Cinque Pezzi (1975/6) cui segue una ripresa dei materiali iniziali svolta con tipiche pratiche Intreccio – Fermamente – contrappuntistiche: procedimenti a canone, combinazioni e inversioni Fiore di cinnamomo – dei temi. Una seconda ripresa della sezione centrale (tranquillo) propone Rondine garrula – Compianto l’ascolto simultaneo dei due temi principali ma il tema iniziale verrà trasformato espressivamente per adeguarsi al contesto di questo nuovo Sabato 11 novembre 2017 Niccolò Castiglioni (1932-1996) tempo. Il movimento si conclude con il motivo di apertura trattato per ore 18.00 Sic (1992) moto contrario tra i due strumenti. Il secondo movimento, Tempo di Ateneo Veneto siciliana, affida al flauto la prima esposizione di un affascinante tema Aula Magna Giorgio Federico Ghedini dal sapore teneramente nostalgico; una riesposizione del tema da parte (1892-1965) della chitarra viene finemente decorata da virtuosistici arabeschi di abile SIAE – Classici di Oggi Tre pezzi per flauto (1962) scrittura flautistica. Una sezione centrale, quasi notturno, deriva una Andamento – Bizzarria – nuova melodia dagli arpeggi chitarristici di accompagnamento al tema Canto, o della solitudine principale. Il ritorno alla siciliana iniziale viene trattato in modo cano- quasi una serenata nico tra i due strumenti e una serena coda conclude il movimento nella Mauro Giuliani (1781-1829) tonalità maggiore. Lo spiritoso Scherzo-Rondò che conclude il lavoro si Grande Duo Concertante svolge in due sezioni A e B, nelle quali entrambi gli strumenti presen- op.85 (1817) in la maggiore tano il tema poi trattato canonicamente. Nelle sue riproposizioni, il tema Allegro moderato – del rondò viene proposto invertito e il passaggio successivo (in veloci Andante molto sostenuto – terzine) risulta essere costruito sviluppando la figura di accompagna- Scherzo (Vivace) – mento di apertura. Il nuovo tema della sezione C viene prima presentato Allegretto espressivo dalla chitarra ornato da un accompagnamento flautistico “in frullato”, con il sostegno di poi dal flauto accompagnato da un andamento chitarristico “in tremolo”. SIAE Antonio Covello (1985) La sezione A viene brevemente riproposta e sfocia in una estesa coda jenseits der Menschen II (2017) che vede la sovrapposizione del tema B (al flauto) e del tema C (alla in collaborazione con Commissione Ex Novo Musica chitarra). Il brano, composto per Werner Tripp and Konrad Ragossnig, è Ateneo Veneto prima esecuzione assoluta sicuramente una delle opere del repertorio moderno che meglio colgono l’espressività pacata, intima, meditativa, mai salottiera, di questo affa- Daniele Ruggieri flauto sciante duo strumentale. Alberto Mesirca chitarra Camillo Togni Cinque Pezzi L’improvvisa scomparsa di Luigi Dallapiccola nel febbraio a specchio, il suo materiale assorbe i quarti di tono come in un’ansia di del 1975 e la lettura del libro di Bruno Gentili su Anacreonte ispirarono possesso dell’intera gamma sonora. La sua temperatura espressiva è di la stesura dei Cinque pezzi per flauto e chitarra, scritti nel 1975/76. Il straordinaria intensità: pur ricercando il massimo dell’intonazione con una materiale seriale è desunto dalle diciotto battute iniziali dell’ultimo lavoro serie di posizioni particolari, il flauto non è tuttavia in grado di garantire del compositore istriano Lux, abbozzato per voci e strumenti e rimasto su tutti i quarti di tono la stessa qualità timbrica. La linea appare cosi incompiuto. Fu la moglie Laura a trovarlo sul pianoforte la sera del 18 franta, spasmodica, ricca di colori che riesumano le ancestralità lignee febbraio 1975 e a donarlo agli amici del marito. A ciascuno dei cinque dell’aulos greco. Il quarto brano, Fiore di cinnamomo il ritorno all’intrec- pezzi è preposta una citazione da Anacreonte. Il terzo pezzo, Intreccio, cio tra i due strumenti si riflette questa volta in una decantazione del che è un piccolo erotikon per flauto solo composto con i quarti di tono, suono: sonorità tenui, intercalarsi di articolazioni rapide a momenti di funge da centro ideale di una rifrazione che accompagna sensibilmente stasi, armonici ai due strumenti, frullati e ribattuti al flauto, al ponticello e l’intera opera, permeandola di interne corrispondenze che sottilmente battuto sulla tastiera, smorzato alla chitarra. L’ultimo brano, Compianto, rimandano al comporre di Dallapiccola. Attorno ad esso si stringono il per flauto solo, è dedicato esplicitamente alla memoria di Dallapiccola ed secondo pezzo (Fermamente) e il quarto (Fiore di cinnamomo), entrambi è una citazione letterale della parte vocale del suo pezzo rimasto incom- per flauto e chitarra. I suoni multipli del flauto solo caratterizzano il primo piuto. Il flauto espone le quattro frasi della melodia originale negli identici (Rondine garrula) e l’ultimo (Compianto), nel quale il flauto espone tutta intervalli del testo e con una ritmica che ripropone (con durate declama- la melodia di Dallapiccola isolandone le frasi con lievi ombreggiature di torie approssimative, quasi da canto gregoriano) le durate dell’originale; accompagnamento. Proporzioni architettoniche, figure ritmiche, valori al termine di ogni frase il flauto inserisce però una sorta di accompagna- di durata, densità orizzontale e gradi d’intensità dinamica rappresentano mento-espletamento basato su suoni multipli, a integrazione della forma una conseguenza della struttura dodecafonica; eppure direttamente seriale che la melodia aveva solo parzialmente enunciato. La quarta frase proporzionale a tanta coerenza risulta la straordinaria libertà, lo stile deci- inverte la situazione in modo da chiudersi con gli ultimi suoni scritti da samente improvvisativo della scrittura. Il primo brano, Rondine garrula, Dallapiccola sulla parola “lumen”. [tratto da Daniela Cima, Camillo Togni, per flauto solo, leggerissimo nelle sonorità, è caratterizzato da un bruli- Le opere, Edizioni Suvini Zerboni, Milano, 2004] chio di suoni velocissimi e come polverizzati, confluenti in suoni multipli o tremoli. Tutte le sequele – ciascuna fornita di una ben precisa dinamica Niccolò Castiglioni Sic In questo raffinato brano di Niccolò Castiglioni due brevi movi- – si concludono con un suono del flauto: multiplo, tremolo, frullato, alla menti veloci, in forma di danza, incorniciano tre episodi centrali di grande fine anche con la voce. Una attenta determinazione della durata delle lirismo, ricercatezza timbrica e intensa emotività. L’episodio iniziale, cesure tra le sequele determina la crescente concitazione dell’iter sonoro. presto, rigorosamente in tempo, affidato all’ottavino, abbaglia per la Nel secondo brano, Fermamente alla linearità del flauto solo si sostituisce luminosa, divertita e ironica gestualità di uno degli strumenti più amati un dialogo serrato con la chitarra, il colore diviene vivido e le articolazioni dall’autore, al quale è affidata una melodia circolare tanto ricca di rimandi perdono in sfumatura per guadagnare in incisività. II flauto introduce il interni quanto continuamente “spezzata” da brusche deviazioni nelle suono con colpo di chiave mentre la chitarra realizza armonici di estrema figurazioni. Alla chitarra – che suona un solo accordo, “strappandolo” con secchezza, pizzicando con l’unghia del pollice della mano destra la corda rituale potenza sonora – è affidato il compito di evidenziare la metrica, ora dietro al dito della mano sinistra, sulle barre. Ogni sequela è caratterizzata regolare, ora fortemente asimmetrica dello strumento solista. L’episodio da sonorità molto ben definite, a volte in contrasto fra i due strumenti, che conclude il brano, allegretto, presenta in modo evidente la riproposta a volte in totale sintonia. Il terzo brano Intreccio costituisce il punto “a specchio” dei materiali del flauto nella linea della chitarra. La struttura culminante dell’intera composizione. Si trova al centro, la sua forma è frammentaria dell’inizio, un vero e proprio hoquetus, si infittisce progres- sivamente man mano rivelando il procedimento canonico che organizza orecchie […] può anche darsi che ciò rispondesse a una esigenza di rigore l’intero movimento. In questi due movimenti estremi di Sic ritroviamo interiore, di purezza. Comunque sia, Ghedini a questo punto si ritraeva.» l’amore di Castiglioni per «una certa nobiltà popolaresca.» e la sua ritrosia I Tre pezzi per flauto che ascolteremo questa sera sono tra le ultime opere per i «per i toni snervatamente delicati e troppo raffinati». Nei tre episodi dell’autore, appartengono a una stagione creativa spesso a torto liquidata lirici centrali (Andante sostenuto, Molto calmo, Con fantasia) – collegati come indulgente all’edonismo sonoro, al puro compiacimento timbrico di tra loro da arabeschi di bellezza cristallina affidati alternativamente ai rassicurante ordine paratonale. Scritti in un linguaggio modale depurato da due strumenti – prevale un paesaggio sonoro rarefatto e un’atmosfera ogni tensione cromatica, raggelati in una fissità contemplativa venata di notturna, sacrale, subito inaugurata dal flauto in sol nel suo registro più arcaismo religioso questi brani esprimono – come afferma Goffredo Petrassi grave. Se il primo dei tre episodi si apre con la secca citazione di una serie – la sua passionalità «in modo molto spesso freddo e distaccato: c’era un dodecafonica affidata al flauto, il secondo – per contrasto – presenta una fuoco che ardeva in lui ma che non appariva, di cui bisognava indovinare dolce melodia accompagnata da accordi dal sapore tonale, evocazione l’esistenza». La sua attrazione per la musica rinascimentale e la profonda, raffinatissima della temperie romantica, che l’autore ha sempre dichia- quasi infantile, infatuazione per il madrigalismo monteverdiano rappresen- rato di amare. Il terzo brano conclude la parte centrale del lavoro con tano per Ghedini una naturale condivisione di modalità espressive con gli un ampio solo della chitarra: dodici sistemi, nei quali lo strumento viene antichi maestri, una fiducia nella musica in grado di esprimere alti valori accompagnato da una sola nota di flauto nel registro basso per ogni umani. L’isolamento culturale in cui visse (emblematicamente espresso dal sistema; esponendo dunque quest’ultimo una nuova serie dodecafonica! titolo dell’ultimo dei tre brani che ascolteremo questa sera: Canto, o della Il trattamento dello strumento solista con grandi lirici cambi di registro e solitudine) fu anche dettato da un carattere molto acceso e polemico ben un raffinato pacato uso di suoni armonici rivela la miracolosa naturalezza tratteggiato da Fernanda Pivano: «cosa volete, Ghedini è fatto così. Se si della scrittura di Castiglioni, evocando alla memoria l’atmosfera di una dimentica un momento di essere Ghedini, parla male di Ghedini». trasfigurata serenata notturna. Mauro Giuliani Grande Duo Concertante op.85 Mauro Giuliani, nacque nel 1781 a Bisce- Giorgio Federico Ghedini Tre pezzi Secondo Luciano Berio Ghedini era un musicista glie (vicino a Bari), all’epoca territorio del Regno di Napoli. Non sappiamo artigiano, rifiutava ogni ideologia, «era essenzialmente un compositore di molto dei suoi anni di formazione, ma lo ritroviamo a Vienna nel 1806, ove si natura tematica». Avventurandosi in zone più complesse «lo faceva sempre impone come uno dei migliori musicisti della capitale austriaca. La chitarra in maniera molto emotiva, […] gli mancava la dimensione “intellettuale”, ebbe notevole fortuna nella Vienna dell’epoca Biedermeier: meno costosa concettuale della musica». «Le musiche tecniche durano come la moda d’un del violino e del pianoforte per l’educazione dei bambini (tutti avviati abito: quelle che cantano sono eterne» ebbe ad affermare Ghedini rimar- allo studio di uno strumento), più facilmente trasportabile e di più facile cando la sua posizione di esclusiva concentrazione sul fatto musicale. Spirito approccio per un apprendimento di livello amatoriale, la chitarra garantiva autocritico spesso divorato da un’ansia di superamento, egli sperimentò anche un buon numero di vantaggi sociali: poteva essere fonte di diverti- peraltro tutte le “imposizioni tecniche” che istintivamente rifiutava, prima mento nei salotti borghesi e aristocratici, durante gite in campagna o lunghi attraverso una stagione di severità contrappuntistica (dal 1940 a poco dopo viaggi; per le giovani ragazze rappresentava poi una strategia precisa per la fine del conflitto mondiale), poi addirittura attraverso la parziale adozione mettersi in luce in società e attirare l’attenzione di eventuali pretendenti. linguaggio dodecafonico. Come afferma con grande acume Luciano Berio Un numero significativo di pubblicazioni viennesi destinate alla chitarra la «è possibile che alla base del suo rifiuto di una certa modernità ci fosse vedono presente – sia in ruoli concertanti che di accompagnamento – in un giudizio dato dall’orecchio, la percezione di cose che non quadravano, piccoli complessi strumentali. La notorietà di Giuliani a Vienna fu così rile- di essere in presenza di musica scritta da gente che aveva delle pessime vante che venne nominato dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria «virtuoso onorario da camera». In una delle più importanti feste celebrative della corte viennese, le «Sérénades pour les soirées musicales dans le Jardin Botanique de Schönbrunn», Johann Nepomuk Hummel incluse in suo onore, nella sua Serenata op. 63, tre variazioni così nominate «de Mons: Giuliani, de Mons: Maysender, de Hummel». Nel partecipare a concerti con i migliori musicisti della corte fu probabilmente in funzione della collaborazione concertistica con il più grande violinista viennese dell’epoca, Louis Spohr che Giuliani compose la maggior parte delle sue opere per violino e chitarra. Come d’uso il violino era sempre sostituibile con il flauto. Il Grande Duo Concertante op.85 è forse la più famosa fra le composizioni del suo ricco catalogo per questo complesso strumentale. Avvolta da uno charme che desidera essere funzionale ai gusti viennesi, l’opera è pervasa da una melodicità intrisa di un gusto mediterraneo: passionale, intimo e a tratti nostalgico. Allo strumento solista è affidato un ruolo dominante sul piano melodico ma ritroviamo nella parte chitarristica un buon numero di soli che esigono una tecnica avanzata e molteplici passaggi di «bravura alla Rossini» che escludono quest’opera dall'avere una destinazione amatoriale.

Antonio Covello jenseits der Menschen II Il brano è il secondo della serie jenseits der Menschen, formata da composizioni per organici diversi, accomunati dalla considerazione della componente melodica come elemento cardine: il titolo corrisponde alle ultime parole della poesia Fadensonnen di Paul Celan «es sind noch Lieder zu singen jenseits der Menschen» (ancora vi sono melo- die da cantare al di là degli uomini). È proprio la melodia – leggera e con un carattere meditativo – ad aprire questo brano per flauto e chitarra; e ciascuna tipologia di variazione e sviluppo a cui essa è sottoposta è essa stessa (e coincide con) una sezione della composizione; definendola quindi non solo sul piano lineare ma anche in senso “formale”, strutturale. Tale modus operandi ripercorre all’inverso – a mo’ di alter ego – ciò che accade nel primo brano della serie, per clarinetto e violoncello, dove la melodia si dispiega solo nella sezione conclusiva. [Antonio Covello] Girolamo Salieri (1794-?) Girolamo Salieri Adagio con Variazioni Sul settimanale periodico stampato a Bologna Adagio con Variazioni sopra «Teatri Arti e Letteratura» (anno 19mo. No. 890) del 4 marzo 1841 così un tema dell’opera Edoardo leggiamo: «Bologna. - Domenica 7 corrente marzo avrà luogo nel grande e Cristina di Gioacchino Rossini Teatro Comunitativo una Accademia Vocale ed Istrumentale eseguita dal per clarinetto e quartetto d’archi prof. di Clarino sig. Girolamo Salieri, Accademico filarmonico di Vienna, Firenze e Venezia.» Come d’uso all’epoca gli strumentisti a fiato prepa- Goffredo Petrassi (1904-2003) ravano per le Accademie proprî pot-pourri e cicli di variazioni nei quali Duetto (1985) per violino e viola (*) esibivano il loro virtuosismo servendosi dei temi d’opera più amati dal pubblico. Di Girolamo Salieri sono giunti fino a noi vari cicli di variazioni Gian Francesco Malipiero su temi di Gioacchino Rossini, Vincenzo Bellini e Giovanni Pacini. Virtuoso (1882-1973) clarinettista e compositore, nipote del Wiener Hofkapellmeister Antonio Parafrasi da Abracadabra (1962) Salieri, dopo aver studiato a Vienna con lo zio, divenne – posteriormente Martedì 14 novembre 2017 per violino (*) al 1815 – clarinettista al Teatro di Trieste e professore del locale conser- ore 20.00 vatorio. Il tema scelto da Salieri fa parte dell’opera Edoardo e Cristina, Ateneo Veneto Aldo Clementi (1925-2011) un pastiche preparato da Rossini nel 1819 per il Teatro San Benedetto di Aula Magna Sphinxs «canoni su A.S.C.H.» (1978) Venezia che ripropone – su un libretto costruito da suoi fidi collaboratori per violino, viola e violoncello adattando un precedente libretto di Giovanni Schmidt – numeri da sue SIAE – Classici di Oggi e campane tubolari opere preesistenti: Adelaide di Borgogna, Ricciardo e Zoraide e Ermione. La pratica del “centone”, una costante nella storia dell’opera, divenne Luciano Berio (1925-2003) consuetudine nella produzione del pesarese e consentì a Rossini di creare Lied (1983) per clarinetto velocemente una nuova opera su commissione: ciò avviene in modo parti- sostenendo il canto sostenendo colarmente efficace con la sua musica, per la quale la critica ha spesso Claudio Ambrosini (1948) rilevato una caratteristica di assoluta asemanticità del suono. con il sostegno di Ma misi me per l’alto mare aperto SIAE (2015) per quartetto d’archi Goffredo Petrassi Duetto Come spiegava Petrassi nel 1994 in una intervista a Sandro Cappelletto: «l’occasione fu data da un compleanno di Adriana Panni, in collaborazione con Fausto Romitelli (1963-2004) protagonista straordinaria della vita musicale italiana. Decisi di scrivere un Ateneo Veneto Ganimede (1986) per viola pezzo, che del resto avevo sempre desiderato, avendo un po’ trascurato il violino e la viola. Era recente la Sestina d’autunno, e composi il Duetto Ex Novo Ensemble Giovanni Albini (1982) togliendo e riutilizzando una cellula con la quale iniziava la Sestina, che Quintetto op. 53 (2017) è dedicata a Stravinskij.» Il Duetto è un fulgido esempio di quel processo Davide Teodoro clarinetto per clarinetto e quartetto d’archi di “germinazione” dei materiali musicali tanto caro a Petrassi: «la viola Carlo Lazari violino (*) Commissione Ex Novo Musica comincia con il tema gregoriano del Veni creator Spiritus, reso in modo Annamaria Pellegrino violino prima esecuzione assoluta molto intimo: da qui si sviluppa tutto.» Approccio alla composizione che Mario Paladin viola l’autore spiega così: «iniziato il lavoro, è il materiale musicale a suggerire Carlo Teodoro violoncello il procedimento ed è il procedimento a suggerire lo svolgimento ulteriore, in una specie di autogenesi che si può trovare alla base di tanti processi stile malipieriano, così ne parla (in Malipiero, Torino, Nuova Eri, 1990): immaginativi.» Petrassi da un lato si rifiuta di imbrigliare la creatività «ovviamente questo movimento per violino deve essere stato scritto per «programmando in antecedenza la composizione» ma dall’altro ammette ultimo, in un artificioso tentativo di dare un’apparenza di unità ad una che il comporre «deve necessariamente essere sorretto da un’esigenza composizione che invero non ne ha affatto.» Giudizio severo che accusa formale, sia pure non dichiarata o addirittura inconsapevole.» Sinfonie, questa musica di «divagazione amorfa», di giustapporre brani «laboriosi e sonate, concerti: cinquant’anni fa «costituivano un supporto formale declamatori» ad altri «svagatamente girovaganti». Giudizio che però non preesistente che garantiva la tenuta del pezzo»; l’attuale mancanza di tien conto – come rileva Mario Messinis nell’ introduzione agli atti del qualsiasi riferimento a un codice formale prestabilito obbliga il compo- convegno svoltosi presso la Fondazione Giorgio Cini nel 1972 a festeg- sitore di oggi a «trovare un altro tipo di coerenza: una coerenza interna giamento dei novant’anni del maestro – che l’ispirazione «nascerà spesso al pezzo. Per ogni singolo lavoro va cercata una sua struttura, una strut- su uno spunto visivo, diciamo da una provocazione o goethianamente, tura formale che gli sia propria: si può dire che ogni singolo lavoro vive occasione, per un dato o fatto extramusicale», rimanendo al cuore dell'e- la propria forma.» In una conversazione con Carla Vasio Petrassi illustra sperienza malipieriana l’idea del teatro, «un teatro sintetico e antipsicolo- un altro concetto importante del suo alto artigianato compositivo: «a gico concepito come un seguito di maschere livide e risentite». Gli scenari proposito di certe scene, Giuseppe Verdi diceva che ne cercava la “tinta”: improvvisati, il gusto del lazzo e dello sberleffo divengono strumenti per è molto appropriato, perché ogni lavoro ha una sua particolare tinta. Si l’abbandono a modi lirici «ora compiaciuti di allegrezze, motteggi ed può dire che ha un preciso rapporto timbrico o sonoro o concettuale, ma estrosità di canzone, ora dilatati in ariosi nobili e patetici, ora accesi in parlare di tinta mi sembra più appropriato. Dunque, una volta impostata arabeschi secchi e pungenti» e per vagheggiare il ritorno a una civiltà la tinta o l’ambito o come lo si voglia chiamare, dopo tengo fede a una remota e a una mitologia popolare di stampo rinascimentale e barocco. totale libertà di conduzione: lascio che la musica stessa mi suggerisca Le rigide sagomature (differenziate con sicura mano di bozzettista) dei che cosa devo fare.» Libertà dunque ricondotta «a una necessità intrin- brevi brani di Abracadabra con i suoi organici «capricciosi e inusitati» seca al pezzo stesso» e coscienza che, nell’articolazione del comporre, anelano a «conservare la facoltà affatto italiana, metaforica piuttosto «il caso esiste, ma è un caso guidato.» Se l’opera è riuscita, alla fine «ti che realistica, di esprimere simbolicamente tutta la realtà» attraverso un accorgi che, in una apparente confusione, il pezzo c’è, tout se tient, come contatto mediato che la riduca ad archetipo. La solitudine del musici- dicono i francesi.» E i suoi molti allievi ricordano il limpido aforisma caro al sta, la sua «amarezza implacabile nel rifiuto della vita e dell’oggi» ritrova maestro: «j’aime la regle que modifie l’inspiration, mais je prefere l’inspi- nella finzione una vitalità descrittiva, singolarmente avida e vivificante. ration que modifie la regle». Aldo Clementi Sphinxs Si tratta di poche misure di un contrappunto canonico a 12 parti Gian Francesco Malipiero Parafrasi Trattasi di un breve ma intenso brano per violino (ogni strumento suona sempre su tutte e quattro le corde) derivato dai inserito come quarto numero di Abracadabra, una miscellanea di otto tre moduli di Sphinxs (da Carnaval op. 9) di Schumann. Le varie combi- brevi pezzi per gli organici più svariati composta nel 1962 su testi dello nazioni di corde tenute o appena sfiorate prolungano il pezzo indefinita- stesso Malipiero. Bruno Maderna ne diresse nel 1963 la prima esecuzione mente; in più la diversa accordatura dei tre archi dovrebbe generare un al XXVI Festival della Biennale di Venezia. Il movimento per violino solo semplice tessuto fitto, opaco e senza dettagli. Tre campane tubolari sono è il quarto pezzo e il titolo Parafrasi si riferisce al fatto che la sua prima a tratti percosse con l’arco, ognuna da un esecutore (AS, C, H cioè la metà riprende motivi del primo e secondo brano, mentre la seconda metà bemolle/do/si nella terminologia anglosassone). [Aldo Clementi] anticipa frasi che verranno usate nel quinto, sesto e settimo brano. John Waterhouse, rimarcando gli aspetti “curiosamente cerebrali” del tardo Paolo Petazzi ci illustra in questa interessante nota il complesso intreccio di signifi- Luciano Berio Lied L’approccio di Luciano Berio al virtuosismo non si limita a proporre cati sottesi alle simbologie usate da Robert Schumann e Aldo Clementi: una esibizione di abilità tecniche ma richiede all’esecutore un “virtuosismo «Sottotitolo di questo pezzo è "canoni su A.S.C.H.". In tedesco queste di conoscenze”, un approccio intelligente e storicamente consapevole lettere (pronunciando la seconda Es) corrispondono alle quattro note (la, che, attraverso una profonda comprensione del testo, esplichi all’ascolto mi bemolle, do, si) che costituiscono il nucleo su cui è costruito il Carna- la gestualità delle articolazioni e le relazioni che si evincono dall’analisi dei val di Schumann, e disposte in altro ordine, danno S.C.H.A. (mi bemolle, materiali compositivi. Questa filosofia, che pone l’interprete al centro del do, si, la) e AS.C.H. (la bemolle, do, si). Le tre diverse combinazioni sono problema della comunicazione musicale, ed è alla base della concezione scritte (in forma di note sul pentagramma) tra l’ottavo e il nono pezzo del stessa del ciclo delle quattordici Sequenze, risulta con paradigmatica Carnaval, portano il titolo Sphinxs e non devono essere eseguite. Al di là evidenza in Lied. La scrittura vocale ebbe per Luciano Berio una impor- della loro funzione strutturale, c’è il gusto dell’allusione segreta: SCHA tanza fondamentale al punto da infiltrarsi fortemente nel suo approccio sono le sole lettere interpretabili come note nel cognome Schumann. alla musica strumentale. Berio non aderisce né all’antica concezione della Asch è una cittadina boema dove era nata Ernestine von Fricken, che il musica strumentale come estensione di quella vocale, né agli assunti della musicista allora amava. In Clementi i tre "sfingei" moduli schumanniani riforma monteverdiana nella quale la musica vocale diventa un alter ego sono divenuti base di una fitta costruzione contrappuntistica. La parti- della musica strumentale. Egli cerca un equilibrio tra i due approcci e indi- tura è formata da tre pagine, che vanno ripetute secondo lo schema 1, vidua in Mozart e Stravinskij i due più illustri maestri in quest’arte. 1/2, 2/3, 3/2, 2. Questo schema deve essere eseguito almeno tre volte, In Lied il brevissimo inciso iniziale di solo quattro altezze (situate all’in- ma può prolungarsi all’infinito; i tre strumentisti devono suonare sempre terno dell’intervallo di quarta re3-sol3) costituisce l’elemento generatore pianissimo, cominciando il più presto possibile e rallentando insensibil- di tutto il brano, rappresentando queste altezze un “orizzonte di ascolto” mente fino alla fine. É indicata con precisione, per ciascuna pagina, la nei confronti degli altri suoni, i quali vengono dunque percepiti come distinzione tra suoni tenuti e suoni brevi o brevissimi. Va sottolineata, deviazioni rispetto all’inciso iniziale. Nella complessa concezione della nell’analisi dell’autore, l’osservazione sul tessuto "fitto, opaco e senza variazione motivica si rilevano altresì un certo numero di ricorrenze dettagli": si tratta di un risultato sonoro in cui si tende alla negazione significative della forma melodica e ritmica primaria dell’inciso che dell’intervallo, all’annullamento, attraverso le dense sovrapposizioni rafforzano lo stimolo della memoria a lungo termine, a favore di una contrappuntistiche, della riconoscibilità dei singoli elementi. Si mani- miglior comprensione e comunicazione della struttura formale. Anche la festa così, coerentemente, quella radicale concezione dell’informale cui complessa elaborazione delle fioriture alla linea del canto si fonda su un Clementi è pervenuto, dopo essersi lasciato alle spalle l’originale parteci- insieme di altezze ben definito tra cui spicca il tritono re-la bemolle, con pazione alle esperienze "post-weberniane", approdando alla definizione, progressiva prevalenza di quest’ultima altezza, che viene percepita quasi di volta in volta diversa, di una massa sonora nella cui bloccata stati- come un annuncio alla fine del brano. cità solo il variare della densità e del colore consente mutazioni. L’ap- piattimento dei contrasti, l’annullamento dei contorni in un cangiante Claudio Ambrosini Ma misi me per l’alto mare aperto È curioso ma non avevo mai magma sonoro implica il rifiuto di qualsiasi svolgimento "discorsivo", scritto un quartetto per archi, benché fossi stato più volte invitato a farlo. di qualunque percorso delineato come articolazione del tempo: proprio Finché non me lo ha chiesto Mario Messinis per un concerto da tenersi all’annullamento del tempo tende, fino ai limiti del possibile, la musica di alla Fondazione Vedova, a Venezia. Ho accettato con entusiasmo, anche Clementi, proponendosi come oggetto sonoro di carattere spaziale, come perché era un modo per riandare con la memoria a Emilio Vedova, a Bruno spazio colore, dove il passare dei minuti serve solo a presentare diversi, Maderna, a , alla Venezia degli anni in cui ho cominciato. E a cangianti aspetti del magma sonoro.» [Paolo Petazzi] Gioacchino Lanza Tomasi, il dedicatario, uno dei primi ad aiutarmi concre- tamente a varare la nave. Le parole di Dante guidino ancora la rotta. vivificandone le increspature. Se Romitelli ammirava in Donatoni l’abilità Per viatico: l’indagine sugli strumenti (produzione del suono/ascolto), la articolatoria del suono strumentale rifiutò da subito l’estetica del colla- trasformazione del flusso di energia in forma. Come meta: un suono teso, ges che mirava a costruire una materia sonora continuamente cangiante, che entri in uno spazio tridimensionale, veneziano, in cui le rifrazioni, gli ribollente, aperiodica e convulsamente inquieta. Romitelli ricerca proprio scambi prospettici, le alternanze “battenti” rendano la tradizionalmente quel che Donatoni rifugge: cioè una degradazione, una collassazione dei omogenea formazione del quartetto d’archi sbilanciata, cangiante, a tratti tratti semantici contenuti nel materiale iniziale, non una loro valorizza- liquida, inafferrabile. [Claudio Ambrosini] zione. Ganimede guarda all’idea di un suono corporeo accompagnato da ombre e munito di scheletro, carne e pelle, in sintonia con le suggestioni Fausto Romitelli Ganimede Per Romitelli la composizione è una pratica ludica che ha per dello Spettralismo e con ammirazione verso l’arte di Gérard Grisey, autore oggetto la manipolazione del suono che viene trasformato, “aggredito” da lui sempre citato, nella linea storica Debussy-Ligeti-Grisey, come colui con forte tensiva sensibilità corporea. Convinto che «spesso la musica che ha meglio di ogni altro saputo esaltare il valore della sintesi e della contemporanea che ascoltiamo è castrata da una sorta di ideologia fusione di molte diverse stratificazioni e suggestioni sonore. formalista, legata ad una considerazione puramente astratta degli aspetti strutturali e segnata da scarso interesse verso la percezione» Romitelli Giovanni Albini Quintetto op. 53 Nella tensione verso un linguaggio asciutto, essenziale invita i compositori «a sporcarsi le mani, a uscire dal confortevole ghetto e icastico, la mia poetica si concentra sulla riduzione di un materiale musi- della musica colta contemporanea per confrontarsi con tutto l’universo cale elementare – scale diatoniche, triadi, elementari condotte delle parti: sonoro che li circonda». Per Romitelli il suono acustico (e con esso la le radici della nostra musica precipitate a nude forme archetipiche – ai ricerca della sua perfezione “armonica”) appartiene alla storia mentre il suoi tratti essenziali, cercando di svelare alcuni luoghi inaspettati delle suono che ci circonda è fatto di musica amplificata, filtrata, trasformata, sue potenzialità espressive. Mentre quello stesso materiale, pur straniato, distorta dagli altoparlanti: la natura della sua ricerca espressiva si mate- continua a vibrare di secoli di linguaggi, stili e storie. Come se le composi- rializza attraverso un suono che partecipi alla nostra vita quotidiana: «è zioni si costituissero a suo monumento, nel percorso controluce maturato questo il nostro mondo, e lo è tanto nel senso sonoro che metaforico. Io nello studio dei meccanismi combinatori e dell’astrazione matematica che desidero interpretare l’esperienza del vissuto rivestendola di una mate- tale materiale nasconde, consentendo di svelare e scegliere alcuni luoghi ria che le sia analoga. Unicamente attraverso questo tipo di esperienze inaspettati delle sue potenzialità espressive. Nuovi meccanismi, nuove sonore può sorgere un orizzonte simbolico che io senta appartenermi». sintassi, nuovi percorsi. [Giovanni Albini] (le citazioni sono tratte dall’intervista di Eric Denut a Fausto Romitelli in Il corpo elettrico, Monfalcone, 2003). Pur essendo il brano che ascolteremo questa sera lontano cronologicamente (1986) dal momento in cui queste formulazioni estetiche vennero messe in musica nei lavori della maturità dell’autore (1998-2004), è carico di suggestioni espressive e di preveg- genti intuizioni che si sarebbero presto sviluppate. In Ganimede Romitelli intende evocare un’atmosfera di assoluta immobilità attuata mediante la frammentazione di due serie armoniche in tratti brevi: la giustapposizione incessante di questi frammenti crea un’aura, una sensazione emozionale di natura psichedelica. La tecnica della frammentazione, che Romitelli deve alla lezione di Donatoni, rende indistinguibile l’origine del materiale, Goffredo Petrassi (1904-2003) Goffredo Petrassi Dialogo Angelico Nell’immediato dopoguerra Petrassi si sente smar- Dialogo Angelico (1948) rito, emarginato dall’accesa discussione intorno alla dodecafonia, che egli per due flauti (*) identifica come una vera e propria aggressione culturale di un gruppo di musicisti che si sentivano depositari di una nuova indiscutibile verità. Arnold Schoenberg (1874-1951) Petrassi ebbe sempre un atteggiamento dialettico con il metodo dode- Kammersymphonie op. 9 (1906) cafonico, tentò di «sentire gli echi di questo problema prima di affon- Trascrizione di Anton Webern (1922) darci dentro, ossia cominciare a vedere delle possibilità, vedere quanto per flauto, clarinetto, violino, questo procedimento gli poteva essere utile e quanto gli poteva essere violoncello e pianoforte congeniale» e arrivò ad elaborare alcune strategie del tutto personali per utilizzarlo senza consegnarsi «mani e piedi alla tecnica seriale». Dialogo Michele dall’Ongaro (1957) Angelico per due flauti, quasi un “foglio d’album”, diventa un emblema Danni collaterali (2003) di questo atteggiamento del compositore il quale già nella prima frase Giovedì 16 novembre 2017 per violoncello e ensemble (affidata al primo flauto) espone una vera e propria serie dodecafonica ore 20.00 (violino, viola, clarinetto e (se si eccettua la ripetizione del sol naturale); la serie non costituisce però Gran Teatro La Fenice pianoforte) alcun vincolo per la futura organizzazione dei materiali ma soltanto una Sale Apollinee “presenza stimolante” in una composizione non priva di andamenti tonali Bruno Maderna (1920-1973) e di suggestioni diatoniche. La presenza della serie serve a spezzare l’im- SIAE – Classici di Oggi Divertimento in due tempi (1953) magine timbrica amabilmente tornita e la troppo facile eufonia di un pezzo per flauto e pianoforte concepito con colloquiale e serena maestria; serve a tener vivo il presente pur volgendo lo sguardo al passato che – come afferma opportunamente

né tempo né luogo né tempo Michele dall’Ongaro (1957) Mario Baroni – guarda più propriamente ai modelli del duo strumentale Due canzoni siciliane (2016) cinquecentesco di Lasso, Vinci, Gastoldi, ripreso nell’arcaica economia dei per violoncello e pianoforte suoi mezzi, piuttosto che a pratiche contrappuntistiche di epoca barocca. A la vitalòra – Carnescialata Rispetto al ricalco di Respighi, al modalismo di Pizzetti, al neoclassicismo con il sostegno di dei pulcinelli di Casella ammiriamo in Petrassi la ricerca di una espressività che evochi in SIAE modo autenticamente “moderno” le forme della tradizione. In una inter- Spin Off (2016/7) per flauto, vista del 1990 a Michele dall’Ongaro Petrassi affermò: «la mia curiosità Ex Novo Ensemble clarinetto, violino, viola, mi ha spinto non solo a “conoscere” le cose ma anche a “saggiarle”. Può violoncello e pianoforte sembrare che nella mia musica ci siano riflessi di tutto, ma certi riflessi non Daniele Ruggieri flauto Commissione Ex Novo Musica ci sono. Sono presenti influssi di elementi che concordavano con le mie Sonia Venzo flauto (*) prima esecuzione assoluta considerazioni interiori. Quindi ci sono state molte esperienze che la mia Davide Teodoro clarinetto “spugna” non ha assorbito». Carlo Lazari violino Mario Paladin viola Arnold Schoenberg Kammersymphonie op. 9 Arnold Schoenberg scrisse la Kammer- Carlo Teodoro violoncello symphonie op. 9 mi maggiore nel 1906 per dieci strumenti a fiato e

Aldo Orvieto pianoforte Michele dall'Ongaro con una serata cinque ad arco, tutti solisti. L’ambito stilistico è ancora tonale – almeno apparentemente – anche se un ascolto attento rivela presagi di “atona- cipio autonoma e anzi antagonista) progressivamente muta e si riverbera lità libera”. Alban Berg scrisse: «Non si tratta di un brano come gli altri, nella piccola comunità strumentale. Da questi processi continui di muta- bensì di un’autentica pietra miliare nella storia della musica, destinata a zione emergono diversi gruppi strumentali, anche virtuali, che usano il rappresentare un’intera generazione». In Analisi e pratica musicale così violoncello un po’ come i bambini la sbarra per fare l’altalena. La partitura si esprimeva Schoenberg: «La Kammersymphonie è l’ultima opera del è dedicata a Luisa Pavolini e Marcello Panni che, per l’Accademia Filar- mio primo periodo ed è formata da un solo tempo, senza soluzione di monica Romana, hanno commissionato il lavoro. [Michele dall’Ongaro] continuità. Ricorda il Quartetto op.7 che incorpora i quattro caratteri dei tempi della Sonata e non è formalmente lontana dai poemi sinfonici Bruno Maderna Divertimento in due tempi Il materiale seriale usato da Maderna nella Verklärte Nacht op.4 e Pelleas und Melisande Op.5 i quali, non curandosi prima parte del Divertimento consta di diverse serie, alcune in rapporto dell’ordine convenzionale di successione dei tempi, realizzano intenti di stretta filiazione, altre modificate elidendo dei suoni, altre ancora deri- musicali analoghi agli effetti di contrasto di movimenti indipendenti». vate dalle prime seguendo complessi procedimenti combinatori. Certe Schoenberg abbandona così la retorica formale dei suoi predecessori, da peculiarità delle operazioni seriali condotte dall’autore, testimoniano una Bruckner a Mahler a Strauss; prevale la condensazione nella ricerca di uno notevole libertà di movimento nei confronti del clima compositivo “puri- stile sempre più conciso e funzionale, con un’aperta rinuncia alle ripeti- sta” degli anni ‘50. Il rigore seriale inteso quale sottomissione alla ferrea zioni, alle progressioni, all’elaborazione. Anche Anton Webern amava in logica del metodo non è mai presente nelle opere di Maderna, neppure particolare questo brano e nel 1921/1922 rielaborò, forse in occasione di in questi primi saggi giovanili allorché l’autore era pienamente coinvolto una esecuzione del Pierrot Lunaire di Schoenberg, la Kammersymphonie, dall’esperienza di Darmstadt. L’ingente mole di lavori preparatori al Diver- riducendo l’organico da 15 a 5 elementi, cercando di mantenere l’equilibrio timento, consente di affermare che metodicità e indagine analitica sono timbrico originale e rendendo forse ancora più facilmente decodificabile la i tratti distintivi del suo procedere e allontanano l’immagine, ancor oggi chiarezza espositiva delle linee melodiche. parzialmente diffusa, di un Maderna compositore dalla vena facile ed immediata, guidato da un’innata musicalità, dal gusto dell’improvvisa- Michele dall’Ongaro Danni collaterali Fingiamo che sia una piccola scena lirica. Una zione e del pastiche. Il Divertimento mostra la propria struttura bipartita (i persona ha subito un danno grave (un lutto, un torto, una malattia: “due tempi” di cui parla il titolo) non mediante una canonica pausa, bensì, fate voi). Racconta le sue ragioni (un po’ ossessivamente, come a volte più cripticamente, nella connessione di due ambiti stilistici fortemente capita), ma nessuno sembra preoccuparsene. Intorno a lei tutto scorre differenziati. Tale brusco salto stilistico fa supporre che Maderna abbia con il solito rumore di fondo. Un po’ alla volta, però, la comunità, prima impiegato per il secondo tempo materiali totalmente diversi, probabil- ostile e lontana, si accorge di questa inquietudine, la percepisce e in qual- mente di vari anni precedenti; i due ambiti sono separati da una cadenza che modo la condivide. I gesti, gli atteggiamenti, le posture cominciano del solo flauto. L’atmosfera d’apertura del brano è contraddistinta da una a confondersi e mescolarsi. L’amarezza si stempera, il tessuto – a fatica rarefazione sonora che si attua per mezzo delle indicazioni dinamiche – si ricompone intorno alle ferite. Musicalmente è (molto alla lontana) molto esili e nel modo di disporre i suoni, singoli o in brevi incisi, separati una specie di passacaglia con tre variazioni. Esattamente come in una da pause variamente lunghe. Il pianoforte dimentica le proprie possibilità mia altra composizione del 1990, Linea nigra, per violoncello e orchestra armoniche per inserirsi in una dimensione orizzontale, che privilegia la d’archi il violoncello è certamente protagonista, ma il suo ruolo solistico lontananza di registro fra le due mani. L’esile trama sonora di quest’inizio, esita a rivelarsi nei modi consoni perché continuamente contestato dal distribuita secondo il modello della Klangfarbenmelodie, sembra porsi tessuto generale. Le linee s’intrecciano e gli strumenti si prestano oggetti come necessario tributo alle poetiche post-weberniane. Il graduale avvio e modalità; i ruoli stessi si scambiano. L’identità del violoncello (in prin- di un progressivo articolarsi dei suoni e di uno stabilirsi di nessi associativi, rappresenta un testimone significativo della difficoltà di recuperare una fermo, troppe parole per due paginette in fondo molto private con le quali dimensione discorsiva, la cui mancanza viene angosciosamente avvertita. si tenta di condividere il piacere inevitabilmente agrodolce della memoria A coronamento di questo primo tempo è posta una breve cadenza del e della nostalgia. [Michele dall’Ongaro] flauto, a ulteriore dimostrazione di come Maderna accetti, reinterpretan- dole, le funzioni retoriche del passato. Qui, pur allo stato embrionale, la Michele dall’Ongaro Spin-off Gli spin-off (o serie costola) sono episodi ricavati mante- cadenza anticipa certi tratti di scrittura dei “solo” della maturità: l’umore nendo l’ambientazione di fondo della serie televisiva originaria, pren- bizzarro e improvvisatorio di trilli e tremoli, la linea melodica che procede dendo un personaggio secondario o minore e facendone il protagonista insistendo su determinati intervalli, l’atteggiamento ora lirico, ora teatrale della narrazione. Qui di costole ce ne sono due: una è un frammento che si richiede all’esecutore. Il secondo tempo dell’opera presenta una della cadenza del violoncello dal primo movimento del Concerto n. 2 di parte flautistica dai profili nettamente geometrici; mentre il pianoforte Dvorák per violoncello e orchestra. Ora, a parer generale, non si tratta procede per andamenti accordali alternando agglomerati sonori secchi della migliore pagina del compositore boemo, e nemmeno di una delle più e nitidi (chiaro a carillon, in partitura) a figure angolose in risposta al note o eseguite. Pure quel frammento non so perché (dovrei andare da flauto. La presenza di un acceso vitalismo ritmico, certe sequenze accor- uno psicoterapeuta di suoni, esistesse) si è infilato nelle mie sinapsi e mi dali di sapore tonale o politonale nonché il finale in baldanzosocrescendo ha tormentato la memoria per qualche mese sicché ho pensato che, come mettono in relazione questa seconda parte del Divertimento con lo stile ogni ossessione, il modo migliore per sbarazzarsene fosse di prenderla di delle opere dei primi anni ’40, opere nelle quali riaffiora, pur sostenuto da petto. L’altra costola è prelevata da Zero, una partitura scritta per festeg- forte personalità e immaginazione timbrica, il florilegio delle esperienze giare il 30° anniversario dell’Ex Novo Ensemble. Che relazione possa novecentesche care a Maderna: da Stravinskij, a Bartók, a Debussy. esistere tra queste due cose proprio non saprei, lo sa la musica che mi [Nota liberamente tratta da F. Magnani, Il divertimento per flauto e piano- pare abbia risolto il problema a modo suo, come al solito. Comunque una forte, in Musica/Realtà n. 10, 1983] nuova occasione per monitorare le note capacità dei nostri amici musicisti, sempre disponibili come pochi alla musica di oggi e generosi compagni di Michele dall’Ongaro Due canzoni siciliane Da parte materna la mia famiglia è di origine strada ormai da moltissimi anni. [Michele dall’Ongaro] palermitana e l’infanzia è intrisa di ricordi delle melodie raccolte da Favara cantate da mia nonna accompagnata al pianoforte dal marito, il compo- sitore Giuseppe Savagnone, davanti ai musicisti siciliani che frequenta- vano la famiglia: da Franco Ferrara a Barbara Giuranna, da Ottavio Ziino a Franco Mannino. Questi antichi ricordi si sono fusi con i più recenti relativi ad amici cari e strepitosi compositori come Francesco Pennisi e Aldo Clementi, con il quale ho avuto anche il privilegio di studiare. Da qui la tentazione di rileggere alcune di queste melodie grazie all’occasione offertami, con la solita generosità ed entusiasmo, da musicisti eccezionali come Luigi Piovano e Antonio Pappano che hanno pensato di inserire nel loro repertorio alcune pagine di autori italiani vicini al loro percorso musicale e ai quali, ovviamente, la partitura è dedicata. Sullo sfondo, fatalmente, un’altra esperienza, quella dei Folk Songs di Berio che hanno quasi inaugurato un “genere” al quale molti poi si sono avvicinati. E qui mi Ildebrando Pizzetti (1880-1968) Ildebrando Pizzetti Tre canti Nel 1921 (Puccini sarebbe morto nel 1924) il critico musi- Tre Canti (1924), per violoncello cale Guido Maria Gatti dichiara sull’autorevole periodico londinese The e pianoforte Times Musical che il quarantenne Ildebrando Pizzetti «è senza dubbio il Affettuoso – Quasi grave più grande musicista oggi in Italia». L’affermazione ci sorprende alla luce e commosso – Appassionato dell’enorme popolarità che la musica di Puccini ha acquisito nel corso del Novecento e del crescente oblio che è stato altresì riservato alla Nino Rota (1911-1979) musica di Pizzetti, persino in Italia. Pur tuttavia l’affermazione di Gatti Trio (1973) per clarinetto, non era affatto implausibile in quanto Pizzetti in quegli anni era all’a- violoncello e pianoforte pogeo della propria creatività e non era percepibile l’amaro declino che Allegro (quasi in uno) – avrebbe afflitto le sue composizioni più tarde. I suoi capolavori cameri- Andante – Allegrissimo stici, la Sonata per violino (1918/19), quella per violoncello (1921), il Trio (1925) furono scritti negli anni della sua più fiorente produzione operi- Sabato 25 novembre 2017 Mauro Montalbetti (1969) stica, segnata dall’intensa collaborazione con Gabriele D’Annunzio che ore 20.00 Madrigale onirico culminò con l’opera Fedra (1909-12, prima alla Scala nel 1915) e durante Gran Teatro La Fenice (Ardo e non ardisco) (2017) la stesura dell’opera Debora e Jaele (1915-21, prima alla Scala nel 1922), Sale Apollinee per clarinetto e violoncello su libretto proprio, testo ancor oggi considerato il capolavoro operi- Nel 450° anniversario della nascita stico di Pizzetti e tra i massimi saggi dell’opera italiana del Novecento. SIAE – Classici di Oggi di Claudio Monteverdi Sebbene Pizzetti ne abbia preparato anche una versione per violino e ardo non ardisco ardo Commissione Ex Novo Musica pianoforte (del dicembre dello stesso anno) la stesura originale dei Tre prima esecuzione assoluta Canti fu ultimata da Pizzetti per violoncello e pianoforte nell’autunno del 1924. L’opera mantiene, su scala ridotta, le caratteristiche della succi- Ludwig van Beethoven tata produzione cameristica maggiore. I Tre canti sono stati concepiti in (1770-1827) un’unica arcata formale, con interruzioni minime tra le parti. Il primo Trio op. 11 (1797) in si bemolle brano si articola nella misurata andatura di una Gavotta del XVIII secolo, maggiore per clarinetto, più volte sospesa dall’apparire di un interludio cadenzale del violoncello violoncello e pianoforte liberamente declamatorio. Il secondo episodio, pervaso di dolce lirismo, Allegro con brio – Adagio – ricorda un arioso operistico animato dall’espressività ritmicamente libera Allegretto con Variazioni della parola cantata. Il terzo pezzo conclude il lavoro con freschezza (sul tema “Pria ch’io l’impegno” e dinamismo; alcuni passaggi costituiscono evidenti autocitazioni della dall’opera L’amore marinaro Sonata per violino. con il sostegno di di Joseph Weigl ) SIAE Nino Rota Trio Il nome di Nino Rota è universalmente legato alla sue realizzazioni di musica da film che lo hanno reso uno dei più popolari e amati compo- Davide Teodoro clarinetto sitori italiani della nostra epoca. Meno conosciuta al grande pubblico Carlo Teodoro violoncello è invece la sua rimanente produzione, peraltro assai vasta (circa 120 Federico Lovato pianoforte lavori), che abbraccia tutti i generi musicali. Si è spesso elusa la discus- sione intorno alla musica di Rota e si poco indagato come la sua arte si Ludwig van Beethoven Trio op. 11 Dedicato alla contessa Von Thun, fu stampato nel innesti nell’espressività del suo tempo. Se universalmente gli si ricono- 1798, cioè a distanza di tre anni, dalla pubblicazione del primo gruppo dei sce candore, spontaneità, trasparenza cristallina, e un equilibrio mirabile tre Trii op. 1. A quel tempo si erano già manifestati i primi sintomi della in ogni fase della composizione, gli si nega di fatto ogni rapporto con malattia all’udito che doveva segnare d’una impronta tragica tutta la sua le poetiche sue contemporanee. In un bellissimo episodio del Doktor vita (nel testamento del 1802 Beethoven dice infatti che il male era già in Faustus di Thomas Mann, il protagonista Adrian Leverkühn invita la atto da sei anni). Ma fin dall’inizio egli aveva trovato la forza di reagire musica a redimersi da un isolamento solenne frutto dell’innalzamento alle avversità del destino e già nel 1796 si può leggere sul suo taccuino: della cultura a surrogato della religione per trovare “la via degli uomini”, «Coraggio! Malgrado tutte le debolezze del corpo, il mio genio trionferà... alla ricerca di «un’arte senza sofferenza, spiritualmente sana, non Venticinque anni! Eccoli, venuti!... Bisogna che quest’anno stesso l’uomo solenne, non triste, ma fiduciosa, un’arte in piena confidenza con l’uma- si riveli tutto intero». Da tali premesse affettive risulterà la tensione dialet- nità». Questo episodio, riportato da Piero Rattalino nell’introduzione ad tica che informa tante musiche della sua prima maturità e che erompe un recente volume di studi rotiani (Nino Rota. Un timido protagonista per la prima volta nella Terza Sonata per pianoforte e soprattutto nella del Novecento musicale, Torino, 2012, a cura di Francesco Lombardi) ci Patetica. In queste opere si sente che la gioia in cui si risolve la vicenda è parso il miglior modo per rendere omaggio alla sua musica. Il Trio per musicale non è uno spontaneo dono della sua natura o della grazia, clarinetto, violoncello e pianoforte appartiene all’ultimo periodo della ma il frutto d’una dura lotta, d’una conquista propiziata dall’intervento produzione del compositore. In apertura una sorta di valzer piuttosto decisivo della volontà. Ma accanto a tali opere, per alcuni anni ancora animato (Allegro quasi in uno) presenta un tema spigoloso e croma- Beethoven comporrà delle musiche intimamente serene, che sembrano tico contrapposto, come da tradizione, a un secondo tema più lirico. appartenere a un suo tempo interno anteriore alla presa di coscienza della L’Andante, dopo una esposizione elegiaca condivisa tra clarinetto e sua drammatica condizione. Tali sono infatti il sorridente Settetto (1800) violoncello, presenta una sezione centrale più instabile, stemperata nella e la limpida Prima Sinfonia (1800), e tale è anzitutto il presente Trio, che toccante riproposta del clarinetto dell’episodio iniziale. Chiude il lavoro il Buenzod, cita appunto tra le «musiche più felici» di Beethoven. […] La un Allegrissimo, nel quale l’abbagliante ironia quasi da circo traluce in scrittura pianistica, in certi punti assai densa, acquista nella parte centrale filigrana una profonda nostalgia: brusche interruzioni corse sfrenate dell’Adagio ampiezze orchestrali e si sostanzia di accenti e inflessioni che verso gli ultimi accordi della tastiera, lasciano infine nell’ascoltatore un precorrono ugualmente «il romanticismo post-beethoveniano» (Bruers). incredibile, meraviglioso, senso di spaesamento. Il tono generale di questo meraviglioso tempo lento è improntato a quella sublime intensità espressiva, a quella solennità che ha fatto dire Mauro Montalbetti Madrigale onirico Questo mio lavoro ha l’obiettivo di svelare, di giustamente al Torrefranca: «L’intonazione chiesastica è una caratteristica confermare un’attitudine verso il melos che si è particolarmente accen- italiana che ritornerà nel Beethoven, del quale gli Adagio sono tanto tuata in questi anni in cui il teatro musicale è stato al centro della mia profondi di significato perché sostenuti da un alito di religiosità. La Sonata attività compositiva. Partendo da materiali derivati da un madrigale a da chiesa s’è fusa con quella da camera in un tutto che rivive insieme due voci del libro VIII di Monteverdi (Ardo non ardisco), ho creato un l’aspirazione al divino e alla volontà di vita, trasfondendole a vicenda l’una breve brano nel quale si alternano gesti di un lirismo eterogeneo: dai nell’altra». L’ultimo tempo è costituito da una serie di Variazioni sopra un pulviscolari e onirici echi madrigalistici, a più rarefatte o tese figure tema tratto dall’opera L’Amore Marinaro (ovvero Il Corsaro per amore) melodiche rivelate per piccoli frammenti, in modo da coinvolgere di Joseph Weigl, un compositore nato in Ungheria nel 1766 e morto a l’ascoltatore curioso in un viaggio di ri-costruzione poetica. [Mauro Vienna nel 1846, che fu condiscepolo di Beethoven da Albrechtsberger e Montalbetti] Salieri. L’opera in questione era stata rappresentata a Vienna nell’ottobre 1797, e fu l’editore Artaria che chiese a Beethoven di scegliere il motivo dell’Aria Pria che io l’impegno, come tema per le Variazioni con le quali si conclude questo Trio. Secondo la testimonianza di Carl Czerny, Beethoven si rammaricò in seguito di non aver completato il lavoro con un finale susseguente alle Variazioni. Comunque il Trio non dà affatto l’impressione d’essere monco o incompiuto e le nove variazioni sul tema leggiadro e spiritoso del Weigl, lo concludono più che degnamente, costituendo un saggio estremamente interessante di quella che sarà la formidabile arte della variazione di cui Beethoven darà ancora tante prove negli anni a venire. [Roman Vlad] Claudio Ambrosini, Sandro Ex Novo Musica è lieta di festeggiare l’uscita di due incisioni discografiche attese da tem- Cappelletto, Stefano Lombardi po, la prima dedicata a lavori orchestrali, la seconda cameristici di Claudio Ambrosini. Vallauri, Fortunato Ortombina, Tre concerti per solisti e grande orchestra e tre trascrizioni orchestrali di musica rinasci- Aldo Orvieto, presentano i dischi: mentale veneziana nel primo disco; una serie di lavori da camera, nella maggior parte risalenti ai primi anni della produzione di Ambrosini con l’Ex Novo Ensemble nel secondo. Claudio Ambrosini “Early works” che non erano più stati eseguiti dall’epoca della prima o che perfino non Plurimo erano stati mai eseguiti tout court.

plurimo Edizioni Stradivarius Plurimo si intitola il CD edito dalla Stradivarius, sia per alludere alla varietà delle ricerche Emanuele Arciuli, Francesco Libetta che sottendono la produzione del compositore, sia per ricollegarsi a Plurimo (per Emilio e Aldo Orvieto pianoforti Vedova), il concerto per due pianoforti e grande orchestra con il quale Ambrosini ha vinto Paolo Carlini fagotto il Leone d’Oro per la Musica del presente nel 2007. Martedì 28 novembre 2017 Orchestra Sinfonica ore 18.00 Nazionale della RAI Il CD pubblicato dalla EMA si intitola invece Trobar Clus, titolo di un brano del 1985 e Ateneo Veneto John Storgårds e Pierre-André insieme quasi motto per descrivere il lavoro di Ambrosini: il riferimento è alla tecnica tro- Sala Tommaseo Valade direttori badorica del poetare “in profondità”, talvolta duro, senza compromessi. Orchestra del Teatro SIAE – Classici di Oggi La Fenice di Venezia Oltre all’Ex Novo Ensemble, gli interpreti sono solisti, direttori e orchestre di livello in- Mario Venzago direttore ternazionale. Per tutti i brani – tranne che per le trascrizioni di Gabrieli – si tratta della ORT Orchestra della Toscana prima incisione mondiale delle prime esecuzioni assolute. Entrambi i cd sono stati realizzati Marco Angius direttore nell’ambito del progetto SIAE - Classici di Oggi.

Claudio Ambrosini Trobar Clus Edizioni EMA Vinci Sonia Visentin soprano Carlo Lazari violino con il sostegno di Maria Grazia Bellocchio SIAE e Aldo Orvieto pianoforti Alvise Vidolin regia del suono in collaborazione con Claudio Ambrosini direttore Ateneo Veneto, Ex Novo Ensemble Edizioni Stradivarius, EMA Vinci Records, World première recordings Casa Ricordi Salvatore Sciarrino (1947) Salvatore Sciarrino Due arie marine Quando Salvatore Sciarrino mi parlò per la prima volta Due arie marine da Perseo del progetto Perseo e Andromeda, mi disse che i suoni di sintesi non dove- e Andromeda (1990) vano avere alcun intento imitativo orchestrale, anzi dovevano essere molto per voce e suoni di sintesi astratti, eventualmente legati al mondo sonoro dell’isola deserta in cui si in tempo reale svolge la vicenda. Come Sciarrino scrisse poi in un suo testo di presentazione Lamento – Tempesta alle Arie Marine la sfida era quella di produrre una elettronica aderente alla partitura la quale «elabora geometricamente ambiguità visive e prospetti- Fabio Nieder (1957) che, di continuo entra ed esce nell’allucinazione sinestetica. E dalle istanze Five Stanzas for a Love Song (2016/17) della costruzione astratta, proprio per l’intrinseca figuralità, si sprigiona per pianoforte un’inquietante evidenza iconica, suscitatrice di immagini.» Iniziammo i primi prima esecuzione assoluta esperimenti nella primavera del 1989 al Centro di Sonologia Computazio- nale dell’Università di Padova, avendo come punto di partenza l’ambiente arie marine Mercoledì 29 novembre 2017 Claudio Ambrosini (1948) acustico dell’isola di Andromeda, composto dai suoni del mare e del vento. ore 20.00 Domini minimi (2017) L’obiettivo di Sciarrino era costruire mediante computer uno strumento che Conservatorio Benedetto Marcello, per flauto, clarinetto, violino, fosse in grado di generare materiali sonori molto vari, aventi tutti la stessa Sala Concerti violoncello, pianoforte (*) matrice genetica, completamente astratti e soprattutto duttili alle esigenze della composizione musicale. Ci si pose il problema di quale tecnica di sintesi SIAE – Classici di Oggi Stefano Gervasoni (1962) adottare e venne naturale scegliere la sintesi sottrattiva. La metafora a mio da Altra voce, Omaggio a Robert avviso più efficace per spiegare la sintesi sottrattiva è la scultura: come la Schumann (2015/17), per pianoforte statua prende forma sotto i colpi dello scultore che agisce per sottrazione e dispositivo elettronico trasparente partendo da un unico blocco di marmo, così il suono, anche il più puro, può essere generato partendo dal rumore e sottraendo tutte le componenti inde- con il sostegno di Luce ignota della sera da siderate. Nel mondo della musica elettronica l’azione dello scalpello viene SIAE Zwölf Vierhändige Clavierstücke svolta da un dispositivo chiamato filtro il quale ha la capacità di attenuare op. 85 n. 12 – Sirenenstimme da alcune zone di frequenza fino a renderle inudibili. Mediante il filtro è quindi Alda Caiello soprano Fantasiestücke op. 88 n. 3 (*) – possibile manipolare il timbro dei suoni in maniera analoga a quanto avviene Aldo Orvieto pianoforte Fiori soli rossi da Waldszenen nel mondo della visione per i filtri ottici che consentono di alterare i colori Alvise Vidolin regia sonora op. 82 n. 3 e 4 (*) delle immagini. Il suono sintetico venne quindi composto con notevole Paolo Zavagna live electronics dettaglio, controllando sia gli aspetti microscopici (transitori di attacco del Salvatore Sciarrino (1947) suono, andamenti di portamento, ecc.) sia quelli più macroscopici legati a Ex Novo Ensemble Il giardino di Sara (2008) elementi formali (strutture di glissandi sincroni, pattern d’onda ciclici, ecc.) per soprano, flauto, clarinetto, in perfetta relazione con il canto, creando talvolta un duetto che pone il Daniele Ruggieri flauto violino, violoncello e pianoforte ruolo della macchina sullo stesso piano della voce umana. Questo processo Davide Teodoro clarinetto tecnico ha consentito – sono sempre parole di Sciarrino – di realizzare una Carlo Lazari violino (*) Commissione Ex Novo Musica musica che «suona assai poco elettronica. In realtà non vi sono cose che prima esecuzione assoluta Carlo Teodoro violoncello Sciarrino omaggio per i settant'anni di Salvatore gli strumenti elettronici non possano ormai fare: tuttavia, più che adattarsi ai nuovi mezzi, è necessario soprattutto immaginare e programmare, cioè Stefano Gervasoni Altra voce, omaggio a Robert Schumann In questo ciclo in omaggio progettare. Solo un nuovo pensiero può servirsi appieno dei nuovi mezzi. a Schumann rielaboro alcuni brani del compositore renano attraverso un Un pensiero estetico, non un ibrido scientifico o, tantomeno, commerciale.» dispositivo elettronico “invisibile” che consente di amplificare un segnale Concordo con il Maestro che verrebbe quasi da chiedersi se questa musica, audio “artificiale” usando la cassa armonica stessa dello strumento, cioè in nonostante sia prodotta da mezzi e processi ad alto contenuto tecnologico, maniera del tutto “naturale”. Tale tecnologia assolve lo scopo di introdurre debba ancora appellarsi elettronica o informatica: all’ascolto sembrerebbe surrettiziamente – cioè celandone deliberatamente la provenienza – una più logico chiamarla semplicemente musica. [Alvise Vidolin] voce che si insinua in maniera fantomatica nella trama pianistica: l’ascol- tatore dovrà dunque percepirla come prodotta dal pianoforte stesso, Fabio Nieder Five Stanzas for a Love Song Le cinque strofe che compongono questo pezzo anche se in realtà non viene azionata meccanicamente dal pianista, al pianistico sono anche cinque stanze. Come le stanze di una casa esse sono quale è riservato invece il compito di “accompagnare” questa “innere collegate da corridoi, scale e porte. Nelle strofe-stanze risuonano le voci, i Stimme” che si materializza magicamente nel suo stesso strumento. All’e- canti, le eco e forse si sentono ancora i passi delle persone che salgono e vocazione di questa ossessione così a lungo perseguita da Schumann, scendono le scale di questa casa. L'oscurità dell'inizio del brano si fa via partecipano altri compositori del nostro tempo, creatori visionari come lo via sempre più distinta e le scale della grande casa vengono percorse verso fu Schumann: Luigi Nono per il primo brano, Helmut Lachenmann per il l’alto fino a raggiungere la prima stanza dove inizia la prima strofa. La porta secondo, Gérard Grisey per il terzo, a cui congiuntamente rendo omaggio. della prima di queste cinque stanze viene aperta in maniera irruenta. Poi Essi mi offrono lo spunto per creare la dimensione sonora adatta nella all'interno di questi spazi il tempo si sospende. Solo nelle scale-corridoi noi quale fare sorgere e vivere il sogno schumanniano. Nel primo testo schu- ritorniamo nella dimensione tempo-reale, veniamo incalzati dalla furia del manniano, Abendlied, scritto da Schumann, per pianoforte a tre mani, la movimento e non abbiamo il tempo di metterci in ascolto, sentiamo che “innere Stimme” è la mano destra del primo pianista, trasformata in vento dobbiamo andare avanti. Così stanza dopo stanza le cinque strofe vengono dal mezzo elettronico, che fa vibrare l’arpa eolica immaginaria costituita enunciate. Poi si deve uscire da questa casa (o era forse il castello di Barba- dal pianoforte stesso; nel secondo (“Langsam und mit Ausdruck”) sono blù?) ripercorrendo in discesa le scale fino a ritornare nell’oscurità dell’inizio, le parti del violino e del violoncello del Duetto schumanniano a diventare sotto terra. Qualcosa però in noi è cambiato. Dopo l’esperienza dell’ascolto echi di voci suadenti e minacciose di sirene; per il terzo brano un vero e fatta nelle risonanze delle cinque stanze, ora, qui sotto terra e nel buio totale, proprio controcanto melodico al quarto numero delle Waldszenen da me possiamo sentire il nostro respiro. E sentiamo lontana la musica che risuona scritto utilizzando le parole della poesia di Hebbel, “Verrufene Stelle”, dal mondo di fuori. O è la musica del passato che ritorna come ricordo ed è che Schumann mise in esergo al manoscritto. Il ricordo del precedente essa un artificio della mente? [Fabio Nieder] numero delle Waldszenen (“Einsame Blumen”) appare in filigrana come un fiore delicato che svanisca all’apparizione tragica di una realtà ad esso Claudio Ambrosini Domini minimi Dicono che con l’età, imparando a ridurre i mezzi, si aspramente ostile. In Luce ignota della sera, primo numero di questo arrivi a dire di più con meno. Cosa che sto cercando di fare, sperando di aver trittico, sono presenti delle reminiscenze della musica di Nono (senza davanti tempo sufficiente; ma forse sono già a buon punto, perché qui ho alcuna citazione diretta) avendo introdotto un progressivo sfasamento usato solo ottantasette degli ottantotto tasti del pianoforte. Degli altri stru- microtonale nella parte del pianoforte eseguita dal vivo operato attra- menti, perfino meno (anche se, con un titolo bilinguabile, probabilmente mi verso l’elettronica che produce uno sfocamento graduale dell’intonazione sono allargato un po’ troppo). Domini minimi è stato pensato il 4 aprile 2017 avvertibile in maniera sempre più sensibile all’ascolto. In Sirenenstimme, ed è dedicato ai settant’anni di Salvatore Sciarrino che, del dire tantissimo l’influenza della poetica di Lachenmann si materializza nella trasfigu- con apparentemente pochissimo, è maestro. [Claudio Ambrosini] razione del suono del motore pianistico accompagnatore, attraverso la preparazione di alcune corde acute; in Fiori soli rossi l’idea di Grisey di un stupore e rabbia dinanzi a un sogno troppo antico che si vede malamente “naturalismo” sonoro da cui dedurre i principi della composizione mi ha abitato, sporcato, perduto per sempre. Chi vi risiede ama credere che la si invitato ad avvolgere l’apparizione della melodia-fantasma nel velo delle possa trascurare all’infinito; ecco, c’è tanto ancora da distruggere in Sici- componenti di uno spettro (acustico) che si deformano progressivamente: lia, ma ciò sarebbe un buon motivo affinché i siciliani fermassero la loro sospingendo il testo di Hebbel verso confini inesplorati, restituendo così indifferenza, indossassero una propria identità attuale: si ricostituirebbe le parole alla natura stessa della voce e al mistero, a-linguistico, del suono. cosi la fecondità del mito. Non basta la memoria antica. Molti si illudono [Stefano Gervasoni] di poter abitare dentro il mito, e sono quelli che della Sicilia s’empiono la bocca e ne dilapidano la fama. Non basta la memoria secolare, poiché Salvatore Sciarrino Il giardino di Sara il nostro era un sogno di civiltà, cioè di costruzione del futuro. Gli stra- nieri ammaliati che vengono a stare fra noi si immergono nella varia luce Sara, Saridda, susiti matinu Sara, Saridda, alzati è mattino riflessa dai tre mari, e restano in silenzio. Mi piacerebbe a loro chiedere dei Senti lu cantu di lu risignolu senti il canto dell’usignolo muri, se mai hanno visto tufo cosi dorato e rosa. Chi si sente isolano, pur Sutta la to finestra c’è un jardinu sotto la tua finestra c’è un giardino ‘Mpedi di aranciu cu li rami d’oru un albero di arancio dai rami d’oro se lontanissimo, tutta la vita rimane irreale e stregato. Di giorno sorride Passa n’aceddu e si cunsa lu nidu passa un uccello e si prepara il nido da straniero, di notte rimpiange il vento che sgretola le coste. Ho girato Poi si lu cunsa cu tri pinni d’oru se lo prepara con tre penne d’oro il mondo. Ho inventato un linguaggio sonoro personale e poi vi ho inse- Passa, l’amanti e si ‘nni pigghia unu Passa l’amante e ne prende una Poi. si lu menti ‘ntra ‘na gaggia, d’oru Poi la mette in una gabbia d’oro rito un inconfondibile Stile di canto. Talvolta, quando posa la mia musica, La gaggia siti. vui, donna d’amuri, La gabbia sei tu, donna d’amore, qualcuno mi chiede se io venga dall’oriente. Non so, delude l’ovvia mia L ‘aceddu sugnu iu ca c’haju a stari. l’uccello sono io che ci devo stare. risposta che la Sicilia è nel mezzo e di tutto il Mediterraneo ha echeggiato, e nelle carte geografiche sembra reggere la base inferiore d’Europa, il Canto d'Aci raccolto da Lionardo Vigo, Catania 1857, citato in Lizio-Bruno, Messina 1867 suo instabile e frastagliato contorno. La Sicilia chiude e apre? Chi se n’è staccato, la sfugge. Pesano troppo le domande dell’esistere: che senso ha Vivere dentro un sogno che si disfa La memoria storica degli isolani è resa persistente essere lì, da qualche parte, se la vita scorre altrove? Bisogna spostarsi nel da millenni di separazione. In terra ferma tutto era di passaggio, in un’i- centro del proprio centro per non scivolare definitivamente nel sogno. Il sola no: si sbarcava, e il mare infinitamente senza tempo si frapponeva al siciliano sente estranee certe distinzioni schematiche riguardo alle genti, resto del mondo. Si partiva, e il mare del tempo si richiudeva alle spalle. perché comprende che ogni terra si prolunga nell’altra per mezzo delle La bellezza della Sicilia è tale da abbagliare per primi i suoi stessi abitanti. migrazioni: esse hanno popolato il mondo e formato l’umanità, esse conti- Alcuni possono averla guardata una sola volta e poi serrarsi nell’oscuro nuamente la rinnovano. Il Potenziale e infinito dell’essere viventi. Musica di casa per il resto dei giorni. La seduzione irresistibile della bellezza (o ecologica. Fisica, eppure più immaginaria. Il respiro il corpo la realtà come il rifiuto della seduzione) forse fa crescere nei siciliani il vanto più che riflessa negli occhi e nelle orecchie, tutte le percezioni insieme, un giar- l’amore per la propria terra. Dovrebbe essere, questo, un luogo contem- dino di agrumi nel fresco del mattino. Di quale epoca, passata o da venire, plativo per eccellenza, invece pare che la Sicilia vampirizzi i suoi figli, non sappiamo. [Salvatore Sciarrino] divenga quieta dimora a patto che ci si lasci naufragare, scordare tutto, anche se stessi. È sonnolenta la Sicilia reale, staccata dalla vita, dunque non c’e posto per tutti. Così chi trova insormontabili difficoltà per l’ambi- zione o il piacere di lavorare, spesso è costretto ad andarsene. Da siciliano emigrato proverei disagio solo al pensiero di tornare a viverci, un misto di Azio Corghi (1937) Io resterò ognora inébranlable nel ritenere l’arte “... promenade” (1989) per flauto, musicale italiana (specialmente per la parte clarinetto, violino e violoncello vocale) tutta ideale ed espressiva, mai imitativa come il vorrebbero certi filosofoni materialisti. Mi Alberto Colla (1968) sia permesso dire che i sentimenti si esprimono e Quintet écrit pendant non si imitano. (Gioacchino Rossini) la fin des temps (2017) per flauto, clarinetto, violino, Preludio rossiniano Dopo la lunga malattia che gli aveva impedito quasi del tutto di violoncello e pianoforte (*) comporre e anche di svolgere una vita normale, Rossini si stabilì defini- tivamente a Parigi nella primavera del 1855. Qui, ormai guarito, assunse Azio Corghi (1937) il ruolo di gran maestro dell’Ancien Regime, conducendo una vita sociale Tang’Jok-Her (2008) per viola molto singolare, tutta centrata sul suo salon della Chaussee d’Antin Domenica 3 dicembre 2017 prima, poi, nei mesi estivi, anche sulla villa di Passy. Astenendosi dal ore 20.00 Tang’Jok-Jaloux (2012) per viola comparire nelle sedi ufficiali e consacrate della musica, non mancava di prima esecuzione assoluta Gran Teatro La Fenice Affektenlehre giudicare ironicamente e con salaci battute l’evoluzione – vera o presunta Sale Apollinee – dell’arte. Questo giudizio non fu solo riservato alle battute di spirito, ma Gioacchino Rossini (1792-1868) riversato nella stessa musica, che non di rado (soprattutto quella piani- SIAE – Classici di Oggi Ariette à l’ancienne stica) fa il verso alle mode correnti e agli usi e agli abusi del Nouveau (Morceaux réservés N. 11, 1858) Regime. Le soirée che si organizzavano in casa sua raccoglievano uomini politici, finanzieri, giornalisti, scrittori e, naturalmente, musicisti. - Inter La Vedova Andalusa (1864) venire o essere invitati a queste riunioni, in cui si faceva sempre musica, per canto e pianoforte divenne un punto d’onore per interpreti, giovani compositori, stelle dell’opera o aspiranti tali. Non di rado sulla stampa parigina compari- con il sostegno di Azio Corghi (1937) vano notizie su queste serate e vere e proprie recensioni sulla musica SIAE Affekte (2005) per flauto, che vi veniva eseguita. Avendo ripreso a comporre dopo molti anni di clarinetto, violino, viola, violoncello silenzio, Rossini destinò un numero considerevole di pezzi al suo salon, Monica Bacelli mezzosoprano pezzi esclusi dalla pubblicazione e dall’esecuzione pubblica, ma scritti «ad Anna Serova viola Metamorfosi (2017) tre liriche uso personale». Pur tuttavia la notorietà che queste pagine acquisivano, Aldo Orvieto pianoforte su testo di Magda Bodrito le rendeva in qualche modo semi-pubbliche e anzi accentuava la curiosità per mezzosoprano, flauto, di editori, esecutori e appassionati. L’iter compositivo di questi pezzi fu Ex Novo Ensemble clarinetto, violino, violoncello ben diverso da quello adottato da Rossini durante la sua carriera teatrale e pianoforte (*) al servizio del pubblico e degli impresari. L’autore ebbe tutto il tempo di Daniele Ruggieri flauto rivederle, di sorvegliare l’operato dei copisti di sua fiducia, annotando il Davide Teodoro clarinetto (*) Commissione Ex Novo Musica proprio pensiero nelle varie sfumature e con scelte musicali estremamente Carlo Lazari violino prima esecuzione assoluta sottili. Non senza il solito ostentato distacco, finì per usare per queste

Carlo Teodoro violoncello Azio Corghi in musica per gli ottant’anni di festa pagine la definizione di «Péchés de vieillesse» (oppure «Péchés de ma vieillesse» ed anche «Peccati di vecchiezza»), che estese anche a un certo raggiungere una volta per sempre oppure che, una volta conseguito, numero di lavori pubblici, e infine alla stessa Petite Messe solennelle. richieda solo di essere difeso. Al contrario, esso richiede di essere peren- Questo corpus di composizioni, sebbene databili nell’ultimo decennio di nemente ampliato, approfondito, discusso. L’unico modo di difenderlo vita, senz’altro attingono al vecchio serbatoio degli anni della malattia, è quello di sottoporlo a continue critiche; è quello di potenziare la sua rielaborando opere precedenti nella musica e nei testi. Una parte conside- creatività”. Facendo mie queste parole, con l’ammirazione e la ricono- revole di queste opere utilizza un unico testo come base di esperimento, scenza dell’allievo per il Maestro, ho dedicato “...promenade” a Massimo l’aria metastasiana «Mi lagnerò tacendo» del Siroe (atto II, scena I): Mi Mila. [Azio Corghi] lagnerò tacendo / Della mia sorte amara; /Ma ch’io non t’ami, o cara, / Non lo sperar da me. /Crudel! in che t’offesi / Farmi penar, perché [cosi]? Alberto Colla Quintet écrit pendant la fin des temps (Quintetto scritto durante la fine Aria scelta da Rossini per il suo carattere generico e ambiguo, capace dei tempi) di assumere in sede musicale le più diverse intonazioni, e per la quale l’autore aveva sviluppato, fin dagli anni ’20, una nevrotica predilezione. «I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca sotto quella di Il testo originale assunto con alcune varianti, ci appare oggi emblematico un maniaco sessuale.» (Woody Allen) della situazione contraddittoria di uomo e di artista che Rossini visse dopo il ritiro dalla vita teatrale. [dalla prefazione all’Edizione Critica delle Opere Il tempo sta finendo? Se Oliver Messiaen visse la terribile prigionia in di Gioacchino Rossini, Edizioni Ricordi VII/2, a cura di Rossana Dalmonte] guerra, oggi viviamo la prigionia fra le guerre, nel ricatto, nel lavoro coatto, nella povertà, nella precarietà, nella minaccia, nel delin- Azio Corghi “...promenade” Scritta per la ricorrenza del bicentenario della rivoluzione quere, nel terrore tra attentati, nella violenza fra simili e, rabbiosa, su francese, ed eseguita in prima assoluta al Teatro Comunale di Alessan- altre specie. Una condizione che burattini, maneggiati da invisibili dria il 20 settembre 1989 “...promenade” si appoggia al principio della burattinai, si ostinano a chiamare vita. Poteri orribilmente farseschi, contrapposizione dialettica. Articolata in sezioni, la composizione si apre incapaci e corrotti bivaccano – unti e impataccati di medaglie – sulle a soluzioni interpretative di ordine “teatrale”. Il suo “sviluppo” avviene ceneri del mondo. E le spoglie brulicano di larve cannibali. Larve che sullo sfondo di un “passo” che incede, con progressiva accelerazione, mirano solo alla truffa, alla deflagrazione. Come disse il Marchese de verso il raggiungimento del climax conclusivo. Alla prevaricante posi- Sade: «per l’uomo non c’è altro inferno che la stupidità e la malva- zione iniziale del violoncello, alla sua pregiudiziale immobilità, reagisce gità dei suoi simili». E la Natura con noi non è in buona compagnia. dapprima il clarinetto seguito dal flauto e dal violino. Attraverso un gioco di opposte alleanze, nelle quali è coinvolto lo stesso violoncello, la lotta Il quintetto si divide in otto movimenti, così come è diviso il Quatuor tra “famiglie” (legni contro archi) conduce a un totale coinvolgimento: pour la fin du temps di Messiaen. Tolto il misticismo “messianico”, i titoli le singole individualità o doppie affinità, sembrano lasciare il posto a scimmiottano gli originali con alcune profananti attualità. Ma la durata una raggiunta unità di intenti (omoritmici procedimenti collettivi). Nel è decisamente inferiore, un quarto del Quatuor. Nella nostra società non finale, contro i riaffioranti rigurgiti di ostentata autonomia (brevi cadenze c’è più Tempo … ma soprattutto il disperato tentativo del violoncello di restaurare il suo “stacco” iniziale) si propone la dialettica del concetto di libertà nei «L’umanità si trova oggi ad un bivio. Una via conduce alla disperazione, termini espressi da Ludovico Geymonat: “É il carattere di lotta, quello l’altra all’estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere che pone in luce la dinamicità della libertà in qualunque significato la si bene!» (Woody Allen) voglia intendere. Ne segue che la libertà non è uno status che si possa Liturgie de cristal du Temps (Liturgia del cristallo del tempo) Nel 2017, Azio Corghi Tang’Jok-her Questo tango fu eseguito in prima assoluta da Anna Serova a presso le università di Maryland e Harvard, è stato realizzato un cristallo Paganica (L’Aquila) l’11 agosto 2008 nel contesto del Festival Internazio- temporale: particelle quantistiche che per rottura di simmetria non nale Pietre che cantano. Autoironia contro Autoreferenzialità. Un tango raggiungono mai uno stato stazionario. ballabile (La Cumparsita) che crea sarcastiche interferenze con gli inter- mezzi teatrali di una tragedia (Giocasta). Un Joker (nemico di Batman) Vocalise, pour Kim qui annonce la fin du Temps (Vocalizzo per Kim che che spariglia, ballando, edipiche figure teatrali. Un gioco virtuosistico- annuncia la fine del Tempo) «Sono finiti per sempre i giorni in cui i nostri cubista dedicato a un’interprete d’eccezione. [Azio Corghi] nemici potevano ricattarci con bombe nucleari.» (Kim Jong-un) Azio Corghi Tang’Jok-jaloux Questo tango, dedicato ad Anna Serova, vede questa Abîme des Couillons (Abisso dei coglioni) «Recentemente un discepolo sera a Venezia la sua prima esecuzione assoluta. Un gioco virtuosistico pensoso (tale Critone) mi ha chiesto: “Maestro, come si può bene appres- che scaturisce dal seducente ritmo e dalla citazione del tango tzigano sarsi alla morte?” Ho risposto che l’unico modo di prepararsi alla morte è “anni venti”. Citazione melodica che s’intreccia con il doloroso incipit del convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni.» (Umberto Eco) Lamento di Arianna monteverdiano. Una composizione che fa riferimento al dramma teatrale Elena, di Maddalena Mazzocut-Mis, dove «l’arma della Intermède (Intermezzo) «Un idiota è un idiota; due idioti sono due idioti. bellezza diventa causa di sofferenza». [Azio Corghi] Diecimila idioti sono un partito politico.» (Franz Kafka) Azio Corghi Affekte Scritto nel 2005 per Alvaro, mio nipote, su commissione della Louange à l’Éternité de la Nature (Lode all’Eternità della Natura) «Se Fundaciao BBK di Bilbao in occasione del bicentenario della nascita di l’uomo fosse immortale, ti immagini quanto sarebbe il suo conto dal Juan Crisòstomo Arriaga, Affekte ebbe la prima esecuzione a Bilbao il 31 macellaio?» (Woody Allen) ottobre 2006 nel contesto del Festival Musica Actuales con i Solistas de Madrid diretti da Jesùs Villa Rojo. Di fronte al terribile evento di una morte Danse de la fureur, pour un seul Trump (Danza del furore, per una sola precoce, come quella del non ancora ventenne Juan Crisòstomo Arriaga, strombazzata) «Quando qualcuno ti sfida, combatti. Sii brutale, sii duro.» l’interrogativo apposto da Beethoven nel Finale dell’op.135 si rivela in (Donald Trump) tutta la sua ineluttabile drammaticità: ”Muss es sein?” così, dev’essere? Evitando di accogliere la beethoveniana affermazione successiva, “Es Fouillis des chemtrails, qui annoncent la fin du Temps (Vortici di scie muss sein!” dev’essere! (qui intesa come sintomo di rassegnazione), ci chimiche che annunciano la fine del Tempo) «Ci sono persone che sanno si chiede: è possibile ribellarsi alle conseguenze di un tragico destino tutto e purtroppo è tutto quello che sanno.» (Oscar Wilde) urlando la propria disperazione. Come descrivere i sentimenti di soffe- renza, angoscia e repulsione di fronte a una morte improvvisa? A questi Louange à l’Immortalité des idiots (Lode all’Immortalità degli idioti) «Solo interrogativi si tenta di rispondere attraverso la «descrizione musicale di due cose sono infinite, l’universo e la stupidità umana, e non sono sicuro un sentimento umano» volutamente privo di consolatorie trascendenze: della prima.» (Albert Einstein) Affekte nel senso romantico del termine ovvero “stato di eccitazione e di sommovimento dell’anima”. Il quintetto si sviluppa contrapponendo [Alberto Colla] “simbolici frammenti” che fanno parte della nostra storia musicale (quelli di Beethoven e Arriaga), a temi che appartengono intimamente al vissuto dell’autore. L’alternanza continua fra i momenti di tensione e quelli di apparente calma, lascia tuttavia trasparire spiragli di luce per lo più Gioacchino Rossini La Vedova Andalusa (poesia di Achille De Lauzières) evidenziati dalle citazioni. L’incedere della pulsazione ritmica ternaria è predominante e determina una gestualità strumentale incalzante accom- O tu che in cor desti il terror, Tu si tremendo in tuo furor, pagnata da forti contrasti dinamici. Le impennate, le lacerazioni violente, Fiero ocean, perché, perché costituite da rapidi e improvvisi movimenti ascendenti o da progressioni Lo sposo mio rapisti a me? orientate verso punti culminanti, costituiscono una sorta d’imprecazione, unita alla voglia di sfondare un’impenetrabile cappa sovrastante. Non c’è Oh martir crudele per un cor fedele! Ah! ah! ah! rassegnazione, soltanto umana angoscia e dolore, forse razionalmente Lo sposo che adoro ahimè! accettata perché, per dirla con José Saramago, “non vale la pena morire Non vien più no, no, no due volte”. [Azio Corghi] Ahimè! no ahimè! non vien più. Gran Dio! del mio tormento Calma, calma, calma il crudel rigor, Azio Corghi Metamorfosi L’opera è stata scritta per l’odierna occasione concertistica Ti plachi il mio lamento, veneziana ed è dedicata a Monica Bacelli e agli interpreti dell’Ex Novo Sperdi, sperdi, sperdi sì rio dolor. Ensemble. Si tratta della “rilettura in chiave di attualità” di un’opera per La canzon echeggiar Parmi udir del nochier ah! ah! ah! mezzosoprano e pianoforte scritta nel 1964 su testo di Magda Bodrito. La No: m’illuse il cor, nuova versione approfitta del maggiore spazio timbrico a disposizione per L’eco è stata ancor. evidenziare situazioni caratterizzanti ognuna delle tre liriche. Il “ricordo” Ahi più nol vedrò, Di duol morrò, di duol morrò e la collaborazione di bravissimi interpreti possono stimolare la fantasia creativa anche a distanza di oltre mezzo secolo dalla prima stesura di un Oh martir crudele per un cor fedele! proprio lavoro. [Azio Corghi] Ah! ah! ah! Lo sposo che adoro ahimè! Non vien più no, no, no Gioacchino Rossini Ariette à l’ancienne (testo di Jean Baptiste Rousseau) Ahimè! no ahimè! non vien più.

Que le jour me dure Quanto è duro passare D’angoscia il cor ho franto; passé loin de toi! una giornata lontano da te! Bambin, a te d’accanto più non so cantar Toute la nature Le dolcezze della natura No nol so ah! ah! ah! n’est plus rien pour moi. non sono più niente per me. Da chi ti diè la vita il ciel ahi! m’ha dipartita, La morte ho in core, cedo al dolor ah! ah! ah! Le plus vert bocage, Il boschetto più rigoglioso, Spietato il ciel ti fè orfanel quand tu n’y viens pas, quando tu non vieni, n’est qu’un lieu sauvage, è per me solo un luogo selvaggio, Oh martir crudele per un cor fedele! pour moi, sans appas. senza alcun fascino. Ah! ah! ah! Lo sposo che adoro ahimè! Non vien più no, no, no Ahimè! no ahimè! non vien più

O tu che in cor desti il terror, Tu si tremendo in tuo furor, Fiero ocean, rapito ahimè! Lo sposo mio mi fu da te! Azio Corghi Metamorfosi (testo di Magda Bodrito)

I Per una natura stanca del desiderio di acque, la terra emana i suoi vapori tepidi e umidicci: sono il respiro lieve e trasparente del mio essere interrato ad un mondo che si riposa.

II Ti amo, pioppo, e ti guardo. Il corpo mio si allunga, senza misura, le braccia dolorosamente si tendono e diventano i tuoi rami, il capo si divide in mille, piccole parti verdi come le tue fronde. Gioco ed intreccio anch’io col vento danze strane, di morte e di rinascita; e, dopo le danze, i nostri rami si cercano e si trovano, perché tu sei pioppo ed anch’io lo sono.

III Quella sera, mentre il sole donava il suo esistere rosso al pallido cielo, l’acqua del fiume penetrò l’anima dei grigi canneti. Riconobbi nel fondersi delle loro esistenze la nostra fusione: eri tu, che venivi come acqua di fiume, verso il mio spirito interno e lo penetravi negl’intimi recessi; poi lo prendevi con te, lasciandomi il tuo spirito e la sua angoscia. Vittorio Rieti (1898-1994) Vittorio Rieti Theme and Variations Ritroviamo la nostalgia per la musica antica nelle Theme and Variations on Variations on «When from my love» (John Barlett, 1606) di Vittorio Rieti, “When from my love” (1964) prima esecuzione a New York, Kaufmann Concert Hall il 27 Maggio 1964. per flauto, clarinetto, In un saggio del 1927 Alfredo Casella così scrive: “Rieti – per quanto non violino e violoncello abbia raggiunto la trentina – possiede già alcune spiccate qualità che un buon numero di altri compositori cercano durante tutta la loro vita senza Luigi Dallapiccola (1900-1975) riuscire ad acquisirle; uno stile una personalità ed infine una notevole Tartiniana Seconda (1955/56) sicurezza formale e tecnica, che non è esagerato chiamare – nel suo per violino e pianoforte caso – “maestria”. Per Franco Carlo Ricci, il più autorevole studioso Pastorale – Tempo di bourrée – dell’opera di Vittorio Rieti, le Variations on «When from my love» (antica Intermezzo – Presto – Variazioni canzone inglese di John Bartlett, musicista dell’epoca di Purcell) sono scritte «con garbo e senso della misura, e sono dedicate alla memoria Venerdì 15 dicembre 2017 Gian Carlo Menotti (1911-2007) di Hindemith, al quale Rieti era legato da grande amicizia. Il delicato e ore 18.00 Trio (1996) per clarinetto, suggestivo tema della canzone inglese, sul quale vengono costruite le Ateneo Veneto violino e pianoforte nove variazioni e la coda, è affidato, in modo originale, non ad uno solo Aula Magna Capriccio – Romanza – Envoi ma a tutti gli strumenti, ad incrocio. La struttura della canzone, molto semplice, è bipartita con la seconda parte ripetuta due volte. Lo stesso SIAE – Classici di Oggi Renato Miani (1965) schema rimane immutato nelle nove variazioni, fatto questo piuttosto Sonata Notturna (2017) eccezionale in Rieti sempre insofferente di ogni ripetizione». per violoncello In the dark – Serenata – Luigi Dallapiccola Tartiniana Seconda Nell’agosto 1956, prima di partire per gli Stati Variazioni d'umore – Finale Uniti, Dallapiccola portò a termine altri due lavori basati su materiale con il sostegno di Commissione Ex Novo Musica tartiniano, le cui sempre nuove conoscenze provenivano dalle appas- in volo sul novecento SIAE prima esecuzione assoluta sionate ricerche dell’amico Materassi. Le due versioni della Tartiniana seconda – una per violino e pianoforte, l’altra per violino e orchestra da in collaborazione con Osvaldo Coluccino (1963) camera, entrambe recanti il sottotitolo di “Divertimento” e dedicate a Ateneo Veneto Senza soglia (2008) per flauto Materassi (1955-1956) – chiudono definitivamente, e sempre nello spirito (e ottavino), clarinetto, di una “traduzione” in senso contrappuntistico, la vicenda delle opere Ex Novo Ensemble violino, violoncello “tonali” di Dallapiccola, una vicenda iniziata con la Sonatina canonica e pianoforte preparato su Capricci di Niccolò Paganini per pianoforte del 1942-1943 e proseguita Daniele Ruggieri flauto prima esecuzione assoluta con la Tartiniana per violino e orchestra da camera del primo soggiorno e ottavino americano (1951). «Che, dopo ciascuna delle citate esperienze tonali io Davide Teodoro clarinetto Luca Francesconi (1956) abbia fatto un notevole passo innanzi sul cammino della dodecafonia Carlo Lazari violino Insieme (2014) per flauto, è un fatto: troppo lungo a spiegarsi; tuttavia un fatto incontestabile e Carlo Teodoro violoncello clarinetto, violino, violoncello notato da tutti coloro che hanno studiato a fondo le mie musiche. In Aldo Orvieto pianoforte e pianoforte comune [alle tre citate opere tonali] c’è l’applicazione di canoni diver- sissimi» (Luigi Dallapiccola, Parole e musica, a cura di Fiamma Nicolodi, concentrazione. [Sergio Sablich in Luigi Dallapiccola, Edizioni L’EPOS, Il Saggiatore, Milano 1980). In generale, i temi del grande violinista Palermo, 2004] istriano sono esposti senza modificazioni; lievi ne intervengono qualora queste siano necessarie alla costruzione di canoni. Il primo tempo è Gian Carlo Menotti Trio Nel 1989 Menotti si accordò per comporre un nuovo lavoro una Pastorale iniziata dal violino solo, che espone il tema originale di per il trio Verdher. A causa degli intensi impegni organizzativi a Spoleto otto battute, lo riprende per altre otto battute e lo varia in un’ulteriore passarono diversi anni prima che potesse dedicarsi al progetto. Conse- ripresa conclusiva. Il pianoforte entra solo alla batt. 10 – cioè subito gnò il manoscritto dei due primi tempi a New York nel 1995 e promise dopo la ripresa del tema da parte del violino – per svolgere esattamente che avrebbe completato il lavoro per il Natale seguente. I primi due il canone cancrizzante (ossia “a ritroso”) della parte violinistica. Segue movimenti furono proposti in prima esecuzione assoluta dal Trio Verdher un Tempo di Bourrée, nel quale l’antica danza francese mantiene tutta a Spoleto nel 1996, e Menotti promise il terzo movimento per il concerto l’energia delle sue origini popolari senza perdere la dignità aulica della celebrativo per il suo 85° compleanno alla Michigan State University sua tradizione colta. Tra le due parti strumentali si instaurano flessibili nel settembre dello stesso anno. Così i musicisti del trio raccontano di rispondenze contrappuntistiche in forme canoniche mobili. Il terzo movi- quel pomeriggio precedente il concerto: “Il maestro Gian Carlo Menotti mento è un Presto, leggerissimo, agile e brillante: si stabilisce subito un era al lavoro – un accanito, furioso lavoro – sull’ultimo movimento canone tra il violino e il pianoforte, dapprima per moto contrario, poi per del Trio. Le note scorrevano dalla sua mano sulla carta da musica, e moto retto (ma questa volta, diversamente dalla prima, è il pianoforte a l’orologio ticchettava. La prima esecuzione era programmata per la proporre il canone); nella seconda metà del pezzo, il pianoforte riprende sera stessa, solo alcune ore dopo. Noi aspettavamo per provare l’ultimo a imitare per moto contrario il violino, rispondendo a una battuta di movimento, ma il Maestro non aveva ancora finito il pezzo!” I musicisti distanza. Il quarto e ultimo movimento è intitolato Variazioni. Un tema lessero a prima vista direttamente dal manoscritto per la prova che seguì deciso affidato agli accordi del violino solo, costituisce lo spunto delle immediatamente. Non nuovo a imprese del genere Gian Carlo Menotti Variazioni, che sono sei e ognuna ispirata a un procedimento canonico: paragonò spesso la figura del compositore a quella del rabdomante: “Il per moto retrogrado nella prima, per moto contrario nella seconda, “per rabdomante è quella persona che ha il bastone e va alla ricerca dell’ac- augmentationem, contrario motu” nella terza (dove il violino tace e il qua: cammini con il tuo bastone, aspettando che il tuo bastone tremi. pezzo assume un’eco del carattere doloroso e struggente del tastieri- E vai, vai, vai... poi, il tuo bastone fa trrrrr. Allora tu sai che c’è l’acqua! smo bachiano), ancora per moto retrogrado (regolare “Canon cancri- Allora butti il bastone e cominci a scavare, a scavare, e, finalmente, trovi zans” di 16 battute) nella quarta, una espressiva, assorta Sarabanda. l’acqua”. Il Trio, scritto in un trasparente linguaggio tonale, è una strana Nel penultimo pezzo del finale, “Deciso, duramente”, gli accordi del opera che, pur aderendo con levità alle grandi Scuole stilistiche del violino esposti all’inizio delle Variazioni sono accompagnati dagli stessi Novecento, da Prokofieff a Stravinskij (nei tempi estremi) e a Shostako- accordi del pianoforte all’ottava inferiore (“Canon ad hypodiapason”). vich (nella canzone lirica e melanconica del tempo lento), conserva l’iter Chiude la serie, nella sesta Variazione, una combinazione tra gli accordi fantasioso e imprevedibile della musica per la scena. del pianoforte e un’ultima derivazione tematica in sincope del violino, piena di vigore e gagliardia. Lo stesso tracciato viene ripercorso in forma Renato Miani Sonata Notturna Scritta per Carlo Teodoro, questa composizione si articola strumentale ampliata nella versione orchestrale. La doppia, godibilis- in quattro movimenti (In the dark, Serenata, Variazioni d’umore, Finale), sima Tartiniana seconda rappresenta in fondo soltanto un diversivo nel ed è caratterizzata dall’utilizzo di moduli ritmici e melodici tipici della quale respirare aria tonale prima di tornare ad avventurarsi su un piano musica “non colta”, che si innestano su un’architettura composita che più speculativo, ma è opera di forte sapienza costruttiva e di severa alterna rigore costruttivo ed empirismo. Dal punto di vista esecutivo è palese la rinuncia all’uso di nuove tecniche (che più così nuove non sono), per favorire un approccio più tradizionale allo strumento. [Renato Miani]

Osvaldo Coluccino Senza soglia Dal punto di vista estetico-formale vedo questa compo- sizione come scissa in tre sezioni, che si alternano e ritornano con varianti, tutte suscitando un dinamismo sui generis (controllato, frammentato, delicato, non edonistico … ): una prima sezione ove gli strumenti, nel registro acuto – o in un altro punto sussurrando – lavorano in intreccio contrappuntistico; una seconda sezione di costellati, puntillistici incastri di armonici, sostenuti da un letto di eterei effetti di cordiera del pianoforte e di altri cristallini oggetti; una terza sezione costituita da un arioso e sottile brulicare, ossia un brusio di spume, scintille, sibili, fruscii, lo stesso tappeto brulicante che chiude il brano. Una notevole privazione … manca la soglia. Tutto svicola dalla radice, va a scintillare, a danzare attorno al foro illusorio dell’accesso o dell’uscita, quale necessità di trapassare; ovvero è già entro, oltre la soglia, senza consapevolezza d’esserci. [Osvaldo Coluccino]

Luca Francesconi Insieme Il brano è stato scritto per l’Ex Novo Ensemble nel 2014 su commissione del Teatro Massimo di Palermo. È un organismo, uno stesso corpo, con cinque volti differenti che si rifrangono in specchi sfasati. A volte vicinissimo altre volte distanti e frantumati. Tutto nasce da un piccolo nucleo di note, anzi forse una sola, che è comune a tutti.Nel frattempo a queste duplicazioni e rifrazioni si applica uno sviluppo, che trasforma la sostanza fino a raggiungere un discorso trasparente: solo alla fine i cinque strumenti si ritrovano a cantare, con la stessa voce, una melodia. [Luca Francesconi]

Biografie dei Compositori Cultura francese, Milano Musica, Grame. Le sue dell’Auditorium di Renzo Piano a Roma. Nel 2003, sti, direttori ed ensemble come Algoritmo, Dedalo, Commissioni e Prime esecuzioni musiche sono state dirette, tra gli altri, da R. Ab- il poema sinfonico Le rovine di Palmira viene ese- Ex Novo, Geometrie Variabili, Icarus, Mdi, Nieuw, Ex Novo Musica 2017 bado, Luisi, Masson, Muti, Reck, Störgards, Valade, guito a Chicago dalla Chicago Symphony diretta da Quartetto d’Archi del Teatro La Fenice, Recherche nei programmi dell’IRCAM di Parigi, della Scala di e Starlights a Tallin dalla Estonian e ne hanno scritto, fra gli altri, musicologi come Giovanni Albini (Pavia, 1982) è professore di Milano, delle Fondazioni Gulbenkian di Lisbona e National Symphony diretta da Olari Elts. Nel 2006 Angela Ida De Benedictis, Angelo Foletto, Mario Teoria, Ritmica e Percezione Musicale presso il Con- Gaudeamus di Amsterdam, del Mozarteum di la CEI gli commissiona un oratorio, eseguito dai Messinis, Luigi Pestalozza e Paolo Petazzi. La sua servatorio di Trento, nonché professore a contratto Salzburg, dell’Akademie der Künste di Berlino; del- complessi dell’Arena di Verona e nel 2009 avviene musica è stata trasmessa dalle radio nazionali di presso l’Istituto Superiore di Studi Musicali di Pa- la Stagione dei Münchener Philharmoniker, di “Per- la prima esecuzione del concerto per clarinetto e Italia, Germania, Francia, Austria, Olanda, Belgio, via. È inoltre membro dell’Istituto di Studi Superiori spectives du XX siècle” di , dell’Au- orchestra, Concinnitherium, alla Biennale di Zaga- Portogallo, Slovenia, Vaticano (SWR 2, ORF, Radio dell’Università dell’Insubria Gerolamo Cardano per tunno Musicale di Varsavia e altri. A Venezia ha bria con l’Orchestra Sinfonica di Pechino. Nel 2011 France-France Musique, BR-Klassik, Concertzen- la classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. fondato l’Ex Novo Ensemble (1979), il CIRS (1983), il scrive un nuovo brano per la Albany Symphony der, RAI Radio 3, RTBF Musiq 3, RTP Antena 2, Ra- Si interessa principalmente del legame tra composi- gruppo vocale Vox Secreta (2007). Nel 1985 è stato negli USA. Nominato compositeur associé dell’Or- dio Vaticana, Rai Filodiffusione) e da diverse altre zione e matematica, di arte procedurale, di colonne il primo musicista non francese ad essere insignito chestre National d’Île de France di Parigi dal 2012 al emittenti. Alcune sue partiture sono pubblicate da sonore interattive e di intelligenze artificiali musi- del Prix de Rome e a soggiornare a Villa Medici, nel 2014, compone per questa orchestra tre lavori sin- RAI Trade. Ha anche svolto un’intensa attività di cali. Sue composizioni sono state eseguite nei cin- 1986 ha rappresentato l’Italia alla Tribuna dei Com- fonici tra i quali la Symphonie des Prodiges diretta poeta fra il 1986 e il 2003, pubblicando (sino a oggi) que continenti da prestigiose orchestre e rinomati positori dell’Unesco, nel 2006 ha ricevuto il ricono- da Enrique Mazzola alla Salle Pleyel nel 2013. Nel quattro dei suoi otto libri e su prestigiose riviste interpreti; l’etichetta discografica olandese Brilliant scimento dell’Association Beaumarchais, nel 2007 2015 vince il Barlow Prize della Brigham Young Uni- letterarie. Hanno scritto sulla sua poesia maestri Classics gli ha dedicato due cd monografici, “Musi- ha vinto il Leone d’Oro per la Musica del presente versity in Utah e riceve la commissione per la Ode della critica letteraria del Novecento come Stefano ca Ciclica” e “Musica Sacra”. Ha tenuto conferenze della Biennale di Venezia, nel 2008 il Music Theatre by the Earth, che verrà eseguita dalla San Antonio Agosti, Giuliano Gramigna e Giorgio Luzzi. in varie istituzioni, tra le quali la Biennale di Venezia Now Prize, nel 2010 il Premio Abbiati, nel 2015 il Symphony, Utah Symphony e Beijing Symphony. e l’università di Yale. Ha scritto per le pagine del premio Play.It! per l’insieme del suo lavoro. Nel 2017 compone Delitto e dovere, opera lirica rap- Azio Corghi, compositore, musicologo e didatta. mensile de Il Sole 24 Ore e per il Corriere Musicale presentata al Festival di Spoleto e al Teatro Coccia Fino al 1950 ripartisce i suoi studi tra la pittura e la ed è il direttore artistico del centro internazionale Alberto E. Colla, studia con Carlo Mosso presso di Novara. Edito da Casa Ricordi, è docente di ruolo musica. Al Conservatorio di Torino studia pianoforte di musica contemporanea highSCORE New Music il Conservatorio di Alessandria e si perfeziona con in composizione presso il Conservatorio di Sassari. con Mario Zanfi e Storia della Musica con Massimo Center, che sotto la sua guida ha organizzato l’ese- Azio Corghi all’Accademia di Santa Cecilia a Roma. Mila. Dal 1962 frequenta il Conservatorio di Milano cuzione di quasi duecento prime assolute. Ha inol- Autore di oltre 120 composizioni, tra il 1996 e il 2015 Osvaldo Coluccino (Domodossola 1963), è com- dove ha come maestri Bruno Bettinelli e Antonino tre lavorato al sound design di decine tra mostre, vince tredici primi premi a concorsi di composizio- positore e poeta. Sue opere sono state commissio- Votto. Titolare della cattedra di perfezionamento in trailer, video commerciali, videogiochi e istallazioni ne internazionali. Colla predilige la realizzazione di nate da Teatro La Fenice di Venezia, Milano Musica, composizione presso l’Accademia Nazionale di San- artistiche. ampi lavori sinfonici, interpretati da alcune tra le Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Biennale ta Cecilia (1995-2007) ha svolto una assidua attività più celebri orchestre: Chicago Symphony, Los An- di Venezia, Orchestra della Toscana, Compagnia per di insegnamento (Accademia Chigiana, Accademia Claudio Ambrosini, compositore veneziano. Ha geles Philharmonic, Saint Louis Symphony, Albany la Musica in Roma, I Pomeriggi Musicali di Milano e Filarmonica di Bologna e Accademia Perosi di Biel- composto lavori vocali, strumentali, elettronici, Symphony, Maggio Musicale Fiorentino, Orchestra sono state eseguite in diversi festival. CD monogra- la). Ha curato, come musicologo, numerose revisio- opere liriche, radiofoniche, oratori e balletti, ese- del Mozarteum, Bayerischen Rundfunks, RAI, San- fici sono stati pubblicati dalle etichette Col legno ni di opere del passato, tra cui L’Italiana in Algeri di guiti internazionalmente. Ha ripetutamente ri- ta Cecilia. Nel 2002 l’opera lirica Il processo viene (Vienna), Neos (Monaco), Rai Trade (Roma), Ano- Gioacchino Rossini e lavori di Antonio Vivaldi. Nel cevuto commissioni da importanti Istituzioni, tra messa in scena dal Teatro alla Scala e Luciano Be- ther Timbre (Scheffield), Die Schachtel (Milano)... 1994 è stato nominato Accademico di Santa Cecilia. cui la RAI, La Biennale, la WDR, il Ministero della rio gli commissiona un brano per l’inaugurazione Le sue opere sono state eseguite da rinomati soli- Corghi ha ricevuto numerosi riconoscimenti inter- nazionali per il suo lavoro, tra cui il premio del con- ti di sue composizioni figurano l’orchestra della È stato vicepresidente del “Centro Tempo Reale”, Stefano Gervasoni ha iniziato a studiare com- corso “Ricordi-RAI” nel 1966, il premio S.I.A.E. per Musickhochschule di Colonia diretta da Alexander fondato da Luciano Berio. È membro del Direttivo posizione nel 1980 grazie al consiglio di Lui- la Lirica nel 1992, il premio “Bindo Missiroli” della Rumpf, gli ensemble Meitar (Israele), United Instru- dell’Accademia Filarmonica Romana, del Comitato gi Nono: questo incontro, così come quelli con città di Bergamo nel 1998. Nel catalogo delle sue ments of Lucilin (Lussemburgo) diretto da Serge scientifico della Fondazione “Claudio Abbado” e del Ferneyhough, Eötvös e Lachenmann, sono sta- opere, rappresentate ed eseguite nei più importan- Kattenmeyer, Reconsil (Austria) diretto da Roland Centro Studi “Luciano Berio”. Nel 2008 è stato no- ti decisivi per la sua carriera. Dopo aver studiato ti teatri e sale da concerto internazionali, figurano Freisitzer, Divertimento diretto da Sandro Gorli e minato membro dell’Accademia Nazionale di Santa presso il Conservatorio di Milano ha completato la lavori destinati al teatro musicale, al balletto, all’or- Musagète (Italia), i pianisti Maria Grazia Bellocchio Cecilia, istituzione di cui è stato eletto Presidente sua formazione in Ungheria con György Ligeti nel chestra sinfonica e a gruppi vocali e strumentali. e Alfonso Alberti, il soprano Laura Catrani, il per- nel 2015. Le sue opere sono pubblicate da Suvini 1990; ha seguito il Corso di Composizione e di Mu- Per i testi delle sue composizioni si è spesso gio- cussionista Dario Savron, i flautisti Renata Guzik e Zerboni e raccolte in numerosi cd. sica informatica dell’Ircam nel 1992. E’ stato pen- vato della collaborazione di José Saramago. Tra le Daniele Ruggieri. Ha ricevuto commissioni dal Fe- sionnaire a Villa Medici nel 1995-1996. Ha ricevuto sue opere recenti De paz e de guerra (Commissione stival Pontino, da Gli Amici di Musica/Realtà, dagli Antoine Fachard, nato negli Stati Uniti nel 1980, commissioni dalla WDR, dalla SWR, dall’OSNR, dal Accademia Santa Cecilia), ¿Pia? (Commissione Ac- Ensemble Divertimento, Ex Novo e Musagète. É fra si è formato a Losanna dove ha studiato pianoforte Festival d’Automne, da Radio France, dall’IRCAM, cademia Chigiana), Il dissoluto assolto (San Carlos i compositori selezionati per la Call for scores 2017 e tromba al Conservatorio, lettere classiche presso dal Ministero della Cultura francese, dalla Suntory di Lisbona e Teatro alla Scala di Milano). Nel 2007, promossa dall’Ensemble Reconsil. l’Università. Nel 2013 ha conseguito alla Hochschu- Hall di Tokyo, dagli Ensemble: Intercontemporain, in occasione del 25° anniversario della fondazione le der Künste di Berna il Master in Composizione e Modern, Contrechamps. Coronato di numerosi pre- della Filarmonica della Scala, l’orchestra gli ha com- Michele dall’Ongaro ha studiato al Conservatorio Teoria. La sua musica esprime una sintesi delle idee mi, tra cui il recente Premio della Critica Musicale missionato Poema Sinfonico. di Roma perfezionandosi successivamente con Aldo filosofiche e dell’interesse per diverse tradizioni mu- “Franco Abbiati” (2010), il suo lavoro gli ha consen- Clementi. Nel 1975 è stato tra i fondatori del grup- sicali che ha studiato e amato durante i suoi anni di tito di essere borsista della Fondation des Treilles a Antonio Covello nasce a Cosenza nel 1985. Ha stu- po “Spettro Sonoro”, ensemble dedito alla musica apprendistato: i Presocratici, l’architettura classica, il Parigi (1994) e del DAAD a Berlino (2006) e com- diato composizione con Alessandro Solbiati, Markus contemporanea. Dal 1985 ha iniziato la sua collabo- serialismo, l’estetica e le teorie di Bartók, Stockhau- positore in residence al Domaine de Kerguéhennec Hechtle e Anna Zawadzka. Si è inoltre perfezionato razione con Radio-Rai. Dal 2000 al 2015 è stato il di- sen, Xenakis, la musica spettrale e il concetto di pro- (2008-2010). È stato anche invitato come professo- frequentando i corsi tenuti nell’ambito della Com- rigente responsabile della programmazione musicale cesso e di tempo che ne è all’origine. Ha ricevuto re ai Darmstadt Ferienkurse, ai corsi della Fonda- position Summer School 2015 (Lussemburgo) e dei di Radio3 e, dal 2008, sovrintendente dell’Orchestra numerose commissioni, in Svizzera come all’este- zione Royaumont (Parigi), della Toho University di Contemporary encounters by Meitar Ensemble (Tel Sinfonica Nazionale della Rai. Dal 2011 al 2016 è sta- ro, da parte di solisti e ensemble, tra cui: Lucerne Tokyo, della Columbia University (New York) e della Aviv) e ha partecipato alle masterclasses tenute da to autore e conduttore del programma televisivo di Festival Academy Alumni, Proton, Makrokosmos, Harvard University (Boston). Dal 2006 è professore Claudio Ambrosini, Frédéric Durieux, Ivan Fedele, Rai5 “Petruska”. È autore di saggi e testi dedicati Lemniscate, Vortex, Arc-en-Ciel, Le Balcon, Konus di composizione al CNSMD di Parigi. Stefano Gervasoni, Heinz Holliger, Yasutaki Inamori, alla musica e nel 1986 ha pubblicato l’analisi di tutte Quartett, H2 Quartet, Quatuor Galatea. Fra le varie Mauro Lanza, Gabriele Manca, Giacomo Manzoni. le opere di Giacomo Puccini. Ha collaborato, tra gli sedi in cui si sono eseguite le sue composizioni: KKL Renato Miani ha studiato composizione con D. Sue composizioni sono state trasmesse in Svizzera, altri, con Luca Ronconi, Claudio e Daniele Abbado, Lucerne, Dampfzentrale Bern, Basel Gare du Nord, Zanettovich, e ha seguito corsi di perfezionamento Germania e Slovenia dalle emittenti radiofoniche Luciano Berio, Michele Serra, Stefano Benni, Ales- PROGR, Zürich Theater Rigiblick, Zurich Walche- con F. Nieder e W. Rihm. Ha ottenuto vari premi in RTS-Espace2, WDR3, e Radio Capodistria, incise sandro Baricco. Dal 1993 al 1999 è stato consulente turm, Fonderie Kugler, Fondation Singer-Polignac concorsi nazionali e internazionali (Friburgo, Am- su due dvd - Beethoven & risonanze e Progetto musicale del Romaeuropa Festival e dal 1996 al 1999 (Parigi). Nel 2013 una giuria internazionale compo- sterdam, Vienna, Tolosa, Roma, Pescara, Perugia, Dante - prodotti dal Centro culturale San Fedele presidente di Nuova Consonanza. Dal febbraio 1999 sta da Thomas Adès, Stefano Gervasoni, Philippe Arezzo). Sue opere sono state eseguite, tra l’al- di Milano e nel cd Frasi nella luce nascente (EMA al marzo 2001 è stato Curatore delle Attività Per- Hersant e Thierry Escaich gli ha consegnato il Primo tro, a Vienna (Musikverein, Wiener Konzerthaus, Vinci) ed eseguite in Italia e all’estero in importanti manenti del Settore Musica della Biennale di Vene- Premio della Fondazione Lacour (Parigi). Technischen Universität), Amsterdam (Gaudeamus Festival e stagioni concertistiche. Tra gli interpre- zia, di cui è diventato poi consulente (2003-2004). Music-Week), Friburgo (Festival de Musique Sa- crée), Salisburgo (Mozarteum), Klagenfurt (Kon- Fabio Nieder, compositore, pianista, direttore zerthaus), Spittal (Expan), Belgrado (International d’orchestra dalla doppia nazionalità italiana e te- Rewiew of ), Camaguey (Encuentro de desca; ha studiato composizione, pianoforte e mu- musica contemporanea), Venezia (Nuove musiche sica da camera a Trieste rispettivamente con Giu- d’Europa e Cina, Ex Novo Musica, Teatro la Fe- lio Viozzi, Roberto Repini, Dario De Rosa e Libero nice, Biennale), Siena (ContempoPratoFestival), Lana, perfezionandosi poi con Witold Lutoslawski, Udine (Teatro Giovanni da Udine, Amici della Mu- Klaus Huber e Yannis Xenakis. In qualità di assi- sica, Festival di Musica Contemporanea) Gorizia stente al pianoforte ha collaborato stabilmente con (Premio Amidei) Cividale (Mittelfest) Pordenone Elisabeth Schwarzkopf, Alfredo Kraus, Petre Mun- (Giornata mondiale della poesia, Pordenonelegge) teanu, Barbara Hannigan e molti altri. Fabio Nieder e trasmesse dalla RAI e da varie emittenti interna- insegna composizione presso i conservatori di Am- zionali. Attualmente è docente di Composizione al sterdam e di Trieste e in diverse accademie tra cui Conservatorio di Musica “J. Tomadini” di Udine. Ha il Mozarteum di Salisburgo e la Harvard University insegnato presso l’Università di Udine ed è stato di Boston. Ha inoltre tenuto corsi di perfeziona- docente ospite al Mozarteum di Salisburgo. mento per “Acanthes” a Metz e al “Bartók Seminar and Festival” in Ungheria. Compone brani per im- Mauro Montalbetti, allievo di Antonio Giacomet- portanti ensemble e orchestre, tra cui Klangforum ti, si è diplomato con lode in composizione presso Wien, Ensemble Recherche, Nieuw Ensemble, Atlas il Conservatorio Verdi di Milano sotto la guida di Ensemble, Ives Ensemble, ÖENM, Orchestra Na- Paolo Rimoldi e Irlando Danieli. É riconosciuto zionale della RAI (Italia), WDR, SWR, SR (Germa- come uno dei compositori italiani più eseguiti e nia). Alcuni dei più importanti interpreti della sua premiati della sua generazione, la sua musica è sta- musica sono Heinrich Schiff, il Neue Vocalsolisten ta eseguita e commissionata in numerosi Teatri e Stuttgart, Barbara Hannigan, Teodoro Anzellotti, festival (Teatro alla Scala, Teatro la Fenice, Rai Eduard Brunner, Ed Spanjaard, Emilio Pomarico, Nuova Musica, Milano Musica, Cantiere di Mon- Myung-Whun Chung. Le sue opere sono presenti tepulciano, Gaudeamus Music Week, North/South nei principali festival e istituzioni musicali, tra cui Consonance New York, Steirische Erbst, Ex Novo Berliner Festwochen, Wien Modern, Holland Fe- Musica, Bang On a Can Marathon New York. É stival, Huddersfield Festival (UK), La Biennale di compositore in residenza per il periodo 2015-2017 Venezia, Milano Musica, Festival Présences (Pari- presso la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e dal gi), Berliner Philharmonie, Tonhalle Zürich, Wiener Settembre 2018 presso il VCC di Visby (Svezia). La Konzerthaus, Concertgebouw Amsterdam, Teatro sua musica è incisa per le etichette Deutsche Gram- La Scala. mophon, Stradivarius, Cantaplupe, A simple lunch. Biografie degli interpreti Monica Bacelli diplomatasi con Maria Vittoria Ro- Alda Caiello è una delle maggiori interpreti nel Carlo Lazari, veneziano, si diploma in violino col mano e Donato Martorella presso il Conservatorio di panorama europeo per versatilità, raffinatezza e massimo dei voti al Conservatorio di Venezia sotto la Ex Novo Ensemble nato a Venezia nel 1979 dal- Pescara, vince il Concorso Belli di Spoleto che la porta capacità espressive. Diplomata in pianoforte e can- guida di Renato Zanettovich, continuando in segui- la collaborazione tra un gruppo di musicisti ed il a debuttare al Teatro Sperimentale come Cherubino to al Conservatorio di Perugia, cantante prediletta to lo studio all’Accademia Stauffer di Cremona con compositore Claudio Ambrosini, l’Ex Novo Ensem- nelle Nozze di Figaro e Dorabella in Così fan tutte. Da da Berio per le sue Folk Songs, ha cantato sotto la Salvatore Accardo ed alla Scuola di Musica di Fiesole ble rappresenta ormai una realtà di riferimento nel allora ha cantato nei principali teatri italiani e interna- guida di direttori quali Berio stesso, Frans Brüggen, con Stefan Gheorghiu; ha inoltre preso parte a ma- panorama internazionale della musica nuova. La zionali (Scala, Staatsoper di Vienna, Covent Garden, Myung-Whun Chung, Valery Gergiev, Arturo Tama- sterclass tenute da Franco Gulli ed Henryk Szering continuità del lavoro comune, la coerenza artistica e San Francisco Opera) e presso le principali istituzioni yo, Gianandrea Noseda, Jonathan Webb, Peter Keu- presso l’Accademia Chigiana di Siena e Nathan Mil- professionale hanno consentito al gruppo di acquisi- concertistiche (Accademia Nazionale di Santa Cecilia, schnig e molti altri. É stata invitata dalle maggiori stein al Muraltengut di Zurigo. Premiato dalle giurie re una cifra interpretativa che gli è stata riconosciuta Philharmonie di Berlino, Concertgebouw di Amster- istituzioni musicali europee, tra cui il Teatro alla Sca- di molte rassegne violinistiche nazionali ha ottenuto dal pubblico e dalla critica dei principali festival e dam), collaborando con direttori quali Abbado, Chail- la, Concertgebouw di Amsterdam, Wigmore hall di il 2°premio (1° non assegnato) al IX° Concorso In- rassegne europei. L’impegno portato nell’approfon- ly, Chung, Mehta, Muti, Ozawa, Pappano e Rattle. Londra, Fondazione Gulbenkian di Lisbona, Audito- ternazionale di violino “A. Curci”. Suona stabilmente dimento del linguaggio musicale contemporaneo è Vincitrice del premio Abbiati, il suo ampio repertorio rio Nacional di Madrid, Konzerthaus e Musikverein dal 1981 con l’ Ex Novo Ensemble di Venezia con il in seguito divenuto punto di partenza per la rilettura comprende ruoli mozartiani (Marnante, Cherubino, di Vienna, Salzburger Festspiele, Festival d’Automne quale ha effettuato numerose tournée ed incisioni del repertorio classico e particolarmente di alcune Donna Elvira, Dorabella, Sesto) e rossiniani, ma si di Parigi, Festival Wien Modern, Accademia Nazio- discografiche per Dynamic, Ricordi, Stradivarius, AS pagine affascinanti, destinate a organici rari e tut- estende dall’opera barocca (la trilogia monteverdiana, nale di Santa Cecilia di Roma, Biennale di Monaco. Disc e Giulia Records. Sul versante filologico, come tora poco note. Da mettere in rilievo le molte prime La Calisto di Cavalli, Tamerlano, Alcina e Giulio Cesare Il suo repertorio include partiture di Monteverdi, violinista barocco è impegnato con “L’Arte dell’Ar- esecuzioni assolute di lavori scritti e dedicati all’Ex di Händel) all’opera francese dell’Otto e Novecento Bach, Purcell, Scarlatti, Mozart, Pergolesi, Gluck, co” nella registrazione integrale dei concerti per vio- Novo Ensemble (sarebbe davvero impossibile citar- (Les contes d’Hoffmann, Werther, Don Quichotte, Rossini, Respighi, Mahler, Schönberg, Berg, Shosta- lino di Tartini per Dynamic. É membro de “I Solisti li tutti, ci limitiamo alle collaborazioni con Claudio L’enfant et les sortilèges). Riconosciuta interprete del kovich, e numerose partiture del Novecento e con- Filarmonici Italiani” con il quale incide per la Denon Ambrosini, Sylvano Bussotti, Aldo Clementi, Azio teatro musicale contemporaneo, le sono state affidate temporanee tra cui Pierrot Lunaire di Schoenberg, ed effettua tournée in tutto il mondo. Corghi, Luis De Pablo, Alvin Lucier, Luca France- numerose prime esecuzioni, tra cui il monologo lirico Passaggio, Folk Songs e Recital for Cathy di Berio, sconi, Giacomo Manzoni, Fabio Nieder, Salvatore Le bel indifférent di Marco Tutino e il ruolo eponimo Io, frammento di Prometeo di Nono, Rara Requiem Federico Lovato, si è diplomato in pianoforte nel Sciarrino) presentati al pubblico anche attraverso la in Antigone di Ivan Fedele. Luciano Berio ha scritto di Bussotti, Exil di Kancheli, Perseo ed Andromeda 1995 con il massimo dei voti e lode sotto la guida registrazione di produzioni e concerti per le mag- per lei i ruoli di Marina in Outis (Scala 1996) e di Orvid di Sciarrino, Commiato di Dallapiccola, Le marteau del padre Giorgio e di Ezio Mabilia presso il Con- giori radio europee. Significativo il contributo alla in Cronaca del luogo, e il brano Altra voce (Festival sans maître e Improvisation I, Improvisation II di servatorio “B. Marcello” di Venezia, ottiene in se- diffusione della musica da camera del Novecento di Salisburgo 1999). Di Berio ha inoltre interpretato i Boulez , Satyricon di Maderna, Harawi e Poèmes guito i diplomi di concertismo presso l’Accademia storico italiano testimoniato da più di venti dischi Folksongs con la Filarmonica della Scala, con l’Ensem- pour Mi di Olivier Messiaen. Tra le sue ultime produ- “S.Cecilia” di Portogruaro e l’Accademia “Incontri frutto della prolungata collaborazione con gli edito- ble Intercontemporain, con i Berliner Philharmoniker e zioni, Lo specchio magico, di Fabio Vacchi al Maggio col Maestro” di Imola sotto la guida di Piero Ratta- ri: Albany Records, ARTS, ASV Records, Black Box, ai Proms di Londra. Tra i suoi impegni operistici recen- Fiorentino, La passion selon Sade di Bussotti per il lino. Nel 1997 si diploma in violoncello. Fondamen- Stradivarius, Dynamic, Ricordi, Naxos, Brilliant. Dal ti Isolier nel Comte Ory a Ginevra, la prima assoluta Teatro dell’Opera di Roma e la nuova creazione ope- tali per la sua formazione artistica sono stati inoltre 2013 cura per il Teatro La Fenice la Maratona Con- del Re Orso di Marco Stroppa all’Opéra-Comique di ristica Oltre la porta di Carlo Boccadoro, al Festival gli incontri con B. Greenhouse, M. Flaksman e gli temporanea, manifestazione che ogni anno propo- Parigi, Mélisande in Pelléas et Mélisande a Bruxelles, di Stresa. Ha inciso per BMG/Ricordi, CAM, Stra- interpreti del Trio di Parma. Svolge intensa attività ne in una sola giornata brevi composizioni in prima Donna Elvira in Don Giovanni a Sao Paulo, Sesto nella divarius, Rai Trade, Col Legno, Zig Zag Territoires, concertistica: invitato regolarmente a festival inter- esecuzione assoluta. Clemenza di Tito a Venezia e Ottavia nell’Incoronazio- Verso, Bottega Discantica, Praga Digitals. nazionali, ha collaborato con importanti musicisti e, ne di Poppea all’Opera di Parigi. in veste di solista, con rinomate orchestre. Svolge attività di duo con J. Ocic, violoncellista croata, e è esibito al Konzertgebouw di Amsterdam, al Lincon Aldo Orvieto, dopo gli studi al Conservatorio assoluta. Suona come prima viola con l’Orchestra di trio con l’Opter Ensemble. Incide per Challen- Center di New York, al Palau de la musica di Bar- di Venezia incontra Aldo Ciccolini, al quale deve del Teatro La Fenice di Venezia, l’Orchestra di Pa- ge Records, Audite! e Dynamic. Suoi concerti sono cellona, alla Salle Pleyel di Parigi, alla Sala Verdi di molto della sua formazione musicale. Ha inciso dova e del Veneto, BaroqueOrchestra, Or- stati trasmessi da Radio3, da RTV Slovenija e da Milano. Dal gennaio 2017 è primo fagotto della BBC più di settanta dischi per Dynamic, Stradivarius, chestra Filarmonia Veneta. Nell’ambito della musica Radio Nazionale Croata. Ha ricoperto il ruolo di so- Philarmonic Orchestra. Ricordi, ASV, Black Box Music, Cpo, Hommage, antica collabora con diversi gruppi strumentali ed lista e di direttore artistico dell’Orchestra “I Solisti Mode Records, Naxos, Winter & Winter riscuoten- in particolare con l’ensemble L’Arte dell’Arco dalla in villa” e dal 2011 è vice-presidente della Società Alberto Mesirca si è diplomato al Conservatorio di do unanime consenso della critica; ha registrato fondazione del complesso. Dal 2017 è violista del Musicale Coro e Orchestra S. Marco di Pordenone. Castelfranco Veneto con 110, lode e menzione spe- produzioni e concerti per le tutte le principali ra- Quartetto di Venezia. Numerose le incisioni disco- È docente presso il conservatorio “J. Tomadini” di ciale d’onore, sotto la guida di Gianfranco Volpato. dio europee. Ha suonato come solista con molte grafiche per Archiv-Deutsche Grammophon, BMG Udine e presso diversi istituti musicali del Veneto Ha compiuto il Konzert-Examen presso la Musikaka- orchestre tra cui la OSNR, l’Orchestra del Teatro Deutsche Harmonia Mundi, Decca, Denon, Nippon e del Friuli. demie di Kassel, con Wolfgang Lendle, con menzio- La Fenice di Venezia, del Comunale di Bologna, Columbia, ASV, Stradivarius e le registrazioni radio- ne d’onore. Nel 2007 ha vinto la “Chitarra d’oro” al dell’Arena di Verona, dell’ORT di Firenze, l’Ensem- televisive per alcune delle più importanti emittenti Roberto Giaccaglia, primo fagotto solista dell’or- Convegno Internazionale di Alessandria per “Miglior ble 2e2m di Parigi, Accroche Note di Strasburgo, europee, nordamericane e giapponesi. È titolare chestra del Teatro La Fenice di Venezia, e de I Solisti disco dell’anno”, nel 2009 come “Giovane Promes- e in formazioni da camera con prestigiosi com- della cattedra di viola del Conservatorio “A. Steffa- Veneti; membro del Quintetto Bibiena. Ha ottenuto sa dell’anno”, nel 2013 per “Miglior disco dell’anno” plessi di fama internazionale. Ha svolto intensa ni” di Castelfranco Veneto. premi in vari concorsi internazionali (tra cui Stresa, (“British Guitar Music”). È stato nominato “Young attività concertistica e discografica con i violinisti Taranto, Meda) ma fra tutti spicca il secondo pre- Artist of the Year” presso il festival di Aalborg, in Luigi Alberto Bianchi, Felix Ayo, e Dora Bratchkova Daniele Ruggieri, flautista, ha compiuto gli studi mio (primo non assegnato) al 42° International Danimarca, e “Rising Star” presso il festival Gitarre con i violoncellisti Arturo Bonucci e Luigi Piovano, con il massimo dei voti a Venezia con Guido No- Musikwettbewerb ARD di Monaco nel 1993 con il Wien, di Vienna. I compositori Leo Brouwer, Dusan con i pianisti John Tilbury e Marco Rapetti, con le vello e a Ginevra, I° Prix de Virtuosité nella classe Quintetto Bibiena, gruppo con il quale ha ricevuto Bogdanovic, Angelo Gilardino, Mario Pagotto han- cantanti Sara Mingardo, Monica Bacelli, Gemma di Maxence Larrieu. Nella sua formazione è stato il Premio Abbiati della critica musicale a corona- no scritto opere a lui dedicate, ed ha eseguito la Bertagnolli e Luisa Castellani. Importanti prime importante l’incontro con Claudio Ambrosini. Ha mento di un’intensa attività concertistica, didattica, prima incisione di opere di Claudio Ambrosini, Ivan esecuzioni e dediche di lavori da parte di Salvato- preso parte ai principali Festival internazionali; di discografica. Ha inciso: il concerto di Mozart K. 191 Fedele, Carlo Boccadoro. Suona regolarmente con re Sciarrino, Claudio Ambrosini, Sylvano Bussotti, particolare rilievo il debutto in Giappone presso il (Agorà); tre dischi con il Quintetto Bibiena; le sona- Vladimir Mendelssohn, Domenico Nordio, Martin Stefano Gervasoni, Aldo Clementi, Fabio Nieder, Denki Bunka Kaikan di Nagoya con la Aichi Central te per flauto di Locatelli (con G. Pretto e P. Poncet); Rummel, Daniel Rowland, e come solista nelle sale Luis De Pablo e lusinghieri consensi da alcuni dei Symphony Orchestra e la prima esecuzione assolu- quattordici concerti per fagotto e orchestra di Vival- più prestigiose al mondo (Concertgebouw Amster- più grandi compositori del nostro tempo tra cui ta della versione per flauto e orchestra di Adagio di (Tactus); musiche francesi del ‘900 per fagotto e dam, Teatro La Fenice Venezia, Helsinki City Hall, Luigi Nono e Mauricio Kagel. di Salvatore Sciarrino, con l’Orchestra del Teatro La pianoforte (con Jung Hun Yoo). Con i Solisti Vene- Melbourne Brunswick Hall). A giugno 2014 si è esibi- Fenice. Ha inciso per Albany Records, ASV Records, ti ha preso parte alla registrazione di due concerti to con Marc Ribot a New York, a Los Angeles presso Mario Paladin, diplomato con lode al Conservato- Black Box, Brilliant Classics, Dynamic, Denon, Rai per fagotto e orchestra editi da Warner Music e due la Guitar Foundation of America e presso l’Istituto rio “Benedetto Marcello” di Venezia sotto la guida Trade, Resonance, Ricordi, Stradivarius, Tactus, DVD. Ha suonato in diverse realtà orchestrali, fra le di Cultura Italiano di San Francisco. Nel 2015 la San di Paolo Gastaldello, si è perfezionato con Gérard privilegiando i principali compositori del Nove- quali spiccano l’ Orchestra di S. Cecilia, l’Orchestra Francisco State Library gli ha concesso di incidere in Caussé, Piero Farulli e Bruno Giuranna. Svolge cento Italiano: Busoni, Respighi, Malipiero, Ca- Sinfonica Nazionale della RAI, l’Orchestra della Ra- prima mondiale le opere per chitarra sola contenute attività concertistica come viola dell’Ex Novo En- sella, Rota, Castelnuovo Tedesco e Maderna, non dio Svizzera Italiana, l’Orchestra Regionale Toscana; nei manoscritti messicani del 19° Secolo della Sutro semble e come solista e in formazioni cameristiche, tralasciando però la musica del secolo precedente attualmente collabora con La Filarmonica della Scala Collection. suonando per importanti istituzioni concertistiche con Rolla, Rossini e Donizetti. Ha inoltre registrato e la Mahler Chamber Orchestra. In veste di solista si italiane ed estere; presenta spesso opere in prima concerti e produzioni per BBC, RAI, Radio Fran- ce, (WDR), Radio Belga dell’associazione CCSVI che sostiene la ricerca rinetto al Conservatorio di Udine. Tiene masterclass occasioni con la Biennale di Venezia soprattutto in (RBFT), Radio della Svizzera Tedesca (DRS), Radio nell’ambito della sclerosi multipla. in Italia e all’estero (Conservatorio centrale cinese veste di responsabile del Laboratorio permanente Svedese. Ha tenuto lectures, concerti e masterclas- di Pechino). Ha collaborato con prestigiosi direttori per l’Informatica Musicale della Biennale (LIMB). ses per diverse prestigiose istituzioni accademiche Carlo Teodoro, si è diplomato con il massimo dei quali: Diego Masson e Ed Spanjaard. Ha registrato Dal 1975 al 2009 è stato titolare della cattedra di Mu- fra cui Boston University, Rowan University, Ha- voti e la lode presso il Conservatorio di Venezia numerosi lavori per le principali radio europee (La- sica Elettronica presso il Conservatorio “B. Marcel- verford College (U.S.A), Hochschule für Musik di con Adriano Vendramelli, e presso le Hochschule chenmann: Dal niente, Radio Belga RTBF; Bettinel- lo” di Venezia e docente della stessa materia all’Ac- Mainz (Germania), Conservatorio Superior de Mur- di Stoccarda e di Mannheim con Michael Flaksman li: Studio da concerto, Radio3 RAI; Donatoni: Spice cademia Internazionale della Musica delle Scuole cia (Spagna). conseguendo il Konzertexamen (Aufbaustudium II); BBC, etc.), e inciso importanti composizioni come la Civiche di Milano dal 1993 al 2012. É inoltre membro ha seguito le Masterclass di Rocco Filippini, Natalia Fantasia per clarinetto e pianoforte di Rossini (CD del comitato scientifico dell’Archivio Luigi Nono, Anna Serova, è una figura unica nel panorama Gutman e Daniel Schafran e il corso di alto perfe- Arts), lo Studio per clarinetto solo di Donizetti (CD Socio dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti. internazionale. I più importanti compositori con- zionamento del Trio di Trieste presso il Collegio del Giulia), il Solo Dramatique e la Suite per clarinetto temporanei le hanno dedicato opere, per lei stes- Mondo Unito di Duino. Tra i fondatori dell’Ex Novo e pianoforte di Busoni (CD Dynamic), la Sequenza Paolo Zavagna ha pubblicato articoli in atti di sa concepite, che uniscono la forma del brano da Ensemble, ha collaborato con I Solisti Veneti, le Or- IX e il Lied di Berio (CD Black Box). Altre impor- convegni e di seminari di musica elettronica ed concerto alla drammaturgia dell’azione scenica. chestre della RSI, del Teatro La Fenice di Venezia, tanti produzioni sono state infine incise per Ricordi, informatica. Alla regia del suono e al live electronics Si è esibita come solista nelle più prestigiose sale l’Orchestra di Padova e del Veneto. Svolge un’in- Stradivarius, ASV Records, Albany Records, Edipan, ha eseguito opere di Ambrosini, Battistelli, Berio, concertistiche del mondo con orchestre come: tensa attività concertistica esibendosi nell’ambito di ASdisc, Velut Luna. É uno dei fondatori dell’Ex Novo Crumb, Di Scipio, Furlani, Pasquotti, Reich, Moscow State Symphony, Siberian Symphony, prestigiosi festival in tutto il mondo tra i quali: Festi- Ensemble, gruppo cameristico con il quale dal 1979 Romitelli, Sciarrino a Parigi, Londra, Milano, Karelia Symphony Orchestra, Krasnoyarsk Cham- val di Salisburgo, Großer Musikvereinsaal di Vienna, svolge un’intensa attività concertistica nei principali Firenze, Treviso, Venezia, Udine, Stoccarda, ber Orchestra, Orchestra di Padova e del Veneto, Opera di Montecarlo, Lincoln Center, Conservatorio Festival europei. Strasburgo, Praga. Ha collaborato alla realizzazione Belgrade Philharmonic, Amazonas Philharmo- di Mosca, Dresdner Musikfestespiele, Teatro Colon, di colonne sonore di documentari e ha ricevuto una nic, Orchestra Sinfonica di Roma, Orchestra dell’ Tokyo Opera City, Sapporo Concert Hall. Gli sono Alvise Vidolin, regista del suono, musicista infor- commissione per il 56. Festival Internazionale di Arena di Verona. Per la rara bellezza del suono e state dedicate composizioni da Claudio Ambrosini, matico, interprete di Live Electronics, nasce a Pado- Musica Contemporanea de la Biennale di Venezia. per la sua notevole duttilità artistica, Anna Serova Luca Mosca, Marino Baratello, Ivan Vandor. Ha regi- va nel 1949 dove compie studi scientifici e musicali. È responsabile del restauro dei documenti sonori è molto richiesta nella musica da camera - tra i strato brani in prima assoluta per le principali radio Ha curato la realizzazione elettronica e la regia del al MARTLab di Firenze e co-direttore scientifico suoi partners vi sono stati Salvatore Accardo, Ivry europee e numerosi CD per: Dynamic, Giulia, Arts, suono di molte opere musicali collaborando con i della rivista Musica/Tecnologia, Firenze University Gitlis, Bruno Giuranna, Rocco Filippini, Filippo ASV Ricordi, Rivo Alto, AS disc, Stradivarius, Edipan, principali compositori della scena contemporanea, Press. Ha curato i laboratorioarazzi, cicli di seminari Faes, Rainer Honeck. Varie sue incisioni discogra- Velut-Luna, Denon, Naxos, Ricordi. É titolare della curandone l’esecuzione in festival e teatri interna- e concerti di musica elettroacustica presso la fiche (Decca, Naxos, Brilliant Classic, Velut Luna) classe di Musica da Camera e docente di violoncello zionali. Collabora dal 1974 con il Centro di Sonologia Fondazione Giorgio Cini di Venezia dal 2009 al 2011. hanno entusiasmato la critica e ottenuto premi e nel Biennio Specialistico a indirizzo interpretativo Computazionale (CSC) dell’Università di Padova (di Cura il progetto venicesoundmap sul soundscape riconoscimenti. Nel 2006 il Sindaco della città si- presso il Conservatorio di Udine. cui è tuttora membro del direttivo) partecipando veneziano. È membro dell’Arazzi Laptop Ensemble. beriana di Krasnoyarsk ha nominato Anna Serova alla sua fondazione, svolgendo attività didattica Insegna Esecuzione e interpretazione della “Ambasciatore culturale della città”. È docente di Davide Teodoro clarinettista. Diploma a Venezia e di ricerca nel campo della musica informatica, musica elettroacustica al Conservatorio di Musica viola e musica da camera presso l’Accademia Pe- con Giovanni Bacchi. Perfezionamento per la musica pubblicando diversi lavori di carattere scientifico. “B. Marcello” di Venezia ed è coordinatore del rosi di Biella. Nel 2016 Anna Serova ha ricevuto il da camera con il Trio di Trieste. Premiato nei con- Co-fondatore della Associazione di Informatica Mu- Dipartimento di Nuove tecnologie e linguaggi premio internazionale Standout Woman Award per corsi internazionali di musica da camera di Trapani, sicale Italiana (AIMI) ne ha assunto la presidenza nel musicali dello stesso Conservatorio. il suo impegno artistico e sociale ed è testimonial Caltanissetta, Stresa. É attualmente docente di cla- triennio 1988-1990. Dal 1977 ha collaborato in varie con il sostegno di in collaborazione con

Fondazione Teatro La Fenice ex novo musica 2017 Caleidoscopio Novecento xiv. edizione dal 15 ottobre al 15 dicembre 2017

SIAE – Classici di Oggi

Gran Teatro La Fenice, Sale Apollinee Conservatorio Benedetto Marcello, Sala Concerti Ateneo Veneto, Aula Magna e Sala Tommaseo con il sostegno di SIAE Fondazione Teatro La Fenice Palazzetto Bru Zane – Centre de musique romantique française Pro Helvetia Fondazione Svizzera per la Cultura con la collaborazione di Ateneo Veneto CIRS Centro Internazionale per la Ricerca Strumentale Città di Venezia Conservatorio Benedetto Marcello CSC (Centro di Sonologia Computazionale) dell’Università di Padova SaMPL (Sound and Music Processing Lab), Padova Edizioni Suvini Zerboni, Milano Casa Ricordi, Milano Rai Radio 3 Studio Tapiro