Da Berlinguer Alla Gelmini Gli Ultimi 15 Anni Di Politica Scolastica Nel Nostro Paese
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Da Berlinguer alla Gelmini gli ultimi 15 anni di politica scolastica nel nostro Paese. di Walter Moro Lo sfondo: tra continuità, discontinuità interventi parziali, assenza di un disegno complessivo di riforma; la strategia del mosaico attuata dal ministro Berlinguer, riforma del governo del sistema, autonomia scolastica, legge sul riordino dei cicli, concorsone; il punto a capo della Moratti, legge delega n. 53/03; decreti legge applicativi, il tramonto di una riforma complessiva del sistema; il cacciavite di Fioroni: obbligo di istruzione, rilancio dell’istruzione tecnica, nuovi impianti per competenze; il ritorno all’ordine, tagli alla spesa per l’istruzione, il riordino della secondaria di secondo grado, i regolamento dei licei, dei tecnici e professionali, idee e proposte. Premessa Per analizzare gli elementi significativi della politica scolastica sviluppata negli ultimi quindici anni, precisamente dal 1996 al 2011 che comprende l’arco storico che va dall’on. Berlinguer, l’allora ministro della pubblica istruzione, all’attuale ministro onorevole Mariastella Gelmini, è necessario richiamare l’attenzione su due aspetti. Il primo aspetto da evidenziare è che alla guida del Ministero della Pubblica Istruzione si sono succeduti cinque ministri e precisamente: Luigi Berlinguer (1996/1999); Tullio De Mauro (1999/2001); Letizia Moratti (2001/2006); Giuseppe Fioroni (2006/08); Mariastella Gelmini (2008…); parliamo di un numero ristretto di ministri se confrontato con i 15 ministri(1) che si sono alternati alla guida del dicastero di viale Trastevere nel periodo che va dal 1980 al 1995. L’aspetto da sottolineare è che la continuità alla guida di un ministero è un elemento importante da tener in considerazione per capire quanto le leggi emanate dai diversi governi siano state capaci di modificare un sistema complesso come quello scolastico. Un secondo elemento è che per inquadrare correttamente l’impatto delle riforme avviate è necessario aver chiaro il quadro degli interventi legislativi messi in atto prima del 1995, interventi che hanno riguardato quasi esclusivamente la scuola primaria. Nella secondaria di secondo grado, non si riuscì a realizzare nessuna riforma organica, si ripiegò invece nella stagione delle sperimentazioni “assistite”, gestite dalle direzione ministeriali che interessarono quasi tutti gli indirizzi, tra queste in particolare va ricordata la cosiddetta sperimentazione “Brocca”. In sintesi il ventennio che va dal 1975 al 1995 è stato caratterizzato da molti interventi parziali, promossi e gestiti soprattutto dall’amministrazione scolastica, realizzati al di fuori di un progetto di riforma complessivo, chiaro nelle finalità da raggiungere. La domanda è se il nostro sistema di istruzione negli ultimi 15 anni sia cambiato e se soprattutto ci sia stato uno sviluppo quantitativo e qualitativo. La stagione riformatrice del Ministro Luigi Berlinguer: la strategia del mosaico. L’azione riformatrice messa in atto dal ministro Berlinguer nel contesto del primo governo di centrosinistra guidato da Prodi segnò una netta discontinuità con la politica degli interventi spezzettati e parziali dei governi precedenti. Il ministro puntò su un progetto di riforma complessivo dell’intero sistema di istruzione, attuata attraverso la strategia da lui stesso definita del “mosaico”, perché composta da un insieme organico di interventi normativi capaci di delineare un nuovo percorso di studi che andava dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado alla formazione post-diploma, all’educazione degli adulti, all’università. L’azione riformatrice sviluppata da Berlinguer si mosse principalmente su tre direzione: a) nella riforma del governo del sistema di istruzione attuata attraverso l’autonomia delle istituzioni scolastiche, inserita nel disegno più generale di riforma della Pubblica amministrazione delineata dalla legge Delega n. 59/97 promossa dal ministro della Funzione pubblica Bassanini che aveva come obiettivo il decentramento amministrativo e il trasferimento di funzioni dallo Stato agli enti locali. E’ in questo contesto normativo che va visto l’articolo 21 che istituisce l’autonomia scolastica. Alle scuole, attraverso il regolamento della autonomia (dpr 275/99), vengono da un lato affidati una serie di poteri in materia di organizzazione della didattica, di ricerca e di sperimentazione funzionali alla progettazione e alla realizzazione dell’offerta formativa, dall’altro lato le istituzioni scolastiche diventano l’elemento centrale del sistema di “governance” territoriale basato sul rapporto con gli enti locali. Contemporaneamente all’autonomia scolastica si operò con il decreto sul dimensionamento (dpr 233/95) ad una vasta razionalizzazione della rete scolastica su tutto il territorio nazionale. b) La riforma più importante della gestione Berlinguer fu quella passata alla storia come “legge sul riordino dei cicli” approvata dalle Camere nel febbraio 2000 che costituisce una vera e propria riforma complessiva dell’intero sistema di istruzione. L’idea “forte” del progetto di riforma era quella di puntare a costruire un percorso scolastico lungo incentrato sull’apprendimento, che fosse in grado di rimuovere sin dai primi anni i dislivelli di partenza. La riforma dei cicli puntava al superamento del “modello classista”, di impronta gentiliana organizzato in ordinamenti rigidamente separati tra loro. La riforma prevedeva l’unificazione in un unico ciclo di 7 anni la scuola elementare e media ; un ciclo della secondaria articolato in un primo biennio obbligatorio, unitario e orientativo e un triennio pre professionalizzante. La conclusione dell’obbligo a 15 anni alla fine del primo biennio, allineava al resto dell’Europa l’uscita dalla secondaria a 18 anni. Nel mosaico riformatore prende forma l’idea di un sistema di istruzione integrato con il sistema formativo reso possibile con l’art. 68 della legge 144/98 che prevede che uno studente venga considerato in obbligo formativo sino al compimento dei 18 anni. Nel quadro della riforma dei cicli venne istituita la famosa commissione definita dei “saggi” con lo scopo di indicare una mappa di saperi e conoscenze di base essenziali che i giovani dovevano apprendere a scuola e che fosse alla base della definizione dei nuovi impianti disciplinari; tema questo che fu poi successivamente sviluppato dalla commissione istituita dal ministro Tulio De Mauro(2) che nel 2000 sostituti Berlinguer alla guida del Ministero della Pubblica Istruzione. c) La terza direzione attuata dal ministro Berlinguer fu quella sugli insegnanti, attraverso il famoso “concorsone” (una prova basata su quiz e colloquio) che aveva come obiettivo quello di riconoscere e incentivare economicamente il lavoro professionale (solo però per un certo numero di insegnanti), partendo dalla valutazione dell’attività svolta nel lavoro in classe. Su questa iniziativa, approvata nelle assemblee sindacali si coagulò un clima di contrapposizione e di resistenza conservatrice e coorporativa di una larga parte dei docenti sia di destra che di sinistra che si palesò anche nei confronti dell’intero progetto di riforma dei cicli e della stessa autonomia scolastica e fu un segnale chiaro dell’inversione del clima politico nel paese che riportò nel 2001 al governo il centrodestra. “Punto e a capo”: lo slogan coniato dal nuovo ministro della Pubblica Istruzione Letizia Moratti di centrodestra. La linea politica del governo di centro destra sulla scuola fu chiaramente indicato negli stati generali sull’istruzione che si svolsero a Roma nel dicembre 2001 dove apparve evidente l’inversione di rotta rispetto al governo di centrosinistra. Le idee di fondo su cui ancora oggi si sta muovendo la politica dell’attuale ministro della pubblica istruzione si possono sintetizzare nella volontà di ridimensionare gli interventi dello Stato nelle politiche sulla formazione in nome della liberta di scelta delle famiglie e della libera concorrenza tra scuola pubblica e scuola privata. Per il centrodestra la scuola ha un costo eccessivo, ci sono troppi insegnanti, ci sono troppi sprechi e soprattutto le ore di scuola settimanali sono troppe, da qui la necessità di semplificare e riordinare l’intero sistema dell’istruzione riducendo progressivamente le risorse finanziarie da destinare ai progetti più innovativi, al tempo prolungato e al tempo pieno. Il quinquennio del ministro Moratti fu contrassegnato da una politica basata all’insegna della discontinuità, e una delle prime azioni fu quello di abolire la legge n. 30 sui cicli scolastici che di fatto non entrò mai in vigore. Il disegno politico dell’azione del governo di centro destra si materializzò nella legge delega n.53 del 2003 che di fatto fu una legge quadro destinata a riformare l’intero sistema dell’istruzione e della formazione che solo in parte venne applicata attraverso una serie di decreti legge. Le difficoltà di tradurre compiutamente la legge n. 53 nei cinque anni in cui il ministro Moratti gestì in interrottamente il dicastero della pubblica istruzione vanno rintracciate oltre che nella resistenza della scuola, anche nel meccanismo farraginoso delle leggi delega che per essere approvate dovevano seguire un iter parlamentare lungo e complicato. Questa legge fece tramontare l’idea della possibilità di attuare una riforma di struttura complessiva dell’intero sistema dell’istruzione. Qual era il progetto di scuola che stava dietro alla legge n.53 e soprattutto ai decreti legge? Si ritorna a un sistema rigidamente separato in ordinamenti, per il ciclo primario, viene di fatto riproposta