I Primi Veicoli in Italia
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I PRIMI VEICOLI IN ITALIA 1882-1899 DAL VENETO I PRIMI MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA E LE PRIME VETTURE AISA·Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile in collaborazione con HCS·Historic Club Schio Vicenza ·Aula Magna dell’Università 29 marzo 2008 II I PRIMI VEICOLI IN ITALIA 1882-1899 DAL VENETO I PRIMI MOTORI A COMBUSTIONE INTERNA E LE PRIME VETTURE AISA·Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile in collaborazione con HCS·Historic Club Schio Vicenza ·Aula Magna dell’Università 29 marzo 2008 3 Presentazione Lorenzo Boscarelli 4 Michele Lanza, la Fiat, l’anno 1898 Antonio Carella 0 La nascita dei veicoli a motore - Il ruolo dei precursori italiani Stefano Milani 0 La vettura a tre ruote del professor Enrico Zeno Bernardi Guido Ardizzon 0 La vetturetta di Carlo Menon Zeno Graziani 0 La prima autovettura circolante in Italia Fabrizio Taiana 0 Precursori veneti dell’automobile Nino Balestra MONOGRAFIA AISA 81 Un ignoto corridore motociclista posa accanto alla Menon 200 cc. da corsa. La foto li ritrae di fronte alle Officine Menon e risale alla metà degli anni Venti. La motocicletta montava un motore Alba, di fabbricazione tedesca, a quattro tempi e valvole laterali, il cambio era a due velocità, prodotto dalla Ideal. 2 PRESENTAZIONE Lorenzo Boscarelli ggi parleremo di uomini e di macchine dei pri- mobili nell’ultimo ventennio dell’Ottocento e nei Omordi della storia dell’automobile, la cui notorie- primi anni del Novecento non solo dovette cimentarsi tà non è sempre correlata all’importanza che hanno con un meccanismo molto complesso, ma dovette effettivamente avuto nell’evoluzione della tecnica, ma anche dare prova di grande fantasia, creando dal nulla ad eventi anche casuali, come la sopravvivenza del vei- soluzioni nuove. colo stesso o della documentazione che lo descrive. Basta guardare il triciclo di Bernardi per rendersi conto L’importanza che l’automobile ha assunto nell’econo- che ha ben poco in comune con altri veicoli conosciu- mia e nella società ha indotto molti a ricercare delle ti. Enrico Bernardi riuscì a costruire i suoi veicoli solo primogeniture, spesso legate ad ambizioni nazionalisti- grazie alla propria creatività. che o localistiche. Come lui, anche se meno di lui, hanno dovuto fare Queste indagini sono non di rado orientate a dimostra- tutti i progenitori dell’automobile che lo seguirono. A re una tesi precostituita e – salvo casi particolari – sono loro dobbiamo gratitudine e ammirazione per essere poco supportate da documenti affidabili ed esaurienti, riusciti a risolvere, spesso da soli, una grande quantità quindi hanno limitato valore storico. di problemi, concorrendo così allo sviluppo dell’auto- È importante invece riconoscere che chi costruì auto- mobile come la conosciamo oggi. Lorenzo Boscarelli è presidente Aisa. 3 MICHELE LANZA, LA FIAT, L’ANNO 1898 Antonio Carella Michele Lanza nale (l’anno zero del Salone dell’Automobile) dove furono presentate al grande pubblico vetture prove- ichele Lanza spese molte energie per portare in nienti da tutta Europa. Alla chiusura della manifesta- MItalia le innovazioni tecniche che aveva visto zione venne organizzata la corsa Torino-Asti- all'estero alla fine dell’Ottocento. Si è scritto poco per Alessandria e ritorno, che replicava la Torino-Asti- ricordarlo, ma il RACI gli ha dedicato il monumento Torino del 1895, la prima corsa automobilistica italia- lapideo che si trova all’ingresso del Museo na. Tutti i concorrenti (fra i quali c’era anche Giovanni dell’Automobile di Torino, che lo ricorda come uno Ceirano con un triciclo De Dion Bouton) arrivarono dei grandi pionieri dell’auto italiana. indenni al traguardo, ma con le macchine malconce, Lanza aveva fatto progettare e costruire molte macchi- perché le strade erano ancora poco più che tratturi e il ne delle quali purtroppo non è rimasto nulla perché, Touring Club non era ancora riuscito a raccogliere i come gli rimproverava Agnelli, distruggeva tutto quel- consensi per avviare un programma di costruzione di lo che costruiva. Delle sue realizzazioni sono rimasti il vere strade. Nel mese di novembre, in un clima di par- ricordo, anche se critico, dei suoi contemporanei, ticolare fervore automobilistico, nacque a Torino il poche immagini e qualche data incerta degli ultimi primo Automobile Club Italiano. anni dell’Ottocento. In quegli anni le macchine torinesi erano numerose ma La nascita della Fiat non erano dotate di motori italiani. Ci si limitava ad assemblare qualcosa che assomigliava ad un carretto Molti credono di sapere come è nata la Fiat. Ecco inve- senza cavalli, dotandolo di un motore De Dion, ce le reali origini dell’azienda quali risultano da docu- Panhard & Levassor, ecc. menti emersi dagli archivi aziendali. Tutto è comincia- È rimasta solo una foto to con un contratto nel quale l’avvocato Cesare Goria- dell’ultimo modello con- Gatti, anche in nome e per conto di Emanuele cepito da Lanza, negli Bricherasio, si associa con i fratelli Ceirano per realiz- anni Venti, “La Bizzarra”, zare il prototipo di una vetturetta automobile che fu effettivamente rea- “Welleyes” (la Marca con la quale Ceirano commercia- lizzato. La macchina ha lizzava le sue biciclette). Ciascuno dei soci versa una una linea straordinaria, di quota di 1500 lire. tipo aerodinamico, che Con un successivo contratto, Giovanni Ceirano, il pro- non si immaginerebbe gettista Faccioli (i due tecnici che hanno realizzato la concepita da un costrut- macchina) e Cesare Goria-Gatti, che agisce in nome e tore dei primordi. Essa per conto di Bricherasio, rilevano la macchina realizza- rappresentava la sua ta e tutta la preesistente struttura produttiva con un La copertina del primo geniale concezione del- versamento di 30.000 lire per sviluppare una fabbrica numero della rivista l’automobile stradale. italiana di automobili. L’Automobile pubblicata Bisogna ricordare che Per la verità storica ne consegue che, come è scritto a Torino il 15 dicembre 1898. L’automobile di Michele Lanza faceva di mestiere sulla cornice del famoso quadro del pittore Delleani: Lanza era già completa il fabbricante di candele “Il Conte Emanuele Cacherano di Bricherasio – [fu] e funzionante. steariche. ideatore e propugnatore primo della prima Fabbrica Italiana di Automobili...”. Il quadro ritrae i fondatori L’anno 1898 della Fiat e fu dipinto nel 1907 su incarco della fami- glia Bricherasio come ricordo storico. Si trovava al Desidero poi sottolineare l’importanza dell’anno 1898 Centro Storico Fiat. nella storia dell’auto italiana. Nel mese di luglio di Quelli che vi ho raccontato sono tutti ricordi della quell’anno si tenne a Torino l’Esposizione Internazio- Torino degli anni in cui, mentre ferveva l’unità d’Italia, in tanti cortili della città si lavorava alle biciclette o alla Antonio Carella è presidente R.A.C.I. - Registro Ancêtre Club Italia nascente automobile. 4 LA NASCITA DEI VEICOLI A MOTORE IL RUOLO DEI PRECURSORI ITALIANI Stefano Milani Acqua, aria, fuoco montati su un unico carro a ruote, trainabile sul luogo dove ne fosse richiesto l’uso) e poi a “locomotive” primi motori (dove per motore si intende un mecca- (generatore e motore montati su di un unico carro Inismo che sfrutta una fonte di energia per produrre semovente, per l’azione dello stesso motore a vapore, forza motrice), quando la tecnica ne consentì la costru- tramite apposita trasmissione). zione, nacquero grazie allo sfruttamento di acqua Uno dei primi veicoli semoventi fu il fardier (carro a (corsi d'acqua) ed aria (vento), che però erano disponi- pianale adibito al trasporto di grossi pesi) realizzato da bili solo in luoghi ben definiti ed anche con una buona Nicholas Cugnot tra il 1769 e il 1771, prima in un dose di imprevedibilità, specie per il vento. modello in scala ridotta, seguito da un esemplare in Questi motori, per forza di cose stazionari, diedero un scala naturale (conservato al Conservatoire National impulso fondamentale allo sviluppo delle attività des Arts et Métiers di Parigi), azionato da un motore a umane per diversi secoli, ma non sarebbero stati suffi- vapore con una cilindrata di circa 68 litri! cienti a generare la forza motrice richiesta dalla rivolu- Nelle intenzioni avrebbe dovuto trasportare circa 4 zione industriale. tonnellate di carico a 6 Km/h, ma purtroppo con Tutti sentivano la necessità di realizzare motori di gran- un’autonomia di soli circa 10 minuti, prima che, esau- de potenza (per l'epoca) per passare dalla produzione rito il vapore, fosse necessaria una nuova carica di artigianale a quella industriale ed i migliori ingegni si acqua (fresca) nella caldaia, la cui messa in pressione scervellarono per trovare la soluzione. avrebbe richiesto 1÷2 ore. Riguardo al fuoco, conquista fondamentale per lo svi- Si trattava di autonomia e velocità incompatibili con le luppo della civiltà, la tecnica non aveva ancora trovato esigenze di qualsiasi utilizzo pratico e meno che mai un modo pratico per utilizzarlo come motore. La pol- militare. Giustamente l’esercito francese, che aveva vere da sparo sembrava promettente, ma ci si rese finanziato l’operazione, pensò bene di abbandonare conto ben presto che il suo effetto dirompente ne ren- l’idea, depositando in un magazzino il fardier in attesa deva impossibile l’applicazione controllata. di tempi migliori. Solo tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700, dopo innu- Inoltre la guida del fardier si era dimostrata quasi merevoli esperimenti defatiganti, furono realizzate impossibile, a causa della mancanza sia di un disinne- delle “Macchine da fuoco” pratiche, costituite da un sto tra motore e ruota, sia dei freni. focolare, dove bruciava il combustibile (legna), il gene- Trattandosi di un veicolo militare la sua costruzione ratore di vapore (caldaia) e il motore che sfruttava la forza del vapore. I primi veicoli a vapore Il primi motori a vapore erano molto ingombranti, richiedevano la presenza continua di operatori apposi- tamente addestrati (fuochisti, meccanici, manutentori, etc.), ma ebbero un ruolo fondamentale nell’avvio della “rivoluzione industriale”.