Accademia Pontaniana Issn 1121-9238 Atti
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA ISSN 1121-9238 ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA NUOVA SERIE - VOLUME LXI ANNO ACCADEMICO 2012 DLXXI DALLA FONDAZIONE ISSN 1121-9238 ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA NUOVA SERIE - VOLUME LXI ANNO ACCADEMICO 2012 DLXXI DALLA FONDAZIONE GIANNINI EDITORE NAPOLI 2013 NOTE Il presente volume è stato pubblicato grazie al contributo di COINOR Università “Federico II”, COINOR Centro di Ateneo per la Comunicazione e l ’Innovazione Organizzativa del MIUR, dell’Istituto Banco di Napoli - Fondazione, della Regione Campania, REGIONE CAMPANIA del Banco di Napoli SpA NOTE Atti Accademia Pontaniana, Napoli N.S., Vol LI (2012), pp. 7-15 Guido Della Valle e la filosofia dei valori Nota del Socio ALDO MASULLO 1. Sul tema del tempo e del suo rapporto con l’intemporalità della sfera logica, cioè del nesso tra differenza vissuta e identità pensata, si giocò la tragica ambiguità dello spirito borghese negli ultimi decenni del sec. XIX e nei primi del XX, proprio mentre nella cultura dell’Occidente la coscienza della storicità dell’esistere si espri- meva nella egemonia dell’intonazione storicistica. La razionalità tecnologico-economica e la sua esaltante prospettiva di un illimi- tato sviluppo del potere umano sulla natura (cui corrispondeva, per lo più incon- fessata, l’arrogante sicurezza dell’illimitata conservazione del dominio sui molti da parte di quei pochi che il potere sulla natura effettivamente detengono) estesero la pretesa dell’oggettività conoscitiva, espressa nell’intemporalità degli enunciati “scientifici”, anche agl’“ideali” del mondo borghese, assunti nella loro più recente versione, e proiettarono nel progettato futuro la pretesa stabilità, sempre meno ri- conoscibile nel passato prossimo. Di ciò uno dei sintomi fu l’attivismo “futuristico” sostanzialmente re-azionario. Peraltro la stessa crescente accelerazione del tempo storico e, con lo sviluppo, il sempre più rovinoso crescere della contraddizione mettevano in crisi permanente tutti gli “ideali”, non solo i metafisici preborghesi ma pure i razionalistico-illumini- stici e gli spiritualistico-romantici; non solo le rassicuranti “idee trascendenti”, ma anche la “natura umana” e lo “spirito” e qualsiasi sia pure aggiornata versione dei pretesi “eterni valori”. L’ angoscioso furore nichilistico, che se ne generava, è testi- moniato, nell’arte, per esempio, dall’“espressionismo”. Intanto, con la crisi del meccanicismo e l’ammissione del carattere probabili- stico delle leggi fisiche, con l’evoluzionismo biologico e la psicologia dell’inconscio, con la teoria della struttura produttiva e della lotta di classe come principio dell’a- nalisi sociologica e dell’interpretazione storiografica, anche le categorie della razio- nalità scientifica venivano investite da mutamenti profondi. La filosofia si trovò stretta nella morsa delle domande poste, per una parte, dalla contraddizione sociale storicamente sviluppatasi, con tutto il suo pesante carico di implicite questioni preliminari sul significato dell’essere sociale e, per l’altra parte, dalla scissione costitutiva dell’uomo, scoperta nel cuore della ragione hegeliana. La contraddizione storica e la scissione antropologica sembrarono confondersi in una 8 ALDO MASULLO (2) unica difficoltà, e ci s’illuse che questa fosse una falsa apparenza, un antico e pur sempre rinnovato errore teorico che la vecchia metafisica aveva mirato a correggere senza riuscirvi, e che la scienza positiva lasciava sopravvivere solo perché non era in grado neppure di avvertirne la disturbante presenza nell’immagine che l’uomo si fa di sé e del suo rapporto con il mondo. Alla fine la filosofia, che pure spesso si accaniva in enfatiche polemiche contro la vecchia metafisica, non mancava d’impegnarsi, in modi talvolta grossolani ma altre volte raffinatissimi, nella «reazione idealistica contro la scienza», come con efficacia riassunse Antonio Aliotta nel titolo del suo capitale libro del 1912. A questo punto la filosofia non esitò ad arrogarsi la scientificità, anzi a rivendica- re per sé la sola autentica scientificità a fronte del carattere meramente pragmatico, Benedetto Croce avrebbe detto “pseudoconcettuale”, dei saperi naturalistici. In altri termini, alla contingenza e relatività dei saperi “empirici”, nella dichiarata volontà di non cedere ad alcuna dommatica metafisica della necessità, si vennero opponen- do l’assolutezza e universalità di un sapere “trascendentale”. Il grimaldello teorico, che consentisse con severità critica lo sfondamento della necessità teoretica dell’”essere”, apparve l’idea di “valore” come l’universalità etica del “possibile”. I decenni di filosofia europea a cavallo tra XIX e XX secolo poterono così riem- pirsi di opposizioni sia allo scientismo positivistico sia all’assolutismo idealistico, mentre le profonde differenze dei punti di vista dei vari oppositori si ritrovavano tutte sotto la comune bandiera del «ritorno ai fatti». Questi non eran più i fatti a cui si erano una volta richiamate le scienze della vulgata positivistica, ma i «fatti puri» ovvero, per dirla con il Croce del 1914, «non alterati e intellettualizzati, a raggiunge- re i quali si richiede uno sforzo grandissimo: bisogna spogliarsi di ogni pregiudizio volgare, non lasciarsi distrarre da nessuna seduzione, rompere le associazioni che si sono formate nella pratica della vita, scendere nelle profondità del reale» (Cultura e vita morale, pp. 54-55). Peraltro poco prima, nel 1911, sulla base di un ben diverso impianto speculativo la voce severa di Edmund Husserl aveva lanciato il provocatorio tema della «filoso- fia come scienza rigorosa», scienza certo non «exakte» al modo delle matematiche e di tutti i saperi fondati sul calcolo, però «strenge», cioé logicamente incontrovertibi- le perché fondata sull’immediata «evidenza». 2. In questo quadro assai complesso e movimentato si colloca il contesto cultu- rale accademico, entro cui molto precocemente maturò ed emerse l’ingegno scien- tifico di Guido Della Valle. Questi, giovanissimo cattedratico di pedagogia nell’università di Messina, dopo aver dato alle stampe due impegnativi lavori, La psicogenesi della coscienza (1905) e Le leggi del lavoro mentale (1910), pubblicò nel 1915 (o 1916) il primo volume (mai poi seguito dall’annunciato secondo) del suo terzo libro, Teoria generale e formale del (3) GUIDO DELLA VALLE E LA FILOSOFIA DEI VALORI. 9 Valore come fondamento di una pedagogia filosofica (in seguito: TV). Prologo di questa opera di vasto respiro e di già matura sistematicità è la presa di posizione teorica, presentata con convinta determinazione nel discorso inaugu- rale dell’anno accademico 1912-13, apparso a stampa nel 1913 con il titolo La con- cezione realistica della vita (in seguito: CR). Difficilmente avviene, come nel caso del neppur trentenne professore Guido, che da parte di un pensatore sia dichiarata subito e con grande chiarezza all’ascoltato- re e al lettore il principio a cui fanno capo l’intero sviluppo testuale e soprattutto l’intera sua filosofia la quale, più che ancora in nuce, sembra nata già adulta, quasi Minerva dalla testa di Giove. La tesi centrale della filosofia dellavalliana è subito chiara. «”Ideale” non è un soggetto, ma un possibile predicato di un soggetto; non un Essere, ma un modo di Essere; non un sostantivo ma un aggettivo, che non s’intende se non viene riferito ad un nome. È dunque nel reale che noi dobbiamo cercare l’ideale. L’ “ideale” non è quindi nemmeno un concetto, ma una qualità ritrovabile in parecchi concetti e non può essere concepita come sussistente di per sé medesima, se non si vuole incorrere nell’ipostasi più manifesta. Di per sé, cioè in quanto contenuto, non è [altro] che un elemento, astratto e isolato più o meno arbitrariamente dal complesso conosciuto; tutto il suo potere fascinatore deriva non dalla specifica connotazione intrinseca, bensì dalla sua forma soggettiva, cioè dal sentimento valutativo che noi associamo ad esso, allorché, cessando di formare oggetto di conoscenza teoretica, cioè di ap- percezione mediata, viene colto direttamente con un atto di intuizione immediata, cioè di valutazione» (CR, pp. 8-9). La lunga citazione è imposta dalla sua importanza decisiva per la comprensione preliminare del percorso che il filosofo intende imboccare. Nel passo riportato sono messe in rilievo la non contrarietà dell’ideale al reale, di cui il primo non è che un aspetto, e la soggettività dell’ideale in quanto esso non è rappresentazione (re-prae- sentatio), “oggetto” attinto per laboriosa mediazione, bensì è presenza nella gratuità di una immediata intuizione, contenuto proprio di una valutazione. Tutto ciò consente subito di avvertire che la chiave del pensiero di Della Valle non è psicologica, come potrebbe sembrare se ci si fermasse alla lettura dei due li- bri del 1905 e del 1910, e nemmeno pedagogica, come potrebbero suggerire, isolati dal resto, gli sviluppi dell’opera del 1910 presenti nell’opera maggiore del 1915 e nei numerosi scritti successivi, oltre che l’attiva professione accademica e civile del loro autore. Si consideri che già nel discorso inaugurale del 1913, Della Valle pone senza enfasi al centro del discorso la «scissione» del pensiero, dunque la drammatica con- dizione dell’uomo pensante. «La scissione fra conoscenza e intuizione, tra intendi- mento e valutazione accade in tutti i campi dello spirito teoretico e pratico e mette capo a un dissidio insanabile», essendo «radicalmente antitetiche le due funzioni considerate» (CR, p. 10). 10 ALDO MASULLO (4) Interesse centrale di Della Valle e chiave di volta del suo pensiero non è questa o quella