Matteo MANDALÀ ISMAIL KADARE TRA LA VERITÀ DELL'arte E L'inganno DELLA REALTÀ 1.– Premessa Dallo Sbarco in Albania Di
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STUDIA ALBANICA 2016/1 Matteo MANDALÀ ISMAIL KADARE TRA LA VERITÀ DELL’ARTE E L’INGANNO DELLA REALTÀ 1.– Premessa Dallo sbarco in Albania di un Čičikov in divisa militare, inediti percorsi si sarebbero aperti dinnanzi alla letteratura albanese. Eppure, il romanzo del generale italiano alla ricerca di un esercito sepolto nella terra delle aquile, pur annunciando nitidamente il debutto sugli scenari letterari di un talento artistico straordinario, nel momento della sua apparizione non lasciò affatto presagire ciò che oggi si considera un dato incontrovertibile nella storiografia letteraria: la letteratura albanese contemporanea del mezzo secolo a venire sarebbe stata delimitata inconfondibilmente da due termini ante e post quem, entrambi collegati alla figura e all’opera di Ismail Kadare. La prima edizione del Gjenerali, infatti, ha il valore di uno spartiacque storico che, per un verso, permette di affermare senza tema di smentite che dopo la pubblicazione di quel romanzo nulla sarebbe stato più eguale a prima e che, per un altro verso, intima di effettuare una ricognizione più completa del percorso artistico kadareano, oggi resasi ancora più urgente dopo la decisione dello scrittore albanese di interrompere definitivamente la sua attività creativa. L’Ottantesimo compleanno di Ismail Kadare offre l’occasione stimolante di dedicare l’attenzione critica al mondo narrativo più complesso che abbia mai conosciuto la letteratura albanese e anche di poterne saggiare il variegato contributo che esso, in ordine a originalità e a modernità, ha garantito alla letteratura tout court. A ciò mirano queste pagine, che nutrono l’ambizione di ripercorrere i momenti principali della eccezionale parabola artistica kadareana e di ricostruirne compiutamente la traiettoria al fine di elaborare una 4 Matteo Mandalà proposta per la sua collocazione nell’alveo della letteratura contemporanea mondiale, alla quale ormai essa appartiene. Va subito detto che si eviterà al massimo l’excursus biografico – eccezion fatta per quelle vicende che hanno influito sulla produzione artistica –, con l’intento di indirizzare l’attenzione critica, in primo luogo, alla rapida descrizione delle tappe evolutive fondamentali che scandirono la formazione estetica ed artistica di Kadare e, in secondo luogo, alla puntuale ancorché dinamica esposizione delle strutture universali che ne dominano il discorso ideologico-estetico e che, lo ribadiamo, costituiscono il vero obiettivo cui dovrebbe aspirare un’analisi ermeneutica all’altezza della monumentalità dell’opera dello scrittore albanese. In entrambi i casi sarà compito precipuo l’individuazione di quelle specificità che, intese quali segni di una conquista in progressione, hanno caratterizzato lo stile dello scrittore e reso inconfondibile ed esemplare il suo linguaggio letterario. Per raggiungere questo duplice ambizioso scopo in uno spazio che naturaliter impone di ridurre l’ampiezza del discorso, è stato necessario affidare l’approccio critico a gabbie cronologiche delimitative il cui scopo è meramente funzionale: da un lato, si tratta di blocchi macro- temporali che abbracciano periodi non simmetrici e, dall’altro lato, non hanno altra giustificazione se non quella di fissare in diacronia i momenti salienti della poetica kadareana e, in particolare, del suo stesso farsi. A ciò si aggiunga la pretesa di pervenire a una periodizzazione esaustiva dell’evoluzione storica dell’opera kadareana con particolare riferimento alle sue specificità. Si tratta di una pretesa oggi avvertita anche da altri studiosi che da tempo si occupano di Ismail Kadare con metodologie innovative e con visioni critiche molto approfondite e, tra questi, è categorico ricordare l’ultimo corposo contributo scientifico nel quale Shaban Sinani ha avanzato idee originali contenute nella sua proposta di “periudhizimin kriterial”1, di cui qui si è tenuto conto benché quella che segue obbedisce a un’impostazione tipologica e, ovviamente, storica. 1 Shaban Sinani, Mite dhe demonë në veprën e Kadaresë Shtëpi botuese e studio letrare “Naimi”, Tiranë, 2016, in particolare il capitolo II “Dukuria e demonizimit në letërsinë shqipe (Dhe një sprovë periudhizimi kriterial për veprën e I. Kadaresë)”, pp. 97-171. Ismail Kadare - tra la verità dell'arte e l'inganno della realtà 5 2.– Gli esordi (1954-1961) L’aspetto caratterizzante gli esordi artistici di Ismail Kadare è costituito dal dilemma secondo cui nel giovane gjirokastrita si rinviene ab ovo una opposizione tra poesia vs. prosa, quasi si trattasse di una oscillazione anormale per l’artista indeciso se consacrarsi all’una oppure all’altra, dunque se essere un narratore oppure un poeta. Non sarebbe facile definirlo un “falso” dilemma o, nella più benevola delle ipotesi, un tema secondario della formazione del giovane artista, se esso non celasse dietro di sé un problema di ben più grande valore euristico, lo stesso che investe in pieno l’origine e, seppure in distans, le successive fasi dell’evoluzione della poetica kadareana. Da questo punto di vista, escludendo recisamente dalle nostre riflessioni quel sottoprodotto della propaganda politica che trasformava la poesia nel solo «i vetmi zhanër ku taksa që paguanin shkrimtarët ishte më e pafytyrshma», e riferendoci a quell’altra che, invece, rappresenta la parte preponderante della creazione lirica kadareana, non possiamo che concordare con Sadik Bejko quando annota che «shumë prej vjershave të tij (Kadaresë) kanë qenë bërthama të veprave të ardhshme në prozë»2. In questa prospettiva occorre collocare la valutazione dei testi poetici, soprattutto di quelli giovanili, che per primi proiettano Kadare sugli scenari letterari, e cogliere il problema insito nella loro duplice natura: sia in quella propedeutica, che le liriche manterranno ancora sino alla maturità, sia in quella esplicativa del rapporto teorico-estetico che esse oggettivamente vantano nei riguardi delle opere narrative. Di questo problema, soprattutto della sua ricorrente permanenza nel processo formativo della visione modernista di Kadare, si rinvengono tracce sporadiche nelle valutazioni di alcuni studiosi, ma la sua pienezza critica finora è stata còlta, almeno stando alle mie conoscenze, in modo quasi esclusivo e illuminante da Shaban Sinani3. Chi abbia inseguito con occhio disincantato l’evoluzione delle raccolte liriche giovanili, da Frymëzime dialoshare (1954) a Ëndërrimet (1957), non solo è indotto spontaneamente a ravvisare indubbie e 2 Sadik Bejko, “Gjysëm shekulli poezi” in Ismail Kadare, Pa formë është qielli: 100 poezi dhe poema të zgjedhura, Onufri, Tiranë, 2005, f. 8-9. 3 Cfr. Shaban Sinani, Letërsia në totalitarizëm dhe “Dosja K”. (Studim monografik dhe dokumente), Shtëpi botuese e studio letrare “Naimi”, Tiranë, 2011, f. 49 e passim. 6 Matteo Mandalà inconfondibili connotazioni soggettive4, ma anche a porre l’accento sulle tendenze marcatamente futuriste che, preferite da Kadare sin dagli anni che precedettero il breve ma intenso soggiorno moscovita, non tardarono ad essere individuate con brillante acutezza da uno studioso del calibro di David Samoilov5. È noto che lo studioso sovietico sia stato il primo a individuare la cifra avanguardista nei versi giovanili kadareani allorquando – nella recensione all’edizione in russo da lui curata di una selezione di quelle liriche, peraltro caparbiamente e forse incautamente difesa dall’autore dai prudenti consigli del più anziano ed esperto Samoilov –, giunse a mettere in guardia il lettore sovietico dalle venature moderniste occidentali – dal mio punto di vista spiccatamente futuriste e surreali. Quelle stesse venature sarebbero riaffiorate prepotentemente e con più sagace veemenza più tardi in Shekulli im (1961). L’esperienza moscovita, del resto, fu determinante per la formazione di Kadare e le lezioni ricevute nell’Istituto Gorkij, nonostante le frustranti finalità perseguite all’interno di quella fabbrica di opaco conformismo, furono piuttosto salutari per un animo giovanile propenso alla conoscenza piuttosto che all’imitazione e allo schematismo. Il primo approccio alla letteratura contemporanea fu data dall’occasione rara di leggere e commentare – anche se per contestarle – le opere dei modernisti, ritenute tanto spregevoli dai sostenitori del realismo socialista quanto intriganti e coinvolgenti dai discepoli, in ispecie dal gruppo dei talentuosi che annoverava il giovane albanese. Tra le letture non mancarono, direi ovviamente, quelle di Joyce e di Proust, di Kafka e di Mann, di Musil e di Dostoevskij, di Faulkner e di Hemingway, di Conrad e di Woolf che affiancavano quelle degli autori 4 Cfr. Giovanni Belluscio, “NOBELesse OBLIGE” in Giuseppina Turano (a cura di), Kadare europeo e la cultura albanese oggi, Bulzoni, Roma, 2011; Giovanni Belluscio, “Le “ispirazioni giovanili” di Ismail Kadare nella sua prima raccolta poetica Frymëzime djaloshare (1954), in A. Scarsella e Giuseppina Turano (a cura di), La scrittura obliqua di Ismail Kadare, Granviale editore, Venezia, 2013; Giovanni Belluscio, “Per un’edizione integrale dell’opera poetica di I. Kadare: l’esempio di Ënërrimet... (1957)” in Ismail Kadare: leximi dhe interpretimi (ese dhe studime në tetëdhjetëvjetorin e lindjes), Përmbledhje e përgatitur nga Ardian Ndreca, Onufri, Tiranë, 2016, f. 199-200. 5 David Samoloiv, Prefazione in Ismail Kadare, "Lirika", perevodçiki Samoilov David Samoiloviç dhe Zinaida Aleksandrovna Mirkina, Izdatjelstvo “Inostrannaja literatura”, Moskva 1961, citato secondo la traduzione albanese di Sinani in Shaban Sinani, Letërsia në totalitarizëm, cit., f.