Atti Dell'accademia Pontaniana Anno 2011

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Atti Dell'accademia Pontaniana Anno 2011 ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA ISSN 1121-9238 ATTI DELLA ACCADEMIA PONTANIANA NUOVA SERIE - VOLUME LX ANNO ACCADEMICO 2011 DLXX DALLA FONDAZIONE GIANNINI EDITORE NAPOLI 2012 Il presente volume è pubblicato grazie al contributo del Ministero per i Beni e le Attività culturali e dell’IstitutoBanco diNapoli - Fondazione NOTE 7 Atti Accademia Pontaniana, Napoli N.S., Vol. LX (2011), pp. 7-14 Verso la creazione della vita artificiale Costruita in laboratorio la prima cellula controllata da un DNA sintetico Nota del Socio Ord. Res. GIOVANNI PARISI Lo scorso 20 maggio John Craig Venter, un biologo statunitense noto per aver interamente sequenziato il genoma del batterio Haemophilous influentiae e di aver completato nel 2000 quello del genoma umano in concomitanza e in competizione con il gruppo guidato da Francis Colins, ha annunciato di essere riuscito a costrui- re in laboratorio un nuovo batterio il cui patrimonio genetico (1.08 Mbp) era stato completamente sintetizzato chimicamente. Il batterio in questione è stato denomi- nato Mycoplasma mycoides JCVI-syn1.0 (JCVI sta per John Craig Venter Institute). L’importante traguardo raggiunto, che ha consentito di creare una nuova identi- tà cellulare, è stato reso possibile grazie ai notevoli progressi delle conoscenze con- cernenti la biologia molecolare e cellulare che in questi ultimi decenni, con ritmo incalzante, si sono realizzati e che in buona parte si devono alla crescente disponi- bilità di una ampia e sofisticata strumentazione che ha consentito l’elaborazione di una altrettanto ampia gamma di tecniche molecolari. Indubbiamente il primo passo verso la creazione di una vita programmata è sta- to realizzato. Occorre ora riuscire a costruire artificialmente anche la cellula nella quale è possibile inserire un genoma sintetico. È questo un traguardo ancora lonta- no, ma riteniamo non irraggiungibile. In questi ultimi anni sono state individuate e sufficientemente studiate le strut- ture cellulari essenziali non soltanto per il corretto funzionamento cellulare, ma an- che per la replicazione cellulare. Sono in corso ricerche che si pongono l’obiettivo di smontare e rimontare tali strutture, individuare i geni che le codificano, provvedere al loro assemblaggio ex novo. Il recente lavoro di Venter pone le basi concettuali per decifrare la complessa problematica dell’origine della vita e della sua evoluzione e, al tempo stesso, con- sentirà nel prossimo futuro la costruzione di batteri appositamente programmati capaci di compiere specifiche funzioni. È questo un primo passo per la program- mazione o addirittura l’assemblaggio di qualche cellula eucariote. Si delineano, a questo punto, enormi possibilità applicative di tali manipolazioni cellulari. (2) 8 GIOVANNI PARISI È prevedibile che ben presto si potranno via via aggiungere ulteriori specifici componenti a cellule batteriche appositamente programmate. Sarà possibile, ad esempio, aggiungere a queste ultime determinati geni così da rendere le cellule che li ospitano capaci di svolgere determinate funzioni. Innumerevoli sono le possibili applicazioni che si prospettano; tra queste la produzione di nuovi enzimi, di far- maci, di molecole di vario interesse specialmente per quanto riguarda il controllo ambientale e la produzione di energia. Sarà anche possibile progettare forme di vita artificiali con caratteristiche inesistenti in natura di cui occorrerà sperimentare le potenzialità. Nella presente minirassegna si cercherà, in breve, di riassumere i principali la- vori che hanno consentito ai ricercatori guidati da Venter di riuscire a costruire il Mycoplasma mycoides JCVI-syn1.0. La disponibilità di numerosi genomi interamente sequenziati ha indotto, già da alcuni anni, alcuni ricercatori a chiedersi quanti geni, all’interno di un genoma, sono essenziali per la vita cellulare. Al fine di dare una risposta ad un quesito di tal fatta, l’attenzione dei biologi si è concentrata sui Micoplasmi, un genere di batteri appartenenti alla Classe dei Molli- cutes, Ordine dei Mycoplamatales, Famiglia delle Mycoplasmataceae. I micoplasmi sono i più piccoli e i più semplici procarioti autoreplicantisi carat- terizzati dalle dimensioni cellulari estremamente ridotte (0.2-0.3 μm di diametro) e dalla assenza della parete cellulare. Parassiti dell’uomo, di animali, di artropodi e di piante, i micoplasmi sono agenti etiologici di numerose malattie. La membrana plasmatica è trilaminare, di natura lipoproteica e ricca di steroli. Il genoma dei mi- coplasmi è circolare, caratterizzato da un basso contenuto di G + C, ed è estrema- mente piccolo quanto basta per assicurare vita autonoma alla cellula. Un micoplasma particolarmente studiato è il Mycoplasma genitalium ceppo G37, un batterio patogeno isolato negli anni Ottanta, dello scorso secolo, dall’uretra di pazienti affetti da uretrite non gonococcica (NGU o nongonococcal urethritis). Sif- fatto batterio, che può essere tenuto in coltura nel terreno SP-4 (SP sta per Spiro- plasma) oppure in quello di Hayflick, possiede un genoma circolare costituito da 580076 bp per un totale di 521 geni di cui 482 codificano proteine, 36 codificano tRNA e 3 codificano rRNA. Per quanto riguarda la dimensione del genoma, il Myco- plasma genitalium è secondo solo al batterio endosimbionte Carsonella ruddii ceppo Pv caratterizzato da un genoma circolare, il più piccolo di quelli batterici a tuttoggi noto, costituito da 159662 bp per un totale di 182 geni. La ridotta dimensione del genoma dei micoplasmi, e di Mycoplasma genitalium in particolare, confrontata con le dimensione del genoma di altri procarioti, è di indubbio interesse in quanto lo studio del genoma di tali batteri può fornire impor- tanti informazioni relativamente al minimo numero di geni necessari per assicurare le essenziali funzioni vitali della cellula batterica. Al fine di stabilire quale sia il minimo numero di geni funzionali per un batterio, (3) VERSO LA CREAZIONE DELLA VITA ARTIFICIALE... 9 sono stati eseguiti vari confronti tra genomi di differenti batteri. Tra questi par- ticolarmente interessante è il confronto tra il genoma di Mycoplasma genitalium, un batterio gram-positivo e quello di Haemophilus influenzae, un batterio gram- negativo. Ambedue i batteri sopra citati derivano da una antica divergenza filo- genetica ascrivibile ad almeno 3200 milioni di anni fa. Conseguentemente i geni che si sono conservati in questi due batteri sono quasi certamente essenziali per il funzionamento cellulare. Dal confronto dei due genomi, Mushegian e Koonin, nel 1996, proposero che 256 geni ortologhi (geni che possono esplicare oppure no la stessa funzione e che in differenti specie derivano da un comune progenitore) erano condivisi tra Haemophilus influenzae e Mycoplasma genitalium. Tali geni, con buona approssimazione, costituivano il numero minimo di geni essenziali per la cellula batterica. Più recentemente, Gill e collaboratori, nel 2004, hanno a loro volta proposto che 206 geni potessero essere sufficienti per assicurare il funzionamento della cellula batterica. Le tecniche impiegate per una approssimativa valutazione dei geni essenziali per una determinata specie batterica, in particolari condizioni di coltura, sono state essenzialmente due. Ambedue determinano inibizione dell’espressione genica me- diante RNA antisenso oppure mutagenesi mediante trasposone. Quest’ultima tecni- ca generalmente impiega il trasposone Tn4001 (4.7 kb), originariamente isolato da Staphylococcus aureus, il quale contiene il gene aacA-aphD, che conferisce resisten- za agli antibiotici amminoglicosidici gentamicina (Gm), tobramicina (Tm) e kana- micina (fig.1), fiancheggiato da due sequenze nucleotidiche terminali ripetute con orientamento invertito e cioè palindromiche, IS256L e IS256R, ciascuna costituita da 1324 bp (fig.2). A B C Fig.1. Antibiotici amminoglicosidici inibitori della biosintesi proteica. A. Gentamicina (Gm) C21H43N5O7 477.596 dalton; B. Kanamicina (Km) C18H36N4O11 484.499 dalton; C. Tobramicina (Tm) C18H37N5O9 467.515 dalton. Il gene aacA/aphD codifica un enzima bifunzionale, con attività AAC(6’)- APH(2”), costituito da 479 residui amminoacidici ed avente una massa molecolare di 56855 dalton. AAC catalizza reazioni di acetilazione, acetilCo-A dipendenti, di ammino gruppi. L’attività 6’-acetiltrasferasi [AAC(6’)], alla quale si deve la resistenza alla tobramicina e alla kanamicina, è localizzata nel dominio ammino terminale della molecola enzimatica. APH catalizza reazioni di fosforilazione, ATP dipendenti, di gruppi idrossilici. L’attività 2”-fosfotrasferasi [APH(2”)], alla quale si deve la resistenza alla gentamicina, è localizzata nel dominio carbossi terminale. In genere viene introdotto in Mycoplasma genitalium, per elettroporazione, 10 GIOVANNI PARISI (4) il plasmidio pISM1001 (fig.2) contenente il trasposone Tn4001, procedendo successivamente all’identificazione delle cellule divenute resistenti alla kanamicina su agar contenente siffatto antibiotico. L’inserimento di un trasposone in un gene ne annulla la funzione; la conta di siffatti inserimenti determina il numero dei geni non essenziali e conseguentemente il numero minimo di geni essenziali. È però possibile che, in qualche caso, qualche gene tolleri l’inserzione del trasposone per cui una migliore valutazione può essere fatta dal confronto dei risultati ottenuti con tecniche diverse. A B Fig. 2. A. Trasposone Tn4001. Siti di restrizione: C = ClaI, H = HindIII. Le frecce indicano la direzione di trascrizione. B. Plasmidio pISM1001. Il frammento PstI-HindIII di 1.3 kb contiene IS256. L’impiego
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    ARCHIVIO MAURO PICONE INVENTARIO a cura di Paola Cagiano de Azevedo Roma 2016 Mauro Picone (Palermo, 2 maggio 1885 –Roma, 11 aprile 1977) è stato un matematico italiano, fondatore e direttore dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo (IAC). Originario della Sicilia lasciò con la famiglia l’Isola nel 1889, per trasferirsi prima ad Arezzo e successivamente a Parma. Nel 1903 fu ammesso alla Scuola Normale Superiore di Pisa dove frequenta le lezioni di Ulisse Dini e Luigi Bianchi e e dove conobbe Eugenio Lia Levi. Si laureò nel 1907 e nel 1913 si trasferì al Politecnico di Torino come assistente di Meccanica razionale e di Analisi con Guido Fubini. Restò a Torino fino alla prima guerra. Dopo l'impegno bellico, nel 1919 viene chiamato quale professore incaricato di Analisi a Catania, dove ritorna nel 1921 come titolare (dopo una breve parentesi a Cagliari). Successivamente, dopo una breve permanenza a Pisa nel 1924-25, passa prima a Napoli e quindi nel 1932 a Roma, dove resterà fino al collocamento a riposo nel 1960. L’esperienza bellica fu molto importante per Mauro Picone; per le sue conoscenze matematiche, fu infatti incaricato dal comandante Federico Baistrocchi, di calcolare le tavole di tiro per l'utilizzo delle artiglierie pesanti nelle zone montane. Prima di allora, le uniche tavole di tiro disponibili, quelle per zone pianeggianti, erano del tutto inadeguate alle nuove alture e causavano anche gravi danni (si pensi al “fuoco amico Picone ottenne i risultati richiesti adeguando le vecchie tavole di Francesco Siacci (1839-1907) alle complesse condizioni geografiche del Trentino. Per questi meriti nel 1917 fu promosso capitano d’artiglieria e nel 1918 gli fu conferita la Croce di guerra, seguita dalla Croix de guerre francese.
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