Titolo Le Alterne Fortune Critiche Di Domenico Maria Federici

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Titolo Le Alterne Fortune Critiche Di Domenico Maria Federici Corso di Laurea (vecchio ordinamento, ante D.M. 509/1999) in Lettere Tesi di Laurea Titolo Le alterne fortune critiche di Domenico Maria Federici Relatore Ch. Prof. Sergio Marinelli Correlatore Dott. Maria Grazia Piva Laureando Silvano Zambotti Matricola 733234 Anno Accademico 2011 / 2012 1 INDICE Capitolo primo p. 2 Introduzione p. 8 I. Federici e il suo tempo p. 23 II. La “Istoria dei Cavalieri Gaudenti” p. 27 III. Le “Memorie Trevigiane sulla Tipografia nel secolo XV” p. 33 IV. “Della Letteratura Trevigiana del secolo XVIII sino ai nostri giorni” p. 41 V. “Il Convito Borgiano” Capitolo secondo – L’Epistolario p. 45 I. Arte p. 47 II. Convito Borgiano p. 60 III. Critica p. 65 IV. Temi riconducibili all’illuminismo p. 73 V. Lettere di eruditi famosi p. 98 VI. Argomenti vari p. 132 VII. Guerra Capitolo terzo p. 134 Premessa alle “Memorie Trevigiane sulle Opere del Disegno” p. 141 Analisi delle “Memorie Trevigiane sulle Opere del Disegno”. Volume primo: dal 1100 al 1500 Capitolo quarto p. 173 Analisi delle “Memorie Trevigiane sulle opere di Disegno”. Volume secondo: dal 1500 al 1800 p. 259 Conclusioni p. 263 Cronologia della vita e delle opere p. 271 Bibliografia 2 I N T R O D U Z I O N E L’iniziale analisi critica delle opere prodotte da Domenico Maria Federici proviene essenzialmente da due fonti profondamente diverse fra loro. Ambedue però sono piuttosto fuorvianti quando pretendono di gettare una luce obiettiva su di esse. Mentre la prima fonte , che è poi quella del nipote Luigi, tende ad esprimersi in termini incondizionatamente encomiastici, quasi a volerci rendere una visione agiografica, la seconda invece è tutta tesa alla denigrazione ed al misconoscimento, mostrando le irte ed aspre durezze del biografo malevolo, stigmatizzando oltremodo i difetti presenti nell’opera di Federici. E’ dalle considerazioni del letterato Moschini che inizia una sequenza di ribadite sottovalutazioni dell’opera di questo autore, che ha caratterizzato tutto l’Ottocento ed i primi decenni del secolo scorso, quando finalmente qualche timida voce si è levata ad attenuare il giudizio negativo. Dipanare questa matassa formata da un groviglio di considerazioni non obiettive, per poter ricostruire in maniera più veritiera la figura e l’opera dell’abate di San Nicolò, non si presenta come compito facile. Vagliando e soppesando cautamente tutte le fonti possibili, limando i pochi giudizi troppo laudativi e rivedendo criticamente quelli ingiustamente negativi, si cercherà quindi di ridare a questo autore la dignità che gli spetta. Un primo indubbio grande merito che dobbiamo attribuirgli è quello di aver radunate in una unica opera tutte le memorie artistiche relative alla Marca Trevigiana storica, la cui estensione un tempo era maggiore dell’attuale. Alcuni autori prima di lui avevano sì offerto dei rendiconti di tale specie, ma solo sulla città di Treviso, e qualcosa di poco rimarchevole relativamente a Conegliano, Ceneda e Serravalle, ed un po’ di più su Castelfranco e Bassano. La sua analisi invece coinvolge capillarmente tutto il territorio, così che il risultato ottenuto è quella di una ragionata opera organica dove i fatti raccontati trovano la loro giusta collocazione nella trama storica evocata. Logicamente, nello stendere l’opera egli si è spesso avvalso delle testimonianze di autori cronologicamente antecedenti, soprattutto per le notizie che potevano dare su opere non più rintracciabili. E’ evidente qui come il dover parzialmente dipendere da notizie non sempre attendibili possa talvolta averlo spinto ad affermazioni 3 o conclusioni errate e ciò, considerando l’epoca in cui egli scrive e la mole di lavoro prodotto, è da ritenersi quasi fisiologico. Rispetto poi a questi precedenti autori la sua analisi si propone, anche se non sempre, come più approfondita, rivedendo attribuzioni o proponendoci addirittura autori mai citati prima. Con lui si ha un’ampia e quasi completa ricerca dalla quale generazioni di studiosi hanno continuamente attinto, diventando così un inevitabile punto di riferimento per tutti coloro che vogliono gettare uno sguardo sul passato di questa area geografica. E’ oramai dimostrabile, e lo si vedrà più avanti, come la maggior parte della sua produzione sia da ritenersi attendibile e ciò si rende possibile quando si voglia procedere ad una analisi accurata che derivi da confronti obiettivi, dall’abbandono di pregiudizi o da citazioni fatte solo “per sentito dire”, oppure per la scarsa volontà di verifica della fondatezza delle fonti. Non bisogna dimenticare che Federici, agendo negli ultimi anni del Settecento ed i primissimi del successivo, è da considerarsi alla stregua di un pioniere, e come tale muovendosi in parte in un campo ignoto, talvolta indefinito, un po’ per l’entusiasmo, un po’ per campanilismo – atteggiamento peraltro ancora molto comune fra gli eruditi del tempo – o per le tante lacune da riempire, alcune volte incorre nell’errore o nell’incompletezza. Bisogna perciò considerare che egli è solo il primo stesore di una trama che necessariamente è ancora a maglie larghe e spetterà a quanti verranno dopo il renderla più fitta. Bisogna avere considerazione per uno studioso che si accinge per primo ad una ricerca che lo porterà a muoversi in aree nuove o frammentariamente note, e che cercherà di cogliere dei punti fermi attorno ai quali costruire la sua disamina. Perciò è da ribadire come sia inevitabile in tali circostanze incorrere in errori, sottovalutazioni o nel loro contrario oppure nello sbilanciarsi talvolta in giudizi troppo arditi; ciò lo vediamo accadere anche nelle opere di altri suoi contemporanei di pondus ben maggiore come ad esempio Tiraboschi o il Lanzi, le cui analisi sono state alcune volte spesso riviste, anche radicalmente, dagli studiosi di epoche successive. Certamente un ruolo negativo nel far sì che la sua opera sia stata sottostimata è da far risalire al fatto che la sua fosse una figura di erudito di provincia , uno dei tanti, non una stella di prima grandezza come i due testé citati. Altra ragione, già ricordata, fu la decisa inimicizia di Moschini che non venne meno neppure dopo che Federici era morto. Su questo giudizio negativo si innestano ulteriori 4 ribadimenti soprattutto per opera di Serena che non perse occasione per oscurarne e sminuirne la figura ogniqualvolta ne aveva la possibilità, salvo poi servirsi dell’opera di Federici quando mancava di altre fonti e voleva comunque ribadire qualcosa cui egli teneva molto. Molti altri poi hanno ripreso acriticamente questi giudizi poco lusinghieri arrivando a non disgiungere il suo nome dall’appellativo di “poco attendibile”. Buona parte dei giudizi negativi vengono motivati dal pressapochismo con cui citerebbe talune fonti, nell’ interpretare in maniera volutamente distorta i documenti a sua disposizione o addirittura il citare fonti la cui esistenza non sarà mai dimostrata. Vedremo più oltre come sarà possibile smontare la maggior parte delle accuse che gli vengono rivolte. Al di là delle polemiche, è qui essenziale, innanzitutto, delinearne brevemente la figura di studioso, sia in relazione alla cerchia di eruditi del suo tempo, sia alle grandi novità che si affacciavano all’orizzonte e ai grandi sconvolgimenti che avrebbero portato con se, non dimenticando poi il suo status di ecclesiastico. Per quest’ultimo punto è presto detto poiché egli tende a mostrare una religiosità di mera facciata abbastanza tipica per i tempi suoi. Ha scelto l’abito domenicano consapevolmente salvo scoprire, in tempi successivi, interessi molto più affascinanti della quotidiana pratica religiosa, anche se il suo comunque rimarrà un mondo abbastanza popolato di prelati, spesso abati, anch’essi quasi sempre identificabili come “eruditi” e che costituiscono la maggior parte dei suoi corrispondenti. Ciò che fra di loro è argomento costante, è la cultura in tutte la sue diramazioni; vaghi sono gli accenni a fatti religiosi e per lo più inerenti a gelosie fra i vari ordini religiosi, pettegolezzi e critiche verso personaggi in vista , alti prelati ed addirittura papi. Dai loro scritti promana un pietismo di facciata, una religiosità metabolizzata ma non vissuta. Nel carteggio mancano quasi totalmente testimonianze di fede, accorati appelli ad un vivere secondo i comandamenti della religione, al raccomandarsi a santi patroni, a invocazioni di salvezza e cose simili. Egli in questo non è dissimile da altri che magari avevano abbracciato lo status ecclesiastico perché ciò poteva prestarsi ad essere una comoda via di elevazione sociale, e se la scelta era stata invece disinteressata, poi magari erano intervenuti altri bisogni legati all’erudizione in generale ed all’insorgere anche di una legittima ambizione di vedere pubblicate le proprie elucubrazioni. Poiché la sua formazione si era conclusa con un dottorato in teologia che lo porterà all’insegnamento, ecco che le sue prime produzioni letterarie saranno a tema 5 religioso. Il domenicano è qui in una fase della vita in cui ancora dominante è la formazione ricevuta, ove gli interessi che paleserà più tardi sono ancora inespressi. Questi primi scritti non saranno qui oggetto di disamina, bensì lo saranno quelli prodotti più tardi ed il cui contenuto è decisamente volto ad analisi di genere storico-artistico e letterario. Di Federici ci è rimasto un notevole epistolario, con tutta probabilità incompleto, che testimonia del vasto raggio delle conoscenze e anche della qualità degli interlocutori, alcuni fra i maggiori del suo tempo. Mai si nota in essi, per come gli si rivolgono, il menomo dubbio di essere di fronte se non a un più che degno interlocutore; sempre egli è trattato con grande rispetto e in buon conto sono tenute le sue richieste ed i suoi consigli. Perciò nel leggere queste lettere, mai si ha l’impressione che qualcuno sospetti della sua buona fede o della sua solidità intellettuale. I temi da lui affrontati, come vedremo, son abbastanza vari e quasi sempre relativi ad una storiografia riguardante la Marca trevigiana. Oltre all’opera magna delle Memorie trevigiane sulle opere di disegno, la sua attenzione lo porta a indagare il tema letterario relativamente alla produzione settecentesca, ciò sempre in relazione al medesimo territorio.
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