RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Ottobre 2011 Anno 3 Numero 3 issn 2036-8283 10 N. 10 10 N. Ottobre 2011 Tiere furlane Tiere

Le facce sono da funerale, eppure si tratta di una Prima Comunione a Bressa di Campoformido, evento di solito gioioso; l’espressione In copertina: Gianenrico Vendramin, Tiere furlane di sierade, dello stralunato prete sembra un grosso punto di domanda (che cosa Archivio CRAF, Spilimbergo. dobbiamo aspettarci ancora?); il volto di San Domenico Savio, così devotamente esposto, non è tale da imprimere maggiore fi ducia nel futuro. Sopra: Francobollo della serie Italia al lavoro, 1950. La stampigliatura Ed era giorno di festa grande, il Corpus Domini; ma correva l’anno 1919... AMG - FTT signifi ca Allied Military Government - Free Territory of Trieste. Si fa buio a Malga Crostis, agosto 1970. Diapositiva in bianco e nero di Gualtiero Simonetti. TIERE FURLANE 2 • TERRA FRIULANA Plui salams e mancul stradis Un mio simpatico nemico politico tradizione di secoli. – perché me lo ha insegnato mio mi accusa di “andare sempre per La settimana scorsa ero alla festa padre. Per il resto coltivo forag- sagre”. È vero, sono un assiduo del maiarut a Surisins di Sotto, gere per la stalla, asparagi, meli frequentatore delle feste paesane: dove pare che il maiarut sia più e viti –. ciò mi consente di sentire gli umori genuino di quello di Surisins di Immagino che si alzi ad ore ante- della gente ma, soprattutto, di Sopra. Dopo qualche bicchiere di lucane, e con lui tutta la famiglia. capire qual è lo “stato dell’arte” di vino intavolai il discorso con un Devono avere una capacità lavo- tanti prodotti locali. È deprimente agricoltore del loco, anche per rativa sovrumana per stare dietro vedere come in un certo paese saperne di più su questo maiarut a tutte quelle cose. si faccia la sagra della salsiccia che, si dice, si vocifera, Surisins è – Andiamo a vedere i terreni – quando si sa benissimo che l’ultima piccolo e la gente mormora, venga dico. salsiccia ivi prodotta risale al 1955, ormai quasi tutto dalla Cina. L’a- Vedere della terra regolarmente l’anno in cui il purcitâr Eusebio gricoltore, facciamo uno e ottan- letamata è ormai evento talmente Colautti, vero mastro salsicciaio, tanove per 120 chili, mi raccontò raro che potrebbe diventare un andò a fare il muratore in Svizzera. immantinente la sua odissea per richiamo turistico. Nè in quella pur amena località vi produrre il maiarut, dove dovette Qui il contadino di Surisins mi fa è più rumore o sentore di maiali. frangersi e quasi soccombere sotto una faccia affranta. Qualcuno mi dice che chi ha ten- i marosi dell’ASL. – Terreni? Quali terreni? Ormai è tato di allevarne in tempi recenti, Qui da secoli – mi diceva – si roba da WWF, facciamoli diven- anche su piccolissima scala e in mangia il maiarut, e mai uno che tare patrimonio dell’umanità, modo ecologico, si è scontrato con avesse mal di pancia. Mo’ devi chiamiamo quelli dell’Unesco –. tecnici e funzionari e amministra- compilare una catasta di carte e Mi sto chiedendo se la miscela tori e sedicenti igienisti: una batta- mai che siano contenti, c’è sempre (chiamatela pure uvaggio) di glia persa in partenza. qualcosa che manca, c’è sempre Verduzzo, Picolit, Pinot bianco, Talvolta va meglio e la sagra riesce qualcosa che non va, c’è sempre Ribolla e Tocai che questo robu- a richiamare tanto popolo attorno un verbale in agguato; sono stato sto figlio del produce non a prodotti, un tempo della cucina in Austria e in a visitare sia stata esiziale per la buona povera, ora divenuti rare leccornie. aziende che fanno prodotti simili: funzionalità delle sue cellule cere- Merito dell’intelligenza dei promo- là ci sono stretti controlli veteri- brali. tori, ma soprattutto di quei produt- nari, ma quando il prodotto è sano – Terreni? – continua il mio tori che, spesso con ammirevole nelle materie prime e arriva sano al interlocutore – ma certo, fin che testardaggine, continuano una mercato, nessuno ti rompe. durano. Tra strade, superstrade, Intanto ci avviciniamo alla stalla urbanizzazioni d’ogni sorta, svin- del mio interlocutore: ne esce quel coli, rotonde, sovrapassi, sotto- profumo, ora più prezioso di uno passi, bretelle, circonvallazioni, Chanel, che sa di paglia di fru- zone industriali, zone artigianali, mento, di latte, di buiace fatta con capannoni vuoti, capannoni in l’erba medica... costruzione, capannoni in pro- – Faccio il maiarut per passione getto, espansioni edilizie con – mi dice il contadin di Surisins una natalità mai stata così bassa, TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 3

giustamente limitato. Al lettore ci tiene, però, a far sapere che disapprova le sagre che hanno come richiamo un prodotto che da anni non si fa più in loco, ma ciò è abbastanza secondario: è più importante far sapere che si batterà nelle sedi istituzionali a favore della terra friulana, la Tiere Un biel viodi... una vista che apre il cuore! furlane, vieppiù minacciata, in modo irreversibile, da asfalto e città che crescono con abitanti che naia di anni, a migliaia di persone. cemento. I capannoni vuoti non diminuiscono, la terra è destinata a Un colpo di ruspa ed è tutto finito. fanno puzza, ma rovinano il turi- sparire. Venga, le faccio vedere gli – Abbiamo sposato il modello smo. È inutile che si dica “venite ultimi lombrichi... –. veneto – continua il contadin a vedere che bel castello” quando Così, tra la circonvallazione di di Surisins, imprecando contro per arrivarci si deve passare tra Surisins, manco fosse Los Angeles, la Regione, la burocrazia della due ali di capannoni vuoti, una un alto viadotto e mezza dozzina Regione, i politici della Regione discarica a cielo aperto, si spera di capan- e, non ultimi, gli Uffici tecnici per inerti, e ruspe che si muovono noni vuoti comunali – mica quello carinziano dove potrebbero esserci vacche al circondati o quello sloveno. I capannoni sono pascolo. da terreni vuoti, ma continuano a costruirne. Credo che mi attirerò parecchie pustots Come se avessero continuato a antipatie, ma lo devo a quel con- divenuti costruire stalle man mano che tadin di Surisins che lavora di un discarica queste chiudevano. Che senso ha? scûr a chel altri, e anche qualcosa per inerti, Eppure se io voglio fare uno sca- di più. troviamo lino, o, dio non voglia, aprire una Quanto all’andar per sagre posso due ettari finestra, ho addosso uno stormo rassicurare i miei critici: conti- quasi di angeli vendicatori, travestiti da nuerò a farlo. Anche se, in verità, equa- tecnici e da burocrati, che non mi quando ne hai fatte un paio per mente fanno dormire malgrado le fatiche settimana avresti già raggiunto suddivisi della giornata. un buon livello di saturazione tra aspa- Perché non posso fare una piccola psicologica. Il tasso di colesterolo ragi, erba porcilaia per una ventina di maiali ematico non sembra risentirne: un medica e che daranno ottimi salami, mentre altro punto a favore dei prodotti mais. La un figuro nascosto in un ufficio di nostrani. terra è morbida, scura, quasi bur- Udine può distruggere 20 ettari in Il maiarut? Cerchereste invano rosa, deve essere molto fertile. una giornata? questo nome sul Nuovo Pirona, – Già, molto fertile – dice il mio A un assessore non resta che è un nome di fantasia, così come interlocutore – come tutta la terra andarsene con la coda tra le gambe Surisins. Il lettore li può sostituire che era qui e che è scomparsa. Per dopo le rassicurazioni e gli inco- con nomi reali. sempre –. raggiamenti di rito. A sua scusante È un grido di dolore. Costruire un potrà dire che non tutto il Friuli L’assessore regionale alle Risorse metro quadrato di terreno fertile è è come Surisins di Sotto e che, in rurali, agroalimentari e forestali costato sangue e sudore, per centi- questa democrazia, il suo potere è Claudio Violino TIERE FURLANE 4 • TERRA FRIULANA INDICE

Tiere furlane RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Autorizzazione del Tribunale di Udine n. 14/09 R.P. del 19/06/2009 Regione Autonoma Direzione centrale Risorse rurali, agroalimentari e forestali Il valore

Ottobre 2011 - anno 3 - numero 3 di [email protected] è oggi, nella Direttore responsabile: Christian Romanini ([email protected]) consapevolezza Comitato di Redazione: Gabriella Bucco, Mauro Pascolini, di un’identità Zuan, l’artist Christian Romanini, Angelo Vianello, Pietro Zandigiacomo di Tavagnà Coordinamento editoriale: Enos Costantini Christian ROMANINI Gabriella BUCCO Hanno collaborato a questo numero: - Delia Baselli - Giacomo Bortuzzo - Gabriella Bucco ([email protected]) - Clara Carboncich ([email protected]) - Sandri Carrozzo ([email protected]) 33 - Gianni Colledani ([email protected]) - Enos Costantini ([email protected]) - Renzo Francesconi 26 ([email protected]) - Lucio Guglielmin - Maria Cristina Pugnetti ([email protected]) - Christian Romanini ([email protected]) - Maria Santoro ([email protected]) Caorle - Angela Someda De Marco ([email protected]) 1932 Sclopetìn - Pieri Stefanutti ([email protected]) Dorothy Maria Cristinaistina - Danila Venuto ([email protected]) NOYES PUGNETTI - Claudio Violino ([email protected]) ARMS Referenze fotografiche: Quando non diversamente indicato le fotografi e sono dell’autore dell’articolo. Archivio Giovanni Fantini: secondo risvolto di copertina. Alessio Ansaloni, Simone Cristante, Vincenzo Salvador pagg. 55, 56sx, 58. Enos Costantini pagg. 2, 3, 36, 37, 38, 39, 41, 42, 41 44, 45, 56dx, 61, 63, 66, 67. Stefano De Toni pagg. 77, 78, 79, 80. Frico: Riccardo Viola (Foto Viola - Mortegliano) pagg. 6, 8, 9, 10, 11, 13, 14. un plat furlan Ricerche iconografiche: Enos Costantini; Gabriella Bucco; Biblioteca Società fi lologica friulana. cuntun non di Il Caseifi cio Si ringrazia per la collaborazione: Il Presidente della Fondazione CRUP origjin foreste di Spilimbergo dott. Lionello D’Agostini; il Direttore Arnaldo Becci e Ornella Tortul della Società per la Conservazione della Basilica di Aquileia. Stampa: LithoStampa, Pasian di Prato (Udine)

Chi riproduce, anche parzialmente, Sandri CARROZZO Clara CARBONCICH i testi contenuti in questo fascicolo è tenuto a citare la fonte. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 5

La Scuola Mosaicisti La cise I gravarôi furlane del Friuli Gianni COLLEDANI Danila VENUTO

Lucio GUGLIELMIN, Angela SOMEDAA DE MARCO

Checo da Marcona, Lestans: il il primo museo della fotografo Cjaradôrs Società operaia di Alesso cul cotul Giacomo BORTUZZO Pieri STEFANUTTI Delia BASELLI

Il Centro di Ricerca Il fotografo e Archiviazione Gianenrico Mezzo cimitero della Fotografi a Vendramin di periferia a Spilimbergo Renzo FRANCESCONI Enos COSTANTINI Maria SANTORO TIERE FURLANE 6 • TERRA FRIULANA

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Christian ROMANINI Il valore di Aquileia è oggi, nella consapevolezza di un’identità Intervista con Gabriele Pelizzari, autore del libro “Il Pastore ad Aquileia”, una nuova lettura del pavimento musivo dell’aula sud della Basilica Madre del Friuli

Come nasce l’idea del libro? min: gli consegnai uno scritto di 5 Perché una tesi proprio sui Durante una lezione del corso di pagine. Mi invitò allora a preparare mosaici di Aquileia? Storia del Cristianesimo antico un breve articolo durante la pausa Pur avendo visitato materialmente dedicato al Pastore di Erma – era estiva. Fu proprio in quell’estate la Basilica di Aquileia solo molto il 2000 ed ero ancora matricola –, il che, approfondendo lo studio, iso- tardi, fin dal primo sguardo che prof. Cacitti ci propose una diaposi- lai quella che definisco “triangola- diedi alle planimetrie del pavi- tiva dell’area occupata dal pannello zione retta”, ovvero la costruzione mento tardoantico, mi reso conto del Gallo e della Tartaruga nell’aula di un triangolo rettangolo puntato dell’enorme cifra documentaria sud. Avendo accolto una mia osser- sul baricentro delle principali espressa dal mosaico teodoriano. vazione relativa alla partizione geo- figure del manto musivo. Chiamai A incuriosirmi fu anche la scon- metrica di quella zona, il professore entusiasta il professore, comuni- volgente sproporzione tra que- mi chiese di predisporre una nota candogli tra l’altro che le pagine sto documento e i relativi studi. di poche righe che avrebbe ripreso da me redatte erano circa un cen- Essendo nel frattempo il mio iter nella recensione de “Le porte della tinaio: ricordo ancora lo sconcerto accademico proseguito, il mio Csalvezza”, un libro di Renato Iacu- nella voce di Remo Cacitti; in ogni primo studio, che doveva essere modo, da quelle 100 pagine nacque incentrato solo sull’aspetto geo- Pavoncelle, Aula teodoriana nord, il percorso che mi ha portato alla metrico dei mosaici, fu ampliato Basilica di Aquileia. pubblicazione del libro. arrivando ad includere anche l’in- ☛ Pistis Sophia

Il Pistis Sophia, o Libro del Salvatore, è un vangelo gno- stico scritto in lingua copta probabilmente nella seconda metà del III secolo. Lo gno- sticismo individua nella conoscenza lo strumento per la salvezza. Come altri vangeli gnostici contiene una rivelazione segreta di Gesù risorto agli 11 disce- Stambecco, Aula teodoriana nord, Basilica di Aquileia. poli in assemblea (incluse 4 discepole: Maria madre terpretazione delle immagini, quella avanzata da Renato di Gesù, Salomè, Marta e divenendo la mia tesi di laurea. Iacumin – che aggancia sostan- Maria Maddalena), durante zialmente il mosaico alla Pistis gli undici anni successivi alla Perché l’aula sud Sophia –, ma l’insufficienza sua resurrezione. e non l’aula nord? della testimonianza musiva, uni- Perduto per secoli, è stu- Sostanzialmente perché il tamente all’estrema ambiguità diato dal 1772 grazie al mosaico dell’aula sud esiste, del testo gnostico, non permette codice Askew. Ne sono state mentre il mosaico dell’aula nord di tradurre l’ipotesi in tesi. ritrovate varianti tra i Codici è stato compromesso dalla L’aula sud invece è completa e, di Nag Hammâdi nel 1945. costruzione del campanile di grazie anche al più ampio oriz- Poppone. L’unica lettura plausi- zonte teologico di riferimento, bile di quel che rimane dell’aula permette un’analisi più appro- nord a me sembra essere fondita e articolata.

Tutto iniziò con... I precursori che aprirono la via ai nuovi studi su Aquileia Pernici, Aula teodoriana nord, Basilica di Aquileia.

La storia di Aquileia ha spesso risentito I primi furono religiosi che vissero quella dare un volto ed una “storia” alla propria di una mancata analisi “in autonomia”. felice stagione ecclesiale, ricca di fermento fede. Grazie alla loro passione, Aquileia non Ma se oggi possiamo leggere una storia e slancio, che sfociò e trovò nuovo slan- rimase semplicemente oggetto di studi, “originale” della metropoli friulana e della cio nel Concilio Vaticano II (1962-1965); ma divenne protagonista di quegli anni di nostra Basilica Madre, il merito è di alcuni costoro seppero intendere e declinare in rinascita culturale in Friuli. pionieri che osarono sfi dare l’“Accademia”, Aquileia quel richiamo – che si proclamava intraprendendo percorsi liberi. allora universalmente – alla necessità di TIERE FURLANE 10 • TERRA FRIULANA

gli stimoli principali per pensare che fosse naturale per i cristiani di quel tempo ricorrere anche loro alle immagini per annunciare la propria fede.

Che cos’è il Pastore di Erma? Il Pastore di Erma è uno dei testi più antichi della tradizione cristiana, – sinteticamente si può definire una catechesi letteraria di tenore apoca- Donatore, Aula teodoriana sud, Donatrice, Aula teodoriana sud, littico – verosimilmente composto a Basilica di Aquileia. Basilica di Aquileia. Roma verso il 130 e.v.; quasi coevo, a voler prestar fede ad alcune recenti Il pavimento musivo come popolo, un vero e proprio manife- ipotesi, per lo più statunitensi, al strumento di catechesi: ma sto, reso disponibile a tutti. Vangelo di Luca, la cui datazione si come nasce questa idea? vorrebbe ferocemente posticipata All’epoca della realizzazione dei Quali gli indizi? sino al 110 e.v. Fu uno scritto molto mosaici, solo una ridottissima élite Senza dubbio quelli raccolti per diffuso nell’Antichità – ma la sua aveva accesso alla lettura – delle primi da Enrico Marcon e, in fortuna non si spense neppure nel Scritture, e di tutti quei testi che misura ben maggiore, da Renato Medioevo –, attestato anche dal costituivano il “fondamento” teolo- Iacumin. Più generalmente, però, Codice Sinaitico; per molto tempo gico della propria comunità –. vanno ricordati i presupposti di compare tra le liste dei testi cano- I mosaici quindi, fissando la cate- metodo stabiliti dalle ricerche della nici. Attualmente sta vivendo una chesi aquileiese attraverso un scuola tedesca sull’arte imperiale nuova “primavera” di studi e analisi. codice espressivo accessibile per – si pensi a figure come Tonio Höl- tutti, senza necessità dell’inter- scher e Paul Zanker –, autentico Chi era il suo autore? mediazione di un lettore, diven- strumento di propaganda istitu- Erma – che le fonti in Antico colle- tano un depositum fidei per il zionale dell’impero. Questi gano ad Aquileia ricor-

mons. Guglielmo Biasutti Non si occupa mai direttamente dei delle origini cristiane, l’Autore dell’insupe- (Forgaria nel Friuli 1904 - Udine 1985) mosaici, ma a lui si deve il moderno ritratto rato La teologia del giudeo-cristianesimo. dell’antica Aquileia cristiana; alla sua acri- Ebbe purtroppo un ruolo defi lato, certo non bia va infatti assegnata l’intuizione della promosso dal dibattito scientifi co, per lungo centralità aquileiese e la capacità di una – troppo – tempo ancorato ad un’idea di descrizione così straordinaria eppure del Aquileia quale mero monumento archeo- tutto esente dalle solite oleografi e. Bia- logico e storico-artistico. sutti rappresenta per Aquileia ciò che Jean Daniélou rappresentò per la moderna storia TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 11

diverso, nella costellazione delle chiese antiche, doveva essere il “peso” della locale comunità cristiana. Io credo che il vero “limite” dell’antica Aquileia cri- stiana sia, paradossalmente, la resistenza ad affrontarne lo studio “in autonomia”; questa attitudine, unitamente alla cautissima pru- denza che anima molta parte della bibliografia ad essa dedicata, non può che determinare la perifericità che caratterizza la memoria di Aquileia nella considerazione dei più. Ben diverso, invece, in Antico: oltre Erma e Pio I, basti ricordare la stagione Cromaziana, o la “Let- Il Buon Pastore, Aula teodoriana sud, Basilica di Aquileia. tera di Giacomo”, preservata nel Canone occidentale grazie anche dando la parentela con lui del si voglia considerare – conferma alla strenua difesa che ne fece vescovo di Roma, Pio I (è curioso il prestigio di cui l’Aquileia cri- proprio Aquileia; per tacere dell’al- che il vescovo di Roma venga stiana doveva godere nell’Anti- tro grande naufrago, soccorso da ricordato per la sua consangui- chità. Aquileia: Origene, tradotto e tra- neità con “Erma, di origine aqui- mandato nonostante il discredito leiese”, e non viceversa) – resta Qual era il ruolo di Aquileia in cui cadde. un personaggio la cui biografia nel Cristianesimo antico? risulta pressoché ignota. Per È noto il ruolo della metropoli Spesso si sente parlare di altro verso, questa notizia – leg- nello scacchiere geopolitico Aquileia come “seconda gendaria o storica dell’Antichità: non molto Roma”, ma dalla sua tesi che la

mons. Enrico Marcon Intuì la necessità di “decifrare” i mosaici dell’aula Sud. Purtroppo la sua prematura (Monfalcone 1902 - Palermo 1958) aquileiesi non soltanto in ottica storico- scomparsa, avvenuta all’indomani della artistica o iconologica, ma consideran- pubblicazione delle sue prime ricerche sui done il contenuto come una tappa della mosaici teodoriani, non gli permise di pro- storia cristiana aquileiese. Alla fi ne degli seguire in questo indirizzo di ricerca, per anni Cinquanta, nello studio La “Domus altro brutalmente stroncato sul nascere, Ecclesiae” di Aquileia (1958), fu infatti il dopo la sua morte, da Giovanni Brusin a primo a chiamare in causa il Pastore di conferma delle forti resistenze che, su Erma nell’interpretazione dei mosaici questo argomento, ogni novità incontrava. TIERE FURLANE 12 • TERRA FRIULANA

Gabriele Pelizzari sembra non esserci questo rapporto di subalternità. Nasce a Milano il 16 aprile 1981, vive ad Ci spiega? Abbiategrasso (Mi). Si diploma presso il liceo salesiano “Sant’Ambrogio” Il rapporto con Roma è un pro- di Milano e si laurea in Lettere con blema che si pone quasi sempre in indirizzo storico all’Università degli termini fuorvianti. Non credo sia Studi di Milano con una tesi sui mosaici mai esistito un solo cristianesimo: di Aquileia. Durante gli anni dell’università, frequenta come uditore la sin dal tempo degli apostoli, chia- Pontifi cia Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale. Successivamente, mati a misurarsi con un annuncio ha concorso per il dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi sconvolgente, che sicuramente di Padova, titolo che consegue nel 2010 per la Classe di Studi in Storia interpretarono e declinarono in del Cristianesimo e delle Chiese con una tesi, ora in pubblicazione, modi molto diversi – si pensi al c.d. sull’utilizzo dell’iconografi a quale fonte documentaria per la ricostruzione “incidente di Antiochia” –, della storia. Attualmente è assegnista di ricerca presso l’Università le varie comunità cristiane dovet- degli Studi di Milano, sotto la direzione del prof. Remo Cacitti, col quale tero svilupparsi secondo paradigmi collabora nella cattedra di Storia del cristianesimo antico e Letteratura teologici peculiari, ancorché quasi cristiana antica. Per il prossimo anno accademico è prevista l’attivazione di un suo seminario sull’esegesi delle fonti per la storia delle origini sempre pienamente compatibili. cristiane. L’odierna confessione cattolica pone nella sede romana il proprio CComeome ttrovarer il libro baricentro: tale esito, però, è frutto Il librolibro “Il“ Pastore ad Aquileia, la trascrizione musiva della di un percorso millenario, reso catechcatechesie catecumenale nella cattedrale di Teodoro” possibile da un inesausto sforzo di di GGabrieleab Pelizzari (Rodeano Alto, 2010. ISBN 978- approfondimento e comprensione 88-6064-040-6)88-60 può essere richiesto direttamente di sé, non privo, come noto, nem- all’editoreall’ed Glesie Furlane (www.glesiefurlane.org; meno di stagioni veramente nefa- [email protected];info 0432 95 72 68 ste. In passato esistevano diverse oppureopp 0432 95 60 10), oppure nelle librerie comunità – tra queste Aquileia e delde Friuli-Venezia Giulia. Roma – che reclamavano, per pre- stigio e antichità, un ruolo

don Gilberto Pressacco Per certi versi fu l’erede di Guglielmo Bia- assunta come testimone storico. Rievocò e (Turrida di Sedegliano 1945 sutti, per certi altri rappresentò – e conti- illuminò di nuova luce, in uno straordinario - Udine 1997) nua a rappresentare – un nuovo possibile Viaggio nella notte della Chiesa di Aquileia, inizio per la storiografi a sul cristianesimo quei legami con Alessandria tanto cari a aquileiese. Tra i suoi numerosi meriti, va Guglielmo Biasutti, sempre ascoltando le senz’altro annoverato l’eccezionale intui- note dei Canti Patriarchini. zione del ruolo documentario della musica TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 13

eminente, ognuna però a partire dalla propria identità autonoma. Anche i tentativi di prae-valere sugli altri avvenivano con modalità e secondo principi ben diversi da quelli che caratterizzano la nostra contemporaneità.

Perché si è sempre insistito su una visione edulcorata e folkloristica dei mosaici? Assumere l’immagine come “docu- mento” e non solo come “monu- mento” è presupposto di ricerca piuttosto recente, e non ancora da tutti condiviso. Anche per questo non si può criticare chi in passato, basandosi su altro metodo scienti- fico, poneva al proprio lavoro altre premesse. I tempi sarebbero ormai maturi per accogliere quest’inno- vativa visione, ma logiche di bassa Lotta tra il Gallo e la Tartaruga, Aula teodoriana sud, Basilica di Aquileia. bottega tendono oggi a congelare il dibattito. Inoltre, è tendenza tanto d’eroi e un’enorme, indistinta, di qui e di là per legittimare ciò fuorviante quanto odiosa ridurre massa di ciechi, ottusi, beoti. A ciò che crediamo di essere. Tutti questi la storia al pensiero, alle azioni, va aggiunta una diffusa attitudine elementi hanno infierito su Aquileia alle decisioni delle sole élites, all’uso strumentale della storia: il come su una vittima ideale. come se l’umanità fosse divisa tra passato, che dovrebbe insegnarci una minuscola chi siamo, viene stratto- Spesso si sente il confronto cerchia con la realtà di Piazza Armerina, perché? Piazza Armerina è una villa tardo- antica al centro della Sicilia, nota per i molti mosaici presenti: l’esten- sione complessiva è sicuramente mons. Gian Carlo Menis superiore al pavimento musivo della (Buia 1927) Basilica di Aquileia, ma nessuna singola porzione di quei mosaici Di interessi più variegati, e quindi non univocamente dedito alle origini dell’Aquileia raggiunge l’imponenza del solo cristiana, ricostruisce La liturgia battesimale ad Aquileia nel complesso episco- pavimento dell’aula sud aquileiese. pale del IV secolo, intuendo il nesso fondativo tra documento iconografi co e suo Il ceto patrizio che la commissionò utilizzo nello “spazio” liturgico. Tenta anche di ricuperare dai mosaici dell’aula collocò in quei cicli figurativi un Sud La cultura teologica del clero aquileiese all’inizio del IV secolo. grande manifesto ideologico dell’ul- tima stagione del paganesimo, reli- gio classica. Questo gruppo monu- TIERE FURLANE 14 • TERRA FRIULANA

Lotta tra il Gallo e la Tartaruga, Aula teodoriana nord, Basilica di Aquileia. mentale sperduto nel cuore della quelli di Aquileia, a conferma del ancora attuale che ai “valori” di Sicilia, pur avendo una rilevanza fatto che nei luoghi dove si crea questi mosaici viene attribuito del tutto paragonabile – se non dibattito scientifico si sviluppa da molti Friulani. Rispetto a inferiore – a quella del complesso conoscenza e turismo. questa coscienza, forse ancora teodoriano, ha raggiunto un livello non maggioritaria ma certa- di conoscenza mondiale. Mesi fa, Il ruolo di Aquileia oggi? mente molto forte, i mosaici di per puro sfizio, feci una verifica Aquileia è forse l’unico – senz’al- Aquileia rappresentano un’ere- sperimentale: nel catalogo della tro il più significativo – tra i dità preziosa e questo è un fatto biblioteca della Harvard University luoghi che conosco capace di autenticamente raro. Poi vi è il esistono 6 titoli dedicati ai mosaici generare identità: è straordinario risvolto della medaglia: le poten- di Piazza Armerina e nessuno a il ruolo propulsivo, il significato zialità scientifiche e turistiche TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 15

di questo luogo rimangono ancora Se l’importanza della Basilica di un’identità. Ciò che deploro, non sfruttate adeguatamente. viene confinata nel passato, Teo- in fin dei conti, non è questa o doro e la sua comunità vedranno quella soluzione, ma il principio: Quali sono state le reazioni proclamato il loro fallimento. trasformare un luogo vivente in del mondo accademico al Suo Per il momento, però, il valore una monumentale salma da “spol- studio? di Aquileia non è passato, ma verare” tra i ripiani di una “vetri- Coloro ai quali ho sottoposto il presente nella consapevolezza netta” museale. testo mi hanno da subito dimo- strato grandissimo apprezzamento; per altro, se la mia tesi di dottorato Il giudeo-cristianesimo verrà pubblicata, molto devo a que- La matrice teologica della catechesi aquileiese è tutta giudeocristiana, sto libro. Purtroppo la difficoltosa come testimoniato da tutte le fonti alle quali si ispira, compreso il circolazione penalizza il dibattito Pastore di Erma: il documento probabilmente più utilizzato da Jean scientifico. Daniélou per ricostruire le linee guida della teologia giudeo-cristiana. Per giudeo-cristianesimo si deve sostanzialmente intendere quel cri- Ci commenta la passerella stianesimo più vicino alla matrice teologica e cultuale giudaica, qual è, che sovrasta i mosaici o la per esempio, quello che la lettera di Giacomo ci restituisce. Si tratta di costruzione in muratura un paradigma teologico peculiare: fortemente proiettato verso l’attesa appoggiata al battistero e apocalittica e attratto dalla dimensione escatologica del discorso reli- recentemente inaugurata? gioso; fortemente radicato nel concreto (non è un cristianesimo delle Non voglio limitarmi ai singoli “idee”, ma è un cristianesimo della “storia della Salvezza”); in sintesi, manufatti, che comunque, pur è un cristianesimo che non ha abbandonato buona parte dei teologu- se in diversa misura, non riesco meni giudaici. a capire del tutto. Una passerella Per Aquileia le fonti ripropongono insistentemente l’idea di una fon- come quella presente all’interno dazione marciana o petrina; al di là della storicità o leggendarietà di della Basilica Madre sarebbe ide- queste notizie – si noti, però, che se anche di leggende si tratta, sono ale per Piazza Armerina, che è un pur sempre leggende che si affermano in epoche molto alte della sto- luogo del passato; ma per Aquileia, ria cristiana –, non a caso esse rimandano a tradizioni propriamente ancora così viva, questo genere di giudeo-cristiane. La particolarità di questa origine si trasmette anche interventi assume i connotati del alle immagini. Infatti l’iconografi a musiva aquileiese non è paragona- dramma. Mettere sotto a una teca bile all’iconografi a delle catacombe romane: a Roma prevale la scena, ciò che vive significa ucciderlo. mentre ad Aquileia si osserva un uso ben più moderato della fi gura umana, preferendo il ricorso alla geometria, ai codici numerici o cromatici, alla ripartizione schematica dello spazio; in ogni caso, tutti espedienti espressivi che rimandano direttamente sia alle Renato Iacumin tradizioni iconografi che giudeo- (Udine 1941) cristiane, sia al lessico con cui Rappresenta indubbiamente l’erede dei più grandi tra i suoi precursori. Lo venne elaborata la letteratura gnosticismo e Origene sono l’orizzonte entro il quale iscrivere, a suo avviso, le giudaica del Secondo Tempio. origini del cristianesimo aquileiese: partendo dalle intuizioni dei suoi predeces- sori, approfondisce entro nuove vie interpretative gli sviluppi peculiari della sua ricerca. Ha il grande merito di a ver saputo individuare nei mosaici teodoriani Si ringrazia per la collaborazione un punto di sintesi documentaria ideale, come nessuno aveva fatto prima di lui, la rivista “La Patrie dal Friûl” dal quale egli parte per descrivere - di nuovo per primo - un discorso unitario. (www.lapatriedalfriul.org). TIERE FURLANE 16 • TERRA FRIULANA TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 17

Gabriella BUCCO

di cui ha ricercato con puntiglio le origini, rintracciando antichi documenti catastali. Dalla Spagna, Zuan, l’artist la famiglia Zamparo arrivò nel sec. XV prima a Venezia, poi a Udine dove si occupò di gelsi e tessitura; di Tavagnà un ramo si stabilì a Tavagnacco dal 1636. Nei primi anni dell’Ottocento un suo omonimo antenato Giovanni Tradizione, cultura, vita Zamparo, aveva prestato servizio militare per tre anni con Napole- materiale nella passione one, facendo la ritirata di Russia. Si era salvato riparandosi nella pancia e nella poesia di un artista di un cavallo durante una notte passata a trenta sotto zero e, tor- nato a casa con le mani congelate, friulanamente concreto non ha potuto essere arruolato di nuovo per combattere nella batta- Giovanni (Zuan) Zamparo acco- in mostra, tanto che ad ogni visita glia di Waterloo. Per sua fortuna glie tutti con un cordiale sorriso alla sua casa museo si scoprono è rimasto in Friuli arricchendo la ed è difficile uscire dalla sua casa nuovi aspetti della sua attività. famiglia coi marenghi d’oro che si senza aver goduto di un buon bic- C’è voluto tutto l’impegno del pit- era guadagnato. Della sua avven- chiere di vino (a scelta: Precursôr tore Arrigo Poz, suo compagno di tura militare rimane un attestato o Curvin, Cunder o Triplice?) lavoro per oltre venti anni negli di servizio come maresciallo nei accompagnato da un toc di for- uffici della Provincia, per convin- Dragoni della Regina, il bastone, madi. È uomo poliedrico dalle cerlo ad organizzare quest’anno la la canna del fucile e sei bicchieri molteplici passioni, che variano sua mostra. francesi, mentre la medaglia d’oro dal disegno alle ricerche storiche, Giovanni Zamparo nasce a Tava- napoleonica è stata rubata durante dalla raccolta di oggetti che nar- gnacco nel 1935 in una famiglia la prima guerra mondiale. Una ☛ rano il lavoro dell’uomo alla poesia, dalla coltura/cultura della vite alla pittura e alla tarsia. Talenti che si Gintrecciano e si motivano tra loro: ne sono esempio i rustici crocefissi eseguiti con i tralci di vite, nati dalla potatura della sua vigna.

Un mondo di passioni: tra arte... Cordiale, cordialissimo, tiene per sé i suoi segreti e non ama mettersi

Immagini riflesse (Cormôr), 1994. Tavola di pioppo da casa Zamparo a Casoni con barche, 1997. Porta di casa in demolizione a Martignacco Tavagnacco (cm 37x54). (cm 80x46). TIERE FURLANE 18 • TERRA FRIULANA

perizia del 1831, relativa alla can- tina, si riferisce all’atto ereditario di uno Zamparo morto nel 1817, e a questa data potrebbe risalire la casa completata da cantina e foladôr. Gli Zamparo ospitarono il pittore accademico Lorenzo Bianchini (1825 – 1892), quando, nella seconda metà dell’Ottocento, dipinse la parrocchiale di Tava- gnacco e la pala raffigurante l’A- scensione di Cristo. Così, a spese del milite napoleonico, eseguì due ritratti, quello del fratello, La mede cu la nêf, 1996. Tavola di casa Zamparo a Tavagnacco. bisnonno di Giovanni Zamparo, e della cognata, una nipote di Kosuth, l’eroe della indipendenza ungherese. Sulla porta di casa Zamparo rimane del Bianchini anche una piccola ancona votiva, salvata dalla distruzione del muro di cinta. Nulla si butta a casa Zamparo: tra i cimeli napoleonici e i dipinti del Bianchini si staglia come una scultura la moto del padre di Giovanni e sonnecchiano le bilance di una vecchia privativa di famiglia. Zamparo frequenta le scuole medie al Toppo Wassermann di Udine dove, quasi per un segno del destino, ha come insegnante di disegno il pittore Darmo Bru- sini, pure lui ospite della casa di Tavagnacco quando insegnava nelle locali scuole serali. Frequenta poi l’Istituto tecnico Antonio Zanon e, nel 1954, si diploma geometra iniziando la pratica di lavoro presso studi di architettura e l’impresa Barbetti.

Vela con sole, 1997. Porta di casa Ravose a Tavagnacco (cm 34x44). TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 19

Nel 1967 vince il concorso per l’Ufficio tecnico dell’Amministra- zione provinciale di Udine, dove lavora con Arrigo Poz, Giancarlo Tosolini e Antonio Badini, artisti e appassionati di pittura. Non vedeva l’ora di entrare in ufficio tanto piacevole era la compagnia umana e Zuan, questo è il suo nome d’arte, ricorda ancora gli scherzi con i compagni, il quadro che dovette acquistare da Poz dopo averlo scarabocchiato, e il lavoro in équipe per la strada che porta a San Pietro di Zuglio. Pensionato dal 1992 continua a Nido con fringuelli, 1998. Fondo di cassettone fornito da Lino Cuberli (cm 68x47). lavorare alle sue passioni: com- pone quadri di tipo particolare, done la storia, e il di Tava- dove assembla essenze di legno, Sêt e fede gnacco ha addirittura pubblicato spesso ricavate da scuri, porte o un calendario con le sue poesie. mobili, in opere a metà tra tarsia Tâl cuâl di un beduin e pittura. Raccoglie con passione Che intraviodût un vert ... e vitigni della tradizione tutto quanto testimonia il lavoro Te stese dal desert Tra le molte attività di Giovanni manuale delle vecchie generazioni Al cjate une risultive Zamparo c’è quella del vino, ere- rendendo la sua casa quasi un ditata dal nonno, che già nei primi museo di storia contadina. Al è par me sintî anni Venti coltivava la vite e ha Per Il Glon, il periodico di Tava- El sclipignâ dal vin piantato la vigna che si arrampica gnacco, scrive articoli in cui Co al bat davanti alla casa. Così spiega la sua ricorda episodi di vita passata, Plen di morbin passione per i vitigni tradizionali: personaggi particolari, o la sto- Sul ôr de broche “Negli anni Sessanta era venuta ria di edifici dimenticati, come la mania di sostituire i vecchi viti- la demolita casa cantoniera. Ai E jo ringrassi Idio, gni (il Clinto, il Bacò, il Fragola) racconti abbina le poesie in friu- Lui no, pe dignitât, che formano il vino nostrano, la lano, pubblicate regolarmente ma jo pues fâ une cjoche. cui gradazione alcolica doveva sempre su Il Glon; anzi, ma è essere aumentata con l’aggiunta quasi un segreto, dovrebbe essere Zuan di vini pugliesi. Ho cominciato a a breve pubblicato un suo libro levare il Fumàt, il Tacelenghe e di liriche. Egli scrive: “Pensieri a piantare Tocai e Merlot. Stavo duri come pietre e dolci come il Come nell’orologio dell’ingresso, levando due filari di Seibel, un miele si mescoleranno, e risate a costruito con una tavola di por- vitigno che cento anni fa è arrivato preghiere, lacrime a sorrisi, per- tone, cerca di esorcizzare lo scor- dalla Francia, quando mio padre ché il mio cuore le mescola tutte rere ineluttabile del tempo, nella mi ha ordinato di lasciare l’ultimo insieme nella macina del tempo, coscienza che un giorno finirà. Ha filare. Ha preso il fucile e ha minac- non stuferò e ognuno sarà libero collaborato per venti anni con la ciato di spararmi alle gambe con di pensare ciò che vuole di me”. Pro Loco di Tavagnacco, scriven- una cartuccia caricata a sale, che TIERE FURLANE 20 • TERRA FRIULANA

Caffettiera con ferro da stiro, 1999. Rivestimento di stavolo in demolizione sullo Zoncolan (cm 74x45).

che comprendono anche il Merlot, il Verduzzo, il Tocai, il Refosco dal peduncolo rosso. I vitigni più preziosi sono il Cunder e il Bacò, e un cugino di quest’ultimo, detto La Triplice, un Bacò “più elegante”, il cui nome si rifà evidentemente alla prima guerra mondiale, forse una clonazione per festeggiare la vit-

Casali sul Collio, 1999. Scuretto di casa Ravose a Tavagnacco e tavola di fienile (cm 90x61). teneva per i ladri, così ho dovuto cercare i vecchi vitigni un po’ dap- toria. Sono vitigni che si piantano desistere. Da lì è cominciata la pertutto e rimettendo anche quelli con il risit senza doverli innestare, passione per ripristinare anche che avevo già eliminato. Adesso poiché, come il Fragola bianco, il ciò che avevo perso, andando a ho 1200 viti di 22 qualità diverse, Fragola rosso, il Clinto, sono più TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 21

resistenti alla fillossera. Però senza l’innesto della vite americana talora i vitigni muoiono a causa della fil- lossera o della peronospora e allora devo trovarli e ripiantarli, come è successo per il Percussôr, un tipo di Gaillard francese. Mio padre lo ha ripiantato nel 1944 e nel 1960, nell’Ottanta è invece toccato a me.

El vignâl

Plantant el vignâl o ai sielzût di peâmi Barca da pesca, 1999. Porta di Tausia (Treppo Carnico) e scuretto di casa Ravose a chist toc di bearç a Tavagnacco (cm 80x50). ogni dì; Una legge nazionale risalente agli tolata I segni del tempo, voluta e Cun passion anni Trenta vieta il commercio organizzata dal Centro culturale par simpri di questi vini tradizionali perché “Settetorri per il terzo millennio”. e in ogni stagjon; si dice che contengono sostanze Le varie essenze lignee sovrappo- dannose. Sono vini particolari, per ste compongono paesaggi e nature Doprant arnâs questo li tengo in damigiana anche morte prendendo spunto dall’arte che cognossin la cjavine due o tre anni, travasandoli per prospettica della tarsia. I legni in ogni cjanton... fare depositare sul fondo il cremor usati sono i più diversi, i tradizio- tartaro, che elimino. nali larice, abete, faggio, acero, Pe gjonde Dei lavori nella vigna quello che tiglio, noce e rovere, ma anche di tramandâ preferisco è la potatura, perché essenze esotiche come teck o legni fin ae fin una vite è come un bambino, ha africani e brasiliani, accostati a la grande storie bisogno di un palo, di cure, poi domestici alberi da frutta cari al dal vin. alla fine dà il suo prodotto buono, mondo Biedermeier, come cilie- come un figlio laborioso e sano. gio e pero. Ciò che lo appassiona Zuan Come i ragazzi, bisogna raddriz- sono le tracce del lavoro dell’uomo, zarla altrimenti striscia per terra e impresse, come il passare del si allunga”. tempo, indelebilmente nel legno. Dai primi di settembre vendemmio Vecchie tavole di porte, portoni, le uve qualità per qualità, le metto I segni del tempo scuretti, ante di armadi, doghe ad appassire da un minimo di un Dipingere con il legno, questo è il di tini colorate di inedite e calde mese fino a Natale. Poi le macino, talento artistico di Giovanni Zam- tonalità dal vino, opportunamente prendendo solo la “lacrima”, il paro, in cui tradizione e modernità, tagliati, diventano “tavolette di liquido, poiché non posso torchiare manualità e tecnica si fondono, tavolozze”. Di ogni quadro Zuan le bucce; talora lo faccio solo per come avviene spesso in Friuli. Nel annota con precisione la località di dare il colore, ma devo poi trava- maggio 2011 si è tenuta nell’asilo provenienza delle essenze, spesso sare il vino per due anni fino ad confinante con la vigna di Zuan recuperate da antiche case e sta- eliminare i residui. una mostra delle sue opere inti- voli in demolizione, scrivendo il TIERE FURLANE 22 • TERRA FRIULANA

La tampieste dal ’62

Di cuant che o sin in sît, pandi sudôr e penis, pal vin, pal pâl, pe vît, al è tal sanc, tes venis.

Chel dì dal mês di Lui jerin colms di sudaç, flât nol rivave plui par vie dal scjafoiaç.

El cîl che si fâs scûr, La strade dai Palûts, 2003. Scuretto di casa in demolizione a Martignacco e començâ a sintîles, (cm 88x60). fra tons di sclapâ il cûr, gotes come cjiviles. nome dei proprietari. Il legno è a tutti i toni dei marroni, dei sempre per lui una materia viva, grigi, dei verdi e degli azzurri La vigne intun moment che parla di modi di vivere pas- polverosi. Ecco allora che i legni e je come une place sati, di lavori manuali sapienti, colorati prodotti dal vino nelle e rivin cun torment degli affetti e delle passioni botti diventano materiali pre- les cocules di glace. degli abitanti delle case. Zuan è ziosi. Non senza ironia afferma infatti un accumulatore di storia, che “l’ultimo tino di mio nonno Sì, come spandi glerie nulla viene buttato delle vecchie l’ho demolito per fare i quadri e i che grumule il pedrât, tavole: serrature, bocchette, suoi cerchi sono appesi con fiori cul vin chest an miserie, chiodi, chiavi, tutto viene recu- fuori casa e così le doghe di un un pôc dut al è lât. perato acquistando nuova vita torchio vecchio sono diventate i nella cantina, ordinata come un cipressi del mio primo quadro”. “Vendeme e je za fate laboratorio, o nella casa. Così Può capitare che calibrate mac- rassegniti par chel Giovanni Zamparo conserva con chie rosse e verdi vivacizzino sparagnarin la fote amore i frammenti buttati via di gli accordi tonali: sono per lo di meti i arnâs in muel”. un mondo tradizionale, di cui sa più cespugli che danno stacchi vedere la ricchezza di umanità e prospettici o metafisiche lune. Mi dîs, cul grop te vôs, la fatica del lavoro. I bianchi, usati con parsimonia, tra pôc al rive il frêt, Spesso la passione per la cantina sono forse gli unici elementi non raps a ‘nd è pôcs e le botti aiuta anche l’espres- naturali, derivati dalle superfici cemût studâ la sêt? sione artistica, poiché usa le del laminato plastico. Disposti doghe dei tini con le loro colo- con discrezione, evocano la Zuan riture particolari, che trovano riflessione brillante della neve, opportuna sistemazione nelle sue attraverso una texture liscia opere. e compatta, completamente La tavoletta di legno La gamma cromatica sembra diversa da quella del ruvido si fa tavolozza naturale, ma questo è frutto legno grezzo e ruvido impiegato La prima opera è del 1993 quando, dell’illusionismo poiché è ridotta di solito percorrendo la Val D’Elsa, Zuan TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 23

unico piano bidimensionale, ma sovrappone tra loro le essenze, che sporgono di pochi millimetri con un effetto di stiacciato, suggerendo effetti tridimensionali grazie alla magia della prospettiva. È affascinato dalle diverse essenze, dalle cortecce, dalle fibre delle tavole di legno che si corrugano in solchi curvilinei, che sono i segni del tempo che scorre. Cambiano a seconda dell’orientamento delle fibre nelle diverse condizioni di luce, suggerendo cieli, terre o acque in paesaggi esaltati dal Immagini riflesse lungo il Cormôr, 2004. Tavola di stavolo in demolizione a Sutrio formato orizzontale. Del legno (cm 72x49). Giovanni Zamparo sa sfruttare i tagli, i buchi, le bruciature, le irregolarità, che a una visione da lontano suggeriscono atmosfere, trasparenze e riflessioni, mentre a una visione ravvicinata esaltano la materia. Giovanni Zamparo è atti- rato dai solchi del legno, che sotto l’azione del tempo e delle intempe- rie si incavano, mentre le fibre più resistenti compongono delle linee in rilievo, che riflettono la luce assumendo una argentea tonalità grigia. Questi piccoli corrugamenti della materia legnosa sono adope- rati dall’artista per composizioni in cui le venature vengono usate nel loro contrapporsi che determina diversi effetti di luce. Al centro viene sempre posto il soggetto più importante, sia esso L’alba di Anna, 2005. Tavola di stavolo in demolizione a Sutrio (cm 60x46). i gelsi contorti o le case verso cui confluiscono le linee del paesag- è affascinato dal Rinascimento le sue poliedriche capacità: buona gio. Questo è segnato da viottoli e toscano e dalla sua indagine della conoscenza tecnica nel disegno e strade attraverso linee oblique e realtà compiuta attraverso la pro- una creatività innata che applica zigzaganti, spesso evidenziate dai spettiva. Novello magister ligna- nei campi più vari. I suoi “quadri” solchi dei campi, dai filari di alberi rius, si firma Zuan come un mae- sono originali anche rispetto alle e dai covoni. Così l’occhio dell’os- stro medioevale mettendo in opera tarsie, poiché non opera su un servatore penetra nel paesaggio TIERE FURLANE 24 • TERRA FRIULANA

sponde alla sua vena pragmatica e operativa, recentemente Giovanni Zamparo sfiora l’astrazione con una serie di opere in cui portelle di ferro, serrature recuperate, micro- chips, fili elettrici, interruttori di ceramica, quadri di comando sono recuperati in composizioni aniconi- che. Qui i nuovi materiali tecnici si evidenziano con prepotenza sulla tessitura dei diversi legni. In Portelle il dischiudersi o meno delle imposte e dei battenti in ferro recuperati, l’uso fantasioso degli Riordino fondiario, 2009. Tavole varie (cm 80x55). specchi, evoca ancora la cono- scenza dell’arte pop di Pistoletto. seguendo gli artifici prospettici sta è la dimensione bucolica della Basti pensare all’installazione usati anche dai tanti fotografi campagna, ma Zuan è anche un operata nel cortile di casa: per friulani del Novecento. Nella parte tecnico che registra i cambiamenti mascherare un muro incombente centrale delle composizioni le del paesaggio con una antica a suggerire spazi nuovi ecco com- case e gli alberi sembrano quasi manualità. Ecco allora il Friuli parire una falsa finestra che si apre sempre immersi nel drammatico moderno in cui i covoni sono stati su uno specchio, componendo mol- controluce del tramonto, che sostituiti dalle rotoballe insaccate teplici e sempre diverse riflessioni. infiamma il cielo e rende scuri nella plastica, mentre strade asfal- Mentre gli artisti pop recupe- i profili di alberi e case, o nella tate solcano il paesaggio. Tralicci rano gli oggetti, anche triviali, pacifica luce lattiginosa dell’alba. e antenne telefoniche sostitui- della attuale società dei consumi, Progressivamente nel tempo i scono gli alberi e minacciose torri Zamparo recupera con amore i particolari, come ad esempio le di cemento armato invadono con i frammenti rimossi, dimenticati e finestre, particolarmente nume- loro fumi il cielo, condividendo le buttati via di un mondo tradizio- rosi nelle prime opere, lasciano iconografie care all’amico Poz. nale e contadino, di cui sa vedere il posto a masse semplificate ed Sebbene meno numerose dei pae- la ricchezza di umanità e il valore essenziali nei loro volumi. saggi, Zuan compone tradizionali del lavoro. Zamparo compone abilmente le ed austere nature morte in cui Come in agricoltura così nell’arte, varie essenze, tanto che nelle gli oggetti, lampade, vasi, ferri da Zuan persegue un attento recu- sue “tarsie” non c’è soluzione di stiro, frutta sono immersi in uno pero della manualità e della cultura continuità tra supporto, forme e spazio neutro, silente su cui pro- del fare, mettendo in gioco tutte cornice. iettano ombre inquietanti. le sue capacità di emozionarsi e di Nature morte e paesaggi evocano emozionare. Dal paesaggio idillico un senso di silenzio e di solitu- alla modernità dine, accentuata dalla mancanza I paesaggi di Zuan esprimono la dei presenze umane e animali, BIBLIOGRAFIA sua visione di un Friuli idillico tranne che in un caso in cui si dalla chiostra montana alle lagune ritrae di spalle il gregge con il suo Bucco Gabriella, Poz Arrigo, Giovanni Zam- marine passando attraverso le col- pastore. paro Il tempo dei segni, Catalogo della Mostra (Tavagnacco, 21 maggio – 12 giugno line moreniche e la pianura. Que- Partito dal realismo, che corri- 2011), Forum, Udine 2011. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 25

Il pastore, 1999. Schienale di armadio di sagrestia (cm 52x79). Dorothy NOYES ARMS Caorle

Nell’ottobre del 1932 la scrittrice americana Dorothy Noyes Arms pubblicò a New York il libro Hill Towns and Cities of Northern . Al Friuli dedicò 35 pagine Nrelative a Caorle, Udine, Aquileia e Grado, Gemona e Venzone, i Castelli friulani. Il libro venne illustrato dal marito della Noyes, John Taylor Arms, uno straordinario acquafortista. I due coniugi considerarono Caorle la porta del Friuli e, mentre Dorothy le dedicò alcune pagine che qui riproponiamo ai lettori, John ci lasciò questa splendida immagine del campanile romanico. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 27

☛ TIERE FURLANE 28 • TERRA FRIULANA TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 29 TIERE FURLANE 30 • TERRA FRIULANA TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 31 TIERE FURLANE 32 • TERRA FRIULANA

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Maria Cristina PUGNETTI Sclopetìn Lo schioccante nome di un pregiato vino che si fa con le uve di Ribolla nera, e solo nella Valle del Judrio

Non esiste una varietà unica chia- zioniamo infine la Ribolla nera, un produzione per lo Schioppettino, mata Ribolla poichè con questo vitigno coltivato anch’esso sui colli nell’ambito della denominazione nome si comprendono vitigni orientali tra le due province sopra Colli Orientali del Friuli, a suggel- diversi, tutti con origine ben radi- nominate e, oltre confine, in Slove- lare il valore di un territorio e di un cata in Friuli: la Ribolla gialla, che nia. La Ribolla nera ha trovato nel vino. produce la Ribolla tout court, in territorio collinare e pedecollinare La “Sottozona” esclude le aree friulano Ribuele, è la varietà più del Comune di la zona ove umide e la graziosa borgata di conosciuta e prevalentemente col- meglio riesce ad esprimere le sue Cialla, ove otto ettari di vigna tivata sui colli di levante tra le pro- peculiarità attraverso il vino che ne sono dedicati allo Schioppettino; vince di Udine e ; la Ribolla deriva, noto col nome di Schioppet- questi sono compresi in un’altra verde pare identificarsi con la tino o Pòcalza in sloveno. Sottozona, denominata appunto Glere secje (Glera secca; il friulano “Cialla”, che si distingue da quella glere o, più diffusamente, glerie Prepotto e il suo territorio di Prepotto per terreni più ricchi di significa ‘ghiaia’) ossia col Pro- vitivinicolo arenaria e, quindi, con vini aventi secco lungo; la varietà denominata Prepotto si trova a sud-est di maggior corpo e con aromi più NRibuele spizade, reperita sui colli , a ridosso del accentuati. Il vento dominante da di Cormòns, si identifica ancora col confine con la segnato nord-est, secco e freddo, spira su Prosecco lungo secondo quanto dalle acque del fiume Judrio. È un Prepotto e Albana a sollevarle dalla rilevato dall’esame del DNA; men- territorio parte in piano e parte in calura estiva, favorendo escursioni colle, circondato da rilievi che via termiche preziose per la corretta via si fanno sempre più alti sino a maturità del frutto e per la qualità In questa tavola l‘artista Tiburzio Donadon ha saputo ben interpretare raggiungere i 719 metri del monte del vino. le caratteristiche del grappolo di S. Nicolò e i 665 metri del monte I terreni, formatisi nel periodo Ribolla nera: buone dimensioni, forma Plagnava, presso Castelmonte. Cretaceo e nell’Eocene, tra 80 e piramidale, un‘ala ben marcata, acini leggermente ovali (da Guido Poggi, Dal 2008 l’area di Prepotto gode del 35 milioni di anni fa, non risultano Atlante ampelografico, 1939). riconoscimento di “Sottozona” di omogenei, caratterizzati come ☛ TIERE FURLANE 34 • TERRA FRIULANA

dalla contessa Ottelio dei Ronchi di Buttrio” (BAAF 1863, pag. 570). Nel “Catalogo speciale delle viti”, pubblicato nel 1864 dallo Stabi- limento agro-orticolo di Udine, figurava la Ribolla nera ritenuta “uva delicata” proveniente da Pre- potto. Tre anni più tardi, nel 1867, la Ribolla nera era presente nel nuovo catalogo dello stesso stabili- mento ma, curiosamente, non com- parve nel Vocabolario friulano dell’Abate Jacopo Pirona del 1871, curato e fatto pubblicare dal nipote Giulio Andrea Pirona, il quale fu prezioso collaboratore dello zio e unico autore delle voci riguardanti la botanica e la zoologia. È pur vero però che nel medesimo voca- bolario diverse righe sono dedicate alle Ribolle (pag. 320 e pag. 522).

Nella seconda metà dell’Ottocento l’economia rurale friulana fu dura- mente colpita. Nel 1851 il repen- tino abbassarsi della temperatura durante la fioritura della vite ridusse di 2/3 il raccolto. Nel 1852 fece la sua comparsa l’oidio, la crit- togama che iniziò ad imperversare Il germoglio della Ribolla nera visto da Tiburzio Donadon nelle campagne friulane riducendo (da Guido Poggi, Atlante ampelografico, 1939). o azzerando la produzione. La lotta per debellare la malattia fu lunga sono da strati di marna e sassi, Nel 1867 la prima attestazione e difficile, e solo nel 1862 l’Asso- calcari, arenarie, conglomerato e della Ribolla nera ciazione agraria friulana indicò la pietra piasentina, che ha permesso È molto probabile la secolare pre- solforazione delle viti quale misura la formazione di terrazzi a nord senza della Ribolla nera nella Valle efficace. dell’abitato di Centa. Nella parte del Judrio, anche se il primo docu- Nel 1880 comparve in Friuli la meridionale del territorio i terreni mento che ne attesti l’esistenza peronospora. sono facilmente disgregabili, for- risale solo al 1863. In quell’anno Dodici anni più tardi arrivò la fil- mati da strati di marna (chiamata l’Associazione agraria friulana lossera, dapprima nel Goriziano e ponca, opòka nei dialetti sloveni) tenne a Udine una esposizione poi, a partire dal 1901, in provincia e arenaria. In questi suoli e in que- d’uve con più di 357 varietà. Fra di Udine. La sua diffusione fu gra- sto clima la Ribolla nera alligna da queste anche la nostra: “Di ribola duale e le piante fillosserate, ces- lungo tempo. nera presentavasi un saggio inviato sando poco a poco la produzione, TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 35

permisero un reimpianto altret- Durante il primo conflitto tanto graduale della Ribolla nera, mondiale che poté salvarsi grazie all’attac- L’abbandono delle campagne e camento affettivo di coloro che la sospensione delle lotte anti- la allevavano consapevoli della parassitarie causata dal primo generosa quantità d’uva che la conflitto mondiale permise alla vite produceva. fillossera di espandersi ovunque. Nel 1906 a Prepotto furono Al termine della guerra il problema prodotti ettolitri 3225 di vino, più urgente fu la ricostruzione di 5000 l’anno successivo. Buona vigneti con viti innestate. La sele- parte di questi dovevano essere zione cadde sulle più rinomate viti di Schioppettino considerando francesi, tedesche, piemontesi tra- quanto scrisse il geografo Fran- scurando le autoctone. cesco Musoni nella sua pubbli- Nel 1921 venne organizzata a cazione sulle condizioni agrarie Udine una esposizione di uve friu- delle Prealpi Giulie: “La vite lane durante la quale si tenne un va guadagnando terreno ogni convegno di viticoltori presieduto giorno; e, mentre in passato gli dal prof. Domenico Pecile, dal impianti si facevano a casaccio, cav. Giuseppe Morelli De Rossi e dopo che fu iniziata la ricostitu- dal dott. Domenico Rubini. All’e- zione de’ vigneti con viti bimem- sposizione era presente la Ribolla bri preparate in Gagliano (Civi- nera così commentata: “Grappolo dale) a cura del benemerito Con- spargolo. Acino grosso o medio, sorzio antifillosserico friulano, un rotondo o allungato, car- miglior indirizzo ha cominciato a noso, croccante, dolce. presiedere alla scelta dei vitigni. Buccia tannica. Sog- Fra i maggiormente coltivati sono getta a colatura. Buona la ribolla (bianca), il refosco, il varietà”. refoscone (nero), il verduzzo Durante il convegno che si (bianco), la pokalza, senza dire tenne in concomitanza con l’e- di quelli di nuova importazione: sposizione il prof. Sannino indicò cabernet, pinot, riesling, blau- le varietà da privilegiare suddi- fränkisch, frontignan, gamè, videndole per zone geografiche, borgogna, ecc.” (Musoni 1910, sulla base dei pareri espressi da un 21). giuria di esperti, tra cui i membri Piccoli coltivatori e possidenti del Consorzio antifillosserico. Se come i Rieppi e i Petrussa si nell’elenco per la zona collinare e impegnarono affinché la Ribolla pedecollinare, fra e Judrio, la nera sopravvivesse ed i vini dove- Ribolla nera non era compresa tra vano essere di qualche pregio se, i vitigni suggeriti (lo erano Merlot, all’Esposizione-fiera tenutasi in Cabernet franc, Cabernet sauvi- Cividale nel 1899, i fratelli Rieppi di Albana, frazione di Prepotto, Tralci di Ribolla nera in una tavola furono premiati anche per lo di Tiburzio Donadon (da Guido Poggi, Schioppettino. Atlante ampelografico, 1939). TIERE FURLANE 36 • TERRA FRIULANA

degli anonimi e, durante la seconda guerra mondiale, per la precisione nel 1942, se ne produssero circa 5000 ettolitri. Così la commentò Chino Ermacora: “…Va segnalata la Ribolla rossa che dà un vino robu- sto e pastoso, noto sotto il nome di Sclopetìn, perché il chicco di tale uva resiste al dente e, schiacciato, sprizza polpa e umore con uno scoppiettio caratteristico. Vino raro di cui si va perdendo la vena”. Al termine del secondo conflitto mondiale il prof. Italo Cosmo, alla La Vallata del Judrio ripresa dalla chiesa dello Spirito Santo di Albana; la vista guida della Stazione sperimentale spazia fino a Rutars e alla chiesa di San Giorgio di Brazzano in comune di di Conegliano, si occupò di fare Cormòns. In questo paesaggio vitato vi è una consistente presenza del vitigno Ribolla nera. Nei pressi del fiume Judrio, qui sottolineato dalla vegetazione riparia, il punto sulla situazione viticola si ottengono le uve che forniscono il vino Sclopetìn più aromatico. anche per la provincia di Udine. Riaffermò che l’area di maggior gnon e Refosco nostrano) merita pubblicato nel 1939. In entrambe pregio era quella collinare eocenica sottolineare che da quel Convegno le opere il nome Ribolla nera è orientale comprendente, tra gli venne l’impulso per la costituzione attribuito al vitigno, mentre al vino altri, il comune di Prepotto. Ribadì di un vigneto ampelografico, costi- appartiene l’appellativo di Schiop- che i vitigni più diffusi messi a tuito poi a Buttrio nella proprietà pettino, distinzione ancor oggi coltura avevano origine diversa da del sig. Giacomo Antonini, allo utilizzata. quella friulana e rispondevano ai scopo di approfondire lo studio V. Montanari e G. Ceccarelli, ne La nomi di Cabernet franc, Merlot e delle caratteristiche di 60 vitigni, Viticoltura e la Enologia nelle Pinot nero tra le uve a bacca rossa, fra cui la Ribolla nera. Tre Venezie, edito nel 1950, così Tocai friulano, Riesling renano, scrivono a proposito della Ribolla Riesling italico, Pinot bianco, Pinot Il parere degli esperti nera: “…Il vino della Ribolla nera grigio, Verduzzo e Ribolla gialla tra Un contributo importante alla non può essere posto tra quelli quelle a bacca bianca. maggiore conoscenza della varietà pregiati: essa infatti produce un In un paesaggio ampelografico venne dall’ampelografo Guido vino di normale consumo; questo profondamente diverso rispetto a Poggi che, sebbene la ritenesse però è alquanto superiore ai tipi quello pre-fillosserico, in cui ampio di secondo merito, non adatta a della massa anonima dei vini rossi spazio venne dato alle varietà lungo invecchiamento e destinata di normale consumo”. La Ribolla importate di provata qualità, l’ab- a non diffondersi al di fuori della nera emerge, dunque, dalla massa bandono di tanti vitigni friulani zona eletta, poiché perdeva quelle coinvolse anche la Ribolla nera, che preziose caratteristiche che la fino a prima della guerra era il vino legavano strettamente a Prepotto, principe per qualità e quantità nella la comprese tra i 19 vitigni friu- zona di Prepotto. Il suo declino lani e stranieri che figurarono sia continuò anche nei decenni che nell’Annuario 1927-1930 del Con- seguirono e la decapitazione arrivò sorzio per la Viticoltura di Udine grazie ad alcune leggi emanate che nell’Atlante ampelografico Trattoria a Prepotto. negli anni Settanta. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 37

Da una situazione di fuori legge alla rinascita Con Decreto del Presidente della Repubblica il 20 luglio 1970 veniva riconosciuto il disciplinare di pro- duzione e la zona a denominazione d’origine Colli Orientali del Friuli. In questo documento tra i 12 vini e relativi vitigni a godere dei favori di legge non era contemplato lo Schioppettino . Lo stesso anno, qualche mese più tardi, la Gazzetta Ufficiale della CEE n. 244 riportava il Regolamento n. 2500 relativo alla classificazione delle varietà di viti autorizzate e raccomandate alla Vecchie viti di Ribolla nera a Mernico, frazione di Dolegna, presso il fiume Judrio. coltura per ogni provincia italiana, Lo Schioppettino in questa zona veniva tradizionalmente allevato a pergola nei lo Schioppettino veniva nuova- pressi delle case. mente ignorato. Nel contempo la famiglia Rapuzzi completo espianto, dalla data di sulle colline di Cialla, a nord ovest entrata in vigore del decreto stesso di Prepotto, lanciò una sfida che sino al 30 novembre 1978. segnò il destino di questo vino. Una sfida, quella dei Rapuzzi, L’intento fu il recupero, difficile, raccolta anche da una famiglia di marze di una varietà che stava di distillatori di Percoto di Pavia scomparendo, la cui coltivazione di Udine, i Nonino. Nel ricercare era interdetta. Con il prezioso aiuto vinacce di antichi vitigni autoctoni dell’allora sindaco di Prepotto, friulani per ottenerne una grappa Ponca rossa tipica della conca di Bernardo Bruno, conoscitore dei da monovitigno, Benito e Giannola Centa, piccola frazione di Prepotto luoghi ove poter ancora reperire Nonino si resero conto che molti nota anche per l’antica chiesetta dei piante di Schioppettino, nel 1972 erano in via di estinzione. Rispo- Santi Pietro e Paolo. Questa ponca forma una fascia di terreno che parte fu possibile mettere a dimora 3500 sero a questa situazione allarmante da Brischis e arriva al castello di viti in un vigneto di circa 2 ettari. con l’istituzione del Premio Risit Albana. Quattro anni più tardi il Rego- d’Aur (‘barbatella d’oro’) con il lamento CEE n. 1162 vietava, a quale ogni anno vollero premiare Poggi per l’ampelografia sui vitigni partire dal 1° settembre 1976, ogni il vignaiolo che avesse messo a autoctoni friulani, ad Angelo Nas- reimpianto di viti non comprese dimora il miglior impianto di uno o sig, viticoltore appassionato, per nelle categorie delle raccomandate più di questi vitigni, rivalutandoli la ricerca sugli stessi. Al premio o autorizzate. A conferma di ciò e restituendo loro quella dignità si aggiunsero due riconoscimenti fu firmato il 10 dicembre 1976, da che era stata più volte calpestata. ai Conti Trento di Dolegnano per Andreotti, Leone e Marcora, il DL Il 4 dicembre 1976 venne asse- lo Schioppettino e il Pignolo e n. 799, che sanzionava i viticoltori gnato il primo premio Risit d’Aur all’azienda Conti Florio di Buttrio con lire 200.000 per ogni ettaro di a Dina e Paolo Rapuzzi dell’azienda per il Tazzelenghe, altro autoctono vigneto piantato, tra quelli proibiti, Ronchi di Cialla per l’impianto di che stava scomparendo. Negli anni e per ogni annata agraria sino al Schioppettino del 1972, a Guido successivi altri sono stati insigniti TIERE FURLANE 38 • TERRA FRIULANA

A sinistra grappoli di Ribolla nera al “naturale”, a destra un grappolo che ha subito interventi di ridimensionamento con l’asportazione dell‘ala e della punta: questa pratica si attua per migliorare la qualità enologica delle uve, in particolare per quanto concerne le sostanze coloranti, i tannini e il grado zuccherino. del premio per il lavoro svolto in proprie ragioni storiche e territo- Nel 1981 il Regolamento comu- favore dello Schioppettino: nel riali, nonché dei propri vignaioli. nitario n. 3800 stabilì una nuova 1979 Maria Rieppi di Prepotto per Finalmente il 14 giugno 1977, con classificazione delle varietà di viti un impianto di Schioppettino; nel decreto Ministeriale, lo Schiop- includendo lo Schioppettino per 1981 il Comune di Prepotto per pettino, insieme a Tazzelenghe e le province di Udine e Gorizia, poi l’azione a favore di questo vitigno; Pignolo, venne iscritto tra i vitigni compreso tra i vitigni raccomandati nel 1982 Paolino Marinig per un ad uve da vino nel Catalogo nazio- (da autorizzati) per la sola provin- impianto di Schioppettino. nale delle Varietà. L’autorizzazione cia di Udine con il Regolamento alla coltivazione venne due anni CEE 3582 del 1983. Tredici anni di In favore di questo vitigno il 9 più tardi col Reg. CEE n. 347, con lotte per evitare l’abbandono della gennaio 1977, si mosse anche il decorrenza 12 marzo 1978. Ribolla nera da questo angolo di Comune di Prepotto. Fu chiesto Questo fu sicuramente il tra- terra e conquistare il massimo rico- allora che lo Schioppettino fosse guardo a cui contribuirono sinergie noscimento. iscritto almeno tra i vitigni auto- diverse: dai viticoltori, alle istitu- rizzati e che la coltivazione fosse zioni, alla stampa, ai premi e, non L’Associazione e il Vigneto riservata all’area del Comune. ultimo, il mondo scientifico, che catalogo di antico materiale Quest’ultimo si sarebbe fatto attraverso le sperimentazioni, pre- genetico garante della provenienza delle viste dai Regolamenti comunitari, Da diversi anni lo Schioppettino uve denunciate dai viticoltori in quegli anni stava lavorando, è entrato a far parte dei vini della attraverso successivi controlli. Era probabilmente senza troppe rassi- Doc Colli Orientali del Friuli e, chiara la presa di posizione di un’i- curazioni sugli esiti, per rivalutare nell’ottica della sua valorizzazione, stituzione pubblica in difesa delle alcune varietà senza qualificazione. è stata costituita nel 2004 l’Asso- Classica foglia trilobata di Ribolla nera che risulta glabra sulla pagina inferiore. Recentemente è stata rintracciata una vite con foglia marcatamente pentalobata e con la pagina inferiore provvista di peli: tale ceppo sarà tenuto sotto controllo onde indagare su eventuali miglioramenti qualitativi di cui potrebbe essere portatore; tale biotipo rappresenta la prima variazione genetica di un certo rilievo reperita nell‘ambito di questo vitigno ampelograficamente piuttosto uniforme. ciazione produttori Schioppet- nata, è sottoposta a disidratazione la barrique (225 litri) non nuova tino di Prepotto composta da 33 onde favorire l’eleganza del vino e con bassi gradi di tostatura delle aziende, ossia dalla quasi totalità senza eccedere nel corpo e senza doghe, per evitare che gli aromi di quelle presenti sul territorio. esaltarne la muscolosità, fattori trasmessi dal legno sovrastino Tra gli obiettivi, nel 2005 è stato che inibiscono l’espressione più quelli propri del vitigno. Successi- realizzato un “Vigneto catalogo”, autentica di questo vitigno. vamente il vino, messo in bottiglia, frutto del recupero di viti antiche Il disciplinare che regola la sosta nelle cantine buie e silen- prelevate in un centinaio di loca- produzione prevede che i vini ziose per almeno un altro anno, lità nei territori di Prepotto e di trascorrano almeno un anno in arrivando così più equilibrato al Spessa di Cividale nonchè nella contenitore di legno, solitamente consumo. contermine Slovenia. Tale vigneto ha per scopo la salvaguardia del patrimonio genetico della Ribolla nera, anche ai fini di selezionare i migliori biotipi per una sempre maggiore espressione qualitativa. Tra i sistemi di allevamento si è verificato che il Guyot è quello che consente la migliore matura- zione dell’uva, ma si continua a sperimentare il “cordone spero- nato” che, producendo grappoli di piccola dimensione, ne incre- menta la qualità.

Sistema di produzione e peculiarità del vino Tradizionalmente l’uva era appas- sita con l’intento di ottenerne vini corposi, ma oggi solo una piccola parte, variabile a seconda dell’an- Vigneto di Ribolla nera dell‘azienda agricola “La Quercia” a Novacuzzo di Prepotto. TIERE FURLANE 40 • TERRA FRIULANA

Lo Schioppettino è vino asciutto la denominazione Friuli-Isonzo. con tannini non pronunciati ed un Numeri che fanno comprendere finale piacevolmente amaro. Rivela come questo vino non rappresenti una spiccata speziatura soprattutto per i produttori la fonte principale se le uve provengono da terreni di reddito, ma Schioppettino è ghiaiosi, mentre l’espressione frut- un nome che evoca un territorio tata di bacche, ciliegia, anguria si ameno e silenzioso, immerso in rivela maggiormente sui suoli argil- un’atmosfera che pare quasi surre- losi marnosi e sulle terre rosse. ale nella sua inebriante solitudine. Vino solitario e di rara schiettezza sa donarsi con grazia senza dover Vignetta di Giovanni Zamparo. impressionare. Nel 2008 vi erano 400 ettari vitati nel Comune di Prepotto, di cui Si ringraziano per la gen- 22,46 a Ribolla nera (oggi ce n’è tile collaborazione il prof. qualcuno in più) con una produ- Carlo Petrussi, il Presidente zione di 610,43 ettolitri, vale a dire dell’Associazione Produt- poco più di 81.000 bottiglie. tori Schioppettino di Pre- Complessivamente gli ettari di potto dott. Giulio Ceschin, Ribolla nera coltivati nella pro- il sindaco di Prepotto sig. vincia di Udine ammontano a ha Gerardo Marcolini, il geom. 80,776 (dato 2008). A questi si sig. Ezio Cossio del Comune Storica etichetta di Schioppettino (dalla rivista “Il Vino”, anno I, n. 1, dicembre aggiungono circa 3 ettari colti- di Prepotto. 1971). vati in provincia di Gorizia sotto

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Sandri CARROZZO Frico: un plat furlan cuntun non di origjin foreste

In dì di vuê il mangjâ che al Lis dôs formis che vuê a son plui pussibilitâts: par esempli versions rapresente cun plui tipicitât la cognossudis a son chê formade di plui tenaris fatis cul ûf, o i fricos cusine furlane salacor al è il frico, un disc fin e crustulin di formadi sglonfs, scuasi a bale, che si cjatin plat fat di formadi frit, sôl o cun frit e chê cun patatis, plui alte des bandis di Cividât. altris ingredients tant che patatis, e tenare dentri, ma in gjenar Pe denominazion, in Cjanâl di cevole, ûfs o ancje coce, miluçs e cuntune croste avonde crocante Resie chest plat, fat cui ûfs, al altris ancjemò. difûr. In dut câs a son ancje altris cjape il non di sër w ponöw o ☛ TIERE FURLANE 42 • TERRA FRIULANA

Ora, il frico si fa anche con né troppo salato, et tagliarai patate tagliate a lamelle sottili in fettolini o bocchoni quadri, che si versano nel tegame o como ti piace; et habi de le con il burro bollente; cotte padellette fatte a tale mistero; en vi si aggiunge una parte di sol fondo metterai un pocho di formaggio vecchio grattugiato butiro, overo di strutto fresco, ed una di formaggio fresco a ponendole a scaldare sopra le lamelle; si cuoce lentamente brascie, et dentro gli mettirai finchè diventa dorato. In Friuli li ditti pezzoli di caso; et como si sta ora diffondendo l’uso di ti piace che sia facto tenero gli un frico sottilissimo, croccante, darai una volta, et mettendogli ottimo; ma è cosa importata, sopra del zuccharo et de la non friulana (PERUSINI 1976, 154). canella; et mandaralo subito La ultime declarazion di Perusini in tavola, che si vol magnare La Fieste di Sante Filumene a Flaiban e je ancje la Fieste dal Frico:... a tutto in ogni câs no somee provade di dopo pasto et caldo caldo. Item frico! documents, e no somee nancje poterai conciare in altro modo che si puedi acetâle, soredut se si lo ditto caso brustolando, prima sër tu-w pond vë (si lu cognòs osserve che cheste sorte di frico arrostendo al foco de le fette ancje tant che “frico rosean”), no si le fâs di nissune altre bande de lo pane tanto che da ogni te Sclavanie si clame ser ozvart e che duncje no pues jessi stade lato s’incomincino a rostire, a ben che a vuê e je difondude impuartade. mettendo le dicte fette per ordine ancje la forme friko. Fûr dal Friûl Par altri il frico in gjenar, in dutis in una padella da torte; et sopra al corispuint, almancul in part, a dôs lis formis, al ven definît dispès a quelle ponerai altramente fecte altris pitancis che si fasin simpri un plat tipic cjargnel, ma la sô di caso un pocho più sottili che cul formadi cuet: si pues ricuardâ regjon di origjin e va slargjade quelle de lo pane; et sopra la almancul il formai frit de fasse ancje a zonis che no fasin part de padella mettirai lo suo coperchio prealpine dal Venit. Cjargne, tant che dut il rest de fatto caldo tanto che ‘l ditto Il frico sutîl e friabil al è cognossût fasse alpine e prealpine furlane, caso s’incominci a strugere, o ancje come frico di Cjargne e forsit e je ancjemò plui grande, a squagliare. Et facto questo gli (COSETTI 2008, 142), cundut che cjapant ancje lis culinis e la buttarai di sopra del zuccharo Gaetano Perusini al meteve in planure furlane. con un poca di canella, et dubi la sô tipicitât: di fat tai agns In cualchi câs si cite tant che prime zenzevero. Setante al scriveve che A Illegio documentazion dal frico la ricete Di fat la associazion cul frico (inf. sig.ra Pierina Job Franz) dal secul XV dal Libro de arte di cheste ricete e je avonde si faceva fino alla guerra 15-18 cocquinaria di Martino da Como, gjeneriche e si puedin notâ un solo con formaggio stagionato, za cogo dal patriarcje di Aquilee e pocjis di diferencis: par altri la tagliato a lamelle o grattugiato. autôr di chest manuâl fondamentâl semplicitât stesse dal frico e fâs Si mette nel tegame burro pe cusine rinassimentâl taliane, che al sedi pardabon dificil cjatâi cotto (ònt) e quando frigge, che al insegne: Per fare caso in une origjin definide. si aggiunge il formaggio che patellecte. Piglia del caso grasso, Ce che si pues dî al è che si trate si lascia cuocere lentamente et che non sia troppo vecchio di une preparazion popolâr, mescolando finch’è fuso; con che no somee influençade di un mestolo si dà al composto modei gastronomics cults, che forma di torta lasciandolo tes sôs diviersis formis e je une rosolare finchè diventa dorato. elaborazion origjinâl furlane, tal TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 43

sens che no je impuartade, ancje Riferiments ancjemò plui vieris a Te cusine taliane cul tiermin fricò se e pues jessi condividude cun vegnin dal Vocabolario Friulano o friccò si clame une pitance une altris zonis dongje dal Friûl. di Giorgio Faggin, che però, cun vore diferente di chê furlane, che Se si pues dî cussì dal plat o sorprese di chei che vuê a van par si cjate in particolâr te cusine viodarìn che si scuen dî scuasi il frascjis e par sagris, al rimande di romagnole e in chê umbre: in contrari pal so non, frico, che za frico a fricò: Romagne il fricò al è une misture di un prin moment, finint cun chel di ortaiis taiadis a tocs e fatis in “o”, al mostre di vê une fonetiche frico, sm., ➝ fricò. padiele; a Gubbio il friccò al è un che no somee furlane. La sô fricò, (pl. fricôs), sm., • 1. specetin di cjar di agnel, poleç etimologjie no je stade cjatade (cucina carnica) (formaggio e cunin. Ce che a àn in comun ancjemò cun sigurece e si provarà cotto nel burro o nel lardo) chestis preparazions al è di jessi di dâle dongje cun chest articul. frico: cul fricò se svuinche fûr. fatis di ingredients cusinâts in Une prime ricercje e pues partî / Puarte Tizio miege raze / e padiele no intîrs, ma ben a tocs. de consultazion dai dizionaris. Il Sempronio pigurìn (Br 16.3); - La origjin de peraule fricò/friccò e Nuovo Pirona al regjistre: un gejut calave al plan / di fricòs somee francese, fricot, e e segne [fricôs], crustins, mignestre (Br un plat di ortaiis messedadis e Frìco sm. = In Carnia è una 3.71); no’nd’è nua di plui bon cuetis, ma in Italie cheste peraule pietanza formata da formaggio / di polenta e un fricon [fricò] si è leade cun altris tiermins cu la cotto nel burro o nel lardo: Frico (Pr 76). • 2. (scherz.) bastonata, stesse lidrîs: fricandò e fricassea. c’al fâs ai muarz tirâ lu flât legnata: j petà jù il seond fricò Di fat il plat romagnûl, che al ven (Rupil in Str. 1926) (Cu 10). definît ancje fricandò di verdure, fricandò (in plui che ratatuje, Propit in cheste definizion dal Il rimant a fricò al pues someâ ratatouille). Nuovo Pirona, che al à vût curiôs, viodût che a vuê l’ûs Il fricandò, par francês une difusion e une influence gjenerâl al met l’acent su la prime fricandeau, pardabon al è un straordenarie in Friûl, si pues silabe, cun di plui tal tierç esempli plat ancjemò diferent: un tai di cjatâ, salacor, la origjin de fricon nol derive di fricò ma cjar di vidiel cuet intun pestât di convinzion che il frico al sedi propit di frico: di fat sot dal leme cevole e, in câs, altris verduris, specific de Cjargne, intant che dal travuardâ si cjate l’esempli, cjolt che dopo a vegnin passadis par sigûr, za tal moment de publicazion simpri dal stes autôr, Ferdinando fâ une salse. Il passaç a indicâ di chest dizionari (1935), chest Primus, Diu nus travuardi une sorte di specetin al à di jessi plat al jere fat intune zone ben di pidadis di moscˇhis, di sucedût par someance cun altris plui largje. Ma la specificazion scuarnacˇadis di lacais e di preparazions cul non simil, il gjeografiche e cjate une reson inte taiadis di frico (Pr 182); duncje fricot, juste apont, e la fricassea citazion leterarie de fraseologjie: il fricon de fraseologjie al è un (dal francês fricasée), che in efiets un viers di une poesie di Giuseppe superlatîf di frico par fâ rime cun e je une sorte di specetin li che ae Rupil, cjargnel, formade di une bon. fin si zonte ûf sbatût cul limon par liste spiritose di pitancis che si Invezit e je une vore interessante che al fasi une salse. Di diviersis mangjavin tal Cjanâl Pedarç. la testemoneance dai prins doi bandis di Italie però, chescj nons Chest document nol pues judâ esemplis de fraseologjie, cjolts dai a son stâts doprâts cuntune cierte masse pe etimologjie, ma almancul scrits di Toni Broili: a documentin gjenericitât, cemût che si pues al ateste l’ûs dal tiermin frico za cun sigurece la forme fricò, cul viodi tal venezian, consultant il ae fin dal Votcent e tai prins dal acent su la ultime vocâl, doprade so dizionari plui innomenât, chel Nûfcent: Rupil di fat al jere nassût di un autôr udinês te metât dal di Giuseppe Boerio (BOERIO 1829, dal 1858. Votcent. 236): TIERE FURLANE 44 • TERRA FRIULANA

FRICANDÒ, s.m. T. de’ Cuochi, di chel umbri. dialet parmesan (PESCHIERI 1828, detto alla Francese, Braciuola. Si pues cjatâ verifichis cirint in 194): Così trovasi nel Dizionario Alberti altris dizionaris dialetâi talians. Fricandò. Voce prettamente di Bassano; ed è un Taglio di vitello Pal romagnûl in particolâr si cjate francese che significa Braciuola; lardato e cotto un umido che (MORRI 1840, 345): ma noi la diciamo nello stesso mangiasi per antipasto. senso di Fricassé. FRICASSÈ, s.m. T. de’ Cuochi, FRICANDÒ, s.m. V. Fricò Fricassé, Fricassèa s.f. Secondo Fricassea e Ammorsellato, Sorta di FRICÒ, s.m. Fricassea, il Dizionario Fricassèa è vivanda vivanda o manicaretto fatto di cose Ammorsellato. Sorta di vivanda, di cose minuzzate e cotte nella minuzzate e cotte in umido. o Manicaretto fatto di cose padella. Le nostre cuciniere minuzzate, e cotte in umido. però chiamano Fricassé Cjalant la definizion di fricassè, FRICÒ, fig. V. Buzaròtt, Cargadur, indistintamente un Intingolo o si pues pensâ che chest concet, Fracch. Manicaretto qualunque. plui gjeneric, di robe di mangjâ Fricò, V. Fricassé fate di ingredients a tocuts al sedi Al è interessant cjalâ ancje i Fricò in metafora, Rivellino, deventât gjenerâl e al sedi passât rimants de seconde acezion, Zombamento, Capriccio, Rifusto ancje a fricandò (ancje se tal figurade, di fricò (MORRI 1840, 345, s.m. Dirotta s.f. venezian chest no si viôt), dant 156, 179, 341): - Dàr o Ciapàr un fricò, Dare,o reson dal non dal plat romagnûl e Toccar busse. Dare o Toccate un BUZARÒTT, s.m. Capriccio, rivellino, un rivellin di mazzate Rivellino. Buona quantità di ecc. V. anche Fràc. busse: così Dare un capriccio, o un buon capriccio, un rivellino, Duncje si pues crodi che il tiermin Dar un carico, o un rovescio di fricò al sedi rivât in Friûl za tal legnate, o di bastonate, Dare una significât di “pitance di robe fate a bastonatura di santa ragione. tocuts” e che al sedi stât doprât no ... par un plat di cjar o di ortaiis, ma CARGADUR, fig. Capriccio, par ce che si faseve cui tocuts o cu Rifrusto, Rivellino, Carico di lis strissulis di formadi. pugna, di legnate, di bastonate La conferme e ven ancjemò di un e simili. Bastonatura di santa altri vocabolari dialetâl, cheste ragione. volte riferît a une fevele presinte in ... Friûl, il bisiac (DOMINI et al. 1985, FACCH, O FRACCH D’ BASTUNÈ, 191): s.m. Carico,Rovescio, Rifrusto di legnate, di bastonate, fricandò sm. formaggio fritto Bastonatura di santa ragione, frico, sm. formaggio fritto. Capriccio di sculacciate o di Polenta e frico, un magnar de sculaccioni. cargnei

Di fat chestis acezions a corispuindin cun chê figurade che al da ancje Faggin rispiet al furlan. La vacje blu, forsit par no fâur un tuart a chê blancje e rosse e a chê blancje Si cjatin confermis e ancjemò plui e nere. detais e descrizions, riferidis al Ancje a Fraelà a fasin la Sagre dal Frico. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 45

In cheste suaze si à viodût che tal talian regjonâl al è stât un adatament particolâr di plui peraulis cu la toniche finâl, une vore difondude par furlan e invezit rare par talian: par vie di une ipercorezion l’acent si è tirât indaûr su la prime silabe: par esempli nol è râr sintî a dî tal talian regjonâl (e no dome) pìcolit o càbernet, cence fevelâ dai toponims tant che Còglians, Còmeglians, Còrmons o dai cognons tant che Còmand, Màcor, Mèlchior, Mòras, Tòmat e v.i. Il stes fenomen al à di jessi sucedût ancje di fricò a frico, che dopo di vê cambiât la posizion de toniche Dépliant pe sagre dal frico a Cjarpât. tal talian regjonâl al è tornât a jentrâ cun cheste forme gnove tal fricò v. fricandò cul acent su la prime silabe, ma furlan, cjapant il puest de forme te seconde metât dal Votcent e vecje, di derivazion francese. In chest vocabolari si pues soredut tal Nûfcent al è sucedût In struc, il plat nazionâl furlan, fintremai prossumâ une un fenomen linguistic une vore sempliç e popolâr, al à un non stratificazion lessicâl: intant che impuartant: la pression dal talian di cuntune storie linguistiche fricò e fricandò a mantignaressin fat e à tocjât cun fuarce no dome il internazionâl, complesse e culte, la aplicazion che e je stade dade a furlan scrit, cemût che al sucedeve che si pues meti in ordin cul grafic chest tiermin cuant che al è rivât in za di secui, ma ancje chel fevelât. de pagjine dopo. Friûl, e a saressin stadis assimiladis aromai ad in plen dal bisiac, frico al somee jessi jentrât plui di resint, viodût che la fraseologjie e segnale chest plat come tipic cjargnel, e duncje estrani ae Bisiacarie, ancje se cognossût. A chest pont al reste di dâ reson dal passaç fonetic di fricò a frico, che si à di datâ dopo de metât dal Votcent, viodût che tal 1846 e tal 1856 Toni Broili al dopre ancjemò fricò. La forme cul acent finâl, di là de sô origjin foreste, e à dal sigûr Frico un aspiet plui furlan che no chê crocant. TIERE FURLANE 46 • TERRA FRIULANA

fricandeau fricot fricassée (forme francese) (forme francese) (forme francese)

fricandò fricassè, fricassea (adatament al talian) (adatament al talian)

fricò (tal talian, cun significât di cualsisei mangjâ fat di robe cuete a tocuts)

fricò (tal furlan, cun aplicazion specifiche al formadi fat a tocuts e cuet)

frico (adatament dal furlan al talian regjonâl)

frico (tornât modificât dal talian regjonâl al furlan)

BIBLIOGRAFIE

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Clara CARBONCICH Il Caseificio di Spilimbergo Quando il passato si travasa nel presente

“Sta l’edificio che ospitò la serbavano – per me almeno – Le origini latteria di Spilimbergo per un il segno delle mani forti delle La costituzione della Società buon numero d’anni, fino a donne che provvedevano a la- turnaria risale al lontano 1925. quando, all’inizio dei Novanta, varli. (…)”. Nell’anno seguente il caseificio venne chiusa, ta la Plassuta, se Così iniziò a raccontare Novella di Spilimbergo cominciò la sua mi riferisco agli anni in cui la Cantarutti in occasione della ininterrotta attività in locali di gente parlava friulano; è inti- riapertura del Caseificio nel fortuna, in attesa che fosse ac- tolata adesso a un personaggio 2006, non come latteria ma co- quistato il terreno e costruito potente nei tempi suoi: Walter- me centro grafico-culturale. l’attuale edificio, sede definitiva. ☛ pertoldo di Spilimbergo. La ricordo come agevole campo da gioco per bambini e ragazzi che abitavano nei contorni, qua- si un cortile di casa, anche per- “ché vi passavano e sostavano poche automobili. Al mattino e alla sera invece ac- correvano alla latteria i contadi- ni, in bicicletta, a piedi anche o con qualche carretto, a portare il latte; era il tempo in cui la periferia di Spilimbergo era terra arata e coltivata – campo, prato e vigna – e, naturalmente, alle case erano annesse stalle con animali da allevare; il latte che producevano veniva ap- punto portato alla latteria nei bidoncini di alluminio, lustri che Il caseificio oggi. TIERE FURLANE 48 • TERRA FRIULANA

La vera e propria attività iniziò il 1° febbraio 1926 nei locali del- la caserma che era di proprietà del comune. Là veniva fatto il ricevimento del latte che, in parte, era ven- duto alla popolazione; il resto veniva lavorato. Non avendo locali adatti per la stagionatura del formaggio, questo veniva, trasportato in una cantina del castello a 24 ore dalla lavora- zione. Ciò comportava perdita Sala lavorazione della latteria di Spilimbergo all’inizio dell’attività. Le macchine venivano azionate in un primo tempo dall’acqua della roggia che scorreva nei di tempo e molto disagio; solo pressi dell’edificio, successivamente da un motore posto in fondo alla sala, tramite la tenacia degli amministratori un albero di trasmissione che faceva scorrere le cinghie. Archivio Guido Corrado. e dei soci fece sì che la latteria potesse proseguire il suo cam- gnati nel buon funzionamento ciascun socio, sui bollettari in mino. dell’attività sociale, e il perso- cui si riportavano le spese più Nel 1931, in previsione della nale, dedito al lavoro in modo minute e più varie, compreso scadenza del contratto di affit- encomiabile, cambiò più volte, il compenso per i casari e gli tanza con il comune e per avere fino alla chiusura avvenuta il 22 aiutanti. finalmente una sede propria ottobre 1991 per l’insufficiente Nella parte destra della sala, il funzionante, il consiglio di Am- apporto di latte. latte della sera rimaneva a “ri- ministrazione acquistò il ter- poso” in bacinelle da cinquan- reno e fece costruire l’attuale L’attività in latteria ta litri che venivano immerse caseificio. Esso fu costruito sul Dalla sua costruzione il casei- a “bagnomaria” nella vasca di progetto del geometra Giovanni ficio divenne un punto di rife- refrigerazione; il grasso che af- Marin, con criteri razionali, con rimento sociale ed economico fiorava durante la notte veniva attrezzature moderne, con im- per la comunità di Spilimbergo separato alla mattina per poi, pianto di riscaldamento a nafta e dintorni. Ogni mattina e sera, attraverso la zangolatura, pre- di cui allora erano dotati soltan- agli orari stabiliti, il latte veniva parare il burro. to 21 caseifici sui 560 esistenti portato dai soci in latteria sulla Una grande importanza rive- nella Provincia di Udine che, piazzetta di via Cisternini, nei stiva il controllo dell’igiene del all’epoca, comprendeva anche grandi recipienti per il latte, ap- latte, indispensabile per otte- l’attuale provincia di Pordeno- pena munto e ancora caldo. nere un formaggio e un burro ne. Era dotato pure di appa- Nella sala ricevimento il latte di prima qualità. Il latte veniva recchi per la ricerca delle frodi veniva pesato sulla bilancia: con filtrato al momento della con- più comuni, per il controllo la cura si annotava sul libretto di segna, e periodicamente con- sanità del latte e per la determi- ognuno e sul registro quanto trollato attraverso una serie nazione del grasso. era stato conferito per calcola- di strumenti in dotazione alla Nel 1931 il caseificio di Spilim- re quanto sarebbe spettato in latteria: provette, termometri, bergo era tra i migliori della burro e in formaggio a ciascuno. sostanze chimiche, ecc. provincia. Dalla costituzione In latteria si scriveva molto: Venne redatto e stampato il della Società si succedettero sui grandi registri del conferi- “Decalogo per la produzione di vari presidenti, sempre impe- mento del latte, sul libretto di un latte buono e sano” e affis- TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 49

so all’interno della latteria. Il re- che periodicamente sorvegliava entrava a casa a volte a notte golamento, inoltre, imponeva ai il rispetto delle norme igieni- inoltrata. soci un comportamento igienico che. Nella sala centrale si trovavano impeccabile con ammende per i Come era necessario badare le attrezzature per la lavora- trasgressori. Il socio che avesse alle mucche ogni giorno, così il zione del latte: la zangola e la provocato una “cotta guasta”, lavoro della latteria non aveva scrematrice per il del burro, le attraverso l’apporto di latte “im- soste: nei verbali si legge di vasche e i pressatoi per il for- proprio” e cioè sporco, allun- compensi al casaro per le do- maggio. gato con acqua, acido, di due meniche e di gratifiche per il Versato il latte nelle caldaie mungiture diverse, ecc. sarebbe giorno di Natale. in rame, il casaro portava la stato punito con una multa fino Lucia Sovran, in servizio presso temperatura del latte a 35°C, all’espulsione. la latteria per ben 24 anni, non agitandolo continuamente a Oltre al regolamento, esisteva fece un solo giorno di ferie o mano o, in tempi relativamente tra i soci un codice d’onore: malattia, solo un’assenza per più recenti, tramite un piccolo infatti, a ogni violazione, il la morte del fratello. Il suo im- motore che azionava una pala trasgressore veniva immediata- pegno nel tenere pulita ed effi- (spino). Sotto le caldaie veniva mente riconosciuto dal casaro, ciente la latteria era costante: portato il fuoco con un carrello sempre presente alla consegna andava dall’assistenza al casaro azionato a mano. Il caseificio del latte e alla sua lavorazione, alla vendita del latte, dalla puli- venne dotato fin dalla sua co- e la sua irregolarità veniva co- zia delle forme al lavaggio delle struzione anche di caldaie a municata al consiglio e agli altri tele. Se si passava per la latteria nafta poiché fu riscontrata la soci, arrecandogli “vergogna” alla sera, si poteva scorgere una convenienza economica rispetto oltre che danno economico. lampadina accesa nelle canti- la legna. La legna necessaria ve- Come emerso dai verbali dell’i- ne: Lucia finiva la sua giornata niva fornita dal socio di turno e, nizio attività, fu istituita la lavando gli attrezzi, riponendo in seguito, acquistata anche dal- “Commissione vigilanza stalle” le tele per il giorno dopo e ri- la latteria, approvvigionamento che continuò negli anni soprat- tutto quando il prezzo della legna si dimostrava conveniente rispetto a quello della nafta. Un termometro di grandi di- mensioni serviva a tenere sotto controllo la temperatura del latte. Raggiunta la temperatura voluta veniva aggiunto il caglio, sostanza ottenuta dalla essic- cazione degli stomaci dei vitelli appena nati e che abbiano suc- chiato solo colostro. Tramite i suoi enzimi produce acidità e aiuta la coagulazione del latte, separando la cagliata dal siero. La caseina, che è la proteina più Lucia Sovran, in servizio dal 1967 al gennaio 1991. “Sono stata felice in latteria, anche se la fatica era tanta. Mai un giorno di ferie. Alla fine le scale erano faticose importante contenuta nel latte, e gli orari pesanti. Ma ricevevo i complimenti per come era tenuta la latteria”. con l’effetto del caglio tesse un TIERE FURLANE 50 • TERRA FRIULANA

fitto reticolo che imbriglia tutti formaggio. A questo scopo, la conservazione e modificarne i più importanti componenti e forma di formaggio veniva gi- la fermentazione. Negli ultimi forma una massa che coagula. rata 3 volte, l’ultima prevedeva anni esse venivano immerse per Dopo circa 20/25 minuti di coa- la rimozione della tela e l’inse- 48 ore nella salamoia, in grandi gulazione la massa, che assume- rimento, tra fascera e formag- vasche poste a metà del salato- va una consistenza gelatinosa, gio, del marchio “Spilimbergo” io, nel seminterrato. Una volta veniva tagliata utilizzando un assieme alla data e ai numeri estratte le forme di formaggio apposito strumento detto lira del socio a cui appartenevano venivano salate a secco, ben di- (dalla forma dello strumento le forme. La collocazione nelle sposte sui tavoli allineati; la sa- musicale dei tempi di Nerone); fascere, e quindi la prima fase latura durava 6-8 giorni: il sale i granuli ottenuti avevano le di- della lavorazione, terminava veniva cosparso su tutta la su- mensioni di piccole noccioline. solitamente intorno alle tredici. perficie del formaggio, il casaro A questo punto iniziava la cot- La mattina successiva le forme lo passava a mano, di forma in tura vera e propria, che durava venivano tolte dalle fascere fa- forma, e controllava che la sua dai 25 ai 30 minuti, alla tempe- cendo scivolare via le targhet- distribuzione fosse uniforme. ratura di 47°C, sempre mante- te metalliche. In seguito alla Ogni due giorni le forme veniva- nendo la massa in agitazione pressatura si formavano delle no girate e salate dall’altro lato. fino a lasciare depositare la ca- sottili striscioline di formaggio Nel fresco della cantina le for- gliata sul fondo della caldaia. ai bordi: queste erano ambite me di formaggio venivano poi Una volta estratta dalla caldaia, da tutti, specialmente dal socio messe a stagionare sugli scaffa- a forza di braccia e con l’aiuto di turno che ne rivendicava li, l’una accanto all’altra: la sala di una ampia tela di lino, la la proprietà. Spesso venivano era riempita sino al soffitto di pasta di formaggio veniva col- regalate ai bambini sempre nu- tavole e di forme. Il casaro e la locata nelle fascere e pressata. merosi in latteria. sua inserviente impiegavano ore La pressatura aveva lo scopo di La salatura del formaggio ha nella cura del formaggio: la cro- far uscire tutto il liquido rima- come scopo di conferire un sta veniva raschiata per impedi- nente, e di mettere in forma il miglior sapore, garantirne la re la formazione della muffa. Le forme venivano rivoltate ogni due giorni per far asciugare il lato del formaggio che, appog- giando sulle tavole, assorbiva l’umidità favorendo così una più omogenea maturazione del formaggio. La temperatura del locale non doveva superare i 10°-15° C per garantire una buona stagiona- tura: le forme, infatti, non dove- vano gonfiarsi, né screpolarsi, né assumere un gusto amaro o un colore strano, né presentare parassiti. Dopo trenta giorni il formaggio veniva consegnato al socio, pu- Pesatura sulla bilancia e fasi di lavorazione, 1978. Archivio Renato Brovedani. lito e stagionato. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 51

Questo fino al 1981 quando e mezzo di siero prima della la latteria si trasformò in coo- scrematura. Il recipiente, mobi- perativa e il modo di lavorare le, era posizionato nella sala la- cambiò. Il latte veniva raccolto vorazione; attraverso la caldaia anche a domicilio attraverso il a vapore il siero portato a ebol- servizio effettuato due volte al lizione faceva affiorare la ricotta giorno dal casaro: con il furgone che veniva subito confezionata mattina e sera passava nei ca- pronta per essere venduta. sali limitrofi di Cosa, Bussolino, Tauriano ecc. e ritirava il latte. Non solo latte... Insegna del caseificio. Il mosaico è Questo veniva retribuito in Oltre all’attività di raccolta e stato realizzato dalla Scuola Mosaicisti del Friuli nel 1931 e restaurato dal denaro e il formaggio ottenuto lavorazione del latte, i locali del maestro Rino Pastorutti nel 2006. venduto direttamente o ai com- caseificio furono sede di incon- Foto Rino Pastorutti. mercianti. tri, assemblee, riunioni sindaca- Per fare il burro, la mattina li e corsi che si svolgevano nel Attraverso la latteria si attua- veniva prelevata la panna che salone in fondo all’edificio. rono, inoltre, numerose forme derivava dall’affioramento del Qui si tennero lezioni casearie di solidarietà che venivano latte nelle bacinelle e, assieme a per giovani allievi casari indet- sollecitate sia ufficialmente quella ricavata dal siero, messa te dall’Ispettorato provinciale attraverso lettere e missive, sia nella zangola a botte. Questa dell’Agricoltura Sezione spe- a mezzo dei soci e consiglieri sbatteva energicamente la pan- ciale di Caseificio. L’Unione che si facevano portavoce delle na fino a formare, in 25 minuti Cooperative del Friuli istituì qui necessità della comunità. La circa, una pasta giallastra: il nell’immediato dopoguerra il latteria promosse sottoscrizioni burro. La pasta del burro usciva recapito di zona per il Manda- tra i soci per la ristrutturazione dalla zangola pronta per essere mento di Spilimbergo fissando del duomo, per le iniziative ago- modellata negli stampi di varie “il giorno di sabato (in matti- stane, per l’asilo-monumento, misure e confezionata con la nata) e ciò per comodità dei per l’ospedale civile, ecc. Con la carta riportante l’intestazione cooperatori che, approfittando fornitura gratuita di latte e siero della latteria. Per costruire le del giorno di mercato hanno più sostenne le famiglie povere e le zangole a botte, si usava legno facilità di recarsi a Spilimbergo istituzioni benefiche di Spilim- scelto e ben stagionato: faggio, e quindi di prendere contatto bergo e dintorni. castagno o rovere. Erano dotate con il nostro funzionario”. Nello La latteria costituiva un centro di cerchioni a tensione rego- stesso periodo l’Unione Coope- di aggregazione solidale dove labile, di spia di vetro e di un rative creò qui uno spaccio con l’impegno comune si concre- ampio portello per facilitarne la il “campionario degli indumenti tizzava nel lavoro e nell’aiuto pulizia. provenienti dagli U.S.A. in di- reciproco. La scrematrice serviva per stribuzione alle istituzioni coo- estrarre dal latte e dal siero perative ns. aderenti”. Diventa Società cooperativa quanta più crema possibile, uti- È del 1952 un telegramma che Nel 1981 assunse la forma della lizzando la forza centrifuga. recita “Dovendo casari del man- società cooperativa con la deno- In latteria, negli ultimi tempi, damento riunirsi oggi ore 14,30 minazione di “Premiata Latteria il casaro preparava anche la assemblea pregola mettere loro Sociale di Spilimbergo - Soc. ricotta. In un recipiente di ac- a disposizione una sala. Ringra- Coop. a r.l.”. Nell’anno seguente ciaio della capienza di 2 ettolitri ziamo. Associazione Tecnica venne stipulata una conven- veniva bollito circa un ettolitro Caseari”. zione con la Cooperativa agri- TIERE FURLANE 52 • TERRA FRIULANA

solidarietà e collaborazione, con- divise i locali con associazioni spilimberghesi per lo svolgimen- to di attività culturali: fecero qui le loro prove il Coro Leoncoro- nato e il Gruppo nascente degli Sbandieratori di Spilimbergo, sotto il coordinamento di Cesare Serafino e Angelo Paglietti, pri- ma della sua costituzione come gruppo facente capo alla Pro Spilimbergo. L’Associazione Spi- limbergomusica tenne qui corsi Foto di gruppo dei soci e del consiglio davanti al nuovo fabbricato, 1931. Archivio Guido Corrado. di percussioni. Nel gennaio del 1999 Giancarlo cola Medio Tagliamento per la propria attività se non con il Frigimelica acquistò l’edificio e il cessione del latte in esubero al mutamento dell’oggetto o con il suo contenuto dalla Cooperativa quantitativo giornaliero normal- sacrificio e l’intervento da parte Medio Tagliamento, raccolse gli mente lavorato e cioè di diciotto dei soci. Si decise quindi la sua archivi cartacei presenti nell’edi- quintali. cessione alla Cooperativa Medio ficio e li donò alla Biblioteca Ci- Negli anni seguenti venne pro- Tagliamento Spilimbergo, ven- vica del Comune di Spilimbergo. gettata e realizzata una serie dita che venne perfezionata nel Il progetto originale di Frigimeli- di opere di sistemazione del dicembre del 1992. ca prevedeva la realizzazione di fabbricato date le sue precarie I locali rimasero inutilizzati una birreria, ma eventi successi- condizioni igienico-sanitarie e fino al 1995, quando la Coo- vi modificarono la prevista desti- in particolare: demolizione e perativa Medio Tagliamento, nazione e nel 2003 venne accolta rifacimento degli intonaci, dei presieduta da Leonardo Del l’idea, espressa da un gruppo di pavimenti, realizzazione ex no- Bianco, consentì l’occupazione giovani grafici spilimberghesi, vo di servizi igienici, isolamenti alla rinata Società filarmonica di trasformare la latteria in un termici alle pareti, rifacimento di Spilimbergo stipulando un centro grafico-culturale. I lavori degli impianti elettrico e idri- contratto di comodato gratuito di ristrutturazione iniziarono nel co. Vennero acquistate nuove con l’allora presidente Stefano 2004: il tetto dell’edificio venne attrezzature necessarie alla la- Tracanelli. Il fabbricato fu oc- vorazione: due caldaie a doppio cupato nella sua totalità dalla fondo, una panettatrice, una scuola di musica: le stanze della zangola, una scrematrice, ecc. direzione e la sala vendita ven- L’attività della latteria continuò nero destinate alle lezioni teo- fino al 22 ottobre 1991. In se- rico strumentali degli allievi; il guito alla normativa agricola in salone delle assemblee ospitava materia di zootecnia, di produ- l’orchestra in cui la filarmonica zione del latte e del commercio svolgeva lo studio dei repertori dei prodotti da esso derivati il bandistici e di musica d’insieme latte conferito diminuì drasti- per la banda giovanile e piccoli camente e quindi fu impossi- gruppi strumentali. La Società La sala polifunzionale cuore bile per la società esercitare la filarmonica, in uno spirito di dell’associazione culturale. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 53

alzato ricavando un secondo forme di comunicazione e inte- Appuntamento annuale il Premio piano mansardato e il piano ter- rattività, che permette di rendere internazionale Maria Gasparini ra venne risistemato mantenen- partecipe il cliente durante tutto Frigimelica dedicato alla grafica, do una suddivisione degli spazi l’iter progettuale e produttivo e di editoria, illustrazione e scrittura simile al progetto del 1931, ma collaborare con professionisti di per ragazzi, assegnato per il 2011 con gli accorgimenti necessari vari settori (fotografi, illustratori, a Claudia Contin Arlecchino. Sono per la normativa vigente. copy writer, traduttori, stampatori, seguite da un pubblico affezionato La ristrutturazione, terminata web designer) per la realizzazione anche le serate del ciclo “Obiettivo nell’aprile 2006, ha tenuto con- del prodotto finale. salute” con temi sempre diversi sul to delle caratteristiche storiche benessere e la salute e quelle alla dell’edificio, conservandone i L’idea di fondare l’associazione scoperta di prodotti enogastrono- tratti salienti e numerosi ele- che porta il nome dell’ex casei- mici con la rassegna “La gola del menti architettonici originali. ficio nacque per mantenere gli gusto”. stessi obiettivi perseguiti negli Grande partecipazione anche ai Oggi anni dalla latteria, luogo di in- corsi: i Workshop formativi orga- “La latteria ora riapre i battenti e contro per generazioni, modello nizzati con l’Agenzia Concentro e il non per raccogliere latte, bensì pa- di società basato sul lavoro, corso di Storia dell’arte con la bra- gine e idee, non per fornire burro sulla condivisione e sulla solida- vissima Mariapaola Celledoni. e formaggio, ma libri e immagini: rietà. Il periodo di crisi e il taglio par- ospiterà infatti Interattiva e l’asso- L’associazione “Il Caseificio” or- ziale dei sostegni pubblici han- ciazione culturale ‘Il caseificio’, un ganizza dal 2006 incontri, mostre, no solamente ridotto la quantità laboratorio dove si idea, si dispone laboratori, spettacoli, corsi. Ricor- di eventi proposti dall’associa- la forma, il carattere e la stampa diamo le rassegne alla scoperta zione, ma non hanno impedito dei libri e si promuovono incontri di un paese straniero con ospiti che la fantasia e il desiderio di e mostre, un nutrimento di diverso internazionali come lo scrittore collaborazione proponessero genere, indispensabile per tutti, e Carlos Montemayor per “Messico sempre nuove iniziative come per i giovani in particolare”. Così l’ombelico della luna” o Tara Gan- le mostre fotografiche di Spi- proseguiva il suo racconto Novella dhi, nipote del Mahatma, per “India limbergo Fotografia organizzate Cantarutti nel 2006. la grande madre”. dal CRAF, concerti in collabora- Interattiva è uno studio grafico che Non sono mancati progetti speciali zione con Folkest, spettacoli e progetta e realizza materiali pub- dedicati ad approfondimenti su serate video con l’associazione blicitari, editoriali, commerciali per temi di attualità come la rassegna Il Circolo, incontri e conferenze aziende, enti pubblici, associazioni, “I diritti dei bambini” per i 20 anni con l’amministrazione comunale professionisti ma anche privati della Convenzione sui diritti dell’in- di Spilimbergo, il Circolo Acli, il con un servizio di stampa digitale fanzia organizzata con l’Unicef e Circolo culturale Menocchio e in piccole tirature. Opera dal 1997 gli appuntamenti di “Diversità e molto altro ancora. nel centro storico di Spilimbergo e differenze”. negli anni ha coltivato il desiderio Le mostre fotografiche organizzate Qualche pagina ancora potrà di unire impegno lavorativo e pas- anche in luoghi diversi e suggestivi essere scritta per l’ex caseificio: sione per la cultura e per la propria dei dintorni spilimberghesi come il piano superiore, non ancora città fino ... al caseificio. “L’insonnia della terra” a Villa Sa- terminato, è un gioiellino anco- Grazie a questo luogo accogliente, vorgnan di Lestans con gigantogra- ra inesplorato. Il progetto gra- l’organizzazione interna dello stu- fie del fotografo Danilo De Marco, fico culturale potrebbe essere dio è pensata come un laboratorio/ oppure la collettiva sull’India pres- sviluppato e completato con workshop aperto alle più diverse so Corte Europa a Spilimbergo. nuove idee e nuove attività... TIERE FURLANE 54 • TERRA FRIULANA

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Pubblicità di un panettiere friulano a New York; dal periodico Famee furlane dei friulani di New York,1939. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 55

Lucio GUGLIELMIN, Angela SOMEDA DE MARCO La cise furlane L’importanza di una siepe: il ligustro rappresenta un elemento caratteristico del paesaggio friulano, tanto da poter essere definito la cise tipicamente friulana

Avete mai pensato a quanto sia im- manutenzione, tutti gli elementi delimitare le proprietà con muri portante il paesaggio di una zona? del paesaggio rurale assumono una di materiali tipici della zona quali Il paesaggio che percepiamo con connotazione positiva in quanto ciottoli, sassi, pietre e mattoni. la vista può dare una sensazione portatori di una “bellezza funziona- Nel caso specifico del ligustro, la ☛ di armonia, di equilibrio, di com- le” essendo il loro aspetto esteriore pletezza, di tranquillità, oppure di fortemente legato all’attività di disordine, di aggressione al territo- gestione del territorio coltivato: rio, di disturbo, di disagio. non a caso, viottoli, canali, albera- Alcuni paesaggi sono diventati ico- ture, siepi e coltivazioni sono stati ne turistiche tanta è la loro bellez- oggetto di interesse e motivo di za: essi agiscono positivamente per ispirazione per pittori, fotografi, l’armonia delle forme, dei colori, cineasti… delle variazioni che assumono con le differenti luci e stagioni. Barriere vegetali Chiesa di Nogaredo di Corno, ligustro con gelsi: da notare l’armonica unione A E arriviamo alle siepi che delimi- di due piante tipiche del paesaggio Bellezza funzionale tano le proprietà, chiudono par- friulano. Un paesaggio può assumere per la zialmente o totalmente la vista (la- psiche una connotazione fortemen- sciando solo in parte immaginare te positiva: fate una semplice prova che cosa ci sia oltre), danno rifu- con una passeggiata all’aperto, in gio, riparo e protezione a decine di campagna… L’ambiente rurale è specie animali, insetti, ragni, picco- fortemente antropizzato, ma un bel li rettili, uccelli e piccoli mammiferi paesaggio campestre sa infondere contribuendo in maniera significa- tranquillità ed ammirazione perché tiva al mantenimento della biodi- ogni elemento è in equilibrio per versità nell’ambiente rurale. forme e colori, ogni elemento ha L’uso delle siepi ha rappresentato Siepe delimitativa nel brolo Someda De Marco a Mereto di Tomba: esemplari di un suo fascino. Se sapientemente per secoli, nelle nostre campagne, cinque anni ottenuti per talea da piante realizzati e sottoposti ad adeguata un’alternativa alla possibilità di autoctone. TIERE FURLANE 56 • TERRA FRIULANA

Siepe a forma libera in fiore presso Questa bressana di Tricesimo è completamente circondata da una bassa siepe l’azienda vitivinicola Tenuta Pinni di ligustro che gode di una buona manutenzione anche se da anni la funzione a S. Martino al Tagliamento. dell’apprestamento è venuta meno. barriera vegetale, oltre a richiedere ai giardinisti e ai vivaisti a partire naturale è caratterizzato dal Ligu- minime manutenzioni, forniva la dagli anni Settanta, hanno di fat- strum vulgare, completamente materia prima per la produzione to stravolto il paesaggio; queste esfoliante d’inverno. Per garantire di manufatti di utilità domestica, specie, assieme ai numerosi ar- una maggior azione coprente in tut- quali scope, setacci, cesti, legacci busti di più recente introduzione, to l’arco dell’anno, a fine Ottocento per le viti in alternativa ai giunchi. quali la fotinia, possono avere un è stato introdotto il Ligustrum Fino ai primi anni Sessanta tutti significato economico nella realiz- ovalifolium, con foglie un po’ più i monelli, ma anche molti adulti, zazione del verde di case a schiera grandi e tondeggianti, ma con carat- conoscevano molto bene l’uso dei e di villette, ma non declinano la teristiche analoghe. sottili rametti di ligustro (25-30 peculiarità e la bellezza dell’am- cm) che, uniformemente spalmati biente rurale friulano. Col loro Siepi e forme di vischio, divenivano ottime pa- verde intenso e uniforme, invariato Questo ligustro ha foglie semi- niuzze (vuiscjadis) per la cattura nell’anno, conducono, tra l’altro, a persistenti, forma siepi compatte fin degli uccelletti. sensazioni funeree e, giustamente, dalla base, può essere mantenuto In ambiente urbano, le siepi hanno qualcuno le definisce “vegetazione ad un’altezza di soli 60-80 cm oppu- avuto ed hanno funzioni analoghe cimiteriale”. re formare vere e proprie barriere come delimitazione della proprietà fitte e alte fino a 4-5 metri. Si adatta e come arredo del parco o giardi- Ligustro a foglia ovale molto bene a ripetute potature e no in cui sono inserite con le loro Perciò l’Istituto tecnico agrario quindi è indicato per l’arte topiaria: forme libere o topiarie, con le va- di Spilimbergo ha lanciato una si possono ottenere cubi, sfere, on- riazioni di portamento e colore nel provocazione: “piantatela con le de e forme originali e creative con corso delle stagioni. siepi alloctone, piantate una siepe poca fatica ricorrendo a tosasiepi autoctona!” e forbici, perché i rametti sono te- Scelta della specie Per dare un servizio a chi crede neri al taglio e la forma definitiva La scelta delle specie da siepe nella tipicità dell’ambiente friulano, si mantiene con soli due interventi caratterizza fortemente un paesag- si è iniziata la propagazione del all’anno. Inoltre, la capacità di ri- gio: le specie esotiche che hanno Ligustrum ovalifolium, il “ligu- caccio del Ligustrum ovalifolium preso piede in maniera disorganica strino” che da duecento anni rap- consente una revisione radicale del- e incontrollata a partire dagli anni presenta il “naturale” e più sem- la forma in circa tre anni. settanta, hanno spesso lentamen- plice sistema di recinzione degli Questo arbusto sopporta senza pro- te e inesorabilmente snaturato il orti e dei broli friulani, da Aviano a blemi le basse temperature; tanto paesaggio storico e tipico, spesso Gorizia, dal livello del mare fino ad che nella nostra Regione le siepi trasmettendo una sensazione di di- oltre 1000 metri. di almeno 3 anni gestite corretta- saccordo e disarmonia dell’insieme. Come siepe il ligustro è sempre mente superano senza problemi Il lauroceraso o le tuje, tanto cari stato apprezzato, ma il paesaggio particolari i 15°C sotto zero: con il TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 57

gran freddo, il ligustro “fa da ter- modo fraudolento il vino. Conten- a fine inverno si possono realizzare mometro”, dapprima le foglioline gono un glucoside tossico, ma sono facilmente cestini ed altri oggetti assumono una tonalità fra il rosso anche molto sgradevoli di sapore molto decorativi. vinaccia e il bruno, poi cadono pro- (quindi nessun pericolo per i bam- I fiorellini bianchi, profumatissimi, gressivamente. Tuttavia la pianta bini!); in compenso sono gradite da molto visitati dalle api, sono riu- supera l’inverno e in primavera si merli, tordi, pernici e fagiani. niti in pannocchie e sbocciano in formeranno nuove foglie verdissi- Dalla corteccia si estrae un colo- maggio-luglio, con una eventuale se- me; eventualmente sarà necessario rante giallo, utilizzato un tempo conda fioritura in agosto-settembre: solo eliminare qualche rametto per tingere teli di canapa e stoffe sopportano il reciso e sono utilizza- essiccato. di lana. bili per produrre graziosi bouquet. Secondo qualche linguista il nome La siepe molto fitta offre riparo e Bacche, fiori e molto altro Ligustrum deriva dal latino ligare protezione agli uccelli, ospitandone i Le bacche blu-nere che si forma- ‘legare’, ma supponiamo che sia nidi soprattutto se forma una barrie- no a fine estate se la pianta viene una spiegazione fatta “ad orec- ra molto alta, superiore ai due metri. poco potata sono tossiche e in chio”, anche se in realtà i rametti Nel caso di giardini od orti a bordo passato sono state utilizzate per flessibili si prestano per effettuare strada, il ligustro è particolarmente produzione di inchiostri e tinture legature nel vigneto, nell’orto e in adatto per creare una siepe anti-in- naturali, soprattutto per cappelli giardino. quinamento alta almeno due metri, e guanti, nonchè per colorare in Con i rametti di un anno raccolti così da evitare che gas di scarico e

Cestino realizzato con rametti di ligustro. Fotografia di Alessio Assaloni (studente ITAG Spilimbergo). TIERE FURLANE 58 • TERRA FRIULANA

Particolare delle foglie di Ligustrum In maggio-luglio il Ligustrum ovalifolium Le bacche prodotte dal ligustro persi- ovalifolium in habitus invernale. produce numerose infiorescenze profu- stono durante l’inverno e rappresen- mate, bottinate dalle api e frequentate tano una fonte di richiamo e sostenta- da molti altri insetti. mento per gli uccelli frugivori. polveri sottili vadano a depositarsi rametti di circa 50-60 cm. Le piante trapiantate sono state sul terreno e sugli ortaggi. Da ciascuno di questi sono state poste all’esterno, in serra fredda ricavate, con tagli obliqui sopra e (vivaio) per favorire l’adattamento Propagazione sotto i nodi, delle talee di circa 15 alle condizione climatiche definiti- Il Ligustrum ovalifolium si cm di lunghezza, avendo l’accor- ve di pieno campo. moltiplica per talea semilegnosa tezza che ci fossero almeno 3-4 Queste piante, opportunamente (giugno-agosto) o per talea inver- nodi per talea. concimate e irrigate, sono state la- nale (talea legnosa), in pieno cam- Le talee, previo trattamento con sciate nella serra fredda per circa 3 po o sotto protezione in ambiente ormoni radicanti, sono state im- mesi, fino al completamento della controllato. Quest’ultima è stata la piantate in vasetti riempiti con crescita e alla costituzione di pian- tecnica adottata presso l’Istituto terriccio specifico per radicazione te pronte alla vendita. tecnico agrario di Spilimbergo. e poi sottoposte alla “forzatura” in Da piante autoctone presenti in serra su bancale riscaldato, provvi- Tecnica colturale luoghi disparati della pianura friu- sto di irrigazione nebulizzata. Dopo La tecnica colturale del ligustro è lana (siepi di ville, siepi costituenti circa 55 giorni (fine marzo - primi semplice. fasce di delimitazione stradali, di aprile), a completa radicazione, Pianta decisamente rustica, de- ecc.) si sono prelevate nel mese di si è provveduto al trapianto in va- bolmente calciofila, cresce bene in gennaio, in fase di luna calante, dei setti di diametro maggiore. terreni poveri, anche a scheletro

Prelievo delle talee di ligustro in pieno Cassetta con le marze pronte per le Piantine in fase di radicazione su bancale inverno. successive lavorazioni. riscaldato presso l’Azienda dell’Istituto tecnico agrario di Spilimbergo. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 59

Tecnica di potatura del ligustro: a) 1° anno dopo l’impianto: cimatura dei rami secondari alla seconda-terza gemma; b) 2° anno: accorciamento dei rami secondari e terziari di circa un terzo; c) 3° anno: potatura per assestamento della forma.

prevalente, come i terreni allu- Una volta posta la pianta nella bu- garantire la sopravvivenza di tutta vionali della fascia pedemontana ca, con il colletto a filo del terreno, la pianta. Questa caratteristica del Friuli, anche se non disdegna si provvederà al riempimento del del ligustro è molto importante terreni più fertili come quelli della solco o della buca stessa, facendo nell’economizzare l’acqua, even- bassa pianura friulana. seguire una abbondante irrigazione tualmente riservandola ad altre Teme il ristagno prolungato. Per- (circa 8-10 litri d’acqua per pian- destinazioni, quali l’orto dome- tanto nei terreni asfittici, è oppor- ta). L’apporto di acqua deve essere stico. tuno provvedere ad un drenaggio regolato in base alle condizioni sul fondo della buca d’impianto, climatiche. Potature realizzabile anche con materiali po- La potatura è facile e si può gesti- veri, ad esempio grossi ciottoli. Concimazioni re correttamente lo sviluppo della Dato che il ligustro produce in pianta fin dalle prime fasi. Messa a dimora primavera una massa di nuovi ger- Raggiunte le dimensioni volute, lo Per il trapianto si prevede la for- mogli, è bene concimare alla fine schema di potatura è semplice: mazione di buche (per soggetti dell’inverno con letame, pollina in - a fine inverno si eliminano rami isolati) o solchi se si prevede la pellet o granulare al piede delle secchi e disordinati; costituzione di una siepe, aggiun- piante. Lo stesso dicasi per una - in giugno, dopo la fioritura, si dà gendo una concimazione di fondo leggera concimazione a fine luglio- la forma cimando con tagliasiepi con fertilizzanti organici (letame o primi agosto perché a fine agosto e/o forbici; altri fertilizzanti apportanti sostan- inizierà a fare il nuovo legno. - si ripassa a fine agosto per man- za organica). tenere la forma (questo è il mo- Le piantine saranno poi trapian- Irrigazione mento migliore per prelevare le tate avendo l’accortezza di non Nei primi 3 anni dopo la messa a talee semilegnose). far toccare le radici con i concimi dimora, la siepe va bagnata con Va precisato che il ligustro tollera utilizzati, interponendo tra radici regolarità nel periodo estivo, ab- potature anche in momenti sta- e concime del terriccio preconfe- bondantemente ma non continua- gionali non ottimali, si presta be- zionato mescolato con il terreno tivamente, magari ogni settimana o ne all’uso del tosasiepi meccanico ricavato dall’escavazione dei solchi ogni dieci giorni, se non piove. in quanto i germogli sono sottili e o delle buche. Quando è adulta e le radici sono teneri. Per formare siepi si mettono a di- ben affrancate in profondità, si Per prevenire malattie fungine, mora le piantine ad una distanza noterà la capacità di sopportare la soprattutto in zone umide, si di circa 40 centimetri. L’epoca più siccità estiva: anche se si osserva deve cercare di tenere la massa indicata è da settembre a marzo, un leggero appassimento degli vegetativa della siepe un po’ rada, evitando i periodi invernali più apici dei germogli, sarà sufficiente asportando una parte dei rametti freddi. un minimo apporto di acqua per interni alla chioma. TIERE FURLANE 60 • TERRA FRIULANA

Cise e bàcjare: i nomi del ligustro

In friulano il ligustro può essere chiamato cise ‘siepe’, con efficace scivolamento semantico proprio perché la sua principale funzione è quella di costituire siepi. Cise, secondo il DESF (Dizionario etimologico storico friulano), viene dal latino *caesa, cisa ‘chiusa, siepe’. Nella nostra lingua vi è, però, anche un altro nome, più specifico, femminile, e tuttora noto: bàcjare. Si trova nel Vocabolario botanico friulano, redatto da Giulio Andrea Pirona nel 1862, con il nome scientifico di Ligustrum vulgare L. perché il Ligustrum ovalifolium, di cui si tratta nell’articolo, non doveva aver ancora preso piede in Friuli. Secondo il Pirona è pianta comune nelle siepi e nei boschi e “le bacche danno un color porporino, e servono alla preparazione della lacca rossa”. Non escludiamo che la base di bàcjare sia la medesima che ha dato l’italiano “bacca”, e ciò per ovvi motivi; il DESF, dal canto suo, vi vede un latino baccar, baccaris, voce peraltro ritenuta di origine gallica. Il Vocabolario botanico friulano del Pirona ci informa di due sinonimi di bàcjare che sarebbero scjepolâr e varùscli. Il primo potrebbe venire da scjaipolâr, nel senso di “adatto a fabbricare gabbie” (scjaipulis); una conferma si trova in La vita in Friuli del 1894 dove Valentino Ostermann scrive che “Co’ suoi rami si fanno scope e gabbie”. Il secondo nome, più misterioso, è anche il nome friulano del morbillo, ma non sappiamo se, e quale, collegamento ci possa essere. L’italiano ligustro sembra venire direttamente dal latino ligustrum (ne parlano Virgilio, Ovidio, Columella e l’immancabile Plinio), ma non è detto che sia così semplice. In effetti ligustro è voce dotta, pescata da qualche “studiato” nel latino o, meglio, scimmiottata dal nome botanico Ligustrum che Linneo aveva preso dal latino. Questa trafila è usuale: si pensi che la tale è detta tarassaco, nome tutto fuorchè italiano, perché il suo nome botanico è Taraxacum officinale (in italiano verace sarebbe dente di leone o piscialletto), lo sclopìt è impunemente detto silene perché il suo nome botanico è Silene inflata (in italiano ha nomi plurali come strigoli o bubbolini), ecc. Quanto al ligustro ha nomi italiani quali olivello, fiore di San Giuseppe e ruvìstico, quest’ultimo con qualche assonanza col nostro varùscli. E il latino ligustrum da dove viene? C’è chi dice dal lal verbo latino ligare ‘legare’, ma tale ipotesi non ha più alcun credito; alcuni linguisti danno come significato ‘originario della Liguria’, ma lo fanno con molti dubbi. Sostanzialmente non si sa. Senza l’inglese non si va da nessuna parte: in questa lingua il ligustro si chiama privet (pronunciate pure prìvit), nome la cui origine resta misteriosa, così come il suo sinonimo primprint. Insomma dietro una pianta così comune rimangono parecchi misteri linguistici che, non dimentichiamolo, sono misteri storici.

E.C. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 61

Gianni COLLEDANI I gravarôi Quando tutto era buono e si tentava di fare una palanca con l’erba da spazzole

I gravarôi sono i frequentatori quel poco che la natura spontanea- Comuni, ognuno per la sponda di della grava. Ma cos’è la grava? mente e stagionalmente offriva. competenza, esercitavano un seve- Detto alla buona, la grava è una A novembre offriva ricci ben pa- ro controllo e ne vietavano il taglio. zona particolare del Tagliamento sciuti che avevano appena iniziato Era sempre aperta invece la caccia dove la terra non è ancora terra e il il letargo. Da aprile in poi rane alle talpe la cui pelliccia vellutata fiume non è più fiume. copiosissime là dove l’acqua rista- era venduta con profitto presso i Siamo nella zona di Spilimbergo, gnava tra gli argini e il fiume, nel Comis di Spilimbergo che la usava- tra Gaio e Gradisca da una parte, e quale c’era grande abbondanza di no per guarnire i cappelli dei vip. tra Villanova e Sant’Odorico dall’al- trote, temoli, cavedani, scazzoni In autunno i gravarôi si avventu- tra. A prima vista essa è sterile e (gjavedons). In estate si passava ravano sul greto del Tagliamento riarsa ma, a guardarci bene, cela alla raccolta dei vencs, i vimini che per raccogliere radici e sarmenti risorse umili e inaspettate anche se servivano per intrecciare zeis e zi- abbandonati dalle acque, talvolta misurabili solo con il metro di chi gots che venivano venduti, raccolti anche preziosi tronchi di carpino si accontenta. in mazzetti, a quelli di Cornino e faggio sfuggiti ai boscaioli delle ILa grava è un mondo a sé dove i che intessevano cos. La raccolta terre alte, materiale quanto mai sassi, ricoperti appena da un velo nei saletti era rischiosa perché i idoneo per alimentare il focolare ☛ di humus che nutre stentatamente salici, rovi e vitalbe, sono i signo- ri incontrastati nella loro varia e mutevole natura, prima di claps, poi di gleria e infine di savolon, il prodotto ultimo dell’opera lenta e multimillenaria dei ghiacciai, del- le correnti e del clima. Una zona quindi ingrata e povera dove nei tempi andati il vincolo feudale era meno rigido e l’arroganza padro- nale meno vigile consentendo così, a chi sapeva ingegnarsi, di vivere in dignitosa miseria ai margini del sistema senza scappellarsi davanti a nessuno. Liberi come l’acqua del fiume. Questi scorridori della grava, i gravarôi appunto, vivevano di Paesaggio della grava spilimberghese oggi (settembre 2011). TIERE FURLANE 62 • TERRA FRIULANA TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 63

Un angolo della grava spilimberghese oggi (settembre 2011). Nei tempi andati una situazione così non poteva presentarsi: il legno morto, prezioso per il focolare, veniva immediatamente raccolto, come venivano raccolte le foglie e l’erba secca. C’era chi aveva una cura maniacale della grava giungendo a “pettinare” il magro cotico con i rastrelli e financo a scoparlo durante l’inverno con apposite ramazze. Si trattava di massimo sfruttamento di una risorsa, comunque rispettata, ma anche l’estetica voleva la sua parte. Oggi buona parte della grava è trasformata in seminativo, prevalentemente a mais. o lo spolert: bòres e sclàmpes (i radici di cuadri utilizzato per la attrezzi e per ripararsi dalla piog- primi sono rocchi interi, le seconde fabbricazione di spazzole. gia e sulla porta sgangherata o sul sono rocchi spaccati coi cunei e fico dell’orto fissavano un virgulto divenute lègnes). Accanto a questi gravarôi nomadi intrecciato di paùgna (Viburnum La raccolta dei funghi, delle erbe c’erano anche dei gravarôi che lantana) per favorire i raccolti, selvatiche e di tutto ciò che era potremmo definire stanziali. Si scongiurare la grandine e gli im- mangereccio non conosceva sosta, trattava di poveri sotans che, negli previsti maleficii delle streghe. Col- eccettuato forse il cuore dell’inver- ultimi decenni dell’Ottocento, si tivavano piselli e radicchi, fagioli e no. erano inventati ortolani più per vuaìnis, cipolle, verze e cappucci, Tutto era buono: uova e nidiacei, necessità che per passione. Spiriti zucche e patate che venivano bene leprotti di tana, frutti del bianco- liberi e un po’ ribelli, idealmente nel limo soffice e drenato. Patate, spino (baràç dedròus), nocciole e vicini al sole nascente, avevano co- tante patate, il pane dei poveri a le immancabili bisuvignis del pero minciato a coltivare qua e là l’am- cui, all’epoca del raccolto, monta- corvino (Amelanchier ovalis). pio alveo del fiume, la grava, bo- vano la guardia col fucile in spalla. Ma i gravarôi erano soprattutto nificando, livellando e spietrando Però i gravarôi della seconda noti per svangare, spesso abusi- fazzoletti di terra sabbiosa che poi generazione, quelli di inizi Nove- vamente, i prati alla ricerca delle provvedevano a vangare, ad innaf- cento, per capirci, figli maturi delle fiare e a recintare di siepe viva per lotte risorgimentali, non mettevano L’ampia grava di Spilimbergo è contrastare la voracità dei caprini e più negli orti virgulti intrecciati di efficacemente rappresentata nella la rapacità dei paesani nullafacenti paugna, in quanto considerati se- Kriegskarte 1798-1805. Il Ducato e gelosi. gnacoli di un passato da dimentica- di Venezia nella carta di Anton von Zach. Das Herzogtum Venedig auf Non era terra loro, era terra co- re. Preferivano affidarsi alle forze der Karte Antons von Zach. Al cento mune, terra demaniale, ma ne proprie e al nume del mitico Eroe del Tagliamento c’è la scritta verticale fruivano col tacito assenso delle dei due mondi. Seppur sbiadita Pascolo magro, segno che anche all’epoca (fine del Settecento) qualcosa autorità. Vi tiravano su un rustico era ancora leggibile, fino a pochi poteva offrire alla popolazione locale. e minuscolo casotto per riporre gli anni fa, all’interno della cosiddet- TIERE FURLANE 64 • TERRA FRIULANA

ta “Casetta di Garibaldi”, che sta il cuadri o cuadrin, il Chrysopo- bre e continuavano fino a marzo. su una delle tante muculis che gon gryllus, o trebbia maggiore, I nostri quattro soci, e come loro guardano il Tagliamento, la scritta nome che, secondo alcuni studiosi le altre compagnie di scavatori di elegantemente composta sulla mal- è da collegare al latino chordum, Gradisca, Cosa, Aurava, San Gior- ta: “Splenda pace o tuoni guerra guaime, fieno di secondo taglio. Il gio della Richinvelda e dintorni, / brinderemo alegri e baldi / all’a- cuadri è una graminacea a foglia provvedevano innanzitutto ad affit- gronomo soldato / a Giuseppe Ga- dura e tagliente le cui radici, tra le tare il prato da sfruttare, versando ribaldi / nostro nuovo Cincinato”. due guerre e nell’immediato dopo- ai proprietari un congruo canone, Guerra e pace, spada ed aratro, il guerra, ebbero buon mercato per tale da ricompensarli della parziale solito binomio. la fabbricazione di spazzole in fibra perdita della fienagione. Iniziavano I meno massimalisti comunque, vegetale. Era un’erba difficile da l’opera tagliando a colpi di badile le non avendo perso ancora del tutto tagliare anche per il falciatore più zolle erbose ed ammucchiandole in il senso del mistero e il timor di esperto ma, diventata fieno, molto disparte. Le rivoltavano in seguito Dio, ponevano nel casotto degli appetita da bovini e caprini. dalla parte delle radici, scuoten- attrezzi un rametto d’ulivo o le de- Erano anni difficili, scarse le risor- dole e stendendole una accanto vote immagini di sant’Urbano, in- se, lavoro poco, la lira non girava. all’altra. Poi toglievano la terra per vocato contro la grandine, o di san Ma bisognava pur industriarsi per mezzo di un piccone con la punta Foca, patrono degli ortolani. allontanare i fantasmi mozzata e procedevano a stacca- La fatica e la tenacia di quei pio- che aleggiavano sopra re a colpi di rastrello le radici del nieri è stata premiata. Ora questi la madia vuota. E cuadri. Cercavano poi di ricostru- orti, sottratti più di un secolo fa provvedere almeno ire il suolo erboso, procurando di alla sodaglia o ritagliati nella alle prime necessi- ridurre al minimo i dislivelli, per grava dalla operosa costanza dei tà. Cinque lustri fa non attirarsi i rimbrotti dei pro- gravarôi, sono diventati legittima Franca Spagnolo, prietari. Alla sera ognuno rientrava proprietà dei loro eredi. grazie alla preziosa con il suo sacco di juta pieno di testimonianza di Lu- radici che poi provvedeva, durante Andar per cuadri igi Cesaratto (classe la veglia serale nelle fumose cucine Nelle riarse grave della mesopota- 1921) di Gradisca, era o nelle stalle, prima a battere con mia friulana, posta tra Taglia- riuscita seppur in parte, una apposita bacchetta, la scoria, mento e Cellina, e nei ma- a ricostruire la vicenda poi a pettinarle, passandole sopra gredi, i prati magri, a modo umana ed economica una reticella metallica e infine a loro infecondi, c’è, o meglio legata al cuadri. Il la- metterle a mollo in una podina. c’era, un piccolo tesoro sot- voro di estrazione era Le radici così ripulite venivano terraneo in forma di radice: faticoso e complesso e, legate in fascetti di circa 700 per affrontarlo al me- grammi, usando a tal fine il cua- Ecco l’erba chiamata glio, si formavano delle dri stesso. Per rimediare qualche cuadri, o cuàdrin, o scuari. Il nome squadre. Gigi si mise grammo di peso si cercava di inse- scientifico è assieme a Mario, Dante rire accortamente, nel punto in cui Chrysopon gryllus. e Berto. si praticava la legatura, un po’ di Il nome del genere Erano gli anni Trenta, cascame ricavato dalla pettinatura, (Chrysopogon) è greco e significa ‘barba notoriamente anni di adeguatamente inumidito. d’oro’. Un nome scarsa grazia. A fine settimana i quattro amici botanico desueto era I gravarôi di Gradisca avevano buttato sottosopra a forza Andropogon gryllus, dove Andropogon iniziavano a scavare ra- di braccia mezza pertica di terre- significa ‘barba d’uomo’. dici di cuadri a settem- no (500 mq) e ricavato circa un TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 65

per il giorno seguente e rien- travano a casa stanchi morti col sacco di cuadri in spalla. I cava- tori si sforzavano di celare ogni traccia del proprio passaggio, ribattendo le zolle e pareggiando la terra smossa col rastrello, ma il prato restava irrimediabilmen- Gradisca di te gibboso. Immaginatevi l’ira Spilimbergo, 1938. Da sinistra Luigi dei proprietari che non avevano Cesaratto, il fatello visto il becco di un quattrino e si Dante e Berto vedevano compromessa la fiena- Pitussi intenti a strappare il cuadri gione! dalle zolle. Partirono alcune denunce e, na- turalmente, guardie e carabinieri quintale di radici. Ognuno caricava chiedevano protezione confidando si misero allerta. il proprio sacco da 25 chili sulla in tempi migliori, meno confusi e Bepi con Giovanni, Angelo e altri bicicletta e insieme si recavano a incerti, era diventata per Carlo e i quattro compagni furono pescati collocare il proprio tesoro o a Val- suoi amici La Madona dal cuadri. sul fatto. Il meno intimorito era vasone presso il signor Castellan, o Anche nell’immediato dopoguerra, Bepi, reduce dalla campagna di a Casarsa presso il signor Meloni, come si è detto, si scavò cuadri, Russia, che si era trovato di fron- o a San Giovanni presso il signor fin quasi alla soglia del boom eco- te a ben altre divise e a ben altre Fabris, o a Cordenons presso il nomico. situazioni. I sette amici furono peçotâr Famuta, che fungevano da Per i giovani, magari appena rien- tradotti in prigione nel castello di raccoglitori e immagazzinavano la trati dal fronte o dai campi di pri- Spilimbergo dove restarono per merce da fornire poi alle fabbriche gionia, non c’erano opportunità e una settimana in attesa di giu- di spazzole che per lo più operava- la stessa scelta di emigrare richie- dizio. Interpellati in merito non no nel Trevisano. Costoro, in attesa deva di avere una somma minima poterono neppure avvalersi della di completare il carico, stipavano per affrontare le spese di viaggio. facoltà di non rispondere. Dovet- il cuadri in uno stanzone, dopo Prospettive zero. tero pagarsi un avvocato (mille averlo spolverato di zolfo affinché Tra Cellina, Meduna e Tagliamento, lire a testa), furono processati a non annerisse. Il prezzo si aggirava, tra grave e magredi, i ragazzi non Pordenone e condannati a due a seconda della richiesta e della si persero d’animo e per sbarcare il anni con la condizionale e a 5000 svalutazione della moneta, da lire lunario si ingegnarono col cuadri, lire di multa. Fedina penale spor- 1,70 al kg nel 1939 a lire 5,30 nel spesso scavando abusivamente, ca, niente possibilità di emigrare. 1945. ché soldi per l’affitto dei prati non Insomma, condannati alla fame. Per un certo periodo, come quinto ce n’erano. Solo se la legge è uguale per tutti socio, fece parte anche Carlo Rossi Maria Sferrazza, che alcuni anni si può sperare nel trionfo della che, rientrando a Gradisca dopo fa intervistò Bepi Cason (classe giustizia. ogni vendita, era solito introdurre 1922), ricorda che nella campagna L’avvocato Rosso li consigliò di 10 lire nella cassetta dell’elemo- di Cordenòns in tanti erano dediti ricorrere in appello, e così fece- sina posta davanti ad una ancona a questa caccia al tesoro, 200, 300 ro. Il processo si svolse a Venezia con la Vergine e il bambin Gesù, e anche più. Una volta terminata la dove i magnifici sette si recarono sulla strada tra Casarsa e Valva- faticosa giornata di lavoro nascon- accompagnati dal legale. sone. Quella sacra immagine, cui devano negli anfratti pale e picconi La vicenda processuale, raccon- TIERE FURLANE 66 • TERRA FRIULANA

tata da Bepi, può essere così sinte- Via, via, tutti assolti, fedina penale alla ricerca non di cuadri ma di tizzata. riabilitata”. Così sentenziò il giu- tuberi. Il giudice li interrogò incuriosito: dice, che, a differenza di quello di E che per questo danno nessun “Ma cosa avete fatto, benedetti ra- Pordenone, non era un tancuan, e cinghiale, pur colto in flagranza di gazzi, per sporcare la fedina pena- che nella vita aveva conosciuto ben reato, viene perseguito e tanto me- le? Cosa avete mai rubato?”. altri ladri. no isolato dalle forze dell’ordine. “Radici di cuadri”, risposero gli Tornati a casa affittarono un prato E che le spazzole di cuadri, scar- imputati. per non incorrere in altri guai. Ma taces e sborfins, o come volete Il giudice interpellò i colleghi a la raccolta del cuadri aveva i gior- chiamarle, usate un tempo da latere, scartabellò dei libri di bota- ni contati. Ben presto l’orizzonte si legioni di lavandaie e di stallieri, nica ma non ci capì niente. rischiarò e tutti partirono in cerca sono state surrogate da quelle di “Sono radici per fare spazzole e di miglior fortuna, spesso per met- plastica e da altri non meno plastici striglie”, spiegarono meglio gli ac- tere radici nelle lontane Americhe marchingegni. cusati. e dimenticare definitivamente... E che se volete capire come erano “E quanto guadagnavate al gior- altre pericolose radici. fatte non vi resta che andare a ve- no?” Da allora molte cose sono cambia- derle in qualche museo della civiltà “Poche lire, lavorando dalle tre del te. E non tutte in meglio. contadina. Mi raccomando, por- mattino alle nove di sera”, rispose- Intanto vi informo che quei prati, tateci anche i bambini e meditate ro ad una voce. oggetto del contendere, non sono sulla caducità delle cose umane. “Ma questo non è rubare, questo più dissodati dai gravarôi ma Requiem. Il cuadri è morto, viva è spaccarsi la schiena per niente! sconvolti dal grugno dei cinghiali il cuadri.

Paesaggio della grava. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 67

A Peonis non solo prodotti spontanei

Anche a Peonis si sfruttava l’am- pio greto del Tagliamento, qui detto Gleria. Vi si andava a pes e a cla- dops. Tra i pesci prevaleva la trota marmorata, seguita dalla trota Fario che però era molada, cioè immes- sa artificialmente. Si trovavano inol- tre scuâli, bar, temul, vria, sardina (a vigniva sù d’estât) e gjavedon. Quest’ultimo sarebbe un dai miôr e li ch’a è l’aga neta tal Melò a ‘nd è incjimò; si faceva cu la fritâia. A Peonis si chiama sardina l’alborella (localmente detta anche arvorela). I cladops sono legna di recupero, portata dalle montane del Taglia- mento, ma lâ a cladops non era attività diffusa (lo era molto di più a Peruçs di gleria (Hippophäe rhamnoides L.). Trasaghis), era, anzi, vista come una pratica da poveracci poichè a Peonis tutti avevano legna fieno. In realtà poteva accadere che si firmasse il buono in abbondanza. Se qualcuno andava a cladops significava e, poi, eludendo la sorveglianza dei militari ci si portasse che non aveva sostanza cioè cjera, perché la ricchezza, comunque, per vie traverse e non senza pericolo, nei non essendoci bêçs, si misurava in tocs di teren. luoghi della fienagione: si firmava il bon, ma dopo si lava Dire a qualcuno va a cladops significava trattarlo in modo sù, no si podeva lassâ il fen... sprezzante. Appena partiti i militari arrivavano nel Tagliamento i ragaz- Dei frutti spontanei si raccoglievano soprattutto i peruçs zini del paese a raccogliere tutti i residui metallici rimasti di gleria, cioè i frutti dell’olivello spinoso; si ricorda però sul terreno (apena finît di sparâ ducj a cirî...): ferro, ottone che questa raccolta non veniva fatta in modo sistematico e rame, gli ultimi due nettamente più pregiati. come, ad esempio, a Cornino (dove si conferiva anche Proiettili inesplosi? Nessun problema. Nel gruppo vi erano il prodotto di Peonis). La popolazione partecipò ad una degli esperti artificieri, sui 14-15 anni, che disinnescava- raccolta massiccia di peruçs di gleria per finanziare la no l’ordigno (a disvidavin ben planc e a scoltavin cu la costruzione dell’asilo e della canonica. vorêla...). Accanto alle parti metalliche, in questo caso, era recuperato anche l’esplosivo che aveva una sua Quegli esperti artificieri precisa utilizzazione: opportunamente confezionato e Quando i militari (Lancieri di Novara, Piemonte Cavalleria), collegato con una cuarda mina, di chês di âga, veniva negli anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso, veni- fatto brillare nell’acqua del Tagliamento (a fasevin un bot) vano a fare le manovre nel Tagliamento si esercitavano con conseguente abbondante pesca. E tutti ne potevano a fare “i tiri” verso la montagna, ai sparava in Cjavenêli beneficiare: il pes al vigniva dât a dutis lis fameis. e sul Çuròs, in pratica da entrambi i lati del paese. Al- le donne davano un “buono” come risarcimento per il mancato reddito perché nei giorni delle esercitazioni a fuoco non avrebbero potuto andare in montagna a fare E.C. TIERE FURLANE 68 • TERRA FRIULANA

Lea D'Orlandi, Il pigiatore, copertina della rivista La Panarie, anno XI, n. 65, 1934. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 69

Danila VENUTO

Già a cavallo tra Ottocento e No- vecento, diversi mosaicisti e ter- La Scuola razzieri friulani attivi nel panorama internazionale (il noto imprendi- tore mosaicista di Sequals Gian Domenico Facchina, le indimenti- Mosaicisti cabili ditte musive familiari degli Avon, dei Crovato, dei Cristofoli, dei Mora, degli Odorico, dei Pa- squali, dei Patrizio, dei Pellarin, dei del Friuli Tramontin, tutte originarie della pedemontana friulana), dimostra- Nata a Spilimbergo no interesse per la fondazione di Guna scuola di mosaico in Friuli. nel 1922, è oggi il più Saranno poi Lodovico Zanini, re- sponsabile didattico della provincia di Udine (che ha scritto e pub- importante centro blicato relazioni straordinarie sui mosaicisti friulani ed è ancora oggi internazionale di ricerca e annoverato tra i padri fondatori dell’attuale Scuola di Spilimbergo), di formazione professionale insieme agli amministratori locali (in primis il sindaco Ezio Cantarut- nell’arte musiva ti) e alla Società Umanitaria di Mi- lano (una società di patronato con l’obiettivo di promuovere scuole di avviamento professionale soprat- tutto nel difficile periodo del primo dopoguerra) a dare corpo a questo glorioso istituto: la Scuola Mosaici- sti del Friuli. Tutti questi uomini, diffondendo con prospettiva le loro idee in- gegnose, riescono a trovare negli anni Venti risorse ed enti disposti a investire su un bene comune (il lavoro e il futuro di tanti giovani professionisti dell’arte musiva), sottolineando che il mosaico deve essere valorizzato, tramandato e aggiornato, insistendo sulla figura ☛

Spilimbergo, prima sede della Scuola Mosaicisti del Friuli, ex Caserma Bevilacqua, oggi Corte Europa. Primi allievi iscritti, 1922. TIERE FURLANE 70 • TERRA FRIULANA

mora seppur ampliata e rinnovata nel tempo fino ai giorni nostri, vie- ne costruita dal Comune di Spilim- bergo nel 1932. Il ciclo di studi, strutturato in tre anni, prevede – fin dalle origini della Scuola – una programma- zione didattica che contempla sia materie pratiche con numerose ore di laboratorio di mosaico e terraz- zo, sia materie di cultura generale, senza tralasciare lo sviluppo di disegni, bozzetti e cartoni quali presupposti indispensabili per l’i- deazione di composizioni musive, la cui esecuzione deve essere sup- portata dalle esercitazioni pratiche Monza, fontana progettata dall’architetto Raimondo D’Aronco. Vasca realizzata a mosaico dagli allievi della Scuola Mosaicisti. Esposizione alla Biennale di Monza, di mosaico e di terrazzo. 1923. Imprinting friulano per una frequentazione internazionale La Scuola, un tempo frequentata solo da allievi locali, vede oggi la partecipazione di studenti che pro- vengono da tutte le parti del mon- do (dal Giappone agli Stati Uniti, dal Brasile alla Corea, dal Messico all’Australia) rappresentando oltre 20 nazionalità: essa fornisce gli strumenti per tradurre e interpre- tare qualsiasi tipologia di soggetto a seconda dei riferimenti culturali previsti dal programma di studi, passando attraverso le riflessioni e le realizzazioni di mosaici con tecnica greco-romana, bizantina, a Spilimbergo, Scuola Mosaicisti del Friuli, aula di disegno, 1930. rovescio su carta, contemporanea. La materia “mosaico” è correla- del mosaicista che deve essere tenuta il 22 gennaio 1922 (presto ta alla materia “terrazzo” – altra qualificata: con questi obiettivi pri- ricorreranno i 90 anni), nella pri- materia fondamentale incentrata mari è indispensabile far nascere ma temporanea sede della Scuola sull’attuazione di pose e sulla rea- una vera e propria scuola che per Mosaicisti del Friuli, l’ex Caserma lizzazione di pavimentazioni. Que- propria natura e ruolo promuova Bevilacqua, oggi Corte Europa, a ste due discipline caratterizzanti la competenze tecniche e culturali. Spilimbergo. L’attuale sede in via Scuola sono poi supportate dall’in- La lezione inaugurale viene così Corridoni, dove oggi la Scuola di- segnamento di disegno geometrico, TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 71

Somplago (Udine), Centrale idroelettrica ex SADE, oggi Edipower, mosaico parietale dell’atrio d’ingresso, Roma, Foro Italico, Piscina Olimpionica, mosaici pavimentali bianco-neri e fregio 1957. Realizzazione in mosaico della policromo parietale, 1936. Realizzazione in mosaico della Scuola Mosaicisti del Scuola Mosaicisti del Friuli su bozzetto Friuli su bozzetti di Giulio Rosso e Angelo Canevari. di Mario Deluigi. teoria del colore, tecnologia dei alla Biennale di Monza nel 1923, ta ad eseguire tutto il ciclo musivo materiali, computer graphica, sto- con l’esposizione di un mosaico del Foro Mussolini (oggi Italico) a ria del mosaico, indispensabili per collocato all’interno di una fontana Roma. Quasi 10.000 mq di mosaici completare la cultura e la profes- progettata dall’architetto Raimon- realizzati su cartoni di Angelo Ca- sionalità del futuro mosaicista. do D’Aronco. È un successo, e la nevari, Giulio Rosso, Gino Severini Il contatto concreto con la realtà Scuola inizia a crescere e a farsi e Achille Capizzano, su commissio- professionale e artistica, ma anche conoscere al di fuori dei confini ne dell’Opera nazionale Ballila, at- l’unicità della Scuola Mosaicisti regionali. La Scuola Mosaicisti del traverso il presidente Renato Ricci, sono favoriti fin dalle origini dalla Friuli compare su giornali e riviste e gli architetti incaricati Moretti e triplice funzione dell’Istituto (di- nazionali e internazionali e nel giro Del Debbio. I progetti degli artisti dattica, promozionale, produttiva) di un decennio arriva una seconda sono ispirati al monumentalismo e e dalla sua capacità di applicare grande opportunità: viene chiama- alle semplificazioni formali dell’arte concretamente le nozioni alla pro- murale degli anni Trenta, oltre che fessione, una professione che si è alle grandi aperture spaziali dei diffusa nel mondo distinguendo la mosaici bianconeri romani, i cui competenza e l’affidabilità dei mo- soggetti sono stati spesso addirit- saicisti friulani ed evidenziando la tura riproposti e ripetuti in alcune bellezza delle loro opere. scene. Avvertiamo lo stesso clima culturale delle Triennali milanesi Dalla fontana di D’Aronco degli anni Trenta e il mosaico friu- al Foro Mussolini lano qui si aggiorna in sinergia con La Scuola Mosaicisti del Friuli ha l’arte contemporanea, rinnova la lasciato, e lascia tuttora, tracce sua storica funzione architettonica, indelebili in ogni dove, con opere ritrovando nell’architettura la sua musive prestigiose, visibili negli naturale compagna. spazi grandi e piccoli della nostra esistenza, trovando contestualizza- Nel secondo dopoguerra zione nel tessuto sociale e cultura- Il mosaico friulano cerca di man- Premio Gran Noè, 2011; realizzazione le di ogni luogo o di ogni epoca. di Cristina De Leoni, docente alla tenere questa funzione anche in Tutto inizia da una bella occasione Scuola Mosaicisti del Friuli. alcuni progetti musivi proposti TIERE FURLANE 72 • TERRA FRIULANA

nel piano di ripresa del secondo dopoguerra. Innumerevoli sono i cicli musivi eseguiti su bozzetti del pittore friulano Fred Pittino (direttore artistico della Scuola dal 1941 fino al 1977): si annoverano gli interventi musivi per la Chiesa di Cristo Re a Urbignacco di Buia (1942-1951), per le chiese dome- nicane di Waterford (1948-1952) e Drogheda (1954) in Irlanda, per il Tempio Votivo di Cargnacco (1957- 1962) e per il Tempio Ossario (1961-1968) a Udine, per il Santua- New York, Ground Zero, mosaico parietale “Saetta iridescente”, 2004. rio di Madonna di Rosa a San Vito Realizzazione musiva della Scuola Mosaicisti del Friuli su bozzetto al Tagliamento (1960-1973), per la di Giulio Candussio. sala consiliare del municipio di Spi- limbergo (1976), per il cimitero di Spilimbergo, negli anni Cinquanta, zante, in relazione anche agli spazi Sant’Anna (1979-1982) a Trieste, è particolarmente interessante la dell’architettura. solo per citare alcuni esempi. collaborazione con l’artista Mario Sul piano non figurativo, per la Deluigi, su ideazione del quale Ispirazione bizantina storia del mosaico e della Scuola di vengono realizzati diversi pannelli e orientale musivi parietali per varie sedi della Negli anni Ottanta e Novanta, sono SADE (Società adriatica di Elettri- tradizionali, ma emblematici nel cità): si vedano i mosaici di Porto fare mosaico, i lavori musivi d’i- Marghera, Soverzene, Malga Cia- spirazione bizantina che la Scuola pela e pià vicino a noi, Somplago). Mosaicisti realizza nella Chiesa di Quivi subentra la convinzione che Santa Irene presso Atene e nella il mosaico rappresenti una forma sezione ortodossa del Santo Se- d’arte autonoma slegata dalla pittu- polcro di Gerusalemme, eseguiti ra. Deluigi imposta schemi croma- in collaborazione con mosaicisti tici, segni grafici, lettere decorative artigiani friulani titolari di labora- che creano un risultato moderno e tori, tutti ex allievi della scuola di d’impatto con mezzi minimi. Spilimbergo: questo tipo di mosai- Sulla scia di Mario De Luigi si muo- co parietale è funzionale al culto, ve, fin dagli anni Sessanta, Nane ed è sempre pensato (come già Zavagno, ex allievo della Scuola nel medioevo) in armonia con l’u- Mosaicisti del Friuli, pittore, scul- tilizzazione del locale e quindi con tore e maestro mosaicista, il quale l’architettura, distinguendosi dalla – con collaborazioni che si segna- pittura per resistenza dei colori e Spilimbergo, Corte Europa, “Ex lano fino al 2000 – ha rinnovato in per impareggiabili effetti di aureo Caserma Bevilacqua”, 2001. termini formali il modo di fare mo- fulgore, importanti per la teologia Realizzazione musiva della Scuola saico, adottando soluzioni astratte, della luce. Mosaicisti del Friuli su ideazione di Giulio Candussio, progetto modularità, ritmi, sequenze che Altrettanto tradizionali, ma im- dell’architetto Vidoni. favoriscono una spazialità totaliz- portanti nella storia del mosaico TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 73

Spilimbergo, Scuola Mosaicisti del Friuli, vano scale interno con allievi della Scuola. pavimentale sono anche i pavi- menti musivi realizzati dalla Scuola Mosaicisti del Friuli per l’Hotel Kawakyu di Shirihama in Giappone (1991-1992) ispirati alle distese musive di San Marco a Venezia, al rosone della Chiesa di San Michele a Cervignano (voluto espressamen- te dai committenti) e ai tipici mo- tivi floreali orientali (fiori di loto, glicine).

Grandi artisti per il mosaico A partire dal 1994 la Scuola si apre a tutto campo e si prepara al futuro: si rinnova la programma- zione didattica e si acquisiscono sempre più competenze in vari al 2006). Di sua ideazione vanno ro, Voltolina, Nane Zavagno, … . settori, dall’architettura al design, segnalati diversi interventi musivi Interessanti sono i recentissimi dall’arte contemporanea al restau- realizzati dagli allievi della Scuola mosaici realizzati dalla Scuola Mo- ro. A questo proposito si segnala il Mosaicisti del Friuli: basti pensare saicisti del Friuli: pensiamo al pan- grande contributo dato da Giulio al grande mosaico “Saetta iride- nello collocato all’interno di un re- Candussio (consulente artistico scente” per la nuova stazione della sidence a Marrakech su ideazione e insegnante di mosaico dal 1994 metropolitana Temporary Word di Julien Deligne (2010), al proget- Center Path Station (Ground Zero) to musivo parietale e pavimentale di New York; ai mosaici progettati per la VolksBank di Graz ideato da per il Centro Ricerche FIAT di Or- Cristina De Leoni (2010), all’instal- bassano a Torino; al progetto musi- lazione musiva per la Scuola Edile vo per Corte Europa a Spilimbergo, di Gorizia (2010) e al ciclo di San all’installazione “Energia, Luce, Lorenzo (2011) per la Nuova Chie- Colore” per la Centrale di Paluzza, sa di Fossa (L’Aquila) su ideazione solo per citare alcuni esempi. di Stefano Jus. Nel tempo, risultano significative anche tutte le opere eseguite su Restauri ed esposizioni bozzetti di artisti contemporanei giramondo del calibro di Zigaina, Dorazio, Importanti gli interventi nel settore Austria, Graz, seminato e mosaico Ciussi, Celiberti, Licata, Cascella, del restauro dei mosaici (quelli pavimentale più mosaico parietale, Della Torre, Finzi, Gianquinto, Ba- risalenti alla fine dell’Ottocento e interno della Volksbank, 2010. saglia, Nespolo, Pizzinato, Pozzati, di tutto il Novecento). Si pensi ai Realizzazione musiva della Scuola Mosaicisti del Friuli su ideazione della Soffiantino, Lojze Spacal, Strazza, prestigiosi mosaici del Santuario di maestra mosaicista Cristina De Leoni. Tadini, Titonel, Treccani, Turchia- Lourdes in Francia, all’opera mu- TIERE FURLANE 74 • TERRA FRIULANA

siva presso la stazione ferroviaria del Design a Gwangju in Corea del di Venezia ed alla cupola “Maison Sud (2009), Anversa ed Eeklo in Simons” in Québec, Canada. Belgio (2010), Basilea in Svizzera In questi anni inoltre la Scuola (2010), Bratislava in Slovacchia ha partecipato ed organizzato (2011) . eventi espositivi quali “La Scuola Mosaicisti del Friuli” ad Angers Perfezionamento con il (1997); “Aime... comme mo- sostegno della Fondazione saïque” a Parigi (1998); “Mosaico CRUP è” a Villa Manin di Passariano Da diversi anni la Scuola Mosai- (2000); “The new mosaic: se- cisti vede attivo al suo interno lections from Friuli” a Toronto un Corso di Perfezionamento, (2003); “La Mosaïque dans touts riservato a un numero seleziona- ses éclats” a Marsiglia (2005); to di allievi qualificati presso la “La Scuola Mosaicisti del Friuli” a scuola stessa: è un corso di spe- Obernai (2005); “La Scuola Mo- cializzazione nell’arte musiva reso saicisti del Friuli” a Roma (2006); possibile grazie al contributo della “La Scuola Mosaicisti del Friuli” Fondazione Cassa di Risparmio di a Veszprèm (2006); “Mosaic: se- Udine e Pordenone. Gerusalemme, Santo Sepolcro, mosaico della cupola, 1998. lections from Friuli” a Melbourne Realizzazione musiva della Scuola (2006); “La Scuola Mosaicisti del Successo di pubblico Mosaicisti del Friuli su ideazione di Friuli” ad Arles (2007), Randers e di critica Blasios Tsotsonis. in Danimarca (2009), Biennale Ogni estate la Scuola Mosaicisti del Friuli organizza nella sede mosaico di straordinaria bellezza. di Spilimbergo un’esposizione, “Mosaico&Mosaici”, che mostra Interessati di tutto il mondo ai numerosissimi visitatori una Negli ultimi anni, oltre a regi- selezione delle opere degli allievi strare il successo dei corsi brevi realizzate nel corso dell’anno sco- estivi per appassionati e hobbisti lastico. Molte opere musive, fasi di del mosaico, si riscontra il vivo lavorazione nei laboratori didatti- interesse all’approfondimento di ci, incontri con gli artisti e scambi scuole e associazioni culturali, didattici internazionali vengono italiane e straniere, che chiedono inoltre documentati nel catalogo di fare stage, seminari, aggior- della mostra “Mosaico&Mosaici”, namenti musivi presso la Scuola curato ed edito dalla Scuola Mo- Mosaicisti del Friuli: tra gli istituti saicisti del Friuli. con cui si è instaurata una certa Ogni anno la Scuola viene visitata continuità di rapporto ricordiamo da migliaia e migliaia di persone il Liceo Artistico per il Mosaico di (nel corso del 2010 sono stati Monreale (Sicilia), le scuole pro- Shiriama presso Osaka, Giappone, registrati circa 35 mila visitatori) fessionali di Montigny-lès-Metz Hotel Kawakyu, mosaici pavimentali che rimangono ammirate di fron- e di Ocquerre (Francia), il Liceo con motivi orientali, 1991. te alla galleria che espone opere Polivalente George Sand di La Realizzazione in mosaico della Scuola Mosaicisti del Friuli su progetto di Yuzo musive di vari tempi e tecniche e Châtre (Francia), la Scuola del Nagata. mosaici pavimentali in seminato e Vetro di Valašské Meziříčí (Repub- TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 75

Aula di mosaico, fasi di lavorazione. blica Ceca), l’Ente Friuli nel Mon- niversità delle Libere Età di Lu- do per i corsi destinati a gruppi go (Ravenna), e molti altri. composti da nipoti di emigrati friulani all’estero (provenienti Ambizioni per il futuro da Brasile, Argentina, Australia, Attualmente la Scuola Mosaici- Canada, …), lo staff di designer sti del Friuli sta lavorando a due della Kia Hyundai di Seoul (Corea ambiziosi progetti, il primo è il del Sud), nonché i gruppi dell’U- Museo europeo del Mosaico, che ospiterà le collezioni della Scuo- la e le opere di artisti realizzate durante workshops con gli studenti; il secondo progetto è l’istituzione di corsi di aggiorna- mento sul restauro e sui nuovi materiali usati nell’arte musiva con le maggiori industrie mon- diali del settore.

Maggiori informazioni si pos- sono avere consultando il sito www.scuolamosaicistifriuli.it oppure www.mosaicschool.org TIERE FURLANE 76 • TERRA FRIULANA

A

L'anarchica policromia dei piumaggi caratterizzava i nostri cortili. Nella sola razza "Livorno" vi erano almeno queste quattro sottorazze: 1. Dorata; 2. Bianca; 3. Nera; 4. Fulva. Negli accoppiamenti, naturalmente, non vi erano fisime di razza, quindi la gamma dei colori e dei loro accostamenti era pressochè infinita. Da Felice Borini, L’allevamento campestre dei polli, Ramo editoriale degli Agricoltori, Roma, 1941 - XIX. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 77

Giacomo BORTUZZO Lestans: il museo della Società operaia L’evoluzione di un sodalizio votato alla mutualità

A 120 anni dalla sua fondazione, patrimonio finanziario e immobi- fiche apportate allo Statuto, la la Società operaia “Eco del Lavo- liare, poi rinnovando le cariche Società aggiunse alla sua missione ro” di Lestans si conferma tra le sociali. Attualmente il numero dei solidaristica e sociale, la conserva- più attive e efficienti del manda- soci è ridivenuto importante poi- zione dei beni culturali e il ripristi- mento spilimberghese. A partire chè raggiunge le 210 unità. no del patrimonio culturale e am- dal 1891 e sino agli anni Sessanta Nel 1998, in seguito alle modi- bientale a favore della Comunità, ☛ del secolo scorso essa ha profuso grande impegno in ambito socio- assistenziale, garantendo sussidi economici ai soci nei casi di malattia e contribuendo alla for- mazione professionale dei giovani con la realizzazione di strutture come l’Asilo infantile e la Scuola di Disegno. L’evolversi della società e i pro- Agressi compiuti in campo sociale esaurirono per la gran parte le motivazioni alla base delle Somsi. Se nel 1908 la Società operaia di Lestans contava ben 230 soci, nel 1974 ne annoverava appena una settantina, numero che si ridusse Lestans. Museo dei vecchi Mestieri: gli attrezzi del calzolaio / cjaliâr. ulteriormente dopo il terremoto Nella piccola bottega del cjaliâr era presente un basso deschetto in legno del 1976. con piccoli compartimenti contenenti i vari tipi di chiodi, i bullettoni, il trincetto (trinçadôr) per ricavare le suole dai fogli di cuoio (coreàn), lo spago per la cucitura Soltanto in virtù del lascito di a mano delle suole con l’uso della subbia (sùbula), il lustrino (la lissa) con la Geltrude Ciani, erede del com- spiritiera per spalmare la cera fusa, il lucido (pàtina) per scarpe e un cordoncino mendator Giovanni Ciani, il so- metrico per le misure. I martelli (marcjéi di cjaliâr) avevano una caratteristica testa dalizio riprese vigore, dapprima appiattita e la raspa serviva per la finitura del lavoro. Le incudini (incuìns) avevano forma di scarpa e, bene in ordine su uno scaffale, c’erano forme in legno di varia ripristinando le attività di ordina- misura per la lavorazione delle calzature. Non mancava la machina da cusî per ria amministrazione a tutela del cucire il cuoio. Tutte le foto di questo articolo sono di Stefano De Toni. TIERE FURLANE 78 • TERRA FRIULANA

Vicolo Latteria e l’ex asilo infantile, ormai sede polifunzionale.

I vecchi mestieri Interessante il recupero dell’ultimo piano della sede di Vicolo Latteria, ora destinato a Museo dei vecchi Mestieri. All’interno è infatti possi- bile osservare una più che rappre- sentativa collezione di strumenti e attrezzi usati in passato dalle diverse categorie di lavoratori, dal casaro al norcino, dallo stagnino Gli attrezzi del sarto. allo scalpellino, dal mugnaio al falegname, dal terrazziere al mura- tore, tutto corredato da materiale fotografico d’epoca. La collezione etnografica qui collocata e oppor- tunamente restaurata è frutto di donazioni dei soci o di privati. Un accordo stipulato tra Lis Aga- nis – Ecomuseo delle Dolomiti Friulane, la Somsi di Lestans e il Centro regionale di Catalogazione e Restauro dei Beni culturali ha consentito di inventariare e sche- dare un primo lotto di oggetti e strumenti relativi alla cucina e alle attività femminili svolte in ambito domestico. Per la raccolta e siste- matizzazione dei dati è stato utiliz- Gli attrezzi del contadino. zato il tracciato BDM (beni demo- etnoantropologici materiali) dove avvalendosi di un affiatato gruppo lo stesso anno, consente inoltre al- sono associate la descrizione degli di volontari. la Somsi di ricevere contributi fina- strumenti alla loro denominazione A partire dal 1999 la Somsi lesta- lizzati alla conservazione e restau- italiana e friulana nella parlata di nese è destinataria di contributi ro del proprio patrimonio storico, Lestans. pubblici e beneficia di agevolazioni allo studio e ricerca documentale, Tutti gli oggetti, attrezzi e mobili fiscali in quanto iscritta al registro all’ammodernamento delle sedi e al donati alla nostra Società operaia regionale e all’albo della provincia consolidamento dei valori fondanti, sono stati restaurati da esperti vo- di Pordenone delle organizzazioni ovvero mutualità e socialità. lontari e allievi provenienti da tutta di volontariato nei settori del socia- Il sodalizio lestanese in particolare la Regione che hanno frequentato le, della cultura, dell’ambiente, dei si è occupato in questi anni di ri- i corsi di restauro del legno orga- diritti civili e delle attività innovati- strutturare e adeguare alle vigenti nizzati da vent’anni a questa parte ve. Una legge regionale, approvata normative di sicurezza l’edificio di dalla Somsi medesima con docenze TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 79

tovaglie e asciugamani, indumen- ti, abitini da neonati. Nella sala adiacente è invece riprodotta la dimora del semplice contadino il cui elemento dominante resta il fogolâr. Anche la tavola è im- bandita con oggetti caratteristici quali il fiasco del vino e il tagliere della polenta. È stato sistemato anche un seglâr di pietra e dise- gnata una finestra aperta da cui si scorge una suggestiva veduta su Lestans e la chiesa di S. Zenone. Il salone di una famiglia abbiente della prima metà del secolo scorso. A lato si trova la camera da letto con il materasso di sclufis e un armadio con una valigia. Trovano spazio anche il deposito degli at- trezzi e la stanza del cucito dove le donne ricamavano gli scarpets, nonchè gli oggetti dell’infanzia utilizzati nella prima metà del XIX secolo. Nell’atrio dell’ultimo piano è collocato il vecchio orologio del campanile del paese, recuperato e restaurato dopo il terremoto del 1976.

Non poteva mancare la latteria La Somsi di Lestans sta lavorando La cucina come poteva essere nella prima metà del secolo scorso. ad una terza sezione espositiva con il recupero di altri attrezzi specializzate. tesca Villa Savorgnan, al centro di della civiltà contadina, come Il museo racchiude quindi, nei suoi Lestans. La villa, ambientazione carrozze, carri, aratri. Infine, il so- 2.500 strumenti, la storia di molte ideale per la casa signorile friulana dalizio ha recentemente ricevuto generazioni, di emigranti o sem- di inizio XX secolo, accoglie nel in donazione la sede e le attrezza- plici lavoratori, quindi la memoria salone principale la sala di rappre- ture della vecchia latteria sociale del loro sacrificio e di una tenacia a sentanza di una ricca casa locale, turnaria di Lestans. È in corso il volte dimenticati. arredata da mobili pregiati tra cui recupero dell’edificio e della stru- cassapanche, credenze, un pia- mentazione finalizzato alla costi- La casa del Novecento noforte e una biblioteca. Sempre tuzione di un nuovo polo museale Una seconda interessante sezione all’interno della sala sono presenti i che racconti un importante tas- La Casa del Novecento è collocata corredi nuziali portati in dote dalle sello della storia economica della al secondo piano della cinquecen- spose, ovvero lenzuola ricamate, comunità di Lestans. TIERE FURLANE 80 • TERRA FRIULANA

Associazione culturale Erasmo da Rotterdam, Spilimbergo, 2005; L. Zilli, Storia della Società Opera- ia di Lestans e vita e opere di Giovanni Ciani, Lestans, SOMSI, 2001; L. Zilli, Somsi: una vecchia signora di 110 anni, «Il Bar- bacian», n. 1, agosto 2002, pagg. 86-88; L. Zilli, La Società Operaia di Lestans, «Il Barbacian», n. 1, agosto 2007, pagg. 31-32; L. Zilli, Un esempio di camera da letto della prima metà del Novecento. Storia della latteria sociale tur- naria di Lestans, Lestans, SOMSI, Per saperne di più mutuo soccorso nello spilimber- 2007. Per ulteriori approfondimenti ghese (dalle origini al periodo sull’argomento si veda G. Colleda- fascista), Udine, Università degli Info: ni, Roba di cjanton…, Lestans, Studi, Anno accademico 1994-95; Somsi di Lestans SOMSI, 2003; P. Dalla Bona, Ci- R. Francesconi, Assistenza e mu- tel. 328 8028075 viltà contadina nel Comune di tualismo in Italia dalle origini e-mail: [email protected] Sequals 1850-1950, Comune di al periodo fascista: l’esempio Sequals, 1993; R. Francesconi, Le delle Società Operaie di mutuo Comune di Sequals società operaie e lo sviluppo del soccorso dello Spilimberghese, tel. 0427 789111

Giovanni Ciani

Giovanni Ciani nasce a Lestans il 17 marzo 1847 da una 1910 e di una Scuola di Disegno nel 1928. Giovanni famiglia di poveri operai. Dopo aver frequentato le prime Ciani fu anche padrino di altre istituzioni fondamentali per classi elementari nel suo paese, Jan, così chiamato dagli Lestans come la Cooperativa di Consumo e la Latteria amici, inizia a lavorare nella bottega del padre, scalpellino sociale turnaria. Oltre alle varie attività di carattere sociale di buona fama, da cui apprende i rudimenti dell’arte che lo e filantropico, Giovanni Ciani ebbe un ruolo attivo anche renderà celebre. Il suo precoce talento di scultore lo con- nell’amministrazione comunale di Sequals per la quale duce all’estero, nella capitale dell’impero austro-ungarico, assunse cariche istituzionali. Per il complesso delle sue quindi a Praga dove fonda nel 1876 l’industria di marmi attività professionali, sociali e filantropiche, Giovanni Ciani italiani “Marmor und Granit Industrie”. Riconoscimenti, ottenne il titolo di Commendatore nel 1920. attestati, una medaglia d’oro testimoniano il successo Muore il 13 aprile 1926, all’età di 79 anni. I suoi resti di questo artista a cui l’Imperatore d’Austria Francesco mortali vengono tumulati nella cappella di famiglia da Giuseppe riconobbe il titolo di “Imperiale e regio Maestro lui stesso ideata, progettata e fatta erigere nel cimitero scalpellino di Corte. di Lestans. Nonostante i trascorsi in terra straniera Giovanni Ciani dimostrò sempre una particolare attenzione per le sue Il CRAF, in collaborazione con il Comune di Sequals, ha origini lestanesi: si fece infatti promotore della fondazione realizzato lo scorso gennaio, nella sede di Villa Ciani, la della Società operaia “Eco del Lavoro”, della costituzione mostra Scolpito nella memoria, curata da Lara Zilli e a della classe IV elementare nel 1905 e dell’asilo infantile lui interamente dedicata. nel 1909, della creazione della Società Filarmonica nel TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 81

Pieri STEFANUTTI Checo da Marcona, il primo fotografo di Alesso

La storia, si sa, è fatta anche dagli con quelle pur importanti categorie una bacinella, un cjadin, e tanto umili. Vale per la storia in gene- sociali. gli bastava. E senza di lui la storia rale, come per la storia delle arti. Crediamo di poter affermare che la della fotografia mancherebbe di un Se Henri Cartier-Bresson fosse vita di Checo da Marcona, detto tassello, come mancherebbe qual- nato ad Alesso / Dalés, comune di Checo Burocjo come nomignolo cosa alla storia della nostra gente. Trasaghis, Prealpi Carniche, sicu- di mestiere, non dovette essere Lo presentiamo come esempio: in ramente non sarebbe diventato... più infelice di quella del suo col- molti dei nostri paesi emergevano Henri Cartier-Bresson. Non vi sono lega Henri Cartier-Bresson, aveva personaggi fatti così; qualche volta paragoni possibili fra Raffaello la su innamoratissima Maria, la più bravi, o più strambi, o con e Jacum Pitôr, ma senza Jacum sua fedele pipa, il suo impegno maggior fortuna. Abbiamo scelto Pitôr la storia dell’arte in Friuli antelucano di avvertire i paesani Checo, campione di umiltà in quel mancherebbe di alcune emozioni che avrebbero goduto di un’altra paese delle Prealpi Carniche che a dir poco originali. Se Checo da giornata in questo mondo... Non qualcosa gli deve; qualcosa gli dob- Marcona, invece che essere nato aveva laboratori specializzati che biamo tutti. Lad Alesso, fosse stato il rampollo gli sviluppassero i negativi, aveva Cominciamo col simpatico, e di una ricca famiglia borghese soprattutto affettuoso, ritratto che parigina sarebbe stato tutt’altro ne fa un paesano. fotografo, ma doveva badare alle bestie, fare fieno in condizioni Una pipa vecja como lui disagevoli, suonare le campane e A buinora, prin ch ’al cricàs il dì, svolgere tutte quelle, tante, man- al capitava di jodi a vegnî su pa sioni che un tempo erano di tutti, straduta dal Borc di Baraz una erano la vita e la sopravvivenza. figurata minuduta di om. Al era Un addetto al censimento non lo Checo da Marcona, e intant che avrebbe certo classificato come a’ si inviava su pa strada, al “fotografo”, probabilente nella impiava la pipa, una pipa che scheda di Checo vrebbe scritto una volta a era blancja, di ges, “villico” o “rustico”: categoria dai vecja scuasi como lui, cuntuna tanti lavori e di nessuna arte. Forse canucja lunga 20 centimetros solo i carabinieri, o i finanzotti, che, apena piàda, a butava fûr il o i giudici, l’avrebbero chiamato fum como il treno. E cussì ogni Francesco Stefanutti, ma per sua Checo da Marcona, Autoritratto dì, sêti d’astât, sêti d’unviêr, fortuna non ebbe mai a che fare con uva. ploja o nêf, magari sgobantsi ☛ TIERE FURLANE 82 • TERRA FRIULANA

ju cjasa sô al veva una spezia una canzone popolare. di “laboratori”, al svilupava i Tal mil nûfcent e sedis “Litràz” intun cjadìn di aga in ancja Checo al è sposât cuatri e cuatri vot (Zuan Cuc- e larin a Trasâgas chiaro, Un ricuart, in Lunari di par finîsi di bussâ. Dalès pal 1992). E larin a Trasâgas, a Trasâgas di Martin, Un matrimonio a metèrin capotaula che diventa canto Zanetùta di Cjandìn. Da questo ritratto emerge la sin- E po’ larin dal Sìndic golare e poliedrica figura di Fran- par finîsi di sposâ cesco Stefanutti Marcona, detto e il sindic al diseva: Checo Burocjo: fu carrettiere, - da puesta o par da bon?- sacrestano, pittore ma, soprat- e il sindic al diseva: tutto, uno dei primi fotografi - da puesta o par da bon? della zona. E il Manç al rispuindeva: Maria Stefanutti Gamba, moglie di Era nato ad Alesso nell’agosto del – po si-sì, pal sacranòn! – Checo da Marcona, ritratta dal marito. 1888, da Pietro Selau (sopran- Vegnin jù di messa prima, nominato il Manç per la robusta cuntuna cuarta di golèt, par parâsi da l’aria ch’a na lu stazza) e da Maria Turisini. e Maria a diseva: puartàs via, tant lizêr ch’al era, Nel dicembre del 1916 si era spo- – ce biel Checo ch’i ài tolèt! – mai una volta ch’al sêti mancjât sato con Maria Stefanutti Gamba: Vègnin jù di messa seconda: a sunâ l’Ave Maria. la cerimonia (forse per la singola- i arcs son preparâz, Cuant ch’a era fiesta a lu scom- rità del matrimonio tra due sposi e Manassa in bajoneta, pagnava su la “dolce consorte”, di bassa statura) venne anche e contènz a son restâz! Maria di Gamba, ancjimò pui tramandata, con sagaci mottetti, in Il canto venne riferito al musico- piçula di lui, ch’a someava un glimuç di lana apena filada. Cuant ch’a vevin di sunâ las pàrias, Checo al inviava la cjampana piçula par Maria e lui a si rangjava cu la cjam- pana mezàna e cun chê granda, sunantlas dutas dôs insiema e… via col vento! La mûsa di Checo a sameava chê di un omp simpri inro- beât, ma a na era vera; Maria, inveza, cun chei voglùts celescj e doi musets ros, a pareva ch’a ridès simpri. Checo al era stât ancja un mieç sienziât, cuant ch’al era zovin: al faseva il fotografo, una rôba Coscritti e suonatori di Alesso, 1897; la bandiera sullo sfondo era stata, molto straordinaria par chei timps; probabilmente, dipinta da Checo. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 83

logo Claudio Noliani da Amerigo Stefanutti, un commerciante di Alesso. Noliani ne trascrisse le parole e la melodia e aggiunse (nel materiale che poi avrebbe messo assieme in Anima della Carnia) alcune note per inqua- drare la vicenda ed i personaggi narrati. Il canto è dunque nato per descrivere il matrimonio tra Checo da Marcona e Marìa di Gamba, celebrato nel 1916. Vi si cita (non sappiamo se rispettando l’ordine cronologico dei fatti) un La squadra delle cjarvonàrias nel 1920. pranzo nell’osteria di Trasaghis, la comparsa davanti al sindaco e lo mettere a capotavola Zanetùta sato’] che, con semplici variazioni svolgersi della cerimonia religiosa di Cjandìn, notoriamente per- d’accento, si riproporrà più volte in Alesso, con l’accento posto sul sona gioviale e spiritosa, significa nel corso della vita di coppia. corteo nuziale. Noliani, nel com- accentuare il carattere di festa La madre di Checo, poco tempo mentare “questo canto umoristico, dell’occasione. Anche l’immagine dopo il matrimonio, diceva una nato in piena guerra da semplici del corteo, cui gli archi trionfali frase che è diventata quasi un paesani, ignari della terribile sorte realizzati con ramaglie d’abete motto popolare: Cu la Gamba che per loro si preparava”, vi vede ad accompagnare il tragitto degli e cu la Fuma il gno Checo a si “molta esagerazione”, dal momento sposi, facevano da corona, col consuma, vale a dire che la moglie che “per caricare le tinte, vengono prevedibile gaudio popolare, alla e il vizio di fumare la pipa sareb- fatti sfilare i tipi più disgraziati: è candida dichiarazione d’amore bero stati i responsabili di un pre- impietoso farsi le beffe di coloro della sposa, quel ce biel Checo ch’i sunto deperimento. La gente rac- cui la natura è stata matrigna, ài tolèt! [‘preso’, nel senso di ‘spo- conta poi che Maria non sembrasse ma… è più forte del sentimento di umanità”. In realtà il sentimento dominante pare essere invece quello della partecipazione corale ad una cerimonia pur inusuale. L’osteria di Martin non era infatti “un modesto locale di Trasaghis” ma uno dei tre ambienti che pote- vano offrire ristorazione e alloggio in paese: nella guida delle Prealpi Giulie, uscita in quegli anni, veni- vano addirittura definiti “alberghi”; il proprietario era Martino Fere- gotto che rivestiva anche la carica di Sindaco, e che quindi doveva conoscere l’identità e le carat- teristiche degli sposi; del resto, I coscritti del 1925 all’atto della partenza per la visita di leva col cjar di Checo. TIERE FURLANE 84 • TERRA FRIULANA

“Il pittore [di solito] era Checo da Amula” (Guido Stefanutti Titòs, n. Marcona, che raffigurava sulle 1909). bandiere il re e la regina” (Caterina “Il disegno lo dipingeva Checo da Picco “Tarneban”, n. 1900 ). Marcona, ispirandosi a delle car- “I coscritti avevano un cappello toline illustrate: noi indicavamo il con un solo fiore e una fascia tri- soggetto” (Augusto Picco Tarne- colore. Avevamo fatto la bandiera ban, n. 1909). Timbro del fotografo con [raffigurate] la croce dei Savoia “La bandiera veniva fatta anche in Francesco Stefanutti. e un alpino, l’aveva dipinta Checo quegli anni: alcune le ha dipinte da Marcona” (Eugenio Cucchiaro Checo da Marcona, qualche classe dar credito alla diceria, sostenendo Titon, n. 1901). se la faceva da sola. L’asta della fermamente la rilevanza e l’impor- “Noi del ‘6 abbiamo fatto la ban- bandiera veniva rivestita di velluto, tanza del marito: Grant Idiu, ma diera: il legno siamo andati a con una spinuta” (Carmela Stefa- inmò di pui il gno Checo! [Iddio è tagliarlo tutti assieme, in Amula, nutti Fari, n. 1911). grande, ma il mio Checo lo è ancor sul vecchio di luna (andando di più!] sul zovin il legno sarebbe stato Checo carrettiere rovinato dal tarlo). Poi è stato Checo si meritò il soprannome di Checo pittore Menôt [il falegname] a lavorarlo e Burocjo (barrocciaio) per aver Ad Alesso, quantomeno dall’Unità sistemarlo. Il disegno, invece, lo esercitato per qualche tempo d’Italia, è estremamente viva e aveva fatto Checo da Marcona, l’attività di carrettiere. Non fu cer- vivace la tradizione dei coscritti: il con cura. Su un lato era dipinto un tamente una attività continuativa ritrovarsi dei ventenni, dapprima alpino, dall’altro lato una donna a ed esclusiva, ma probabilmente un per la rituale partecipazione alla simboleggiare l’Italia” (Ermene- mettere a disposizione della gente, visita di leva, e poi in una festa gildo Stefanutti Vanta, n. 1906). quando occorreva, il carro trainato caratterizzata anche dalla pre- “La bandiera l’aveva dipinta Checo da uno o due cavalli. A usufruirne parazione di costumi specifici e, da Marcona: c’era raffigurato c’erano anche i coscritti che si anno per anno, della “bandiera di un alpino ed il simbolo dell’Italia. spostavano, negli anni Venti, per classe”, il tricolore dipinto nella L’asta siamo andata a prenderla in andare a Gemona alla visita di leva: parte bianca con rappresentazioni allegoriche o richiami alla speci- ficità dell’annata. I coscritti nati tra il 1901 ed il 1909 ricordavano Checo come il pittore che aveva dipinto la loro bandiera: si tratta dunque di un impegno che può essere andato dal 1920 al 1930 e che, essendo andate perdute le bandiere, può essere ricostruito solo dalle testimonianze orali:

“A dipingere le bandiere erano Jan di Gnalena e uno di quelli di Sacucin; negli anni successivi è venuto Checo da Marcona” (Maria Stefanutti Piluc, n. 1917). Piccola tendopoli allestita ad Alesso dopo il terremoto del 27 marzo 1928. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 85

sabili per scongiurare il rischio di epidemie. Per le vicende paesane, storica è stata anche la posa nel 1938 della prima pietra dell’edi- ficio dell’asilo, una costruzione che venne realizzata col concorso entusiastico della popolazione, sotto lo sprone del vicario prè Davide Noacco. Le persone più anziane ricordano che Checo aveva allestito un pic- colo studio fotografico nella pro- pria abitazione. Si spostava però Gite in barca negli anni Venti. spesso con la sua macchina foto- grafica a ritrarre, oltre che gruppi “La visita di leva si andava a farla in Checo l’interesse per la fotogra- familiari o di amici di cui gli a Gemona, sulla piazza del Munici- fia. Probabilmente, anche se non veniva commissionato il ritratto, pio. Avevamo con noi un barilotto conosciamo i motivi ispiratori, pos- anche momenti di vita quotidiana, di vino, da 30 litri. Siamo saliti tutti siamo far risalire i primi tentativi di soprattutto in campagna o vicino sul carro di Checo, tirato da due porsi come “fotografo di paese” agli al Lago, dove i suoi soggetti erano cavalli. Sopra era stato costruito anni della prima guerra mondiale: i pescatori e i gitanti che facevano un tavolato e si stava seduti da una alcune fotografie rimaste docu- qualche escursione sulle barche. parte e dall’altra. In mezzo c’era un mentano ritratti di gruppi familiari Racconta il nipote Giovanni: sedile; in una giornata siamo andati in posa, da inviare probabilmente “barba Checo ci faceva andare via tutti. Quei poveri cavalli face- al congiunto al fronte; altre, come vi das Fiàrias [una località], in vano fatica, a tirar su il carretto il ritratto della famiglia Pici, testi- quel terreno dove aveva iniziato in salita! (Ermenegildo Stefanutti moniano la famiglia riunita col a costruire la casa. C’erano delle Vanta, n. 1906). militare rientrato in paese durante viti che davano parecchia uva. Ci una licenza. faceva sedere in fila sul suo carro Checo sagrestano Checo documentò con l’obiet- e poi ci fotografava. Si portava Dopo la seconda guerra mondiale, tivo fotografico l’attività delle di dietro sempre le macchine foto- per una quindicina d’anni, Checo ragazze che, attorno al 1920, ven- grafiche, ne aveva diverse. Stam- si impegnò come sacrestano nella nero reclutate per il trasporto a pava da solo; sul retro aveva un chiesa del paese: come racconta valle del carbone che squadre di timbro che specificava la sua atti- Zuan Cucchiaro, a è tacada la operai, assunti da una ditta bolo- vità. Sulla montagna di Cjampês, stagjon di Checo da Marcona, gnese, producevano nei boschi di ad alcune ore di viaggio dal paese, judât da sò dolce sposa Maria di Cjampês. Di notevole interesse la moglie di Checo aveva uno sta- Gamba, che a àn rezût la glesia anche un’immagine scattata dopo il volo (a la Maria di Gamba, la fint che a son stâts in fuarzas: terremoto del 27 marzo 1928, che femina di Checo da Marcona, ogni dì, d’astât o d’unvier, cu la ritrae una piccola tendopoli alle- ai plaseva lâ a durmî in tal ploja o cu la nêf... stita nel terreno detto del Massiùt cjôt cui nemâi par no lassâju con madri e nonne intente a tenere bessôi, raccontano) ed egli Checo fotografo in braccio, o comunque vicini, i l’accompagnava quindi sovente Non si hanno molti elementi per bambini perché fossero sottoposti per aiutarla nei lavori di sfalcio e sapere quando e come sia iniziato alle vaccinazioni ritenute indispen- nell’accudire il bestiame. Portava TIERE FURLANE 86 • TERRA FRIULANA

l’attività di fotografo e non venne portata a termine l’avviata costru- zione di una casa nei pressi del Lago. La perdita della amata Maria lo segnò poi profonda- mente. Racconta il nipote Giovanni: “Ormai anziano, aveva iniziato a costruire la lapide per la sua sepoltura, sopra vi aveva scritto Stefanutti Francesco Selau e la sua data di nascita. Vecchio e tremante, aveva redatto con scrittura malferma un testamento dettagliatissimo, indicando con precisione a chi dovessero andare Sui pascoli di Cjampês (1926). Giovani di Alesso e San Francesco al Cret dal Andràt (primi anni Trenta). le sue sostanze. Mia madre stava attivandosi per farlo mettere nella casa di riposo, dato che era rimasto solo, ma è morto improv- visamente nel 1966 durante una degenza all’ospedale di Gemona”. Dopo la sua morte quasi tutti i suoi materiali sono purtroppo andati dispersi. C Un primo tentativo di individua- zione, catalogazione e presenta- zione del materiale fotografico è stato compiuto nel Lunari di Dalès pal 1992 a documentare l’attività e la sensibilità dell’eclet- tico fotografo di paese.

Checo al ponte di Crûzo. però con sé il suo apparecchio di incontro tra i pastori di Alesso fotografico ed è grazie a questa e quelli che venivano dal vicino sua sensibilità se può essere stata Cjanâl di San Francesc (la vallata tramandata qualche immagine dell’Arzino soggetta alla Pieve d’A- relativa al lavoro in montagna, con sio, da cui il soprannome di Asìns le fotografie dei ragazzi che por- attribuito agli abitanti). Si ringraziano: Mirella e Giovanni tano le capre al pascolo, o relativa Negli ultimi anni, avanzando la Duca Zilli; Giovanni Cucchiaro; ai momenti di riposo nel fresco vecchiaia, vennero meno l’impegno Luigi Stefanutti; Decio Tomat; riparo del Cret dal Andràt, luogo in chiesa, diminuì drasticamente Elena Vidoni. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 87

Delia BASELLI Cjaradôrs cul cotul Pascuta e Angjilina, le donne che parlavano ai cavalli

Cjaradôrs, ovvero carrettieri, Grazie a un vecchio libro intitolato altretanta strada a piè cuant erano così chiamati i conducenti di Precetti di agricoltura pratica di ch’al veva da guidà le besties... carri. Impresari o terzisti, chi pos- facile uso per la scuola di cam- Particolare curioso: nei comuni sedeva carro e cavalli, buoi, asini, pagna, edito alla fine dell’Otto- esisteva un registro dei quadru- muli o mucche da tiro, a tempo cento, ho saputo che: “Due buoi di pedi, dei veicoli e delle bardature pieno o nei tempi morti dei lavori mezzana grandezza possono tirare degli animali, una specie di odierno di campagna, faceva il carrettiere. un peso da 1200 a 2000 kg secondo PRA (Pubblico Registro automo- Trasportavano materiale delle più la strada e fare 6 viaggi in 10 ore bilistico) dove venivano annotati i svariate qualità: legna, calce, fieno, (compreso carico e scarico del dati del proprietario, la residenza pannocchie, carbone, patate, latte, carro) alla distanza di 1200 e 1400 abituale dei quadrupedi, la data carne viva o morta, acqua e persino m. Due cavalli di mezzana gran- della dichiarazione di possesso, sposi in viaggio di nozze. Ognuno dezza fanno lavoro 1|5 di più di due specie e nome del quadrupede e aveva la sua specialità. Nel corso buoi di grandezza uguale. Due vac- contrassegni principali, bollo di delle mie interviste sono emerse che possono fare 5 viaggi a 1000 m idoneità o di non idoneità al servi- Cdiverse peculiarità. Ho avuto la di distanza tirando un peso di 400 zio militare, se precettato e relativa fortuna di sentire le memorie di e 500 kg in 6 ore compreso carico data di precettazione, data e sunto persone, ancora oggi in vita, che e scarico”. Il paradôr al faseva delle variazioni avvenute nei cavalli hanno fatto questo mestiere. Cer- e muli, buoi da lavoro abilitati al tamente il mestiere non era facile, giogo, asini, bardotti, veicoli trai- a cominciare dai mezzi a disposi- nati da cavalli o muli, veicoli trai- zione; i carri erano di dimensioni nati da buoi, finimenti, bardature piccole, con portata limitata e ecc.. ruote di legno sottili: bastava una Il cjaradôr era un lavoro pretta- buca per mettere a repentaglio il mente maschile, ma se l’eccezione carico. Gli animali erano alimentati conferma la regola a Travesio e alla meglio, come poteva essere in Solimbergo troviamo dei perso- quegli anni, parliamo dell’imme- naggi femminili che hanno lasciato diato dopoguerra ’15-’18 o addiri- un segno nella storia di questo tura degli ultimi decenni dell’800. mestiere: Pasqua Cozzi Pascuta, Vi erano restrizioni e sanzioni gravi a cui subentrò la brût Ernesta, e per i trasporti non autorizzati, fino Angelina Zamparo, vivente, luci- alla requisizione degli animali; dissima nonostante l’età, 93 anni, l’abbigliamento non riparava dalle che parla con orgoglio degli anni intemperie, gli orari e la durata dei passati in compagnia dei suoi amati viaggi oggi sarebbero impensabili. Luigi Cozzi, nipote di Pascuta. animali e del suo carretto. ☛ TIERE FURLANE 88 • TERRA FRIULANA

Pasqua Cozzi Pascuta Anita, la nipote di Palmira, ricorda mancavano. “Una notte che nevi- Pioniera delle moderne ditte di che la nonna raccontava di aver cava i cavalli procedevano lenta- collettame fu Pasqua Cozzi meglio fatto questo viaggio e che Pascuta mente, l’illuminazione era poca, nota come Pascuta. Nata nel 1851 andava da sola, e addirittura una davanti avevano un ferâr anche e madre di 5 figli che, per mandare notte fu assalita da un brigante e se normalmente lo appendevano avanti la famiglia, iniziò l’attività di si difese dangji scoreàdes con la dietro, papà e mamma stanchi trasporto merce da Travesio verso frusta fino a metterlo in fuga. si addormentarono, così i cavalli Trieste e ritorno. Si parla degli Mariucci continua la storia: “Mio proseguirono lungo la strada che ultimi decenni dell’Ottocento. padre Romano, figlio di Pascuta, già conoscevano. Ad un certo Iole Deana, classe 1909, lucidis- era nato nel 1891 e cominciò gio- punto furono svegliati da un gran sima e dalla memoria inossidabile, vane ad accompagnare la madre fracasso e da due colpi secchi: non si ricorda di Pascuta: una biela nei viaggi, tant’è che poi le suben- realizzarono subito cos’era suc- femina, granda, bionda, ener- trò nell’attività. Non mi ricordo cesso, poi si accorsero che erano gica cul fassalet butât sul cjâf…. bene come andarono le cose in finiti dentro un pollaio con cjavai Energica certamente lo era, e tempo di guerra, ma sicuramente e careta e che i colpi secchi erano anche coraggiosa dato che andava il lavoro riprese con regolarità fucilate sparate dal padrone di casa da sola fino a Trieste. nel 1919, quando si sposò con convinto che si trattasse di ladri”. Mariucci Cozzi, nipote di Pascuta, Ernesta, mia madre, che diventò “Arrivavano a destinazione la ricorda molto bene la nonna, e anche compagna di viaggio. Il per- domenica mattina a Trieste. Il così racconta: “… nella casa di via corso e il lavoro rimasero quelli punto di ritrovo era in un locale Villa a Travesio c’era una grande che praticava Pascuta. Partivano vicino alla stazione dove c’era stanza dove la gente portava le ogni venerdì notte, arrivavano in anche lo stallo per i cavalli. C’era çàcoles (fagotti) e i geis con la mattinata a Codroipo dove c’era pure lo stalliere, chiamato il Nini merce che mandavano a Trieste. il punto di raccolta, sostavano il piccolo. I destinatari venivano a La carretta, che noi chiamavamo tempo necessario per far riposare ritirare la merce, forse preavvisati la briscja, era come quella che si i cavalli e caricare la merce, poi per lettera”. vede nei film Western, era coperta proseguivano alla volta di Palma- A Trieste sostavano fino al lunedì con dei teli per riparare la merce nova. In una trattoria gestita da mattina, quando, completato il dal sole e dalle intemperie. All’e- amici c’era l’altro punto di conferi- carico ripartivano alla volta di poca parecchi Travesans vivevano mento della merce. Mangiavano un Travesio, naturalmente facendo lo a Trieste ed in Istria, chi a servizio boccone e davano da mangiare ai stesso percorso e lo stesso servizio delle famiglie benestanti, chi ad cavalli, portavano con sè qualche del viaggio di andata. Arrivavano a imparare il mestiere, chi faceva il cosa per loro e avena e caròboles casa il martedì sera. Questo lavoro muratore, lo scalpellino o il batti- per le bestie. Non pernottavano, durò fino al 1936 circa quando rame, ma c’erano anche i Triestini ma continuavano il viaggio. Dor- le cose cambiarono e cominciò a che venivano in villeggiatura a Tra- mivano a turno sul carro, coperti prendere piede anche nella nostra vesio…”. come meglio potevano; se pioveva zona il trasporto ferroviario. Ebbe Palmira Tositti, la Pustina vecja, mettevano una specie di palchetto inizio un’altra epoca. nel 1901 aveva 6 anni e viveva a sopra il sedile di guida, coperto Travesio con i fratelli più grandi, con un telo e ne risultava un ben Il saldàn mentre i genitori vivevano a Trie- misero riparo. Penso lo usassero Ernesta aveva ereditato un pezzo ste poichè il papà lavorava al porto anche quando c’era tanto sole, ma di terreno nelle Porcjàres (bosco franco; assieme al cugino Rodolfo, normalmente la sosta la facevano di Usago di Travesio) e lì comincia- suo coetaneo, raggiunse i geni- nelle ore più calde...”. rono a estrarre il saldan (sabbia tori con la careta da la Pascuta. Gli incidenti erano rari, ma non silicea) che veniva usato nelle fon- TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 89

poco più di un cubo e mezzo, la sotto le armi, mia madre Ernesta sabbia pesava circa 17-18 quintali morí nel 1943, così a continuare per metro cubo e per riempire un l’attività rimasero solo mio padre vagone ci volevano circa 180 quin- e mio fratello Luigi. Per soppe- tali: questi dati mi sono stati for- rire alla mancanza di lavoranti si niti da Walter Margaritta, figlio di adattarono al trasporto di merce Vittorio, titolare della ditta Sabbie a breve distanza, dalla ferramenta Friulane che fu in attività a Trave- De Marco di Spilimbergo alla fer- sio dal 1955 al 1972. Pertanto sup- ramenta Gasparini Cromer di Tra- ponendo 30 quintali per ogni carro vesio, oppure dalla ditta Fioretto erano necessari 6 viaggi per ogni e Cozzi di Spilimbergo (grossista) vagone. Continua Mariucci: “…gli al forno e alimentari Lucco di operai venivano pagati a giornata Travesio. Compravano carbone con 5 lire più il pranzo. Era tempo in Val Tramontina per poi riven- di guerra ed io facevo quello che derlo nella zona di Portogruaro e potevo per aiutare la famiglia; i Fossalta, rientrando con carichi miei due fratelli, Luigi e Aldo lavo- di mais, correndo grossi rischi di Il cjar dal saldan alla stazione ravano con mio padre, preparavo sanzioni per trasporti non autoriz- di Travesio. il pranzo per tutti e tenevo un po’ zati, sempre con notevole fatica e i conti. Per andare ad incassare difficoltà. Dopo la fine del conflitto derie per fare stampi e nelle vetre- il pagamento delle spedizioni, la situazione migliorò, si comin- rie. Dice Mariucci: “…a quell’epoca dovevo recarmi a San Daniele ciarono a produrre carri con ruote avevamo più di una carretta, ma in bicicletta per farmi rilasciare gommate, e già le cose diventarono solo due o tre cavalli, i miei fratelli il lasciapassare e poi con la cor- un po’ più semplici, i cavalli face- Luigi e Aldo, coadiuvati da quattro riera andavo a Trieste a prendere vano meno fatica e si impiegava o cinque uomini che lavoravano a quanto ci era dovuto. Ricordo che meno tempo nei percorsi. Nel 1948 giornata, caricavano il saldan sul pagavano 3000 lire al vagone. Por- Luigi comprò il camion e avviò carro munito di sponde, natural- tavamo anche sabbia alla Zanussi a l’attività in proprio. Questo prese il mente a mano con il badile, che poi Pordenone. sopravvento ai quadrupedi ed ebbe veniva portato in stazione a Trave- Mio padre Romano, commerciava inizio la ditta Autotrasporti Cozzi sio e caricato sui vagoni. C’erano anche carne, comprava i vitelli e Sisip. dei tempi da rispettare altrimenti li macellava a casa, poi li portava bisognava pagare la sosta. Se c’era a Trieste, o dove veniva richiesto, Angjilina dal lat brutto tempo o se dovevano cari- con il carro e i cavalli. Il carro, Angelina Zamparo, nata nel 1918 care più vagoni chiamavamo Gio- coperto con un telo, aveva degli a Solimbergo, è nota come Angji- vanni Cesca, un altro cjaradôr di archi dove venivano appesi i vitelli, lina dal lat per l’attività che ha Travesio. La stalla dei cavalli non solo eviscerati e con la pelle, per caratterizzato buona parte della era vicino a casa, era situata in via evitare che si deteriorassero. I sua carriera. Forchiat, non molto distante, ma cavalli, dato che per l’attività che Nel 1904 il nonno di Angelina, pur sempre scomoda. Così in piena svolgevamo eravamo spesso a vedovo con otto figli e originario di notte, alle due, bisognava andare Trieste, li compravano a Sistiana, San Vito al Tagliamento, giunse a a governare le bestie e dar loro oppure in Istria. Solimbergo cun la careta e ducju da mangiare in modo che fossero Durante il periodo bellico l’attività i siei canais per fare il fituâl. pronte per partire appena faceva di trasporto subì un rallentamento. All’epoca il papà di Angelina aveva giorno…”. Il carro di legno portava Mio fratello Aldo dovette andare 13 anni. TIERE FURLANE 90 • TERRA FRIULANA

cussì i ai tacât a gî cul cjaval il gno Moru. e i nemâi…”. Nel 1936 il papà Tra Solimbergo a Sequals la di Angelina ebbe un problema di distanza non è grande, 4 km salute e l’attività venne portata andata e ritorno, ma sono stati fatti avanti dalla figlia “… il cjaval ogni giorno, per 365 giorni l’anno al costava a bisugnava tignîlu mattina e sera, pioggia, vento o ben”. Oltre al trasporto del latte il neve per quasi 50 anni, cença mai cavallo era usato anche per i lavori pierdi una dì, quanta strada! Ci Il barel pai bidons dal lat che lu tacavin di campagna, attaccato davanti ai voleva molta tenacia, e questa ad davour dal caretin. buoi quando ci voleva più forza per Angelina non mancava di sicuro. arare o erpicare. Per questi lavori D’inverno, con il buio alla sera e la Il 31 dicembre del 1927 il papà di bisognava essere in tre, Angelina mattina alle 7 il latte doveva essere Angelina comprò cavallo e carretto all’aratro, la sorella Giovanna in latteria; ci voleva anche una per portare il latte di tutti i soci di comandava i buoi e una terza per- buona dose di coraggio per fare Solimbergo in latteria a Sequals. sona guidava il cavallo: “… no sim- quella brutta strada, stretta e piena Per questo servizio veniva attac- pri a geva [andava] dut lis, una di curve, con la pioggia e con la cato dietro al carro un carretto matina bunora, i aravin, al è neve tutta in discesa in andata, ma costruito appositamente dove vignȗt four da una baracera un tutta in salita al ritorno. Appena mettevano un bidone di rame dalla ucelat ch’al à fat ombrâ i nemâi, cominciava il freddo bisognava far capienza di poco più di un ettoli- chei a àn rabaltât il cjaval rum- mettere i ramponi al cavallo da tro, sempri biel lustri. Ricevevano pingji una gjamba, par furtuna gno cusin Martin a Semont [Sot- il latte in casa: sull’ingresso si chi eri giovina e i ai fat un salt, tomonte di Meduno] ch’al faseva trovavano la stadera, attaccata ad se no a mi copavin ancja me. I il favri, invessit par ferâ gno una trave del soffitto, un tavolino, vin clamât il marcantin che al à pari al mi mandava a Spilim- il secchio già tarato per pesare il menât via il cjaval cun trê gjam- berc da Teia, al mi dava cualchi latte, peso che veniva annotato sul bes e al a portât un altri”. franc par ch’i gessi [andassi] a libretto di ogni socio. Sul tavolino Pensando di fare un affare compra- mangjâ una pastasuta intant c’era una scodella di legno dove il rono un asino da usare per il tra- ch’i spetavi. paron dal lat metteva i centesimi sporto del latte, ma non fu un gran Verso gli anni Quaranta la latteria per il pagamento in proporzione al successo. Oltre a essere lento, si aveva stabilito uno stipendio fisso latte trasportato. piantava su per la salita e non c’era per il trasporto del latte: 6000 lire Nel frattempo avevano com- verso di farlo ripartire: “…benedet al mese: una risorsa. All’andata prato un calesse cun tant di fol Angelina trasportava il latte, giunta (capotta) e con quello facevano in latteria staccava il carretto con servizio taxi: portavano la gente il bidone, che veniva svuotato dal in stazione a Meduno e i turisti personale della latteria, e prose- veneziani a Spilimbergo: “... per guiva per il centro del paese per le andare a Meduno ci davano 5 altre commissioni. Come per tutte lire”. Angelina cominciò ad andare le imprese di trasporti il ritorno con il carreto ed il cavallo all’età non era mai a vuoto; aveva dotato di dieci anni accompagnando il il carretto di una capottina di tela papà: a scuela i no ai pi pudût gî per proteggere il carico, portava [andare] parcè che a mandavin il pane ai due negozi di alimentari i fantats, le busitates a vevin da (a mi devin una pagnoca in dì lavorâ in cjasa e in campagna Il caretin di Angjelina dal lat. par paia), la carne a chi l’aveva TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 91

ordinata in macelleria, medicine galleria incrociarono un camion: Solimbergo domandò ad Ange- e purtroppo all’occorenza anche il cavallo spaventato forse per le lina che santo l’avesse protetta casse da morto fatte su misura dal luci dei fanali o per il rumore si e lei rispose: ma sior plevan jo falegname di Sequals. Fra i tanti imbizzarì, diede uno strattone ju prei ducju, cualchidun a si servizi c’era anche il trasporto della rompendo così l’anello che tiene il sarà pensât di me, e cussì soi comâri, la “levatrice”, che abitava collare (comat) ed il carro senza sempri giuda [andata] inde- a Sequals: a ti vignivin a clamâ guida spingeva il cavallo. Non giovò vant! a dute le ore, ancja pa la not; i a molto che Angelina chiudesse il “La mattina dopo avevo paura di tacavi la careta e via a tueila. Il freno… finirono rotolando nella riprendere il carro e mio padre mi problema al era chel da cjamâla scarpata. Lussia chiese ad Ange- disse di prepararlo che sarebbe sù par via ch’a era una balossa lina dulà sino? e questa rispose andato lui, ma quando fu pronto di femina piçula e gruessa e par tai baraçs. Lussia non sentendo mi obbligò a salire e partire. Fu gionta ancja vecja; il cjaval a più movimenti si spaventò e, uscita un bene perché se avessi aspet- nol steva fer, insoma un gran dai rovi, corse all’osteria di Faion tato non sarei più salita”. pinseir ch’a no ves da colâmi a chiedere aiuto gridando a è L’orario di trasporto del latte e cuant ch’i rivavin i cognevi muarta Angjilina cun dut il cja- coincideva con quello della cor- ancja tirâla jù. E per il paga- val. Fortunatamente stavano sca- riera di linea, l’autista che abi- mento? Cualchidun ti dava cinc ricando vino dal camion della ditta tualmente faceva quella tratta francs, cualchidun “grassie”, e Pavan, prontamente l’autista andò disse: “Angelina quando faccio cualchidun “si vedarìn”… ma i sul posto con alcuni uomini, taglia- questo pezzo di strada ho il ter- vin inmò da jodisi…”. rono le briglie al cavallo che, illeso, rore di incrociarti e non vederti in Spesso qualcuno approfittava del se ne andò a casa da solo. Con una tempo”. “Così abbiamo pensato di carro di Angelina per un passaggio. corda raddrizzarono la careta per mettere la brena con un catari- Una sera cominciava a far buio far uscire Angjlina che se l’era frangente sulla fronte del cavallo: e con a bordo Lussia, l’ufficia- cavata con qualche graffio:… a i l’ai incjamò a cjasa. lessa di posta, scendevano verso no si era rot nencja il veri dal Si potevano fare anche brutti Sequals, quando appena fuori dalla ferâr. Don Luigi Cozzi parroco di incontri. Una buia sera d’inverno tornava da Sequals e sul carro aveva dei sacchi con le forme di formaggio che doveva consegnare ai proprietari ed anche i soldi delle vendite. La sorpassò un’auto che si fermò davanti al cavallo sbarrandogli la strada, scese un uomo e le chiese che cosa por- tasse, Angelina rispose che por- tava legna; l’uomo non le credette e disse : Eh no, uchì a non son lens… sivo bessola? E lei rispose che aspettava suo nipote che doveva venirle incontro. Fortu- natamente arrivò una moto che mise in fuga il malintenzionato: che paura! Angjilina dal lat, a destra, negli anni Cinquanta. Con il passare degli anni la paga TIERE FURLANE 92 • TERRA FRIULANA

arrivò a 12.000 lire al mese. Ange- alla galleria c’era una salita abba- lina lavorava sodo, attaccava i buoi stanza ripida e, di solito, quelli che per i lavori nei campi: … besties trasportavano legna viaggiavano in grandes i stei (Pezzati rossi), ju coppia, un carro davanti e uno die- tacavi nome io, i fasevi fadia tro, di modo che se c’era bisogno a metigji il giouf parcè che a mettevano il çoc che era appeso erin alts e io i eri piçula, ma sempre dietro al carro, staccavano sicome ch’a erin usâts a pareva i cavalli e li attaccavano davanti ch’a capissin e a sbassavin il agli altri perché altrimenti non ce cjâf. Cuant ch’i ju ai dâts via i l’avrebbero fatta a fare la salita. ai comprât i bisus ch’a erin pi C’era anche chi aveva solo il mulo piçui, par solit a duravin 10 e aveva bisogno di aiuto, così si ains. fermavano in piazza ed andavano La strada che porta a Sequals a chiamare Angelina che arrivava dovevano per forza percorrerla cui nemâi aggiogati pronti solo tutti quelli che scendevano dalla da attaccare davanti al mulo con Val Tramontina e da Meduno per un tamon clamât pradeir. Tirava andare verso la Bassa. Per arrivare il carro fino in cima alla salita e Angelina Zamparo cul cjar dal sorgjâl.

poi rientrava a casa. “Qualcuno ti pagava con un grazie, qualcuno ti dava qualche centesimo. Un tale mi dava 35 centesimi: una volta gli dissi che poteva darmi qualche cosa di più e lui mi rispose che con quelli avrei comprato sale e fiammiferi per tutta la settimana”. Quando dovevamo cambiare il cavallo chiamavamo un certo Carlo Falcier di Udine che commerciava cavalli ed aveva anche la macelleria equina. Il cavallo non durava tanti anni perché dovevamo prenderlo già abituato al traino e quindi non proprio giovane. Verso gli anni Settanta ho fatto la patente ed ho comprato un piccolo trattore, un Stayr 18 cjavai, i gevi pardut, ma i nemâi a mi son mancjâts.

Pubblicità per i trattori Steyr nella pubblicazione La trattrice agricola dell’ing. Antonio Irianni, III Edizione, Ramo editoriale degli Agricoltori, Roma, 1954. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 93

Renzo FRANCESCONI Il fotografo Gianenrico Vendramin A colloquio con chi ha conosciuto da vicino un instancabile testimone della vita friulana

Ho conosciuto le opere di Gia- di questo poco noto personaggio, dola emergere dalla propria memo- nenrico Vendramin quando Nevio con l’intendimento di delinearne ria, sottolineando a toni vivaci la Martinuzzi, appassionato fotografo, almeno un suo primo profilo di sua originale personalità. me ne ha parlato in occasione di uomo, nel senso più profondo del Giovanni Ellerani, mai abbando- una delle tante mostre fotografi- termine. nando la sua fluida parlata san- che del CRAF (Centro Ricerca e A Palazzo Tadea, a Spilimbergo, vitese, che qui traduciamo per Archiviazione della Fotografia) a in un pomeriggio di mezza estate, comodità del lettore, esordisce coi Spilimbergo. Non compresi subito mi hanno raggiunto Giovanni ricordi d’infanzia: “Era un bambino l’importanza del personaggio ma, Ellerani, storico tipografo san- buono e generoso, già da piccoli una volta esaminato l’imponente vitese, la cognata di Gianenrico, eravamo molto uniti e questa ami- corpus di opere del Vendramin, signora Antonietta Steccati, e il cizia ci ha accompagnato per tutta ne rimasi entusiasta. Per diverso sopra citato Nevio Martinuzzi, la vita. Io del ’34, lui del ’29. Filan- tempo ho rimuginato l’idea di fedele “scudiero” del Vendramin tropo, onesto, Gianenrico si dimo- approfondire la conoscenza di que- dal terremoto del 1976 in poi. Il strava schivo, ma assolutamente sto Sanvitese, scomparso nel 2008, Martinuzzi fu premiato nel 2010, affabile e disponibile con tutti, Hche ha saputo eternare un pezzo di assieme a Giampaolo Pauletto, in particolare con gli amici veri. storia, e molto di più, della nostra come “Amico del CRAF” proprio Innumerevoli sono le volte in cui gente e della nostra terra. per essere riuscito a preservare e veniva a trovarmi in tipografia ma Così un giorno ho deciso: avrei conservare gran parte dell’Archivio molte, ahimè, dovevo congedarlo incontrato per un’intervista infor- Vendramin (circa il 50% della pro- per il troppo lavoro, recuperando male chi da amico/testimone lo duzione stimata) per poi conferirlo nelle giornate successive il tempo aveva frequentato, e fosse quindi al Centro spilimberghese. perduto. Tra noi c’era un continuo in grado di avvicinarmi alla vita, I miei interlocutori hanno tratteg- dialogo, fatto di confidenze. Io ero per molti versi fuori dall’ordinario, giato la figura di Gianenrico facen- per lui una specie di frate confes- ☛ TIERE FURLANE 94 • TERRA FRIULANA

sore, una persona con cui apriva il glio sotto la presidenza del prof. suo cuore e la sua mente”. Bisogni prima e del prof. Seba- stiano Riolo poi. Nota biografica Gianenrico ha avuto la passione La cognata Antonietta a questo per la fotografia sin dall’età di punto presenta alcune note bio- quattordici anni e, come accenna grafiche: “Gianenrico nasce il la signora Antonietta, è stato il 28 settembre 1929 a San Vito al fratello Antonio, maggiore di 16 Tagliamento, la madre Domenica anni, grande conoscitore di sto- Fancello, mezza nobile, era di ria dell’arte e dell’architettura, a Sesto al Reghena. Da giovinetta comunicargli il gusto dell’immagine aveva frequentato le scuole delle e avviarlo al mestiere. monache di clausura. Giovanni “Si avvicinò alla camera oscura Battista, il padre di Gianenrico, era anche grazie a Pietro Miorin, un un valente fabbro, un vero artista fotografo di San Vito” – precisa Gianenrico Vendramin in una foto del ferro, diplomato presso l’Isti- giovanile durante una delle sue tante Giovanni Ellerani – che vedeva tuto d’Arte di Gemona. La scuola escursioni. nel giovane Gianenrico una vera fabbrile da lui fondata a S. Vito, e promessa. Imparò iniziando dai dove insegnò per anni, forgiò molte svolse con continuità fino al 1981, rudimenti della tecnica fotogra- giovani promesse di quest’arte. Le anno della sua entrata in quie- fica, con esperienze “sul campo” e sue opere sono sparse in Italia e scenza”. stampando le proprie fotografie in nel mondo: Gianni Vendramin era Ellerani elenca i nomi dei suoi col- bianco e nero proprio in quel suo spesso invitato d’onore alle mostre leghi e amici del periodo sanvitese: laboratorio di Borgo Magredo dove internazionali di Roma, Milano, Federico De Rocco e Iro Cordenos, la stanza per lo sviluppo misurava Venezia e all’estero dove ottenne entrambi insegnanti di disegno, due metri per due”. ambite benemerenze, croci al Giuseppe Pighin, docente di inta- merito e medaglie d’oro. Si impe- gnò con fervore, inoltre, nella vita religiosa e sociale. Gianenrico, dopo le le scuole ele- mentari, ha frequentato l’Avvia- mento professionale, sempre a San Vito, e si è poi diplomato perito meccanico all’Istituto tecnico Arturo Malignani di Udine. Otte- nuto il diploma, si è dedicato all’in- segnamento a Mestre, Portogruaro, Casarsa e Pordenone. Si iscrisse alla Facoltà di Economia e Commercio di Venezia, ma non proseguì gli studi universitari, pre- ferendo dedicarsi all’insegnamento di laboratorio meccanico presso la scuola di Avviamento professionale della sua città natale, attività che Bambino con nidiacei. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 95

Occhio clinico “Aveva un occhio clinico spetta- colare – afferma Nevio Martinuzzi – “a Gianenrico non serviva l’espo- simetro. Non sbagliava neppure un fotogramma. Seguendo il metodo a forcella, di dodici scatti quat- tro erano le foto prescelte: una sovraesposta per la stampa, una sottoesposta per la proiezione e poi quelle giuste, perfette”. Ha ini- ziato a fotografare con la Alpa C6, che poi ha regalato a Italo Michieli (altro fotografo sanvitese). In seguito lavorava con le Hasselblad e le Leica. L’ho conosciuto per caso a Buia. La sua auto lo aveva lasciato a piedi. Lui per me – prosegue Mar- tinuzzi – è stato un grande mae- stro, ma non un maestro qualsi- asi, un vero e proprio artigiano Il primo travaso e il primo assaggio... della fotografia che non amava esplicitare il “fare” ma, piuttosto, imprimere le direttrici da seguire per comprendere la tecnica. Applicavo tutto alla lettera e attendevo con grande trepida- zione i suoi commenti, misurati e contenuti, ma sempre efficaci. Una delle sue peculiarità era l’unghia lunga del mignolo della mano destra. Se ne serviva per poter evidenziare alcune cose, ma soprattutto per tirar su lo spec- chio della Hasselblad prima dello scatto affinché non vibrasse!”. La signora Antonietta accenna poi ad alcuni aspetti umani: “Gianen- rico era molto buono, è vero, ma Appena nati e già perplessi sulla vita. piuttosto disordinato e trasandato. L’unica cosa a cui teneva vera- Piccoli particolari che non solo si Non singoli scatti, ma sequenze mente molto del suo aspetto erano possono perdonare ad un artista, documentarie i capelli, sempre perfetti, per il ma che contribuiscono a render- “Gianenrico Vendramin – riprende resto… beh… lasciamo perdere”. celo simpatico. Martinuzzi – nel suo peregrinare TIERE FURLANE 96 • TERRA FRIULANA

accompagnarlo a fotografare i particolari che gli mancavano, ad esempio la Pezzata Rossa in Malga Montasio, e alcuni rari attrezzi da lavoro della vita conta- dina, senza escludere per questo dal suo inventario particolari dell’innovazione tecnologica in campo agricolo”. Molte di queste sequenze, relative ad un mondo in rapida trasforma- zione, sono state costruite ad hoc: Nevio ricorda che spesso Gianen- rico dovette mettere in posa gli attrezzi ed invitare le persone a simularne l’utilizzo. Spulciando l’archivio Vendra- min, si trovano disseminati tanti appunti autografi, in particolare sui bachi da seta e sull’industria serica (ci si potrebbe fare un Si ravviva la pietra della macina. manuale!), ma anche tante note relative ai suoi molteplici viaggi con la macchina fotografica al seguono l’uccisione del maiale, la alla scoperta del mondo e degli seguito, ci teneva a conservare ricostruzione completa del ciclo uomini. testimonianza di quella civiltà dei bachi da seta, la vendemmia Ancor prima di informare la gente rurale che si era spenta o che si e la vinificazione, la preparazione circa le intenzioni documentarie stava spegnendo. Le scene di vita delle barbatelle, l’attività molitoria, che lo animavano, – “il prof. – contadina per lui non rappre- la forgiatura del ferro, le foghere... come ama chiamarlo Martinuzzi sentavano solo dei momenti da Ultimamente mi chiedeva di – “conquistava l’affetto delle per- immortalare, ma un pezzo di sto- ria da scrivere con quell’attento occhio “antropologico-didattico” Apparecchi e materiali che molto deve all’imprinting dell’insegnamento. Ogni scena Vendramim iniziò a fotografare con una Alpa C6, poi con una 500 doveva essere documentata in CM dotata di obiettivi 50, 150 e 250 mm, una SWC con un 38 mm maniera maniacale, tutte le tec- Biogon della Hasselblad e una CL della Leica dotata di obiettivi 28, niche agricole dovevano essere 50 e 90 mm. Per il colore, usava la pellicola Kodak EPR 64 ASA rappresentate con grande pigno- (luce diurna) e la EPY 64ASA (luce tungsteno). Per il bianco e leria e metodo. Le sue fotogra- nero si serviva di pellicole Ilford PAN F 50ASA e FP4 125 ASA, sal- fie rassomigliano a delle vere tuariamente HP 5 400 ASA. Per sviluppare il negativo b/n utilizzava sequenze di fotogrammi, come il Perceptol della Ilford e per il fissaggio Hypam, mentre quando un film: l’aratura ripresa in più stampava il bianco e nero usava l’ingranditore Durst A 600 (infor- momenti, la semina, l’erpicatura, mazioni fornite da Nevio Martinuzzi). le varie fasi che precedono e TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 97

cato che, tra le altre cose, è stato fondatore del Museo storico della Guerra di San Vito”.

Viaggiatore instancabile Ellerani aggiunge che gli interessi di Gianenrico non si rivolgevano solo alla vita contadina, ma amava viaggiare, sempre con l’occhio del fotografo. Era innamorato del Carnevale di Venezia e delle sue maschere: “nel 1998, infatti, ha realizzato nella mia tipografia un calendario sul Carnevale della I mus alla pesa. Serenissima di cui era particolar- mente orgoglioso”. sone. In particolare dimostrava del popolo friulano, contribuendo Nei suoi viaggi attorno al mondo grande simpatia per i bambini, con ben oltre il 50% degli attrezzi Gianenrico fotografava genti e protagonisti di moltissimi suoi esposti”. costumi, ma spendeva parecchio. ritratti. Parlava con la gente, Così per coprire le spese, vendeva andava a casa dei più anziani e Cinematografia, terremoto, beni di famiglia ricevuti in eredità. si faceva spiegare tutto, avido di foto di opere d’arte In pratica, per ogni viaggio un sapere, mai sazio di conoscere Vendramin amava la fotografia, ma terreno. Del resto non aveva fami- le usanze, le abitudini, i modi di forse ancor più la cinematografia. glia e non doveva rendere conto a agire e di lavorare dei Friulani, ma Egli realizzò diversi documentari, nessuno, quindi faceva quello che anche dei popoli che incontrava il primo sui bachi da seta nel 1959, riteneva più giusto per sé stesso e nei suoi viaggi. poi nel 1968 sulla vita contadina, per assecondare le passioni che lo infine sul terremoto che, ovvia- La memoria materiale mente, non mancò di documentare “Era in grande sintonia col pro- anche con le immagini ferme. A fessor Diogene Penzi, – dice tal proposito – è sempre Marti- sempre Martinuzzi – raccoglitore nuzzi a ricordare – Gianenrico mi e studioso degli strumenti conta- raccontava che il Preside Penzi dini: i due facevano a gara su chi diverse volte lo aveva sostituito a riusciva a mettere assieme i pezzi lezione per permettergli di recarsi migliori e più esclusivi da esporre a fotografare i luoghi martoriati dal all’interno di uno spazio fruibile a sisma in Friuli…”. tutti, ciò che appunto diventerà Vendramin era fotografo-antro- il Museo della Civiltà contadina pologo, ma si è cimentato, e con in Palazzo Altan a San Vito al successo, in altre forme di fotogra- Tagliamento, che ora è intitolato a fia come quella artistico-culturale, Diogene Penzi. immortalando i quadri di famosi Gianenrico costruì tutto il per- pittori, i mulini, le Ville Venete e le corso museale che racchiude in chiese di Venezia per l’Architetto Appunti di Vendramin sulla lavorazione uno scrigno dorato la memoria Piero Mainardis. Non va dimenti- della seta. TIERE FURLANE 98 • TERRA FRIULANA

muovevano. Del viaggio in Norvegia si conser- vano fotografie dei graffiti, delle Filippine, non le belle donne ma la coltivazione del riso, dell’Au- stralia gli aborigeni e la loro vita quotidiana. Ha girato tantissimo, dal Circolo polare artico, alla Patagonia, ha visitato tutta l’Italia, l’Europa, la Russia, le due Americhe, l’Africa”. “Con grande rammarico” – ricorda la signora Antonietta – “egli diceva sempre che al ventaglio delle sue avventure interconti- nentali mancava la Cina”. Giovanni Ellerani ricorda: “nel 1999 ho stampato per Gianenrico il calendario dei cinque conti- Scena di mietitura: si carica il frumento che sarà portato alla trebbia. nenti. Quando viaggiava, era quasi sempre accompagnato dall’an- tropologo Ruggero Sicurelli, suo amico”. “Gianenrico” – conclude Ellerani – “più volte mi ha confidato che gli sarebbe piaciuto pubblicare un libro interamente dedicato ai suoi viaggi”.

Motivazioni più forti dei beni terreni Il Vendramin amava stare a diretto contatto con le genti più disparate, adorava immergersi nella natura più selvaggia, sentire gli odori e immedesimarsi negli stessi personaggi delle sue pose. Non era ricco di famiglia, ma benestante sicuramente, eppure alla fine della sua vita rimase solo con la sua abitazione di San Vito e la pensione di insegnante. Ha venduto tutte le sue proprietà per ottenere i finanziamenti neces- Bambini e galete. sari alla sua causa personale, per TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 99

pletamente solo e immerso nel suo dramma, proprio come un padre a cui hanno tolto i figli… La casa era di un silenzio assor- dante e la mancanza dei suoi strumenti di lavoro, così tragica- mente trafugati, lo aveva morti- ficato e trafitto nell’animo. Durante il suo ultimo anno e mezzo di vita, quando ormai la salute vacillava, usciva di rado, trascurando quello che era stato lo scopo della sua vita: la foto- grafia. È una candela che lentamente si spegne, un sipario che si chiude su un’esistenza straordinaria, ma sino ad ora sconosciuta ai più. Il 29 aprile 2008 Gianenrico Vendramin lascia il suo posto terreno per essere tumulato nella tomba di famiglia a San La polenta è assicurata. Vito al Tagliamento; assieme a lui, per il suo ultimo viaggio, una appagare la voglia di immor- un’amara sorpresa:… tutte le sue folla commossa che lo ha accom- talare cose e persone, fatti e macchine fotografiche erano state pagnato e ricordato per quello mestieri, vita e sentimenti. rubate! Fu questo un momento che era: Vendramin, il professôr Il suo amore per la vita, come tragico. Gianenrico si trovò com- ch’al fotografa ducju cuancju. ricorda Martinuzzi, si esprimeva anche nel piacere della buona tavola: durante le scorribande Patrimonio di tutti fotografiche compiute insieme in Friuli si infilava volentieri L’Archivio Vendramin, lascito di straordinaria valenza storica e negli agriturismi per indagare culturale di questo grande fotografo, venne conferito nel 2010 al sulla qualità di salami e for- CRAF. Consta di circa 1.200 stampe d’autore, di qualità tecnica- maggi, sempre sposati al vino di mente ineccepibile e spesso degne di entrare nella storia dell’arte cui era un cultore ed un apprez- fotografica; vi è anche una considerevole serie di diapositive e zato esperto. negativi che Nevio Martinuzzi, con l’aiuto Giampaolo Pauletto, ha Negli ultimi anni della sua vita, pazientemente suddiviso per sezioni e argomenti, così da agevolare Gianenrico Vendramin dovette il lavoro di archiviazione che il Centro ha avviato. Le opere possono affrontare seri problemi car- essere visionate previo contatto con il CRAF. diaci, con conseguenti numerosi Molte foto di Gianenrico Vendramin si possono vedere su Tiere ricoveri ospedalieri; al rientro furlane n. 9, 2011. a casa da uno di questi trovò TIERE FURLANE 100 • TERRA FRIULANA Mezzo cimitero di periferia Enos Costantini

I morti di Trasaghis dovrei andare a Clamart, sono un po’ qua e un po’ là Carcassonne, Vers, Remoulins, un po’ tai Savalons* Le Pellerin, Antony un po’ nelle France e magari giù in Algeria Parigi periferia, Nantes Bretagna, Sud-Ouest zio Aldo è rimasto a Oran qualcosa in Savoia e in Provenza il trasporto verso i Savalons costava troppo mi hanno detto I giovani di Trasaghis/Trasaghis o di Trasaghis/Parigi per fortuna molti conoscevano i coetanei sono tornati a morire spesso parenti forse solo per morire a Trasaghis/Trasaghis così sono qui nelle estati dei Sessanta coi loro soprannomi trasagani o francesi con una eccezione trascurati dal lapicida una notte ad Alesso/Dalés presso il juke-box ma alcuni sono partiti per morire ho conosciuto un Costantini di Nantes da qualche parte nelle France parlava poco friulano dove un antico butul aveva ramifi cato quasi niente mentre le radici si seccavano per lui Trasaghis/Dalés/Nantes un gomitolo di parentele un anno fu qui per pochi giorni francotrasagandalessane la sorella di mio nonno eravamo probabilmente cugini lontani partita frutaçuta o forse anche vicini mai più tornata o chissà quanto cunsuvrìns il suo friulano era faticoso già non c’erano più ricordi ma così trasagano nelle vocali neppure tra le vecchie e nei plurali maschili non l’ho più rivisto e parlava male di De Gaulle sembrava intelligente se a lu cjapin chei di Nantes... e arrivava a trovarci l’austriaca, Peccato non avere un cimitero unico moglie del cugino di mio padre per tutti i paesani lui non sapeva una parola di friulano, e i democristiani malignavano e lei lo parlava como nuja in privato e in osteria appreso dai suoceri suppongo solo i poco per bene emigrano lassù a Le Pellerin presso Nantes e tornano per umilarci con la loro macchinona passavano a Trasaghis e sono di sinistra e poi via in Austria fortuna che le votazioni sono a giugno era in gamba quell’austriaca traduceva in trasagano sì, c’era lavoro anche qui il francese di un trasagano ma era di miseria diceva mio zio così, se ora voglio andare al cimitero non potevi farti una famiglia non mi bastano i Savalons non bastava TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 101

e tornavano, lui e quelli di Antony lo guardavate con ammirazione e stupore il progresso rue de l’Aubépine, orgogliosi dei grandi bâtiment che andavate costruendo con umili utilitarie Renault ma per 11 mesi ogni sabato a Antony però tornavano la polenta e le chiacchiere di paese per un mese Antony/Trasaghis ogni anno era più Trasaghis di Trasaghis/Trasaghis mai mancato uno 11 mesi di lavoro e per molti, per tutti, il paese per goderne uno, era cristallizzato proprio dei poco per bene fermo al giorno della partenza fas dal fen e balç dai lens ora, da qualche parte nelle France fuoco di carpino nello spolert ci sarà una terza e quarta e forse quinta cualchi crodia di formadi generazione e le facce buone di sempre laureati, chissà vi piaceva granare come rosario già nei Sessanta c’era un Costantini alla Sorbona la geografi a degli usci o poveracci di periferia una stradina dopo l’altra come i trasagani rimasti nomi di donne e uomini anche qui c’è la terza e quarta e quinta generazione forse più donne che non sa nè il francese nè il friulano che non c’erano più per ogni uscio un volto les Grandes Surfaces nelle France sono arrivate prima sempre buono i pomeriggi del sabato nei centri commerciali solo talvolta un po’ burbero qui, ora, anche e soprattutto la domenica ma erano gli anziani même s’il ya un beau soleil della vostra gioventù le periferie sono tutte uguali nei vicoli odorosi di patùs Parigi Nantes Tolosa e nei vostri occhi un sorriso Trasaghis di che cosa è periferia stima e affetto per ognuno di essi non si sa e complicità per le tante cose comuni è periferia senza città odori sapori sudore fatiche e come in tutte le periferie, e i dispetti e le ragazzate e i furti di frutta il cimitero ha sempre più cognomi nuovi robâ piruças, muruçulas, miluçs ingranâts e tai Savalons passa l’autostrada nôlas tas Cjarandas e su pas Teadas come a Antony, se è per quello e quel passare della vita sulle rampe di un ponte qui Trasâgas là qualche Francia tornâ e tornâ a lâ sulla piccola Peugeot

ora le facce sono in diaspora almeno fi n che le lasciano sul marmo tra i Savalons e le altre periferie e di tutta questa storia ci resta solo mezzo cimitero con briciole di satelliti sconosciuti dimenticati qua e là via per le France

*tai Savalons località in cui si trova il cimitero di Trasaghis TIERE FURLANE 102 • TERRA FRIULANA TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 103

Maria SANTORO Il Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia a Spilimbergo, città dei fotografi e cuore dell’immagine

Storia in Italia. Negli anni successivi si dalla Regione Friuli-Venezia Giulia Il “Progetto Fotografia” si conte- aggiunsero alla compagine Nino quale archivio fotografico e centro stualizza in ambito spilimberghese Migliori, Luciano Ferri, Gianni di documentazione. in seno all’ISES (Istituto per lo Berengo Gardin e Bepi Bruno. L’acronimo C.R.A.F. (Centro Sviluppo economico dello Spilim- L’esperienza neorealista del GFNF Ricerca e Archiviazione della berghese). Costituitosi il 10 giugno attivò l’avventura pionieristica di Fotografia) discende da una let- 1987, l’ISES, congiuntamente “Friuli Fotografia”, che dal 1989 tera inviata nel 1987 dal fotografo all’amministrazione comunale di divenne “Spilimbergo Fotografia”, Italo Zannier all’allora sindaco di allora, stimolò la valorizzazione designazione poi identificativa Spilimbergo Vincenzo Capalozza. del patrimonio culturale esistente della rassegna leader del CRAF. Nella lettera Zannier forgiava que- come elemento propulsivo per Nel corso dei primi anni di attività, sta precisa denominazione, attri- il recupero di una forte identità tra il 1987 e il 1993, numerosi buendo con preveggenza un “tema locale, servendosi della “fortu- convegni, workshop, corsi post regionale” al Centro, e configuran- nata” eredità artistica del Gruppo diploma contribuirono a consoli- dolo come organismo dedicato alla friulano per una Nuova Fotografia dare la liaison Spilimbergo – Foto- ricerca, riproduzione, studio, cata- (GFNF), sorto a Spilimbergo negli grafia e realizzarvi un vero e pro- logazione, archiviazione del patri- anni Cinquanta, e composto da prio laboratorio d’arte. La volontà monio fotografico del territorio. Aldo Beltrame, Carlo Bevilacqua, e l’obiettivo più alto stava nel Già allora si ipotizzava la creazione Gianni e Giuliano Borghesan, Toni ricreare a Spilimbergo una “Arles di una biblioteca specializzata che del Tin, Fulvio Roiter e Italo Zan- italiana”, ovvero un luogo deputato potesse provvedere alla raccolta di nier. per eccellenza alla fotografia, desti- pubblicistica fotografica, storica e Il GFNF, istituito nei primi mesi nato a divenire punto d’incontro, contemporanea. del 1955, pubblicò il 1 dicembre ricorrenza annuale per fotografi e Ad oggi, il CRAF attende l’iter pro- dello stesso anno il primo e unico operatori del settore sulla falsariga cedurale di legge che riconosca al manifesto di fotografia neorealista di quanto ancor oggi avviene nella Centro di Spilimbergo il marchio più celebre città provenzale. Doc della fotografia, e altresì lo Giuliano Borghesan Il 13 luglio 1993 fu ufficialmente investa di un ruolo coordinatore Spilimbergo, 1953. costituito il CRAF e riconosciuto tra le istituzioni locali ad essa dedi- ☛ Gianni Berengo Gardin, Valvasone, 1995. cate, in virtù dell’esperienza e della eseguito lavori di restauro e adegua- Menzione speciale si riserva all’ac- sua presenza instancabile nella mento funzionale per qualificare la quisizione delle serie complete tutela del patrimonio fotografico e struttura come “Casa della Cultura”. di fotografie realizzate tra il 1922 nella sua più compiuta valorizza- Il Palazzo ospita l’Ufficio Cultura del e il 1926 in Friuli e Istria da Paul zione. Comune e la Fondazione Ado Fur- Scheuermeier per l’Istituto di Glot- La compagine sociale del CRAF lan. Il piano nobile, il cui salone cen- tologia Romanza di Berna, e la serie comprende attualmente le Province trale è intitolato al direttore di coro di Ugo Pellis realizzata tra il 1925 e di Pordenone e Udine, i Comuni di Giorgio Kirschner (1923-2002) che 1935 per l’Atlante Linguistico Ita- Spilimbergo, Pordenone, Sequals, fu operativo anche a Spilimbergo, liano. Nel 2003 è stata acquisita dal Maniago, S. Vito al Tagliamento, ha in dotazione un prezioso piano- Ministero della Cultura di Francia Lignano Sabbiadoro, Udine, la forte Fazioli di inizio XIX secolo, la serie completa delle fotografie, Comunità montana del Friuli occi- recentemente restaurato. realizzate il 1914 e il 1915, di André dentale, il Consorzio universitario di Presso Villa Ciani di Lestans hanno Kertesz a Gorizia. Pordenone, le Università di Udine invece sede l’ufficio stampa,la e Trieste, la F.lli Alinari di Firenze, biblioteca specializzata e il polo la LABA s.r.l. (Libera Accademia di formativo con aule attrezzate per lo L’anima del mondo Belle Arti). svolgimento di corsi specialistici. A partire dall’ottobre 2010 il CRAF Una bella fotografia rac- dispone di due sedi operative: Fototeca conta una storia, rivela Palazzo Tadea a Spilimbergo e Villa L’archivio si compone di circa un luogo, un evento, Ciani a Lestans. Palazzo Tadea, che 170.000 fotografie tra positivi e uno stato d’animo, è più ospita la fototeca, gli uffici ammi- negativi. Si conservano numerosi potente di pagine e pagine nistrativi e di rappresentanza del dagherrotipi, albumine, cartes de scritte... la luce è la lingua CRAF, si trova nell’ala settentrionale visite, positivi su lastra e album della fotografia, l’anima del Castello di Spilimbergo. Dopo i ottocenteschi. Preziosa è la colle- del mondo. danni subiti dall’edificio rinascimen- zione di 48 calotipi realizzati dallo (Isabel Allende, Ritratto in tale durante i terremoti del 1976, Science Museum di Bradford dagli seppia, Feltrinelli, 2001). l’Amministrazione comunale ha orginali di Fox Talbot. TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 105

Silvio Maria Bujatti, Tricesimo, anni Cinquanta.

del secondo dopoguerra italiano (Cavalli, Giacomelli, Scianna…). La presenza di tale fondo al CRAF ha stimolato, negli ultimi tempi, una fattiva collaborazione con la regione Marche, in particolare con la Provin- cia di Fermo dove quest’anno sono state ospitate le mostre Le Borgate Romane di Luigi Crocenzi e La Fotografia e il Neorealismo in Ita- lia 1945-1965.

Nel 2002 il fotografo Aldo Bel- trame, tra gli aderenti al Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia, ha donato l’intero suo archivio costituito da 3.000 stampe d’e- poca e 5.000 negativi. Del Gruppo, il CRAF ha poi acquisito 3.000 negativi di Carlo Bevilacqua e 400 stampe fotografiche di altri parte- cipanti al sodalizio. Si conservano inoltre i fondi di Ilo Battigelli, fotografo in Arabia Sau- dita e Zimbawe, del triestino Tullio Stravisi, e di Katia Drigo, giovane emergente prematuramente scom- parsa. Tra le ultime acquisizioni rammen- tiamo i fondi del maniaghese Orio del Mistro, del sanvitese Gianen- rico Vedramin e, in forma di como- dato d’uso, l’archivio del bergama- sco Carlo Leidi. Di assoluto prestigio il fondo Luigi Crocenzi, fotografo e col- laboratore di Elio Vittorini nella rivista Il Politecnico: comprende migliaia di negativi e 3.000 positivi originali di autori rappresentativi

Carlo Bevilacqua, Il pescatore, 1954. TIERE FURLANE 106 • TERRA FRIULANA

Paul Scheuermeier, Claut, 1922.

Una parte dell’archivio è riservata Novanta raccoglie e promuove La Biblioteca all’epopea dell’emigrazione friulana campagne fotografiche di autori La Biblioteca, inserita dal 2010 in nelle direttrici europee e transo- affermati e talenti emergenti della Se.Bi.Co. (Servizio bibliotecario ceaniche: sono qui conservati vin- fotografia contemporanea che convenzionato dello Spilimber- tages della collezione fotografica contribuiscono ad arricchire il ghese), è costituita da un corpus di di Giovanni Ciani (seconda metà repertorio d’archivio e documen- 8.000 monografie e 50.000 numeri dell’Ottocento), le riproduzioni tare le metamorfosi del territorio di periodici. Il patrimonio biblio- degli album del Conte Ceconi con in senso ambientale e sociale. Si grafico è il risultato dell’addizione fotografie di Alois Beer, imma- ricordano a tal proposito le cam- di tre fondi: Luigi Crocenzi, Lan- gini del lungo viaggio di Giovanni pagne fotografiche promosse dal franco Colombo e CRAF. Simoni lungo la Transiberiana e CRAF Tredici fotografi in un Il fondo Luigi Crocenzi conserva nella Cina degli anni Trenta, come itinerario pasoliniano (1995) e l’epistolario e le monografie sche- pure immagini di collezioni private, Terre a Nordest – Friuli Venezia date dell’intellettuale marchigiano, rappresentative della vita e delle Giulia a vent’anni dal terre- noto collaboratore di Elio Vittorini condizioni degli emigranti oggi. In moto (1996). nella rivista Il Politecnico, autore particolare si citano i progetti foto- L’obiettivo sta nel garantire la di splendidi fotoracconti e illustra- grafici di Maria Zorzon ad Avella- presenza di eterogenei stili e lin- tore dello storico romanzo Con- neda e Reconquista in Argentina, e guaggi, sottolineando in tal senso versazione in Sicilia. Il fondo, di Francesco Nonino a New York. la molteplicità e trasversalità del acquisito dalla famiglia Crocenzi Infine, il CRAF sin dagli anni medium fotografico. nel 1995 comprende circa 1.500 TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 107

Paul Scheuermeier, Grado, 1922. monografie e 200 testate di perio- degli eventi espositivi. Tale mate- l’élite fotografica con proposte dici relativi a fotografia, cinema riale può considerarsi una fonte espositive “d’eccezione”: Robert e letteratura. Tra i manuali più enciclopedica per lo studio e la Capa, Henri Cartier-Bresson, preziosi, quelli di fine Ottocento ricerca d’ambito. Gianni Berengo Gardin, Dorothea di Gioppi, di Radolfo Namias, di A. Il fondo CRAF, anch’esso com- Lange, John Phillips, Mario Giaco- Coacci e di G. Longo. Tra i testi di posto da monografie e periodici, melli sono solo alcuni tra i nomi di storia e critica fotografica emer- comprende il settore editoriale del richiamo del festival. gono quelli di Turroni, Vitali, Quin- Centro, ovvero cataloghi e saggi- La rassegna, che si definisce anche tavalle, Newhall. stica, e si completa con gli scambi circuito espositivo “diffuso”, con- Il fondo Lanfranco Colombo, librari intercorsi con biblioteche, tribuisce all’incoming turistico in donato al CRAF dallo stesso gal- centri culturali, istituzioni nazionali Regione, offrendo agli ospiti come lerista e critico milanese nel 2006, e internazionali. ai residenti l’opportunità di appa- comprende un cospicuo numero di iare la visita di luoghi a interessanti volumi e riviste di settore, i docu- Spilimbergo Fotografia proposte culturali. menti originali di tutte le esposi- e oltre… Il cerimoniale della rassegna zioni allestite presso la Galleria “Il Regina delle manifestazioni pro- include l’attribuzione di tre premi: Diaframma” con relative recen- mosse dal CRAF è Spilimbergo Friuli Venezia Giulia Fotografia, sioni, i curriculum dei fotografi Fotografia. International Award of Photo- presentati, nonché la corrispon- Il 1987 è l’anno 0 della rassegna graphy, Amici del CRAF, premi denza preliminare all’allestimento che polarizza da ormai 25 stagioni istituiti rispettivamente nel 1987, TIERE FURLANE 108 • TERRA FRIULANA

nell’anno delle celebrazioni della Cultura italiana in Russia, ha rag- giunto assieme a Il Paesaggio ita- liano in Fotografia la città di San Pietroburgo. Nell’ultimo biennio il CRAF ha inol- tre stretto un’interessante partner- ship con la Croazia, in particolare con il festival rovignese Photodays al quale quest’anno ha partecipato con le mostre di Mario Giacomelli e Franco Fontana.

Formazione Paul Scheuermeier, Forni Avoltri, 1922. La vocazione conservativa del CRAF si appaia a quella formativa. Dal 1996 e 2001. all’estero in sinergia con nuovi 1993 un cospicuo numero di diplo- Tali riconoscimenti sono finalizzati partner. mati e laureati hanno partecipato a al coinvolgimento di professionisti Tra le oltre 200 mostre veicolate workshop e laboratori di fotografia. stimati che qualificano, con la loro si ricordano Italian Films di John Il centro di Villa Ciani di Lestans presenza, il festival. L’attribuzione Phillips alla Bourgrave House nel offre camere oscure e aule attrez- dei premi rimarca, inoltre, il ruolo Castello di Praga (1997), la Pasion zate oltre che una foresteria per del CRAF quale osservatorio della Sacrificada di Paolo Gasparini a corsi residenziali. produzione fotografica di rilievo, in Parigi, Creta, Salonicco e Valencia Esperienze di collaborazione e Italia e all’estero. Tra i premiati più (2000-2002), Tredici fotografi scambio formativo si sono concretiz- celebri ricordiamo Charles-Henry in un itinerario di Pasolini zate con la Long Island University, Favrod, Henri Cartier-Bresson, all’Hillwood Art Museum di Long la Hochschule Anhalt di Dessau, Naomi e Walter Rosemblum, Ilo Island, a Itami in Giappone, Bue- la Lette Verein di Berlino, le Acca- Battigelli, Franco Fontana, Gianni nos Aires e Halle in Germania demie di Belle Arti di Charleroi e e Giuliano Borghesan, Aldo Bel- (1994-2000). Tamines in Belgio. trame… In tempi recenti citiamo Italia Nel prossimo futuro, Villa Ciani Il CRAF annualmente promuove 1946-2006. Dalla ricostruzione vedrà l’insediamento dell’ARSAP e realizza numerosi eventi espo- al nuovo millennio circuitata in (Associazione regionale per lo Svi- sitivi che esulano dalla rassegna tutti i principali musei russi, Ilo luppo dell’Apprendimento profes- Spilimbergo Fotografia. Tali Battigelli. Saudi Arabia a Ryad, sionale), ente formativo regionale, e mostre hanno lo scopo di man- La Fotografia del Novecento in per questo amplierà l’offerta di corsi tenere costante l’interesse della Friuli e nella Venezia Giulia, a lungo l’arco dell’anno. Allo stato collettività in materia e soprattutto Lubiana, Capodistria e Klagenfurt. attuale, la sede lestanese ospita quello di sfruttare appieno gli spazi Da segnalare altresì La Fotogra- workshop monografici realizzati in concessi in uso, per esempio Corte fia e il Neorealismo in Italia collaborazione con la Libera Accade- Europa a Spilimbergo, che ben si 1945-1965 ospitata nel 2010 al mia di Belle Arti di Firenze. prestano ad ospitare appuntamenti Columbus Centre di Toronto e alla Tra le attività formative promosse d’arte. New York Film Academy di New il CRAF ha ritenuto fondamentale Esistono inoltre mostre già pro- York. Tale mostra, quest’anno pre- riservare una sezione alla fotografia dotte e poi veicolate in Italia e scelta quale testimonial dell’Italia “dei più piccoli”. Il progetto Click TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 109

occhi sul mondo, realizzato qual- attivo Spilimbergo Fotografia A tal proposito il CRAF ha soste- che anno fa, ha saputo integrare la Magazine, mensile online, pubbli- nuto nel 2009 la promozione del disciplina fotografia all’interno del cato sul sito del CRAF. Il magazine concorso internazionale Photo sistema parascolastico con l’atti- promuove gli eventi e le manifesta- for Peace Photo For Tolerance. vazione di corsi idonei agli allievi zioni organizzate dal Centro, pub- Il numero dei partecipanti, oltre degli istituti primari. blica interviste, 2000, prevalentemente dell’Est concedendo spazio a talenti emer- europeo, dell’India e del Brasile, Editoria genti, giovani aspiranti professioni- e l’alta qualità delle opere selezio- Il CRAF si impegna a diffondere sti della fotografia. nate dalla giuria, hanno decretato la “cultura della fotografia”. Il il successo dell’iniziativa integral- Centro ha pubblicato numerosi Progetti a carattere sociale mente dedicata alla rappresenta- volumi fotografici, cataloghi delle Il CRAF integra la propria mission zione degli ideali di pace e tolle- esposizioni realizzate e saggistica: con progetti a carattere sociale, ranza, trascendenti dalle singole in attivo con oltre 100 titoli editi coniugando lo sviluppo delle pro- identità nazionali. a partire dal 1993, il settore edi- prie attività alla realizzazione di Nel corso della rassegna Spilim- toriale rappresenta un comparti- iniziative finalizzate alla divulga- bergo Fotografia 2010 il CRAF ha mento di qualità. Dal 2009 è inoltre zione di principi universali. realizzato un’esposizione open air

Jens Schlüter, Lago di Redona, 1999. TIERE FURLANE 110 • TERRA FRIULANA

delle opere premiate lungo il viale sono stati destinati alla ricerca nel Sedi: centrale di Lignano Sabbiadoro. settore oncologico-geriatrico. Palazzo Tadea – Piazza Castello, 4, Il CRAF inoltre è stato partner Quest’anno il Centro è coinvolto Spilimbergo (PN) del progetto Cip non ha paura nel concorso promosso dalla Pro- tel. /fax 0427-91453 reportage fotografico realizzato vincia di Pordenone La cartolina Villa Ciani – Via Friuli, 2, da Pierpaolo Mitica per il Centro delle Dolomiti. Premio Dino Lestans (PN) di Riferimento oncologico (CRO) Buzzati. A partire dal 1 settembre tel. /fax 0427-91461 di Aviano sui pazienti anziani in 2011 e sino al 30 aprile 2012 la terapia. Tale progetto, sviluppato competizione stimolerà la produ- Sito internet: nell’ambito del Programma di Cure zione di immagini, non soltanto con www.craf-fvg.it per l’Anziano del Dipartimento di finalità promozionali e turistiche, Oncologia Medica e Senologia, si ma soprattutto di sensibilizzazione indirizzi email: è concretizzato in una mostra e in verso una cosciente salvaguardia [email protected]; una pubblicazione i cui proventi del patrimonio naturale dolomitico. [email protected]

Nuovi spazi espositivi per le sculture di Ado Furlan

Un nuovo centro di studi sulla scultura è attivo a Spilim- Nei locali di palazzo Tadea, dove trovano posto la sede bergo nei luminosi locali di palazzo Tadea, all’interno del del CRAF e quella dell’Ufficio cultura del Comune di castello della città del mosaico. Restaurati tre anni fa e Spilimbergo, sono state aperte tre sale permanenti di di proprietà del Comune, sono gestiti dalla Fondazione esposizione che offrono una sintesi di grande qualità Ado Furlan, costituita dalla Famiglia con la partecipazione artistica dello sviluppo della scultura in regione, dalla della Regione Friuli - VG, della Provincia e del Comune di metà dell’Ottocento al contemporaneo. Il visitatore è Pordenone, di quello di Spilimbergo e dell’Università di accolto dal monumentale calco della Fontana del cin- Udine per il coordinamento scientifico. L’inaugurazione ghiale (1942) eseguita da Furlan per il Foro Mussolini, è avvenuta sabato 9 luglio alla presenza dell’Assessore ai lati sono disposti il gruppo marmoreo neoclassico alla Cultura regionale Elio De Anna e ne è presidente Italo di Zefiro e Flora, opera del canoviano Antonio Marsure Furlan. La Fondazione Furlan diventa dunque un punto (Pordenone, 1807-1855) e il gesso di Icaro, capolavoro di riferimento essenziale per la scultura non solo regio- dello scultore Luigi De Paoli (Cordenons, 1857 – 1863) nale, ma nazionale. Italo che lo espose a Chicago nel 1893. Sulla destra sono Furlan ha ricordato come raccolti significativi gessi, bronzi e ritratti di Ado Furlan, dal 2004 la Fondazione apprestati per una esposizione a New York che non ebbe persegua con sistemati- luogo per la morte del scultore nel 1971. Sulla sinistra la cità la valorizzazione della terza sezione accoglie e seleziona con attenzione le scul- scultura di Ado Furlan (1905- ture degli artisti recenti, più attenti all’uso dei materiali e 1971) e dei contemporanei, inau- delle tecniche: Mauro Staccioli, Giuseppe Uncini, i friulani gurando i nuovi spazi proprio nel Carlo Ciussi, Massimo Poldelmengo e Nane Zavagno, quarantesimo della morte Pietro Cascella, Lorenzo Guerrini, Giò Pomodoro, Giu- dell’artista. seppe Spagnulo, Pietro Gilardi, Teodosio Magnoni, Nicola Carrino. Sono tutte opere di grande qualità artistica e a queste seguiranno a rotazione altre campionature della Ado Furlan scultura italiana tra Otto e Novecento. Fontana del Cinghiale, 1941-42. Gabriella Bucco TIERE FURLANE TERRA FRIULANA • 111

Il bottaio all'opera. La fotografia è di Gianenrico Vendramin il cui archivio si trova presso il CRAF di Spilimbergo. Quella di Vendramin è, a nostra conoscenza, l'unica documentazione accurata concernente questo antico mestiere. TIERE FURLANE 112 • TERRA FRIULANA

New York City: Pieri De Angelis si è specializzato in luianie e lo fa sapere tramite il periodico Famee furlane di New York, 1950. RIVISTA DI CULTURA DEL TERRITORIO Ottobre 2011 Anno 3 Numero 3 issn 2036-8283 10 N. 10 10 N. Ottobre 2011 Tiere furlane Tiere

Le facce sono da funerale, eppure si tratta di una Prima Comunione a Bressa di Campoformido, evento di solito gioioso; l’espressione In copertina: Gianenrico Vendramin, Tiere furlane di sierade, dello stralunato prete sembra un grosso punto di domanda (che cosa Archivio CRAF, Spilimbergo. dobbiamo aspettarci ancora?); il volto di San Domenico Savio, così devotamente esposto, non è tale da imprimere maggiore fi ducia nel futuro. Sopra: Francobollo della serie Italia al lavoro, 1950. La stampigliatura Ed era giorno di festa grande, il Corpus Domini; ma correva l’anno 1919... AMG - FTT signifi ca Allied Military Government - Free Territory of Trieste.