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613 ANZEIGEN UND BESPRECHUNGEN Übersicht 1. Allgemeines . 613 2. Festschriften – Gesammelte Aufsätze – Kongreßakten . 616 3. Historische Hilfswissenschaften . 640 4. Rechtsgeschichte . 655 5. Mittelalter (chronologisch) . 659 6. Frühe Neuzeit (chronologisch) . 702 7. 19. und 20. Jahrhundert (chronologisch) . 728 8. Italienische Landesgeschichte (Nord-, Mittel-, Süditalien) . 744 Charles Klopp, La zebrata veste. Lettere e memorie di detenuti politici italiani, introduzione di Mario Stampacchia, traduzione di Monica Amo- roso, Chiara Ceccarelli, La storia, le storie 1, Ghezzano San Giuliano Terme (Felici) 2010, 271 pp., ISBN 978-88-6019-408-4, € 22 (tit. or. Sentences. The Memoirs and Letters of Italian Political Prisoners from Benvenuto Cellini to Aldo Moro, Toronto University Press, 1999). – Più che un libro di storia questo è un ampio lavoro di critica letteraria a un particolare genere: la lette- ratura carceraria, dal Rinascimento agli anni Settanta del Novecento in Italia. Il volume dimostra quanto la letteratura, carceraria e non, sia stata influenzata dall’esperienza del carcere. Viceversa, la vita in carcere è stata profondamente influenzata dalla cultura: scrivere è stato per alcuni un sollievo, per altri il mezzo per continuare un progetto di vita e di politica, per altri ancora una stra- tegia di sopravvivenza sia fisica, riuscendo ad avere oggetti primari tramite biglietti clandestini, sia psicologica esercitando la mente. Il carcere infatti è una questione sociale, non una soluzione a un problema sociale, ci ricorda Mauro Stampacchia nella sua bella introduzione. Come emerge dalle pagine del libro, il carcere può essere raccontato in modi diversi: esso è luogo di sepa- razione, mondo a parte che riproduce un sistema sociale, tortura (p. 104), „Nirvana“ (p. 202), „sineddoche della società oppressiva“ (p. 124), „conver- sione secolare“ (p. 209), „pulizia intima“ (p. 210). Il punto di vista che interessa all’autore è quello di coloro che sono stati detenuti politici e, tra questi, coloro QFIAB 92 (2012) 614 ANZEIGEN UND BESPRECHUNGEN che sono appartenuti a una parte della società, quella degli uomini di cultura. Il sottotitolo del libro, sia inglese sia italiano, è in parte fuorviante perché non sono trattati i detenuti politici italiani nella loro totalità – molti di questi non sapevano nemmeno scrivere – ma solo una parte. Il libro è diviso in sei capi- toli. Il primo è dedicato alle prigionie e alle evasioni di Cellini, Tasso, Pignata e Casanova visti come precursori dei prigionieri politici in quanto detenuti non per idee politiche sovversive ma per comportamenti ritenuti oltraggiosi. Il secondo capitolo ripercorre l’esperienza di alcuni scrittori coinvolti nei pro- cessi ai patrioti negli anni Venti dell’Ottocento e detenuti nella fortezza dello Spielberg: Pellico, Maroncelli, Confalonieri, Arrivabene, Adryane, Pallavicino, Rosa. Il terzo capitolo ricostruisce la prigionia di altri scrittori patrioti risorgi- mentali degli anni Cinquanta dell’Ottocento incarcerati al Nord (Bini, Guer- razzi, gli undici martiri di Belfiore che non tornarono in libertà ma finirono sul patibolo tra cui Pastro, Tazzoli, Poma), nel Regno delle due Sicilie (Castrome- diano, Settembrini, Spaventa) e nello Stato pontificio (Galletti e Frignani). Il quarto affronta gli scritti carcerari non più dei patrioti intenti a liberare il pro- prio paese dal dominio straniero, ma di rivoluzionari con un orizzonte interna- zionalistico come Kuliscioff, Costa, Turati. Il quinto si concentra sulle lettere di coloro che furono detenuti dal fascismo: De Gasperi, Lo Sardo, Terracini, Ravera, Rossi, Monti, Levi, Morandi, Bassani, Alicata, e naturalmente Gramsci. Il sesto è dedicato alle lettere dalla prigionia di Aldo Moro. Sebbene molto inte- ressante sia questo respiro fino all’età contemporanea, risulta un po’ debole l’accostamento tra Moro e gli altri prigionieri politici presi in considerazione. Il segretario della DC non era un detenuto politico nelle mani di un potere sta- tale, ma un ostaggio di un gruppo di terroristi. Diversamente dai detenuti poli- tici che scrivevano per mantenere il contatto con la propria comunità familiare o politica e per non perdere la propria identità, Moro voleva raggiungere un pubblico più ampio. Parlare di corrispondenza (p. 238) del politico durante la prigionia ci pare in parte deviante perché ogni corrispondenza presuppone un essere in comunicazione con qualcun altro: purtroppo non fu questo il caso del segretario della Dc che ricevette dai familiari solo due risposte dirette a lui. Al di là di questo, il libro è un ottimo strumento di studio anche grazie alla ricca, selezionata e aggiornata bibliografia. Camilla Poesio Sabine Ehrmann-Herfort/Michael Matheus (Hg.), Von der Ge- heimhaltung zur internationalen und interdisziplinären Forschung. Die Mu- sikgeschichtliche Abteilung des Deutschen Historischen Instituts in Rom 1960–2010, Bibliothek des Deutschen Historischen Instituts Rom 123, Berlin u.a. (de Gruyter) 2010, XVI, 205 S., Abb., ISBN 978-3-11-025073-2, € 39,95. – An- lässlich seines fünfzigjährigen Bestehens hat die Musikgeschichtliche Abtei- QFIAB 92 (2012) ALLGEMEINES 615 lung des Deutschen Historischen Instituts in Rom unter der Herausgeber- schaft von Sabine Ehrmann-Herfort und Michael Matheus einen Band mit vier Beiträgen veröffentlicht, welche die Geschichte der einzigen deutschen mu- sikgeschichtlichen Arbeitsstelle im Ausland beleuchten. Der Titel „Von der Ge- heimhaltung zur internationalen und interdisziplinären Forschung“ fasst die Entwicklung der Abteilung innerhalb eines halben Jahrhunderts pointiert zu- sammen. Tatsächlich ging die Institutsgründung alles andere als leicht von- statten. Man kämpfte nicht nur mit finanziellen und organisatorischen Schwie- rigkeiten, sondern musikwissenschaftliche Studien zu deutsch-italienischen Beziehungen waren anfangs auch der Abteilung für Kulturwissenschaft unter- geordnet – bis im Februar 1960 der damalige Leiter Walter Holtzmann insis- tierte, dass die Geheimhaltung aufgegeben und die Etatisierung vollzogen werde. Obwohl die vier Autoren jeweils andere Aspekte in den Fokus nehmen, kommt es häufiger zu inhaltlichen Überlappungen. Das ist zwar unvermeidbar, jedoch wäre eine bessere Abstimmung der Beiträge an mancher Stelle wün- schenswert gewesen. In seinem Aufsatz schildert Michael Matheus die Ent- stehung des DHI aus einem wissenschaftsgeschichtlichen Blickwinkel, wobei insbesondere der Aspekt der Disziplinenvielfalt und die politischen Hinter- gründe thematisiert werden. Dabei spart der Autor nicht mit Kritik, wenn er etwa aussagt, dass bei interdisziplinär ausgerichteten Veranstaltungen das Gespräch zwischen den Disziplinen selten vertieft werde, sodass das DHI hier nun nach neuen Austauschmöglichkeiten suchen sollte (S. 75). Aus- gehend vom Bestand der Musikbibliothek des DHI, dessen Grundstock aus einer Dauerleihgabe der Bibliotheca Hertziana hervorgeht, schildert Martina Grempler die Vorgeschichte und Gründungsphase der Musikgeschicht- lichen Abteilung. Dabei werden u.a. die Rolle der Gesellschaft für Musikfor- schung (insbesondere ihre Bemühungen um den Wiederaufbau von Auslands- beziehungen nach dem Zweiten Weltkrieg), die Anstrengungen der jeweiligen Leiter, die Rolle des DHI als Bindeglied zwischen Italien und Deutschland so- wie die Kontakte zur italienischen Musikforschung besprochen. Anselm Ger- hard versucht in seinem Aufsatz die Frage zu beantworten, warum das DHI sich ausgerechnet für die Gründung einer Musikgeschichtlichen Abteilung entschied und nicht vielmehr andere Disziplinen vorzog. Schließlich beklei- dete die Musikwissenschaft in den ersten Jahrzehnten nach dem Zweiten Welt- krieg eine eher marginale Position. Als Grund dafür hebt Gerhard u.a. die en- gen Beziehungen von Herman-Walther Frey – einem früheren Ministerialrat und Experten für die Zeit der Renaissance – zur römischen Kurie und zur Bonner Ministerialbürokratie hervor. Weiterhin zeigt Gerhard, dass trotz der ursprünglichen Schwerpunktsetzung der Abteilung auf deutsch-italienische Musikbeziehungen zwischen 1400 und 1800, schon früh neue Akzente gesetzt QFIAB 92 (2012) 616 ANZEIGEN UND BESPRECHUNGEN wurden. Insbesondere dank der Forschungen von Friedrich Lippmann und Wolfgang Osthoff sollte die italienische Oper des 18. und 19. Jh. zu einem Kern- thema werden – und das in einer Zeit, in der die Musikwissenschaft an deut- schen Universitäten, so Gerhard, noch von „damals allenthalben anzutreffen- den Scheuklappen gegen das 19. Jh. im Allgemeinen und die italienische ‚Lärmoper‘ im Besonderen geprägt war“ (S. 140). Sabine Ehrmann-Herfort geht schließlich auf die Forschungsfelder und Methoden der Musikgeschicht- lichen Abteilung ein. Sie vergleicht diese mit der Situation der Musikwissen- schaft an italienischen Universitäten, deren Bibliotheksbestände oft schlecht erschlossen und schwer zugänglich waren. Daraus geht hervor, dass das DHI für die Bereitstellung von Literatur in Italien eine zentrale Rolle spielte. Auch durch die Organisation von Kolloquien wurde der Austausch mit italienischen Kollegen angeregt. Ein ausführliches Personen- und Ortsregister rundet den Band ab. Katelijne Schiltz Peter Schreiner, Byzantinische Kultur. Eine Aufsatzsammlung. III: Die materielle Kultur, hg. von Christina Katsougiannopoulou und Silvia Ronchey, Opuscula collecta 8, Roma (Edizioni di Storia e Letteratura) 2011, XIX, 239 S. (getrennte Zählung), ISBN 978-88-8498-368-8, € 36. – Nach den Bän- den zur politischen (Die Macht, 2005) und zur intellektuellen Kultur (Das Wis- sen, 2009) behandelt