Giulio Pallavicino Vero E Distinto Ragionamento in Accordo Con I Criteri Di Trascrizione Adottati Da Edoardo Grendi Per L’Inventione, Preciso Che: 1
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Giulio Pallavicino Vero e distinto ragionamento In accordo con i criteri di trascrizione adottati da Edoardo Grendi per l’Inventione, preciso che: 1. anche i miei in- terventi sulla forma e sulla punteggiatura sono stati minimi. Ho eliminato le ripetizioni ma non gli errori, quand’anche evidenti, a eccezione di quelli segnalati in nota; 2. le lezioni doppie, dovute alle integrazioni e alle correzioni operate da Pallavicino (in glossa o in interlinea), sono segnalate in nota e fra virgolette; 3. nel testo, l’indicazione […] segnala un nome o un’espressione illeggibile (in ragione dello stato di conservazione del ms. o della grafa); l’indicazione (…) segnala invece i rari casi di omissis (di lacuna originaria, per lo più relativa a nomi di persona); 4. entro parentesi quadra le mie note, per i rari casi in cui il testo necessitava di integrazione (articolo, congiunzione, preposizione, etc.); 5. in grassetto le indicazioni relative a giorno, mese e anno (integrate in parentesi quadra, ove necessario); 6. in nota, ulteriori precisazioni, per lo più funzionali all’identifcazione di luoghi e personaggi di particolare rilievo; 7. in corsivo nel testo, la trascrizione delle fonti (documenti diplomatici, etc.) che sono parte integrante del Ragionamento. Per le note archivistiche, le caratteristiche fsiche del ms. e i salti nella numerazione rimando alle note 5 e 8 dell’Introduzione al volume. Domino nostro Jesu Christo, ac Beatissime Virginis Maria, Laus sempiterna. Al molto Ill.mo Signor Marc’Au- relio Rebuffo. Invio a V.S. due relationi, le quali narano il successo dell’ingiusta guerra mossa dal Re di Francia, e Duca di Savoia colegati, alla Republica Genovese. Della prima, che è di Raffaello di Raffaello Torre,1 non favelo punto, ma sì bene della seconda, la quale è stata composta da me, però in stile humile, ma curioso, il che mi giova credere, che non tanto sarà letta da quei, che per distanza di luogo non si trovarono presenti, ma ancora da quei vi si trovarono, poiché ella contiene in sé molte cose curiose, non da tutti sapute. V.S. lega l’una, e l’altra, senza però dichiarare l’opinione sua, quale le sarà stata più grata, non volendo che altri lo elega giudice sospetto, per esserli io tanto caro Amico, Compare, e servitore. Nostro Signore la guardi da ogni male come merita. Genova, 15 dicembre 1634. Servo Giulio di Agostino Pallavicino. Istoria, che contiene il principio, mezo e fne della guerra, che Carlo Emanuello Duca di Savoia, spinto dallo suo grande odio mosse alla Republica Genovese, l’anno 1625, la quale se bene nel cominciamento di essa, ella hebbe alcune picciole perdite, in ogni modo a capo di tempo il Duca rimase al disotto in guisa tale, che hoggidi la Republica Genovese posside cinquantasei sue terre e Ville. Ma quel che più importa, e che non si può raccordare senza rendere gratie a Dio misericordioso, che vediamo esso nemico, che oltre la perdita delle cinquanta sei terre, e Ville,2 che in tutto dipende dal volere del Re di Francia, conciosiacosa che tiene in suo potere la forte Città di Pinarolo, e la Valle di Santa Brigitta, luoghi vicino a Torino sua abitatione ordinaria, si che a malapena sta sicuro in esso. Onde per questo, é per essere ridotto in neccesità, non può il fgliuolo, che hora regna3 moversi contro di noi, e farci guerra tanto ingiusta, come quella ci mosse il Padre. Piacia allo stesso Dio infondere ne i petti de Senatori che hora sono al governo della Republica, et in quegli veniranno nell’avenire, tanta pietà, e prudenza, acciocché in eterno possiamo noi e nostri fgliuoli, godere un tanto bene, come viene dal vivere in libertà. E tanto più si spera questa gratia, quanto che ce n’ha fatte tante altre, che per ramentarne alcune. Non è guari tempo che morì lo stesso Duca di Savoia, sì fero nemico alla Republica, che per la sua natura, che mai stava ferma, et inclinata alle guerre, di morte violenta, che fu di peste. Morì parimenti La Digueres,4 e gli altri capi, che con l’esercito Francese, e Savoiardo vennero con animo sì maligno per annichilarsi. Morto ancora Claudio Marino5 nostro Genovese, il quale per l’odio grande che havea alla sua patria, concitò esse armi contro noi, e si sa che fu grande mezo a disporre il Re di Francia, a colegarsi col Duca di Savoia, e Republica di Venegia, e venire ad assalirci. Morto ancora Giovanni Antonio Ansaldo,6 rabbiato Popolare, e tanti altri scelerati huomini della stessa conditione, che l’anno 1628 congiurarono contro la Republica, e contro la nobiltà, e ne furono gastigati, come meritavano. Hora, per la Dio mercè siamo in libertà, e la godiamo con molto nostro gusto, e contento, né niuno potrà in l’avenire turbarsi punto, sì perché siamo tutti di accordo a mantenerla, sì anche perché habbiamo cinto la Città, e la marina con forti, e nove mura, che speriamo non tanto saranno un forte propugnacolo per dif- 1. Raffaele Della Torre. 2. “Forse 5 non perse”. 3. Vittorio Amedeo I di Savoia (1630-37). 4. François de Bonne, duca di Lesdiguières, connestabile di Luigi XIII di Francia. 5. Claudio di Cosmo De Marini, ambasciatore di Luigi XIII a Torino. 6. Gio.Antonio Ansaldi, conte di S.Pietro, cortigiano e funzionario di Carlo Emanuele I di Savoia. Morì nel 1629. 4 «In forse di perdere la libertà» fendere la Città, ma anche la Italia tutta dalle incursioni de Barbari e nemici. Genova, l’anno 1633, primo giorno di Agosto. Giulio di Agostino Pallavicino. Vero, e distinto ragionamento fatto da Giulio di Agostino Pallavicino, per lo quale con ogni curiosità, si narra la scelerata guerra mossa l’anno 1625 dal Duca di Savoia alla Republica di Genova, scritta da lui con ogni verità, come quello, che si è trovato sempre presente ad ogni successo, et il tutto notava, con risolutione di formarne questo sì copioso scritto, non per altro, solamenti, sperando, che debba durare tanto, che in l’ave- nire vada nelle mani di suoi patrioti, et imparino a governare bene la Republica, e con quiete, che si stima, che non vi possa essere felicità maggiore come a vivere in libertà, e se i Cittadini usarano quella prudenza, e moderatione come usa chi governa hora, tengo per sicuro, che Dio farà la gratia, che la libertà, e la pace abitarà sempre con noi. Il che si conceda da Dio nostro Signore, e la Sua Madre Santissima. Genova 24 mag- gio dell’anno di nostra salute 1634. All’Ill.mo Signore, il Signor Agostino di Steffano Pallavicino, uno delli Procuratori del Palagio, nostro Signore Oss.mo. Non tanto il Duca di Savoia havea saputo, che le due terze parti del Feudo di Zuccarello, che egli havea compro da quel Marchese,7 che dall’Imperadore,8 e dal Suo Aulico Consiglio erano state dichiarate devo- lute all’Imperio, per haverle il Marchese vendute senza licenza. Ma che ancora erano state dall’Imperadore vendute alla Republica Genovese. Passioni che l’una et l’altra gli havevano penetrato sino all’anima, e lo dimostrava apertamenti, dolendoci agramenti dell’Imperadore stesso, il quale havesse tenuto sì poco conto di lui, che senza fargline motu veruno, havesse fatto tale dichiaratione. Ma più di tutti gli altri si doleva della Republica Genovese, che senza alcuno rispetto attendesse a questa vendita. Con l’Imperadore egli non se ne querelò altrimenti, ma bene lo fece con la Republica, alla quale scrisse una littera molto risentita, e gli la mandò con corriero, ordinandole che ne instasse la risposta, che le fu fatta, ma con ogni modestia, dimostrando che l’Imperadore gli havea fatto tale vendita, e se in cosa veruna si dovea dolere si dolesse dall’Imperadore lui, perché gli haverebbe dato sodisfattione. Dell’una, e dell’altra littera pongo qui la pro- posta e la risposta: Ser.mo Signore, Io mi rendo certo, che a V.S., e SS.rie Ill.me sia noto il contrato, che io feci già col fu Marchese di Bagnasco per le cose di Zuccarello, sotto il beneplacito dell’Imperadore mio Signore, e la soddisfattione del suo contracambio, che egli ha goduto pacifcamente per trenta anni, e se bene poi per diversi accidenti di guerra, et altri, io non ho potuto perseguire questo negotio appresso S.M.Cesarea, non credo però che per questo siano deteriorate le mie ragioni, né abbreviata la mano di Cesare a farmi, e giustitia, e gratia insieme. E perché ho inteso che V.S. e SS.rie Ill.me sono entrate in trattato di havere quei luoghi, ho giudicato bene, oltre gli ufci già fatti dall’am- basciatore Cattolico così da me pregato di mettere loro di nuovo in consideratione queste mie ragioni, accioché sapino l’aggravio che mi si verrebbe a fare, quando si pensasse di privarmene, e le cause mi si darebbero e di dolermine, e di risentirmene vivamenti. Confdo però che la loro prudenza non mi vorrà mettere in questa neces- sità, sapendo quanto sia ognuno obligato di conservare le sue ragioni, et a V.S. e SS.rie Ill.me auguro con questo ogni felicità dal Signore. Da Rivoli, li 8 di Aprile 1624. A servigi di V. S.tà e SS.rie Ill.me, Il Duca di Savoia Carlo Emanuele. Ser.mo Signore, Fu sempre tale l’instituto della nostra Republica, che se bene il Feudo di Zuccarello è quasi da ogni parte circon- dato dal nostro dominio, oltre il censo compro dal Marchese Scipione Carretto sino l’anno 1576 con l’assenso Cesareo confrmato, non habbiamo però rivolto l’animo all’acquisto di esso, salvo quando si è inteso, che la Maestà Cesarea per sua diffnitiva sentenza ha dichiarato essere devoluto alla Sua Camera Imperiale, et imposto perpetuo silentio a pretensori, e vedendosi risoluta volontà in S.M.C.