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Il Mio Amore È Solo Per La Donna La Madre Fanciulla Nella Poesia Di Pier Paolo Pasolini

Il Mio Amore È Solo Per La Donna La Madre Fanciulla Nella Poesia Di Pier Paolo Pasolini

Il mio amore è solo per la donna La madre fanciulla nella poesia di

Diplomarbeit

zur Erlangung des akademischen Grades eines Magisters der Philosophie

an der Karl-Franzens-Universität Graz

vorgelegt von Riccardo SCHÖFBERGER

am Institut für Romanistik Begutachterin: Ao.Univ.-Prof. Dr.phil. Susanne Knaller

Graz, 2019

Indice

1 Introduzione ...... 4 2 Pier Paolo Pasolini, la vita e le opere ...... 8 2.1 Tra e il ...... 8 2.2 Poesia e narrativa romana ...... 13 2.3 Il cinema di poesia ...... 17 2.4 Gli ultimi anni ...... 22 3 Madre e amiche ...... 25 3.1 Susanna Colussi ...... 25 3.2 ...... 32 3.3 ...... 39 3.4 ...... 45 4 La passione di Pier Paolo Pasolini ...... 47 4.1 Le donne ...... 51 4.2 L’omosessualità ...... 63 4.3 Riflessioni ...... 73 5 La figura della madre fanciulla ...... 75 5.1 Analisi del termine...... 75 5.2 Il significato dell’archetipo ...... 79 5.3 La madre fanciulla nelle opere cinematografiche ...... 83 5.4 Riflessioni ...... 89 6 Solo per la donna – la madre fanciulla nella poesia ...... 90 6.1 La meglio gioventù ...... 90 6.1.1 Aleluja ...... 90 6.1.2 La domènia uliva ...... 92 6.1.3 Suite furlana ...... 95 6.2 L’usignolo della Chiesa Cattolica ...... 97 6.2.1 L’annunciazione ...... 98 6.2.2 Litania ...... 100 6.2.3 Memorie ...... 102 6.3 La religione del mio tempo ...... 105 6.3.1 Appendice alla «Religione»: una luce ...... 105 6.4 Poesia in forma di rosa ...... 107 6.4.1 Ballata delle madri ...... 107 6.4.2 Supplica a mia madre ...... 109

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6.4.3 La realtà ...... 111 7 Conclusioni ...... 116 8 Bibliografia, sitografia, filmografia ...... 121 8.1 Letteratura primaria ...... 121 8.2 Letteratura secondaria ...... 124 8.3 Sitografia ...... 130 8.4 Filmografia ...... 132

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1 Introduzione

Ora, al tuo letto, / tremiamo per te, / madre, fanciulla, / per le domeniche, / gli incensi, i maggi. / Tu eri tanto / bella e innocente… / Madre… chi eri / quand’eri giovane? / E Lui, chi era? / Madre, che muoia… / Ah, sia fanciulla / sempre la vita / nella severa / tua vita fanciulla… 1

Il poeta, scrittore e regista Pier Paolo Pasolini è divenuto ormai, anche nella cultura mitologica di massa,2 un’icona mitica eroico-tragica. 3 Nei decenni successivi alla morte la sua figura è stata celebrata e rivendicata “quasi da tutti, senza alcun pudore: destra, centro e sinistra, da e Martin Scorsese fino a Cossiga e Andreotti,”4 definita per giunta un capro espiatorio del sistema politico italiano degli anni Settanta come .5 Il corpo martirizzato di Pasolini sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia è stato offerto “alla ricettività onnivora come […] primo protagonista spettacolare nel panorama culturale dell’immaginario audiovisivo di massa,”6 in singolare consonanza all’esposizione erotica7 del corpo di Cristo sulla croce, che tanto lo ave- va affascinato ne La crocifissione, poesia pubblicata nella raccolta L’usignolo della chiesa catto- lica, dove chiede: “Perché Cristo fu ESPOSTO in Croce? / Oh scossa del cuore al nudo / corpo del giovinetto… atroce / offesa al suo pudore crudo…”8 Di ogni inutile pudore è pertinente spogliarsi anche per affrontare una tesi di laurea sulla figura della madre fanciulla e la sua funzione amorosa ed erotica nella poesia di Pasolini, dal momento che si tratta di una tematica assieme sentimentale, mitica e senza dubbio sessuale. Vi si possono infatti riscoprire nel suo grembo sia il Pasolini bambino di sette anni in Friuli, cui la madre mo- stra un sonetto da lei scritto a espressione di amore materno,9 sia lo scrittore quarantasette anni dopo, trovato massacrato sulla spiaggia di Ostia, “[…] col sesso fuori, / coi calzoni macchiati di seme bianco, tra / le saggine laccate di liquido color sangue.”10 Che cosa mi spinge, dunque, a voler isolare e analizzare l’intimità di uno scrittore la cui passione è stata ormai più volte – tanto

1 Pier Paolo Pasolini: “L’annunciazione”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica. Torino: Einaudi 1976. Pp. 35, vv. 11-25. 2 Cfr. Antonio Tricomi: “Orfani o carnefici di Pasolini?”, in: Corpus Pasolini. A cura di Alessandro Canadè. Cosen- za: Luigi Pellegrini Editore 2008. (= Frontiere. Oltre il Cinema.) P. 46. 3 Cfr. Antonio Tricomi: “Orfani o carnefici di Pasolini?”, in: Corpus Pasolini. A cura di Alessandro Canadè. Cosen- za: Luigi Pellegrini Editore 2008. (= Frontiere. Oltre il Cinema.) P. 46. 4 Ibid., p. 71. 5 Cfr. ibid., p. 72. 6 Andrea Miconi: Pier Paolo Pasolini. La poesia, il corpo, il linguaggio. Milano: Costa & Nolan 1998. (= Protagoni- sti. 2.) P. 16. 7 Cfr. Michael Hardt: “L’esposizione della carne”, in: Corpus Pasolini. P. 67. 8 Pier Paolo Pasolini: “La crocifissione”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica. Pp. 85-86, vv. 10-13. 9 Cfr. Piero Paolo Pasolini: “Al lettore nuovo”, in: Album Pasolini. Biografia per immagini e documenti. Milano: Arnoldo Mondadori 2005. (= Oscar Grandi Classici.) P. 145. 10 Pier Paolo Pasolini: “Bestia da stile”, in: Porcile Orgia Bestia da stile. Milano: Garzanti 1979. Pp. 306-307. 4 in vita quanto dopo la morte – offerta, esposta e sacrificata al pubblico? La fascinazione per la funzione amorosa e erotica della madre fanciulla nasce specialmente dall’indeterminatezza, dal mistero e dall’ambivalenza che la avvolgono. Se Pasolini non si è mai espresso con la consueta ampiezza e disponibilità11 al riguardo, ne ha invece consegnato degli indizi in un gran numero di opere, attraverso le quali è possibile identificare e interpretare la natura dell’archetipo. Tali indizi sono spesso del tutto espliciti, come nella poesia Supplica a mia madre, dove diviene chiaro il rapporto tra l’amore per la madre e la propria sessualità,12 a volte ben più velati e nascosti, come ne La domenica uliva, nella quale l’archetipo si presenta al figlio nel giorno di Pasqua sotto forma di apparizione religiosa.13 La natura assieme rivelatrice e occultatrice della passione pasoliniana rende la figura della madre fanciulla particolarmente adatta all’indagine biografica e letteraria a cui verrà sottoposta nel corso di questo lavoro, con la speranza di metterne alla luce il mistero amoroso e erotico. L’importanza della madre fanciulla è inoltre un aspetto della vita e dell’opera pasoliniane che non ha mai smesso di affascinare i lettori e la critica, tanto da trovare un’inclusione anche nel recente film Nessuno si salva da solo,14 di Sergio Castellitto: “Pasolini era tanto innamorato della madre. Quando nevicava la prendeva in braccio, come se fosse una bambolina!”15 Un lavoro che voglia investigare la sensibile relazione tra l’opera, in primo luogo poetica, e determinati risvolti biografici della figura di “intellettuale e di artista più ingombrante, discussa e scandalosa della seconda metà del Novecento”16 non può che fondarsi su un’istanza fondamentale e generale, la quale porta poi con sé tutta una serie di interrogativi corollari. Tale questione, la prima che si offre a questa tesi di laurea, è la stessa che sta alla base, sia in maniera esplicita che implicita, di moltissima letteratura secondaria sullo scrittore, vale a dire: “Chi era Pier Paolo Pasolini?” Nel secondo capitolo affronterò l’argomento dal punto di vista biografico e cronologico. Dal momento che il presente lavoro non è di carattere generale, ma intende rispon- dere alla questione identificativa soprattutto in relazione alla figura della madre e delle altre donne che hanno rivestito ruoli materni o più ampiamente familiari nella vita dello scrittore, è d’uopo esplorare, nel terzo capitolo, il rapporto tra lo scrittore e la madre Susanna Colussi. Ciò avviene attraverso lettere, documenti e opere. A seguire, verranno tratteggiati attraverso lo stesso procedimento i legami con le amiche e confidenti Maria Callas, Elsa Morante e Laura Betti.

11 Cfr. Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Halliday. Parma: Ugo Guanda Editore 1992. (= Biblioteca della Fenice.) P. 16. 12 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “Supplica a mia madre”, in: Poesia in forma di rosa. Milano: Garzanti 2001. Pp. 27-28. 13 Cfr. “La domènia uliva”, in: La meglio gioventù. Roma: Salerno Editrice 1998. (= Documenti di poesia. 4.) P. 78- 99. 14 Cfr. Nessuno si salva da solo, Sergio Castellitto, Italia, 2015. 15 Ibid., 1h14m51s-1h15m03s. 16 Porta, p. 9. 5

Verrà qui inclusa, senza tuttavia dedicarle un intero capitolo, anche la figura di Oriana Fallaci, autrice di una struggente lettera17 che è insieme epitaffio e un illuminante ritratto psicologico del protagonista di questo lavoro. L’interrogativo nel terzo capitolo si sposta pertanto dalla semplice identificazione alla più determinante formulazione: “Qual è stato il rapporto tra Pasolini e le donne che sono state importanti nella sua vita, sia in funzione materna che confidenziale?” Prima di giungere al quinto capitolo, nel quale viene introdotta in maniera più concreta la figu- ra della madre fanciulla, senza tuttavia ancora arrivare all’espressione puramente poetica ma soffermandosi primariamente sugli aspetti generali della questione, occorre passare per un con- cetto introdotto dallo studioso Filippo La Porta in relazione all’opera di Pier Paolo Pasolini e che ha enormemente influenzato il mio lavoro di analisi in questa tesi. Il saggista scrive infatti, di- squisendo dell’alterità assieme misteriosa e familiare nell’opera dell’autore: “Ciascuno di noi è se stesso e qualcos’altro, è composto di una parte razionale, trasparente e di una parte irrazionale, imprecisabile, che i greci hanno voluto identificare con Dioniso.”18 È proprio l’aspetto dionisiaco della personalità e dell’opera di Pier Paolo Pasolini che deve prima essere scandagliato, perché si possa raggiungere infine la comprensione di ogni risvolto della figura della madre fanciulla, compreso quello edipico ed erotico. Tale collegamento viene permesso dal quarto capitolo, dedi- cato alla passione dello scrittore. Vi si vede come lo scrittore ha vissuto la propria sessualità, in principio solo latentemente omoerotica in Friuli,19 poi più manifestamente a Roma,20 nel rappor- to coi giovani delle borgate romane, per i quali lo scrittore provava una forte attrazione. Non mancano in questo lavoro, nonostante sia fondamentalmente dedicato all’opera poetica di Paso- lini, alcuni riferimenti a romanzi e opere cinematografiche particolarmente rilevanti. Sarebbe stato impossibile tralasciare i film Edipo Re, , e Il Vangelo secondo Matte- o, quest’ultimo uscito significativamente proprio mentre egli stava lavorando a Poesia in forma di rosa, forse l’opera più intrigante per questa tesi. Si tratta tuttavia di analisi ugualmente poeti- che dei romanzi e dei film, legittimate anche dalla visione che l’autore aveva della propria opera cinematografica: “In questo periodo ho girato molti film […]: tutti questi film io li ho girati «come poeta».”21 Sicuramente Pasolini, “first and foremost a poet,”22 “sovrapponeva se stesso, il proprio sguardo lirico”23 anche alla prosa. Nel presente lavoro ho quindi scelto di includere par- zialmente anche i romanzi Petrolio e , questo esclusivamente per capire

17 Cfr. Lettera di Oriana Fallaci a Pier Paolo Pasolini. Roma, 16 novembre 1975. Pubblicata online il 16 settembre 2018. URL: https://libreriamo.it/libri/scrittori/la-lettera-di-oriana-fallaci-a-pier-paolo-pasolini/ [25.09.2018] 18 Porta, p. 89. 19 Cfr. ibid., pp. 24-25. 20 Cfr. ibid., p. 27. 21 Ibid. Virgolette nell’originale. 22 Colleen Ryan-Schuetz: Sex, the self, and the sacred. Women in the cinema of Pier Paolo Pasolini. Toronto, Buffa- lo, London: University of Toronto Press Incorporated 2007. P. 3. 23 Porta, p. 19. 6 l’attrazione omosessuale di Pasolini per i giovani sia del sottoproletariato romano che del mondo contadino friulano, contraddistinta secondo l’amico da un certo “oblio di sé nel rapimento dei sensi”24 e per Oriana Fallaci da una tendenza autodistruttiva, addirittura suicida.25 Nel sesto e ultimo capitolo viene esplorata proprio tale attrazione erotica in relazione all’amore per la madre fanciulla, questa volta nell’ambito puramente poetico. Vi si trova il nucleo centrale di questo lavoro, vale a dire un tentativo di collegamento tra gli aspetti biografici, letterari e passionali di Pier Paolo Pasolini. Lo scopo principale che mi sono proposto è infatti quello di conoscere “ciò ch’è orrendo conoscere:”26 la relazione pasoliniana tra la “[…] infinita fame / d’amore, dell’amore di corpi senza anima,”27 “che hanno la mia carne / di figlio […]”28 e “[…] l’anima [che] è in te, sei tu, ma tu / sei mai madre e il tuo amore è la mia schiavitù.”29 Ho sele- zionato dieci poesie, appartenenti a quattro raccolte, che mi sono sembrate particolarmente significative per la comprensione della figura della madre fanciulla in relazione alla funzione amorosa ed erotica nella poesia di Pasolini. Nel corso dell’ultimo capitolo le suddette liriche ver- ranno sottoposte a un’analisi contenutistica, interpretativa e correlativa.

Per la stesura di questo lavoro mi sono servito naturalmente, oltre che delle opere pasoliniane, anche di una grande quantità di letteratura secondaria. L’opera divulgativa sicuramente più im- portante che, accanto alle due fondamentali interviste ad opera di Jon Halliday e di Giuseppe Cardillo, ho utilizzato ai fini di questa tesi è la monografia Pasolini di Filippo La Porta. Altre letture fondamentali sono state Pier Paolo Pasolini, una vita del cugino Nico Naldini, Sex, the Self, and the Sacred di Colleen Ryan-Schuetz e Attraverso Pasolini di Franco Fortini.

24 Ibid., p. 14. 25 Cfr. Lettera di Oriana Fallaci a Pier Paolo Pasolini. 26 “Supplica a mia madre”, v. 5. 27 Ibid., vv. 9-10. 28 Pier Paolo Pasolini: “Memorie”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica. Pp. 75-78, v. 93. 29 “Supplica a mia madre”, vv. 11-12. Aggiunta tra parentesi: Riccardo Schöfberger. 7

2 Pier Paolo Pasolini, la vita e le opere

In un certo senso l’intera biografia di Pasolini, con la sua «disperata vitalità», è stata un tentativo di ascoltare il canto della cicala, di fermare il mondo e di illimpidirlo, almeno per un istante.1

2.1 Tra Bologna e il Friuli

Pier Paolo Pasolini è nato a Bologna, “una città piena di portici,”2 il 5 marzo del 1922.3 Suo padre è Carlo Alberto Pasolini, di nobile famiglia ravennate,4 caduto in miseria dopo aver dissipato nel gioco i beni ereditati5 e divenuto infine ufficiale di fanteria nell’esercito.6 Sua madre è Susanna Colussi, maestra elementare, discendente invece da una famiglia contadina friulana7 “trasformatasi col tempo in piccoloborghese.”8 Susanna e Carlo Alberto si erano conosciuti nel 1915 a , 9 un paese friulano tra e il Tagliamen- to, dove l’uomo si trovava in servizio,10 e sempre là si sposarono nel 1921.11 Già l’anno seguente alla nascita di Pier Paolo si configura all’insegna di ciò che avrebbe con- traddistinto la sua infanzia e la giovinezza, ovvero i continui spostamenti in diverse città del Nord Italia. Riguardo a questi trasferimenti egli dirà: “Non ho una città che possa chiamare mia. Ho vissuto qua e là, un po’ in tutta l’alta Italia.”12 La famiglia Pasolini si trasferisce pri- ma a Parma nel 1923, poi nel 1924 a , nel 1925 a Belluno, dove nasce il fratello Guidalberto,13 nel 1927 di nuovo a Conegliano, nel 1928 a Casarsa, da lì a nel 1936 passando per Sacile, Idria e , per tornare nel 1937 ancora una volta a Bolo- gna.14 Pier Paolo frequenta quindi la prima elementare a Conegliano, la seconda a Casarsa.15 A sette anni inizia a scrivere i suoi primi versi lirici:16 Ho incominciato a scrivere poesie quando ho imparato a scrivere. Ma prima ancora di imparare a leggere e scrivere disegnavo: questo quando avevo quattro anni. Ho imparato a scrivere intor-

1 Porta, p. 20. Virgolette nell’originale. 2 Pier Paolo Pasolini: “Poeta delle Ceneri”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse II. A cura di Graziella Chiarcossi e Walter Siti. Milano: Garzanti 1993. P. 2056, v. 2. 3 Cfr. Album Pasolini, p. 287. 4 Cfr. Porta, p. 153. 5 Cfr. Luigi Martellini: Introduzione a Pasolini. Bari: Laterza 1989. (= Gli scrittori. 8.) P. 3. 6 Cfr. Porta, p. 153. 7 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 29. 8 ibid., p. 27. 9 Cfr. Marco Antonio Bazzocchi: Pier Paolo Pasolini. Milano: Bruno Mondadori 1998. P. 1. 10 Cfr. Porta, p. 153. 11 Cfr. Mathias Balbi: Pasolini. Sade e la pittura. Alessandria: Edizioni Falsopiani 2012. P. 35. 12 Pasolini su Pasolini, p. 27. 13 Cfr. Album Pasolini, p. 287. 14 Cfr. ibid. 15 Cfr. Porta, p. 153. 16 Cfr. Album Pasolini, p. 287. Virgolette nell’originale. 8

no ai sette anni; sfortunatamente ho smarrito le mie prime poesie. Le avevo scritte in un piccolo notes che conservai per anni e andarono perse durante la guerra. Le avevo illustrate, perché la mia aspirazione era quella di dipingere […]. Ho dimenticato che cosa ci fosse, in quei miei pri- mi parti poetici. Tranne due parole: una era «rosignolo», l’altra era «verzura»; tutte e due estre- mamente ornate, colte, letterarie, […] quindi [...] ho iniziato in modo assolutamente letterario.17

Nel 1931 tenta l’ammissione al ginnasio di Sacile ma viene respinto proprio in italiano, a cau- sa di un tema “imparaticcio.”18 Cinque anni dopo inizia a frequentare da pendolare il ginnasio di Reggio Emilia. Dal 1937 è iscritto al liceo statale Galvani di Bologna, dove si diploma con un anno di anticipo grazie a un altissimo profitto scolastico.19 Gli anni di scuola gli furono fondamentali per le amicizie, le conoscenze e le letture, dato che conosce al ginnasio lo scrit- tore Luciano Serra, primo grande amico, col quale cerca poi di fondare, assieme agli amici Franco Farolfi, Ermes Parini e Fabio Mauri del liceo Galvani, un circolo di critica letteraria.20 Nello stesso anno conosce anche la poesia di Rimbaud, grazie a un professore supplente di storia dell’arte, lo scrittore Antonio Rinaldi.21 In questo primo periodo di formazione letteraria legge Salgari, Omero, Carducci, passando poi a Pascoli e a D’Annunzio.22 Sempre a Bologna, Pier Paolo si iscrive alla facoltà di Lettere, dove avviene il fondamentale incontro col docente e critico Roberto Longhi,23 col quale avrebbe voluto laurearsi in storia dell’arte e che inciderà in maniera molto profonda sulla sua attività intellettuale: “Per un ra- gazzo avere a che fare con un uomo simile era la scoperta della cultura come qualcosa di di- verso dalla cultura scolastica. […] Per un ragazzo oppresso, umiliato dalla cultura scolastica, dal conformismo della società fascista, questa era la rivoluzione.”24 Bologna si rivela quindi allo scrittore come la prima città dove trovare un vero ambiente culturale e dove infatti colti- verà i primi contatti decisivi, come quelli con Francesco Leonetti e Roberto Roversi.25 Pasoli- ni coltiva in questo periodo anche la passione per il cinema, nutrita frequentando il Cineclub, dove vede tutto René Clair,26 e per gli sport: il calcio, la pallacanestro e le gite in bicicletta.27 L’esperienza bolognese gli farà dire a Tonuti Spagnol, poeta friulano che gli fu allievo e a- mante:28 “Bella e dolce Bologna! / Vi ho passato sette anni, forse i più belli…”29 Frequenta

17 Pasolini su Pasolini, p. 30. 18 Porta, p. 153. 19 Cfr. Album Pasolini, p. 287. 20 Cfr. Sade e la pittura, p. 37. 21 Cfr. Fabrizio Di Maio: Il teatro in un porcile. : Gruppo Albatros Il Filo 2009. (= Nuove voci.) P. 27. 22 Cfr. Porta, p. 153. 23 Cfr. ibid., p. 20. 24 Pier Paolo Pasolini: Saggi sulla letteratura e sull’arte. Vol. II. Milano: Arnoldo Mondadori 1999. (= I Meridia- ni.) P. 2593s. 25 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 33. 26 Cfr. Porta, p. 153. 27 Cfr. Sade e la pittura, p. 37. 28 Cfr. Marco Antonio Bazzocchi: Pier Paolo Pasolini, p. 9. 9 spesso la storica libreria Nanni, nel cosiddetto portico della Morte, in un vicolo accanto a Piazza Maggiore, dove si procura alcune tra le prime e più importanti letture:

Il portico della Morte mi ricorda l’Idiota di Dostoevskij, mi ricorda Macbeth di Shakespeare, mi ricorda insomma tutti i miei primi libri. A quindici anni ho cominciato lì, io, a comprare i libri, ed è stato bellissimo, perché non si legge mai più, in tutta la vita, con la gioia con cui si leggeva allora.30

Il fermento culturale di Bologna dà a Pasolini l’impulso per cominciare a coltivare le proprie ambizioni letterarie e contemporaneamente a sentire una decisa frattura tra sé e la società dell’era fascista.31 Negli anni seguenti si dedica alla lettura dell’opera poetica non solo di Rimbaud ma anche degli ermetici, tra i quali si trovano ovviamente Montale, Ungaretti, Gatto e Luzi.32 Si interessa inoltre ai lirici greci tradotti da Quasimodo33. Nonostante tutto, Pasolini non rinuncerà mai del tutto al contatto con il mondo contadino friu- lano. Casarsa della Delizia rimane quindi non solo la meta fissa delle vacanze estive,34 ma oltre a ciò anche un rifugio culturale e il punto di riferimento della sua infanzia.35 Nel 1941 la madre Susanna e i due figli trascorrono per la prima volta l’estate senza Carlo Alberto, che era partito per l’Africa Orientale a combattere contro l’esercito inglese nelle fila dell’armata fa- scista, venendo poi fatto prigioniero in un campo in fino al termine della guerra.36 Nel frattempo Pier Paolo consolida il rapporto con gli amici Leonetti, Roversi e Serra, coi quali si propone di fondare una rivista di nome «Eredi», che avrebbe dovuto continuare la tradizione di Ungaretti e Montale,37 il progetto tuttavia non va in porto. Nel periodo successi- vo collabora con disegni e scritti alla rivista della GIL bolognese «Il setaccio», divenendone poi redattore capo.38 Tra la fine del 1941 e i primi mesi dell’anno seguente compone il volu- metto di versi in friulano Poesie a Casarsa, pubblicato poi in trecento copie a proprie spese presso la Libreria Antiquaria Mario Landi di Bologna il 14 luglio del 1942.39 Il libro contiene una dedica al padre, “che l’ha ricevuto nel Kenia, / era là prigioniero, vittima ignara e senza critica / della guerra fascista. / Gli ha fatto un immenso piacere, lo so, riceverlo: / eravamo

29 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Tonuti Spagnol, 3 aprile 1946. Pier Paolo Pasolini: Lettere 1940-1954. A cura di Nico Naldini. Con una cronologia della vita e delle opere. A cura di Nico Naldini. Torino: Einaudi 1986. (= Biblioteca dell’Orsa. 4.) P. 244. 30 “Pasolini, gli intellettuali italiani e i compromessi”. Video su YouTube. Pubblicato il 7 maggio 2010 da “Bo- logna150Italia.” URL: https://www.youtube.com/watch?v=e2yXMgA6bE8 [04.10.2018] 6m04s-6m20s. 31 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 32. 32 Cfr. ibid. 33 Cfr. ibid. 34 Cfr. Porta, p. 153. 35 Cfr. Mauro Ponzi: Pasolini e Fassbinder. La forza del passato. Roma: Edizioni Nuova Cultura 2013. (= Passa- gen.) P. 66. 36 Cfr. Album Pasolini, p. 287. 37 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 5. 38 Cfr. Album Pasolini, p. 288. 39 Cfr. Porta, p. 154. 10 grandi nemici, / ma la nostra inimicizia faceva parte del destino, era fuori di noi.”40 La simbo- lica dedica a Carlo Alberto verrà poi descritta dall’autore nella lirica autobiografica Poeta delle ceneri come un “segno di quel nostro odio, segno ineluttabile,”41 dato che il friulano, il dialetto di sua madre, era un “dialetto di un mondo / piccolo, ch’egli non poteva non disprez- zare, / - o comunque accettare con la pazienza di un padre…”42 Il libro, uscendo in contempo- ranea a Sopra una perduta estate di Leonetti, Canto di memorie di Serra e Poesie di Roversi, ha segnato l’esordio del gruppo degli «Eredi» nella letteratura, e gli procurerà anche una pri- ma sorprendente gioia letteraria: “Una quindicina di giorni dopo […] ho ricevuto una cartoli- na postale da Gianfranco Contini, che mi diceva che il libro gli era tanto piaciuto e che l’avrebbe immediatamente recensito. […] Ho saltato e ballato per i portici di Bologna.”43 Proprio il capoluogo emiliano subirà purtroppo, dal 16 luglio del 1943 al 21 aprile 1945, una novantina di bombardamenti aerei,44 per cui Casarsa della Delizia, a partire dall’inverno del 1942 per la durata della Seconda guerra mondiale, sarà destinata a essere luogo di un lungo soggiorno di Pier Paolo e madre, che ci andarono da sfollati per sfuggire alla tragica situazio- ne.45 Nonostante tutto l’anno 1943 viene descritto dallo scrittore come uno degli anni più belli della sua vita.46 Il friulano “inventato sul Pirona”47 ha ora occasione di sostituirsi a quello realmente parlato a Casarsa, che può essere utilizzato per scrivere poesie, raccolte poi, assie- me a quelle già pubblicate nel 1942, ne La meglio gioventù. Di quel periodo sono figli anche alcuni componimenti in italiano, seppur calcato sul dialetto, che più avanti avrebbero costitui- to L’usignolo della Chiesa Cattolica.48 Lo scrittore viene chiamato alle armi a Pisa il primo settembre del 1943 e vivrà quindi una brevissima parentesi come militare, terminata solamen- te sette giorni dopo col proclama di armistizio di Badoglio: “Ritornai da Pisa a Casarsa, lace- ro, con una scarpa diversa dall’altra, dopo aver disobbedito all’ordine datomi dai miei ufficiali di consegnare le armi ai tedeschi.”49 Nella confusione della fuga perde le cartelle coi primi capitoli su Carrà, de Pistis e Morandi della sua tesi in storia dell’arte col professore Longhi.50 Nel giugno del 1944 il fratello Guido, diciannovenne, parte, col nome di battaglia di Ermes,

40 “Poeta delle ceneri”, vv. 41-46. 41 Ibid., v. 47. 42 Ibid. vv. 53-55. 43 “Al lettore nuovo”, p. 151. 44 Cfr. Valeria Roncuzzi Roversi Monaco: “L’Archiginnasio bombardato: i danni all’edificio e al patrimonio librario”, in: Le biblioteche e gli archivi durante la seconda guerra mondiale. Il caso italiano. A cura di Andrea Capaccioni, Andrea Paoli e Ruggero Ranieri. Bologna: Edizioni Pendragon 2007. P. 535. 45 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 33. 46 Cfr. “Al lettore nuovo”, p. 153. 47 Ibid., p. 154. 48 Cfr. ibid., p. 155. 49 “Al lettore nuovo”, p. 155. 50 Cfr. Fabien S. Gérard: “Una passione per le immagini”, in: Corpi/Körper. Körperlichkeit und Medialität im Werk Pier Paolo Pasolinis. A cura di Peter Kuon. Francoforte sul Meno: Peter Lang 2001. P. 37. 11 per raggiungere sui monti carnici i partigiani azionisti della brigata Osoppo-Friuli51 impegnati a combattere i nazifascisti. Pier Paolo preferisce invece restare accanto alla madre.52 Il co- mando, che si era opposto a un’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, verrà poi sterminato il 7 febbraio 1945 nel tragico eccidio di Porzûs, ad opera dei combattenti garibal- dini alleati con i partigiani di Tito.53 La morte del fratello è origine di enorme dolore per lo scrittore, che lo ricorderà in varie occasioni, tra le quali spiccano il romanzo breve autobiogra- fico Atti Impuri, uscito postumo nel 1982, e la poesia Anniversario, pubblicata per la prima volta nel 1955 nell’Antologia della Resistenza italiana: “No, Guido, non salire!… / Non ri- cordi più il tuo nome? / Ermes, ritorna indietro, / davanti c’è Porzûs contro il cielo, / ma volta- ti, e alle tue spalle / vedrai la pianura tiepida di luci, / tua madre lieta, i tuoi libri…”54 Dal momento che Casarsa Della Delizia è sede di un importante snodo ferroviario anche essa viene presto presa di mira dai bombardamenti,55 quindi Pier Paolo e Susanna sono costretti a trasferirsi in un paese più riparato, Versuta.56 Là decidono di occuparsi dell’educazione di una ventina di ragazzi e organizzano una scuola privata gratuita, dove Susanna insegna ai bambini delle elementari e Pier Paolo ai ragazzi più grandi.57 Lo scrittore partecipa quindi alla vita culturale e scolastica del paese, fondando nel 1945 un teatrino popolare per i ragazzi del pae- se58 e, assieme ad alcuni amici, l’Academiuta di Lenga Furlana, che aveva lo scopo di riven- dicare l’autonomia linguistica del friulano e dare un valore letterario alla poesia dialettale.59 A partire dalla fondazione ufficiale dell’Academiuta l’organo di stampa «Stroligut di cà da l’aga», uscito già a partire dal 1944, diviene semplicemente «Stroligut».60 La fine della guerra segna per lo scrittore l’inizio di quello che ne Il lettore nuovo descrive come il periodo più tragico della sua vita, nel quasi si accumulano “la morte di mio fratello e il dolore sovraumano di mia madre; il ritorno di mio padre dalla prigionia: reduce malato, avvelenato dalla sconfitta del fascismo, in patria, e, in famiglia, della lingua italiana.”61 Nel 1945, dopo aver deciso di abbandonare la tesi in storia dell’arte per un lavoro letterario, si laurea a pieni voti all’Università di Bologna62 con un lavoro su , poeta scelto

51 Cfr. Album Pasolini, p. 288. 52 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 20. 53 Cfr. ibid. 54 Pier Paolo Pasolini: “Anniversario”, in Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse I. A cura di Graziella Chiarcossi e Walter Siti. Milano: Garzanti 1993. P. 1663, vv. 17-23. 55 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “Quello lì è il mio padrone”, in: Album Pasolini. P. 29ss. 56 Cfr. ibid., P. 30. 57 Cfr. “Una passione per le immagini”, p. 38. 58 Cfr. Pier Paolo Pasolini: Vita attraverso le lettere. Torino: Einaudi 1997. P. 55. 59 Cfr. Marco Antonio Bazzocchi: Pier Paolo Pasolini, p. 110. 60 Cfr. ibid. 61 “Al lettore nuovo”, p. 157. 62 Cfr. Album Pasolini, p. 288s. 12 anche perché “vicino al mondo dei contadini friulani.”63 Nel 1947 ottiene una cattedra alla scuola media di Valvasone, collabora a Poesia di Falqui, scrive sul quotidiano Libertà e con- tinua a dedicarsi alla poesia, suscitando fra l’altro l’attenzione del poeta Caproni.64 Nell’immediato dopoguerra Pier Paolo comincia a interessarsi fortemente anche alle lotte dei braccianti friulani contro i grandi proprietari terrieri, schierandosi senza esitazioni coi primi, aderendo quindi al loro pensiero politico: “i braccianti portavano sciarpe rosse al collo, e da quel momento abbracciai il comunismo, così, emotivamente. Poi lessi Marx e alcuni dei pen- satori marxisti. Per questa ragione il Friuli ha avuto molta importanza per me.”65 La più im- portante di queste letture sarà quella di .66 Nello 1947 inizia anche la mili- tanza politica di Pier Paolo con l’iscrizione al Pci, partito dal cui verrà espulso due anni dopo per “indegnità morale,”67 in seguito a una denuncia per corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico.68 Tale accusa comportò anche la rimozione dello scrittore dal posto di in- segnante alla scuola media di Valvasone69 e segnò come nessun altro fatto la sua vita,70 nono- stante fosse poi stato assolto per insufficienza di prove:71 “un altro al mio posto si ammazze- rebbe; disgraziatamente devo vivere per mia madre.”72 Lo scandalo travolse Casarsa e, come scriverà l’amico Luciano Serra, vennero tutti a sapere, di conseguenza, “della sua condizione di diverso,”73 ciò che Pier Paolo definì “il problema della mia vita e della mia carne.”74 Nell’inverno del 1949 lo scrittore e la madre dovettero fuggire “a Roma, come in un romanzo. Il periodo friulano era finito.”75

2.2 Poesia e narrativa romana

Il primo periodo di Pasolini nella Capitale si rileva decisamente difficile, dato che per due anni è “un disoccupato disperato, di quelli che finiscono suicidi”76 e vive di lezioni private e correzione di bozze.77 Abita dapprima con la madre Susanna a piazza Costaguti, nel ghetto ebraico, dopodiché si trasferisce in borgata, nella zona della prigione di Rebibbia, “in una casa

63 Pasolini su Pasolini, p. 34s. 64 Cfr. Album Pasolini, p. 288s. 65 Pasolini su Pasolini, p. 34. 66 Cfr. ibid., p. 38. 67 Anna Tonelli: Per indegnità morale. Il caso Pasolini nell’Italia del buon costume. Bari: Laterza 2015. P. 215. 68 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 37. 69 Cfr. Porta, p. 154. 70 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 12. 71 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 38. 72 Ibid., p. 39. 73 Ibid. 74 “Al lettore nuovo”, p. 157. 75 Ibid., p. 157-158. 76 Ibid., p. 160. 77 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 40. 13 restata definitivamente senza tetto,”78 dove i due vengono poi raggiunti dal padre Carlo Alber- to.79 L’attività letteraria di quegli anni si contraddistingue da un lato dalla ripresa del filone post-ermetico80 e classicistico81 già presente in Friuli, dall’altro trovano continuazione in “chiave barocca e gaddiana le […] ricerche anti-italiane.”82 Questi due filoni poetici andranno poi a trasformarsi e a fondersi “sotto il segno del mio marxismo mai ortodosso,”83 dando im- pulso a quella che lo scrittore chiamava la sua “vecchia poesia,”84 di cui si trovano esempi ne Le ceneri di Gramsci e Poesia in forma di rosa. Nel frattempo, collabora a diversi quotidiani romani con la pubblicazione di elzeviri, racconti e scritti critici, diventando amico di , anche egli redattore della rivista «Botteghe oscure»,85 il quale qualche anno più tardi lo introdurrà alla scrittura per il cinema, e gli procurerà l’incarico di stendere la sceneggiatura di La donna del fiume.86 Alla sua cerchia di amicizie e conoscenze si aggiungeranno, attraver- so delle recensioni scritte da Pasolini alle loro opere, anche i poeti Penna, Bertolucci, Caproni e Clemente.87 Proprio quest’ultimo gli farà ottenere, nel 1951, un posto d’insegnamento in una scuola media privata di Ciampino,88 risollevando in parte la situazione economica preca- ria di Pasolini. Attraverso Giovan Battista Angioletti, che lo fa partecipare alla sezione lettera- ria del Giornale Radio, conosce Gadda, Cattaneo e Piccioni.89 Nello stesso periodo entra nella sua vita anche il ragazzo di borgata , col quale si stabiliranno una profonda amici- zia dalle tinte amorose e un importante rapporto professionale.90 L’anno seguente esce il sag- gio La poesia dialettale del Novecento, che gli procura delle ottime recensioni tra gli altri di Montale e di Vicari.91 Nel 1954 pubblica la raccolta di poesie friulane La meglio gioventù, lascia l’insegnamento a Ciampino e si trasferisce in via Fonteiana 86, a Monteverde Nuovo.92 Non solo l’ambiente culturale e letterario romano si rivela estremamente fertile per la vita e l’opera di Pasolini, ma è soprattutto Roma stessa, così distante, nelle sue borgate, dalla cam- pagna e dal “mondo contadino pulito, preciso, morale, onesto”93 del Friuli, a suscitare in lui

78 Ibid, p. 160. 79 Cfr. Album Pasolini, p. 289. 80 “Al lettore nuovo”., p. 158. 81 Cfr. ibid., p. 160. 82 Ibid. 83 Ibid. 84 Ibid., p. 160. 85 Cfr. Album Pasolini, p. 289. 86 Cfr. Giuseppe Magaletta: Pier Paolo Pasolini. Cinema. Foggia: Diana Galiani 2010. P. 45. 87 Cfr. Album Pasolini, p. 289. 88 Cfr. ibid. 89 Cfr. ibid., p. 290. 90 Cfr. ibid. 91 Cfr. ibid. 92 Cfr. ibid. 93 Pasolini su Pasolini, p. 45. 14 un “vero e proprio trauma umano, sentimentale.”94 La periferia romana, definita in un’intervista con Cardillo un “enorme calderone,”95 viene elaborata e razionalizzata “attraver- so l’ideologia e l’interpretazione marxista”96 nel romanzo Ragazzi di vita, iniziato a scrivere due mesi dopo l’arrivo a Roma97 e pubblicato nel 1955. Il “monumento al sottoproletariato romano,”98 dotato di una lingua “apparentemente naturalistica, ossessivamente descrittiva, quasi cronachistica,”99 innesca un acceso dibattito. Se da un lato il romanzo viene premiato con l’importante premio Colombi Guidotti,100 dall’altro Pasolini riceve una denuncia per o- scenità,101 da cui viene poi assolto “perché il fatto non costituisce reato.”102 Al processo, av- venuto a Milano nel 1956, lo scrittore riceve il fondamentale supporto di Carlo Bo e Pietro Bianchi, che testimoniano a suo favore.103 Ungaretti, non potendo muoversi da Roma per una malattia della moglie,104 scrive al giudice: “Ho letto Ragazzi di vita, e stimo sia uno dei mi- gliori libri di prosa narrativa apparsi in questi anni in Italia.”105 Nel frattempo, Pasolini fonda con Francesco Leonetti, Roberto Roversi, Angelo Romanò e Franco Fortini «Officina», fascicolo bimestrale di poesia, che avrà vita fino al 1959.106 Tale evento rivestirà un ruolo decisivo nel “punto d’avvio dell’iter culturale vero e proprio di Paso- lini,”107 dato che l’esperienza è collocabile su un fronte anti-ermetico e anti-neorealista,108 con l’intenzione di “invertire la direzione del Novecento e promuovere una reinvenzione dei gene- ri letterari.”109 Nello stesso anno pubblica l’antologia di poesia popolare Canzoniere italiano e avvia collaborazioni con le riviste «Nuovi Argomenti» e «Il Punto».110 Il 1956 è anche l’anno delle prime collaborazioni a sceneggiature cinematografiche, tra le quali quella al film Le not- ti di Cabiria di Fellini, per il quale sviluppa con Sergio Citti i dialoghi in romanesco.111 Con Le ceneri di Gramsci, raccolta di undici poemetti uscita nel 1957, ottiene ancora maggio- re risonanza delle precedenti pubblicazioni, vincendo ex aequo con Quasi una vicenda di

94 Ibid. 95 Ibid. 96 Ibid. 97 Cfr. ibid. 98 Porta, p. 29. 99 Ibid. 100 Cfr. Album Pasolini, p. 290. 101 Cfr. ibid. 102 Fernando Bandini: Pasolini. Cronaca giudiziaria, persecuzione, morte. A cura di Laura Betti. Milano: Garzan- ti 1978. P. 192. 103 Cfr. Album Pasolini, p. 290. 104 Cfr. Enzo Lavagnini: Pasolini. La prima Roma di Pier Paolo Pasolini. Roma: Sovera Edizioni 2009. P. 122. 105 Ibid. Corsivo nell’originale. 106 Cfr. Album Pasolini, p. 290. 107 Introduzione a Pasolini, p. 61. Corsivo nell’originale. 108 Cfr. ibid., p. 62. 109 Guido Guglielmi / : Manuale di poesia sperimentale. Milano: Mondadori 1966. P. 19. 110 Cfr. Album Pasolini, p. 290. 111 Cfr. Porta, p. 155 e Album Pasolini, p. 291. 15

Mondadori e Poesie di Penna il premio Viareggio.112 Calvino esprime al riguardo la convin- zione che l’opera sia destinata ad aprire una nuova epoca nella poesia italiana.113 Nel dicembre del 1958, a Roma, muore il padre Carlo Alberto Pasolini.114 L’anno seguente Pier Paolo e la madre si trasferiscono in via Giacinto Carini 45, nella vicina Monteverde Vec- chio, nello stesso palazzo dove risiede .115 Vivranno là fino al 1963.116 É nello stesso periodo che il ciclo romano117 trova una continuazione, con la pubblicazione di Una vita violenta, romanzo che, se da un lato riceve il premio Crotone da una giuria composta da Ungaretti, Debenedetti e Gadda,118 dall’altro viene contestato dalle fazioni politiche e intel- lettuali di destra,119 dando vita a una lunga discussione in cui Pasolini “mostra tutta la sua vocazione pedagogica e comunicativa.”120 L’ultima opera appartenente al suddetto ciclo è la raccolta di abbozzi di storie romane Alì dagli occhi azzurri, uscito tuttavia solo nel 1965, dove “Roma, con i suoi odori, i suoi sapori, i suoi colori, non veniva presentata come una metropo- li (in rapporto a Casarsa), ma come una gigantesca borgata dagli aspetti più degradanti e ani- maleschi, dove […] la vita era organizzata sul rapporto miseria-benessere.”121 Il personaggio di Alì dagli occhi azzurri, la cui storia era stata raccontata a Pier Paolo Pasolini da Jean-Paul Sartre,122 è anche il protagonista, assieme ad altri migranti nordafricani, della visionaria poe- sia Profezia, pubblicata nella prima edizione di Poesia in forma di rosa, da cui verrà poi ri- mossa: “Sbarcheranno da Crotone o a Palmi, / a milioni, vestiti di stracci / asiatici, e di camice americane. / Subito i Calabresi diranno, / come malandrini a malandrini: / «Ecco i vecchi fra- telli, / coi figli e il pane e il formaggio!»”123 La figura del migrante ispirerà poi il film Alì ha gli occhi azzurri, uscito nel 2012 sotto la regia di Claudio Giovannesi.124 Nell’estate del 1959 Pasolini compie, con una Fiat Millecento, un viaggio lungo le coste ita- liane per conto della rivista «Successo».125 Il reportage esce a puntate sulle pagine del perio- dico e verrà successivamente raccolto ne La lunga strada di sabbia. Nel 1960 pubblica la rac- colta di saggi Passione e ideologia, nella quale vengono riuniti sia due studi sulla poesia dia-

112 Cfr. Album Pasolini, p. 290. 113 Cfr. Nico Naldini: Pasolini. Una vita. Torino: Einaudi 1989. (= Gli Struzzi. 353.) P. 188. 114 Cfr. Album Pasolini, p. 291. 115 Pasolini e Fassbinder, p. 93. 116 Cfr. ibid., p. 101. 117 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 48. 118 Cfr. Porta, p. 155. 119 Cfr. ibid. 120 Ibid. 121 Introduzione a Pasolini, p. 49. Corsivo nell’originale. 122 Cfr. “Profezia”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesia in forma di rosa. P. 693. 123 Ibid., vv. 104-110. 124 Cfr. Alì ha gli occhi azzurri, Claudio Giovannesi, Italia, 2012. 125 Cfr. Pier Paolo Pasolini: La lunga strada di sabbia. Per la prima volta il resoconto originale del viaggio in Italia di Pasolini. Con fotografie di Philippe Séclier. Roma: Contrasto 2005. P. 5. 16 lettale e popolare che dei lavori intorno a Pascoli e ai poeti neo-sperimentali126. Tra il 1960 e il 1965 tiene una rubrica settimanale di corrispondenza coi lettori di «Vie nuove».127 Nel frat- tempo l’immagine pubblica dello scrittore continua a suscitare polemiche e scandali, tanto che nel 1960 viene nuovamente denunciato, questa volta per favoreggiamento e istigazione alla rissa, a causa di un passaggio dato a due ragazzi di borgata precedentemente coinvolti in una violenta lite nel centro romano.128 La figura di Pasolini inizia in questo periodo a essere sem- pre più spesso al centro anche di dibattiti giornalistici: “Queste montature, in genere seguite sempre da assoluzioni, ma strumentalizzate dalla stampa per dipingere un’immagine ambigua e semi-delinquenziale dello scrittore, accompagneranno Pasolini per tutta la vita.”129

2.3 Il cinema di poesia

Tra l’ultimo mese del 1960 e l’inizio del 1961 lo scrittore compie un viaggio in coi co- niugi Morante e Moravia, pubblicando sul quotidiano «Il giorno» degli articoli con le sue im- pressioni di viaggio, raccolti poi nel volume L’odore dell’India, uscito nel 1962. Negli stessi anni avviene anche l’esordio al cinema come regista con il film , presentato alla mostra di Venezia nel settembre del 1961,130 nel quale si trova anche la collaborazione di atto- ri non professionisti, come Franco e Sergio Citti, e dei colleghi intellettuali D’Arrigo, Moran- te e Cambria.131 A proposito del suo primo film Pasolini dirà:

A dir il vero, era molto che pensavo di fare un film. Idea con radici molto lontane. Da ragazzo a Bologna amavo il cinema almeno come Pietro Bianchi. E devo dire [...] che i films di Charlot, di Dreyer, di Eisenstein hanno avuto in sostanza più influenza sul mio gusto, e su mio stile che il contemporaneo apprendistato letterario […] in questo ultimo periodo, ci sono stati dei motivi immediati: una specie di rabbioso capriccio, nei confronti di registi e produttori […], e il deside- rio di veder realizzati fatti, persone, scene, proprio come io, scrivendo, li vedo.132

Alla moglie di Moravia dedica inoltre il volume di poesie La religione del mio tempo, che ottiene il premio Chianciano133 e che è un “libro della crisi aperta, dichiarata e leggibile nella scrittura e nel contenuto poetico, superate ormai le motivazioni storiche e sociali delle Cene- ri.”134 In esso Pasolini critica duramente l’operato del Partito Comunista, accusandolo di ipo- crisia e di moralismo borghese.135 L’avversione dello scrittore per la borghesia, intesa in sen-

126 Cfr. Pier Paolo Pasolini: Passione e ideologia. Milano: Garzanti 1960. 127 Cfr. Porta, p. 155. 128 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 98. 129 Ibid. 130 Cfr. Porta, p. 155. 131 Cfr. Album Pasolini, p. 292. 132 Pier Paolo Pasolini: Accattone, Mamma Roma, Ostia. Milano: Garzanti 2006. P. 27. 133 Cfr. Album Pasolini, p. 292. 134 Introduzione a Pasolini, p. 80. Corsivo nell’originale. 135 Cfr. ibid. 17 so marxista136 e concepita quindi come direttamente opposta alla classe del proletariato, as- sieme a una concezione del carattere negativo del moderno saranno infatti, a partire da quegli anni, delle costanti della sua opera, nonostante e forse a causa dell’appartenenza della fami- glia dello stesso Pasolini alla piccolo borghesia:

Sociologicamente, la mia posizione non è molto convenzionale, e in realtà non è neppure defi- nibile. Ha una base emozionale che probabilmente nasce dalla fanciullezza e dal conflitto con mio padre e con l’insieme della società piccoloborghese. Il mio odio per la borghesia non è do- cumentabile né passibile di discussione. C’è e basta. […] Quanto all’altra classe popolare, la classe operaia, ho avuto con essa un rapporto molto difficile, inizialmente romantico, populista e umanitario. Quando si nasce nella piccola borghesia, si pensa che l’intero mondo sia uguale all’ambiente in cui si vive.137

In quanto alla sua figura di intellettuale all’interno alla società italiana, Pier Paolo Pasolini sentiva di appartenere a un’élite borghese,138 una classe non rappresentativa quindi della mag- gioranza degli italiani, avendo quest’ultima infatti subito un “genocidio ad opera della bor- ghesia nei riguardi di determinati strati delle classi dominate.”139 Con questa forte, bellica e discussa140 metafora lo scrittore intendeva descrivere in forma decisamente critica un’assimilazione delle classi operaie, sottoproletarie e delle popolazioni coloniali “al modo e alla qualità di vita della borghesia.”141 Interrogato, nel 1975, da un intervistatore francese ri- guardo alla propria ostilità nei confronti della borghesia, Pasolini rispose che “non si tratta di odio. Si tratta di qualcosa di più e di meno. E io devo purtroppo, a questo punto, rinunciare a questo tipo di odio, perché in Italia tutti sono diventati borghesi.”142 Per la domanda circa il fattore che la fortuna dei suoi film fosse determinata dalla classe borghese, asserì che “non succede mai che siano dei borghesi a decretare il successo di un mio film. Sono le élites bor- ghesi, cioè quelle a cui io stesso appartengo, e le masse del pubblico, che mescolano assieme classe economicamente borghese e classe economicamente povera o proletaria.”143 Nel 1962 Pasolini pubblica un romanzo inizialmente intitolato I giorni del lodo De Gasperi144 e successivamente ispirato per il nome a una lettera di Marx ad Arnold Ruge:145 Il sogno di una cosa. Il libro, cominciato a scrivere già quattordici anni prima a Casarsa,146 è composto

136 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 50. 137 Pasolini su Pasolini, p. 40s. 138 Cfr. Francesca Cadel: La lingua dei desideri. Il dialetto secondo Pier Paolo Pasolini. S. Cesario di Lecce: Manni Editori 2002. (= Studi.) P. 155. 139 Pier Paolo Pasolini: “Il genocidio”, in: Scritti corsari. Milano: Garzanti 1975. P. 226. 140 Cfr. La lingua dei desideri, p. 155. 141 Cfr. “Il genocidio”, p. 226. 142 “Pier Paolo Pasolini - L’ultima intervista televisiva”. Video su YouTube. Pubblicato il 26 febbraio 2016 da “Bluecheer90” URL: https://www.youtube.com/watch?v=GursDlrHvUc [11.10.2018] 2m05s-2m18s. 143 Cfr. ibid., 2m28s-2m45s. 144 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 27. 145 Cfr. ibid., p. 32. 146 Cfr. Album Pasolini, p. 292. 18 da due parti e racconta le vicende di tre ragazzi friulani a cavallo tra il 1948 e il 1949. Nello stesso anno esce il film Mamma Roma, dedicato allo storico dell’arte Roberto Longhi, e lo scrittore conosce ,147 che è destinato a interpretare vari ruoli nella sua opera cinematografica. In seguito Pasolini gira quasi un film all’anno, nonostante continui parallela e incessante la sua attività letteraria: in Ro.Go.Pa.G. e nel 1963, Sopral- luoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo e Il Vangelo secondo Matteo nel 1964, Comizi d’amore nel 1965, Uccellacci e uccellini e La terra vista dalla luna nel 1966, Edipo Re nel 1967, Che cosa sono le nuvole?, Appunti per un film sull’India e nel 1968, La sequenza del fiore di carta, Porcile e Medea nel 1969, Appunti per un’Orestiade africana e Le mura di Sana’a nel 1970, Il Decameron nel 1971, I racconti di Canterbury nel 1972, Il fiore delle Mille e una notte nel 1974, e infine Salò o le 120 giornate di Sodoma nel 1975. Quest’ultimo avrebbe dovuto formare, assieme alle pellicole mai realizzate Porno-Teo- Kolossal e San Paolo,148 la Trilogia della morte, da contrapporsi quindi alla Trilogia della vita,149 composta dei precedenti tre film e dalla quale successivamente Pasolini abiurerà.150 Poche settimane dopo l’uscita di Ro.Go.Pa.G., film girato con Rossellini, Godard e Gregoret- ti, le copie de La ricotta vengono sequestrate dalla Questura di Roma con l’accusa di vilipen- dio alla religione dello Stato.151 Fulcro di tale provvedimento fu la scena di spogliarello con l’attrice che interpreta Maria Maddalena. Il lungo processo porterà inizialmente a una con- danna di Pasolini, infine a un proscioglimento per amnistia.152 Molti critici ritengono proprio La ricotta uno dei più riusciti film di Pasolini,153 Moravia vi colse dei tratti geniali: “Non vo- gliamo dire con questo che sia perfetto o che sia bellissimo, ma vi riscontriamo i caratteri del- la genialità, ovvero di una certa qualità di vitalità al tempo stesso sorprendente e profonda.”154 Nel settembre del 1962 Pasolini partecipa al convegno Il cinema come forza spirituale del momento presente, organizzato ad Assisi dall’associazione cattolica Pro Civitate Christiana e al quale, verso la fine dell’incontro, fece visita a sorpresa il papa Giovanni XXIII.155 “Nell’agitazione del momento, Pasolini se ne sta chiuso nella camera della foresteria e apre il Vangelo di San Matteo, trovato sul comodino. Lo legge […] scoprendo quanta parte della

147 Cfr. Porta, p. 156. 148 Cfr. Alessandro Marignani: “Pasolini contro Pasolini”, in: Rendiconti. Rivista quadrimestrale di Ricerca lette- raria. A cura di Roberto Roversi. Fascicolo n. 46 (1996). Bologna: Pentragon. P. 124. 149 Cfr. ibid. 150 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 135. 151 Cfr. Dario Minutolo: Cinema italiano 1945-1985. Restauri e preservazioni. Cantalupa: Effatà Editrice 2005. P. 88. 152 Cfr. Album Pasolini, p. 292. 153 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 23. 154 Ibid. 155 Cfr. ibid., p. 102. 19 realtà del mondo contadino dell’età di Cristo è finita nelle pagine del testo di Matteo.”156 In quel momento comincia a maturare l’idea di un film, che lo porterà poi a compiere dei sopral- luoghi in Palestina per ricercare l’ambientazione adatta per l’opera.157 Nel corso del 1963 Pa- solini si trasferisce con la madre in una casa con giardino in via Eufrate 9, nel quartiere dell’EUR.158 Sarà la sua ultima residenza romana.159 A settembre del 1964 presenta alla Mo- stra del Cinema di Venezia il film Il Vangelo secondo Matteo, che da una parte suscita nuo- vamente delle polemiche,160 dall’altra vince l’importante premio cattolico O.C.I.C. (Office Catholique International de Cinéma).161 Nello stesso anno pubblica anche la raccolta Poesia in forma di rosa,162 che ingloba la produzione poetica fra il 1961 e il 1964.163 Nel volume, “la crisi di Pasolini si accentua al punto tale che il tormento delle passate stagioni si trasforma in urgenza di dire tutto e subito, come se il poeta non avesse più tempo a disposizione per parla- re e scrivere.”164 L’opera, fondamentale per l’argomento di questa tesi, si presenta in forma autobiografica, psicologica, ideologico-politica e a tratti certamente contraddistinta da una forte rabbia “nei confronti di una realtà sempre più disgregata da apparire amorfa.”165 Al primo Festival cinematografico di Pesaro, nel 1965, Pasolini partecipa a un dibattito sul linguaggio del cinema con la relazione Le cinéma de poésie,166 la quale si colloca all’interno di una polemica sulla lingua aperta dallo scrittore l’anno precedente.167 Intervengono nella discussione anche Moravia, Eco, Barbato e Citati.168 Molti di questi studi pasoliniani sul ci- nema e sulla lingua verranno poi raccolti nel volume Empirismo eretico, uscito nel 1972.169 Nell’autunno l’editore milanese Livio Garzanti accoglie la proposta di Pasolini, Moravia e Carocci di pubblicare la rivista «Nuovi argomenti» sotto nuova veste.170 Nel marzo del 1966 un’emorragia da ulcera, manifestatasi durante una cena con Morante e Moravia, costringe Pasolini a letto.171 Nel corso della convalescenza legge i Dialoghi di Pla-

156 Pasolini. Una vita, p. 256. 157 Cfr. Porta, p. 156. 158 Cfr. Fabio Pierangeli, Patrizio Barbaro: Pier Paolo Pasolini. Biografia per immagini. Torino: Gribaudo 1995. P. 143. 159 Cfr. Porta, p. 156. 160 Cfr. ibid. 161 Cfr. Piero Spila: Pier Paolo Pasolini. La vita, la morte, la nostalgia del passato e l’ansia del futuro: il sapore più autentico del cinema d’autore. Roma: Gremese 1999. P. 122. 162 Cfr. Porta, p. 156. 163 Cfr. Album Pasolini, p. 293. 164 Introduzione a Pasolini, p. 94. Corsivo nell’originale. 165 Ibid. 166 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 160. 167 Cfr. Album Pasolini, p. 294. 168 Cfr. ibid. 169 Cfr. ibid. 170 Cfr. ibid. 171 Cfr. Luciano De Giusti: I film di Pier Paolo Pasolini. Roma: Gremese 1998. (= Effetto cinema.) P. 35. 20 tone, scrive sei tragedie in versi e abbozza il film Teorema, che verrà poi presentato a Venezia nel 1968 e sequestrato per oscenità,172 nonostante vinca nuovamente l’O.C.I.C. e Laura Betti ottenga la Coppa Volpi come migliore interprete femminile.173 Nel corso dello stesso anno i film Accattone e Uccellacci e uccellini vengono ospitati al Festival di New York e Pasolini compie il primo viaggio in America,174 dove fa conoscenza con Oriana Fallaci e Allen Gin- sberg.175 Meditando Pasolini in quel periodo la progettazione di un film su san Paolo, tuttavia mai realizzato,176 la metropoli americana lo suggestiona al punto da prendere in considerazio- ne un’ambientazione proprio in quella città:

Voglio trasferire l’intera azione da Roma a New York, situandola ai tempi nostri ma senza cam- biare nulla. […] New York ha molte analogie con l’antica Roma di cui parla san Paolo. La cor- ruzione, le clientele, il problema dei negri, dei drogati. E a tutto questo san Paolo dava una ri- sposta santa, cioè scandalosa, come gli Sncc…177

Nel settembre del 1967 presenta al Festival di Venezia il film Edipo re, che disorienta la criti- ca italiana178 e che vede le interpretazioni di e .179 L’anno se- guente proietta nella stessa città Teorema, inizialmente proposto in forma di romanzo al Pre- mio Strega e ritirato poi in segno di protesta contro “le ingerenze dell’industria culturale.”180 Nel marzo del 1968, nel pieno della rivolta studentesca, avvengono a Roma dei violenti scon- tri tra la polizia e gli studenti della Facoltà di Architettura di Valle Giulia.181 Pasolini dà vita a un’ulteriore polemica, “forse non ancora risolta,”182 prendendo posizione a favore dei poli- ziotti con la pubblicazione della poesia Il PCI ai giovani!! (Appunti in versi per una poesia in prosa seguiti da una «Apologia») su «L’Espresso»:183

A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento / di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte / della ragione) eravate i ricchi, / mentre i poliziotti (che erano dalla parte / del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque, / la vostra! In questi casi, / ai poliziotti si danni i fiori, amici.184 Nello stesso anno Pasolini inizia a tenere sul periodico «Tempo» la rubrica «Il caos», dove fino al gennaio 1970 corrisponderà coi lettori, recensirà libri e pubblicherà anche una lettera al presidente della Repubblica.185

172 Cfr. Album Pasolini, p. 295. 173 Cfr. ibid. 174 Cfr. ibid., p. 294. 175 Cfr. Lettera di Oriana Fallaci a Pier Paolo Pasolini. 176 Cfr. Album Pasolini, p. 294. 177 Oriana Fallaci: Pasolini, un uomo scomodo. Milano: Rizzoli 2015. (= Saggi italiani.) P. 156. 178 Cfr. Porta, p. 156. 179 Cfr. ibid. 180 Album Pasolini, p. 294. 181 Cfr. Marco Antonio Bazzocchi: Pier Paolo Pasolini, p. 31. 182 Album Pasolini, p. 294. 183 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 116s. 184 Pier Paolo Pasolini: “Il PCI ai giovani!! (Appunti in versi per una poesia in prosa seguiti da una «Apologi- a»)”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse I. P. 1852s, vv. 51-57. 21

Lo scrittore si rivolge al pubblico per la prima volta anche come regista teatrale, pubblicando su «Nuovi Argomenti» il Manifesto per un nuovo teatro e mettendo in scena a Torino la tra- gedia Orgia, interpretata da Laura Betti, Luigi Mezzanotte e Nelide Giammarco.186 Nel 1969 gira il film Porcile, che viene accolto con molte critiche187 a causa della tematizza- zione di anomalie sessuali nella prima parte e di cannibalismo nella seconda: “[…] Come nel primo episodio si vede come la società divora il figlio disubbidiente, così essa divora anche il figlio che non è né disubbidiente né ubbidiente. “188 Nella primavera dello stesso anno inizia- no le riprese del film Medea, che vede l’interpretazione di Maria Callas, a cui il progetto era stato presentato nel 1968.189 Si tratta del “film più disperato di Pasolini, quello che sancisce la perdita delle ultime illusioni sul futuro della società moderna.”190 Lo scrittore compie dei so- pralluoghi in Africa, dove gira il documentario Appunti per un’Orestiade africana.

2.4 Gli ultimi anni

Nel 1970 acquista una torre medievale situata nel Viterbese, la Torre di Chia, individuata du- rante le riprese del Vangelo secondo Matteo, dove “si rifugerà spesso, in completa solitudi- ne,”191 a scrivere il romanzo Petrolio, rimasto incompiuto, e a ritrarre Callas, Zanzotto e Da- voli.192 Coglie inoltre ispirazione dalle novelle di Boccaccio e ne sceneggia dieci a Napoli, per il film Decameron, che ottiene il secondo posto al Festival di Berlino.193 Nel frattempo con- cepisce l’idea di pubblicare la sua intera opera poetica in un “volumone «di una vita»”194 inti- tolato Bestemmia,195 progettato per gli anni successivi e realizzato infine solo nel 1993. Al principio del 1971 gira il documentario 12 dicembre assieme a dei militanti di «Lotta Con- tinua»196 e in primavera pubblica il libro di poesie Trasumanar e organizzar. Si tratta dell’ultima raccolta poetica in lingua, dal momento che in seguito pubblicherà esclusivamente i due cicli di poesie friulane La meglio gioventù nella riedizione e la Seconda forma de “La meglio gioventù”.197 In Trasumanar e organizzar si trova una poetica differente da quella

185 Cfr. Porta, p. 156. 186 Cfr. ibid. 187 Cfr. ibid., p. 157. 188 Cfr. Il teatro in un porcile, p. 254. 189 Cfr. Album Pasolini, p. 295. 190 Piero Spila: Pier Paolo Pasolini, p. 93. 191 Album Pasolini, p. 296. 192 Cfr. ibid. 193 Cfr. Porta, p. 157. 194 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Livio Garzanti, 1970. Pier Paolo Pasolini: Lettere 1955-1975. Con una crono- logia della vita e delle opere. A cura di Nico Naldini. Torino: Einaudi 1988. (= Biblioteca dell’Orsa. 5.) P. 691.Virgolette nell’originale. 195 Cfr. ibid. 196 Cfr. Album Pasolini, p. 296. 197 Cfr. ibid. 22 delle raccolte precedenti, con poesia “presentata in modo contraddittorio, incerto e inutile, […] con infiniti centri e infiniti segnali provenienti tutti da quell’universo pasoliniano sempre più lontano e estraniato dal mondo terreno.”198 Nel 1972 la raccolta di saggi Empirismo eretico viene accolta “con una certa indifferenza.”199 A partire dal 1973 Pasolini inizia una collaborazione al quotidiano «», “giornale borghese e padronale e anti-operaio,”200 e al settimanale «Il Mondo», pubblicando una serie di articoli destinati a suscitare “reazioni irritate, gesti di noncuranza, deplorazione e perfino disprezzo,”201 raccolti poi negli Scritti corsari e nelle Lettere luterane, usciti entrambi postumi. Il tema ricorrente degli articoli è quello della giovinezza nella società italiana del boom economico, “e si può notare come il suo atteggiamento nei confronti delle nuove gene- razioni sia passato gradualmente da un giudizio ottimistico-positivo ad una condanna presso- ché totale negli ultimi tempi.”202 Altre importanti tematiche sono il abrogativo sul divorzio, l’antifascismo, l’aborto e la strategia della tensione negli anni di piombo:

Io so i nomi dei responsabili […]. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti [...] di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettua- le, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede […]; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il mio «proget- to di romanzo» sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti. Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappia- no ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a pro- posito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile.203

Nello stesso periodo compone nella Torre di Chia oltre cinquecento pagine dattiloscritte pro- prio per il magmatico, “misterioso e complicato”204 romanzo Petrolio,205 a cui si riferisce nel passaggio sopra riportato, e che verrà pubblicato solo nel 1992, dopo un’intricata vicenda edi- toriale.206 Termina inoltre le riprese dell’ultimo film della Trilogia della vita, 207 ovvero Il fiore delle Mille e una notte, destinato ad avere un grande successo di pubblico,208 tuttavia non di critica, “dalla quale Pasolini si sente sempre incompreso.”209 Nell’anno successivo

198 Introduzione a Pasolini, p. 129. 199 Porta, p. 157. 200 Scritti corsari, p. VII. 201 Ibid. 202 Introduzione a Pasolini, p. 140s. 203 Pier Paolo Pasolini: “14 novembre 1974. Il romanzo delle stragi”, in: Scritti corsari, p. 88s. 204 Gianfranco Tomei: Il Pasolini ‘borghese’. Da ‘Teorema’ agli ‘Scritti corsari’ a ‘Petrolio’. Roma: Edizioni Nuova Cultura 2018. P. 63. 205 Cfr. Porta, p. 157. 206 Cfr. Il Pasolini borghese, p. 63. 207 Cfr. Pasolini contro Pasolini, p. 124. 208 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 124. 209 Porta, p. 157. 23 scrive una lunga appendice al disperato esperimento drammaturgico Bestia da stile, una delle sei tragedie al quale lavorava dal 1966 e in cui lo scrittore “esprime con la veemenza che lo caratterizza la sua distanza dall’ambiente culturale e teatrale italiano.”210 Nel febbraio del 1975 comincia a girare il film Salò o le 120 giornate di Sodoma, ispirato nel contenuto a Les Cent Vingt Journées de Sodome del Marchese De Sade211 e, nella struttura, all’Inferno di Dante. 212 Nel film viene denunciata, attraverso la collocazione temporale nella Repubblica nazifascista di Salò,213 la degradazione e la mercificazione dei corpi nelle dittature e “nelle forme di capitalismo avanzato.”214 Il film verrà finito di montare nell’estate, nono- stante alcune bobine siano state trafugate, presumibilmente a opera di un gruppo “capitanato dal malavitoso Sergio Placiti.”215 Nello stesso anno Pasolini consegna all’editore Einaudi le bozze de La divina Mimesis, una riscrittura in chiave neocapitalistica dell’Inferno dantesco.216 Gli ultimi mesi di vita di Pasolini vedono alcuni viaggi in Francia, in Germania e in Svezia.217 Il primo novembre 1975, Pasolini tiene a Roma l’ultima intervista con Furio Colombo de «», e suggerisce di intitolarla Perché siamo tutti in pericolo.218 La sera cena in un ristorante a San Lorenzo con Davoli, la moglie e il figli di quest’ultimo,219 dopodiché incontra in Piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini, il ragazzo di vita Giuseppe Pelosi. Assieme vanno prima a mangiare in una trattoria di Ostiense,220 si dirigono poi in macchina verso Ostia.221

La mattina del 2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini viene ritrovato morto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia.222 Al suo funerale, avvenuto il 5 novembre, Moravia dirà: “Abbiamo perso prima di tutto un poeta, e poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo! Quando sarà finito questo secolo, Pasolini sarà tra i pochissimi che con- teranno come poeta. Il poeta dovrebbe essere sacro.”223

210 Valentina Valentini: “La vocazione teatrale di Pier Paolo Pasolini”, in: Corpus Pasolini. P. 227. 211 Cfr. Porta, p. 157. 212 Cfr. Erminia Passannanti: Il corpo & il potere. Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini. Novi Ligure: Joker Edizioni 2008. (= Transference.) P. 25. 213 Cfr. Porta, p. 138. 214 Il corpo & il potere, p. 26. 215 Il Pasolini borghese, p. 82. 216 Cfr. Armando Maggi: The Resurrection of the Body. Pier Paolo Pasolini from Saint Paul to Sade. Londra: The University of Chicago Press 2009. P. 229. 217 Cfr. Album Pasolini, p. 297. 218 Cfr. Gianluca Maconi: Il delitto Pasolini. Padova: Becco Giallo 2008. (= Cronaca storica.) P. 56s. 219 Cfr. ibid., p. 57. 220 Cfr. ibid. 221 Cfr. ibid. 222 Cfr. Album Pasolini, p. 298. 223 “Alberto Moravia Orazione funebre per la Morte di Pasolini”. Video su YouTube. Pubblicato il 22 marzo 2009 da “rossinero” URL: https://www.youtube.com/watch?v=UZPCmfgZSRs [14.10.2018] 0m27s-0m47s. 24

3 Madre e amiche

3.1 Susanna Colussi

Pensando a lei provo una dolorosa fitta d’amore; mi vuole troppo bene, e anch’io. Io sono poeta per lei.1

Susanna Colussi Pasolini nasce a Casarsa della Delizia il 10 marzo 1891.2 Il padre è Domeni- co Colussi, padrone di una distilleria,3 sua madre la piemontese Marianna Giulia Zacco.4 Tra il 1914 e il 1915 si fidanza con il militare di carriera Carlo Alberto Pasolini, più giovane di un anno, 5 e qualche tempo dopo rimane incinta.6 Il primo figlio Carlo, tuttavia, muore dopo po- chi mesi;7 Pier Paolo e Guido sapranno mai nulla del fratello prematuramente defunto.8 A causa di pressioni sociali,9 il 21 dicembre 1921 Susanna e Carlo Alberto si erano congiunti in matrimonio, a Casarsa.10 Il 5 marzo 1922 nasce Pier Paolo. Il fratello Guidalberto, sopranno- minato Guido, nasce il 4 ottobre 1925 a Belluno.11 Susanna muore vedova12 a il 1º lu- glio 1981,13 a ottantanove anni. Nel 2010, quasi trent’anni dopo la morte, viene pubblicato il romanzo autobiografico Il film dei miei ricordi, composto dai fogli di alcuni quaderni mano- scritti ritrovati nella casa di Casarsa, redatti tra la metà degli anni Cinquanta e l’inizio dei Set- tanta,14 probabilmente “all’oscuro di Pier Paolo, il quale però doveva conoscere la vocazione della madre per la scrittura.”15 Nell’opera viene narrata la storia della famiglia Colussi in un arco di tempo che parte dal periodo napoleonico e si conclude col primo decennio del Nove-

1 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Luciano Serra. Porretta Terme, 10 luglio 1942. Pier Paolo Pasolini: Vita attra- verso le lettere. P. 59. 2 Cfr. Cimitero di Casarsa della Delizia, Provincia di Pordenone, Friuli-Venezia Giulia. URL: https://www.findagrave.com/memorial/28263348/susanna-colussi#source [17.10.2018] 3 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 27. 4 Cfr. Bart David Schwartz: Pasolini requiem. Second edition. Chicago, Londra: The University of Chicago Press 2017. P. 98. 5 Cfr. Enzo Golino: Pasolini. Il sogno di una cosa. Pedagogia, Eros, Letteratura dal mito del popolo alla società di massa. Milano: Bompiani 1992. (= Tascabili.) P. 88. 6 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 88. 7 Cfr. The Resurrection of the body, p. 355. 8 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 265. 9 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 16. 10 Cfr. Bart David Schwartz: Pasolini requiem. Padova: Marsilio 1995. P. 173. 11 Cfr. Album Pasolini, p. 11. 12 Cfr. Album Pasolini, p. 291. 13 Cfr. ibid., p.11. 14 Cfr. “IL FILM DEI MIEI RICORDI di Susanna Colussi Pasolini.” Con interventi di Luisa Muraro, Maria Gabriella Carbonetto e Dinni Cesoni. Video su YouTube. Pubblicato il 6 maggio 2016 da “Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano” URL: https://www.youtube.com/watch?v=Q4v6noD95Go [17.10.2018] 8m38s-9m03s. 15 Paolo Di Stefano: “Il romanzo della mamma di Pasolini. La saga familiare di Susanna Colussi, alla ricerca delle sue radici.” Pubblicato online in: Corriere della Sera, Cultura. Ultima modifica il 10 novembre 2010. URL: https://www.corriere.it/cultura/libri/10_novembre_08/susanna-colussi-pasolini-il-film-dei-miei- ricordi_3314900e-eb2a-11df-bbbd-00144f02aabc.shtml [22.10.2018] 25 cento,16 componendo “un affresco storico che racconta in modo solare e insieme drammatico la povertà dignitosa con cui l'Italia entra nel nuovo secolo.”17 La pubblicazione rimane tutta- via abbastanza nell’ombra, non essendo ancora divenuta oggetto di critica letteraria.18 Per definire il rapporto tra Pier Paolo Pasolini e la madre Susanna Colussi occorre sia pren- derne in esame l’aspetto più manifesto, ovvero biografico e autobiografico, sia rivolgersi a quello celato nelle opere dello scrittore, ognuna delle quali è permeata dall’insieme della sua vita pubblica e privata,19 non facendo eccezione la vita familiare. Proprio quest’ultima si rive- la costellata da diverse particolarità; vi si trovano infatti il rapporto conflittuale tra Pier Paolo e il padre,20 assieme a una certa instabilità dell’affetto di Susanna per il coniuge:21

Mio padre e mia madre non andavano d’accordo per niente. Tutta la mia vita è stata influenzata dalle scenate che mio padre faceva a mia madre. Quelle scenate hanno fatto nascere in me il de- siderio di morire. Mio padre era innamorato pazzo di mia madre ma in un modo sbagliato, pas- sionale, possessivo. La cosa odiosa, poi, era che lui trasferiva la sua passionalità non corrisposta in piccole osservazioni tipo il bicchiere fuori posto, [...], il cibo troppo salato eccetera.22

Secondo Biasi-Richter è possibile sostenere che all’attaccamento dello scrittore per la madre contribuisca in una certa misura l’andamento negativo del matrimonio dei genitori, caratteriz- zato dal “reciproco comportamento anomalo dei coniugi”23 e da liti furiose e ricorrenti.24 Cu- riosamente, fino ai tre anni Carlo Alberto è stato per il figlio una figura “più importante”25 di quella materna, caratterizzandosi per il suo affetto e l’allegria, rivelandosi “una presenza ras- sicurante, forte,”26 per il quale egli “aveva provato un trasporto anche sensuale.”27 A partire da quell’età scoppia tuttavia un profondo conflitto destinato a durare fino alla morte del padre, nel 1959.28 Ciò avviene inoltre in singolare concomitanza con la nascita di Guido: “Quando mia madre stava per partorire ho cominciato a soffrire di bruciore agli occhi. Mio padre mi immobilizzava sul tavolo della cucina, mi apriva l’occhio con le dita e mi versava dentro il collirio. È da quel momento ‘simbolico’ che ho cominciato a non amare più mio padre.”29 Non si tratterebbe tuttavia di un vero e proprio odio, come sottolinea l’autore nell’intervista

16 Cfr. Susanna Pasolini: Il film dei miei ricordi. Con poesie in friulano di Per Paolo Pasolini. Milano: Rosellina Archinto Editore 2010. IV di copertina. 17 Ibid. 18 Cfr. “IL FILM DEI MIEI RICORDI di Susanna Colussi Pasolini.,” 7m04s-7m35s. 19 Cfr. Sex, the self, and the sacred, p. 15. 20 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 28. 21 Cfr. ibid. 22 : E tu chi eri? 26 interviste sull’infanzia. Milano: Rizzoli 1998. (= Scala Italiani.) P. 263. 23 Gigliola Biasi-Richter: Pier Paolo Pasolini e l’amore per la madre. Metamorfosi di un sentimento. Indagine psicologica ispirata dai film Edipo Re e Medea. Osnabrück: Universitätsverlag Rasch 2001. P. 80. 24 Cfr. ibid. 25 Interviste sull’infanzia, p. 160. 26 Ibid. 27 Pasolini. Una vita, p. 11. 28 Cfr. : Vita di Pasolini. Milano: Mondadori 2005. P. 45ss. 29 Interviste sull’infanzia, p. 162. Virgolette nell’originale. 26 con Jon Halliday e come riflette in occasione della stesura della tragedia Affabulazione, la quale tematizza un conflitto di matrice edipica e incestuosa tra un padre e un figlio:30 “Avevo sempre pensato di odiare mio padre, ma in realtà non era così; avevo con lui un rapporto con- flittuale, nei suoi confronti ero in uno stato di tensione permanente e addirittura violenta.”31 Tale attrito viene in seguito riconosciuto da Pasolini fondamentale per la costituzione della sua vita erotica ed emozionale, non dipendendo quindi “da odio contro di lui, ma da amore per lui, un amore che mi portavo dentro fin da quando avevo circa un anno e mezzo, o forse due o tre, non so…”32 Nell’ultima parte della sua vita, al termine di una lunga riflessione, lo scrittore realizza quindi di aver amato anche il padre e giunge a una rivalutazione e rielabora- zione del rapporto, di cui si trova traccia ad esempio in Petrolio.33 È comunque interessante osservare che lo scrittore a sette anni aveva espresso il desiderio di diventare capitano di ma- rina e poeta,34 abbracciando quindi ancora entrambe le sfere d’interesse genitoriali. Concludendo la descrizione del complesso matrimonio dei genitori di Pier Paolo Pasolini, è da sottolineare come Carlo Alberto fosse profondamente innamorato di Susanna e che “forse lui la amava troppo, e forse non ne era pienamente ricambiato, cosa che lo teneva in uno stato di perenne tensione. E io, come tutti i bambini, il più delle volte prendevo le parti di mia ma- dre.”35 È effettivamente di indubbia importanza considerare che Pier Paolo, nonostante avesse nella primissima infanzia vissuto col padre Alberto senz’altro anche dei momenti di vicinan- za36 e questi si fosse rivelato “importantissimo,”37 è proprio con la madre che sceglie di con- vivere pressoché per l’intera durata della sua vita:

La mia casa, con la solitudine di mia madre. Siamo due sopravvissuti, senza mai probabile pace, terrorizzati da tutto quello che ci può sempre succedere: dalla morte di Guido alla tragedia degli ultimi anni di mio padre, alla tragedia mia, sopita e neutralizzata, per qualche periodo, ma sem- pre pronta a riesplodere, spietata, scontata, senza speranza.38

La “vera figura dominante”39 all’interno della vita familiare, modello di comportamento40 e costante oggetto d’amore di Pier Paolo è quindi Susanna Colussi, donna che viene descritta dai biografi e dal figlio come gentile, delicata, amabile, mite, ma anche indipendente.41 A-

30 Cfr. Pier Paolo Pasolini: Teatro I. Calderón. Affabulazione. Pilade. Milano: Garzanti 2010. (= Garzanti Nove- cento.) 31 Pasolini su Pasolini, p. 28. 32 Ibid. 33 Cfr. Pier Paolo Pasolini e l’amore per la madre, p. 194. 34 Cfr. Pasolini. Una vita, p. 14. 35 Ibid. 36 Cfr. Sex, the self, the sacred, p. 14. 37 Pasolini su Pasolini, p. 28 38 Pier Paolo Pasolini: “La vigilia. Il 4 ottobre”, in: Accattone, Mamma Roma, Ostia P. 35. 39 Pier Paolo Pasolini: Trasumanar e organizzar. Milano: Garzanti 1976. (= I Grandi Libri.) P. VII. 40 Cfr. Sex, the self, and the Sacred, p. 16. 41 Cfr. Ibid. 27 vrebbe inoltre dedicato “una straordinaria cura a se stessa, agli abiti, al trucco del suo viso facendo risaltare la sua eleganza innervata di forza contadina.”42 Di lei Pasolini scrive: “Com’è piccolina mia mamma, piccolina come una scolara, diligente, impaurita, ma decisa a compiere fino in fondo il suo dovere.”43 Da giovane se la ricorda così: “Era piccola, fragile, aveva il collo bianco bianco e i capelli castani.”44 In un’intervista sul tema dell’infanzia, tenu- ta dall’amica e collega Oriana Fallaci, Pasolini dichiara: “Nei primi anni della mia vita ho di lei un ricordo quasi invisibile. Poi salta fuori improvvisamente verso i tre anni e da allora tutta la mia vita è stata imperniata su di lei.”45 Per Susanna il figlio prova quindi un amore che egli stesso definisce sia “disperato”46 che “eccessivo, quasi mostruoso.”47 Nella lirica Poeta delle ceneri, nella quale lo scrittore immagina di dare delle “risposte sul proprio lavoro a un intervi- statore statunitense,”48 pubblicata per la prima volta nel 1980 sulla rivista «Nuovi Argomen- ti»49 e ristampata successivamente nella raccolta Bestemmia, Pasolini sancisce definitivamen- te: “La cosa più importante della mia vita è stata mia madre.”50 L’origine di Susanna, appartenente a una famiglia di piccoli possidenti friulani, “di quei con- tadini che possono mandare i figli a scuola,”51 si oppone diametralmente a quella nobile ra- vennate del padre,52 e questo non solamente per questioni di puro carattere economico, ma anche e soprattutto di vissuto, di valori portanti e di fede religiosa. Carlo Alberto infatti aveva prima aderito al nazionalismo e successivamente al fascismo,53 ed era per ideologia contrario all’uso del dialetto friulano, dal momento che “considerava inferiore qualsiasi cosa provenisse dalla periferia del Paese e aveva a fare coi dialetti,”54 essendo il fascismo “ostile […] ai dialet- ti in quanto costituivano una forma di vita reale che voleva nascondere.”55 Inoltre, non era religioso e portava i figli alla messa domenicale per ragioni puramente sociali e ufficiali.56 Al contrario, la famiglia di Susanna era di tradizione contadina religiosa, ma di “una tradizio- ne assolutamente naturale, che non ha niente di conformistico o di bigotto.”57

42 Pasolini. Una vita, p. 9. 43 Pier Paolo Pasolini: Donne di Roma. Sette storie. Milano: Il Saggiatore 1962. P. 104. 44 Interviste sull’infanzia, p. 163. 45 Ibid., p. 163. 46 Pier Paolo Pasolini: Empirismo Eretico. Milano: Garzanti 2015. (= Gli Elefanti. Saggi.) P. 68. 47 Pasolini su Pasolini, p. 28. 48 Ibid. 49 Cfr. note di “Poeta delle ceneri”, p. 2056. 50 Ibid, v. 30. 51 Interviste sull’infanzia, p. 165. 52 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 27. 53 Cfr. ibid., p. 28. 54 Ibid, p. 28s. 55 Ibid, p. 29. 56 Cfr. ibid. 57 Ibid. 28

Ella non andava mai in chiesa e non faceva la comunione,58 quindi l’infanzia di Pier Paolo mancò pressoché totalmente di educazione religiosa, non avendo egli fatto nemmeno la cre- sima.59 Ciononostante lo scrittore credette in Dio, “con l’intransigenza dei ragazzi,”60 fin all’età di quindici anni, quando si accostò per l’ultima volta alla comunione,61 e all’interno della sua fede si mostrò peraltro singolarmente caratteristica la devozione per la Madonna.62 L’interesse per la religione e il cristianesimo doveva rinascere nello scrittore dopo la guerra, “sotto l’incubo quotidiano della morte, a contatto col mondo contadino di Casarsa,”63 deline- andosi quindi non per rigida imposizione familiare, quanto piuttosto per ragioni personali e di immersione poetica in quel Friuli rurale e materno che tanto lo affascinava. Per quanto riguarda l’educazione letteraria di Pier Paolo, Susanna Colussi, maestra elementa- re, ha rappresentato non solamente un’influenza stilistica culturale elaborata da Pasolini all’interno della sua “personale mitologia,”64 ma anche e soprattutto il primo e più importante tramite verso la futura vocazione di narratore, dato che, come dice lo scrittore a Oriana Fallaci riguardo alla sua infanzia: “Mi raccontava storie, favole, me le leggeva. Mia madre era come Socrate per me. Aveva e ha una visione del mondo certamente idealistica e idealizzata. Lei crede veramente nell’eroismo, nella carità, nella pietà, nella generosità. E io ho assorbito tutto questo in maniera quasi patologica.”65 Il fondamentale amore per la poesia sembra anch’esso nascere dal legame viscerale tra Pier Paolo e Susanna:

È stata mia madre che mi ha mostrato come la poesia possa essere materialmente scritta, e non solo letta a scuola […]. Misteriosamente, un bel giorno, mia madre infatti mi presentò un sonet- to, composto da lei, in cui esprimeva il suo amore per me (non so per quali costrizioni di rima la poesia finiva con le parole «di bene te ne voglio un sacco»). Qualche giorno dopo scrissi i miei primi versi […].66

Egli apprende quindi dalla madre, maestra elementare,67 come le poesie non nascano sotto forma di “prodotti ontologici, stellari, nati e perfetti nel tempo stesso,”68 ma al contrario “esi- stenzialmente, fisicamente, materialmente e tecnicamente.”69 Nei primi componimenti di Pa- solini, scritti tra Sacile, Idria e Casarsa, si trova inoltre una pressoché costante presenza della

58 Cfr. ibid. 59 Cfr. ibid. 60 Il sogno di una cosa, p. 101. 61 Cfr. ibid. 62 Cfr. ibid. 63 Interviste sull’infanzia, p. 165. 64 Alessandro Barbaro: L’alternativa fantasma. Pasolini e Leiris, percorsi antropologici. Padova: Libreria Univer- sitaria 2010. (= Studi e progetti. Scienze umanistiche.) P. 72. 65 Interviste sull’infanzia, p. 164. 66 “Al lettore nuovo”, p. 145s. Virgolette nell’originale. 67 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 3. 68 Pasolini rilegge Pasolini. Intervista con Giuseppe Cardillo. A cura di Luigi Fontanella. Milano: Archinto 2005. P. 33. 69 Ibid. 29 figura materna, ad esempio nei componimenti Ricordi di collegio di mia madre, L’amore ma- terno e Le scale (“Aprirò la porta e nella vuota / cucina chiamerò mia madre morta”).70 Su- sanna è inoltre, durante l’infanzia di Pasolini, protagonista anche di diversi sogni:

L’anno dopo, a Conegliano, è cominciata una serie di sogni in cui sognavo di perdere mia ma- dre e l’andavo a cercare in una città che era Bologna. La cosa strana è che Bologna io me la ri- cordo soprattutto attraverso quei sogni. L’incubo finiva con delle scale che io salivo correndo, sempre cercando mia madre disperatamente. Poi mi svegliavo nel letto dei miei genitori. In quell’epoca è cominciata una forma di nevrosi cardiaca. Avevo imparato che il cuore è il motore della vita ed ero preso dall’improvvisa paura che smettesse di battere.71

Oltre alla passione per la poesia è presente un ulteriore elemento che caratterizzerà l’opera di Pasolini e che deriva tanto dalla passione letteraria e sensuale per l’Italia agreste carducciana72 quanto dallo stesso rapporto con Susanna nel periodo delle scuole elementari,73 ovvero la componente contadino-pastorale: “[…] in questi giorni, in queste stagioni, conta soprattutto il mio rapporto con mia madre e con la campagna: c’è una specie di identificazione poetica tra mia madre e la campagna.”74 Proprio il mondo contadino, assieme al “sacrario del sottoprole- tariato”75 e, successivamente, al terzo mondo,76 è nell’opera pasoliniana spesso collegato al fondamentale culto della purezza:77

Chi era, che cercava Pasolini? […] Accanto all’amore, in principio, c’era anche la povertà. Pa- solini era emigrato a Roma dal Nord, si guadagnava la vita insegnando nelle scuole medie della periferia. È in quel tempo che si situa la sua grande scoperta: quella del sottoproletariato, come società rivoluzionaria, analoga alle società protocristiane, ossia portatrice di un inconscio mes- saggio di ascetica umiltà da contrapporre alla società borghese edonista e superba.78

In tale visione mitologica di Pasolini è da osservare come la madre rappresenti un’origine arcaica, “precedente, che attinge a forze e valori vitali non regolamentati,”79 in naturale oppo- sizione all’identità “civilizzata, che incide un nome e una genealogia sociali, impregnati di valori e regole razionali che distruggono l’istinto, lo spirito, la passione.”80 Questa caratteri- stica idea di ruralità si ritrova, assieme alla componente religiosa della sua “amata civiltà con-

70 Pier Paolo Pasolini: “Via degli amori”, in Album Pasolini. Biografia per immagini e documenti. Milano: Ar- noldo Mondadori Editore 2005. (= Oscar Grandi Classici.) P. 10. 71 Interviste sull’infanzia, p. 161. 72 Cfr. Pasolini. Una vita, p. 17. 73 Cfr. Pasolini rilegge Pasolini, p. 34. 74 Ibid. 75 Ibid, p. 47. 76 Cfr. ibid, p.18. 77 Cfr. Lettera di Oriana Fallaci a Pier Paolo Pasolini. 78 Alberto Moravia: “Ma che cosa aveva in mente?”, in: L’Espresso, 9 novembre 1975. Roma: GEDI Gruppo Editoriale S.p.A. Pubblicato online il 26 agosto 2015. URL: http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/molteniblog/pasolini-un-ricordo-di-moravia-del- novembre-1975/ [19.10.2018] 79 Mercedes Arriaga Flòrez: “Pier Paolo Pasolini. Le madri vili generano la società borghese”, in: Cuadernos de Filologìa Italiana. A cura di Marco Carmello. Fascicolo n. 23 (2016). Universidad Complutense de Madrid. P. 8. 80 Ibid. 30 tadina,”81 ad esempio nel film Il Vangelo secondo Matteo, dove l’ossessione narcisistica, de- finita da Pasolini come la caratteristica principale della sua psicologia,82 si unisce a “quell’ossessione cristologica che […] culminerà nell’imporre a sua madre Susanna la parte (e il dolore) della Madonna.”83 Giovanni Giudici tenta di interpretare questa bizzarra attribu- zione con la domanda: “Non è abbastanza chiaro che è lui il protagonista della Passione?”84 Ai fini di comprendere il rapporto tra Pasolini e la madre si rileva molto interessante anche la costante corrispondenza.85 Caratteristici sono infatti gli appellativi utilizzati nelle lettere, te- stimoni di un grande affetto. Se, nell’opera poetica, Pier Paolo nomina Susanna “mia lodolet- ta, madre / fanciulla […],”86 “Capinera Solitaria”87 e, dialettalmente, “mari,”88 nella corri- spondenza ella viene chiamata “Carissima pitinicia,”89 “Carissima Cicciona”90 e, naturalmen- te, “Cara mamma.”91 Pier Paolo e Susanna scrivono di un gran numero di temi, della trasfor- mazione di Casarsa in un paese più moderno,92 delle occupazioni cinematografiche93 e dei ritorni del figlio a Casarsa.94 Una lettera particolarmente rilevante è quella del 28 luglio 1955, con la quale Pier Paolo tenta di lenire la nostalgia della madre per Guido: “Tu pensi veramen- te che siamo stati felici noi tre lì? Forse no, dato che non si è mai felici. […] La conclusione è che è sempre meglio non rimpiangere: e cercare la felicità nei sentimenti non nei periodi.”95 In questo capitolo si è visto come l’amore tra Pier Paolo Pasolini e la madre fosse immenso, struggente ed esistenziale, andando a incidere in maniera profondissima e poliforme sull’opera dello scrittore. Tale affetto si è configurato, fra le altre cose, nell’influenza esercita- ta su alcune dicotomie che nella produzione artistica pasoliniana si presentano in maniera co- stante e quasi ossessiva: realtà contadina e borghesia, dialetto e italiano, marxismo e fascismo, cultura e consumo, reale e irreale. Le suddette opposizioni posseggono un collegamento deci- samente lineare e logico alla fondamentale opposizione culturale, sociale e umana tra Susanna e Carlo Alberto, di conseguenza anche all’elaborazione di maternità e paternità in Pasolini.

81 “Ma che cosa aveva in mente?” 82 Cfr. Pasolini rilegge Pasolini, p. 35. 83 Bestemmia, p. XVs. 84 Ibid, p. XVI. 85 Cfr. Lettere 1955-1975. 86 “Memorie”, vv. 13-14. 87 Pier Paolo Pasolini: “Coccodrillo”, in Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse II. P. 2085, v. 15. 88 Pier Paolo Pasolini: “I Fluns dal me còur”, in Bestemmia. Tutte le poesie. Dov’è la mia patria. P. 1347, v. 3. 89 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Susanna Pasolini. Ortisei, 23 luglio 1955. Pier Paolo Pasolini: Lettere 1955- 1975. P. 98. 90 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Susanna Pasolini. Ortisei, 28 luglio 1955. Ibid. P. 103. 91 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Susanna Pasolini. Roma, Ferragosto 1960. Pier Paolo Pasolini: Lettere 1955- 1975. P. 479. 92 Cfr. Lettera di Pier Paolo Pasolini a Susanna Pasolini. Ortisei, 23 luglio 1955. 93 Cfr. Lettera di Pier Paolo Pasolini a Susanna Pasolini. Roma, Ferragosto 1960. 94 Cfr. Lettera di Pier Paolo Pasolini a Susanna Pasolini. Ortisei, 3 agosto 1955. 95 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Susanna Pasolini. Ortisei, 28 luglio 1955. 31

3.2 Maria Callas

Com’era bella Maria Callas nel pieno della sua maturità artistica! Innamorata ciecamente di Pier Paolo, sicura di redimerlo dalla sua omosessualità a forza d’amore. Volgeva verso di lui i suoi occhi grandi, profondi e sorrideva appagata. «Mariaaa!» la rimproverava lui quando se ne usciva con delle battute infelici sull’Africa. E lei subito taceva, mortificata. Avrebbe voluto sposarlo, mi ha raccontato una notte che abbiamo dormito insieme nella sudicia stanza di un ostello senza ac- qua né luce, e mettere su casa con lui. Era stata così male con Onassis che giudicava rozzo e sgar- bato mentre Pasolini le piaceva per la sua dolcezza…1

Maria Callas nacque a New York nel dicembre del 1923, col nome di Maria Anna Cecilia Sofia Kalogeropoulos.2 I suoi genitori erano Evangelia Dimitriadis e Georges Kalogeropou- los, farmacisti di origine greca giunti da poco negli Stati Uniti,3 i quali avrebbero inizialmente preferito un maschio,4 presumibilmente a causa della prematura scomparsa del primogenito Vasili.5 A causa del relativo disinteresse dei genitori la data esatta della nascita di Maria Cal- las è incerta e oscilla tra il secondo, il terzo e il quarto giorno del mese.6 La lunga e spesso mitizzata carriera da soprano di Maria Callas comincia in Italia, dove la giovane donna si trasferisce alla fine degli anni Quaranta, dopo essere vissuta sia in Grecia che negli Stati Uniti.7 Si esibisce quindi nei teatri di Milano, Venezia, Firenze e Verona, rag- giungendo velocemente il successo.8 Il suo primo marito è Giovanni Battista Meneghini, che la supporta anche economicamente durante i primi anni.9 Nel 1951 avviene la definitiva con- sacrazione artistica della donna all’inaugurazione di stagione alla Scala, dove canta I vespri siciliani.10 Nel 1957 conosce il miliardario greco Aristotele Onassis, per il quale due anni do- po lascerà Meneghini.11 A partire da quel momento, la carriera di Maria Callas subisce un certo declino.12 Nel 1960 dà alla luce un bambino, Omero, che purtroppo muore dopo poche ore.13 Intenzionata a sposare Onassis, rinuncia nel 1966 sia alla cittadinanza americana che a quella naturalizzata italiana, con lo scopo di riottenere quella greca.14 L’armatore tuttavia non

1 Dacia Maraini: La nave per Kobe. Diari giapponesi di mia madre. Milano: BUR 2003. (= Contemporanea.) P. 23-24. 2 Cfr. George Jellinek: Callas. Portrait of a Prima Donna. New York: Dover 1986. P. 4. 3 Cfr. Giandonato Crico: Maria Callas. Roma: Gremese 2000. (= Superstar.) P. 9. 4 Cfr. ibid. 5 Cfr. ibid. 6 Cfr. Renzo Allegri, Roberto Allegri: Callas by Callas. Milano: Mondadori 1997. (= Illustrati. Personaggi.) P. 1936. 7 Cfr. Giandonato Crico: Maria Callas, p. 17. 8 Cfr. ibid, p. 17. 9 Cfr. ibid., p. 13. 10 Cfr. ibid., p. 19. 11 Cfr. ibid., p. 50. 12 Cfr. Ibid., p. 49. 13 Cfr. Gunna Wendt: Meine Stimme verstörte die Leute. Diva assoluta Maria Callas. München: Knaus 2006. P. 210. 14 Cfr. Cristina Gastel Chiarelli: Maria Callas. Vita, immagini, parole, musica. Padova: Marsilio 1995. (= Tasca- bili.) P. 129. 32 desidera ufficializzare la relazione, al contrario si unisce in matrimonio con la vedova Jacque- line Kennedy.15 Questo fatto sarà per Maria Callas, assieme all’incombente declino artistico, la causa di una forte depressione.16 Nel 1969 cercherà di risollevarsi, sotto nuova veste cine- matografica, interpretando il ruolo principale in Medea di Pier Paolo Pasolini, film che tutta- via non avrà grande successo commerciale.17 Tra il 1973 e il 1974 compie l’ultima tournée mondiale col tenore Giuseppe di Stefano.18 L’anno seguente si rivela per lei decisamente disa- stroso a causa della morte sia di Pasolini che di Onassis.19 Il 16 settembre 1977 Maria Callas muore per arresto cardiaco nel suo appartamento parigino.20 Due anni dopo le sue ceneri ven- gono sparse nel mare Egeo.21 Il primo incontro tra Pier Paolo Pasolini e Maria Callas avviene a Parigi il 19 ottobre 1968.22 Fin da subito la soprano scatena nello scrittore una forte fascinazione umana e artistica, tanto che egli decide da subito di scritturarla per il film Medea: “A volte scrivo la sceneggiatura senza sapere chi sarà l’attore. In questo caso sapevo che sarebbe stata la Callas, quindi ho sempre calibrato la mia sceneggiatura in funzione di lei.”23 A colpirlo profondamente è so- prattutto la “barbarie che è sprofondata dentro di lei, che vien fuori nei suoi occhi, nei suoi lineamenti, ma non si manifesta direttamente, anzi, la superficie è quasi levigata, insomma i dieci anni passati a Corinto, sarebbero un po’ la vita della Callas.”24 Nell’aspetto e nella per- sonalità della soprano, in un momento complesso e sofferente della sua esistenza a causa dell’abbandono di Onassis, lo scrittore ritrova l’amato “mondo contadino, greco, agrario,”25 rimasto intatto nonostante l’educazione alla civiltà borghese.26 In un incontro televisivo con , interrogato sulla sua amicizia con la Callas, dichiara: “Mi affascina in lei la vio- lenza totale dei sentimenti. Quando lei prova un sentimento non è il piccolo sentimento me- diocre o trattenuto. Quando prova un sentimento, lo prova totalmente, senza freni: è questa ricchezza sentimentale che mi piace soprattutto in lei.”27 Dacia Maraini, che fa conoscenza

15 Cfr. Giandonato Crico: Maria Callas, p. 65. 16 Cfr. ibid., p. 70. 17 Cfr. ibid., p. 64. 18 Cfr. ibid., p. 69. 19 Cfr. ibid., p. 71. 20 Cfr. Cristina Gastel Chiarelli: Maria Callas. Vita, immagini, parole, musica. P. 145. 21 Cfr. Alfonso Signorini: Troppo fiera, troppo fragile. Il romanzo della Callas. Milano: Mondadori 2009. (= Oscar Bestseller.) P. 282. 22 Cfr. Roberto Chiesi: “Dossier Pasolini 1969-1972”, in: Pasolini sconosciuto. A cura di Fabio Francione. Ales- sandria: Falsopiano 2010. (= Viaggio in Italia.) P. 241. 23 Ibid. 24 Ibid. 25 Ibid. 26 Cfr. ibid. 27 “Terza B facciamo l’appello – Pasolini da Enzo Biagi – Quarta Parte.” Video su YouTube. Pubblicato il 25 giugno 2013 da “Bruno Esposito.” URL: https://www.youtube.com/watch?v=p_uH1X4hwZU [22.10.2018] 7m28s-7m46s. 33 con la soprano in occasione di un viaggio in Africa con Pasolini e Moravia,28 la descrive co- me una persona “complicata e al contempo semplice. [...] Era sensibilissima e molto intelli- gente, ma certo la sua non era una intelligenza sistematica o razionalizzante. In questo era arcaica: pensava che le donne dovessero più accogliere che analizzare, più amare che ragiona- re.”29 Tali ritratti confermano l’indole arcaica e contadina della personalità di Maria Callas, in questo curiosamente simile a Susanna Colussi, e che la renderà “la più grande Medea del XX secolo.”30 La sua parabola autobiografica e sentimentale coincide infatti, su un piano di gioco di specchi, con quella del magico e vendicativo personaggio mitologico: “se Edipo era una controfigura di Pasolini, in Medea «donna antica», al contempo fragile e carismatica, si ritro- vano tratti caratteristici dell’attrice protagonista.”31 Il dramma di Maria Callas, divenuta una celebrità e scissa fra le radici greche e la cittadinanza americana, corrisponderebbe quindi per molti versi al dramma di Medea.32 È presente, nell’incontro tra Pier Paolo Pasolini e Maria Callas, un’altra componente significativa per questo lavoro e che ispirerà fra l’altro il docu- mentario L’isola di Medea,33 uscito nel 2007. Secondo il professore Mauro Ponzi, la soprano sarebbe infatti da includere, accanto a Pina Kalč, Giovanna Bemporad, Silvana Mauri, Elsa Morante e Laura Betti,34 nella “lista di [...] ‘tenere’ amicizie con alcune donne,”35 che intra- prese Pasolini nel corso della sua vita. Tra lo scrittore e la soprano sarebbe dunque nato un profondo affetto, definito da alcuni autori e giornalisti di rotocalchi addirittura come una “vi- cenda d’amore.”36 Questa ipotesi si troverebbe rafforzata anche dallo scatto di alcune fotogra- fie che li ritraggono in aeroporto, mentre si scambiano degli “affettuosi baci sulle labbra.”37 Secondo Dacia Maraini, Pasolini amava la Callas “con trasporto, ma solo di un amore plato- nico.”38 Oriana Fallaci, nella lettera scritta ad epitaffio, analizza il loro rapporto così: I giornali scrivevano che eravate amanti. Lo eravate? So che due volte, nella vita, hai provato ad amare una donna: restandone deluso. Ma non credo che una di queste due donne sia stata Maria. Eravate troppo diversi, troppo divisi esteticamente e psicologicamente e culturalmente. Allo

28 Cfr. Giandonato Crico: Maria Callas, p. 64. 29 Annalisa Serpilli: “Dacia Maraini: «Maria Callas, una diva che rimase bambina». Pubblicato online in: Il Sole 24 Ore, Cultura&Tempo libero, ultima modifica l’11 settembre 2007. URL: https://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2007/09/callas-intervista- maraini.shtml [22.10.2018] 30 Margherita Rubino: “Medea di Pier Paolo Pasolini. Un magnifico insuccesso”, in: Il mito greco nell’opera di Pasolini. Atti del convegno (Udine-Casarsa della Delizia, 24-26 ottobre 2002). A cura di Elena Fabbro. Udine: Forum Editrice Universitaria Udinese 2004. P. 104. 31 Luca D’Ascia: “Poeta in un’età di penuria. Pier Paolo Pasolini al capezzale della tragedia”, in: Il mito greco nell’opera di Pasolini, p. 37. Virgolette nell’originale. 32 Cfr. Poeta in un’età di penuria, p. 37. 33 Cfr. L’isola di Medea, Sergio Naitza, Italia, 2007. 34 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 78. 35 Ibid. Virgolette nell’originale. 36 Ibid., p. 183. 37 Giandonato Crico: Maria Callas, p. 64. 38 Dacia Maraini: La grande festa. Milano: BUR 2012. (= Contemporanea.) P. 7. 34

stesso tempo però sembravate così uniti da una misteriosa complicità. Il mio sospetto è che tu l’avessi adottata come sorella, per farle dimenticare l’abbandono di Aristoteles Onassis. Non ti staccavi mai da lei, l’aiutavi perfino a vestirsi e a spogliarsi. Sulla spiaggia le ungevi le spalle perché il sole non gliele arrossasse. Ai ristoranti subivi ogni suo capriccio. Sempre indulgente, paziente, sereno come un infermiere di Lambaréné.39

Qualunque fosse la natura della loro relazione umana, Leonetti sostiene che tra la personalità della Callas e quella della madre di Pasolini ci fosse qualcosa in comune: “Del loro rapporto personale così dolce Pierpaolo [...] mi accennò una volta: e a me parve di poter cogliere un riferimento a una certa somiglianza con sua madre. Conoscevo bene la madre di Pierpaolo [...]: Susanna era sensibilissima, [...] con viso contadino e aristocratico assieme.”40 Tra le due donne ci sarebbero quindi state delle affinità, che sarebbero state alla base dell’intesa tra lo scrittore e la soprano: “Di fatto, Maria Callas è una persona buona, dolcemente infantile come lo è la madre di Pasolini.”41 Nella loro corrispondenza epistolare, la soprano, che si firma sin- golarmente “Maria (fanciullona),”42 dà sovente dei calorosi consigli allo scrittore, anche in risposta alla disperazione di questi di fronte al matrimonio dell’amico Davoli:

Dipendevi troppo da Ninetto e non era giusto. Ninetto ha il diritto di vivere la sua vita. [...] A- vrei voluto che tu avessi sentito il bisogno di venire da me, passare qualche 5 minuti duri, [...] ma non ne hai sentito il bisogno della mia amicizia e sono addolorata di questo. Ma capisco an- che questa tua reazione. Amico mio vorrei avere tue notizie. [...] Sfogati pure con me, come mi sono sfogata io a te tante volte. T'abbraccio forte con tanto affetto e sono sempre credimi la tua migliore amica (presunzione forse).43

Lo scrittore, dal canto suo, le dedica delle lettere colme di affetto e sentimento: “Tu sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in mille schegge per poter essere rico- struita di una materiale più duraturo di quello della vita, cioè il materiale della poesia.”44 Pro- prio nella produzione poetica trova maggiormente espressione il rapporto, per alcuni aspetti senz’altro definibile amoroso, tra Pasolini e la Callas. All’interno della raccolta Trasumanar e organizzar, che segna l’ultimo ritorno di Pasolini alla poesia, contraddistinta tuttavia per una “assoluta, manifesta, a tratti quasi esibita, noncuranza stilistica,”45 si trovano diverse liriche dedicate alla diva o perlomeno ispirate dalla sua figura. Non solo l’intero ciclo de La città santa rappresenterebbe un canzoniere per Maria Callas,46 ma si troverebbero dei riferimenti

39 Lettera di Oriana Fallaci a Pier Paolo Pasolini. 40 Francesco Leonetti: “Come un corvo può essere corsaro”, in: Pasolini sconosciuto. A cura di Fabio Francione. Alessandria: Falsopiano 2010. (= Viaggio in Italia.) P. 58. 41 Pier Paolo Pasolini e l’amore per la madre, p. 197. 42 Lettera di Maria Callas a Pier Paolo Pasolini, 4 febbraio 1970. Pubblicata online il 4 settembre 2012. URL: http://www.gbopera.it/2012/09/pasolini-callaslamore-impossibile-seconda-parte/ [19.12.2018] 43 Lettera di Maria Callas a Pier Paolo Pasolini, 5 settembre 1971. Ibid. 44 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Maria Callas, 21 luglio 1971. Ibid. 45 Cfr. Trasumanar e organizzar, p. XIV. 46 Cfr. Note di “The selected poetry of Pier Paolo Pasolini. A bilingual edition.” A cura di Stephen Sartarelli. Chicago, Londra: The University of Chicago Press 2014. P. 476. 35 alla cantante greca anche ne La presenza, all’interno dell’ultimo segmento Manifestar, e in Atene, compresa nella sequenza Sineciosi della diaspora. Nella rappresentazione poetica dell’amica Callas si possono indubbiamente cogliere delle affinità con quella della madre fan- ciulla. Entrambe le donne vengono infatti, nella produzione poetica, raffigurate sovente pro- prio durante l’infanzia o la giovinezza. Sarebbe quindi proprio Maria Callas la “ragazza, / che sarà grassa, ed ora è florida, di gran guancia, // e i capelli degni delle antiche nonne venute dall’interno,”47 che non ricorda il nome degli alberi disposti lungo i viali di una passata e bel- lica Atene.48 Un riferimento biografico alla donna si potrebbe ritrovare anche nel litigio con la sorella,49 “che si disprezza da tutta la vita, per ragioni che non si dicono / e che si tengono misteriosamente in cuore; / e la madre.”50 Il verso di chiusura “C’è la guerra; e se le ragazze ridono è perché sono sante –,”51 renderebbe lecito ascrivere gli eventi descritti alla permanen- za ateniese della giovane Callas, durata effettivamente dal 1937 al 1945.52 Il titolo de La presenza si riferirebbe per Walter Siti al concetto antropologico della perdita di presenza, formulato per primo da ne Il mondo magico.53 In questa poesia Maria viene chiamata per nome,54 e la “storia / che in qualche modo era incominciata / e do- veva continuare”55 è la sua. La diva viene raccontata come una “pianta che ha continuamente bisogno d’acqua,”56 una fragile bambina “regina”57 che si arrangia a farsi da madre:58 “Eppure lei, lei, la bambina, / basta che per un solo istante sia trascurata, si sente perduta per sempre; / [...] / non c’è un giorno, un’ora, un istante / in cui lo sforzo disperato possa cessare; / ti ag- grappi a qualunque cosa /facendo venir voglia di baciarti.”59 L’intenzione affettiva cela al suo interno presumibilmente anche una componente erotica, suggerita dal bacio evocato nell’ultimo verso, e corrisponde all’interrogazione dello scrittore circa la propria funzione all’interno del rapporto con la donna, rivelandosi questa a tratti misteriosa anche a lui stesso ed esprimendo la lirica una fondamentale mancanza di fraternità da parte di Pasolini nei con- fronti degli altri uomini: “Io però, Maria, non sono un fratello; / adempio altre funzioni, che

47 Pier Paolo Pasolini: “Atene”, in: Trasumanar e organizzar. Milano: Garzanti 1976. (= I Grandi Libri.) P. 153, vv. 23-25. 48 Cfr. ibid., vv. 4-5. 49 Cfr. Giandonato Crico: Maria Callas, p. 9. 50 “Atene”, vv. 17-20. 51 Ibid., v. 44. 52 Cfr. Giandonato Crico: Maria Callas, p. 10. 53 Cfr. Pier Paolo Pasolini: Tutte le poesie. Volume 2. A cura di Walter Siti. Milano: Arnoldo Mondadori 2003. (= I Meridiani.) P. 1551. 54 Pier Paolo Pasolini: “La presenza”, in: Trasumanar e organizzar. P. 197, v. 22. 55 Ibid., vv. 8-10. 56 Ibid., v. 21. 57 Ibid., v. 31. 58 Cfr. ibid., v. 30. 59 Ibid., vv. 34-45. 36 non so; / non quella della fraternità, / almeno di quella complice / così vicina all’obbedienza e all’eroica inconsapevolezza / degli uomini, tuoi fratelli malgrado tutto, non miei.”60 Il titolo Timor di me?, dato alla prima poesia del canzoniere dedicato alla Callas, si riferisce esplicitamente al recitativo di Leonora nel quarto atto del Trovatore di Verdi,61 che la soprano aveva più volte interpretato durante la carriera.62 Piuttosto che suggerire un nesso tra il sup- plizio di Leonora e la sofferenza personale di Maria Callas, il testo sembrerebbe dare soffe- rente voce all’impossibilità di Pasolini di fare da padre o da amante:63 “Chi c’è, in quel VUOTO DEL COSMO, / che tu porti nei tuoi desideri e conosci? / C’è il padre, sì, lui! / Tu credi che io lo conosca? Oh, come ti sbagli; / come ingenuamente dài per certo ciò che non lo è affatto.”64 Il vuoto cosmico a cui lo scrittore si riferisce è presumibilmente il mondo della paternità e della sessualità eteroerotica, ovvero il “luogo che non ho mai esplorato”65 e che non gli appartiene, di cui Maria Callas al contrario ha fatto esperienza.66 Ella, erompente dalla morte come Dioniso,67 gli porta ripetutamente notizia di questo luogo inesplorato, presentan- dosi allo scrittore sotto forma di una “riapparizione ctonia,”68 ovvero proveniente da un viag- gio compiuto discendendo agli Inferi. Negli Inferi, “o nell’Ombra che precede la vita,”69 si trova la “Donna Adulta,”70 contrapposta in modo naturale alla figura fanciullesca della Callas, “in voce come una giovane figlia avida / che però ha sperimentato la dolcezza.”71 Ella ha “bi- sogno di donare”72 e sorride “[...] al Padre - / quella persona di cui non ho alcuna informazio- ne, / che ho frequentato in un sogno che evidentemente non ricordo.”73 Negli ultimi versi Pa- solini, per di più da sempre in stato di conflitto con le figure paterne,74 esprime in maniera impetuosa, a tratti rabbiosa, tutta la sua frustrazione sentimentale: io fingo di ricevere; / ti ringrazio, sinceramente grato; / Ma il debole sorriso sfuggente / Non è di timidezza; / è lo sgomento, più terribile, ben più terribile / di avere un corpo separato, nei regni dell’essere – / se è una colpa / se non è che un incidente: ma al posto dell’Altro / per me c’è un vuoto nel cosmo / un vuoto nel cosmo / e da là tu canti.75

60 Ibid., vv. 22-27. 61 Cfr. Salvadore Cammarano: Il Trovatore. Dramma in quattro parti. Musica del maestro Giuseppe Verdi. Pado- va: Tipografia Crescini 1863. P. 25. 62 Cfr. The selected poetry of Pier Paolo Pasolini, p. 476. 63 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 122. 64 Pier Paolo Pasolini: “Timor di me?”, in: Trasumanar e organizzar, p. 167, vv. 19-21. 65 Ibid., v. 9. 66 Ibid., v. 8. 67 Enzo Siciliano: Campo de’ fiori. Milano: Rizzoli 1993. P. 144. 68 “Timor di me?”, v. 7. 69 Ibid., v. 35. 70 Ibid., v. 34. 71 Ibid., vv. 40-41. 72 Ibid., v. 53. 73 Ibid., v. 45. 74 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 93. 75 “Timor di me?”, vv. 56-65. 37

Nella successiva poesia Rifacimento, l’avvilimento di Pasolini assume dei toni ancora più violenti e disperati. Qui Maria Callas è “calcolatrice e scoperta fino ai precordi / uccellino con potente voce di aquila / e aquila tremante,”76 “giovinetta,”77 “ragazza semplice divenuta regi- na”78 e, infine, richiamando la curiosa firma della soprano nelle lettere, “grande fanciulla.”79 Ella viene qui incolpata di essere “assetata d’incruente stragi”80 e di portare con se “quell’odor d’oltretomba,”81 di cui si era già riempita nella poesia precedente. Il ritmo dei versi, che assumono quasi la forma di irruenti e disperate giustificazioni, si intensifica a tal punto da giungere alla ripetizione: “per me quel vuoto nel cosmo ci sarà sempre / quel vuoto nel cosmo ci sarà sempre.”82 Molto interessante è in questa poesia anche l’accostamento di Parigi, in quanto città e perciò in naturale contrasto col mondo contadino, all’“esperienza di queste cose eteroerotiche:”83 “La Città mi è estranea; essa sorge sul vuoto.”84 Ne Il sovrano che non vuole avere compagno, oltre a un certo numero di citazioni da I rac- conti di Canterbury di ,85 si ritrovano anche molteplici sguardi e occhi “in- fiammati che non resistono / a star fissi nella luce che inonda, per altri, il mondo,”86 nella “Storia di Donne.”87 Pasolini si raffigura prima come un porcospino, che riabbassa lo sguardo “alla sua cena d’erba,”88 successivamente come un biancospino:89 “Dell’animale, a volte, l’occhio cisposo / bruciato si alza e si fissa / attende; e la pianta si muove al vento freddo.”90 Alla Callas viene contestato di desiderare il “sovrano che non vuole avere compagno,”91 in- tendendo con questo nome il principio del potere della città di Parigi,92 ovvero l’idea di sessu- alità e paternità borghesi, scaturita dalla Rivoluzione francese,93 e che di conseguenza, come lo scrittore ricorda alla donna, “ti ha fatto soffiare di noia / all’idea della lotta di classe.”94 Nell’ultima poesia del ciclo, La baia di Kingstown, si trova ulteriore conferma

76 Pier Paolo Pasolini: “Rifacimento”, in: Trasumanar e organizzar, p. 169, vv. 5-7. 77 Ibid., v. 13. 78 Ibid., v. 24. 79 Ibid., p. 170, v. 55. 80 Ibid., p. 169, v. 13. 81 Ibid., v. 19. 82 Ibid., vv. 46-47. 83 Ibid., v. 23. 84 Ibid., p. 170, vv. 51-52. 85 Cfr. Geoffrey Chaucer: I racconti di Canterbury. Milano: Mondadori 2004. (= Nuovi Oscar Classici.) 86 Pier Paolo Pasolini: “Il sovrano che non vuole avere compagno”, in: Trasumanar e organizzar, p. 171, vv. 17- 18. 87 Ibid., v. 16. 88 Ibid., v. 19. 89 Ibid., vv. 7. 90 Ibid., vv. 8-10. 91 Ibid., p. 172, vv. 30-31. 92 Ibid., v. 39. 93 Cfr. Régine Pernoud: Storia della borghesia in Francia. Dalle origini all’età moderna. Milano: Editoriale Jaca Book 1986. P. 19. 94 “Il sovrano che non vuole avere compagno”, vv. 40-41. 38 dell’appartenenza borghese della figura paterna che Maria Callas cercava invano in Pier Paolo Pasolini: “Egli ti tiene per mano, squattrinato gentiluomo borghese, / e ti conduce per un mondo di fratelli, / che, così, tu puoi distinguere in cattivi e buoni, / e lottare come una bam- bina / prendendo le tue precauzioni per amare, per odiare: / di altro non hai sospetto.”95 La cultura della donna è “paterna; e dunque credi che lo siano tutte. / La tua ingenuità impetuosa, che non conosce smentite, / e come i fanciulli e i selvaggi non crede alle prove.”96 Questa ingenuità corrisponderebbe al non volersi rassegnare alla natura sessuale di Pasolini: “tu ti ostini a sapermi come Lui mi vorrebbe, / perché nulla e nessuno mai ti convincerebbe del con- trario.”97 Come rileva Golino, “l’incalzante successione di «Lui» e di «lui», di «Padre» e di «padre» [...], complicata dal personaggio dello «squattrinato gentiluomo borghese» [...], au- menta l’ambiguità dei riferimenti e moltiplica le estensioni semantiche della figura paterna, dei suoi ruoli e delle sue funzioni.”98 Lo scrittore confida alla donna che è la prima volta che avviene un tentativo di avvicinamento della sua persona all’idea di paternità,99 e dichiara: “Così (ed è la prima volta, ripeto, che mi succede) / i miei occhi prendono in considerazione / «i lombi immondi di donna, di carne d’uomo / non fatta a somiglianza di Dio, preda del ser- pente», / e affabulo d’amore a Psikikò.”100 Se la natura del rapporto tra Pier Paolo Pasolini e Maria Callas si rivela, anche alla luce dell’ultimo sensuale passaggio lirico, inafferrabile e ambigua, diviene assolutamente chiara la profondità dell’apporto artistico e passionale conferito all’opera dello scrittore.

3.3 Elsa Morante

Lei [...] era invece dolce, umana, padrona del proprio pensare, per quanto il suo fondo potes- se essere passionale, viscerale e tempestoso. [...] Gli occhi erano azzurri, come quelli di certi gatti, e obliqui, ora pacifici – fin troppo – ora fiammeggianti ma instabilmente, di una ag- gressività nevrotica e intellettuale. La loro luce illuminava tutta la testa eretta, che assomi- gliava un po’ a quella di certi ragazzi siciliani fotografati al principio del secolo. […] nel suo insieme il viso era il viso di una giovane gatta.101

Elsa Morante nacque a Roma il 18 agosto 1912, da parte di padre siciliano e madre modenese di origine ebraica.102 I dettagli biografici circa la “famiglia strana”103 della scrittrice e poetessa

95 Pier Paolo Pasolini: “La baia di Kingstown”, in: Trasumanar e organizzar, p. 173, vv. 21-26. 96 Ibid., v. 29. 97 Ibid., vv. 60-61. 98 Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 147. Virgolette nell’originale. 99 “La baia di Kingstown”, vv. 53-54. 100 Ibid., vv. 62-63. Virgolette nell’originale. 101 Pier Paolo Pasolini: Petrolio. A cura di Silvia De Laude. Torino: Einaudi 1992. P. 25. 102 Cfr. Rocco Capozzi: “Elsa Morante (1912-1985)”, in: Italian Women Writers. A Bio-bibliographical Source- book. A cura di Rinaldina Russell. Westport, Londra: Greenwood Press 1994. P. 261. 103 Stefania Aphel Barzini: La scrittrice cucinava qui. Milano: Libreria degli Scrittori 2015. P. 163. 39 sono rimasti circondati da un certo mistero fino alla sua morte, avendo ella sempre inteso non rivelare molto della sua vita privata.104 Elsa inizia a scrivere racconti, filastrocche e poesie già durante l’infanzia, e ne pubblica poi alcune, a partire dal 1933, su un certo numero di periodi- ci.105 Nel novembre del 1936 conosce Moravia, col quale si sposa il 14 aprile 1941.106 La coppia frequenterà assieme i maggiori scrittori e intellettuali del periodo, tra i quali Bertoluc- ci, Bassani, Penna, Wilcock e Pasolini.107 Sempre nel 1941 esce anche il suo primo libro, Il gioco segreto. Seguono, negli anni successivi, ulteriori pubblicazioni, tra cui si distingue per rilevanza letteraria il romanzo Menzogna e sortilegio. A partire dagli anni Cinquanta Elsa Morante inizia a interessarsi sempre più intensamente di cinema, anche a causa dell’amicizia con Pasolini; apparirà anche in un cameo nel film Accattone108 e assisterà alla regia di Il Van- gelo secondo Matteo.109 Ella si rivelerà inoltre, almeno fino a Medea,110 una fondamentale consulente musicale per i film di Pasolini, suggerendo ad esempio proprio per il Vangelo una spiazzante colonna sonora, che spazia da Dona Nobis Pacem di Johann Sebastian Bach allo spiritual Sometimes I feel like a Motherless Child.111 Le pubblicazioni che più incidono sul rapporto con Pasolini sono, negli anni seguenti, la raccolta di poesie Alibi, pubblicata nel 1958, la raccolta di racconti Lo scialle andaluso, del 1963 ma apparsa già dieci anni prima su «Botteghe oscure»,112 e il canzoniere Il mondo salvato dai ragazzini, uscito nel 1968. Nel gennaio del 1961, Elsa compie un viaggio in India in compagnia del marito e dello scrit- tore friulano.113 Nello stesso anno ella e Moravia si separano, mettendo così termine a un’intensa relazione amorosa.114 Lui si legò poi con Maraini, ed ella con il pittore americano Bill Morrow, che l’anno seguente si buttò da un palazzo newyorkese.115 Nel 1971 Elsa pub- blicò La storia, nel 1982 Aracolei, dedicato proprio allo scrittore friulano.116 Nello stesso an- no Elsa Morante tentò il suicidio.117 La poetessa muore a Roma il 25 novembre 1985.118

104 Cfr. Elsa Morante (1912-1985), p. 261. 105 Cfr. Donatella La Monaca: Poetica e scrittura diaristica. Italo Svevo, Elsa Morante. Caltanissetta: Sciascia 2005. (= Nuovo Smeraldo.) P. 144. 106 Cfr. Nico Orengo, Tjuna Notarbartolo: Cahiers Elsa Morante. Vol. 2. Salerno: Sottotraccia 1995. P. 107. 107 Cfr. Attilio Bertolucci: Amici, viaggi, incontri. Parma: Monte Università Parma 2003. (= Biblioteca parmi- giana del Novecento.) Pp. 122-125. 108 Cfr. Piero Spila: Pier Paolo Pasolini, p. 121. 109 Cfr. Antonino Repetto: Invito al cinema di Pier Paolo Pasolini. Milano: Ugo Mursia 1998. P. 196. 110 Cfr. Roberto Calabretto: Pasolini e la musica. Pordenone: Cinemazero 1999. P. 489. 111 Cfr. Porta, p. 37. 112 Cfr. Giovanni Bassetti: Verso Colono. Elsa Morante e il teatro. A cura di Benedetto Coccia. Roma: Editrice Apes 2013. P. 30. 113 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 97. 114 Cfr. Giuliano Dego: Moravia in bianco e nero. La vita, le opere, i viaggi. Bellinzona: Casagrande 2008. P. 198. 115 Cfr. Renzo Paris: Pasolini. Ragazzo a vita. Roma: Lit 2015. P. 123. 116 Cfr. Porta, p. 96. 117 Cfr. Cahiers Elsa Morante, p. 109. 40

L’ammirazione di Pier Paolo Pasolini per Elsa Morante ha inizio già nel 1953, anno nel quale egli legge Lo scialle andaluso, raccomandando poi l’opera in una lettera allo scrittore sicilia- no Sciascia.119 Il primo incontro si deve quindi collocare negli anni immediatamente succes- sivi, nei quali Pasolini, come abbiamo visto, entra nell’ambiente culturale romano.120 In una lettera del 1955, egli annuncia l’intenzione di invitare a cena dai genitori la scrittrice e il mari- to: “Prima di tutto la mamma faccia l’esame di coscienza e veda se si sente di affrontare con calma il nuovo tour de force. Poi, il babbo deve telefonare subito a Elsa Morante a chiedere se per domenica sera lei e Moravia sono liberi e disponibili.”121 Durante gli anni Sessanta la fre- quentazione si fa assidua, culminando nel viaggio in India del 1961.122 Sono presenti diverse affinità tra i due scrittori, prima di tutte l’amore per i ragazzini sottopro- letari123 e il culto del reale: “L’opposizione principale nell’opera di Pasolini è tra realtà e irre- altà. Il concetto di realtà gli viene in buona parte da Elsa Morante. [...] Così per la Morante e per Pasolini, schematicamente, è innanzitutto «reale» la vita [...], mentre è invece «irreale» il potere.”124 Proprio come la scrittrice coglie nella società di allora un’aspirazione a quella che definisce un’immonda irrealtà, dichiarando “Contro la bomba atomica non c’è che la real- tà,”125 anche in una poesia pasoliniana, intitolata proprio La realtà, si trova un messaggio molto simile: “Solo un mare di sangue può salvare, / il mondo, dai suoi borghesi sogni desti- nati // a farne un luogo sempre più irreale!”126 Si può inoltre cogliere, nell’incipit della lirica Il pianto della scavatrice, un ulteriore omaggio alla Morante: “Solo l’amare, solo il conoscere / conta, non l’aver amato, / non l’aver conosciuto,”127 essendo questi versi chiaramente ispirati alla precedente enunciazione morantiana “Solo chi ama conosce. Povero chi non ama!”128 A Elsa Morante lo scrittore dedicherà non solo la raccolta poetica La religione del mio tem- po,129 uscita nel 1961, ma anche, in poesie appartenenti a periodi diversi, un certo numero di

118 Cfr. Elsa Morante (1912-1985), p. 261. 119 Cfr. Walter Siti: “Elsa Morante and Pier Paolo Pasolini”, in: Under Arturo’s Star. The Cultural Legacies of Elsa Morante. A cura di Stefania Lucamante e Sharon Wood. West Lafayette: Purdue University Press 2006. P. 268. 120 Cfr. ibid. 121 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Susanna Pasolini. Bari, 18 gennaio 1955. Pier Paolo Pasolini: Lettere 1955- 1975. P. 13. 122 Cfr. Pier Paolo Pasolini e l’amore per la madre, p. 187. 123 Cfr., ad esempio, Elsa Morante: La storia. Torino: Einaudi 2005. (= Super ET.) 124 Porta, p. 93-95. Virgolette nell’originale. 125 Elsa Morante: Pro o contro la bomba atomica e altri scritti. Milano: Adelphi 1987. P. 117. 126 Pier Paolo Pasolini: “La realtà”, in: Poesia in forma di rosa. Milano: Garzanti 2001. P. 51, vv. 383-385. 127 Pier Paolo Pasolini: “Il pianto della scavatrice”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Le ceneri di Gramsci. P. 243, v.1-3. 128 Elsa Morante: “Alibi”, in: Opere. Vol. I. A cura di Carlo Cecchi e . Milano: Mondadori 1988. (= I Meridiani.) P. 1392, v. 1. 129 Cfr. frontespizio di: Pier Paolo Pasolini: La religione del mio tempo. Milano: Garzanti 2015. (= Gli Elefanti. Poesia Cinema Teatro.) 41 versi. A partire dal 1964, tuttavia, si intensificano rapidamente alcuni contrasti tra i due poeti, ruotanti in gran parte attorno a un ulteriore elemento viscerale nell’opera di entrambi: l’avversione per la borghesia e per il neocapitalismo.130 Dopo la lettura della raccolta Poesia in forma di rosa, la Morante compone il Madrigale in forma di gatto, essendo quello felino un importante simbolo del loro codice comunicativo,131 col quale accusa Pasolini di “passione di sé,”132 di “pregiudizi di casta”,133 di “alibi storicistico”134 e, ancora più duramente, di “adora- zione ai padri farisei.”135 Proprio questa presunta sottomissione ideologica dello scrittore al “potere dei padri”136 e, quindi, alla società capitalistico-borghese, verrà messa in primo piano a causa del mancato pagamento, da parte della compagnia di produzione cinematografica Ar- co Film, di alcuni amici della poetessa che avevano partecipato a Il Vangelo secondo Matteo:

È chiaro che aspettarsi un simile rispetto da parte di quegli immondi stronzi dell’Arco Film era utopistico, per non dire cretino, giacché loro non rispettano che la merda [...]. Almeno avrei vo- luto che tu, con la tua autorità, gli facessi almeno mettere il muso nella merda loro, almeno per un momento […]. L’ombra che tu dici sulla nostra amicizia lo sai benissimo non è il debito tuo, che fra l’altro non esiste; ma ‹‹l’adorazione ai Padri Farisei›› come ti avevo già scritto nella po- esia. Ma non è vero che questa è la prima volta che c’è quest’ombra.137

Nella poesia Coccodrillo, Pasolini risponderà così alle suddette accuse morantiane di compli- cità, ricollegandosi nuovamente anche alla sfera semantica della figura paterna, già presente, come si è visto, nelle liriche alla Callas: “I borghesi erano ubriachi. [...] / Sì, Elsa, li odiavo perché li amavo, hai ragione. / Ma io amavo in loro l’uomo. Quando ero piccolo / come face- vo a fare certe distinzioni? / [...] / Non lo sapevo neanche, naturalmente, / che ero la vittima che amava il suo persecutore.”138 Proprio questo aspetto di “ambivalenza neurotica”139 nei confronti della borghesia, rilevato dalla scrittrice in Pasolini, si rileverà motivo di scontro, culminato a partire dal 1969 nell’interruzione dei contatti.140

130 Cfr. Silvestra Mariniello: “Teorema, Porcile e Salò. Il potere e le società storiche.”, in: Pier Paolo Pasolini. In Living Memory. A cura di Ben Lawton e Maura Bergonzoni. Washington: New Academia Publishing 2009. P. 164. 131 Cfr. Hanna Serkowska: “Arturo in the world of the Pharisee Fathers. The Cinematic Adaption of Arturo’s Island”, in: Elsa Morante’s Politics of Writing. Rethinking Subjectivity, History, and the Power of Art. A cura di Stefania Lucamante. Madison, Teaneck: Fairleigh Dickinson University Press 2015. P. 151. 132 Elsa Morante: “Madrigale in forma di gatto”. Pubblicato online il 7 agosto 2013 in Molteniblog, sul sito del Centro Studi di Casarsa della Delizia. URL: http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/molteniblog/due- poesie-di-elsa-morante-per-ppp/ [24.10.2018] V. 4. 133 Ibid., v. 10. 134 Ibid. 135 Ibid., v. 11. 136 Concetta D’Angeli: Leggere Elsa Morante. Arcoeli, la storia e il mondo salvato dai ragazzini. Roma: Carocci 2003. (= Lingue e letterature Carocci.) P. 25. 137 Lettera di Elsa Morante a Pier Paolo Pasolini. Pier Paolo Pasolini: Lettere 1955-1975. Pp. LXXXIX-XC. Virgolette nell’originale. 138 Pier Paolo Pasolini: “Coccodrillo”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse II. P. 2089, vv. 126-130. 139 Under Arturo’s Star, p. 288. Traduzione dall’inglese: Riccardo Schöfberger. 140 Cfr. Elsa Morante and Pier Paolo Pasolini, p. 280. 42

Lo scrittore sottolineerà il ruolo morantiano di "Regina Esigente"141 nelle Poesie in una lin- gua inventata, nella prima delle quali annuncia il progetto di pubblicare una lirica “dedicata a Elsa Morante, il cui tema è la delusione che io le ho dato non decidendomi a diventare né un santo né un grande poeta.”142 Pasolini intende forse riferirsi al racconto de Lo scialle andalu- so, in cui un figlio ha il desidero della santità, a cui rinuncerà per l’amore della madre,143 es- sendo questa “convinta che lui sia destinato a qualcosa di grande.”144 I contatti tra i due scrit- tori, nonostante l’allontanamento personale, rimangono quindi ancora intensi attraverso la poesia, recensendo Pasolini ad esempio la raccolta morantiana Il mondo salvato dai ragazzini tramite ben due liriche, pubblicate in Trasumanar e organizzar nel 1971. Nella prima ella viene descritta come una “nonna-bambina,”145 “meravigliosa”146 ma “testarda come un’asina,”147 redattrice tuttavia di un libro che “ha la GRAZIA.”148 Nella seconda, Pasolini invita i contestanti universitari di quegli anni a leggere “le poesia della nonna, / è l’ultima occasione culturale della vostra vita!”149 Aggiunge, alquanto simbolicamente per il discorso sulla figura paterna: “Cari studenti medi, non ho voluto essere padre, / ma non mi rifiuto, lo confesso, di essere nonno,”150 e conclude: “Comunque il nonno vi guarda con amore. / An- diamo a fare una partitella a pallone nei prati dietro alla Fiat? / La nonna sta a casa. A Via dell’oca. Ma sa tutto.”151 Nella stessa lirica Elsa, oltre a nonna, è anche una “madre idealizza- trice e piena di certezza,”152 dimostrandosi inoltre “stilista castissima,”153 a cui lo scrittore chiede: “Elsa, Elsa mia, / che ne è di noi? Dico delle nostre attuali persone, / che pur son vi- venti, presenti e vive... / [...] / I nostri corpi, Elsa, stracci bagnati, malamente caldi / sotto i vestiti che ci siamo visti tante volte, / già putrefatti nel sogno delle cene romane.”154 Ella ri- sponderà con una lettera in versi, dimostrando nuovamente una profonda stima del lavoro poetico pasoliniano:

141 Walter Siti: “Elsa Morante nell’opera di Pier Paolo Pasolini”, in: Vent’anni dopo la storia. Omaggio a Elsa Morante. A cura di Concetta D’Angeli e Giacomo Magrini. Pisa: Giardini 1995. (= Studi Novecenteschi.) P. 142. 142 Pier Paolo Pasolini: “Poesie in lingua inventata”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse II. A cura di Graziella Chiarcossi e Walter Siti. Milano: Garzanti 1993. P. 2095. 143 Cfr. Elsa Morante nell’opera di Pier Paolo Pasolini, p. 147. 144 Elsa Morante: “Lo scialle andaluso”, in: Opere. Vol. I. A cura di Carlo Cecchi e Cesare Garboli. Milano: Mondadori 1988. (= I Meridiani.) P. 1578. 145 Pier Paolo Pasolini: “Il mondo salvato dai ragazzini”, in: Trasumanar e organizzar. P. 29, v. 69. 146 Ibid., p. 34, v. 186. 147 Ibid., p. 27, v. 8. 148 Ibid., p. 29, v. 67. 149 Pier Paolo Pasolini: “Il mondo salvato dai ragazzini (continuazione e fine)”, in: Trasumanar e organizzar, p. 42, vv. 172-173. Le poesia nell’originale. 150 Ibid., p. 41, vv. 154-155. 151 Ibid., p. 43, vv. 200-202. 152 Ibid., p. 37, v. 42. 153 Ibid., p. 38, v. 60. 154 Ibid., p. 41, vv. 135-141. 43

Il tuo libro è disperato-beato perché sì. Dentro / c’è Pier Paolo / e Ninetto e Maria e pure Elsa / (benché solo l’Elsa che tu vuoi conoscere / e cioè dico la pura la / inconcussa Oh Dio / essa è concussa e invece impura / [...] / e hai ragione. BADA! HAI RAGIONE!! / ? Forse il solo modo di farli esistere (gli altri) / È questo: il tuo).155

Quando, nello stesso 1971, Ninetto deciderà di unirsi in matrimonio con la fidanzata, causan- do una profonda crisi nello scrittore,156 Elsa Morante prenderà le parti del futuro sposo, soste- nendo che “a ventitré anni un ragazzo ha / diritto ad avere una ragazza. Ma è questo che ango- scia / chi non ha mai dato a una ragazza il suo seme.”157 La feroce accusa verrà poi elaborata in una poesia di Pasolini, il quale, secondo Siti, “nel momento in cui deve confessare la scon- fitta del proprio vitalismo, proietta sulla Morante il fantasma di Madre Consolatrice.”158

È vero che l’amore dev’essere santo / Elsa aveva ragione, e altro non si deve volere / che la feli- cità di chi si ama. Ma è vero anche / che non c’è diritto a cui non si opponga un dovere. / [...] / Elsa non ha capito certamente che / io potevo morire; o che ero così debole da desiderare / d’essere consolato, o trattenuto come un pazzo.159

Secondo il critico Franco Fortini, tutto l’ultimo Pasolini andrebbe “letto come una sorta di dialogo con la Morante.”160 Anche in Petrolio, effettivamente, si trovano dei chiari riferimenti alla poetessa,161 uno dei quali è stato citato al principio di questo capitolo. Tre mesi dopo la morte di Pasolini, Elsa Morante scriverà una straziante lirica rimasta tuttora inedita e conser- vata presso l’archivio Morante della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma:162

Ma in verità in verità in verità / quello per cui tu stesso ti credevi un diverso / non era la tua vera diversità. / La tua vera diversità era la poesia. / È quella l’ultima ragione del loro odio / perché i poeti sono il sale della terra / e loro vogliono la terra insipida. / In realtà, LORO sono contro- natura. / E tu sei natura: Poesia cioè natura. / [...] / [...] Io spero / che un’ultima sola grazia ter- rena / ti resti ancora – per poco – / ossia ridere e sorridere. Che tu di là dove sei / – ma per poco ancora – di là, dal Nessun Posto / dove ti trovi ora di passaggio – / che tu sorrida e rida dei loro profitti e speculazioni e rendite accumulate / e fughe dei capitali e tasse evase / e delle loro car- riere ecc. / Che tu possa riderne e sorriderne per un attimo / prima di tornartene / al Paradiso.163

Questi versi, da leggersi come un’elaborazione e conclusione del tormentato rapporto della scrittrice romana con Pasolini, danno una definitiva riprova della profonda stima e dell’affetto che la legavano, nonostante tutto, allo scrittore friulano.

155 Lettera di Elsa Morante a Pier Paolo Pasolini. Pier Paolo Pasolini: Lettere 1955-1975. Pp. CXXXVI- CXXXVII. 156 Cfr. Invito al cinema di Pier Paolo Pasolini, p. 51. 157 Come riporta Pier Paolo Pasolini nella poesia “82”, in: Tutte le poesie. Volume 2. Raccolte minori e inedite. A cura di Walter Siti. Milano: Arnoldo Mondadori 2003. (= I Meridiani.) P. 1202, vv. 12-14. 158 Elsa Morante nell’opera di Pier Paolo Pasolini, p. 143. 159 Pier Paolo Pasolini: “84”, in: Tutte le poesie. Volume 2. Raccolte minori e inedite. A cura di Walter Siti. Milano: Arnoldo Mondadori 2003. (= I Meridiani.) P. 1204, vv. 1-7. 160 Franco Fortini: Attraverso Pasolini. Torino: Einaudi 1993. (= Einaudi Contemporanea. 20.) P. 240. 161 Cfr. Elsa Morante and Pier Paolo Pasolini, p. 283. 162 Cfr. Elsa Morante: “A P.P.P. In nessun posto”. Pubblicata online il 7 agosto 2013 in Molteniblog. URL: http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/molteniblog/due-poesie-di-elsa-morante-per-ppp/ [24.10.2018] 163 Ibid., vv. 33-56. 44

3.4 Laura Betti

È invecchiata e morta: ma son sicuro che nella sua tomba ella si sente bambina. Ella è cer- tamente fiera della sua morte, considerandola una morte speciale.164

Il passaggio sopraccitato è tratto da uno scherzoso e naturalmente fittizio necrologio per Laura Betti, redatto da Pier Paolo Pasolini nel 1971: “«Sentiamo che direbbe un testimone nel 2001, costretto a fare un necrologio di Laura Betti.»”165 La cantante, attrice e regista,166 nata a Casa- lecchio di Reno il primo maggio del 1927 col vero nome di Laura Trombetti,167 morirà in re- altà solo il 31 luglio 2004, ovvero tre anni dopo l’anticipazione pasoliniana.168 Laura Betti esordì nel mondo dello spettacolo nel corso degli anni Cinquanta come cantante jazz,169 proseguendo poi la carriera come attrice teatrale e cinematografica, apparendo in sva- riate opere di Fellini, Visconti e, naturalmente, di Pasolini.170 Il primo film del regista friulano a cui partecipò fu La ricotta, del 1963. Successivamente ricoprì dei ruoli anche in Edipo Re, Che cosa sono le nuvole?, Teorema, Porcile e ne I racconti di Canterbury.171 L’interpretazione della serva Emilia in Teorema le valse la Coppa Volpi come migliore attrice al Festival di Venezia.172 Dopo la morte di Pasolini, si dedicò al mantenimento della sua me- moria con la fondazione, nel 1980, dell’associazione romana Fondo Pier Paolo Pasolini173 e, nel 2003, del Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini alla Cineteca di Bologna.174 Ha inol- tre girato il documentario Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno, uscito nel 2001.175 Il carattere di Laura Betti, soprannominata sui rotocalchi “la Giaguara capace di tutto,”176 se è stato più volte qualificato come difficile, ruvido, addirittura sadico,177 viene descritto da Paso- lini, sempre nel suo ipotetico Necrologio, in ben altri termini:

Facendo di lei un esame superficiale, molti le attribuirono in vita una volontà provinciale di de- gradazione degli idoli. No, non era soltanto il sadismo di una provinciale che giunta nel Centro

164 Pier Paolo Pasolini: “Necrologio di Pier Paolo Pasolini su una certa Laura Betti”, prefazione a: Laura Betti: Teta veleta. Milano: Garzanti 1979. P. 5. 165 Ibid., sottotitolo. Virgolette nell’originale. 166 Cfr. Santino Salerno: A Leonida Répaci. Dediche dal ’900. Soveria Mannelli: Rubbettino 2003. P. 324. 167 Cfr. ibid. 168 Cfr. Harris M. Lentz III: Obituaries in the Performing Arts, 2004. Film, Television, Radio, Theatre, Dance, Music, Cartoon and Pop Culture. Jefferson, Londra: McFarland&Company 2005. P. 43. 169 Cfr. ibid. 170 Cfr. ibid. 171 Cfr. Obituaries in the Performing Arts, p. 43. 172 Cfr. A Leonida Répaci, p. 324s. 173 Cfr. Luigi Martellini: Ritratto di Pasolini. Bari: Laterza 2006. (= Universale Laterza. 862.) P. 226. 174 Cfr. Sito online del Centro Studi Archivio Pasolini. URL: http://www.cinetecadibologna.it/archivi-non- film/pasolini [25.10.2018] 175 Cfr. Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno, Laura Betti e Paolo Costella, Italia, 2001. 176 Fulvio Abbate: Pasolini raccontato a tutti. Milano: Baldini&Castoldi 2014. (= 18/56.) P. 164. 177 Cfr., ad esempio, Emanuele Trevi: Qualcosa di scritto. La storia quasi vera di un incontro impossibile con Pier Paolo Pasolini. Milano: Adriano Salani 2012. (= Ponte alle Grazie.) Pp. 3-6. - Cfr., anche, Pasolini racconta- to a tutti, P. 159-169. 45

dove abitano gli idoli, prova il piacere di profanarli e di dissacrarli [...]. Ma non era ambiguità [...]. Il suo gioco era chiaro come il sole.178

Aggiunge, inoltre: “Ella [...[ si è messa sul volto una maschera inalterabile di pupattola bion- da; (ma: «attenti, dietro la pupattola che ammette di essere con la sua maschera, c’è una tragi- ca Marlene, una vera Garbo»).”179 La “vulcanica e ingovernabile”180 attrice emiliana, che se- condo Emanuele Trevi sarebbe stata “fermamente, incontrollabilmente convinta di essere l’unica persona al mondo ad aver compreso P.P.P. – l’uomo, e la sua opera multiforme,”181 fu probabilmente una delle figure femminili più significative nella vita di Pasolini.182 Delle don- ne che coltivarono un rapporto intimo con lo scrittore, fu “certamente la più vicina, quella che con lui condivise tutti i momenti di una vita contrassegnata da difficoltà, aggressioni morali, incomprensioni, processi.”183 In un’intervista apparsa tre anni dopo la morte dello scrittore, dichiara: “Ho conosciuto Pier Paolo nel '57. Ci siamo subito fidanzati, poi sposati. Io sostene- vo che sarei poi diventata il bastone della sua vecchiaia [...].”184 L’affetto, presumibilmente amoroso, di Laura Betti per Pasolini rimarrà costante nel corso della vita dell’attrice:

Laura Betti, vedova Pasolini, ha voluto molto bene al suo Pier Paolo. Sempre lo chiamava per nome, anche con gli estranei, con coloro che non avevano avuto modo di incontrarlo da vivo [...]. Si riteneva appunto la donna, la moglie, l’amante, sì, la moglie legittima, ufficiale, carnale, e dunque la Vedova, di Pasolini. Infatti, lo era diventata. Per definizione, per pubblica acclama- zione, per editto, per determinazione personale.185

Lo scrittore, che a partire dalla giovinezza si è quasi ininterrottamente dedicato anche alla “pratica [...] della pittura,”186 ha ritratto l’amica in diverse occasioni, operando come per la Callas una “ricerca di effetti raffinatissimi nella scelta dei materiali,”187 dimostrando anche in questo campo il profondo interesse per la personalità e l’aspetto fisico dell’attrice. Il rapporto tra l’attrice emiliana e Pasolini si contraddistingue per la profonda stima reciproca e per un peculiare spirito ironico e scherzoso presente nella sua elaborazione letteraria.

178 “Necrologio di Pier Paolo Pasolini su una certa Laura Betti”, p. 7. Virgolette nell’originale. 179 Ibid., p. 6. 180 Antonella Pierangeli: “Qualcosa di scritto, Laura Betti e le macerie di una catastrofe annunciata. Una lettura a fari spenti, fra ermeneusi e ricordanze, dell’ultimo libro di Emanuele Trevi”, in: Critica Impura. Letteratura, Filosofia, Arte e Critica Globale. Pubblicato online il 31 luglio 2012. URL: https://criticaimpura.wordpress.com/2012/07/31/qualcosa-di-scritto-laura-betti-e-le-macerie-di-una-catastrofe- annunciata-una-lettura-a-fari-spenti-fra-ermeneusi-e-ricordanze-dellultimo-libro-di-emanuele-trevi/ [26.10.2018] 181 Qualcosa di scritto, p. 12. Corsivo nell’originale. 182 Cfr. Angela Molteni: “La figura femminile secondo Pasolini”, in: Pagine Corsare. La Saggistica. Pubblicato online il 7 marzo 2012. URL: http://pasolinipuntonet.blogspot.com/2012/03/la-figura-femminile-secondo- pasolini.html [26.10.2018] 183 A Leonida Répaci, p. 324. 184 Laura Betti: “Laura Betti ricorda”, in: Panorama. 8 novembre 1977. Pubblicato online da Salvatore Lo Leggio il 10 febbraio 2012. URL: http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2012/02/una-coppia-normale-laura-betti- parla.html [26.10.2018] 185 Pasolini raccontato a tutti, p. 164. 186 “Una passione per immagini”, p. 43. 187 Ibid., p. 46. 46

4 La passione di Pier Paolo Pasolini

Non illuderti: la passione non ottiene mai perdono. Non ti perdono neanch’io, che vivo di passione.1

Innanzitutto il termine. Dal momento che quello della passione è un concetto ricorrente e cen- trale nel lessico pasoliniano, occorre confrontarsi con il significato che assume nell’uso e nell’opera dello scrittore, per poi riversarlo nel contenuto e nella struttura del presente capito- lo. Esiste una raccolta saggistica di Pier Paolo Pasolini che colpisce in particolar modo da questo punto di vista, a cominciare già dal titolo: Passione e ideologia.2 La prospettiva di un lettore che, accostandosi al suddetto libro, vi avrebbe scoperto con una certa sorpresa degli studi sulla poesia dialettale italiana, Pasolini l’aveva considerata, e infatti tiene a spiegare:

«Passione e ideologia»: questo e non vuole costituire un’endiadi (passione ideologica o appas- sionata ideologia), se non come significato appena secondario. [...] Vuol essere invece, se non proprio avversativo, almeno disgiuntivo: nel senso che pone una graduazione cronologica: «Prima passione e poi ideologia», o meglio «Prima passione, ma poi ideologia». [...] La passio- ne, per sua natura analitica, lascia il posto all’ideologia, per sua natura sintetica...3

Questa successione assieme temporale e attitudinale di passione e ideologia si rafforza anche in virtù di alcuni momenti biografici. In primo luogo, si potrebbero leggere sotto questa luce i motivi che, nella giovinezza, spinsero Pasolini ad aderire all’ideologia marxista, come spiegò all’intervistatore Halliday: “[...] ha ragione a dire che prima ho aderito al comunismo e poi ho abbracciato il marxismo, ma occorre rettificare la frase dicendo che prima ho militato coi co- munisti e poi ho aderito al marxismo.”4 In un passaggio precedente, sottolineò come questa militanza politica venne inizialmente alimentata soprattutto da emotività e istinto,5 ovvero da elementi passionali. Come rileva in maniera esplicativa il critico Asor Rosa, in Pasolini

il primo movimento d’interesse verso un oggetto, anche culturale, è di natura sempre passionale, quasi fisica; l’intelligenza, che del resto in lui è vivissima, segue: nei casi peggiori resta ancilla- re rispetto alla suggestione sensuale da cui è stata mossa; nei casi migliori, essa si assume il compito di sistemare i risultati di quel primo approccio in quadri definiti e sensati, che arrivano fino a dare una sistemazione storica di quel fenomeno o gruppo di fenomeni [...].6

Ciò è osservabile, in secondo luogo e forse in una delle sue forme più proficue e significative, nell’elaborazione ideologica e letteraria sia del mondo contadino friulano che del trauma7

1 Pier Paolo Pasolini: “A Chiaromonte”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. La religione del mio tempo. A cura di Graziella Chiarcossi e Walter Siti. Milano: Garzanti 1993. P. 548, vv. 1-2. 2 Pier Paolo Pasolini: Passione e ideologia. Milano: Garzanti 2009. (= Garzanti Novecento.) 3 Ibid., p. 543. Corsivo e virgolette nell’originale. 4 Pasolini su Pasolini, p. 35s. 5 Cfr. ibid., p. 34. 6 Alberto Asor Rosa: Prefazione a Passione e ideologia. P. VIIs. 7 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 42. 47 subito a Roma, venendo a contatto con la realtà sociale del sottoproletariato nelle borgate. Riguardo alla prima esperienza dichiarò: “Non appena giunsi a vedere un altro tipo di mondo, naturalmente il mio fu messo in crisi. Quando mi accorsi che i contadini friulani esistevano e che la loro psicologia, educazione, mentalità, anima, sessualità erano del tutto diverse, il mio mondo si infranse.”8 Ugualmente, nelle periferie della capitale lo scrittore si gettò “in un mondo socialmente del tutto diverso da quello cui ero abituato, che mi costrinse a essere o- biettivo nei suoi confronti, mi costrinse a farne una diagnosi marxista.”9 Da tali conferme del- la natura prima emotiva e poi ideologica del pensiero di Pasolini si potrebbe dedurre che an- che la sua stessa scrittura nasca da una o più pulsioni vitali, elaborate poi in forma letteraria e cinematografica, mantenendosi tuttavia sempre sottilmente o dichiaratamente ideologica. Walter Siti, in un articolo in cui elenca sei diverse componenti del “mito Pasolini,”10 ipotizza l’esistenza di un Pasolini appartenente ai letterati italiani e uno che, piuttosto, “appartiene a un microcapitolo di storia delle religioni,”11 ovvero alla cultura mitologica di massa.12 Per essa, infatti, l’opera e l’immagine di Pasolini combacerebbero ad esempio col mito del “coraggio delle proprie idee, fino alla morte”,13 dell’”omosessualità esemplare”14 e, di particolare rile- vanza per il presente discorso, della “prova che basta la passione per capire.”15 Proprio quest’ultima componente, se confrontata con la successione cronologica dei due elementi suggerita dallo stesso Pasolini, si rivelerebbe dunque soltanto parziale, escludendo quindi il fondamentale risultato ideologico. Tralasciando tuttavia l’aspetto decisamente polemico della questione sollevata da Siti, è comunque interessante osservare come nello stesso articolo, in un passaggio analizza certe qualità profetiche attribuite allo scrittore,16 il critico sottolinei che, se Pasolini “ha visto con straordinaria precocità cose che stavano già accadendo, e le ha viste con quella chiarezza e quella prontezza,”17 era “perché per lui non erano solo dati sociologici, erano questione di vita o di morte.”18 Questo fatto confermerebbe comunque, ancora una vol- ta, il moto passionale e conoscitivo che sta alla radice dell’opera e della vita di Pasolini. Occorre inoltre, prima di avventurarsi in un’osservazione passionale dell’autore e dei suoi scritti, tenere sempre in considerazione che “nella vita di Pasolini tutto è contraddizione: era

8 Ibid., p. 41. 9 Ibid. 10 Walter Siti: “Il mito Pasolini”, in: MicroMega. A cura di Paolo Flores d’Arcais. Fascicolo n. 6 (2005). Roma: GEDI. Pp. 135-138. 11 Ibid., p. 138. 12 cfr. “Orfani o carnefici di Pasolini?”, p. 46. 13 “Il mito Pasolini”, p. 135. 14 Ibid. 15 Ibid., p. 137. 16 Cfr. ibid., p. 136. 17 Ibid. 18 Ibid. 48 comunista ma amava la , [...] era estraneo alla società letteraria ma smaniava per vincere lo Strega; conduceva un’esistenza trasgressiva e scandalosa al posto di un’esistenza sana e normale a cui segretamente aspirava.”19 È senz’altro utile indagare se tali contraddizio- ni sono presenti, chiaramente non in accezione negativa ma puramente oggettiva, anche nella sua vita passionale, amorosa ed erotica, nella quale l’abbandono sessuale corrisponde in modo naturale a una forma di libertà20 e le passioni carnali vengono liberate da qualsiasi struttura normativa.21 Proprio quello dell’erotismo è uno degli aspetti e una delle tematiche centrali nell’opera pasoliniana: “Per me l’erotismo nella vita è una cosa bellissima, e anche nell’arte. È un elemento che ha diritto di cittadinanza in un’opera come qualsiasi altro.”22 Secondo la studiosa tedesca Scharold, l’eros e la sessualità corrisponderebbero in Pasolini, assieme all’elemento fisico della malattia e della morte, a una costante analisi della società e della re- altà.23 A una conclusione simile giunge anche La Porta, il quale vi collega inoltre il concetto della bellezza, intesa in un’accezione tipica in Pasolini:

Si potrebbe dire che tutta l’opera pasoliniana quasi nasconde la meraviglia indifesa di fronte alla bellezza della realtà in una luce [...] «dilagante», a cui non si riesce a dare veramente espressio- ne. [...] Non c’è immagine di bellezza nell’opera pasoliniana che possa prescindere da un’immagine di morte, di disfacimento o decomposizione, da Amado mio fino alla stessa Trilo- gia cinematografica. Perché? [...] La bellezza contiene fatalmente il suo contrario, così come la vita contiene la morte, ha a che fare sempre con le radici più profonde – buie, spaventose – dell’essere.24

Così come alle suddette profonde radici dell’essere non possono che coincidere, almeno par- zialmente, gli impeti passionali, alla sopraccitata logica dei contrari non può che appartenere anche la dicotomia di purezza e peccato, assolutamente dominante nell’opera e nella vita dello scrittore, caratterizzate come sono “da una tensione tra la volontà di ristabilire una giustizia sociale e la sensazione del peccato, la ‘necessità’ di trasgredire, di ‘dare scandalo’ come era solito dire, per affermare paradossalmente la sua fede religiosa.”25 Mauro Ponzi parla in que- sto frangente di una teologia negativa, basata sulla personale lettura dei Vangeli,26 la quale si esprimerebbe in una “paradossale ricerca della salvezza attraverso il peccato.”27 Tale compo-

19 Porta, p. 9. 20 Cfr. “L’esposizione della carne”, p. 71. 21 Cfr. ibid. 22 “Terza B facciamo l’appello – Pasolini da Enzo Biagi – Quarta Parte.” Video su YouTube. Pubblicato il 25 giugno 2013 da “Bruno Esposito.” URL: https://www.youtube.com/watch?v=p_uH1X4hwZU [22.10.2018] 2m20s-2m30s. 23 Cfr. Irmgard Scharold: “...come una cateratta – Der Strom des Begehrens”, in: Corpi/Körper. Körperlichkeit und Medialität im Werk Pier Paolo Pasolinis. A cura di Peter Kuon. Francoforte sul Meno: Peter Lang 2001. P. 146. 24 Porta, p. 22. Corsivo nell’originale. 25 Pasolini e Fassbinder, p. 67. Virgolette nell’originale. 26 Cfr. ibid. 27 Ibid. 49 nente viene sostenuta anche nel necrologio redatto dall’amica Oriana Fallaci e collegato ne- cessariamente alla morte violenta del poeta:28

Nessun prete mi ha mai parlato, come te, di Gesù Cristo e di san Francesco. Una volta mi hai parlato anche di sant’Agostino, del peccato e della salvezza come li vedeva sant’Agostino. È stato quando mi hai recitato a memoria il paragrafo in cui sant’Agostino racconta di sua madre che si ubriaca. Ho compreso, in quell’occasione, che cercavi il peccato per cercare la salvezza, certo che la salvezza può venire solo dal peccato, e tanto più profondo è il peccato tanto più li- beratrice è la salvezza. Però ciò che mi dicesti su Gesù e su san Francesco, mentre Maria son- necchiava dinanzi al mare di Copacabana, mi è rimasto come una cicatrice. Perché era un inno all’amore cantato da un uomo che non crede alla vita.29

Sempre secondo la scrittrice, nella vita passionale ed erotica, Pier Paolo Pasolini si sarebbe vendicato dell’impurezza “cercando la sporcizia, la sofferenza, la volgarità: come una puni- zione. Come certi frati che si flagellano, la cercavi proprio con il sesso che per te era pecca- to.”30 Il discorso relativo a una mancanza di purezza e all’espiazione delle colpe si tinge quin- di necessariamente di alcune innegabili sfumature religiose certamente presenti nell’opera pasoliniana,31 nonostante l’apparente contrasto con l’affermazione di agnosticismo, ateismo e laicismo che sovente fa Pasolini.32 Come spiegherà in un’intervista con un, a tratti, stordito33 Giuseppe Cardillo, dove conferma inoltre il sopraccitato concetto di bellezza della realtà teo- rizzato da Filippo La Porta,34 per lui “non credente, la realtà è il linguaggio di se stessa. E quindi, come le dicevo prima, c’è un’identificazione tra la realtà e il divino. [...] La realtà è divina di per sé, [...] la solita istanza immanentistica che dicevamo prima.”35 A questa pecu- liare idea pasoliniana del sacro e della realtà, centrale in tutta la sua opera,36 La Porta sovrap- pone il concetto dionisiaco a cui è stato accennato nell’introduzione che sta alla base dell’analisi contenuta nel presente capitolo, riferendosi cioè alla natura irrazionale, mitica, tragica e quindi passionale della condizione umana.37 Come si concretizzano, quindi, tali impeti passionali in Pier Paolo Pasolini? Un percorso che potrebbe far luce su questo aspetto è quello che obbligatoriamente si snoda, in senso tanto biografico quanto letterario, da una parte attraverso le esperienze amorose, erotiche e dioni- siache dello scrittore, dall’altra si riversa nella profondità dell’idea pasoliniana del sacro e della realtà.

28 Cfr. Lettera di Oriana fallaci a Pasolini. 29 Ibid. 30 Ibid. 31 Cfr., ad esempio, Pasolini rilegge Pasolini, p. 42ss. 32 Cfr. ibid., p. 48. 33 Cfr. ibid., p. 49. 34 Cfr. Porta, p. 22. 35 Pasolini rilegge Pasolini, p. 51. 36 Cfr. Porta, p. 89. 37 Cfr. ibid. 50

4.1 Le donne

La donna rappresenta la vitalità. Le cose muoiono e noi ne proviamo dolore, ma poi la vitali- tà ritorna: ecco che cosa rappresenta la donna.38

Esistono tre filoni che è necessario percorrere per avere un quadro generale circa il rapporto tra Pier Paolo Pasolini e le donne: in primo luogo quello che comprende alcune esperienze amorose nella giovinezza, in secondo luogo quello della rappresentazione artistica del femmi- nile nelle sue opere, e infine il filone del pensiero sociale e politico riguardo ad alcuni temi come l’emancipazione, l’aborto e la libertà sessuale.39 Dal momento che nel precedente capi- tolo si è anticipata la dicotomia conoscitiva sempre presente in Pasolini,40 è ora possibile a- scrivere ciascuno di questi tre elementi a una differente gradazione di passione e ideologia. Se l’aspetto delle esperienze appartiene senz’altro a un campo puramente passionale e quello della collocazione politico-sociale a uno ideologico, l’elaborazione artistica deve necessaria- mente essere un prodotto dello scambio e dell’intersezione di passione e di ideologia. Come è stato visto, nel corso della sua vita Pier Paolo Pasolini ha spesso stretto delle profon- de amicizie con alcune donne, in particolar modo con Maria Callas, Elsa Morante e Laura Betti. Tali rapporti erano basati su affinità culturali, comunanze lavorative, ma in alcuni casi anche su una certa intesa amorosa e passionale tra lo scrittore e la donna.41 Facendo un passo indietro nel tempo, occorre sottolineare che, se si eccettuano zie e cugine, di una delle quali Pasolini si innamora in seconda elementare,42 l’unica costante presenza femminile nell’infanzia e fino alla giovinezza dello scrittore è stata quella materna.43 Negli anni del liceo e dell’università a Bologna avvengono i primi significativi contatti con delle ragazze, le quali lo influenzeranno profondamente dal punto di vista culturale e umano: “In her own way, each woman helped Pasolini clarify his stance on fascism, come to terms with his sexuality, and explore his poetic mandate as a leftist drawn to an aesthetics of .”44 Tali amicizie non si sarebbero limitate solo a nutrire la consapevolezza culturale, passionale e politica di Pasoli- ni, ma sarebbero talvolta sfociati in relazioni sentimentali.45 Il biografo Enzo Siciliano parla in questo frangente di “rapporti sempre vivaci, a volte esclusivi, [...] nei quali l’amicizia an- dava a unirsi a un fascio d’emozioni che l’amicizia trasfiguravano.”46

38 Pasolini su Pasolini, p. 97. A proposito della scena di Uccellacci e uccellini a cui si accenna nel capitolo. 39 Cfr., ad esempio, Comizi d’amore, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1965. 40 Cfr. Alberto Asor Rosa: Prefazione a Passione e ideologia. P. VIIs. 41 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 78. 42 Cfr. Interviste sull’infanzia, p. 165. 43 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 20. 44 Ibid., p. 20s. 45 Cfr. Porta, p. 23. 46 Vita di Pasolini, p. 179. 51

La prima forte amicizia di Pasolini con una donna è quella con la giovane poetessa e traduttri- ce ferrarese Giovanna Bemporad, conosciuta nel 1939.47 All’epoca è anch’ella una studentes- sa al Liceo Galvani di Bologna e collabora alla rivista della gioventù fascista «Il Setaccio», nascondendo “il suo cognome ebreo con lo pseudonimo di Bembo.”48 Il periodo più intenso della loro amicizia è collocabile nel periodo che Pasolini definirà come il più bello della sua vita, ovvero nel soggiorno casarsese alla fine della guerra.49 Giovanna Bemporad si trova in- fatti in Friuli “per insegnare greco e latino nella piccola scuola improvvisata da Pier Paolo [...], perché i ragazzi del luogo e dei paesi intorno non rischiassero di morire sotto i bombar- damenti andando in treno a Udine.”50 Tra i suoi allievi si trova anche Guido, il fratello dello scrittore, col quale “cominciarono a parlare concretamente di un’attività politica antifascista anche in senso organizzativo.”51 Andrebbe quindi anche a Giovanna il merito di aver mosso lo scrittore al pensiero politico e alla condanna del fascismo, come ella ricorda: “Gli misi una prima radice di dubbio, che poi dopo germogliò come sappiamo.”52 Pasolini e l’amica “frater- na”53 trascorsero insieme “notti intere insonni, al lume di candela, nella casa dei Colussi a Casarsa leggendosi reciprocamente poesie,”54 e nelle loro conversazioni si occuparono spesso del tema della morte: “andavamo a passeggiare per la campagna, oppure nei cimiteri perché io ero molto funebre, funerea, e tiravo Pier Paolo sempre verso la morte, a parlar di morte. E quindi, andavamo a fare le nostre conversazioni letterarie passeggiando fra le tombe.”55 La poetessa, che aveva “fama di esser lesbica,”56 è anche “una delle prime a condividere il drammatico peso della 'diversità' di Pasolini,”57 dal momento che nelle loro conversazioni affrontano spesso anche questioni sessuali.58 L’amicizia tra Giovanna e Pier Paolo sfuma tut- tavia nel 1944, quando la scuola viene definitivamente chiusa ed ella lascia il Friuli.59 Un’ulteriore conoscenza del periodo friulano di Pasolini è quella con la vicina di casa Pina Kalč, violinista slovena rifugiatasi a Casarsa da parenti, anch’essa insegnante alla scuola di Versuta e membro dell’Academiuta di Lenga Furlana.60 Tra Pina e lo scrittore nasce presto

47 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 21. 48 Pasolini e Fassbinder, p. 71. 49 cfr. “Al lettore nuovo”, p. 153 50 Giovanna Bemporad: “Pasolini, amico e antagonista”, in: Pasolini e Bologna, p. 101. 51 Pasolini e Fassbinder, p. 71. 52 Ibid., p. 234. 53 Cfr. Giovanna Bemporad: A una forma sorella. Con DVD. Intervista videoritratto. Regia di Vincenzo Pezzel- la. Milano: Edizioni Archivio Dedalus 2011. (= Voci e Luoghi della Poesia Italiana in DVD.) P. 66. 54 Ibid. 55 Sex, the Self, and the Sacred, p. 21. 56 A una forma sorella, p. 22. 57 Marco Antonio Bazzocchi: Pier Paolo Pasolini, p. 8. 58 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 21. 59 Cfr. ibid. 60 Cfr. ibid., p. 21s. 52 una “tempestosa amicizia.”61 Fino al termine della guerra, i due passano “centinaia di sere”62 assieme a discorrere di musica classica e di psicoanalisi;63 Pina legge infatti i saggi di Freud in tedesco e ne spiega le teorie allo scrittore, condivide con lui anche l’amore per Bach.64 Pa- solini descriverà l’amica in questi termini: “Aveva trent’anni ma pareva una giovinetta. Ma- gra, incolore, coi capelli selvaggi benché radi... Era sana, agile; parlava come una fanciulla. La conobbi nel febbraio del ’43. Subito dopo mi divenne necessaria per il suo violino.”65 Il rapporto tra i due, secondo Nico Naldini, si rivela “molto particolare, basato sui comuni inte- ressi artistici, ma anche con implicazioni sentimentali molto contraddittorie.”66 Pina è infatti innamorata di Pasolini, che prende tuttavia proprio in quel periodo piena coscienza del pro- prio orientamento sessuale.67 Riguardo a questo fraintendimento, lo scrittore annota nei Qua- derni rossi, il suo diario giovanile: “Non so se lei provasse subito amore per me (certo, dovet- te provare una certa angoscia nel conoscermi); più avanti con il suo ingenuo italiano confessò di avermi temuto.”68 Ella provava quindi una forte attrazione nei confronti dell’amico, che ne era consapevole, innamorato invece di un ragazzo che spesso incontrava al campo da calcio:

Io crudelmente lasciavo che essa si offrisse a me; non escludevo nessuna delle sue mille suppo- sizioni. [...] Una domenica, prima della partita di calcio – a cui io non volevo mancare, ed è inu- tile che ne dica le ragioni -, ci spingemmo, io e lei nella solitudine sacra dei campi. Fu davvero un errore violare quell’essenza vegetale e terrestre [...]. L’immensa radura con le due solitarie querce [...] ci vide davvero soffrire: io (almeno alla superficie) di noia, lei di desiderio. La mia colpa [illeggibile] consisteva nel pensare solo a Bruno, e nulla a lei, e inoltre nel non saper ri- nunciare a quel mio contegno giovanile che – m’era noto – maggiormente la soggiogava.69

Finita la guerra, Pina Kalč lascia il Friuli e l'amico per tornare in Slovenia.70 Nel 1941, mentre stava lavorando alla rivista «Il Setaccio», Pasolini conosce a Bologna la ragazza di famiglia borghese Silvana Mauri, presentatagli dal fratello Fabio.71 Ella rimane immediatamente colpita dall’avvenenza del ragazzo allora ventenne: “Mi parve bellissimo con la sua faccia dove i tratti slavi, romagnoli, ebrei, avevano composto linee uniche, una ma- schera irripetibile. Il corpo fin troppo espressivo, [...] così forte e virile che se ti afferrava i polsi per comunicare affetto, te li stringeva tra due tenaglie.”72 Anche l’atteggiamento, il ca- rattere e l’eloquenza di Pasolini la conquistano profondamente: “Dal suo atteggiamento timi-

61 Pasolini. Una vita, p. 51. 62 Ibid. 63 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 22. 64 Cfr. ibid. 65 Pasolini. Una vita, p. 51. 66 Ibid. 67 Cfr. Pasolini e Fassbinder, 72. 68 Pasolini. Una vita, p. 51. 69 Ibid., p. 66. Nota tra parentesi nell’originale. 70 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 22. 71 Cfr. Pasolini. Una vita, p. 40. 72 Ibid. 53 do, di riserbo e sobrietà settentrionali, così diversi dalla mia traboccante estroversione di ra- gazza del centro-sud, uscivano discorsi lenti, esitanti, con quell’accento acerbo, spoglio, ru- giadoso, acre, dei veneti del Friuli.”73 L’amicizia tra Pier Paolo e Silvana ha tuttavia inizio solo qualche anno dopo, nel 1945,74 e si basa su conversazioni sulla letteratura e sull’arte,75 rivelandosi in questo quindi simile ai rapporti con Giovanna e con Pina. La questione princi- pale affrontata dai due, destinata a influenzare enormemente l’opera pasoliniana, è quella del- la realtà,76 espressa nell’”ingordigia di accumulare ‘insieme’ il ‘reale’, gli infiniti aspetti del reale, culture, creature e nature.”77 Come già Pina Kalč, anche Silvana Mauri si innamorerà di Pasolini, il quale tuttavia non può corrisponderla.78 Egli le confessa la sua omosessualità,79 ammettendo però una natura contraddittoria e di certo non solo amichevole della relazione:

Fin dai miei primi incontri con te tu avrai capito che dietro la mia amicizia c’era qualcosa di più ma di non molto diverso, una simpatia che era addirittura tenerezza. [...] Non ho la pretesa di es- sere stato così importante per te da averti sul serio ferita; non ho, su questo, che qualche sospet- to. Tuttavia credo che tu non biasimerai questa improvvisa franchezza [...]. Perché devo aggiun- gere ancora su questo, che è poi la ragione vera di tutto questo discorso: tu sei la sola donna ver- so cui ho provato e provo qualcosa che è molto vicina all’amore, certo un’amicizia ecceziona- le.80

Negli anni a seguire, lo scrittore e la donna non si perderanno mai del tutto di vista.81 Silvana Mauri condividerà con la studiosa Ryan-Schuetz il seguente pensiero, riguardo al suo rappor- to con Pasolini: “Col passare del tempo, mentre il ricordo di Pier Paolo è sempre una ferita aperta nel mio cuore, il mio rapporto con lui è diventato una cosa molto privata, molto mia, che appartiene ai sentimenti della mia giovinezza.”82 Che rappresentazione trovano le donne nell’opera letteraria e cinematografica di Pier Paolo Pasolini, in relazione sia al femminile che alla loro funzione erotica e passionale? È innanzi- tutto interessante osservare come le figure femminili vengano dallo scrittore solo in rari casi dotate dell’intellettualità che aveva contraddistinto le amiche Bemporad, Kalč e Mauri.83 La suddetta propensione allo studio e alla razionalità sarebbe stata infatti riservata prevalente-

73 Ibid. 74 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 77. 75 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 22. 76 Cfr. ibid. 77 Ibid. Virgolette nell’originale. 78 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 77. 79 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 22. 80 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri, 15 agosto 1947. Pier Paolo Pasolini: Lettere 1940-1954, p. 314. Corsivo nell’originale. 81 Cfr. Luigi Amicone: “Pier Paolo Pasolini raccontato dalla donna che amava”, in: Tempi. Pubblicato online il 31 ottobre 2015. URL: https://www.tempi.it/pier-paolo-pasolini-raccontato-dalla-donna-che-amava/ [08.11.2018] 82 Sex, the Self, and the Sacred, p. 23. 83 Cfr. ibid. 54 mente ad alter-ego pasoliniani,84 le donne avrebbero al contrario rivestito dei ruoli più specifi- catamente materni, vitali o irrazionali: “While Pasolini’s female friends were similar to his fictional figures in their role as the ‘Other’ to whom he could compare the self, his fictional figures most often reflected the simple goodness of Susanna and the earthy vitality of Casarsa and its people.”85 Alla luce di ciò si potrebbe riscontrare, almeno in alcuni casi, un’identificazione delle figure femminili non solo con la madre, ma anche con la realtà conta- dina friulana, spesso mitizzata dallo scrittore86 e a sua volta accostata a Susanna in diverse opere letterarie.87 Già nella prima raccolta poetica, Poesie a Casarsa, si ritrovano diverse fi- gure femminili. Le donne vengono qui rappresentate come degli archetipi, simboli di inno- cenza, vitalità e serenità: “Generally speaking, they are youthful figures immersed in the se- mi-idyllic environment that Casarsa represented for Pasolini and that he foud authentic.”88 Le donne di Poesie a Casarsa sono inoltre le prime apparizioni poetiche dell’archetipo della ma- dre fanciulla,89 come vedremo nell’analisi de La domènia uliva e Suite furlana. Nella lirica Il nini muàrt, che accoglie il lettore dopo la Dedica, troviamo nella prima strofa ad esempio una “fèmena plena,”90 che “aciamina pal ciamp,”91 mentre “tal fossàl a cres l’aga.”92 Si tratta evi- dentemente di simboli vitali, contrapposti alla contemplazione della morte di Narciso nella seconda strofa: “[...] ti vèvis il colòur / da la sera, quand li ciampanis / a súnin di muàrt.”93 Un simile carico di vitalità nelle figure femminili si ritrova anche nel film Uccellacci e uccel- lini. Dopo che sono stati celebrati i funerali di Togliatti, “una volta finito il comunismo (o tramontata quest’epoca),”94 due ragazzi hanno un incontro sessuale con una donna trovata lungo la strada.95 Ella simbolizza un ritorno alla vita dopo la morte e il dolore, come è stato rivelato dal regista nel corso di un’intervista con Halliday.96 L’autrice Ryan-Schuetz, dando conferma ai concetti dinanzi proposti, definisce la funzione pasoliniana delle donne e del femminile in questi termini:

84 Cfr., ad esempio, gli alter-ego pasoliniani del prete Don Paolo e dell’insegnante comunista Renato in: Pier Paolo Pasolini: Romàns. Milano: Ugo Guanda Editore 2015. (= Narratori della Fenice.) 85 Ibid. Virgolette nell’originale. 86 Cfr. Alberto Moravia: “Pasolini o il mito della cultura contadina”, in: Corriere della Sera, 14 novembre 1976. Pubblicato online in data n.d. URL: http://www.gruppolatenda.org/downloads/prima- serie/La%20Tenda%20n%C2%B0%20085.pdf [08.11.2018] 87 Cfr. Pasolini rilegge Pasolini, p. 34. 88 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 24. 89 Cfr. ibid, p. 24. 90 Pier Paolo Pasolini: “Il nini muàrt”, in: La meglio gioventù. Roma: Salerno Editrice 1998. (= Documenti di Poesia. 4.) P. 10, v. 2. 91 Ibid., v. 3. 92 Ibid., vv. 1-2. 93 Ibid., vv. 4-6. 94 Pasolini su Pasolini, p. 97. 95 Cfr. Uccellacci e uccellini, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1966. 1h15m44s-1h15m06s. 96 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 97. 55

Thus, no matter what their social status or occupation, no matter how degraded, hypocritical, or coerced their activities, Pasolini considered women – their actions and existential domains – an undying source of goodness both for himself, as individual and artist, and for the world around him. Attracted to life an emotionally invested in the hope of recovering genuine human rela- tions, Pasolini used female figures and their modes of self-expression to articulate his personal longings, to express his political convictions, and to engage directly and metaphorically with the uncorrupted roots of Italian society. Pasolini codified women as positive signifiers across time or sphere to sustain his call for authenticity as the primary sentiment in his work and to perpetu- ate his own vitality there within.97

Per quanto riguarda una rappresentazione erotica del femminile, Pasolini dichiara, in un’intervista televisiva con Enzo Biagi: “L’importante è che non sia volgare. Per volgarità non intendo quello che si intende generalmente, ma una disposizione razzistica nell’osservare l’oggetto dell’eros. La donna come compare nei film erotici o nei fumetti erotici è vista razzi- sticamente come un essere inferiore.”98 Lo scrittore si discosta quindi da una visione volgare, commerciale99 e pornografica100 dell’erotismo nella sua opera. Come rileva Pietro Bonfiglioli, se da un lato “la critica radicale dei valori borghesi, che informa l’opera di Pasolini, accoglie freudianamente la centralità del sesso nella vita erotica,”101 dall’altro per lo scrittore “il sesso è natura, originaria attribuzione umana, purezza e ingenuità popolare.”102 Queste attribuzioni dell’eros, per alcuni versi senz’altro ideologiche, si ritrovano ad esempio nella Trilogia della vita, dove viene ampiamente trattata la sfera sessuale e amorosa di alcune “creature umili e culture genuine.”103 L’erotismo è quindi un veicolo per rappresentare la preponderante vitalità delle epoche antiche, viste dall’autore come più pure, innocenti e autentiche di quella moder- na.104 È in questi film altresì individuabile un ruolo sempre più centrale e positivo dei desideri e delle attività erotiche femminili:105 “Pasolini’s women appropriated language – a primary instrument of power – to realize their desires and challenge the limits that patriarchal society imposed on them.”106 Il sesso e l’erotismo, soprattutto femminile,107 corrisponderebbero in Pasolini quindi anche a uno strumento contro un potere ritenuto ingiusto e dispotico. Ciò vie- ne portato all’esasperazione nell’ultimo film pasoliniano, Salò o le 120 giornate di Sodoma,

97 Sex, the Self and the Sacred., p. 12s. 98 Terza B facciamo l’appello – Pasolini da Enzo Biagi – Quarta Parte.” Video su YouTube. Pubblicato il 25 giugno 2013 da “Bruno Esposito.” URL: https://www.youtube.com/watch?v=p_uH1X4hwZU [08.11.2018] 2m30s-2m51s. 99 Cfr. ibid., 2m52s-2m58s. 100 Cfr., al riguardo, “Pier Paolo Pasolini - L’ultima intervista televisiva”. Video su YouTube. Pubblicato il 26 febbraio 2016 da “Bluecheer90” URL: https://www.youtube.com/watch?v=GursDlrHvUc [08.11.2018] 0m22s- 0m34s. 101 Pietro Bonfiglioli: Erotismo, eversione, merce. Mendrisio: Capelli 1974. P. 16. 102 Ibid. 103 Sex, the Self, and the Sacred, p. 173. Traduzione dall’inglese: Riccardo Schöfberger. 104 Cfr, ibid. 105 Cfr. ibid. 106 Ibid., p. 260. 107 Cfr. ibid. 56 dove il corpo e la sessualità, simboli di libertà e gioia nella Trilogia, diventano ora oggetto di oppressione, violenza e morte ad opera del regime fascista. L’unica vera resistenza concessa alle giovani vittime è quella di sottrarsi all’altrui volontà di possesso dei corpi e desideri ses- suali reclamandone la gioia, l’istintiva e l’intimità. Ciò è evidente in un episodio dove due novelli sposi, che dopo un matrimonio fittizio si accingono in maniera alquanto amorevole a consumare un rapporto sessuale, vengono bruscamente divisi al grido di “No, no, no! Questo no! Questo fiore è riservato a noi!”108 e violentati singolarmente da parte del Duca e del Pre- sidente.109 Dal momento che la metafora floreale si riferisce con ogni probabilità alla sessuali- tà femminile, si potrebbe dedurre che fosse proprio la soggezione di questa a interessare mag- giormente il regime. Un’ulteriore scena dove la gioia della libertà fisica e passionale si staglia in contrasto alla coercizione dittatoriale, è quella mostrata alla fine del film: due soldati re- pubblichini, in annoiata reazione alle torture perpetuate dai potenti all’esterno della villa, de- cidono di improvvisare un valzer sulle note di Son tanto triste di Franco Ansaldo.110 Il dialogo che avviene tra i due ragazzi durante il ballo richiama l’elemento passionale della resistenza al potere: “Come si chiama la tua ragazza? Margherita.”111 Il nome della donna, ulteriore ele- mento floreale, non può che essere anche un simbolo di libertà e di vitalità. Un ulteriore interessante spunto per comprendere la natura della rappresentazione del femmi- nile si ritrova nel romanzo postumo Petrolio, dove il protagonista Carlo, nel “primo momento basilare del poema,”112 cambia sesso e diventa una donna: “Il petto di Carlo si appesantí. Era un peso innaturale, un cumulo che lo schiacciava lievitando. Nel tempo stesso, il basso ventre si alleggerí e si svuotò. Cadde la coscienza del membro che in Carlo era un ‘basso continuo’, una nota senza fine.”113 Successivamente, egli accumulerà delle esperienze sessuali degradan- ti, con lo scopo di di raggiungere una cruda innocenza tramite l’umiliazione,114 in singolare somiglianza all’autopunizione purificatrice perpetuata da Pasolini stesso, che forse voleva rendere Carlo una figura autobiografica.115 Queste esperimenti consentiranno al protagonista del romanzo di riconnettersi alle radici più autentiche dell’umanità, di “avere davvero espe- rienza della totalità e avvicinarsi di più alla verità dell’essere.”116 In Petrolio si potrebbe

108 Salò o le 120 giornate di Sodoma, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1975. 0h45m59s-0h46m10s. 109 Cfr. ibid., 0h44m30s-0h47m01s. 110 Cfr. ibid., 1h55m20s-1h56m32s. 111 Cfr. ibid., 1h56m19s-1h56m22s. 112 Petrolio, p. 194. 113 Ibid. Virgolette nell’originale. 114 Cfr. Sex, the Self and the Sacred, p. 21. 115 Cfr. ibid., p. 11. 116 Katia Alesiano: “Quell’ansia di prendere il potere. Intervista a Filippo La Porta”, in: Una città. Fascicolo n. 117 (2003). Forlì: Una Città Società Cooperativa. URL: http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=1182 [10.11.2018] 57 quindi trovare un ulteriore esempio per il concetto pasoliniano di autenticità primordiale attri- buita alle donne e da esse generata.117 Secondo l’autrice Ryan-Schuetz, si potrebbero inoltre classificare cinque tipi di donne in Pasolini: figure materne, prostitute, figlie, sante e peccatri- ci.118 Le madri più significative nell’opera cinematografica sono Mamma Roma, Giocasta in Edipo re e Medea.119 Le prostitute maggiormente degne di nota nell’opera pasoliniana, oltre alla suddetta romana interpretata da , sono Maddalena in Accattone e Luna in Uccellacci e uccellini;120 le figlie Salomè ne Il Vangelo secondo Matteo, Odetta in Teorema e Glauce in Medea;121 le sante più rilevanti sono ovviamente Maria sia nel Vangelo che nel De- cameron ed Emilia in Teorema.122 Infine, le peccatrici più indicative per la comprensione del femminile in Pasolini sono Lucia in Teorema, le suore di Masetto e Lisabetta da Messina nel Decameron e Zumurrud ne Il fiore delle Mille e una notte.123 Per concludere il discorso attorno alla rappresentazione femminile nell’opera di Pasolini è interessante rimarcare come egli prediliga esternare proprio attraverso delle donne i propri valori e convinzioni, costituendo un punto di giuntura tra il personale e il politico.124 Lo scrit- tore fa così inoltre uso di una strategia narrativa decisamente originale: “Pasolini’s use of fe- male agency to express his ideals constitutes a subtle but powerful countercultural strategy that effectively unsettles the expectation that the male filmmaker generally expresses his au- tobiographical voice through male characters.”125 Nonostante questo elemento identificativo e la rappresentazione complessivamente positiva delle figure femminili nelle opere, Pasolini è stato spesso criticato e accusato di misoginia a causa dei ruoli prevalentemente tradizionali attribuiti alle donne.126 Esempi di questo dibattito si trovano ad esempio negli articoli “Dialo- go armato con Pasolini”127 di Natalia Aspesi e “Ci dica Pasolini: È con noi o contro di noi?”128 di Maria Teresa Clerici. Di indubbio rilievo per questo tema è anche l’intervista “Ma la donna non è una slot-machine”129 condotta allo scrittore dall’amica Dacia Maraini. Come si esprime, dunque, Pier Paolo Pasolini riguardo all’emancipazione, all’aborto e al

117 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 12. 118 Cfr. ibid., pp. 45-199. 119 Cfr. ibid., pp. 45-75. 120 Cfr. ibid., pp. 76-101. 121 Cfr. ibid., pp. 102-134. 122 Cfr. ibid., pp. 135-164. 123 Cfr. ibid., pp. 165- 199. 124 Cfr. ibid., p. 15. 125 Cfr. ibid., p. 10. 126 Cfr. ibid., p. 198. 127 Natalia Aspesi: “Dialogo armato con Pasolini”, Il Giorno, 31 gennaio 1973. 128 Maria Teresa Clerici: “Ci dica Pasolini: È con noi o contro di noi?”, in: Amica, 18 agosto 1974. 129 Dacia Maraini: “Ma la donna non è una slot-machine”, in: L’Espresso, 22 ottobre 1972. Pier Paolo Pasolini: Saggi sulla politica e sulla società. A cura di Walter Siti e Silvia De Laude. Milano: Mondadori 1999. (= I Meridiani.) Pp. 1695-1700. 58 femminismo? Qual è, in generale, il suo pensiero sociale e politico riguardo alla condizione delle donne? Come si rapporta questa concezione all’appena vista rappresentazione nelle ope- re? Anche in questo frangente Ryan-Schuetz fornisce un’illuminante considerazione: “It is true [...] that he was not a conscious feminist. Pasolini’s ideological interest in women was part of a broader examination of social and cultural diversity and moral and political oppres- sion, rather than of women’s rights per se.”130 Sarebbe quindi estranea a Pasolini una visione femministica, dato che, come rileva anche Arriaga Flórez, “non c’è il lui nessuna rivendica- zione né politica, né sociale, né simbolica, che abbia a che vedere con le donne reali del suo tempo, semplicemente pensa il femminile nella sua doppia componente sociale e antisociale, come subordinazione e sovversione.”131 Del libro in versi Donne mie di Maraini critica ad esempio l’abdicazione alla funzione letteraria per mettersi al servizio proprio dell’ideologia femminista, connotata secondo Pasolini da alcune ossessioni vittimistiche, come l’attribuzione esclusivamente negativa data agli uomini.132 Sempre secondo la studiosa spa- gnola, l’autore tenderebbe inoltre a idealizzare il femminile con uno sguardo sessista133 e di conseguenza a identificarlo “con il sacro, con la purezza, con l’utopia, con l’anima.”134 Occor- re tuttavia tenere presente la costante tendenza di Pasolini “a vedere sempre e in ogni cosa, anche negli oggetti e negli eventi più banali, ripetitivi, semplici, qualcosa di sacrale, mitico, epico,”135 per cui il suddetto processo di mitizzazione non si limiterebbe solo al femminile, ma corrisponderebbe a una “venerazione sacrale,”136 evidente nel modo in cui egli posa lo sguardo, “forse troppo rispettoso, troppo reverenziale, troppo infantile,”137 su “tutto quello che c’è al mondo, gli oggetti non meno della gente e della natura.”138 Nonostante questa pre- sunta mancanza di focalizzazione sugli aspetti più specificatamente sociopolitici del femmini- le, andrebbe all’autore il merito di averne ritratto la soggettività e la sessualità come fonti in- violabili di autenticità,139 e questo in un periodo storico in cui le culture occidentali definisco- no entrambi gli elementi spesso in semplice contrasto alla natura maschile: “Male sexuality is understood as active, spontaneous, genial, easly aroused by ‘objects’ and fantasy, while fema- le sexuality is thought of in terms of its relation to male sexuality, as basically expressive and

130 Sex, the Self and the Sacred, p. 198. 131 “Pier Paolo Pasolini. Le madri vili generano la società borghese”, p. 7. 132 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 208. 133 Cfr. “Pier Paolo Pasolini. Le madri vili generano la società borghese”, p. 146. 134 Ibid. 135 Pasolini su Pasolini, p. 77. 136 Ibid., p. 30. 137 Ibid. 138 Ibid. 139 Cfr. Sex, the Self and the Sacred, p. 198. 59 responsive to the male.”140 Questo sarebbe avvenuto in Pasolini anche in maniera indipenden- te da fattori come il sesso, la razza, la classe e il contesto sociale.141 Si rivela comunque come particolarmente interessante la risposta fornita dall’autore alla Ma- raini riguardo ad alcune accuse di disinteresse per la questione femminile, data una presunta emarginazione e oggettificazione delle donne nella sua opera:142 “Non mi sembra affatto che le donne nei miei film si presentino come oggetti di consumo sessuale. E questo proprio per- ché le considero reali come i maschi oppure misteriose come i maschi.”143 Sarebbe inoltre proprio a causa del suo rifiuto di concepire la donna come un essere psicologicamente inferio- re o distante dall’uomo, che dei “borghesi razzisti, [...] abituati a considerare la donna come un oggetto sensuale dotato di una normatività e di un codice,”144 potrebbero sospettare in lui una certa misoginia. Questa si manifesterebbe, al contrario, nei più commerciali mass media:

Vuoi avere due esempi di reale misoginia? La Tv: qui la donna è considerata a tutti gli effetti un essere inferiore: viene delegata a incarichi d’importanza minima, [...] ed è costretta a farlo in un modo mostruoso, cioè con femminilità. Ne risulta una specie di puttana che lancia al pubblico sorrisi di imbarazzante complicità e fa laidi occhietti. Oppure viene adoperata ancillarmente come «valletta» (al «maschio» Mike Bongiorno e affini). [...] Altro esempio: i rotocalchi. Qui la donna è mostrata come merce, specie nelle fotografie di piccole attrici sconosciute, [...] ma an- che quando si tratta di donne importanti, [...] i loro problemi sono mostrati sempre come pro- blemi femminili, cioè sciocchi, convenzionali e graditi al maschio.145

Come è stato accennato, Pasolini ha espresso molte delle sue opinioni sociali e politiche in una serie di articoli usciti tra il 1973 e il 1975 sul «Corriere della Sera» e altri periodici, suc- cessivamente raccolti negli Scritti Corsari. Nell’articolo 19 gennaio 1975. Il coito, l’aborto, la falsa tolleranza del potere, il conformismo dei progressisti, pubblicato nel quotidiano col titolo Io sono contro l’aborto, mentre secondo Pasolini si sarebbe più consonamente dovuto intitolare Io sono contro una lotta trionfalistica per la legalizzazione dell’aborto,146 viene espressa dallo scrittore una certa preoccupazione per una raccolta firme, indetta dal Partito Radicale in seguito alla vittoria del «no» al referendum abrogativo del 1974 e con lo scopo di depenalizzare l’interruzione di gravidanza.147 Pasolini, stupendo “ancora una volta la sinistra italiana,”148 si dichiara traumatizzato dalla proposta,149 non solo per la “legalizzazione

140 Lucy Bland: “The Domain of the Sexual: A Response”, in: Screen Education. Fascicolo n. 39 (1981). St. Kilda: ATOM. P. 57. Virgolette nell’originale. 141 Cfr. Sex, the Self and the Sacred, p. 198. 142 Cfr. ibid., p. 1695. 143 Ibid. 144 Ibid. 145 Ibid., p. 1699. Virgolette nell’originale. 146 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “Febbraio 1975. Cani”, in: Scritti Corsari, p. 116. 147 Cfr. Paulina Orlowska, Ivan Dimitrijević: “Pasolini e Warburg. La mutazione antropologica e la memoria”, in: Frammenti di cultura del Novecento. Nietzsche, Vailati, Simmel, [...] raccontati da voci di studiosi contempo- ranei. A cura di Ivan Pozzoni. Asola: Gilgamesh Edizioni 2013. (= Nidaba. Collana di Filosofia. 1.) P. 279. 148 Ibid. 60 dell’omicidio”150 che a suo parere ne deriverebbe, ma anche e soprattutto perché vi leggeva “uno dei segni più palpabili della mutazione”151 antropologica, denominata dall’autore anche la “scomparsa delle lucciole,”152 la quale avrebbe sconvolto, intorno al 1965,153 tanto i ceti medi quanto quelli contadini e paleoindustriali.154 Tale rivoluzione ideologica e culturale, voluta da un “nuovo Potere ancora senza volto,”155 identificabile tuttavia con “una forma «to- tale» di fascismo,”156 votata all’omologazione e al consumismo,157 avrebbe causato anche una desacralizzazione della vita umana. La proposta di legalizzare l’aborto ne sarebbe di conse- guenza un sintomo e contrasterebbe inoltre con lo sguardo sacralizzante dell’autore:

Qui c’è di mezzo la vita umana. E non lo dico perché la vita umana è sacra. Lo è stata: e la sua sacralità è stata sentita sinceramente nel mondo antropologico della povertà, perché ogni nascita era una garanzia per la continuità dell’uomo. Ora sacra non lo è più, se non in senso maledetto (sacer ha tutti e due i sensi), perché ogni nuova nascita costituisce una minaccia per la soprav- vivenza dell’umanità.158

Occorre tuttavia precisare, anche a causa di frequenti malintesi,159 che Pasolini non si esprime invero contrario alla depenalizzazione dell’aborto, ma intende avviare una riflessione sui pro- cedimenti sociali che avrebbero portato a una sua reclamazione, invitando alla cautela: “Il problema non è di essere a favore o contro l’aborto, ma a favore o contro la sua legalizzazio- ne. Ebbene io mi sono pronunciato contro l’aborto, e a favore della sua legalizzazione.”160 Più avanti, sottolinea più specificatamente la natura del suo consenso: “Naturalmente, essendo contro l’aborto, non posso essere per una legalizzazione indiscriminata, totale, fanatica, reto- rica. Quasi che legalizzare l’aborto fosse una vittoria allegra e rappacificante. Sono per una legalizzazione prudente e dolorosa.”161 Tale provvedimento rappresenterebbe, per la maggio- ranza assoggettata a questa nuova forma di potere, anche un’enorme comodità, dato che ac- crescerebbe la libertà sessuale,162 la quale “è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere

149 Cfr. “19 gennaio 1975. Il coito, l’aborto, la falsa tolleranza del potere, il conformismo dei progressisti”, p. 98. 150 Ibid. 151 “Pasolini e Warburg. La mutazione antropologica e la memoria”, p. 279. 152 Pier Paolo Pasolini: “1º febbraio 1975. L’articolo delle lucciole”, in: Scritti corsari, p. 129. 153 Cfr. ibid., p. 128. 154 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “10 giugno 1974. Studio sulla rivoluzione antropologica in Italia”, in: Scritti Corsari, pp. 39-44. 155 “24 giugno 1974. Il vero fascismo e quindi il vero antifascismo”, p. 46. 156 Ibid. Virgolette nell’originale. 157 Cfr. ibid., p. 45s. 158 Pier Paolo Pasolini: “30 gennaio 1975. «Sacer»”, in: Scritti corsari, p. 108s. Corsivo nell’originale. 159 Cfr. Maria Antonietta Macciocchi: “Pasolini dalla parte delle donne. Contro il potere”, in: Corriere della Sera, 2 novembre 1995. Pubblicato online il 18 aprile 2012, in: Pagine corsare. La saggistica. URL: http://pasolinipuntonet.blogspot.com/2012/04/pasolini-dalla-parte-delle-donne-contro.html [11.11.2018] 160 Pier Paolo Pasolini: “Paragrafo terzo: ancora sul tuo pedagogo”, in: Lettere luterane. Milano: Garzanti 2015. (= Gli Elefanti. Saggi.) P. 37. 161 Ibid. 162 Cfr. “19 gennaio 1975. Il coito, l’aborto, la falsa tolleranza del potere, il conformismo dei progressisti”, p. 99. 61 sociale, un’ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumato- re,”163 ignorando e respingendo inoltre “tutto ciò che sessualmente è «diverso».”164 Non sa- rebbe, infatti, avvenuta una reale liberalizzazione sessuale, dato che questa corrisponde piut- tosto a una rinuncia al tabù del coito,165 all’instaurazione di una moderna moralità nell’onore sessuale e alla diffusione sia di metodi anticoncezionali che di tecniche amatorie diverse.166 La progressiva libertà sessuale, per quanto possibilmente falsa, non sarebbe un elemento posi- tivo per le giovani donne, come Pasolini rimarca nell’intervista a Maraini: “Le ragazze oggi hanno acquistato una maggiore libertà pratica oggettuale nel campo del sesso, che però non significa niente. Significherebbe qualcosa se si integrasse in una maggiore libertà cultura- le.”167 Alla domanda dell’autrice, se una parziale libertà non potrebbe portare a una sempre maggiore, risponde: “Non credo. So che in periferia ci sono moltissime ragazzine sui sedici anni che ogni giorno fanno l’amore con otto dieci ragazzi. Tutti gli adolescenti oggi sanno [...] come ottenere il loro sfogo e a un livello puramente sessuale, quindi senza amore.”168 Pasolini si riferisce una falsa tolleranza sessuale che non avrebbe avuto altro effetto che ridurre la pas- sioni e i corpi a mera merce, spogliandoli dell’amore, della vitalità e della sacralità.169 Il nucleo famigliare si ritroverebbe anch’esso, per mano della suddetta rivoluzione antropolo- gica, profondamente mutata funzionalmente e strutturalmente, ridotta quindi a un nucleo di consumatori.170 L’emancipazione della donna, come viene evidenziato da Pasolini in un’intervista del 1974, si ritrova a dover avvenire in questo complesso contesto sociopolitico:

È chiaro che è assolutamente necessario che la donna si emancipi. [...] In questi ultimi tre anni ci sono stati dei passi enormi; potenzialmente tutte le donne italiane sono emancipate, e dei pic- coli gruppi avanzati lo sono ormai enormemente, [...] solo che nel momento in cui la donna co- mincia a emanciparsi e quindi comincia a dare un impulso nuovo alla famiglia, in senso pro- gressista [...], è tutta l’umanità che invece regredisce e peggiora. Nel momento in cui la donna si emancipa si trova a vivere però in un’umanità deteriorata, peggiorata [...].171

A conclusione di questo capitolo è possibile sostenere che tra Pier Paolo Pasolini e il femmi- nile si configura un complesso rapporto di “intelletto d’amore.”172 Da una parte si è visto co- me proprio diverse donne siano state responsabili e coautrici della sua formazione intellettuale

163 Ibid. 164 Ibid., p. 100. Virgolette nell’originale. 165 Cfr. ibid. 166 Cfr. ibid., p. 104. 167 “Ma la donna non è una slot-machine”, p. 1697. 168 Ibid., p. 1697s. 169 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 174. 170 “Pasolini sul ruolo della donna nella famiglia”. Video su RaiTeche. Pubblicato il 7 febbraio 2015. URL: http://www.teche.rai.it/2015/02/intervista-a-pasolini-su-donna-e-famiglia-21091974/ [10.11.2018] 3m48s- 3m52s. 171 Ibid., 5m39s-6m33s. 172 “Pasolini dalla parte delle donne. Contro il potere.” 62 e ideologica, dall’altra come egli spesso identifichi le figure femminili della sua opera con caratteristiche positive e idealizzanti come la vitalità, l’autenticità, l’innocenza e la sacralità, tratti amati dallo scrittore e attribuiti anche alla madre Susanna Colussi. Proprio quella della maternità è una tematica che trova grande considerazione sia in senso letterario che sociale, dal momento che a Pasolini va il merito di affrontato intensamente, soprattutto nei saggi e nel documentario Comizi d’amore, delle questioni allora spesso tabù come la sessualità femminile e la legalizzazione dell’aborto in relazione alle sue conseguenze sessuali e sociali.

4.2 L’omosessualità

Per loro, i miei coetanei, i figli, in squadre / meravigliose, sparsi per pianure / e colli, per vicoli e piazzali, arde / in me solo la carne. Eppure, a volte, / mi sembra che nulla abbia la stupenda / purezza di questo sentimento. Meglio la morte / che rinunciarvi! Io devo difendere / questa enormità di disperata tenerezza / che, pari al mondo, ho avuto nascendo.173

Pier Paolo Pasolini dichiara la propria omosessualità in una lettera del 15 agosto 1947 a Sil- vana Mauri, e lo fa con cautela e dolore, invitando la donna a non allarmarsi.174 Lo scrittore definisce la propria inclinazione come “qualcosa di insuperabile, diciamo pure, di mostruo- so,”175 che l’amica dovrebbe comunque avere ormai capito: “rivedi noi due in quel ristorante di Piazza Vittorio, davanti ai ‘calzoni’, e ricorda il calore con cui ho difeso quella tua amica omosessuale.”176 La propria predisposizione, di natura ancora del tutto misteriosa e indefinita, era stata scoperta da Pasolini già all’età di tre anni, come viene rievocato in un’ulteriore scrit- to rivolto alla donna: “Fu a Belluno [...] che io provai per la prima volta quell’attrazione dol- cissima e violentissima che poi mi è rimasta dentro sempre uguale, cieca e tetra come un fos- sile. Non aveva un nome allora, ma era così forte e irresistibile che dovetti inventarglielo io: fu teta veleta [...].”177 Di questo sentimento dal nome “feticcio, primordiale, disgustoso e ca- rezzevole,”178 che egli trascrive “tremando,”179 Pasolini faceva esperienza, durante l’infanzia, nel guardare le gambe dei ragazzi intenti a giocare a pallone nei giardini pubblici.180 Ad at- trarlo è soprattutto la “parte convessa interna al ginocchio, dove piegandosi correndo si ten- dono i nervi con un gesto elegante e violento.”181 Proprio i pantaloni dei maschi adolescenti,

173 “La realtà”, p. 39, vv. 100-108. 174 Cfr. Lettera di Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri, 15 agosto 1947. Lettere 1940-1954, p. 314. 175 Ibid. 176 Ibid. Virgolette nell’originale. 177 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri. Roma, 10 febbraio 1950. Vita attraverso le lettere, p. 135. Corsivo nell’originale. 178 Ibid. 179 Ibid. 180 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “Dai ‘Quaderni rossi’”, in: Romanzi e racconti. 1946-1961. A cura di Walter Siti e Silvia De Laude. Milano: Mondadori 1998. (= I Meridiani.) P. 131. 181 Ibid. 63 che l’autore evoca anche nella lettera a Mauri,182 si rivelano essere nella sua opera un impor- tante simbolo di sensualità omosessuale, come traspare ad esempio nella poesia La realtà: “Poi... ah, nel sole è la mia sola lietezza... / quei corpi, coi calzoni dell’estate, / un po’ lisi nel grembo per la distratta carezza / di rozze mani impolverate...”183 Fino all’incirca la metà degli anni Quaranta,184 Pasolini nasconde tuttavia con paura e vergogna la propria omosessualità, da lui vissuta come qualcosa di drammatico e innaturale,185 connotata inoltre da un “invincibi- le senso di colpa, di diversità ed esclusione sociale”186 e dal panico che secondo la studiosa Sedwick avrebbe caratterizzato la vita di diversi scrittori omosessuali vissuti nello stesso peri- odo.187 Questo diviene chiaro anche in un’ulteriore lettera, diretta nuovamente a Mauri:

La vita sessuale degli altri mi ha fatto sempre vergognare della mia [...] non ho mai accettato il mio peccato, non sono mai venuti a patti con la mia natura e non mi ci sono neanche abituato. Io ero nato per essere sereno, equilibrato, naturale [...] la mia omosessualità era in più, era fuori, non c’entrava con me. Me la sono sempre vista come un nemico.188

Alla mortificazione si aggiunge anche il terrore di essere denunciato per la propria predisposi- zione sessuale.189 Questo lo coglie, ad esempio, nell’estate del 1943, dopo che una donna l’aveva sorpreso a scambiarsi degli abbracci con un ragazzo.190 Nelle relazioni e corrispon- denze con gli amici narra inoltre di una vita sentimentale ben differente da quella reale. Pasolini si finge con loro infatti eterosessuale, parlando di donne e mascherando il disinteres- se per l’argomento con il pretesto dell’indolenza: “In quanto a ragazze non avrei che sceglie- re: passi per strada, vedi due morette, le guardi e loro ti dicono: ‘Ciao bel putel!’ Ce ne sono di veramente graziose; ma la mia abulicità e il mio scetticismo vincono qualunque altro sen- timento, e sono in aspettativa chissà di che cosa [...].”191 Si trovano, nelle lettere dello stesso periodo, perfino alcuni riflessi di una virilità connotata da un certo disprezzo per le donne: “Ragazze ce ne sarebbero, ma io sono, come sempre, pigro; e poi ho tanti altri pensieri, come sempre, tra l’arte, la vita sociale e lo sport, che mi fanno troppo rassomigliare le ragazze alle oche.”192 Questa opinione gli era stata presumibilmente impartita dal padre, il quale ad esem-

182 Cfr. Lettera di Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri, 15 agosto 1947. 183 “La realtà”, p. 36, vv. 34-37. 184 Cfr. Francesco Gnerre: “Pier Paolo Pasolini e il panico dell’omosessualità”, in: Testo e senso. Rivista di cul- tura letteraria e multimediale. A cura di Raul Mordenti. Fascicolo n. 8 (2007). URL: http://testoesenso.it/article/view/345/pdf_153 [12.11.2018] P. 4. 185 Cfr. Porta, p. 23. 186 Ibid. 187 Cfr. Eve Kosofsky Sedwick: Epistemology of the Closet. Berkeley, Los Angeles: University of California Press 1990. P. 124. 188 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri, 10 febbraio 1950. Lettere 1940-1954. P. 390s. 189 Cfr. Porta, p. 23. 190 Cfr. ibid. 191 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Franco Farolfi, agosto 1940. Lettere 1940-1954, p. 12. V. nell’originale. 192 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Franco Farolfi, estate 1941. Ibid., p. 78s. 64 pio, venuta a sapere l’avventura del figlio con una certa Emilietta, gli aveva comunicato: “Ad ogni modo ricordati, poca poesia; tutte le donne sono uguali; con le donne bisogna solo pensa- re a divertirsi.”193 Carlo Alberto verrà a sapere dell’omosessualità del figlio solo pubblica- mente, dopo la denuncia a suo carico per corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pub- blico.194 Sarà comunque simbolico osservare come nel documentario Comizi d’amore, girato nel 1965 con lo scopo di indagare il gallismo, definito il “problema che per primo viene in mente facendo un lavoro di questo genere in Italia,”195 Pasolini rivolga alcune domande sulle donne, sulla famiglia e sul dongiovannismo proprio a dei soldati di classe borghese.196 Silvana Mauri non sarà comunque l’unica persona vicina a Pasolini a sapere della sua omo- sessualità già prima dello scandalo del 1949,197 dato che confessioni simili a quella vista al principio del capitolo si ritroveranno anche in alcune lettere sempre a Serra198 e a Farolfi.199 A quest’ultimo racconta ad esempio di un’avventura estiva con un ragazzo:

Il Tagliamento, qui, è larghissimo. Un torrente enorme, sassoso, candido come uno scheletro. Ci sono arrivato ieri in bicicletta, giovane indigeno, con un ancora più giovane indigeno, di nome Bruno. I soldati stranieri che lì si lavavano hanno ascoltato con meraviglia i nostri rapidi e in- comprensibili discorsi. E ci hanno visti quasi vergognosi tuffarci senza indugio in quell’acqua gelida e per loro misteriosa. Siamo rimasti soli, e il temporale ci ha colto, in mezzo all’immenso greto. Era un temporale livido come un pene eretto.200

È però nei Quaderni rossi, il diario giovanile tenuto tra il 1946 e il 1947 e trascritto in ampie porzioni dal cugino Nico Naldini nella biografia Pasolini, una vita, che il giovane scrittore traccia con la massima sincerità la sua attrazione erotica per i giovani contadini friulani, che incontra in chiesa o alle partite di pallone. Nel diario, sempre portato con sé in una tasca della giacca,201 annota infatti i suoi più intensi pensieri amorosi ed erotici, ad esempio il desiderio di “condividere la gioia sublime di un abbraccio.”202 Vi si trovano riportate anche le prime esperienze omosessuali, risalenti al 1942.203 A partire dal soggiorno casarsese durante la guer- ra Pasolini ha finalmente modo di sperimentare l’omosessualità con meno remore, data anche la morale sessuale relativamente libera del mondo contadino.204 Lo scrittore non intende più

193 Come riportato in: Lettera di Pier Paolo Pasolini a Franco Farolfi, luglio 1940. Ibid., p. 10. 194 cfr. Introduzione a Pasolini, p. 37. 195 Comizi d’amore, 0h10m42s-0h10m49s. 196 Cfr. ibid., 0h10m40s-0h13m15s. 197 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 12. 198 Cfr., ad esempio, Lettera di Pier Paolo Pasolini a Luciano Serra, giugno 1943. Lettere 1940-1954, p. 177. 199 Cfr., ad esempio, Lettera di Pier Paolo Pasolini a Franco Farolfi, settembre 1948. Ibid., p. 341s. 200 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Luciano Serra, giugno 1943. Ibid., p. 174. 201 Cfr. “Pier Paolo Pasolini raccontato dalla donna che amava”. 202 Pasolini. Una vita, p. 53. Corsivo nell’originale. 203 Cfr. Porta, p. 23. 204 Cfr. Intervento di Nico Naldini in: Pasolini e il Friuli - "un luogo assoluto dell'universo", documentario rea- lizzato dalla TGR Friuli-Venezia Giulia per il rotocalco "Il Settimanale" nel 2011/2012, dal giornalista Mario Rizzarelli. Visionato presso il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa. [4.11.2018] 0h25m56s-0h26m12s. 65 contrastare il sentimento di teta veleta, ma al contrario cerca di “attraversare il proprio deserto fino a incontrare la vita degli altri.”205 Questi tentativi avvengono, ad esempio, attraverso lun- ghi giri in campagna, che gli potrebbero fornire l’occasione di incontrare dei ragazzi coi suoi stessi desideri. In un passaggio, ad esempio, annota: “Uscivo in bicicletta nelle prime ore del meriggio [...]: cercavo, ripeto, l’amore, anche la libidine... Con l’ingenuità di un ragazzo cre- sciuto in città, cercavo le mie ‘divine’ presenze di ragazzi disposti a peccare [...].”206 Gli a- manti bramati da Pasolini non dovevano tuttavia essere dei “diversi”207 pari a lui, ma al con- trario dei ragazzi eterosessuali che siano disposti a offrirsi a un’esperienza omosessuale.208 Per alcuni di questi concepisce delle vere e proprie passioni, innamorandosi ad esempio dell’allievo e apprendista poeta Tonuti Spagnol,209 di un misterioso T. di Versuta210 e del già nominato Bruno.211 La progressiva accettazione della propria omosessualità, che spingerà Pasolini ottimisticamente a riferire all’amico Franco Faroldi di essere riuscito a “sopravvivere salvando capra e cavoli, cioè l’eros e l’onestà,” 212 non trova tracce solo nei pensieri diaristici dei Quaderni rossi, ma anche nelle opere redatte dallo scrittore alla fine degli anni Quaranta, come Amado mio e Atti impuri, che compongono una sorta di dittico sulla scoperta omosessu- ale di Pasolini.213 Alla madre egli confessa la sua diversità sessuale nella poesia Memorie, redatta tra il 1948 e l’anno seguente: “La purezza perduta: / ecco la novità, / il terribile dato, / [...] / Mi innamoro dei corpi / che hanno la mia carne / di figlio – col grembo / che brucia di pudore - / i corpi misteriosi / d’una bellezza pura / [...] / i corpi dei figli / coi calzoni felici [...].”214 La prima apparizione dell’omoerotismo autobiografico in un testo narrativo si trova inoltre in Romàns,215 concepito nello stesso periodo,216 quindi in corrispondenza cronologica al periodo di massima confusione emozionale.217 Nel racconto, un giovane prete e insegnante di nome Don Paolo si trasferisce nel paese di Marsure, pseudonimo di Casarsa,218 e si inna- mora di Cesare Jop, un ragazzo suo alunno. Sono evidenti l’ansia e l’angoscia provate dall’alter-ego pasoliniano nell’incapacità di affrontare, accettare e soprattutto vivere la propria omosessualità, che nell’opera non viene mai nominata esplicitamente, ma mascherata con la

205 Pasolini. Una vita, p. 53. 206 Ibid., p. 53s. Virgolette nell’originale. 207 Fabio Giovannini: Comunisti e diversi. Il PCI e la questione omosessuale. Bari: Dedalo Libri 1980. P. 172. 208 Cfr. The Resurrection of the Body, p. 82. 209 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 11. 210 Cfr. Pasolini. Una vita, p. 92. 211 Cfr. ibid., p. 67. 212 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Franco Farolfi, settembre 1948. Lettere 1940-1954, p. 342. 213 Cfr. Porta, p. 22. 214 “Memorie”, p. 77s, vv. 70-112. 215 Cfr. Romàns, p. 8s. 216 Cfr. ibid., p.11. 217 Cfr. ibid., p. 7. 218 Cfr. ibid., p. 6. 66

“cosa.”219 Sarebbe senz’altro interessante poter osservare se e in quale misura è possibile i- dentificare i turbamenti passionali di Don Paolo con l’attività di insegnante di Pasolini in Friuli, oltrepassando anche i palesi riferimenti autobiografici impliciti nell’opera stessa. L’autore Golino ritiene che nella pedagogia pasoliniana sia sempre stata presente una compo- nente passionale e nevrotica,220 e riconosce in lui il tipo psicologico ed educativo dell’eterno adolescente,221 tratteggiato dal filosofo austriaco Kelsen, intendendo col termine “una persona che [...] intende rimanere un adolescente, ma divenire anche un maestro (e dunque educare), proprio per esercitare un potere su altre persone.”222 Questa volontà di dominio sarebbe “un tratto distintivo dell’eros omosessuale”223 dell’insegnante Pasolini, che in quanto “diverso [e] ostile alla società, vuole allo stesso tempo dominarla da posizioni di forza e quindi le ambi- zioni sociali compensano [...] il senso di colpa e d’inferiorità.”224 Si potrebbe quindi ritenere plausibile che le pulsioni omosessuali di Pasolini siano venute alla luce anche in conseguenza alla sua attività pedagogica a Versuta durante la guerra e a Valvasone negli anni successivi. Successivamente allo scandalo sessuale, Pasolini si trasferisce a Roma. Nella Capitale, che esercita su di lui il fascino di “una nuova Casarsa,”225 lo scrittore trova un ambiente che mo- stra di accettare per intero il suo “modo di vivere ambiguamente”226 e che finalmente gli per- mette sia di “essere compiutamente sincero”227 che di “non ingannare nessuno.”228 Con l’amico Penna, che “gli fornirà una minuziosa cartografia dei luoghi cittadini del piacere omoerotico,”229 conduce scherzosamente delle gare amatorie per stabilire chi abbia maggiore successo con i ragazzi.230 Proprio come il poeta romano, che soleva passeggiare alla sera sul Lungotevere in ricerca di avventure omoerotiche,231 anche Pasolini inizierà a vivere più inten- samente la sua sessualità, come scrive a Naldini, esprimendo inoltre la vitalità che la città gli ispira: “Sto diventando romano, non so più spiccicare una parola in veneto o in friulano e dico Li mortacci tua. Faccio il bagno nel Tevere, e a proposito degli «episodi» umani e poetici che mi succedono, moltiplicali per cento in confronto a quelli friulani.”232

219 Iibid., p. 63. 220 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 40. 221 Cfr. ibid., p. 42. 222 Hans Kelsen: L’amor platonico. Bologna: Il Mulino 1985. P. 51. 223 Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 41. 224 Ibid. Aggiunta tra parentesi: Riccardo Schöfberger. 225 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri, 10 febbraio 1950. 226 Ibid. 227 Ibid. 228 Ibid. 229 Porta, p. 27. 230 Cfr. Pier Paolo Pasolini. Vivere e sopravvivere, p. 121. 231 Cfr. Pasolini. Una vita, p. 143. 232 Ibid., p. 145. Virgolette nell’originale. 67

L’ambivalenza233 della vita nella Capitale a cui si riferisce Pasolini nella lettera succitata è agevolmente illustrata: se durante il giorno egli si dedica al lavoro,234 alla scrittura e al proprio inserimento nel fertile ambiente culturale romano,235 nelle notti ricerca una sensualità per certi versi autodistruttiva, che trova nelle borgate romane e nel sesso a pagamento.236 Questa “dop- pia vita”237 non è tuttavia un’esperienza personale e solitaria, giacché lo scrittore vi trascina anche diversi amici, tra cui Citti e Fellini.238 Durante la realizzazione di Notti di Cabiria, ad esempio, il regista riminese “percorre con lui le notti romane, a bordo della sua Chevrolet o con l’utilitaria dello scrittore, rientra a casa alle quattro del mattino, provocando le preoccupa- zioni della [moglie] Masina.”239 Le avventure in borgata suscitano apprensione anche a casa di Pasolini, dove egli convive con la madre e la cugina Graziella Chiarcossi, che restano spes- so sveglie ad aspettare il suo rientro.240 Ciononostante, la conoscenza delle borgate romane e dei suoi abitanti si rivelerà estremamente fruttuosa per il lavoro letterario e cinematografico di Pasolini, dato che stimola diverse opere, tra cui la novella Squarci di notti romane, i romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta, i film Mamma Roma e Accattone. Nella produzione artistica del primo periodo romano viene ricalcata la quotidianità delle bor- gate, che è tutta un “tempo libero, ma libero in modo coatto, quasi una condizione biologica dominata dalla ricerca del denaro attraverso il furto.”241 In un passaggio di Ragazzi di vita si trova inoltre citata una poesia dialettale di Belli, quasi a sottolineare l’antichità del fenomeno della prostituzione sia eterosessuale che omosessuale, che è quasi un “passaggio obbligato nell’educazione”242 sessuale dei ragazzi che vivono nelle borgate: Le speranze erano quelle d’incontrare, in cima a un cucuzzolo, [...] qualche grosso tedesco da poter levargli quello che volevano. Lo guardavano, facevano finta di niente, oppure si metteva- no a fare un goccio d’acqua: e lui, dietro, su e giù per le balze e i burroncelli, fino alle più zozze marane, al modo che diceva il gran poeta di Roma: «Me sentivo quer frocio dí a le tacche / Cor fiatone: ‘Tartaifel, sor paine, / Pss, nun currete tante, che so stracche’».243

Come è evidente in questo passaggio, la rappresentazione dell’omosessualità nelle opere ro- mane si è spogliata totalmente dell’intenzione introspettiva che aveva contraddistinto i ro-

233 Cfr. Lettera di Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri, 10 febbraio 1950. 234 Cfr. Introduzione a Pasolini, p. 40. 235 Cfr. Album Pasolini, p. 289. 236 Cfr. Gordiano Lupi: . A cinema greatmaster. Milano: Mediane 2009. P. 275. 237 Ibid. 238 Cfr. ibid. 239 Ibid. Aggiunta tra parentesi: Riccardo Schöfberger. 240 Cfr. Simonetta Fiori: “Graziella Chiarcossi: Le mie notti sveglia ad aspettare mio cugino Pier Paolo”, in: Repubblica, Cultura. Pubblicato online il 30 ottobre 2015. URL: http://www.repubblica.it/cultura/2015/10/30/news/graziella_chiarcossi_le_mie_notti_sveglia_a_casa_ad_aspetta re_mio_cugino_pier_paolo_-126236875/ [13.11.2018] 241 Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 50. 242 Ibid., p. 54. 243 Pier Paolo Pasolini: Ragazzi di vita. Torino: Einaudi 1971, p. 81. Virgolette nell’originale. 68 manzi friulani,244 e avviene esclusivamente attraverso lo sguardo derisorio dei ragazzi prota- gonisti, tingendosi di sfumature addirittura grottesche.245 Le figure omosessuali parlano ora infatti “come le femminelle, [...] con la voce delle soubrettes, che pareva tenessero in gola una coccia di fagiolo,”246 e incorporano quindi lo stereotipo della “checca”247 e del “froscio,”248 che dice “«N-no», [...] piegandosi un po’ s’un ginocchio come una bambina che fa la mossuc- cia per averla vinta.”249 Se da un lato questo manifesto disprezzo non è presumibilmente im- putabile a Pasolini ma viene espresso solo attraverso uno sguardo dichiaratamente oggettivo sulla mentalità e il gergo dei ragazzi di borgata, è tuttavia lecito supporre che rappresenti per lo scrittore, almeno in parte, un’occasione per confrontarsi con la propria diversità sessuale e con il modo in cui essa viene recepita dai ragazzi che incontra nella vita reale.250 Come è stato visto, la Fallaci accuserà Pasolini di aver cercato una catartica autoflagellazione proprio attra- verso “il sesso odioso dei ragazzi dal volto privo di intelligenza [...], dal corpo privo di grazia [...], dalla mente priva di bellezza [...].”251 A ciò si aggiungerebbe, sempre nell’interpretazione della scrittrice, una volontà non limitata alla punizione delle proprie passioni, ma implicita- mente e disperatamente suicida: “In loro ti tuffavi, ti umiliavi, ti perdevi: tanto più voluttuo- samente tanto più essi erano infami. Di loro ci cantavi con le tue belle poesie, i tuoi bei libri, i tuoi bei film. Da loro sognavi d’essere ucciso, prima o poi, per compiere il tuo suicidio.”252 Nella tendenza dell’erotismo di Pasolini “a non soddisfarsi mai e quindi a concludere nella dismisura”253 sarebbe quindi osservabile quella che la psicanalisi definisce la connessione tra le pulsioni di vita e le pulsioni di morte,254 come rileva Miconi: Difficile [...] non intendere la linea di drammatica e coerente fatalità che associa il vitalismo pa- soliniano – e la sua massima realizzazione espressa dai modi dell’esperienza fisica e sessuale – all’impulso di morte cui carnalmente e simbolicamente si ricongiunge, per dare corpo a un’intera serie di visioni funeree nate dal retaggio teorico del radicalismo sessuale e dalla più in- tima e vittimistica tendenza all’autorappresentazione.255

Il sesso e la morte, entrambi elementi imprescindibili dell’opera di Pasolini,256 sono aspetti

244 Cfr., ad esempio, Romàns. 245 Cfr. “Pier Paolo Pasolini e il panico dell’omosessualità”, p. 9. 246 Pier Paolo Pasolini: Una vita violenta. Milano: RCS MediaGroup 2015. (= I Libri del Corriere della Sera. 2.) P. 174. 247 Pier Paolo Pasolini: “Squarci di notti romane”, in: Alì dagli occhi azzurri. Milano: Garzanti 1965. P. 8. 248 Una vita violenta, p. 169. 249 Ragazzi di vita, p. 208. 250 Cfr. Porta, p. 14. 251 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Oriana Fallaci. 252 Ibid. 253 Porta, p. 24. 254 Cfr. Sigmund Freud: Al di là del principio del piacere. Milano: Tascabili Economici Newton 1974. (= Cento- paginemillelire. 57.) P. 71-94. 255 La poesia, il corpo, il linguaggio, p. 12. 256 Cfr., ad esempio, Pier Paolo pasolini: “18”, in: L’hobby del sonetto. Le dada du sonnet. Traduzione dall’italitano di Hervé Joubert-Laurencin. Besançon: Les Solitaires Intempestifs 2005. P. 42, vv. 5-6. 69 dell’esistenza che nella cultura borghese si identificano come tabù,257 ed è forse anche a causa di questo fatto che lo scrittore non ricercherà mai l’amore dei giovani appartenenti a tale clas- se sociale, prediligendo al contrario quello dei contadini friulani e dei sottoproletari romani.258 Come rivela il cugino Nico Naldini, nell’avere un rapporto con un ragazzo di estrazione bor- ghese, “se è omosessuale ci sono i problemi dell’omosessualità; se non è omosessuale, ci sono i problemi della non omosessualità; ma problemi e tormenti di sicuro ci sono, perché il giova- ne borghese si pone interrogativi, esami di coscienza...nel migliore dei casi [...].”259 Il più grande amore omosessuale di Pier Paolo Pasolini sarà Ninetto Davoli, conosciuto nel 1962, mentre il regista stava lavorando a La ricotta e aveva da poco ideato Il Vangelo secon- do Matteo:260 “Lo conobbi casualmente [...]; era lì con un’intera banda di altri ragazzi a guar- dare noi che giravamo e lo notai subito, per i capelli ricci e per quel suo carattere [...].”261 Il ragazzo calabrese, allora quattordicenne, viveva col padre contadino a Roma, nella borgata di Borghetto Prenestino.262 Con la sua esuberante vitalità e allegria,263 egli rappresenta per Paso- lini un “simbolo della gioiosa e irriflessa spensieratezza propria del sottoproletariato.”264 Il rapporto tra Ninetto e il regista, in principio di natura lavorativa – Ninetto ha prima un ruolo da comparsa nelle vesti di pastorello nel Vangelo265 e poi accanto a Totò un ruolo di protago- nista in Uccellacci e uccellini266 – si trasforma col tempo in una profondissima amicizia dalle forti tinte amorose e passionali.267 Per Pasolini il ragazzo di borgata è infatti “un oggetto d’amore idealizzato”268 e nella poesia Poeta delle Ceneri egli viene raffigurato, accanto alla madre, come la persona più importante della sua vita.269 Come Ninetto ha ricordato in una recente intervista, lo scrittore amava in lui proprio la semplicità, l’ingenuità e la purezza, qua- lità che a parere dello scrittore sarebbero presto venute a mancare nella civiltà dei consumi,270

257 Cfr. La poesia, il corpo, il linguaggio, p. 12. 258 Cfr. Pasolini contro Pasolini, p. 143. 259 Nico Naldini: “Un fatto privato. Appunti di una conversazione con Nico Naldini”, in: Cupo d’amore. L’omosessualità nell’opera di Pasolini. A cura di Stefano Casi. Bologna: Centro di Documentazione Il Cassero 1987. P. 53. 260 Cfr. Porta, p. 156. 261 Pasolini su Pasolini, p. 95. 262 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 101. 263 Cfr. “Graziella Chiarcossi: Le mie notti sveglia ad aspettare mio cugino Pier Paolo”. 264 Cosimo Camporeale: Pier Paolo Pasolini. Testimone problematico del nostro tempo. Il poeta, il narratore, il regista, il giornalista. Bari: Ladisa 1994. P. 58. 265 Cfr. Cinema italiano 1945-1985. P. 93. 266 Fabio Pierangeli: Una «luce particolare, non so come descriverla...». Città, luoghi, viaggi nella letteratura contemporanea. Roma: Nuova Cultura 2006. P. 110. 267 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 124. 268 Cfr. “Graziella Chiarcossi: Le mie notti sveglia ad aspettare mio cugino Pier Paolo”. 269 Cfr. “Poeta delle Ceneri”, p. 2057, vv. 30-31. 270 Cfr. Valerio Cappelli: “Quella «carogna» di Ninetto”, in: Corriere della Sera, Roma, Cultura. Pubblicato online il 24 settembre 2014. URL: https://roma.corriere.it/notizie/cultura_e_spettacoli/14_settembre_23/quella- carogna-ninetto-1e1cb2f6-4343-11e4-9734-3f5cd619d2f5.shtml# [14.11.2018] 70 ma ancora riscontrabili nelle borgate e nel sottoproletariato, che così acquistano nell’opera dello scrittore dei connotati sacralizzanti.271 L’amore di Pasolini per tali caratteristiche si ri- trova anche nel racconto della giornalista Adele Cambria, che una sera ebbe i due amici ospiti a casa sua, e con loro fece un gioco: “una persona, a turno, esce fuori, e gli altri dicono quello che pensano dell’assente [...]. La domanda era: perché ti piace Pier Paolo? Mi ricordo la frase di Ninetto: perché c’ha la Giulietta Sprint. Quando lessi questa risposta, gli occhi di Pier Pao- lo si riempirono di lacrime.”272 A detta del ragazzo, che più tardi chiamerà i suoi due figli Pier Paolo e Guido Alberto,273 Pasolini fu per lui un padre, un fratello e una madre.274 Lo scrittore riservava al ragazzo invece gli stessi nomignoli che a Susanna Colussi.275 Il sodalizio del regista e Ninetto, all’interno di un rapporto non sempre continuativo,276 dura tuttavia solo nove anni e vede la partecipazione del ragazzo a nove film – oltre che in quelli succitati, egli appare anche in La terra vista dalla luna, Edipo re, Che cosa sono le nuvole?, Teorema, La sequenza del fiore di carta, Porcile e I racconti di Canterbury) – nonché la sua presenza a fianco di Pasolini durante diversi viaggi in Africa.277 Un brusco cambio di rotta si ha quando Ninetto, nel 1971, decide di seguire la sua strada e si sposa con una ragazza di no- me Patrizia.278 Come si è visto, Pasolini ne soffrirà terribilmente,279 abbandonandosi inoltre a diversi gesti eclatanti e distruttivi,280 nonostante i tentativi di Elsa Morante di consolarlo e fargli comprendere la natura egoista della sua sofferenza.281 Inizia così per lo scrittore un pe- riodo di disperato tormento amoroso, di forsennata ricerca di avventure sessuali282 e di stra- ziante rabbia nei confronti dell’amico e di sua moglie: “Posso solo profetizzarti un futuro do- loroso, / perché lei ama solo secondo i suoi istinti / e non riconosce come suo dovere / quello di volere la tua felicità./ [...] / Tu l’ami male, del resto, come lei; / ami la sua piccola fica: non sai, non vuoi vincere / nulla che ti trattenga in questo amore.”283 Questi versi sono tratti da L’hobby del sonetto, l’unico canzoniere interamente omoerotico di Pier Paolo Pasolini. Il particolare titolo dell’opera si spiega probabilmente con la volontà dell’autore di non dare ufficialità alla pubblicazione, ma al contrario di relegarla a uno scopo

271 Ibid, p. 47. 272 Pasolini raccontato a tutti, p. 110. 273 Cfr. “Quella «carogna» di Ninetto”. 274 Cfr. ibid. 275 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “41”, in: L’hobby del sonetto, p. 88, vv. 1-2. 276 Cfr. Pasolini. Ragazzo a vita, p. 59. 277 Cfr. Pasolini e Fassbinder, p. 109. 278 Cfr. Invito al cinema di Pier Paolo Pasolini, p. 51. 279 Cfr. “Graziella Chiarcossi: Le mie notti sveglia ad aspettare mio cugino Pier Paolo”. 280 Cfr. Pasolini raccontato a tutti, p. 110s. 281 Cfr. come riporta Pier Paolo Pasolini nella poesia “82”, in: Tutte le poesie. Volume 2. Raccolte minori e ine- dite. A cura di Walter Siti. Milano: Arnoldo Mondadori 2003. (= I Meridiani.) P. 1202, vv. 12-14. 282 Cfr. Pasolini raccontato a tutti, p. 111. 283 Pier Paolo Pasolini: “89”, in: L’hobby del sonetto, p. 185, vv. 1-9. 71 puramente sperimentale e intimistico.284 Nei centododici componimenti, composti tra il 1971 e il 1973 e pubblicati tuttavia solo nel 2003,285 il poeta si confronta in poesia con l’abbandono di Ninetto Davoli, che qui viene chiamato “mio Signore e Padrone.”286 Nella dedica dell’opera si rileva significativa una citazione del compositore svizzero cinquecentesco Co- smas Alder, che si adatta al ruolo paterno di Pasolini, ormai reso solitario e sconsolato: “O Joseph, Joseph / mein liebster son / wer will mich alten / mich alten trösten nun / der ich vor laid muss sterben / und traurig farn von der Erden / farn von der Erden.”287 Particolarmente interessante è anche il continuo alternarsi, da una parte, di esplosioni di sconforto e odio, dall’altra di tenerezza e sentimento, “[...] come se fossimo ai tempi / di «Uccellacci e uccelli- ni» [...].”288 Se in alcuni passaggi lo scrittore mostra infatti di accettare la decisione del ragaz- zo di avventurarsi in “[...] cieli ignoti a chi non è nidace come rondine,”289 in altri giunge tut- tavia ad augurare la scomparsa della moglie Patrizia: “[...] per lei basta poco : / un’infezione, una leucemia, una disgrazia stradale ; / il brutto sogno cesserebbe, il povero fuoco / della vita riprenderebbe a sfavillare.”290 Questo senso di amore morte è predominante nell’opera: “[...] ecco lì la panchina / dove l’altra sera ci siamo seduti / nella tiepida aria della città di Bath - / vi ho detto retoricamente come avrei voluto / che una macchina, uscendo dalla curva, / c’investisse, per morire insieme [...]”291 e, in un’altra lirica: ”l’amore è comunque in congiun- zione / con la morte, non ci son dubbi su questo. / Togliendomi il vostro sorriso, mio Padro- ne, / cessate di distruggere ciò a cui io presto / fede, da povero umano, e cessate / quindi di liberarmi attraverso la morte.”292 Negli ultimi passaggi è evidente l’elemento autodistruttivo della passionalità pasoliniana, quello che secondo la Fallaci avrebbero contribuito alla morte violenta del poeta.293 Lo studioso Zanzotto ritiene inoltre che l’esasperazione dei comporta- menti eccentrici e ingiuriosi di Pasolini deriverebbero da un irrisolto senso di colpa riguardan- te la propria diversità sessuale,294 la quale torna infatti a tormentare lo scrittore negli ultimi anni di vita, come traspare da una lettera a Don Giovanni Rossi: “L’altro peccato l’ho ormai

284 Cfr. Agata Amato: “L’hobby del sonetto. Il canzoniere di Pier Paolo Pasolini per Ninetto Davoli.” Pubblicato online il 15 settembre 2013 in Molteniblog, sul sito del Centro Studi di Casarsa della Delizia. URL: http://www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it/molteniblog/lhobby-del-sonetto-il-canzoniere-di-pier-paolo- pasolini-dedicato-a-ninetto-davoli-di-agata-amato/ [15.11.2018] 285 Cfr. Tutte le poesie. Volume 2. Raccolte minori e inedite. A cura di Walter Siti. Milano: Arnoldo Mondadori 2003. (= I Meridiani.) P. 1743. 286 Pier Paolo Pasolini: “3”, in: L’hobby del sonetto, p. 12, v. 12. 287 Cfr. Cosmas Alder: “Da Jakob nu das Kleid ansach”, in: L’hobby del sonetto. P. 7, vv. 1-7. 288 Pier Paolo Pasolini: “45”, in: L’hobby del sonetto, p. 96, vv. 12-13. Virgolette nell’originale. 289 Pier Paolo Pasolini: “54”, in: L’hobby del sonetto, p. 114, vv. 13-14. 290 Pier Paolo Pasolini: “7”, in: ibid., p. 20, vv. 9-12. 291 “45”, vv. 2-7. 292 Pier Paolo Pasolini: “18”, in: ibid., p. 42, vv. 5-10. 293 Cfr. Lettera di Oriana Fallaci a Pier Paolo Pasolini. 294 Cfr. Andrea Zanzotto: “Pedagogia”, in: Pasolini. Cronaca giudiziaria, persecuzione, morte, p. 371 72 tante volte confessato nelle mie poesie, e con tanta chiarezza e con tanto terrore, che ha finito con l’abitare in me come un fantasma famigliare, a cui mi sono abituato, e di cui non riesco più a vedere la reale, oggettiva entità.”295 Walter Siti, nell’interpretare l’apporto della compo- nente omosessuale all’interno del mito culturale pasoliniano, giunge a un’interessante conclu- sione: “È un eroe, d’accordo, ma un eroe che ha una magagna, e a cui possiamo sentirci supe- riori. Da perfetto capro espiatorio, ha peccato ed è stato punito per tutti. Questo segmento del mito dà la soddisfazione di sentirsi tolleranti, e superiori in qualcosa a un mito.”296 Il carattere mai davvero militante297 dell’omosessualità dello scrittore, nonostante i diversi saggi in cui vengono tematizzati i diritti degli omosessuali,298 e il suo venir “declinata molto «virilmen- te»“299 con un “disprezzo per le «checche»“300 nei romanzi, renderebbe il mito ancora più esemplare e appetibile. In questo quadro mitico e simbolico, la morte dello scrittore corri- sponderebbe a un’espiazione della propria colpa di diverso.301 Nella poesia La Crocifissione, redatta, tra il 1948 e l’anno successivo, affiora il desiderio – suggerito anche dall’amica scrit- trice nel necrologio – di “imitare Gesù nel suo sacrificio per gli altri uomini di essere condan- nato e ucciso benché affatto innocente:”302 Bisogna esporsi (questo insegna / il povero Cristo inchiodato?), / la chiarezza del cuore è degna / di ogni scherno, di ogni peccato / d’ogni più nuda passione... / [...] / Noi staremo offerti sulla croce, / alla gogna, tra le pupille / limpide di gioia feroce, / scoprendo all’ironia le stille / del sangue dal petto ai ginocchi, / miti, ridicoli, tremando / d’intelletto e passione nel gioco / del cuore arso dal suo fuoco, / per testimoniare lo scandalo.303 4.3 Riflessioni

Al termine di questo capitolo è possibile affermare che la vita e l’opera di Pier Paolo Pasolini sono contraddistinte entrambe da un “eccesso di passionalità,”304 che si rileva tanto nei pro- cessi conoscitivi e di costituzione ideologica, quanto nella soddisfazione di impulsi sensuali e amorosi. Il principio della passione coincide in Pasolini sempre con il culto della realtà, un’istanza dai tratti mitologici, sacrali e religiosi. Sia che egli rappresenti nelle opere o de- scriva nei saggi i ruoli all’interno della famiglia, le classi sociali ed economiche del dopoguer- ra, il panorama politico italiano o le questioni di genere, lo scrittore deve costantemente

295 Romàns, p. 10. 296 Ibid. 297 Cfr. ibid., p. 135. 298 Cfr., ad esempio, “19 gennaio 1975. Il coito, l’aborto, la falsa tolleranza del potere, il conformismo dei pro- gressiti”, p. 100 e “ Febbraio 1975. Cani”, p. 115. 299 “Il mito Pasolini”, p. 135. Virgolette nell’originale. 300 Ibid. Virgolette nell’originale. 301 Cfr. ibid. 302 Pasolini. Una vita, p. 13. 303 “La crocifissione”, p.7s, vv. 20-37. 304 Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 37. 73 esprimere la sua preferenza per ciò che è ingenuo, sacro e naturale. Come è stato già afferma- to in precedenza, l’amore di Pasolini è rivolto a ciò che è puro, materno, contadino o sottopro- letario, mentre è con una violenta ostilità che si scontra con ciò è corrotto, paterno e borghese. Proprio in quest’avversione risalta tuttavia una forte contraddizione: Pasolini sembra non riu- scire ad accettare la propria provenienza borghese e predisposizione omoerotica, frapponen- dovi rispettivamente il mito contadino o sottoproletario e la passione per amanti eterosessuali. Malgrado la società rurale friulana infine lo respinga per la sua diversità e i ragazzi di vita sbeffeggino i «frosci», Pasolini cerca sempre di farsi accogliere nei propri sacrari, che si tratti di dedicare a Casarsa della Delizia una raccolta di poesie dialettali o di presentarsi in borgata con una Giulietta Sprint. Nell’abbandono sessuale con i ragazzi di periferia, gioiosi ma talvol- ta anche violenti e criminali, lo scrittore forse ricerca, come il protagonista di Petrolio, l’innocenza tramite l’umiliazione e una soddisfazione degli impulsi di morte. È ora quindi possibile riscontrare una prima dicotomia passionale in Pasolini, quella del sesso e della mor- te, da mettere poi in relazione a una seconda, quella della natura e della cultura. Anche il rap- porto dell’intellettuale con la conoscenza e l’istruzione è infatti ambivalente; se infatti si ri- trova in lui una marcata vocazione pedagogica e culturale, dall’altra egli invita a divorare gli insegnanti della scuola dell’obbligo,305 in quanto intermediari di una cultura media e portatri- ce d’infelicità tra i ragazzi borghesi. Proprio la necessità di discostarsi da questo fenomeno e la volontà di ritrovare una certa naturale grazia potrebbe spiegare la preferenza di Pasolini per le persone in cui la conoscenza culturale è presente a un altissimo grado o pressoché assente, come nei ragazzi di cui si innamora. È tuttavia evidente un’ulteriore contraddizione, destinata a rimanere irrisolta: perché, se nei ragazzi di borgata lo scrittore apprezza soprattutto la purez- za e la vitalità, è proprio in questi che ricerca il contrario, ovvero il sesso e la morte? Il deside- rio di umiliare le proprie passioni, la propria ideologia e il proprio corpo non può che soddi- sfare solo parzialmente il quesito, destinato a rimanere un mistero dell’esistenza di Pasolini; è tuttavia proprio nella mancanza di un desiderio di questo genere, evidentemente sessuale, nel rapporto con le donne che potrebbe trovarsi una chiave di lettura alla suddetta questione. Come si è visto, le figure femminili in Pasolini sono di frequente connotate di qualità vitali, naturali, mitologiche e sacrali, incarnano infatti solo raramente il peccato, la cultura e la mor- te; se lo fanno, come le narratrici di Salò o le 120 giornate di Sodoma, è solitamente perché sono asservite a delle figure maschili. Nell’opera pasoliniana è presente una figura che incar- na in maggior misura il concetto idealizzato di femminilità: l’archetipo della madre fanciulla.

305 Cfr. ibid., p. 201. 74

5 La figura della madre fanciulla

La più grande attrazione di ognuno di noi / è verso il Passato, perché è l’unica cosa / che conosciamo e amiamo veramente. / Tanto che confondiamo con esso la vita. / È il ventre di nostra madre la nostra meta.1

Se uno degli scopi principali negli ultimi capitoli è stato quello di scoprire come si identifichi e cosa rappresenti la pluralità di figure femminili nella vita, nell’opera e nella passionalità di Pier Paolo Pasolini, occorre ora soffermarsi su un nuovo elemento, a prima vista decisamente misterioso e poco lineare, ovvero quello della madre fanciulla. A mio avviso, il procedimento per fare luce su questa figura non può che consistere nello scomporlo prima nei termini, suc- cessivamente nell’analizzare il suo significato generale, e infine nel ricercarne diverse realiz- zazioni nelle opere. Si troveranno in questo capitolo diversi riferimenti a film e a poesie che, se sono state escluse dalla selezione operata per la parte finale del lavoro, contengono tuttavia importanti indizi per la comprensione dell’archetipo in analisi. Per quanto riguarda i romanzi, ho ritenuto di tralasciarne l’esposizione, in quanto in essi la rappresentazione della madre fan- ciulla si rivela assai sporadica e presente tutt’al più per mero contrasto alle figure maschili.2

5.1 Analisi del termine

Chi è, dunque, e che cosa rappresenta la «madre» in Pasolini? Come si è visto, della figura materna sono presenti, in un rapporto solo raramente univoco, sia un concetto puramente con- creto, attinente quindi a delle persone reali, che uno strettamente simbolico, mitologico e idea- lizzante. Nel primo si collocano non solo la vera madre Susanna Colussi, che mantiene natu- ralmente un ruolo privilegiato e a sé stante,3 ma anche, in senso estensivo, tutta una serie di amiche e confidenti dello scrittore, tra cui risaltano da una parte Giovanna Bemporad, Pina Kalč e Silvana Mauri, in quanto madri intellettuali nella giovinezza, dall’altro Maria Callas, Elsa Morante e Laura Betti, nel ruolo di madri sentimentali nella maturità dello scrittore. I connotati ampiamente materni dei rapporti con le suddette donne non si rilevano solo impli- citi alla biografia di Pier Paolo Pasolini,4 ma si vedono confermati talvolta anche in maniera più diretta, ad esempio attraverso alcuni ritratti nelle opere.5 Per quanto riguarda l’aspetto simbolico, è evidente come alle figure materne in Pasolini non possano che venir ascritte le

1 Pier Paolo Pasolini: “Pilade”, in: Tutte le opere. Teatro. A cura di Walter Siti. Milano: Arnoldo Mondadori 2001. (= I Meridiani.) P. 389. 2 Cfr., ad esempio, Sex, the Self, and the Sacred, p. 76 e p. 214. 3 Cfr., ad esempio, “Poeta delle ceneri”, p. 30. 4 Cfr., ad esempio, “Come un corvo può essere corsaro”, p. 58; A Leonida Répaci, p. 324. 5 Cfr., ad esempio, “La presenza”, v. 30; “Il mondo salvato dai ragazzini (continuazione e fine)”, v. 42. 75 proprietà che vede collegate col femminile: la vitalità, la naturalezza e la sacralità.6 Si potreb- be ora perfino azzardare l’ipotesi che le qualità femminili scaturiscano da quelle materne e non viceversa, e che quindi le donne pasoliniane posseggano le suddette caratteristiche pro- prio in quanto ipotetiche madri. Tale ipotesi è sostenibile anche per mezzo di un’osservazione della giornalista Patrizia Carrano, secondo la quale lo scrittore cercava nelle rappresentazioni femminili costantemente “il segno della figura materna.”7 Susanna Colussi raffigurerebbe pertanto anche un modello primario8 con cui vengono sia relazionate che confrontate le altre donne. Dal suddetto procedimento di comparazione tra il femminile e la madre scaturiscono diversi esiti, dal momento che le donne in Pasolini sono invero inquadrabili in una vasta gamma di tipi,9 non tutti materni o idealizzanti, come quello delle prostitute o delle peccatrici. Ciononostante, alcuni dei più interessanti epiteti riservati tanto alle donne reali quanto alle figure femminili nelle opere richiamano il mondo dell’infanzia e della giovinezza. Se infatti Pina Kalč somiglia, nell’aspetto e nel modo di parlare, a una giovinetta,10 Maria Callas si fir- ma “fanciullona”11 ed è tale anche nella lirica Rifacimento,12 Elsa Morante viene descritta come una “nonna-bambina”13 o “una giovane gatta,”14 Marilyn Monroe è una “povera sorelli- na minore”15 e Laura Betti, nella sua ipotetica tomba, “si sente bambina,”16 è doveroso con- statare che anche diversi personaggi nelle poesie, nei film e, in parte, nei romanzi sono prov- visti di marcati tratti infantili o giovanili.17 Sarebbe tuttavia riduttivo leggere nel termine «fanciulla» solo un semplice rimando all’età o all’atteggiamento puerile, dal momento che di sovente esso si ritrova in combinazioni insolite, come in “nonna-bambina,”18 “madre fanciul- la,”19 o “grande fanciulla,”20 e necessita, di conseguenza, di un’analisi specifica. Già nella raccolta Poesia a Casarsa si trovano diverse fanciulle, indicate dialettalmente come “fruta”21

6 Cfr. Sex, the Self and the Sacred., p. 12s. 7 Patrizia Carrano: Malafemmina. La donna nel cinema italiano. Rimini: Guaraldi 1977. (= Presente e Imperfet- to.) P. 99. 8 Cfr. Pasolini. Una vita, p. 9. 9 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, pp. 45-199. 10 Cfr. Pasolini, una vita, p. 51. 11 Lettera di Maria Callas a Pier Paolo Pasolini, 4 febbraio 1970. Pubblicata online il 4 settembre 2012. URL: http://www.gbopera.it/2012/09/pasolini-callaslamore-impossibile-seconda-parte/ [19.12.2018] 12 Cfr. “Rifacimento”, p. 170, v. 55. 13 “Il mondo salvato dai ragazzini”, p. 29, v. 69. 14 Petrolio, p. 25. 15 Pier Paolo Pasolini: “Marilyn”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse I. A cura di Graziella Chiar- cossi e Walter Siti. Milano: Garzanti 1993. P. 1770, v. 3. 16 “Necrologio di Pier Paolo Pasolini su una certa Laura Betti”, p. 5. 17 Cfr., ad esempio, Bruna in “Mamma Roma”, Caterina in “Il Decameron”, le fanciulle in “Poesie a Casarsa”, le prostitute in “Una vita violenta” e “Ragazzi di vita”. 18 “Il mondo salvato dai ragazzini”, p. 29, v. 69. 19 “Memorie”, p. 75, vv. 13-14. 20 “Rifacimento”, p. 170, v. 55. 21 Pier Paolo Pasolini: “A na fruta”, in: La meglio gioventù, p. 68. 76 o “nina.”22 Sono presenti anche ulteriori termini relativi alla giovane età, come “frututa”23 e “fantassuta,”24 nonostante occorra sottolineare come nella traduzione di questi Pasolini prefe- risca rispettivamente “bambina” 25 e “giovinetta,”26 suggerendo un’attribuzione presumibil- mente ma non necessariamente differente da quella generata da «fanciulla». È tuttavia proprio nel “fantassút”27 di Ploja tai cunfíns che lo studioso O’Neill rileva un richiamo al “fanciullo mio”28 di Leopardi e al “corpo fanciulletto”29 di Foscolo, dato che entrambi assolvono la stes- sa funzione poetica inerente all’uso pasoliniano del termine, e rappresentano quindi “uno stato di innocenza, di inconsapevolezza, e attraggono precisamente per queste qualità, ma allo stes- so tempo sono poeticamente intensificati dalla coscienza [...] di una diversa realtà da parte del poeta.”30 Nelle poesie casarsesi sono costanti anche i riferimenti alla “poetica del Fanciulli- no”31 di Pascoli.32 Nel rivolgersi della madre al «nini» morto prematuramente in Romanceril- lo, ad esempio, è difficile non intravedere le inutili premure materne al “piccolo cieco”33 de Il morticino, e l’accostamento del cuore della donna alla “rama ch’a si sfuèa”34 deve rimandare a “i boschi antichi, ove una foglia casca / muta, per ogni battito di cuore.”35 In un saggio sull’apporto letterario di Pascoli nel Novecento, Pasolini rileva nella poetica dell’autore ro- magnolo una “freschezza nel cogliere i particolari del reale, in un lirismo insieme ingenuo e sapiente, immediato e squisito.”36 Nei suddetti nessi pascoliani si potrebbe dunque trovare una riconferma non solo del principio della realtà e del sacro, centrale nell’opera di Pasolini,37 ma anche, e forse di conseguenza, dell’idea di ingenuità attribuita alla fanciulla. Questo concetto di innocenza e di purezza verginale viene colto anche dallo studioso Stefano Casi, il quale vede riflesso nell’anzidetto termine un’immagine “casta e oleografica.”38

22 Pier Paolo Pasolini: “Romancerillo”, in: ibid., p. 75, v. 11. 23 Pier Paolo Pasolini: “Fiestis di me mari”, in: ibid., p. 60, v. 11. 24 Pier Paolo Pasolini: “Tornant al país”, in: ibid., p. 38, v. 1. 25 “Feste di mia madre”, in: ibid. p. 60., v. 11. Traduzione a piè di pagina. 26 “Tornando al paese”, in: ibid., p. 38, v.1. Traduzione a piè di pagina. 27 Pier Paolo pasolini: “Ploja tai cunfíns”, in: ibid., p. 15, v. 1. 28 Giacomo Leopardi: “Il sabato del villaggio”, in: Poesie di Giacomo Leopardi. Precedute da alcuni cenni di Domenico Capellina intorno alla vita e agli scritti dell’autore. Milano: Guigoni 1870. P. 99, v. 48. 29 Ugo Foscolo: “A Zacinto”, in: Opere complete di Ugo Foscolo. Volume secondo. Napoli: S.i.t. 1860. P. 58, v. 2. 30 Thomas O’Neill: Pier Paolo Pasolini’s Dialect Poetry”, in: Forum Italicum. A cura di Michael Ricciardelli. Fascicolo n. 9 (1975), Tallhassee: Dept. of Modern Languages, Florida State University. P. 344. 31 Pier Paolo Pasolini: “Pascoli”, in: Passione e ideologia, p. 296. 32 Cfr. La lingua dei desideri. Il dialetto secondo Pier Paolo Pasolini, p. 35. 33 Giovanni Pascoli: “Il morticino”, in: Poesie. Myricae. Scelta e introduzione di Luigi Baldacci. Milano: Gar- zanti 1974. (= I Garzanti. I Grandi Libri.) P. 18, v. 14. 34 “Romancerillo”, v. 4. 35 Giovanni Pascoli: “La siepe”, in: Poesie. Myricae, p. 131, vv. 13-14. 36 “Pascoli”, p. 296. 37 Cfr. Pasolini rilegge Pasolini, p. 51. 38 Stefano Casi: “Pasolini. La coerenza di una cultura”, in: Desiderio di Pasolini. Omosessualità, arte e impegno intellettuale. A cura di Stefano Casi. Casal Monferrato: Sonda Edizioni 1990. P. 28, 77

Cosa accade, tuttavia, nel momento in cui la fanciulla, intesa come una giovane figura inno- cente e sprovvista pertanto di tutta una serie di caratteristiche che invece possiede la “Donna Adulta,”39 viene accostata alla madre, che se è anch’essa un simbolo di vitalità e sacralità, incarna nondimeno il “mistero del sesso”40 e la perdita dell’innocenza?41 La figura della madre fanciulla, della quale si trovano le prime rappresentazioni proprio nelle Poesie a Ca- sarsa,42 si basa su due concetti in antitesi e si potrebbe così collocare tra le contraddizioni che, come si è visto, caratterizzano la vita e l’opera di Pier Paolo Pasolini. Come osserva Franco Fortini, è infatti possibile affermare che la più frequente forma espressiva dello scrittore, indi- viduabile a pressoché ogni livello della scrittura e sintomo di una passione insaziabile nei con- fronti del mondo e della realtà,43 è “quella sottospecie dell’oximoron che l’antica retorica chiamava sineciosi, e con la quale si affermano, di uno stesso oggetto, due contrari.”44 I due termini «madre» e «fanciulla» formano quindi una composizione contrastante, tuttavia risulta difficile affermare la natura determinativa o coordinativa della relazione, vale a dire se nella figura uno dei due concetti si riveli dominante o se essa, piuttosto, sia ugualmente materna e fanciullesca. In Pasolini sono infatti presenti sia passaggi in cui la madre viene raffigurata come donna adulta dalle caratteristiche puerili45 sia dove essa appare trasformata in fanciulla46 o dove l’entità predominante della figura è poco chiara.47 Sono tuttavia interessanti gli espe- dienti ortografici che consentono, in alcuni casi, di esteriorizzare il tipo di relazione tra le due figure: se in Doménia uliva troviamo prima un metamorfico “Madre-Fanciulla”48 e, a seguire, il discorsivo “Mia madre era fanciulla,”49 tra i due termini giace una virgola vocativa ne L’annunciazione,50 ed essi sono separati da un enigmatico enjambement in Memorie.51 Per individuare un semplice accostamento sintattico, dalla funzione presumibilmente assimilante, è necessario rivolgersi a Contrasto della donna e del soldato, dove è presente una materna “DONNA FANCIULLA,”52 e a Suite furlana, in cui infine appare la “madre fanciulla.”53

39 “Timor di me?”, v. 34. 40 Pier Paolo Pasolini: “IX”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica, p. 125, v. 8. 41 Cfr. “L’annunciazione”, pp. 63-64, vv. 21-24. 42 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 24. 43 Cfr. Attraverso Pasolini, p. 22. 44 Ibid. Corsivo nell’originale. 45Cfr. Pier Paolo Pasolini: “Appendice alla «Religione»: una luce”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. La religione del mio tempo. A cura di Graziella Chiarcossi e Walter Siti. Milano: Garzanti 1993. P. 517, vv. 7-9. 46 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “La domènia uliva”, p. 83, intitolazione della terza strofa. 47 Cfr. “Memorie”, v. 13-14. 48 “La doménia uliva”, p. 83, intitolazione della terza strofa. Traduzione a piè di pagina. Corsivo nell’originale. 49 Ibid., p. 84, v. 46. Traduzione a piè di pagina. 50 cfr. “L’annunciazione”, v. 13. 51 Cfr. “Memorie”, v. 13-14. 52 Pier Paolo Pasolini: “Contrasto della donna e del soldato”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse I. A cura di Graziella Chiarcossi e Walter Siti. Milano: Garzanti 1993. P. 1567, intitolazione dell’ultima strofa. Maiu- scole nell’originale. 78

5.2 Il significato dell’archetipo

Per quanto riguarda il senso generale della figura da analizzare in questo capitolo, Ryan- Schuetz vi rileva un costante e fondamentale paradigma della produzione letteraria e cinema- tografica di Pasolini: “Throughout his work, the madre fanciulla, or ‘maiden mother,’ was an important archetype because she was a symbol of life and as such – together with her earthy, semi-idyllic settings – she countered all signs of death.”54 In essa non troverebbero pertanto rappresentazione solo l’innocenza e la purezza naturali e giovanili,55 ma sarebbe possibile decifrare una personificazione del mistero vitale e una continua rinascita del figlio, resa pos- sibile dalla natura ciclica della donna.56 La madre e la fanciulla rappresenterebbero due stadi della vita femminile che non sono da intendere in senso lineare, quindi di creatura che nasce e infine muore, ma al contrario in senso periodico e immortale. Proprio in quest’ultimo aspetto si scopre un evidente nesso al concetto di vitalità, innocenza e purezza che è stato rilevato nelle figure femminili di Pasolini e che giunge alla sua massima espressione nelle rappresen- tazioni poetiche di Susanna Colussi.57 Se la madre fanciulla, infatti, è una figura dalle tinte trascendenti e senz’altro religiose,58 anche la donna friulana simboleggia un’entità salvifica e misericordiosa con la vita passionale del figlio, che altrove “non ottiene mai perdono:”59

His passion-based instincts – ‘inesauribile passione’ and ‘troppo amore’ – represented a way of life that society no longer accepted nor understood. Therefore, being a ‘survivor’ meant being alone, or at least interminably and unbearably ‘Other’ from the norm. The only ‘light’ or genuine source of hope in this world was to be found in the sight of a single old woman. So, the poet remained faithful to her as to a religion, for her courage gave him strength, her love par- doned his excesses, and her scent from the past saved him from annihilation.60

Il suddetto concetto sacrale risulta inoltre evidente nella ricorrente raffigurazione di Susanna Colussi come Vergine Maria, che se ha trovato la forma forse più eclatante nel film Il Vange- lo secondo Matteo, non è nuova allo scrittore già a partire dalla prima raccolta poetica, dove ella figura tuttavia come una pasquale mater dolorosa.61 Ne L’usignolo della Chiesa Cattoli- ca, come si vedrà nel prossimo capitolo, le si aggiungono gli epiteti di mater purissima,62 ca-

53 Pier Paolo Pasolini: “Suite furlana”, in: La meglio gioventù, p. 159, v. 25. Traduzione a piè di pagina. 54 Sex, the Self, and the Sacred, p. 24. Corsivo e virgolette nell’originale. 55 Cfr. Daniela Bini: “Pasolini’s Poetry”, in: Pasolini’s lasting Impressions. Death, Eros, and literary Enterprise in the Opus of Pier Paolo Pasolini. A cura di Ryan Calambretta-Sajder. Madison, Teaneck: Fairleigh Dickinson University Press 2018. P. 16. 56 Cfr. ibid., p. 25. 57 Cfr. Pier Paolo Pasolini e l’amore per la madre, p. 13ss. 58 Cfr., ad esempio, “La domènia uliva”. 59 “A Chiaromonte”, p. 538, v. 1. 60 Sex, the Self, and the Sacred, p. 29s. Virgolette nell’originale. 61 Cfr. “Pasolini’s Poetry”, p. 16. 62 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “Litania”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica, p. 37, intitolazione della terza strofa. 79 stissima,63 inviolata64 e, infine, di turris eburnea65 e regina pacis.66 Come è possibile dedurre da tali elementi e come rileva anche Antonia Arveda analizzando La meglio gioventù,67 all’interno dell’opera di Pasolini è sicuramente Susanna Colussi la donna che più intensamen- te e di frequente viene identificata con la figura della madre fanciulla.68 In questo frangente occorre tuttavia operare una distinzione essenziale, per quanto chiara: ella, in quanto donna reale, non può incarnare interamente le proprietà cicliche e immortali dell’archetipo, se non in quanto simbolo del mondo passato, antico e mitologico.69 Nella figura della madre fanciulla, e a ben vedere anche da un punto di vista strettamente terminologico, si avrebbe quindi la ri- prova di un’opposizione tra presente e passato assai frequente nell’opera dello scrittore: “Be- cause Susanna symbolizes ‘old’ life, in terms of an essential goodness from the past, the mo- ther figure [...] is no longer a revitalizing force in the present. This means that the poet can only experience the mother’s regenerative qualities by returning through her to the past.”70 Ciononostante, l’idea dell’inevitabile morte di Susanna turba ossessivamente Pasolini già a partire dalla giovinezza, come si deduce anche da una poesia senza titolo e appartenente al ciclo Cinque poesie d’amore, composto tra il 1945 e l’anno seguente.71 Proprio come in una celeberrima lirica di circa vent’anni dopo,72 egli supplica la madre: “Ahi, non morirmi... Dove / sei?... Non morirmi, sento / un canto, non so, un moto / d’erbe, non morirmi.”73 Se in Pasolini è presente un’identificazione poetica tra il passato e la madre fanciulla,74 questo elemento assume spesso anche dei connotati mitici, talvolta criticati come manifestazioni di una presunta “sindrome dell’età dell’oro,”75 nonostante lo scrittore non condividesse affatto tale definizione.76 È tuttavia interessante osservare in che modo il mitico si rapporti, attraver- so la suddetta figura, al suo opposto, identificabile col mondo borghese e paterno.77 Come osserva Augusto Ponzio, un esempio di questo conflitto si manifesterebbe nella traduzione pasoliniana dell’Orestiade, nella quale Clitemnestra incarna “l’irrazionale materno-

63 Cfr. ibid., p. 38, intitolazione della quarta strofa. 64 Cfr. ibid., intitolazione della quinta strofa. 65 Cfr. ibid., intitolazione della sesta strofa. 66 Cfr. ibid., p. 39, intitolazione dell’ottava strofa. 67 Cfr. Note ad “A na fruta”, p. 66. 68 Cfr., anche, Sex, the Self, and the Sacred, p. 30. 69 Cfr. Ibid., p. 31. 70 Ibid. Virgolette nell’originale. 71 Cfr. Bestemmia, p. 2149. 72 Cfr. “Supplica a mia madre”, p. 28, v. 19. Per la datazione, cfr. Album Pasolini, p. 48. 73 Pier Paolo Pasolini: “Torno da te che in sogno già t’assenti...”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie inedite. . A cura di Graziella Chiarcossi e Walter Siti. Milano: Garzanti 1993. P. 2155, vv. 13-16. 74 Cfr., anche, “Pilade”, p. 389. 75 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 55. 76 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “8 luglio 1974. Limitatezza della storia e immensità del mondo contadino”, in: Scritti corsari, p. 51. 77 Cfr., ad esempio, “La baia di Kingstown”, p. 173, vv. 21-26. 80 femminile,”78 ossia la madre fanciulla, Atena al contrario il “razionale paterno-virile- femminile.”79 La studiosa Flórez rileva proprio in questa caratterizzazione un fondamentale contrasto tra l’elemento mitico matriarcale, espressione di un ideale femminile primordiale, e i valori patriarcali della società borghese. Tanto nell’opera poetica, quanto in quella cinema- tografica di Pasolini sarebbero inoltre presenti alcuni significativi rimandi all’antico mito del- la Natura-Grande Dea Madre,80 nella quale si può vedere una fondamentale “allegoria della Femminilità Generatrice.”81 Attraverso il fenomeno assimilativo che ha tradotto un certo nu- mero di simboli pagani, ad esempio quelli floreali, nell’iconografia cristiana,82 tale mito si sarebbe così trasformato nel culto della “Vergine, Madre di Dio, ma anche Madre Misericor- diosa per tutti gli uomini.”83 Le rappresentazioni della madre del poeta, in quest’ottica, po- trebbero suggerire una diretta eredità di tale entità mitico-religiosa, rivelandosi la donna come figura uscita incolume dalle corruzioni della società borghese e patriarcale. Vediamo ora in che cosa si manifesta questa interessante associazione. Come rileva Erich Neumann, uno dei simboli che più evocano il mito della Grande Madre è quello della luna: “La Grande Dea [...] è anche una dea lunare, poiché la luna e il cielo notturno sono le manifestazioni evidenti e visibili della temporalità del cosmo, ed è la luna, non il sole, l’autentico cronometro dell’era primordiale.”84 Tale natura periodica, ascritta al femminile e al materno, si trova in Pasolini anche nelle immagini del fiume,85 del ciclo delle stagioni86 e della migrazione degli uccelli.87 Ecco che, infatti, l’uccellaccia che raffigura la madre Susanna nel Poema per un verso di Sha- kespeare88 è avvicinata alla luna nell’accostamento della descrizione del satellite come “Isola nera, essa, gonfia di montagne, di mammelle, / sacco di pannocchie buie, di barbabietole di un color scarlatto / spalmato di catrame, con intorno la bava della marea, lattea / (ecc. ecc., c.s.). Tutto bianco intorno, per via di quell’orrida, su- / blime luna. Solo essa nera, in mezzo...”89 e

78 Augusto Ponzio: “La trappola mortale dell’identità. Il femminile in Pasolini traduttore dell’Antigone e dell’Orestiade”, in: ITI. International Translation Intersemiotic. Fascicolo n.1 (2012). URL: https://ejournals.lib.auth.gr/iti/article/view/3357/3253 [21.11.2018] P. 6. 79 “La trappola mortale dell’identità. Il femminile in Pasolini traduttore dell’Antigone e dell’Orestiade”, p. 6. 80 Anna Marzio: “Il mito della grande madre. Una possibilità di lettura di Poesia in forma di rosa di Pasolini”, in: Revista internacional de culturas y literaturas. Fascicolo n. 1 (2009). URL: https://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=4657190 [21.11.2018] 81 Ibid. Maiuscole nell’originale. 82 Cfr. ibid. 83 Ibid. 84 Erich Neumann: La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell’inconscio. Roma: Astrolabio-Ubaldini 1981. P. 227. 85 Cfr. le raffigurazioni del Tagliamento, ad esempio in: Pier Paolo Pasolini: “Poema per un verso di Shakespea- re”, in: Poesia in forma di rosa, p. 98, v. 244. 86 Cfr., ad esempio, ibid., p. 90, v. 23. 87 Cfr. “Il mito della grande madre. Una possibilità di lettura di Poesia in forma di rosa di Pasolini”. 88 Cfr. ibid. 89 “Poema per un verso di Shakespeare”, p. 93, vv. 123-127. 81 del volatile come “uccellaccia nera, che ti fingi bianca, / come una sposa di paese, con ali di rapace / nei teneri grigiori del Friuli: / uccellaccia con l’occhio maligno, che si finge chiuso / nel beato sonno di chi sa paesaggi di foreste e deserti mai / visti.”90 L’elemento ciclico femminile è evidente anche nella connotazione mestruale degli istinti e delle stagioni, ad e- sempio nei passaggi: “Poi, periodico (quasi mestruo, o contrazione di colite / nelle povere viscere) l’uccellaccia si sveglia [...],” 91 e “[...] una primavera uguale in tutta Europa, / me- struo di fango e sole febbrile [...].”92 La figura del poeta, nel suddetto contesto allegorico, si configura secondo l’archetipo del “bambino originale,”93 del “bambino divino”94 o, come lo definisce James Hillmann, del “Puer Aeternus.”95 Il suo compito e la sua volontà, in quanto “fiulius ante patrem,”96 sarebbero quindi il rifiuto dei valori patriarcali e del “Senex,”97 per congiungersi invece alla madre, percepita come una ierofania dell’antica civiltà matriarcale.98 Secondo questo concetto pasoliniano, anche Cristo in croce corrisponderebbe alla figura del fanciullo eterno, e nel sanguinare del suo “corpo di giovinetta,”99 crocifisso da parte di “due vivi ragazzi”100 dai “corpi color dell’alba,”101 si può intravedere “la trasfigurazione su un pia- no teologico di un fondamentale motivo puer [...]. Perché arrestare un tale sangue? Un sangue che contiene fiori latenti? I miti ci narrano più volte che dai puer uccisi sbocciano splendidi fiori. Tramite le sue ferite il puer è trasfigurato in gloria.”102 I motivi del conflitto con i valori paterni, dell’alba e della morte si possono inoltre avvertire nella poesia che introduce L’usignolo, dove un ragazzo, entrato in chiesa per pregare, viene così apostrofato dal poeta: “non pregare [...], che mi fai tremare, se / conto nel tuo grembo gli uomini del tuo sangue che furono qui / piegati a pregare. / O piccolo servo! Corpo di tuo padre, labbra di tuo padre / pet- to di tuo padre, che morte risuona nel tuo canto, che vita / nel tuo quieto non esistere?”103 Un’ulteriore personificazione del fanciullo eterno si può forse trovare anche nel fratello Guido; nella lirica In Memoriam, dove il giovane partigiano viene chiamato “fanciullo e gio-

90 Ibid., p. 90, vv. 30-35. 91 Ibid., p. 91, v. 58-59. 92 Pier Paolo Pasolini: “Poesia in forma di rosa”, in: Poesia in forma di rosa, p. 55, vv. 15-16. 93 Cfr. “Pier Paolo Pasolini. Le madri vili generano la società borghese”, p. 8. 94 Cfr. ibid. 95 James Hillmann: Saggi su Puer. Milano: Raffaello Cortina Editore 1988. P. 13. 96 Cfr. “Pier Paolo Pasolini. Le madri vili generano la società borghese”, p. 8. 97 Saggi su Puer, p. 13. 98 Cfr. Giovanni Avogadri: “L’usignolo della Chiesa Cattolica di P.P. Pasolini e il fascino del Puer Aeternus”. Pubblicato online in: Rivista Letteraria Libera La Recherche, sezione Saggi. Ultima modifica il 5 dicembre 2007. URL: http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Saggio&Id=1 [21.11.2018] 99 Pier Paolo Pasolini: “La passione. II.”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica, p. 7, vv. 1-2. 100 Ibid., vv. 5-6. 101 Ibid., vv. 14-15. 102 Saggi su puer, p. 34. 103 Pier Paolo Pasolini: “Le albe”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica, p. 5, v. 5-10. 82 vinetto,”104 ed è descritto come un “povero spirito / tremante sulle proprie spoglie / coi labbri ancora piegati / al riso / del giovane vivo.”105 Se in questa lirica, come anche nella già citata poesia Anniversario, 106 si rileva la presenza di Susanna Colussi,107 è senz’altro interessante notare invece l’assenza di riferimenti a una figura paterna.

5.3 La madre fanciulla nelle opere cinematografiche

Nelle pagine precedenti sono stati forniti alcuni esempi di rappresentazioni poetiche della figura della madre fanciulla e di entità a essa corollarie. Occorre ora, per avere un quadro più completo, rivolgersi alle realizzazioni dell’archetipo nei film. Se, tuttavia, nelle liriche esso è una presenza pressoché costante e si riferisce il più delle volte manifestamente alla madre del poeta,108 non si può forse dire lo stesso per quest’ultima forma artistica, eccettuato forse Il Vangelo secondo Matteo. Nelle realizzazioni cinematografiche, come si vedrà, i richiami alla madre fanciulla sono infatti spesso soltanto impliciti e, di conseguenza, meno tangibili.109 Il primo film di Pier Paolo Pasolini, Accattone, esce pressappoco nello stesso periodo in cui egli compone Supplica a mia madre110 e attraversa una fase di profondo turbamento ideologi- co e politico, definita da Martellini come una “crisi della storia e della ragione.”111 Di conse- guenza, l’ispirazione artistica fornita dalla figura positiva della madre fanciulla subisce un temporaneo arresto,112 e in Accattone il regista preferisce dare una diversa rappresentazione del femminile, che rifletta pertanto sia il confronto con i valori neo-capitalistici che la suppo- sta perdita di autenticità imputata all’essere umano.113 Potrebbe aver rivestito un decisivo ruo- lo nella suddetto mutamento di raffigurazione anche il trasferimento di Pasolini dalla campa- gna friulana al calderone romano,114 dove conosce una realtà che lo pone innanzi anche a donne dedite alla prostituzione, alla manipolazione e alla disonestà, motivo per il quale esse non possono più soddisfare il ritratto divinizzato del mitologema: “To the contrary, their looks and behaviours often contradicted the simple ways of the madre fanciulla and reflected the harsh realities lying beneath the surface of things.”115 Questa visione socialmente e cultural- mente critica si troverà tuttavia anche in diversi film successivi: “As a result, many of Pasoli-

104 Pier Paolo Pasolini: “In memoriam”, in: ibid., p. 13, vv. 6-7. 105 Ibid., vv. 15-19. 106 “Anniversario”, p. 1663, v. 23. 107 Ibid., v. 5. 108 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 30. 109 Cfr. ibid., p. 34. 110 Cfr. Album Pasolini, p. 48 e Sex, the Self, and the Sacred, p. 34. 111 Ritratto di Pasolini, p. 100. Corsivo nell’originale. 112 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 34. 113 Cfr. ibid. 114 Cfr. Pasolini su Pasolini, p. 45. 115 Sex, the Self, and the Sacred, p. 35. Corsivo nell’originale. 83 ni’s screen women reflect the problematic influence of a new that disregarded the socially marginal and humble.”116 Cionondimeno, l’ideale del femminile che era stato acquisito da Pasolini durante l’infanzia, se in un primo momento soggiace a una par- ziale disillusione, come è evidente nella presenza assolutamente marginale di donne e madri in Accattone,117 successivamente si rinvigora, pur non escludendo alcune ombre, come ad esempio avviene in Mamma Roma.118 In questo secondo film sono presenti due diverse madri fanciulle, ovvero la protagonista e la ragazza ventiquattrenne Bruna.119 Entrambe le donne sono tuttavia connotate da tratti ben più realistici che nelle opere precedenti, forse con l’intenzione di rispecchiare il sopravvivere o soccombere dell’archetipo materno e femminile nella civiltà neocapitalistica.120 Se infatti l’ascesa sociale di Mamma Roma viene costante- mente impedita da reminiscenze della cultura provinciale e semi-delinquenziale che aveva contraddistinto la vita sua e del figlio a Guidonia,121 Bruna è una sottoproletaria “al tempo stesso già corrotta dalle influenze della piccola borghesia”122 ed è vittima di soprusi sessuali da parte dei ragazzi del Quadraro.123 La miseria delle borgate non viene quindi rappresentata con uno sguardo idealizzante, ma al contrario decisamente disincantato; le difficoltà derivate dal desiderio di Mamma Roma di appartenere alla piccola borghesia saranno addirittura letali per Ettore, che morirà in preda alla febbre e al delirio,124 mentre il regista rappresenta “la dol- cezza dell’affetto materno”125 usando il dolly per “tre volte come si accarezza tre volte una persona che sta morendo.”126 Mamma Roma è una figura complessivamente positiva, della quale l’innocenza viene rimarcata con degli intensi primi piani: “For Pasolini, this type of shot had the effect of lifting the subject away from a painful experience or wretched environ- ment to suggest that she actually belonged to another time and place.”127 La donna dimostra inoltre un grande amore nei confronti del figlio Ettore, che tenta costantemente di far rinasce- re nella società piccolo-borghese.128 Nel nome bipartito della figura si può intendere, accanto ad altre importanti dicotomie,129 una significativa opposizione: “we note a contradiction in

116 Ibid. 117 Cfr. ibid., p. 46. 118 Cfr. ibid. 119 Cfr. ibid., p. 46ss. 120 Cfr. Ibid., p. 48. 121 Cfr. Mamma Roma, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1962. 0h17m48s-0h20m42s. 122 Pier Paolo Pasolini: Il cinema in forma di poesia. Pordenone: Cinemazero 1979. P. 25. 123 Cfr. Mamma Roma, 0h55m20s-0h57m22s. 124 Cfr. ibid., 1h35m20s-1h38m33s. 125 “«Mamma Roma», ovvero dalla responsabilità individuale alla responsabilità collettiva”, intervista in: Fil- mcritica. Fascicolo n. 125 (1962). Roma: Tipografia dell’Orso. 126 Ibid. 127 Sex, the Self, and the Sacred, p. 49s. 128 Cfr. Mamma Roma, 0h12m40s-0h13m02s. 129 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 55s. 84

Mamma Roma’s identity: she symbolizes both an innocent past (madre fanciulla, lack of poli- tical conscience) and a corrupt present that is made manifest by her petite bourgeois ideals (house, church, respectable friends, material possessions).”130 Il personaggio di Bruna si rive- la, nonostante le succitate influenze, molto più fedele all’archetipo, dal momento che appar- tiene più al passato che al presente.131 Fin dalla sua prima apparizione nel film, che la vede immersa col proprio figlio nella natura antica del Parco degli Acquedotti,132 è ovvia l’allusione all’iconografia della Madonna col bambino, e l’allusione è riproposta in una scena nella quale Ettore le regala una collanina con la raffigurazione dei due personaggi evangeli- ci.133 I connotati fanciulleschi di Bruna e del ragazzo traspaiono, ad esempio, nel seguente dialogo: “- E tu, quanti anni c’hai, Bru? – Io ce n’ho ventiquattro. – Ce n’hai sei e mezzo più de me. Però ‘mmazza, mica sei tanto sviluppata. – Pure te però, pari ‘n ragazzino!”134 La figu- ra della madre fanciulla si connota in Mamma Roma anche per alcuni riferimenti erotici, come traspare dallo sguardo di Ettore alla scollatura di Bruna, adorna della collanina religiosa,135 e dal rapporto sessuale consumato dai duo nel parco.136 È senz’altro interessante notare come, prima di appartarsi, essi ascoltino il canto degli uccelli,137 che come si è visto sono un elemen- to essenziale dell’archetipo, e il ragazzo di campagna Ettore riferisca a Bruna, che a differen- za sua non li sa distinguere, “Prima annavo sempre pe’ nidi, andò stavo io era pieno.”138 L’aspetto religioso della madre fanciulla, suggerito in Mamma Roma da richiami sia impliciti che espliciti all’iconografia della Madonna, rilevabili anche ne La ricotta e Il Decameron,139 si incarna nella sua forma più totalizzante ne Il Vangelo secondo Matteo, con l’attribuzione del ruolo della Maria anziana a Susanna Colussi. La Maria giovane, interpretata da Margherita Caruso, introduce già alcune componenti tipiche della trasposizione cinematografica dell’archetipo che si rileveranno anche nei due esempi successivi, ovvero un misterioso e ca- sto silenzio e la sublimazione sia dello sguardo che dei tratti facciali.140 Ciò si ritrova anche nella sceneggiatura: “Figura intera di Maria. Essa è una giovinetta, ma lo sguardo è profon- damente adulto: vi brilla, vinto, il dolore. Il dolore che si prova nel mondo contadino.”141

130 Ibid., p. 55. Corsivo nell’originale. 131 Cfr. ibid., p. 56. 132 Cfr. Mamma Roma, 0h29m41s-0h30m18s. 133 Ibid., 0h49m12s-0h49m30s. 134 Cfr. ibid., 0h48m50s-0h49m01s. 135 Cfr. ibid., 0h49m33s-0h49m36s. 136 Cfr, ibid., 0h40m52s-0h41m04s. 137 Cfr. ibid., 0h39m12s-0h39m41s. 138 Ibid., 0h39m36s-0h39h38s. 139 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 139. 140 Cfr. Giacomo Manzoli: Voce e silenzio nel cinema di Pier Paolo Pasolini. Bologna: Pendragon 2001. P. 162. 141 Pier Paolo Pasolini: Medea, in: Per il cinema. A cura di Walter Siti e Franco Zabagli. Milano: Mondadori 2001. (= I Meridiani.) P. 487. 85

Come una rappresentazione di questo genere corrisponda all’intenzione di voler rimarcare l’innocenza e la purezza tipiche della Vergine e della madre fanciulla, Pasolini lo rivela anche nell’intervista con Halliday, dove parla di un’“intensificazione di quell’elemento spirituale che è presente in ogni innocenza: ogni ragazza, ogni giovane donna innocente è piena di mi- stero. Tutto quello che ho cercato di fare è stato di moltiplicare per mille il mistero che c’è in questa particolare giovane donna.”142 Anche l’interpretazione di Susanna Colussi si connota delle suddette caratteristiche espressive, che culminano nella scena dove ella dà sfogo al dolo- re per la crocifissione del figlio con un “pianto muto.”143 Come infatti rileva Ryan-Schuetz, “Well beyond an age that would make her a sexual object in the traditional cinematic sense, the old Virgin [...] also stands out for her silent communication and compelling facial expres- sions.”144 Se è lecito chiedersi per quale motivo il regista abbia scelto proprio l’anziana madre per il ruolo di Maria Vergine, tale questione può essere agevolmente risolta tenendo conto di due fondamentali fattori. In primo luogo, è possibile leggere in tale imposizione la volontà di conferire all’opera un significato autobiografico, forse con lo scopo di coglierne delle impli- cazioni cristologiche;145 in secondo luogo, la ricchezza di riferimenti simbolici assegnati a Susanna nella vita e nell’opera dello scrittore non può che creare, nel momento in cui ella diventa la madre universale, una forte connessione alla poetica pasoliniana dell’autenticità.146 L’elemento autobiografico nel rapporto con la madre fanciulla, già sfiorato in questo film, giunge tuttavia al suo apice nel film Edipo re, colmo di riferimenti passionali: “In Edipo io racconto la storia del mio complesso di Edipo. Il bambino del Prologo sono io, suo padre è mio padre, ufficiale di fanteria, e la madre, una maestra, è mia madre.”147 Già nelle scene ini- ziali, ambientate negli anni Venti, risaltano alcune caratteristiche fondamentali nell’identificazione dell’archetipo, ovvero la vitalità, l’ingenuità e la natura. Dopo una serie di riprese che ritraggono un ambiente rurale molto simile a quello di Casarsa della Delizia e del- le campagne circostanti,148 il neonato Edipo-Pasolini, posto su un campo all’ombra dei papa- veri, viene attorniato da un gruppo di allegre fanciulle, intente a raccogliere fiori, che correr- ranno via ridendo dopo avergli lasciato affianco un ampio cappello bianco.149 In questo passaggio, come segnala Ryan-Schuetz, “Pasolini emphasizes the mistery and allure of the maidens’ presence by showing them only in part (shoes, dress hems, giggling voices) and

142 Pasolini su Pasolini, p. 88. 143 Voce e silenzio nel cinema di Pier Paolo Pasolini, p. 165. 144 Sex, the Self, and the Sacred, p. 147. 145 Cfr. ibid. 146 Cfr. ibid. 147 Pier Paolo Pasolini: Edipo re. Un film. Milano: Garzanti 1967. P. 366. Corsivo nell’originale. 148 Cfr. Edipo re, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1967. 0h1m35s-0h3m29s. 149 Cfr. ibid., 0h2m20s-0h3m06s. 86 alluding by association to the components of the mother’s youth and innocence.”150 Il colore bianco del cappello e delle vesti delle ragazze, che verrà riproposto successivamente anche nell’abito della figura di Merope, richiamerebbe inoltre la purezza e l’innocenza sia del neo- nato che della madre fanciulla.151 Nel prologo, la giovane genitrice porta in braccio e allatta Edipo-Pasolini, mentre diversi primi piani mostrano il suo viso.152 La scelta dell’attrice ha evidenti motivazioni autobiografiche: “Per me la Mangano ha una certa aria di famiglia; coi suoi zigomi alti, il viso allungato, così spirituale e sensuale al tempo stesso, così misteriosa, mi ricorda mia madre.”153 Nel film sono invero presenti tre figure materne: la madre amorevo- le del prologo, la madre putativa Merope e la moglie-madre Giocasta, interpretata sempre da Silvana Mangano. Anche Giocasta, almeno in un primo momento, è una figura femminile di cui viene messa in risalto la purezza, come si deduce dalla ripetuta raffigurazione in indumen- ti bianchi e tonache blu scuro, colore che potrebbe alludere al liquido amniotico.154 La perdita dell’innocenza avviene nell’istante in cui all’attrazione fisica tra Edipo e Giocasta si aggiun- ge, tuttavia solo per istintiva intuizione, la coscienza riguardo alla natura parentale dell’intimità che li lega.155 Nello scambio di sguardi che succede alla consapevolezza di ciò che è “terribile sapere”156 si deve rilevare una scena chiave di Edipo: “È un attimo: ma il suo sguardo si ferma su di lei. Una rapida espressione intima e indecente è in quello sguardo: lo sguardo sul seno bianco. [...] Ormai, nello sguardo che scambia con la Regina, egli è padrone dei propri sentimenti; la guarda con l’ipocrita innocenza del rispetto.”157 Occorre rimarcare come sia proprio tramite la sessualità e la passione che i due personaggi possono giungere alla conoscenza della propria natura, la quale in principio era stata tuttavia respinta, come si evin- ce dalle parole dell’indovino Tiresia: “Tu mi rinfacci e mi rimproveri la mia natura, e non vuoi conoscere la natura che è in te.”158 Risulta anche simbolico e verosimilmente autobiogra- fico il conflitto tra Edipo e il padre, “un uomo che mi aveva insultato [...] con la sua superbia, con la sua volontà di sopraffarmi, con la sua autorità.”159 Nell’ultimo segmento del film, dopo che la madre si è impiccata ed Edipo accecato, quest’ultimo vaga per la moderna Bologna in compagnia di un messaggero, interpretato da Ninetto Davoli, per infine tornare ai verdi campi della sua infanzia, come a voler ritrovare l’originale sfera materna.

150 Sex, the Self, and the Sacred, p. 59. 151 Cfr. ibid. 152 Cfr. Edipo re, 0h3m07s-0h5m28s. 153 Stelio Martini: “La Mangano mi ricorda mia madre”, in: Tempo, 16 marzo 1968, p. 18. 154 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 60. 155 Cfr. ibid., p. 61. 156 Edipo re, 1h07m39s-1h07m48s. 157 Edipo re. Un film, p. 94. Corsivo nell’originale. 158 Edipo re, 1h08m33s-1h08m46s. 159 Ibid., 1h27m25s-1h27m37s. 87

In Medea, la protagonista è una madre fanciulla dalle caratteristiche analoghe a quelle della precedente Mamma Roma.160 Anche la figlia del re della Colchide, se è un’esponente di una cultura primitiva e marginale, è attratta tuttavia dalla prospettiva di integrarsi in una società più sviluppata.161 Sotto la costante luce femminile e materna, in questo film si collocano in una posizione di rilievo soprattutto i nessi tra il mitico, il sacro e la passione. Come infatti segnala il critico Massimo Fusillo, sarebbero proprio questi tre gli elementi da segnalare nella figura di Medea.162 In primo luogo, si rivela quindi “il conflitto tra la civiltà occidentale e orientale,”163 nel quale è possibile leggere le dicotomie sia tra il barbarico-matriarcale e il tessalico-patriarcale164 che tra antichità e presente; in secondo luogo, “il carattere soprannatu- rale del personaggio,”165 che le permette di comunicare con le entità sacrali e di svolgere ri- tuali magici al fine di fertilizzare la terra,166 azione che si presenta come un chiaro simbolo vitale; infine, “la violenza del sentimento amoroso,”167 che è “legata intimamente all’emarginazione sociale,”168 ossia all’aspetto realistico che varia l’archetipo della madre fanciulla anche nella sua prima trasposizione cinematografica.169 L’innocenza e la vitalità di Medea vengono sottolineate da intensi primi piani che ne scrutano il viso e gli occhi. Per la donna orientale e arcaica, la cui vicenda si intreccia per molti versi con quella dell’attrice Ma- ria Callas,170 l’uomo occidentale e moderno Giasone prova un amore inconscio, ossia un’istanza dell’Es, 171 che egli tenta di rimuovere. Ciò si evince anche dall’incontro di Giaso- ne con i due Centauri, l’uno sacro e conosciuto nell’infanzia, l’altro sconsacrato e proprio dell’età adulta;172 come riflette quest’ultimo, “nulla potrebbe impedire al vecchio Centauro di ispirare dei sentimenti,”173 dal momento che esso rappresenta un mondo antico e mitico: Esso non parla, naturalmente, perché la sua logica è così diversa dalla nostra che non si potreb- be intendere. Ma posso parlare io per lui: è sotto il suo segno che tu, al di fuori dei tuoi calcoli e della tua interpretazione, in realtà ami Medea, [...] e comprendi la sua catastrofe spirituale, il suo disorientamento di donna antica, in un mondo che ignora ciò in cui lei ha sempre creduto. La poverina ha avuto una conversione alla rovescia, e non si è più ripresa.174

160 Cfr. Sex, the Self and the Sacred, p. 68. 161 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “Sviluppo e progresso”, in: Scritti corsari, p. 175. 162 Cfr. Massimo Fusillo: La Grecia secondo Pasolini. Mito e cinema. Firenze: La Nuova Italia 1996. P. 132s. 163 Ibid. 164 Cfr., per l’opposizione matriarcale-patriarcale in Medea, anche Christa Wolf: Medea. Stimmen. Francoforte sul Meno: Suhrkamp 2010. 165 La Grecia secondo Pasolini. Mito e cinema, p. 133. 166 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 69. 167 La Grecia secondo Pasolini. Mito e cinema, p. 133. 168 Ibid 169 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 48. 170 Cfr. “Poeta in un’età di penuria. Pier Paolo Pasolini al capezzale della tragedia”, p. 37. 171 Cfr. La Grecia secondo Pasolini. Mito e cinema, p. 137. 172 Cfr. Medea, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1969. 1h01m30s-1h01m43s. 173 Ibid., 1h02m50s-1h02m54s. 174 Ibid., 1h02m02s-1h02m41s. 88

Si potrebbe affermare che il tema principale di Medea, già presente in Edipo re, è il rapporto ambivalente tra l’individuo borghese, che cerca invano di eliminare il sacro dalla sua esisten- za, e la madre fanciulla, che se da una parte ha caratteristiche arcaiche, vitali e ingenue, dall’altra parte ha la facoltà di alimentare le violente pulsioni passionali che richiamano una natura sacra e primordiale. In quest’ottica mitica, il film espone quindi il “disagio della civiltà”175 borghese e patriarcale, contrapposto alla purezza dell’epoca arcaica e matriarcale.

5.4 Riflessioni

Nel corso di questo capitolo è stata fornita una descrizione generale dell’archetipo della madre fanciulla nell’opera di Pier Paolo Pasolini. Si è svolta innanzitutto un’indagine terminologica volta a isolare le due componenti dell’indicazione figurale, per infine coglierne l’antitetico significato d’insieme. Se il termine «madre» ha una funzione in parte idealizzante e in parte correlata alle donne reali conosciute da Pasolini, in particolar modo alla madre Susanna Co- lussi, «fanciulla» intende evidenziare determinate qualità giovanili e femminili come l’innocenza, l’ingenuità e la purezza virginale. La madre fanciulla, in conseguenza a ciò, non può che raffigurare un ambivalente nesso tra i suddetti elementi, a cui tuttavia ne aggiunge di nuovi, come la primordialità femminile e matriarcale, la natura ciclica del mistero vitale e la sacralità. Essa inoltre, proprio in quanto figura ossimorica, è un’espressione caratteristica della poetica pasoliniana, che si è vista infatti contrassegnata da diverse contraddizioni, e ri- manda a una smisurata passione dello scrittore nei confronti della realtà. Ai fini di compren- dere più profondamente l’archetipo, è stato necessario rivolgere lo sguardo a diverse opere sia cinematografiche che poetiche. Si è quindi visto come la madre fanciulla, nella sua trasposi- zione filmica, si caratterizzi degli elementi realistici e di critica socioculturale che permeano la produzione pasoliniana soprattutto a partire dagli anni Sessanta, con esiti non soltanto idea- lizzanti e positivi. Si rivelano inoltre come interessanti anche diverse connotazioni di natura erotica e mortuaria, che sono collegabili a componenti autobiografiche pasoliniane come il complesso edipico e un certa angoscia sessuale nei confronti della grazia materna.

175 Sigmund Freud: Il disagio della civiltà. A cura di Stefano Mistura. Torino: Einaudi 2010. (= Piccola Bibliote- ca Einaudi. Nuova Serie.) 89

6 Solo per la donna – la madre fanciulla nella poesia

6.1 La meglio gioventù

Quando nel 1954 esce La meglio gioventù, la raccolta si colloca in una fase solo intermedia di quella “parata, ma anche escursione”1 di Pier Paolo Pasolini all’interno della poesia friulana, cominciata già dodici anni prima con Poesie a Casarsa, continuata con Tal còur di un frut nel 1953 e portata a compimento nel 1975 con “l’esperienza autodistruttiva”2 e suicida3 de La nuova gioventù, dove la “Fontana di rustic amòur”4 a Casarsa non è più “[...] di amòur par nissùn.”5 L’opera, dedicata “con «amor de loinh»”6 al critico Gianfranco Contini e dal titolo riecheggiante la generazione che “va soto tera”7 nel lugubre canto alpino Sul ponte di Bassa- no,8 si compone di due parti; la prima include le Poesie a Casarsa (suddivisa nelle sezioni Casarsa, Aleluja e La domenica uliva), la Suite furlana (con Linguaggio dei fanciulli di sera, Danze e Lieder) e un’Appendice (Il gloria) ‒ la seconda comprende El testament coràn e Ro- mancero (ripartita in I Colús e Il Vecchio Testamento).

6.1.1 Aleluja

La lirica eponima della seconda sezione di Poesie a Casarsa si presenta in otto strofe numera- te, composte di versi asinometrici dalle rare rime – per lo più identiche, come nei vv. 20-21 e 41-43 – e assonanze. Si rilevano talora anche metri più regolari, ad esempio nell’endecasillabo dei vv. 1-2 e nel settenario dei vv. 6-7. Se la sintassi frammentaria delle strofe II, III e VII rimanda a Ungaretti,9 la loro disposizione tipografica è quella usata anche da Jahier e Holz.10 Il testo, come preannunciato dal titolo, è un “canto di gioia”11 per lo stato di beatitudine rag- giunto da un fanciullo dopo la morte, segnalato dal seguente makarismòs: “Beàt / cui ch’a no ’l rit pí, / e usièj e ciants / lu cumpàgnin pal Sèil.”12 L’ossimoro contenuto nel passaggio deve

1 Damiano Benvegnù: “Il sacrificio di Narciso. Pasolini friulano”, in: La nuova gioventù? L’eredità intellettuale di Pier Paolo Pasolini. A cura di Emanuela Patti. Novi Ligure: Edizioni Joker 2009. (= Transference) P. 107. 2 La poesia, il corpo, il linguaggio, p. 81. 3 Cfr. Attraverso Pasolini, p. 232. 4 Pier Paolo Pasolini: “Dedica”, in: La meglio gioventù, p. 7, v. 3. 5 Pier Paolo Pasolini: “Dedica”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. La nuova gioventù. P. 1063, v. 3. 6 La meglio gioventù, p. 1, cfr., per i motivi della dedica, “Al lettore nuovo”, p. 151. Virgolette nell’originale. 7 Ibid., p. 287 (trascrizione al principio della seconda parte della raccolta) 8 Cfr. Angela Porcarelli: “Il realismo di Pier Paolo Pasolini”, in: Pier Paolo Pasolini. In living Memory. P. 152. Cfr. anche il successivo “Sul ponte di Perati”, cantato dagli aguzzini in Salò o le 120 giornate di Sodoma. 9 Cfr. nota ad “Aleluja”, in: La meglio gioventù, p. 46. 10 Cfr. ibid., p. 48. 11 Ibid., p. 46. 12 “Aleluja”, p. 48, vv. 4-7. 90 indicare che “per il poeta la morte pare coincidere con la liberazione dalle passioni e [...] nel raggiungimento di una specie di atarassia, di liberazione non tanto dal dolore quanto dal ri- so,”13 manifestazione di un sentimento che nella lirica implica la mancanza di innocenza14 dello “scur”15 terrestre e materiale. Il fanciullo, morto in un lunedì di aprile,16 si presenta in- fatti nella forma di “un frut di lus”17 e, come già in Gozzano,18 di un “cardellino.”19 Se il lu- nedì, come anche in Li letanis dal biel fí, è il giorno in cui “si mòur,”20 la stagione primaverile coincide in Pasolini ‒ come si vedrà di nuovo, ad esempio, ne L’annunciazione e Supplica a mia madre ‒ con “il periodo pasquale e quindi con il ciclo di passione, morte e resurrezio- ne.”21 L’evidente riferimento religioso, “prepotente”22 nell’intera Meglio gioventù,23 e che in Aleluja traspare non solo dalla suddetta opposizione scur-vita e lus-morte, ma anche dall’uso delle maiuscole nelle indicazioni temporali24 e dal battere dalle “ciampanis,”25 ritrova con- ferma nell’incontro con Cardillo: “l’usare la lingua di certi parlanti, ha trascinato con sé anche quei parlanti. Quei parlanti erano i contadini friulani, religiosi. E [...] questa loro religiosità contadina si è proiettata nella mia poesia quasi automaticamente.”26 L’elemento sacrale porta dunque con sé quello rurale e, di conseguenza, anche quello materno.27 Se nelle strofe IV, V e VIII si trovano infatti delle foglie che si muovono per il vento a Saletto,28 il filo d’erba che “denota l’immobilità del mondo di fronte al passare del tempo”29 e il cantare dei grilli per i campi,30 è tuttavia la figura della madre fanciulla la “vera protagonista”31 di Aleluja. La poe- sia è la prima de La meglio gioventù in cui si assiste all’apparizione dell’archetipo che è una delle numerose ascendenze pascoliane e giottiane nella raccolta.32 La madre fanciulla compa- re nella terza strofa come trasformazione puerile della madre del defunto,33 dopo che

13 Nota ad “Aleluja”, p. 46. 14 Cfr. ibid. 15 “Aleluja”, p. 48, v. 12. 16 Ibid., v. 2 e v. 25. 17 Ibid., v. 10. 18 Cfr. Guido Gozzano: “La morte del cardellino”, in: Poesie. A cura di Edoardo Sanguineti. Einaudi: Torino 1973. P. 28. 19 “Aleluja”, v. 3. Traduzione a piè di pagina. 20 Pier Paolo Pasolini: “Li letanis dal biel fí”, in: La meglio gioventù, p. 30, v. 29. 21 Nota ad “Aleluja”, p. 46. 22 Pasolini rilegge Pasolini, p. 42. 23 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 119s. 24 Cfr. “Aleluja”, p. 48, v.2; p. 49, v. 25. 25 Ibid., p. 49, v. 28. 26 Pasolini rilegge Pasolini, p. 42s. 27 Cfr. ibid., p. 34. 28 “Aleluja”, p. 49, v. 24. 29 Nota ad “Aleluja”, p. 47. 30 Ibid., p. 50, v. 42-43. 31 Nota ad “Aleluja”, p. 48. 32 Cfr. ibid., p. 51ss. 33 Cfr. “Aleluja”, p. 49, vv. 13-19. 91 quest’ultima aveva contemplato con l’io poetante, nel buio della stanza precedente, la natura di luce del figlio.34 Proprio il ricevimento dell’elemento luminoso le consente infine la meta- morfosi, nella quale non solo “si rispecchiano i destini dei figli”35 ma si rileva anche una ci- clica retrocessione dell’anima, sottolineata dall’imperfetto: “Biondu / to mari tal soreli / a tornava fruta."36 Se, come segnalato da Arveda, “le prospettive temporali si schiacciano, il prima e il poi si scambiano di posto,”37 e la madre fanciulla si accosta al figlio in un procedi- mento cromatico, è solo attraverso l’ulteriore trasformazione in passeretta che può esprimere il dolore per il cardellino morto: “Font / al era il so còur, / ta la grava, / na vòus di passaru- ta.”38 Il cuore della madre che affonda nel greto si oppone infatti alla leggerezza della luce e alla voce degli uccelli, come a rammentare che “la sua fanciullezza non può essere spensiera- ta.”39 Prima che il fanciullo stesso esorti i grilli, nel percussivo finale “stravinschiano,”40 a cantare la sua morte nei campi,41 gli viene riferito come sia solo la disperazione della madre ‒ altro elemento pascoliano ‒ a segnalare la sua assenza: “Ma nissún no ti recuarda. / Ti mancis / dal mond / doma cu’l plant di to mari.”42 Il dolore della donna è tuttavia un elemento natura- le e positivo, intersecandosi con l’ulivo pasquale e i prati soleggiati della settima strofa.43 Questa componente viene rimarcata per contrasto dalla seconda forma di Aleluja ‒ ne La nuo- va gioventù ‒ dove la madre, in una realtà contadina che ha perduto la propria sacralità, non compie alcuna metamorfosi e il figlio, non reso beato dal suo pianto, è “un frut mai vivùt.”44

6.1.2 La domènia uliva

Di questa lirica di ambientazione pasquale, “a metà tra la sacra rappresentazione e il contra- sto,”45 esistono tre differenti versioni: una iniziale, nell’edizione bolognese di Poesie a Casar- sa, in cui si assiste alla trasformazione della madre in un chierichetto;46 una centrale, nel Tal còur di un frut e ne La meglio gioventù, dove ella si cela invece sotto le spoglie di una madre fanciulla che reca un ramo d’ulivo; una finale, ne La nuova gioventù, in cui la rappresentazio-

34 Cfr. Ibid., p. 48, vv. 11-12. 35 Nota ad “Aleluja”, p. 47. 36 “Aleluja”, p. 49, vv. 13-15. 37 Nota ad “Aleluja”, p. 47. 38 “Aleluja”, p. 49, vv. 16-19. 39 Nota ad “Aleluja”, p. 47. 40 Giorgio Caproni: “Pasolini”, in: Paragone. A cura di Roberto Longhi e Anna Banti. Fascicolo n. 62 (1955). Firenze: Sansoni. P. 85. 41 “Aleluja”, p. 50, vv. 40-43. 42 Ibid., vv. 33-36. 43 Ibid., vv. 37-40. 44 Pier Paolo Pasolini: “Aleluja”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. La nuova gioventù, p. 1087, v. 10. 45 Nota a “La domènia uliva”, in: La meglio gioventù, p. 78. 46 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “La domenica uliva”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie a Casarsa, p. 1212, inti- tolazione della terza strofa. 92 ne della madre-nonna consente l’identificazione dell’anziana con Susanna Colussi, in virtù anche delle precise indicazioni di età: “Otantaquatri àins / jo, tu sinquantadoi, / ’na mari zòvi- na / e un fì fantassùt.”47 Nel presente capitolo viene tuttavia presa in esame solamente la ver- sione de La meglio gioventù, raccolta nella quale La domènia uliva si colloca come la “prova centrale di un libro che inscena dialoghi tra giovinetti.”48 La lirica, l’unica inclusa nella terza sezione del primo capitolo, è la sintesi dello “sperimentalismo dialettale pasoliniano con una spinta drammaturgica.”49 Essa ha infatti la forma di uno scambio di battute di un figlio prima con la “madre morta,”50 poi con la donna fattasi fanciulla e, in seguito, con la stessa ridivenuta adulta. In chiusura si trovano una preghiera a due voci e l’angosciato “consenso finale [...] alla chiamata di Cristo”51 da parte dell’io poetante, rimasto solo. Per quanto riguarda lo schema metrico del componimento, la misura base è la quartina, fatta eccezione per una coppia di terzine nei vv. 21-26, che seguono lo schema abc-abc. Le quartine ‒ rappresentate tipografi- camente come tali, a parte la sticomitia dei vv. 63-66 ‒ sono composte in maniera predomi- nante da settenari, intervallati tuttavia da due brusche variazioni quinarie ‒ entrambe a opera del fanciullo52 ‒ dal v. 67 al v. 78 e dal v. 99 al conclusivo v. 110. Sono presenti dei senari nei vv. 22, 29, 59, 64 e 98, e nell’ultimo caso si assiste a un “effetto di anticlimax ritmico.”53 Da un punto di vista contenutistico, si rivela ancora una volta considerevole l’accostamento dell’ambientazione pasquale a certe connotazioni mortuarie inerenti alla vita paesana. Ne La domènia uliva esse, tuttavia, non hanno più come oggetto un infante morto prematuramente, ma al contrario l’archetipo stesso. Se infatti l’offerta delle frasche d’ulivo, un simbolo di vit- toria, rigenerazione e immortalità54 che è centrale anche nella lirica L’aulîf di Pasca,55 coinci- de con l’apparizione della madre fanciulla, questa rappresenta la metamorfosi puerile di una madre ormai defunta, che ha la possibilità di riapparire in modo temporaneo per ricongiunger- si al figlio ancora vivo, il quale inoltre non è più fanciullo, ma un ragazzo adulto.56 La conse- guente tematizzazione di “infanzia-adolescenza-innocenza opposte a maturità-degradazione-

47 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “La domènia uliva”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. La nuova gioventù, p. 1103, v. 35-38. 48 Maria Sabina Titone: Cantiche del Novecento. Dante nell’opera di Luzi e Pasolini. Firenze: Leo S. Olschki 2001. P. XII. Cfr. anche i dialoghi madre-figlio: “Lacrima”, “Fanciullo e paese” e “Contrasto della donna e del soldato”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse I, pp. 1559-1567. 49 Stefania Rimini: La ferita e l'assenza. Performance del sacrificio nella drammaturgia di Pasolini. Acireale: Bonanno 2006. P. 121. 50 Pasolini rilegge Pasolini, p. 43. 51 Jean-Michel Gardair: Narciso e il suo doppio. Saggio su La nuova gioventù di Pasolini. Roma: Bulzoni 1996. P. 92. 52 Cfr. “La domènia uliva”, ne: La meglio gioventù, p. 85, vv. 67-68. 53 Cfr. Nota a “La domènia uliva”, p. 82. Corsivo nell’originale. 54 Cfr. Note di “The selected poetry of Pier Paolo Pasolini”, p. 450. 55 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “L’aulîf di Pasca”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. Poesie disperse I, p. 1555, v. 1. 56 Cfr. “La domènia uliva”, p. 82, v. 3-4. 93 morte,”57 stabilita da Fortini come filo conduttore dell’intera raccolta, si trova quindi anche nella presenza dell’archetipo ne La domènia uliva, più precisamente nella ricorrente opposi- zione simbolica e impressionistica58 tra luce e buio. Se si accompagnano infatti a tinte scure e plumbee sia i “vinc’àins / dal me vivi cristiàn“59 del protagonista maschile che i prati60 e i „vecius murs“61 del paese, risultano al contrario chiare e leggere la presenza della madre,62 la luce solare,63 le foglie dell’ulivo64 e, di conseguenza, l’intera „sera di Pasca.“65 La lirica si caratterizza tuttavia anche per notevoli elementi di novità: in primo luogo, il figlio si rapporta alle due manifestazioni della madre, non avendo riconosciuto la parente defunta nella madre fanciulla,66 in un atteggiamento del tutto diverso;67 in secondo luogo, la poesia dimostra il fallimento del tentativo di comunicazione tra madre e figlio,68 che riesce tuttavia in modo sol- tanto parziale, del resto attraverso le parole preordinate della preghiera, quando la figura ma- terna torna a essere spirito.69 Il fattore iniziale trova conferma nella dimostrazione di profondo e doloroso rispetto del ragazzo nei confronti della madre,70 opposto al conflitto verbale che egli ingaggia con la madre fanciulla, dopo aver scorto una certa inesplicabile “passion”71 ma- terna nei suoi occhi. A un relativo riferimento da parte del figlio, la madre fanciulla cerca di richiamarlo alla tremula atmosfera di festa che regna nel paese,72 eppure egli protesta: „Sa ciàcaris! Na fras-cia, / no altri, i ài domandàt. / Sai ben jo se ch’a trima / tal país sensa pas.“73 A ogni prospettiva che in seguito l’archetipo propone al figlio a scopo consolatorio ‒ siano questi il cielo, gli anni, i corpi o le donne ‒ il ragazzo oppone o la morte o il silenzio della sua voce solitaria,74 sicché la madre fanciulla è costretta a cedere il passo nuovamente allo spirito della madre.75 Questi vuole ancora una volta rincuorare il giovane, scambiando la sua triste voce con la preghiera del Padre Nostro e richiamandolo quindi a una paternità comune,76 tut-

57 Attraverso Pasolini, p. 155. 58 Cfr. Pasolini, Sade e la pittura, p. 40. 59 “La domènia uliva”., p. 82, v. 3-4. 60 Cfr. ibid., p. 86, v. 68. 61 Ibid., p. 83, v. 20. 62 Cfr. ibid., p. 82, v. 14. 63 Cfr. ibid., p. 84, v. 37. 64 Cfr. ibid., p. 83, v. 22. 65 Ibid., v. 24. 66 Cfr. ibid. 67 Cfr. Nota a “La domènia uliva”, p. 78. 68 Cfr. ibid. 69 Cfr. ibid. 70 Cfr. ibid., p. 82, vv. 1-8. 71 Ibid., p. 83, v. 32. 72 Cfr. ibid., p. 84, vv. 35-42. 73 Ibid., p. 84, vv. 43-46. 74 Cfr. ibid., p. 85, vv. 63-67. 75 Cfr. ibid., p. 86, v. 67. 76 Cfr. Nota a “La domènia uliva”, p. 81. 94 tavia anche quest’ultimo tentativo di comunicazione fallisce.77 Se in questa poesia si trova una riconferma alle implicazioni religiose e consolatorie della figura della madre fanciulla, si registrano nella sua presenza tuttavia anche elementi decisa- mente dolorosi e sconsolati. Nondimeno, sono proprio questi a consentire la già attestata “du- plice identificazione Figlio-Cristo e Madre-Madonna, alla vigilia della Passione del Figlio,”78 anche in virtù del fatto che Pier Paolo Pasolini inizia a affrontare il tema cristologico proprio a partire dal periodo in cui scrive La domènia uliva.79

6.1.3 Suite furlana

La Suite furlana, posta in apertura alla centrale sezione Danze, è la lirica eponima del capitolo che segue Poesie a Casarsa, denso sia di echi omosessuali ‒ ad esempio, in Laris: “Arrivato da tua madre, sentirai ancora sulle labbra i baci che ti ho dato come un ladro?”80 ‒ che artistici e musicali. Se infatti, già nei titoli delle sezioni, il Linguaggio dei fanciulli di sera viene ac- comunato ai Lieder e alla rappresentazione coreutica, il Suspir di me mari ta na rosa presenta una fitta “tessitura fonico-musicale”81 e, tra le singole poesie, figurano i Ciants di un muàrt, un Lied, una Cansoneta e le tre parti della Dansa di Narcís. Oltre che nel titolo, “di probabile derivazione lorchiana,”82 la lirica si rifà al genere musicale di ascendenza barocca anche nello schema metrico: sono infatti presenti quattro strofe, ognu- na delle quali è composta da una coppia di quartine di novenari, iper- e ipometri in alcuni casi. Fatta eccezione per la terza strofa, dove a e b sono in assonanza forse pascoliana,83 i versi rimano in una speculare forma aabb. La “precisa geometria”84 delle fitte relazioni “di identità, di similarità, di convergenza timbrica”85 nella Suite furlana ha verosimilmente l’intenzione di richiamare i tipici elementi di alternanza ritmica e di opposizione armonico-tematica all’interno dei movimenti di una suite musicale. Tuttavia, mentre questi movimenti prendono usualmente i nomi di danze, le quattro parti della lirica sono soltanto numerate. Da un punto di vista formale è anche da segnalare “l’ardito e, per l’autore, eccezionale enjambement”86 degli ultimi due versi, una figura che nel poeta friulano “è sempre di tipo ritmico, cioè non

77 Cfr. ibid. 78 Pasolini, Sade e la pittura, p. 40. 79 Cfr. Pasolini rilegge Pasolini, p. 43. 80 Pier Paolo Pasolini: “Laris”, in: La meglio gioventù, p. 220, vv. 1-4. Traduzione a piè di pagina. 81 Guido Santato: Pier Paolo Pasolini. L’opera. Vicenza: Neri Pozza 1980. P. 91. 82 Ibid., p. 91. 83 Cfr. Pier Paolo Pasolini: “Suite furlana”, in: La meglio gioventù, p. 158, vv. 17-24 con: Giovanni Pascoli: “Vespro”, in: Poesie, p. 103, vv. 8-13. 84 Furio Brugnolo: “La metrica delle poesie friulane di Pasolini,” in: Pier Paolo Pasolini. L’opera e il suo tempo. A cura di Guido Santato. Padova: Cleup 1983. P. 172. 85 Ibid. 86 Nota a “Suite furlana”, p. 157. Corsivo nell’originale. 95 tende a neutralizzare le pause, ma semmai a esaltarle.”87 Il tema affrontato nella Suite furlana è quello del “morto-vivo, del dentro-fuori, [...] intonato secondo il modo di Narciso”88 e riflesso in uno specchio dove infine appare la madre fanciul- la, “osservata nei suoi semplici gesti di allegra comunione con la natura.”89 Accanto all’archetipo, che in questa lirica sembra coincidere con il desiderio di identificazione del poe- ta con il passato mitico materno,90 sono presenti altri due soggetti: un “frut generico”91 nella prima strofa, e l’io poetico fattosi fanciullo nella successiva. Al principio troviamo quindi un allegro frut intento a guardarsi nello specchio e che, insoddisfatto dal riflesso, vuole osservar- ne il rovescio “per scoprire la realtà al di là dell’apparenza,”92 scorgendoci tuttavia solo cose banali e prevedibili.93 Le immagini cominciano poi a smaterializzarsi: del riflesso del corpo infantile rimane solo la semplice forma; quando il poeta fanciullo intende specchiarsi a sua volta, scopre invece “il recuàrt da la me vita viva / coma erba ta na nera riva.”94 Anch’egli cerca di seguirne il rovescio, riuscendo a penetrare con lo sguardo fin dietro il vetro. Il ricordo diventa prima un barlume bianco, poi un paese di luce, dove risuona “na ciampana / tal còur dongia, tal timp lontana.”95 Attraverso una specie di “transfert memoriale,”96 l’io poetante può ora fondersi con la madre fanciulla.97 Nella quarta strofa ella si aggira per una natura idilliaca, odorando la resina delle querce, i fichi e i fiori ‒ tra cui, simbolicamente, gli “Occhi della Madonna”98 ‒ per infine correre “via contenta pai rivàj,”99 adorna di una collana di coralli. La Suite furlana si rivela carica di simbolismo e, di conseguenza, particolarmente adatta per riconoscervi i tratti tipici della figura della madre fanciulla, che nel corso delle ultime tre ana- lisi si è mostrata decisamente polimorfa. In questa lirica l’archetipo si trova a coincidere con l’io poetante. Esso appare accompagnato dalla luce, dal candore cromatico, dalla natura e dall’allegria, rivelandosi ancora una volta come l’espressione di un passato contadino arcaico, dalle tinte senz’altro religiose. Come rileva Flòrez, nel momento in cui la madre fanciulla assume “le sembianze della divinità femminile di una vegetazione generosa e profumata,”100 ella deve diventare una “ierofania della religione matriarcale, che personifica una natura sacra

87 “La metrica delle poesie friulane di Pasolini”, p. 37. 88 Attraverso Pasolini, p. 24. 89 Nota a “Suite furlana”, p. 155. 90 Cfr. ibid., p. 156. 91 Ibid. Corsivo nell’originale. 92 Nota a “Suite furlana”, p. 155. 93 Cfr. “Suite furlana”., vv. 5-6. 94 Ibid., p. 158, vv. 11-12. 95 Ibid., v. 19-20. 96 Nota a “Suite furlana”, p. 155. 97 Cfr. “Suite furlana”, vv. 23-24. 98 Ibid., p. 159, v. 27. 99 Ibid., v. 30. 100 “Pier Paolo Pasolini. Le madri vili generano la società borghese”, p. 8. 96 in se stessa, legata alla fertilità,”101 quindi la Grande Dea Madre.102 Inoltre, come osserva Arveda, la coincidenza dell’io poetante col figlio-fanciullo e con l’archetipo “si identifica col restare fedele al proprio Passato (la madre) rifiutandosi al Futuro (la condizione di adulto- padre) come [...] perdita del referente eidetico originario.”103 Non è da escludere una personi- ficazione della madre fanciulla in Susanna Colussi, che nel “mil / noufsènt e doi”104 aveva undici anni. Un ulteriore elemento d’interesse viene segnalato da Fortini, secondo il quale l’identificazione del poeta con l’archetipo e la conseguente scissione “esprime l’orrida auto- sufficienza di una contraddizione polare, che non si media mai in un terzo, in un oggetto.”105 Il risultato di questo procedimento dalla passionalità esclusiva, per cui “è dannata / alla solitu- dine la vita che mi hai data,”106 troverà riscontro anche nelle raccolte successive.

6.2 L’usignolo della Chiesa Cattolica

Pier Paolo Pasolini compone questa raccolta nel tragico periodo tra il 1943 e il 1949,107 lo stesso in cui vedono la luce gli ultimi testi de La meglio gioventù. Anche ne L’usignolo della Chiesa Cattolica, stampato solo nel 1958,108 troviamo allora “paesaggi e personaggi, radici antropologiche, [...] furori esistenziali”109 del Pasolini friulano, tuttavia con alcune fondamen- tali differenze, non solo di carattere linguistico; stilisticamente è prevalente infatti un “certo ermetismo,”110 modellato su Saba e Caproni,111 nel quale comunque si rileva la “profonda solidarietà”112 dello scrittore e la letteratura del Novecento. Dominante nell’opera è la “[...] irreligiosa, / barbara, [...] ingenua sposa / e infante genitrice,”113 dell’autore, che l’ha “espresso / nel mistero del sesso / a un logico Creato.”114 Abbiamo pertanto a che fare un intrigante intreccio tra passione, maternità e religione, declinato come consueto nella figura della madre fanciulla. Sette sezioni suddividono la raccolta: L’usignolo della Chiesa Cattoli- ca, Il pianto della rosa (con le sottosezioni La verginità e Il non credo), Lingua, Paolo e Ba- ruch, L’Italia, Tragiques e La scoperta di Marx I-IX.

101 Ibid. 102 Cfr. “Il mito della grande madre. Una possibilità di lettura di Poesia in forma di rosa di Pasolini”. 103 Pier Paolo Pasolini. L’opera, p. 91s. 104 “Suite furlana”, p. 159, vv. 31-32. 105 Attraverso Pasolini, p. 24. 106 Cfr. “Supplica a mia madre”, p. 27, vv. 7-8. 107 Cfr. Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 120. 108 Cfr. ibid. 109 Ibid. 110 Porta, p. 39. 111 Cfr. ibid. 112 Attraverso Pasolini, p. 25. 113 Pier Paolo Pasolini: ”II”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica. P. 118, vv. 7-9. 114 Pier Paolo Pasolini: “IX”, in: ibid., p. 125, vv. 7-9.. 97

6.2.1 L’annunciazione

Questa lirica di stampo assieme religioso e passionale accompagna la successiva Litania ‒ con la quale forma una sorta di duetto a tema materno ‒ a conclusione della prima sezione de L’usignolo. Riguardo all’aspetto formale è anzitutto da segnalare una tripartizione strofica dei trentatré versi ‒ da interpretare forse come un riferimento alla numerologia dantesca115 ‒ e la pressoché totale assenza di rime, eccettuate la giustapposizione “[...] vergini / [...] vergine”116 e la ripetizione sia di “fanciulla,”117 che di “eri.”118 Risaltano inoltre due insistenti allitterazio- ni, di occlusiva velare sorda nella prima strofa e di vibrante nell’ultima. Il metro è prevalen- temente quinario e si registra un certo numero di versi ipo- e ipermetri. Interessante è anche l’uso dei segni ortografici, data la decisa presenza di punti interrogativi e di sospensione. Nella scena dialogica de L’annunciazione, composta nel 1943,119 intervengono tre diverse istanze: i figli, l’arcangelo e Maria. Una precisa identificazione dei personaggi figliali si rileva dubbia; Bini vi individua con certezza Pier Paolo e il fratello Guido,120 mentre Ryan-Schuetz preferisce scorgerci più cautamente una voce plurale e universale, la quale tuttavia non può che rimanere in primo luogo quella del poeta stesso.121 Un’assimilazione della figura di Maria e della madre Susanna Colussi parerebbe essere al contrario più immediata, sia per l’ambientazione rurale ‒ presumibilmente friulana ‒ che fa da sfondo alla poesia che per il ritratto della Vergine proprio in quanto trasformazione dell’archetipo.122 La madre, che nella prima strofa giace sofferente a letto, viene interpellata dai figli, i quali desiderano indagare il suo stato d’animo. Colgono infatti nel suo viso una certa imperscrutabi- le stanchezza, che li fa tremare all’idea di aver perduto l’affetto che credevano stabile: “Madre, cos’hai / sotto il tuo occhio? / Cosa nascondi / nel riso stanco?”123 Essi riscontrano in lei anche la dolorosa perdita della bellezza e dell’innocenza,124 che le erano state conferite dal mondo mitico e sacro della sua infanzia: “Domeniche antiche, / fresche di cielo, / antichi maggi / rossi negli occhi / delle tue amiche, antichi incensi...”125 Con ancor maggiore

115 Cfr., riguardo a richiami danteschi in Pasolini, anche: Pier Paolo Pasolini: La divina mimesis. Milano: Mon- dadori 2006. (= Oscar Scrittori Moderni.) 116 Ibid., p. 36, vv. 32-33. 117 “L’annunciazione”, p. 35, vv. 22 e 25. 118 Ibid., vv. 16-20. 119 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 235. 120 Cfr. “Pasolini’s Poetry”, p. 17. 121 Cfr. Sex, the Self, and the Sacred, p. 25. 122 Cfr. la prefazione di Renzo Pellegrini a Pier Paolo Pasolini: L’usignolo della Chiesa Cattolica. Milano: Gar- zanti 2004. (= Gli Elefanti. Poesia.) P. 16. Cfr., anche, Robert S. C. Gordon: Pasolini. Forms of Subjectivity. Oxford: Clarendon Press 1996. P. 139. 123 “L’annunciazione”, p. 35, v. 1-4. 124 Cfr. ibid., vv. 16-17. 125 Ibid., vv. 5-10. 98 incertezza, le chiedono inoltre chi sia stata lei nella giovinezza e, soprattutto, chi sia stato “Lui.”126 L’uso della maiuscola non può che richiamare alla memoria le poesie dedicate a Maria Callas, nelle quali il pronome indica un concetto di paternità autoritario e borghese; tale elemento combacerebbe alla perdita dell’ingenuità contadina della madre. Ryan-Schuetz espande tuttavia la considerazione osservando che “the Catholic context of the poem [...] sug- gest we should consider the uppercase letter as a reference to God. The one capital letter gives the you/He relationship of the poet’s personal musings a universal meaning as well as a more traditional Christian value.”127 Non sarebbe infine da escludere anche una possibile identifica- zione con il padre Carlo Alberto.128 Al termine della prima strofa, la repulsione dei figli nei confronti della figura paterna è talmente intensa che essi giungono a desiderarne la morte, in modo che la madre possa tornare a essere eternamente la fanciulla che era stata prima di co- noscere l’amante. Nella sequenza successiva intercede l’angelo, che invita la madre ad ascol- tare le richieste dei figli e a fornire loro una risposta, dando ulteriore riprova della simbologia ornitologica, tipica della ciclicità materna: “Non senti i figli? / O lodoletta / canta in un’alba / di eterno amore...”129 La madre fanciulla, ora nelle vesti di Maria, replica in maniera enigma- tica, riconfermando tuttavia l’elemento di candida purezza, anche passionale, che contraddi- stingue l’archetipo: “Angelo, il grembo / sarà candore. / Pei figli vergini / io sarò vergine.”130 Da questi ultimi versi traspare che il termine «fanciulla» viene abbinato alla verginità materna e alla relativa idea di purezza e ingenuità. Il testo si presenta simultaneamente come “the prayer of the Catholic believer and the wish of a son in love with his mother.”131 Se un’analisi sugli aspetti esplicitamente religiosi del testo ‒ come avviene peraltro in un vasto numero di pubblicazioni cattoliche132 ‒ sarebbe senza dubbio interessante, il collegamento dei suddetti con i riferimenti autobiografici e passionali non può che rivelare lo stesso dissidio tra peccato e innocenza nella figura materna che abbiamo visto predominante anche nelle dicotomie de La meglio gioventù, e che si trova anche in ulteriori liriche de L’usignolo, come in Carne e cielo: “O amore materno, / straziante, per gli ori / di corpi pervasi / dal segreto dei grembi.”133

126 Ibid., v. 20. 127 Sex, the Self, and the Sacred, p. 27. 128 Cfr. ibid. 129 “L’annunciazione”, p. 35, v. 26-29. 130 Ibid., p. 36, vv. 30-34. 131 “Pasolini’s Poetry”, p. 17. 132 Cfr., ad esempio, Luisa Vassallo: “L’Annunciazione, o le domande di Pier Paolo Pasolini”. Pubblicato online in: CulturaCattolica. Ultima modifica: 9 ottobre 2005. URL: https://www.culturacattolica.it/letteratura/letteratura-storia-ed-autori/contemporanea/l-annunciazione-o-le- domande-di-pier-paolo-pasolini [3.12.2018] 133 Pier Paolo Pasolini: “Carne e cielo”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica, p. 55, vv. 1-4. 99

6.2.2 Litania

La lirica si presenta in otto segmenti, formati rispettivamente da una coppia di quartine, che recano come titolo degli epiteti mariani: janua coeli, speculum justitae, mater purissima, mater castissima, mater inviolata, turris eburnea, stella matutina e regina pacis. Il metro è assimilabi- le a quello de L’annunciazione, nonostante i senari siano qui più assidui e si registrino invece solo due quadrisillabi. Affini alla lirica precedente sono anche le figure di suono; troviamo infatti ancora costanti allitterazioni ‒ di vibrante, di occlusiva velare sorda e di fricativa labio- dentale sorda ‒ e la doppia ripetizione di cuore. Si rilevano inoltre un certo numero di rime (castità-crudeltà, nudo-crudo, preghiere-ricadere, vano-umano), di consonanze (pioggia- raggio, figlio-gigli, corpo-vespro) e di assonanze (apre-sera, santo-peccato, figlio-candido). All’inizio di Litania, pervasa tutta da un senso di “pace paurosa,”134 si assiste a una triplice apertura, annunciata già dal titolo di questa prima parte. Da un varco tra le nuvole serali appa- re infatti la Vergine nuda, sotto forma di un raggio luminoso, che riflette il suo viso azzurro “nell’umido”135 lasciato dalla pioggia. Nel riverbero dello “specchio”136 celeste svaniscono nei segmenti successivi sia “le nubi / i muri gli alberi”137 che “il gesto santo / del [...] pecca- to”138 di cui si ritiene responsabile il giovinetto protagonista, riferendosi probabilmente sia al desiderio omoerotico che all’amore, dalle tinte incestuose, provato nei confronti della ma- dre.139 Rimane infine solo un casto ma “duro”140 silenzio, che incombe sui successivi quattro segmenti: “Non c’è un sospiro / nel cielo, un alito.”141 In tale quiete vesprale il poeta può ora rivolgere un monologo direttamente alla Vergine, che si rivela quale madre fanciulla e irradia un’inedita, misteriosa e conturbante luce.142 L’elemento più interessante di Litania risiede proprio nell’intensa sensualità attribuita alla figura, che viene resa ancor più esplicita proprio dalla negazione di ogni implicazione passionale nella fisicità femminile ed erotica della ma- dre: “Madre! Quel lume / è tanto puro / che la tua coscia / pare di neve. / Seni di avorio, / nidi di gigli, / non v’ha violato / mano di padre. / Fianchi lucenti / di nere nuvole / non vi fa scuro / la nostra pioggia.”143 Se la figura della madre fanciulla rappresenta ancora una volta una can- dida e virginale innocenza, è senz’altro innegabile che lo sguardo del figlio, posto sulle sue

134 “Litania”, p. 37, v. 14. 135 Ibid., v. 7. 136 Ibid., v. 9. 137 Ibid., vv. 11-12. 138 Ibid., p. 38, vv. 21-22. 139 Cfr. “Pasolini’s Poetry”, p. 17. 140 “Litania”, p. 39, v. 1. 141“Litania”, p. 37, vv. 15-16. 142 Cfr. ibid., p. 38, vv. 37-40. 143 Ibid., p. 38s, vv. 41-48. 100 nudità e sulla loro intrinseca possibilità di impurezza, possegga una connotazione per alcuni versi erotica. Come già ne L’annunciazione, il giovinetto pare volersi tuttavia assicurare che la madre sia pura, casta e inviolata.144 Egli ha inoltre un certo timore di lei e forse dell’effetto che la “crudeltà”145 dell’istinto erotico evocato dalla madre potrebbero avere sul suo giovane corpo, anch’esso “nudo / caldo e innocente.”146 Il figlio le confessa dunque la sua angoscia: “Sotto quel crudo / amore degli occhi / mi sento morire.”147 La rappresentazione paterna nei termini di una figura che priva della purezza148 si rileva altresì significativa e riconferma l’affinità alla lirica precedente. Nei due segmenti finali avviene un cambio di tono brusco e clamoroso, il quale non può che essere definito come il punto cardine della Litania: nella reli- giosa quiete, popolata dai “rustici uccelli”149 che sovente accompagnano l’apparizione dell’archetipo, il poeta prende infatti improvvisamente coscienza dell’impossibilità di sfuggire alla proprie pulsioni sessuali e forse anche della propria volontà di arrendersi a queste, decla- mando infine: “Su ridestiamoci, / che il nostro cuore / vuole peccare.”150 L’atteggiamento religioso nei confronti di una “Inesistente”151 Vergine viene infine sancito come inutile e va- neggiante, in una sofferta dichiarazione di ateismo: “quante preghiere / strappate al cuore / per ricadere / sul nostro cuore! / Febbrile e vano / suono degli angelus / sul giorno umano.”152 In questa lirica, che rappresenta un’ulteriore improvvisazione e divagazione religioso- sensuale di Pasolini “sulla forma liturgica, un po’ come le ‘saetas’ che i fedeli di Siviglia lan- ciano verso le immagini sacre durante le processioni della Settimana Santa,”153 si trovano numerose riprove sia del simbolismo tipico dell’archetipo che del “linguaggio ossimorico”154 che domina la produzione pasoliniana. Ancora una volta, lo scrittore si serve dell’iconografia mariana per raffigurare la purezza e l’innocenza della madre fanciulla, contrapposta alla ses- sualità corruttrice e peccaminosa del padre. Gli elementi della figura sinora inediti sono il contesto silenzioso, piovoso e serale che ne annunciano l’apparizione, l’irreligiosità delle ul- time strofe, la mancanza di ravvedimento dal peccato sessuale e, soprattutto, l’immagine della madre fanciulla scorta in un’angosciosa e conturbante luce sensuale, la stessa che si mostrerà anche in diverse liriche successive.

144 Cfr. ibid., intitolazioni del terzo, quarto e quinto segmento. 145 Ibid., p. 38, v. 25. 146 Ibid., p. 38, vv. 28-29. 147 Ibid., vv. 30-32. 148 Cfr. Stefania Vannucci: Pier Paolo Pasolini. Il colore della poesia. Roma: Associazione Fondo Pier Paolo Pasolini 1985. P. 24. 149 “Litania”, p. 39, v. 50. 150 Ibid., vv. 54-56. 151 Ibid., v. 57. 152 Ibid., vv. 62-64. 153 “L’usignolo della Chiesa Cattolica di P.P. Pasolini e il fascino del Puer Aeternus”. Virgolette nell’originale. 154 “Pasolini’s Poetry”, p. 17. Traduzione dall’inglese: Riccardo Schöfberger. 101

6.2.3 Memorie

Collocata in apertura a Paolo e Baruch, terza sezione della raccolta, dove “il dramma religio- so ed esistenziale si accentua e la coscienza assume i toni di una ricerca problematica, che è nel contempo psicologica e morale,”155 Memorie rappresenta forse “la più limpida dichiara- zione d’amore per la madre,”156 portando con sé interessanti implicazioni passionali e omoe- rotiche. La lirica, che riecheggia già dal titolo la Silvia di Leopardi,157 esprime l’intenzione del poeta di richiamare alla memoria le “[...] giornate / più remote [...]“158 della propria infan- zia, passata “tutta”159 sulle ginocchia della madre.160 Lo scopo è quello di ricercarvi sia i primi moti di “teta veleta,”161 ovvero della propria omosessualità, scoperta proprio in quegli anni, che l’origine di una certa angoscia passionale provata nei confronti della madre. La rassegna- zione al desiderio di peccare, avvenuta nella parte finale di Litania, ha ora la possibilità di spogliarsi delle tinte più religiose e di riferirsi concretamente alle esperienze autobiografiche. Dal punto di vista metrico i versi, collegati di frequente da enjambement, sono prevalente- mente senari. Il testo è suddiviso in otto strofe dallo schema per lo più libero, nonostante esse costituiscano in tre casi coppie rispettivamente da dieci, tredici e quattordici versi. Dalle rare rime, consonanze e assonanze, l’aspetto fonico della poesia si caratterizza primariamente per la presenza di allitterazioni delle lettere r, z e c, come in “[...] indiziato, / invasato e impruden- te”162 e “la troppa confidenza / che non s’esprime, resta / parola, intrupidisce.”163 Lo scrittore fa ancora una volta largo impiego sia di ossimori ‒ ad esempio, “[...] in prati impuri / della loro innocenza“164 ‒ che di simboli, sessuali in “[...] spada affondata / nella rosa disfatta.”165 Già nella prima strofa di Memorie viene conferito alla madre Susanna Colussi, l’unica perso- na ritenuta capace di comprendere a fondo l’intimità problematica dell’autore,166 il ruolo di protagonista e destinataria della lirica. In principio la donna non viene tuttavia ancora nomina- ta in quanto figura materna, dal momento che lo scrittore menziona laconicamente un “nostro amore,”167 del quale intende esporre la “storia,”168 proiettando il tempo poetico “il più indietro

155 Ritratto di Pasolini, p. 54. 156 “L’usignolo della Chiesa Cattolica di P.P. Pasolini e il fascino del Puer Aeternus”. 157 Cfr. “Pasolini’s Poetry”, p. 18. 158 “Memorie”, p. 75, vv. 1-2. 159 Ibid., v. 6. 160 Cfr. ibid., vv. 6-10. 161 Lettera di Pier Paolo Pasolini a Silvana Mauri. Roma, 10 febbraio 1950. Vita attraverso le lettere, p. 135. Corsivo nell’originale. 162 “Memorie”, p. 75, vv. 15-16. 163 Ibid., p. 76s, vv. 66-69. 164 Ibid., p. 77, vv. 103-104. 165 Ibid., p. 78, vv. 108-109. 166 Cfr. “Pasolini’s Poetry”, p. 18. 167 “Memorie”., p. 75, vv. 2-3. 102 possibile,”169 fino a giungere alla sua genesi. Un’identificazione con la madre avviene ini- zialmente soltanto attraverso il rimando all’infanzia e a una vicinanza fisica tra la donna e il poeta, per esplicarsi poi per mezzo di alcuni epiteti già incontrati nelle liriche precedenti, co- me “mia lodoletta, madre fanciulla,”170 “bambina”171 e “madre giovinetta.”172 La rappresenta- zione di Susanna come uccello, importante simbolo dell’archetipo, si ritrova non solo nel pri- mo appellativo, ma anche nei verbi usati per descrivere il suo svolgere delle faccende dome- stiche, in un passaggio che deve ricalcare le “opre femminili”173 della Silvia leopardiana: “Ri- cordo i pomeriggi / di Bologna: al lavoro / cantavi nella casa / che non era che un’eco. / Poi tacevi, e volata / nell’altra stanza (ah il bruno / tuo passo di bambina...) / riprendevi a canta- re.”174 Della madre viene lodata anche la bellezza assieme giovanile e furfantesca, che si mostra “[...] fonda / d’ombre nella fronte / pura e nell’onda / giovane dei capelli ‒ / magra negli ossi / del mento e degli zigomi, / dura nella tenera / curva della faccia.”175 L’abbigliamento della donna è un’espressione di mode “timide,”176 che si abbinano al suo “tiepido riso”177 e la sua “bianca gola, / simile all’eroine / dell’epoca [...].”178 Proprio nei sud- detti tratti fisici, che si sono visti tipici della figura della madre fanciulla, il figlio osserva una “vecchia innocenza, / indurita dagli anni / ma, forse, ancora mite.”179 Il dubbio insito in questi ultimi versi non può che ricordare quello che incombeva su L’annunciazione, nel tormento dei figli che chiedono se la madre sia ancora “pura / vergine e onesta”180 quanto loro. Nelle Me- morie accade tuttavia qualcosa di diverso e che rappresenta una sostanziale novità: Pasolini confessa alla madre infatti la sua “purezza perduta,”181 un’omosessualità da lui definita “ras- segnazione / che è bassezza, gergo,”182 e che si esprime in uno “spettro / di batticuori senza/ pietà [...]“183 nei confronti di giovani dai corpi “chiusi / in un gioco ignaro / di sorrisi e di gra- zia”184 e “col bruno o il biondo / delle madri nei passi.”185 Lo scrittore prova una forte ango-

168 Ibid., p. 76, v. 64. 169 Antonio Sichera: La consegna del figlio. ‘Poesia in forma di rosa’ di Pasolini. Lecce: Milella 1997. P. 40. 170 “Memorie”, p. 75, vv. 171 Ibid., p. 76, v. 45. 172 Ibid., p. 77, v. 80. 173 Giacomo Leopardi: “A Silvia”, in: Opere. Vol. I. Firenze: Le Monnier 1851. P. 72, v. 10. 174 “Memorie”, p. 76, vv. 38-45. 175 Ibid., vv. 21-28. 176 Ibid., p. 77, v. 84. 177 Ibid., p. 77, v. 79. 178 Ibid., vv. 85. 179 Ibid., p. 76, v. 32-34. 180 Ibid., p. 77, vv. 97-98. 181 Ibid., v. 70. 182 Ibid., p. 76, vv. 61-63. 183 Ibid., p. 78, vv. 106-108. 184 Ibid., p. 77, vv. 98-100. 185 Ibid., p. 78, vv. 113-114. 103 scia nel dichiarare alla madre il suo desiderio, sì omoerotico ma dalle tinte incestuose,186 e teme inoltre che tale dichiarazione possa confliggere con la giovinezza mitica della famiglia materna e col candore di Susanna ‒ nell’ultima strofa la rosa, altro simbolo di purezza, è infat- ti “disfatta,”187 dopo che vi è affondata la “spada,”188 mentre è sanguinante la bianca gola. Forse è proprio per sfuggire al senso di vergogna che lo scrittore vuole cogliere un collega- mento tra la sua sessualità e l'amore materno. Si potrebbe infatti giungere alla conclusione che Pasolini ricercasse negli amanti una certa somiglianza non solo alla sua “carne / di figlio [...],“189 ma anche alle caratteristiche di Susanna Colussi nel ruolo di madre fanciulla. A tal proposito Avogadri si chiede: “Fin dove Pasolini amava nei giovani la sua carne di figlio in quanto figlio della madre, e fin dove in quanto figlio del padre?”190 Lo studioso osserva inol- tre che nello scrittore “la purezza del sentimento sta tutta nella primaria connessione tra amore per la madre e amore per la vita ‘allo stato puro’, archetipica connessione troppo insistita per passare inosservata”191 ‒ questo aspetto si può di certo rilevare nella volontà di riconoscere nei ragazzi il “troppo grande amore, / nel cuore, per il mondo”192 che Pasolini individuava anche in se stesso. È inoltre molto significativo che il poeta apprezzi della bellezza materna soprattutto il suo somigliare a quella di un “ragazzo / o ladro [...],”193 giacché in questo ele- mento è distinguibile sia il nesso diretto tra le caratteristiche della madre e gli amori omoses- suali di Pasolini che, almeno in una certa misura, la predilezione del poeta per i ragazzi sotto- proletari e delle borgate, già evidenziata ed esplicata dal cugino Nico Naldini.194 In Memorie, la figura della madre fanciulla si rivela ambivalente. In primo luogo, se l’infanzia del figlio era “spaventata di perderti / e perdutamente / felice di averti,”195 l’archetipo deve esprimere il timore di Pasolini di fronte all’avanzare dell’età di Susanna, relegandola a un perpetua gioventù. In secondo luogo, l’innocenza, la purezza e l’ingenuità della madre fan- ciulla vengono ricercate anche nei “calzoni felici”196 dei ragazzi. A tal proposito Memorie può essere forse definita come una sorta di versione maggiormente estesa e particolareggiata della successiva Supplica a mia madre, con la quale condivide non solo un gran numero di temi, ma anche il tono confessionale e le implicazioni passionali assieme omoerotiche e materne.

186 Cfr. p. 76, vv. 56-60. 187 Ibid., p. 78, v. 109. 188 Ibid., v. 108. 189 Ibid., p. 77, vv. 93-94. 190 “L’usignolo della Chiesa Cattolica di P.P. Pasolini e il fascino del Puer Aeternus”. 191 Ibid. Virgolette nell’originale. 192 Ibid., p. 78, vv. 115-116. 193 “Memorie”, p. 75, vv. 29.30. 194 Cfr. Nico Naldini: “Un fatto privato. Appunti di una conversazione con Nico Naldini.” 195 “Memorie”, p. 75, vv. 8-10. 196 Ibid., p. 78, v. 112. 104

6.3 La religione del mio tempo

Il titolo di questa raccolta, composta al termine degli anni Cinquanta1 e pubblicata nel 1961, determina da subito “il suo significato nel senso di una polemica «anticattolica e anticonfor- mista»,”2 nell’allusione al sonetto La riliggione der nostro tempo del Belli; se esso non è di certo parco di polemica nei confronti delle istituzioni religiose,3 anche nella lirica centrale al volume si può leggere: “Nessuna delle passioni / vere dell’uomo si rivelò / nelle parole e nelle azioni // della Chiesa. [...]“4 Nella presente opera, dedicata all’amica Morante, si avverte un’importante novità rispetto tanto a Le ceneri di Gramsci quanto a L’usignolo, ovvero “una sorta di salto storico e ideologico” nel pensiero di Pasolini, che si rispecchia in uno sguardo poetico di natura diversa. Lo scrittore non presta più fede ai valori che avevano marcato le raccolte precedenti: nelle mutate circostanze del travolgente boom industriale, “il popolo è diventato la «massa» e si divarica lo iato tra corpo e storia, il realismo è finito.”5 Nelle liriche de La religione si coglie pertanto un’inedita “vena satiro-epigrammatica,”6 che permette un confronto polemico sia con le ideologie politiche che letterarie.7 Significativi sono anche i poliformi ritratti dell’ambiente cittadino romano e le riflessioni del poeta sulla propria condi- zione esistenziale. La raccolta è articolata in tre sezioni ‒ la prima contiene La ricchezza, A un ragazzo e La religione del mio tempo, la seconda Umiliato e offeso, Nuovi epigrammi e In morte del realismo, infine la terza le Poesie civili.

6.3.1 Appendice alla «Religione»: una luce

Collocata al termine della prima parte della raccolta e datata 1959, questa lirica contiene forse la più alta densità di riferimenti emblematici alla madre fanciulla, figura della quale l’Appendice rappresenta una specie di commossa lode. Il componimento, che si potrebbe in- vero definire una preghiera rivolta a Susanna Colussi,8 è formato da ventinove terzine di en- decasillabi irregolari a rima incatenata e da un conclusivo verso isolato. Sono presenti, come in precedenza, diverse allitterazioni (inesausta, inesauribile), assonanze (mite, fine) e conso- nanze (apparire, impuro).

1 Cfr. Attraverso Pasolini, p. 170. 2 Pasolini. Una vita, p. 203. Virgolette nell’originale. 3 Cfr. Giuseppe Gioacchino Belli: “La riliggione der nostro tempo”, in: Sonetti. A cura di Giacinto Spagnoletti. Milano: Rizzoli 1991. (= Bur Poesia.) P. 357. 4 Pier Paolo Pasolini: “La religione del mio tempo”, in: Bestemmia. Tutte le poesie. La religione del mio tempo. P. 479, vv. 211-214. 5 Angela Biancofiore: Pasolini. Palermo: Palumbo 2003. P 71s. Virgolette nell’originale. 6 Porta, p. 46. 7 Cfr. ibid., p. 47. 8 Cfr. “Pasolini’s Poetry”, p. 19. 105

Nelle strofe introduttorie all’Appendice il poeta appare conscio di essere costantemente arso da una “inesauribile passione / ‒ che quasi in un altro tempo ha la radice ‒,”9 la quale provoca nella sua anima un “troppo amore nella disperazione.”10 La redenzione da questo angustiante sentimento può essere ottenuta soltanto attraverso l’accoglimento della “luce, nel caos, di re- ligione, / una luce di bene [...],“11 identificabile con la presenza materna. Nelle terzine seguen- ti appare infatti l’archetipo, connotato da una tenace umiltà contadina: “È una povera donna, mite, fine, / che non ha quasi il coraggio di essere, / e se ne sta nell’ombra, come una bambi- na, // [...] // con la sua forza, adoperata nei muti / affanni di chi teme di non essere pari / al dovere, e non si lamenta dei mai avuti / compensi [...].“12 Nell’anno successivo alla morte del marito Carlo Alberto, Susanna Colussi viene rappresentata all’interno del quieto ambiente domestico, che appare ormai come quello di un’anziana vedova, le cui energia e vitalità stan- no sfiorendo: “La casa è piena delle sue magre / membra di bambina, della sua fatica: / anche a notte, nel sonno, asciutte lacrime // coprono ogni cosa: e una pietà così antica, / così tremen- da mi stringe il cuore, / rincasando, che urlerei, mi toglierei la vita.”13 Appare, più avanti, an- che il ricordo del fratello Guido, alla cui tomba la donna “vi arriva, ogni pomeriggio, depone // i suoi fiori, in ordine, mentre tutto tace / intorno, e si sente solo il suo affanno, / pulisce la pietra, dove, ansioso, lui giace.”14 Il successivo elogio dell’eroismo materno giunge al culmi- ne in un finale che si distingue per la sua gioiosa positività: “in ogni luogo dove un giorno risero, // e di nuovo ridono, impuri, i vivi, tu darai / la purezza, l’unico giudizio che ci avanza, ed è tremendo e dolce: ché non c’è mai / disperazione senza un po’ di speranza.”15 Nel testo sono riconoscibili molteplici simboli della madre fanciulla. Se la luce, che sovente accompagna l’apparizione della figura, presenzia già nel titolo, è l’elemento floreale a rivelar- si particolarmente significativo ‒ come nei segreti giovanili di Susanna, che “sanno, ancora, di violette.”16 Oltre a ciò, si osservano sia i “voli / delle allodole, a giorno, e a notte, / il canto disperato degli usignoli”17 che l’evocazione di una realtà mitica antica, alla quale attingono le qualità della madre. Persistente è anche il rimando alla rinascita primaverile, quando “fresco il seme / dell’esistenza dà ogni anno erbe e fiori.”18

9 “Appendice alla «Religione»: una luce”, p. 517, vv. 2-3. 10 Ibid., v. 6. 11 Ibid., vv. 4-5. 12 Ibid., vv. 7-12. 13 Ibid., p. 518, vv. 19-24. 14 Ibid., p. 519, vv. 51-54. 15 Ibid., p. 520, vv. 78-82. 16 Ibid. p. 517, v. 12. 17 Ibid., p. 519, vv. 43-45. 18 Ibid. p. 518, vv. 40-41. 106

6.4 Poesia in forma di rosa

A un giovane lettore che si accosti per la prima volta alla “poesia della crisi”1 e priva di ogni “pudore letterario”2 di quest’opera, il curatore Edoardo Esposito propone anzitutto di avviare la lettura con la centrale lirica Una disperata vitalità, al fine di entrare senza attesa nel cuore della rosa pasoliniana ‒ “e se da quel magma non ti senti alla fine stordito ed escluso, [...] allora potrai affrontare anche il resto, con la pazienza e la tenacia necessaria per accettarlo e per capirlo.”3 La raccolta, pubblicata nel 1964 e presentata da Pasolini come una sorta di dia- rio di Mamma Roma e del Vangelo secondo Matteo,4 segna infatti il culmine del tormento esistenziale-ideologico che travaglia l’autore in quel periodo. Nei “versi NON PIÚ IN TER- ZINE!”5 delle liriche di Poesia in forma di rosa, egli contrappone ai “primi atti della Dopo- storia”6 alienata e neocapitalistica la “Preistoria”7 della tradizione dei “borghi / abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, / dove sono vissuti i fratelli”8 ‒ la raccolta si sarebbe infatti provvisoriamente chiamata Una nuova preistoria.9 Il motivo floreale del titolo definitivo, che si riflette anche nell’assetto formale di alcuni testi,10 rimanda invece alla figura materna,11 in un consolidarsi progressivo di una simbologia presente già nelle prime poesie friulane.12 La struttura di Poesia in forma di rosa include le sette sezioni La realtà, Poesia in forma di rosa, Pietro II, Una disperata vitalità, Israele, L’alba meridionale, Progetto di opere future, e si completa dell’Appendice 1964.

6.4.1 Ballata delle madri

Questa poesia, che già al principio della raccolta colpisce “come uno schiaffo [...] i sentimenti del lettore,”13 non è certo l’unica a rifarsi alla forma della ballata nella produzione poetica pasoliniana ‒ si trovano infatti anche quelle del delirio, del fratello, del suicidio, della violen- za e della madre di Stalin ‒ tuttavia è forse quella più feroce e provocatoria.14 La sacralità del mito materno, che aveva contraddistinto finora la visione poetica pasoliniana, inizia infatti a

1 Pier Paolo Pasolini. La poesia, il corpo, il linguaggio, p. 77. 2 Porta, p. 50. 3 Prefazione a: Poesia in forma di rosa, p. XI. 4 Cfr. ibid., p. 208. 5 Pier Paolo Pasolini: “II”, in: Poesia in forma di rosa. Una disperata vitalità. P. 115, v. 15. 6 Pier Paolo Pasolini: “13 maggio 1962”, in: ibid. Poesie mondane. P. 24, v. 32. 7 “Una disperata vitalità”, in: Poesia in forma di rosa, p. 116, v. 96. 8 “13 maggio 1962”, p. 24, vv. 25-27. 9 Cfr. Pasolini. Forms of Subjectivity, p. 131. 10 Cfr., ad esempio, Pier Paolo Pasolini: “Nuova poesia in forma di rosa”, in: Poesia in forma di rosa, p. 134ss. 11 Cfr. La consegna del figlio, p. 37. 12 Cfr., ad esempio, Pier Paolo Pasolini: “Suspir di me mari ta na rosa”, in: La meglio gioventù, p. 242. 13 Prefazione a: Poesia in forma di rosa, p. V. 14 Cfr. “Le madri vili generano la società borghese”, p. 2. 107 venir disfatta attraverso l’uso di tinte fortemente negative e aggressive,15 che nel corso della raccolta l’autore adopera perfino in alcuni autoritratti deformanti e animalizzanti.16 Le madri vengono dunque rappresentate come complici “servili”17 del sistema patriarcale e dei valori borghesi, che per giunta promulgano con viltà, mediocrità e ferocia. Nella prima delle sei de- cime che compongono la ballata, il poeta si rivolge proprio ai loro figli, in quanto potenziali lettori: “Mi domando che madri avete avuto. / Se ora vi vedessero al lavoro / in un mondo a loro sconosciuto, / presi in un giro mai compiuto / d’esperienze così diverse dalle loro, / che sguardo avrebbero negli occhi?”18 Se in quest’apostrofe le madri potrebbero conservare una certa innocenza ‒ giacché le condizioni condannate non sono le stesse in cui esse sono cresciute ‒ è nella strofa successiva che inizia a delinearsi la loro colpa, resa ancor più atroce dall’enorme responsabilità che viene loro attribuita per la vita dei figli: “Madri vili, con nel viso il timore / antico, quello che come un male / deforma i lineamenti in un biancore / che li annebbia, li allontana dal cuore, / li chiude nel vecchio rifiuto morale.”19 La simbologia che era propria della madre fanciulla, ma anche della femminilità in generale, trova ora una diffe- rente, a tratti addirittura contraria, connotazione: il bianco indica una mancanza di vitalità, l’antichità porta con sé solo il “vergognoso segreto / d’accontentarsi dei resti della festa,”20 la finora ammirata “umiltà di bambine”21 conduce all’impotenza di fronte “ai reali richiami del cuore,”22 gli unici uccelli presenti nella lirica sono gli “avvoltoi,”23 mentre la componente potenzialmente sovversiva individuata da Pasolini nel femminile lascia il posto alla strenua difesa di “quel poco che, borghesi, possiedono, / la normalità e lo stipendio.”24 Anche la Ballata delle madri si basa sulla sineciosi, come già osservato da Fortini, da rilevarsi nella contrapposizione tra uno sfondo mitico e uno borghese, che deve inoltre rimandare al conflitto biografico fra il mondo amato e umano della madre e quello odiato del padre.”25 L’entità archetipica di Susanna Colussi è tuttavia presente solamente per “contrasto, per ciò che di lei si tace.”26 La pluralità delle madri vili, come dei fratelli dalle “opposte passioni, / o le patrie nemiche [...],”27 suggerisce infatti la singolarità della madre e del poeta stesso, in un procedi-

15 Cfr. Angela Biancofiore: Pasolini, p. 77. 16 Cfr. “Le madri vili generano la società borghese”, p. 2. 17 Pier Paolo Pasolini: “Ballata delle madri”, in: Poesia in forma di rosa. P. 6, v. 31. 18 Ibid., p. 5, vv. 1-6. 19 Ibid., vv. 11-15. 20 Ibid., p. 6, vv. 34-35. 21 Ibid., p. 5, v. 22. 22 Ibid., p. 6, v. 30. 23 Ibid., v. 50. 24 Ibid., vv. 42-43. 25 “Le madri vili generano la società borghese”, p. 2. 26 Ibid. 27 “Ballata delle madri”, p. 7, v. 58. 108 mento oppositorio che lo condurrà a definirsi, in una lirica successiva nella raccolta, come “un uomo che gli uomini disprezzano.”28 Mentre a questi ultimi appartiene, così nell’ultima stanza della Ballata, un “rifiuto profondo / a essere diversi: a rispondere / del selvaggio dolore di esser uomini,”29 è con orgoglio che l’autore rimarca la sua differenza “nell’essere nato da una donna erede della Grande Dea Madre, non addomesticata dalla società borghese-patriarcale”30 ‒ lo stesso bisogno di esporre la propria diversità si ritrova anche in una clausola alla lirica centrale della raccolta, che vede Pasolini pronunciare, a una sconcertata intervistatrice, la pro- pria “disperata vitalità.”31

6.4.2 Supplica a mia madre

Alle accuse violente proferite nella Ballata delle madri si contrappone il tono sommesso, qua- si sussurrato di questa poesia, forse una delle più toccanti e autobiografiche di Pier Paolo Pa- solini,32 della quale si trova una citazione anche nel film I cento passi di Marco Tullio Gior- dana.33 La Supplica a mia madre, composta il 25 aprile 1962,34 si discosta invero dallo sco- ramento e dalla “rabbia distruttrice”35 che scuote Poesia in forma di rosa non solo per l’esprimersi profondamente amorevole del poeta, ma anche per l’aspetto formale conciso e regolare, dissimile dalla congerie di terzine e dal “magma”36 che predominano la raccolta. Si distinguono dieci distici dalla sintassi ordinata e dalla rima baciata ‒ nientemento che in cuore-amore nei vv. 3-437 ‒ con l’eccezione dei vv. 5-6, 9-10 e 19-20, dove si rilevano invece le consonanze conoscere-angoscia, fame-anima e morire-aprile. La lunghezza diseguale dei vv. 3-6, 9-14 e 19-20 sembra voler sagomare tre estremità grafiche ‒ i petali di una rosa? ‒ di cui l’ultima viene troncata a metà dai punti di sospensione che concludono la Supplica. Il sentimento che domina la poesia è quello dell’angoscia assieme espressiva e sentimentale. Se Pasolini scrive infatti alla madre che “È difficile dire con parole di figlio / ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio,”38 già in questo incipit è possibile cogliere la volontà dello scritto- re di svelare a Susanna tutta la propria interiorità, anche nei suoi aspetti più dolorosi e inco- municabili, dal momento che la donna è “la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è

28 Pier Paolo Pasolini: “La persecuzione”, in: Poesia in forma di rosa. P. 70, v. 145. 29 “Ballata delle madri”; p. 7, vv. 58-60. 30 “Le madri vili generano la società borghese”, p. 5. 31 Pier Paolo Pasolini: “IX”, in: Poesia in forma di rosa. Una disperata vitalità. P. 133, v. 6. 32 Cfr. “Le madri vili generano la società borghese”, p. 5. 33 Cfr., al proposito, “Pasolini’s Poetry”, p. 20. 34 Cfr. Album Pasolini, p. 48. 35 Ibid. p. 293. 36 “II”, p. 115, v. 18. 37 Cfr., al proposito, Aurelio Magistà: “Cuore-Amore la rima impossibile”, in: La Repubblica, 8 febbraio 2009. 38 “Supplica a mia madre”, p. 27, vv. 1-2. 109 stato sempre, prima d’ogni altro amore.“39 La confessione di natura sentimentale che segue non esclude un turbamento incestuoso, che viene ammesso con profondo timore: “Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere: / è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.”40 Nei versi successivi prende forma un fondamentale nesso tra l’amore materno e l’omosessualità di Pasolini, che era stato possibile rilevare anche nelle Memorie. Sarebbe infatti proprio l’affetto per una madre ”insostituibile”41 a condannare “alla solitudine la vita”42 del poeta. In aggiunta, dato che l’unica reale dedizione sentimentale è quella per la donna ‒ giacché “l’anima è in te, sei tu, ma tu / sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù”43 ‒, nasce in lui il bisogno di sfuggire alla propria solitudine e di saziare così la “infinita fame / d’amore, dell’amore di corpi senza anima.”44 Nella seconda parte della lirica appare il ricordo dell’infanzia, passata “schiavo di questo senso / alto irrimediabile, di un impegno immenso”45 nei confronti dell’amore materno, definito tuttavia come “l’unico modo per sentire la vita.”46 Se Susanna invecchia ‒ ella ha settantuno anni nel periodo in cui viene scritta la poesia ‒, negli ultimi due distici viene espressa l’apprensione per la futura morte della donna. Come osserva Ryan-Schuetz, “Pasolini’s existence was inextricably bound to his mother’s ability to live,”47 pertanto la lirica culmina in un’implorazione finale, sempre rivolta a Susanna: “Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. / Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile...”48 Mentre l’evocazione del periodo primaverile, che combacia necessariamente col desiderio della rinascita,49 non è nuova alla poetica pasoliniana e della madre fanciulla in particolare ‒ la ritroviamo, ad esempio, oltre che nelle liriche a tema pasquale già analizzate, anche in David, ne Il soldàt di Napoleon e nella simmetrica implorazione de L’usignolo: “Amo (da giovinetto) / della tua primavera / anche ciò che non celo / nel mio cuore abietto.”50 ‒ della Supplica a mia madre si segnalano soprattutto la sincera “disperazione esistenziale,”51 la quale si esprime in una forma permette un’analisi particolarmente lucida dell’ambivalente passione che ha contraddistinto la vita del poeta. Un ulteriore elemento d’interesse è senz’altro rappresentato anche da un aspetto della sessualità pasoliniana inedito nelle raccolte

39 Ibid., vv. 3-4. 40 Ibid., vv. 6-7. 41 Ibid., v. 7. 42 Ibid., v. 8. 43 Ibid., vv. 12-13. 44 Ibid., vv. 9-10. 45 Ibid., vv. 13-14. 46 Ibid., v. 15. 47 Sex, the self, and the sacred, p. 34. 48 “Supplica a mia madre”, p. 28, vv. 19-20. 49 Cfr. Sex, the self, and the sacred, p. 34. 50 Pier Paolo Pasolini: “Supplica”, in: L’usignolo della Chiesa Cattolica, p. 53, vv. 25-28. 51 Prefazione a: Poesia in forma di rosa, p. XI. 110 precedenti: se infatti nelle Memorie essa si riversava su amanti che venivano colti primaria- mente nella loro corporalità, ma di cui svolgeva comunque un importante ruolo anche la fan- ciullesca purezza dell’anima, nella Supplica sembra al contrario che il poeta intenda rinunciare del tutto a questa purezza che si manifesta troppo innocente e aggraziata nella ma- dre perché egli la possa ancora stimare altrove. Se l’esclusione della ricerca di innocenza nell’omosessualità pasoliniana risulterà meno evidente nella rappresentazione contenuta nella prossima lirica, al termine della lettura della Supplica a mia madre è sicuramente difficile non richiamare alla mente l’autodistruttivo desiderio coltivato dallo scrittore, almeno negli ultimi anni e dopo l’infelice separazione da Ninetto, nei confronti degli “infami”52 ragazzini “dal corpo privo di grazia,”53 come essi sono stati descritti da Oriana Fallaci nel necrologio.

6.4.3 La realtà

Nelle 131 terzine di questa lirica monolitica, la più lunga di Poesia in forma di rosa a non essere suddivisa in sezioni, il lettore viene condotto in un tortuoso percorso che esplora pres- soché ogni anfratto della passione e dell’ideologia di Pier Paolo Pasolini. Si tratta invero di una sorta di sintesi degli aspetti presentati nel corso di questo lavoro, relativi alla vita e all’opera dello scrittore ‒ vi si ritrovano un gran numero di riflessioni politico-sociali, lettera- rie, sessuali, culturali ma anche di carattere prettamente autobiografico. Il tono poetico è quel- lo che contraddistingue l’intera raccolta, e palesa quindi la rassegnata disperazione che atta- naglia l’autore nella “crisi della storia e della ragione,”54 culminando talvolta in eruzioni di furore sia nei confronti del “mondo degli uomini bennati”55 che della propria esistenza. Dal punto di vista formale La realtà, che conclude l’omonima prima sezione, è un poemetto composto da terzine a rime incatenate, quindi di matrice dantesca,56 nelle quali tuttavia il sus- seguirsi dello schema è affidato talvolta a consonanze (amore-coro), assonanze (aprile- morire) o perfino a dissonanze (luce-verità). La terzina di endecasillabi irregolari, che assie- me al verso libero domina la maggioranza delle liriche pasoliniane in forma di rosa,57 è se- condo Furio Brugnolo “l’emblema per eccellenza [...] della sua scrittura poetica di quegli an- ni: contenitore metrico rigido e insieme malleabile [...], in cui s’incarna [...] quella perenne tensione fra norma e libertà, fra ordine e disordine in cui tanta critica ha visto la vera costante

52 Lettera di Oriana Fallaci a Pier Paolo Pasolini. 53 Ibid. 54 Ritratto di Pasolini, p. 100. Corsivo nell’originale. 55 “La realtà”, p. 51, v. 382. 56 Cfr. Nicola Gardini: Com’è fatta una poesia? Introduzione alla scrittura in versi. Milano: Sironi 2007. (= I Ferri del Mestiere.) P. 168. 57 Cfr., ad esempio, “La ”, “La persecuzione”, “Progetto di opere future”. 111 del discorso pasoliniano.”58 Occorre inoltre sottolineare che l’ordine e la compostezza appa- rentemente conferiti dall’incatenarsi rimico vengono sovente scombinati da un intervento pressoché costante dell’enjambement, sebbene la musicalità venga comunque mantenuta da numerose allitterazioni (fino in fondo, padri padani). Oltre alla paradigmatica presenza di ossimori (lascive ingenuità, infante e madre), si registra una particolare ricchezza di figure retoriche di diversa natura, tra cui si distingue ad esempio il costante impiego di segni orto- grafici di carattere enfatico e di apostrofi, annunciate da interiezioni (Ah, Negri, Ebrei). Nell’articolata struttura de La realtà è possibile riconoscere una successione tematica abba- stanza lineare, nella quale si intrecciano “pubblico e privato [...], nella testimonianza di una condizione che al poeta sembra intollerabile, a cominciare dal narcisismo che gli ha impedito il raggiungimento di un obiettivo”59 che lo possa accomunare a “tutti gli uomini, senza distin- zione, / tutti i normali, di cui è questa vita.”60 La diversità sessuale e intellettuale di Pasolini, che egli definisce “degradante”61 e di cui “nulla è più terribile”62 ‒ nonostante talora l’accetti con orgoglio: “Ebbene: sono felice della mia mostruosità”63 ‒ è il vero leitmotiv del poemetto. La principalità di questa componente appare già nelle introduttorie riflessioni riguardo allo scopo della poesia, che per Pasolini rappresenta uno sfogo esistenziale atto a esporre la pro- pria condizione: “[...] quando / scrivo poesia è per difendermi e lottare, / compromettendomi, rinunciando // a ogni mia antica dignità: appare, / così, indifeso quel mio cuore elegiaco / di cui ho vergogna, e stanca e vitale // riflette la mia lingua una fantasia / di figlio che non sarà mai padre...”64 In un passaggio successivo, la scrittura viene definita “la via per cui da uomo senza / umanità, da inconscio succube, o spia, / o torbido cacciatore di benevolenza, // ebbi tentazione di santità. Fu la poesia.”65 Alle considerazioni che aprono la La realtà segue una dichiarazione della propria profonda solitudine; egli ha infatti perduto la “compagnia // di poeti dalle faccie nude, aride, / [...] / [...] nelle cui magre // file contano soltanto le pure / rela- zioni di passione e pensiero,“66 per cui si sente “solo come un cadavere nella sua fossa!“67 Inginocchiato ancora una volta, come nella Supplica, “nel chiarore di un vecchio aprile,“68 Pasolini confessa che vuole dimenticare la solitudine, abbandonandosi alla passione delle

58 Furio Brugnolo: Forme e figure del verso. Prima e dopo Petrarca, Leopardi, Pasolini. Roma: Carocci 2016. (= Lingue e Letterature Carocci. 209.) P. 143. Corsivo nell’originale. 59 Pasolini. Il sogno di una cosa, p. 139. 60 “La realtà”, p. 43, vv. 190-192. Corsivo nell’originale. 61 Ibid., p. 51, v. 390. 62 Ibid., p. 50, vv. 370-371. 63 Ibid., p. 49, v. 356. 64 Ibid., p. 35, vv. 7-14. 65 Ibid., p. 43, vv. 196-199. 66 Ibid., p. 35, vv. 15-20. Faccie nell’originale. 67 Ibid., p. 36, v. 23. 68 Ibid., v. 28. 112

“sudate / comitive di maschi adolescenti, / sui margini di prati, sotto facciate // di case, nei crepuscoli cocenti...“69 Questo desiderio porta tuttavia con sé un problema irrisolvibile e che conduce alla disperazione: gli oggetti del suo amore sono i “FIGLI“70 delle madri feroci accu- sate nella Ballata e del “male che ricevono in retaggio / dai padri ‒ mia coetanea, nera raz- za.”71 Se tuttavia “il loro destino è la viltà,”72 Pasolini ne ammira la bellezza e la “grazia / più che corporea [...],“73 che derivano proprio dal loro essere “dolcemente ribelli, / e, insieme, contenti del futuro dei padri.”74 È in questo passaggio che prende luogo la più chiara esplica- zione della contraddizione passionale che si è rivelata nello scrittore: “Solo se leggero, / den- tro la norma, sano, il figlio / può farmi nascere il pensiero // scuro e abbacinante: così solo gli somiglio / nella verifica infinita di un segreto / ch’è nel suo grembo impuro come un giglio.”75 Pasolini non può infatti che desiderare l’erotismo naturale e “senza tragedia”76 dei suddetti giovani proprio perché ritiene la propria sessualità mostruosa e priva di gioia.77 Occorre se- gnalare anche l’esplicazione del costante tema della giovinezza, da leggersi nella seguente enunciazione: “In realtà, io, sono il ragazzo, loro / gli adulti. Io, che per l’eccesso della mia presenza, // non ho mai varcato il confine tra l’amore / per la vita e la vita...”78 Dare a se stes- so, così come avviene anche nei confronti di Susanna Colussi, una connotazione fanciullesca deve quindi significare e consentire la profonda identificazione tra madre e figlio, basata su una “prenatale”79 diversità sentimentale e intellettuale, come si è rivelato anche nella lirica introduttoria a Poesia in forma di rosa. L’entità dell’amore per la madre, di una purezza che “non dà posto / a ipocrisia e viltà,”80 viene illustrata in un passaggio che ben riassume uno dei principali aspetti pasoliniani:

Il mio amore / è solo per la donna: infante e madre. / Solo per essa, impegno tutto il cuore. // Per loro, i miei coetanei, i figli, in squadre / meravigliose sparsi per pianure / e colli, per vicoli e piazzali, arde // in me solo la carne. Eppure, a volte, / mi sembra che nulla abbia la stupenda pu- rezza di questo sentimento. Meglio la morte // che rinunciarvi! Io devo difendere / questa enor- mità di disperata tenerezza / che, pari al mondo, ho avuto nascendo. // Forse nessuno è vissuto a tanta altezza / di desiderio ‒ ansia funeraria / che mi riempie come il mare la sua brezza.81

Queste cinque strofe, che per la loro centralità sia nella lirica che nel presente lavoro è stato

69 Ibid., vv. 37-40. 70 Ibid., p. 37, v. 51. 71 Ibid., vv. 67-68. 72 Ibid., v. 61. 73 Ibid., p. 38, vv. 72-73. 74 Ibid., vv. 73-74. 75 Ibid., p. 40, vv. 121-126. 76 Ibid., v. 120. 77 Cfr. ibid., p. 41, vv. 158-164. 78 Ibid., p. 38, vv. 80-83. 79 Ibid., p. 45, v. 244. 80 Ibid., p. 40, vv. 33-34. 81 Ibid., p. 39, vv. 97-111. 113 necessario riportare per intero, rappresentano invero un’estensione del quinto distico della lirica precedente. In esse appare tuttavia ora tangibile l’importanza dell’aspetto sentimentale ‒ per quanto personale e narcisistico ‒ nell’ardente desiderio sessuale di Pasolini. Ciononostan- te l’amore, da intendersi quivi in una dedizione esente da ciò che egli ritiene disonestà mora- le,82 rimane riservato esclusivamente alla madre fanciulla. Ulteriori riferimenti all’archetipo, nonostante esso non venga mai nominato esplicitamente, si ritrovano nel corso dell’intera lirica. Essi si possono cogliere, ad esempio, nell’idillio naturale che preannuncia il ricordo della madre e che richiama inoltre la descrizione del paesaggio casarsese ne La meglio gio- ventù:83 “una sera, tra boschi // cedui, chissà, tra macchie indissolubili / di viole sulle prode, tra vigneti o lumi / serali di villaggi, sotto vergini nubi, // (nell’Emilia del mio destino, nel Friuli dei miei numi)...”84 Anche la costante presenza della luce, contrapposta al buio, deve richiamare la figura della madre fanciulla, come in questi significativi versi: “Dentro i ventri / delle madri, nascono figli ciechi ‒ pieni di desiderio di luce ‒ sbilenchi // ‒ pieni d’istinti lieti: / e attraversano la vita nel buio e la vergogna.”85 La luce irradia inoltre una materna “felicità primaverile”86 e completa la bellezza dei ragazzi. In aggiunta a questi esempi si registrano anche l’evocazione di una rinascita, l’elemento floreale (gemme, fiori nel caos dell’esistenza), la costante presenza di colori chiari (giglio, candido, mattina) come di allusioni alla giovinez- za dell’archetipo ‒ pure in un contesto politico-sociale: “perché le Istituzioni sono nulla, quando / hanno perso ogni forza, la forza fanciulla / delle Rivoluzioni [...].“87 L’ideologia che traspare da questi ultimi versi contrassegna la seconda parte del poemetto, accompagnandosi a riflessioni storiche,88 politico-sociali,89 giudiziarie90 e relative alla mancanza di fede religiosa (queste ultime di particolare interesse per l’argomento passionale: “non conosco // il vostro Dio, io sono ateo: prigione / solo del mio amore, per il resto libero, / in ogni mio giudizio, ogni mia passione.”91) Occorre inoltre sottolineare come esse ruotino tutte attorno sia al cen- trale culto per la realtà92 che a implicazioni autobiografiche. Il sentirsi respinto dal “mondo innocente”93 e il conseguente desiderio di una vendicativa alleanza con “gli Ebrei... i Negri...

82 Cfr. ibid., p. 40, v. 118. 83 Cfr., ad esempio, per la natura il cielo nella sera casarsese: Pier Paolo Pasolini: “O me donzel”, in: La meglio gioventù, p. 23. 84 “La realtà”, p. 39s, vv. 210-214. 85 Ibid., p. 45, vv. 247-251. 86 Ibid., p. 36, v. 26. 87 Ibid., p. 49, vv. 353-355. 88 Cfr. Ibid., p. 41s, vv. 164-176. 89 Cfr. ibid.. p. 45, vv. 259-270. 90 Cfr. Ibid., p. 46, vv. 271-277. 91 Ibid., p. 40, vv. 135-138. 92 Cfr. Porta, p. 93ss. 93 “La realtà”, p. 45, v. 258. 114 ogni umanità bandita...”94 assume successivamente toni sempre più duri e disperati, finché una serie di punti di sospensione inseriti tra i vv. 258 e 259 sembra volerne placare l’irruenza; questa prosegue tuttavia anche nelle strofe successive, in cui viene apostrofato direttamente il lettore: “Ma io parlo... del mondo ‒ e dovrei, / invece ‒ parlare dell’Italia, e anzi, / di una Ita- lia, di quella di cui sei, // con me, destinatario dei miei versi, figlio.”95 Le ultime strofe sono contraddistinte da una disperata animosità ‒ cuore rima con disamore ‒ nei confronti di chi condanna assieme la sua diversità e la realtà: “Il suo odio per la mia persona era l’odio // per l’oggetto di quella colpa, ossia / l’odio verso la sua coscienza.”96 Alla fine della lirica Pasoli- ni, nelle vesti del “profeta che non ha / la forza di uccidere una mosca [...]“97 esorta all’odio di una sanguinaria rivoluzione contro la borghesia le “povere schiere / di segnati e diversi, nati da ventri / innocenti, a primavere // infeconde, di vermi, di serpenti, / orrendi a loro insaputa, condannati / a essere atrocemente miti, puerilmente violenti.”98 Solo quando il mondo sarà stato liberato dai “poveri razzisti”99 e i figli nati ciechi potranno allora soddisfare il loro biso- gno di luce passionale, il poeta sarà disposto a “cominciare / il [...] discorso sopra la realtà.”100

Se La realtà rappresenta una specie di somma delle liriche analizzate in questo capitolo ‒ vi si ritrovano infatti riferimenti al mito della fanciullezza friulana de La meglio gioventù, al tur- bamento assieme religioso e passionale de L’usignolo della Chiesa Cattolica e de La religione del mio tempo, ma anche alla cupa crisi sociale e storica di Poesia in forma di rosa ‒ è con particolare nitidezza che il poemetto permette di scorgere i fondamentali, seppur misteriosi, nessi tra gli elementi della vita sessuale, letteraria e sociale di Pier Paolo Pasolini. Come egli stesso rimarca, “Sesso, morte, passione politica, / sono i semplici oggetti cui io do // il mio cuore elegiaco... La mia vita / non possiede altro. [...]“101 L’amore per la madre fanciulla, che permette al figlio una ciclica rinascita, deve pertanto identificarsi non solo con la salvaguardia e, se si vuole, con l’espiazione delle proprie passioni, contrassegnate tutte da un’ingombrante diversità, ma anche con la palingenesi evocata al termine della lirica.

94 Ibid., p. 43, v. 195. 95 Ibid., p. 45s, vv. 259-263. Corsivo nell’originale. 96 Ibid., p. 48, vv. 322-323. 97 Ibid., p. 51, vv. 388-389. 98 Ibid., p. 50, vv. 376-381. 99 Ibid., p. 41, v. 156. 100 Ibid., p. 51, v. 392-393. 101 Ibid., p. 41, vv. 143-146. 115

7 Conclusioni

Susanna con suo padre passa di lí sul carro / [...] / «Chi siete, bel soldato, venuto cosí da lontano?» / «Sono Colussi Vincenzo, un giovinetto italiano: / e voglio portarti via, appena mi sono guarito, / perché nel petto con gli occhi mi hai ferito». / «No, no, che non vengo via, perché mi sposo questa Pasqua. / No, no, che non vengo via, perché questa Pasqua sarò mor- ta». / La Domenica degli ulivi tutti e due piangevano, / e l’uno l’altra piangere si vedevano di lontano. / Il Lunedì santo si vedono di nascosto nell’orto, / e si dànno un bacio come due co- lombi. / Il Giovedì santo, che nascono rose e fiori, / scappano dalla Polonia per saziare l’amore. / La Domenica di Pasqua, che tutto il mondo canta, / arrivano innamorati nella ter- ra di Francia.1

Al termine di questo lavoro è doveroso ripercorrere brevemente il tragitto che ha reso possibi- le acquisire una più analitica e approfondita comprensione della funzione amorosa ed erotica della madre fanciulla nell’opera poetica di Pier Paolo Pasolini. Mi preme tuttavia sottolineare fin da subito che la suddetta conoscenza non può, non deve e non vuole coincidere con una risoluzione completamente priva di incognite delle questioni sollevate al principio di questa tesi di laurea. Ciò era invero predicibile anche solo osservando la sfuggevole natura dell’argomento preso in esame, ovvero l’espressione poetica di un aspetto assieme sentimen- tale e sessuale, radicato di conseguenza nell’intimità e nell’anima di uno scrittore che si mo- stra a sua volta turbato dalla misteriosa ‒ per questo affascinante ‒ e solitaria essenza della propria passione. A questo proposito è utile ricordare un passaggio di Rainer Maria Rilke, tratto dalle Lettere a un giovane poeta: “Kunst-Werke sind von einer unendlichen Einsamkeit und mit nichts so wenig erreichbar als mit Kritik. Nur Liebe kann sie erfassen und halten und kann gerecht sein gegen sie.”2 Se il poeta statunitense E. E. Cummings all’inizio delle sue non-lectures a Harvard cita questo passo e esorta i suoi studenti a tenere sempre a mente le parole di Rilke ‒ giacché, in caso contrario, “avrete scordato il mistero che siete stati, il miste- ro che sarete, e il mistero che siete”3 ‒, l’assunto rilkiano manifesta tutta la propria valenza altresì in questa tesi, che cercando un accostamento analitico al mistero pasoliniano intende provarne infine l’insita e inevitabile inafferrabilità. Nel capitolo biografico è stata presentata in successione cronologica la vita di Pier Paolo Pasolini, che ha seguito un andamento senz’altro impetuoso e di cui l’opera letteraria non può che essere un ineluttabile riflesso. Dell’esistenza pasoliniana, contrassegnata da una particola- re situazione familiare, polarizzata attorno alle pressoché opposte identità della madre e del

1 Pier Paolo Pasolini: “Il soldat di Napoleon”, in: La meglio gioventù, p. 371s, vv. 27-44. Traduzione a piè di pagina. Cfr. “Il soldato di Napoleone” di Sergio Endrigo. 2 Rainer Maria Rilke: Briefe an einen jungen Dichter. Zürich: Diogenes 2006. (= Diogenes Taschenbuch. 23515.) P. 25. 3 Edward Estlin Cummings: Poesie e lettere. Traduzione di Mary de Rachewiltz. Torino: Einaudi 1974. P. V. 116 padre, si sottolineano specialmente i continui trasferimenti giovanili nell’Italia settentrionale, la fertilità degli ambienti culturali e letterari scoperti nelle città di Bologna e Roma, la diversi- tà sessuale rivelatasi causa di problematiche esistenziali e perfino giudiziarie in Friuli, ma successivamente fonte di un ambivalente orgoglio, la natura militante e polemica della sfera ideologica e politica e una fine purtroppo ancora non del tutto chiarita, ma per alcuni versi sintomatica dell’aspetto autodistruttivo e nullificante che pare aver governato le pulsioni ses- suali e senza dubbio anche intellettuali dello scrittore al termine della propria vita. La fertilità degli ambienti culturali e letterari di Bologna e di Roma ha consentito allo scrittore un contat- to privilegiato con le maggiori personalità artistiche e intellettuali del Novecento, tra cui Longhi, Penna, Ungaretti, Gadda, Moravia e Fellini. L’attività letteraria sbalordisce, d’altro canto, per il magmatico eclettismo stilistico e formale, votato alla contaminazione del pastiche e per giunta espresso nei più diversi generi letterari e artistici, per la passione coltiva- ta nei confronti di realtà in apparenza distanti tra loro come il Friuli, Roma e il terzo mondo, e per il peculiare modo di riversare nella scrittura sia la propria ideologia, che si riferisce a si- tuazioni concrete come la lotta di classe e l’Italia del miracolo economico, che la mitologia della purezza, semplicità e autenticità nel mondo contadino e nel sottoproletariato. Nel terzo capitolo è stato scandagliato, onde ricercarci la presenza di elementi dal carattere assieme materno e passionale, il ruolo che nell’esistenza e nell’agire sia intellettuale che arti- stico di Pier Paolo Pasolini hanno avuto la madre e le figure confidenziali, a tratti indubbia- mente amorose, di Maria Callas, Elsa Morante e Laura Betti. Se l’amore tra lo scrittore e Susanna Colussi si scopre di un’intensità enorme e di una perpetua influenza sulle opere e sul pensiero di Pasolini, la relazione con Maria Callas si distingue per la sua natura ambigua e tormentata, ad esempio individuabile in Trasumanar e organizzar, mentre quella con Elsa Morante rivela un’affinità intellettuale che infine sfocerà in un duro scontro. L’autoproclamata moglie Laura Betti instaurerà con Pasolini un rapporto colmo di spirito scherzoso, ma non per questo meno profondo. Come si è osservato attraverso l’analisi della corrispondenza epistolare con la madre e le amiche, ma anche di alcune opere sia poetiche che cinematografiche, lo scrittore apprezzava in queste donne specialmente certi tratti fanciulle- schi e materni, relativi quindi a una costante riprova della personale mitologia già accennata. Riguardo all’amore per Susanna Colussi, si potrebbe a questo punto azzardare l’ipotesi, forse semplicistica, ma senz’altro lecita, che gli elementi materni – come il mondo agricolo e il dia- letto friulano – corrispondessero in gran parte a ciò che Pasolini voleva difendere, sacralizzare e idealizzare nel corso della sua vita, nei saggi e nelle opere, mentre al contrario gli elementi appartenenti alla realtà prima nobile, poi piccoloborghese e militare del padre potevano essere

117 allontanati, duramente criticati e talvolta addirittura demonizzati. A questo proposito si segna- lano alcune dicotomie nella produzione letteraria pasoliniana, ognuna delle quali radicata nel- la fondamentale opposizione tra maternità e paternità: realtà contadina e borghesia, dialetto e italiano, marxismo e fascismo, mondo reale e mondo irreale, purezza e peccato. La passione nella biografia e nell’opera di Pier Paolo Pasolini viene tematizzata nel quarto capitolo. Intimamente connaturata allo sguardo dello scrittore, la natura passionale del primo movimento d’interesse conoscitivo si ritrova tanto nell’elaborazione ideologica e letteraria delle realtà contadine e sottoproletarie quanto nella propria vita amorosa e erotica. La natura irrazionale e dionisiaca della condizione umana, a cui si è accennato nell’introduzione, è os- servabile nelle contraddizioni che stanno alla base del sentire pasoliniano, elencate da Filippo La Porta. Sono da sottolineare soprattutto il rifiuto della propria origine borghese ‒ a cui Pasolini contrappone il mito del mondo agricolo, osservato tuttavia sempre da una certa di- stanza ‒ e del proprio omoerotismo, scoperto nell’infanzia e vissuto sempre con forte turba- mento, nonostante a partire dal periodo romano si registrino diverse relazioni omosessuali; il suo più grande amore è il ragazzo di borgata Ninetto Davoli, a cui scrive L’hobby del sonetto. L’erotismo di Pasolini, nel quale l’amica Oriana Fallaci avverte un profondo desiderio auto- flagellante, presenta a tratti le stesse caratteristiche contraddittorie: l’aspirazione all’innocenza e alla purezza viene punita dallo scrittore mediante un’umiliazione delle proprie passioni, del- la propria ideologia e del proprio corpo, tramite una soddisfazione carnale degli impulsi di morte. Il femminile, che in Pasolini si identifica sovente con le caratteristiche amate nella madre ‒ la vitalità, l’ingenuità, la purezza e la sacralità, ha in questo frangente una funzione positiva e idealizzante. Il rapporto dello scrittore con le donne è stato analizzato sia attraverso una propedeutica descrizione dei rapporti, a tratti amorosi, instaurati nel Friuli giovanile con Giovanna Bemporad, Pina Kalč e Silvana Mauri che attraverso l’esplorazione della poliforme rappresentazione del femminile nelle opere e l’analisi del pensiero socio-politico corsaro riguardo all’emancipazione, l’aborto, i ruoli familiari e la libertà sessuale. Nel quinto capitolo, dedicato interamente alla figura della madre fanciulla, si è cercata una risposta alle domande fondamentali che sono state poste al termine dell’introduzione, relative all’entità generica dell’archetipo e al suo ruolo tanto nella vita e nelle opere, quanto nella pas- sione omoerotica dello scrittore. L’ossimorica protagonista di questo lavoro è stata innanzitut- to analizzata mediante la sua scomposizione terminologica, poi definita nel suo significato generale e infine osservata nelle soventi raffigurazioni nelle opere di Pier Paolo Pasolini. Mentre nel termine «madre» si vedono accolte le proprietà materne ammirate dallo scrittore nel femminile, che sembra identificarsi con una sfera che permette una sorta di contatto privi-

118 legiato e dai tratti sacrali e irrazionali ‒ forse perfino magici ‒ con la natura e la realtà, l’apposizione «fanciulla» deve rimandare allo stato di vitale innocenza e inconsapevolezza peculiare dell’età puerile. La combinazione dei due termini, in cui si coglie un notevole esem- pio della paradigmatica sineciosi nella scrittura pasoliniana, rappresenta un simbolo vitale dai tratti trascendenti, mitici e senz’altro religiosi che giunge alla sua massima espressione nelle raffigurazioni poetiche della madre. Attraverso la periodicità insita alla natura generatrice del femminile, la donna permette infatti una continua rinascita del figlio, ne perdona l’impeto delle passioni e simboleggia un ritorno ricorrente al passato arcaico. Non sorprende pertanto che il contesto in cui l’archetipo appare sia sovente quello primaverile e pasquale, accompa- gnato da simboli naturali, di purezza e di ciclicità come lo sbocciare dei fiori, la suddivisione della giornata, il penetrare della luce attraverso un cielo annuvolato, il fluire del fiume, il cambio delle stagioni e la migrazione degli uccelli. Attraverso l’analisi di alcune opere cine- matografiche e poetiche è stato infine possibile determinare un significato decisamente più complesso e mutevole dell’archetipo della madre fanciulla, per cui ella viene dotata anche di tratti conturbanti, passionali e non esenti dalla corruzione sessuale e ideologica perpetuata dalle spesso negative figure maschili. Allo scopo di conoscere la suddetta articolata e ambivalente natura dell’archetipo, nel sesto e ultimo capitolo sono state analizzate dieci poesie, presentate in successione cronologica e nel contesto delle raccolte in cui sono state pubblicate. Nelle liriche friulane de La meglio gioventù, di carattere prevalentemente religioso e naturale, è possibile riconoscere una specie di inno alla giovinezza del poeta e della madre: Aleluja sembra voler sublimare la beatitudine raggiunta da un fanciullo dopo la morte, accompagnata tuttavia dal sacrale dolore materno; ne La domènia uliva trova continuazione l’elemento mortuario, coincidendo con la comunicazio- ne fallita tra un giovinetto e la madre, fattasi fanciulla con lo scopo di consolarne la dispera- zione; la speculare Suite furlana osserva infine l’archetipo nella sua idilliaca unione con la natura. L’usignolo della Chiesa Cattolica introduce l’elemento passionale nell’intreccio ma- terno-religioso individuato finora: L’annunciazione rappresenta un dialogo tra un’universale madre fanciulla, che nell’ultima strofa si scopre essere Maria, e i figli ‒ essi ne sospettano la perduta innocenza ed ella riafferma la propria purezza; in Litania appare la stessa Vergine, sottoposta questa volta a uno sguardo indubbiamente erotico, che causa nel poeta la coscienza di non voler resistere alle proprie pulsioni sessuali; Memorie è una poesia che preannuncia il tono dominante negli ultimi componimenti analizzati in questo lavoro, vale a dire un’elaborazione autobiografica dell’amore materno e dell’omoerotismo, dove la confessione della ricerca di caratteristiche fanciullesche negli amanti di Pasolini lascia scorgere una forte

119 angoscia passionale, accompagnata dal timore di perdere la purezza del sentimento materno. Ne La religione del mio tempo si trovano i primi moti della crisi esistenziale, ideologica e passionale che attanaglia lo scrittore dal principio degli anni Sessanta ‒ la lirica Appendice alla «Religione»: una luce pare tuttavia rimanerne immune, a composizione di un’archetipica lode rivolta a Susanna per le sue qualità materne e ancora, nonostante l’età avanzata, fanciul- lesche. La tormentata raccolta Poesia in forma di rosa, in cui l’archetipo si ritrova a convivere con le madri corrotte, accusate di aver perso la loro sacralità nella Ballata delle madri, offre tuttavia due delle più notevoli liriche pasoliniane, entrambe a tema assieme passionale e ma- terno. Se la Supplica a mia madre confessa a Susanna l’ambivalente turbamento sensuale di Pasolini, rivolto alla corporeità dei ragazzi ma inevitabilmente ispirato dalla grazia materna, La realtà appare come la lirica più significativa per questo lavoro. La viscerale disperazione del poeta, causata dalla propria diversità sessuale, si fonde in quest’ultima poesia infatti con l’orgoglio di potersi identificare con la madre, a sua volta sentimentalmente e intellettualmen- te discorde dalla borghesia, e sfocia in una fondamentale dichiarazione d’amore rivolta alla madre e alle donne, scorte queste sotto la stessa luce purificatoria, sacrale e passionale.

La stesura di questa tesi di laurea ha permesso un’approfondita e ravvicinata conoscenza di uno degli autori del Novecento italiano che, fin dal principio della mia passione per la lettera- tura, hanno maggiormente alimentato il mio interesse. Questo interesse era già allora dovuto, oltre che allo sguardo particolarmente attinente alle realtà contadine e periferiche dello scritto- re, anche alla sua espressione asciutta, razionale ma dal moto straordinariamente passionale, assieme poetico e crudo. Le prime opere pasoliniane in cui mi sono imbattuto sono state Salò o le 120 giornate di Sodoma e Ragazzi di vita. La mia fascinazione per Pier Paolo Pasolini – che mi ha condotto anche a visitare molti luoghi della sua vita, tra cui la campagna di Casarsa e il parco degli Acquedotti a Roma – trova forse la sua radice proprio nella volontà dello scrit- tore, almeno a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, di non blandire il lettore ma al contrario di suscitare in lui scandalo.4 Nel corso di questo lavoro è risultato evidente come i tratti di genialità in Pier Paolo Pasolini derivino da una scrittura caratterizzata dall’espressione assieme intimamente personale e intensamente universale nel cogliere l’ambivalenza e la profondità della passione umana.

4 Cfr. “Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere, e chi rifiuta di essere scandaliz- zato è un moralista, il cosidetto moralista”, in: “Pier Paolo Pasolini – L’ultima intervista televisiva.”, 0h0m48s – 0h1m0s. 120

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Alì ha gli occhi azzurri, Claudio Giovannesi, Italia, 2012.

Comizi d’amore, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1965.

Edipo re, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1967.

I cento passi, , Italia, 2000.

Mamma Roma, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1962.

Medea, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1969.

Nessuno si salva da solo, Sergio Castellitto, Italia, 2015.

Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno, Laura Betti e Paolo Costella, Italia, 2001.

Salò o le 120 giornate di Sodoma, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1975.

Uccellacci e uccellini, Pier Paolo Pasolini, Italia, 1966.

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