La scheda filmica e didattica è a cura di Giancarlo Visitilli. Ogni diritto è riservato.

IL CAMORRISTA (Italia, 1986) Regia: Cast: Luciano Bartoli, Maria Carta, Nicola Di Pinto, Ben Gazzara, Genere: Drammatico Durata: 168’

Trama Docu-dramma popolare, ricostruzione romanzata della vicenda di , capo della Nuova organizzata napoletana che, sul finire degli anni Cinquanta, inizia la sua scalata ai vertici della malavita organizzata di Napoli. Arrestato una prima volta, riesce ad evadere ma verrà nuovamente catturato e tenuto in isolamento. Film liberamente ricavato dall'autobiografia immaginaria, scritta dal telegiornalista Giuseppe Marrazzo

DENTRO IL FILM

L’educazione violenta del professore Sceneggiato dall’esordiente Giuseppe Tornatore, Il camorrista è un affresco di sangue, violenza e abominio, che ha per modello Il Padrino, ma prova a coniugare il cinema sociale di Francesco Rosi e quello di Damiano Damiani col melodramma, il giallo d’azione, l’avventuroso e il carcerario. Ambientato, per lo più all’interno del carcere di Poggioreale, dove c’é un recluso, il “Professore” Vesuviano, paese di sua provenienza che sta per Ottaviano, questi comincia a farsi rispettare, sfidando un boss della camorra più anziano di lui. Infatti, il Vesuviano costituisce, dentro e fuori le mura di quel luogo, gli appartenenti all’esercito della futura camorra riformata, aiutato dall’esterno, dalla sorella Rosaria, esecutrice delle sue direttive e tesoriera della potente organizzazione. Così, il Professore riesce ad evadere dal manicomio criminale in cui, dopo il processo, gli avvocati della difesa sono riusciti a farlo trasferire come infermo di mente, riesce finanche a partire per New York, a contattare il vertice di Cosa Nostra e a farsi riconoscere come il capo indiscusso della nuova camorra. Infatti, in Campania, e non solo, il Professore ha creato una potente e ramificata organizzazione, formata da uomini e donne che, in cambio, ricevono protezione, lavoro e denaro. Un commando, però, viene inviato nella villa del nuovo boss, dai capi locali, rimasti ai margini di ogni attività e profitto. Alfredo Canale, un fedelissimo del Professore, scopre però il piano dei nemici e, per salvare la vita del suo capo, ne svela alla polizia il nascondiglio. Così il Professore crede di essere stato tradito, proprio dal più fedele dei suoi e ne ordina l'esecuzione. Intanto a Napoli si scatena la polizia, a seguito del sequestro di un assessore comunale ad opera delle Brigate Rosse e questo blocca ogni impresa e lucro della camorra. A causa degli aspetti politici del sequestro e dei vari risvolti che ne conseguono, alte personalità e gli stessi servizi segreti verranno a patti con il Professore, per salvare l'assessore e lasciare, al contempo, all'oscuro notizie e faccende, che è nell'interesse di gente potente e qualificata non far venire alla luce. Nel frattempo, il Professore ha fatto eseguire altri crimini, per i quali sarà trasferito su di un’isola, in un carcere di massima sicurezza. Narrato con un certo ritmo, il film di Tornatore mostra però una certa enfasi, specie dei personaggi, nelle scene di cruda ed efferata violenza. I riferimenti alla realtà sono tanti e impressionanti, tanto da suscitare al regista non pochi problemi di censura. Non sarà un caso se il film si apre con una lunga didascalia (“Questo film trae ispirazione da quel drammatico contesto, non solo meridionale, che ci appare dalle cronache giudiziarie e parlamentari e dalla pubblicistica sulla camorra. Gli autori non hanno preteso fare ricostruzioni storiche e tantomeno imporre come “verità” una loro versione dei fatti, ma con l’elaborazione fantastica di quelli avvenuti e con altri di più immaginazione, tentare in autonomia creativa un affresco contro la violenza e la sopraffazione, con la speranza che dalla visione del film lo spettatore tragga ulteriori motivi per credere nella insostituibilità della legge dello Stato, unico vero presidio del vivere civile”), direttamente voluta da uno staff di legali, che facevano parte della produzione del film. Infatti, tante sono le vicende raccontate nel film, come la trasposizione, neanche poi tanto romanzata, dei fatti di cronaca di quegli anni. Anni difficili, quelli nei quali Tornatore gira, perché gli stessi in cui si celebrava il primo grande processo contro la Camorra. E i riferimenti, nel film, ci sono tutti: per esempio l’assessore Mimmo Mesillo, nel film, viene rapito in un agguato in mezzo alla strada, a pochi passi dalla posta centrale, ma nella realtà il riferimento è all’assessore Ciro Cirillo, rapito in un’imboscata, in un garage vicino a casa sua, a Torre del Greco. La figura del Commissario Iervolino è probabilmente legata al capo della squadra mobile Antonio Ammaturo. Il braccio destro di Cutolo, nel film, si chiama Ciro Parrella, nella realtà il personaggio è invece Vincenzo Casillo. Nel film Ciro Parrella muore in un'autobomba da solo, presso il Colosseo, mentre nella realtà l'esplosione avvenne nel quartiere Trionfale, con Casillo che era in compagnia di un amico che rimase ferito. Nel film, il primo approccio detentivo di Cutolo viene illustrato attraverso l’uccisione di un ragazzo, che aveva posto la mano sul sedere di donna Rosetta, la sorella di Cutolo, quest’ultimo, accecato dall’ira, lo uccise, facendolo sbattere con la testa contro il cofano della macchina, invece nella realtà lo uccise sparandogli due colpi di pistola e per il banale motivo, ma diverso dal precedente: Cutolo senza benzina nella macchina, in folle percorreva il viale a passo d'uomo, infine urtò appena e senza procurarle danni le gambe di una donna, lei irritata lo offese, lui la schiaffeggiò, alcuni giovani accorsero in difesa della donna, Cutolo senza esitare sparò due colpi di rivoltella contro un ragazzo, uccidendolo sul colpo. Dopo due giorni, spontaneamente, si consegnò alle forze dell'ordine, contrariamente al film che illustra la vicenda che le forze dell'ordine si recano a casa Cutolo per arrestarlo. La figura di Antonio Malacarne, invece, corrisponde al boss Antonio Spavone, detto ‘O Malommo. Tornando al film, poiché racconta un lasso di tempo lunghissimo, è evidente come il regista abbia avuto l’esigenza di raccordare, in fase di montaggio*, alcune scene, perché ci fosse la giusta sensazione del tempo che passa. Basti pensare ad una delle prime scene iniziali: quella con la ragazza che, ponendo la mano sulla fronte del bambino febbricitante (“Hai la febbre”) si raccorda a quell’altra di un uomo ormai adulto e, di lì a poco, ‘malato’ per la terribile violenza di cui si renderà protagonista.

La dura legge del branco Il film si caratterizza per la violenza che si estrinseca in ogni luogo e attraverso ogni personaggio del film. E il rischio di emularne qualcuno è forte. Pur tuttavia, è facile comprenderne la pericolosità, per quanto anche lo stesso Professore, dal suo ingresso in carcere, rischia di diventare da subito un eroe (è il rischio del cinema di tale genere): il Professore legge libri, quindi, cerca di avere, da subito, una supremazia anche culturale, rispetto agli altri capi mafiosi o meno, che sono nelle celle. Sarà un modo quello di creare appeal, ma anche di ricevere obbedienza e ‘rispetto’ (in realtà si tratta di tutt’altro) dai compagni di cella (“Fatevi gli amici in tempi di pace che vi possono servire in tempi di guerra” si dice fra i carcerati), per mezzo di promesse, concessioni, permessi e a botta di tanta violenza e corruzione, che vanno a braccetto con l’omertà, di cui il film ce ne mostra tantissima e in diverse occasioni. Infatti, l’omertà va a braccetto con la corruzione: da quella mafiosa, a quella anche meno organizzata, quella spicciola di ogni giorno, che vede coinvolti anche noi, cittadini, che spesso non ci compromettiamo con quanto vediamo, ascoltiamo o diciamo. Non sarà un caso l’importante scelta registica, da parte di Tornatore, di girare il momento decisivo della sfida del Professore, nei confronti di Malacarne, quando manda un suo uomo a sfidarlo, tutto ripreso attraverso lo spioncino della porta di una cella. Da quella specie di ‘occhi’ di chi è in condizione di carcerazione, spesso, s’intravvedono occhi, ma anche chiusure, specie nei momenti in cui c’è chi non vuol vedere… Quante volte, la stessa espressione del questore, nel film, è oggetto di nostre riflessioni, quando si tratta di morti ammazzati in ambito criminale: “Finché s’ammazzano tra di loro, facilitano il nostro lavoro”; quasi che non si tratti di uomini e donne, di esseri umani quindi, e come se i fatti di corruzione non ci riguardino, in quanto cittadini. Quanto ha da insegnarci, per esempio, questo film, in rapporto a certe consuete abitudini, relativamente al pizzo, alle estorsioni, allo stare zitti e obbedire a certi comportamenti e leggi del più forte: pagare le tangenti, se si ha un’attività economica; pagare il pizzo se si vuole riavere indietro al propria moto rubata; offrire beni materiali a qualcuno, in cambio di alcuni nostri precisi servizi dovuti (la visita dal medico, il superamento di un esame universitario, il lavoro, ecc.). Grande interesse, per tutta la durata del film, lo ha lo strano rapporto di complicità fra il Professore e sua sorella, tanto che, proprio tale figura fece inquietare moltissimo il vero Cutolo, che aveva un rapporto molto simile con sua sorella. Ma ci sono tante altre particolarità del film che inquietano, come, per esempio, la forte attrazione che c’è tra il sacro e profano: dal rito d’iniziazione, con tanto di pane, vino, sangue e stretta di mano, da apparire tanto blasfemo (anche per i censori del tempo), al continuo ricorrere al sacro, da parte di chi compie omicidi, furti o vendette (la sorella del Professore che va in chiesa a pregare dopo aver ordinato l’uccisione di un uomo, i continui segni di croce da parte di molti criminali, la presenza di due suore, fra le persone che attendono il turno prima di ottenere favori dalla sorella del criminale, ecc.). Fa specie anche l’obbedienza a cui sono poste le donne: maltrattate, costrette a subire ogni sorta di violenza, private della loro libertà, ma sempre disposte ad essere spose, amanti, madri religiose e osservanti del volere di maschi-padroni. Il film di Tornatore, nonostante siano trascorsi quasi trent’anni dalla sua produzione, ha tanto da dirci, vista l’attualità di certi fatti di cronaca, ma anche di certe espressioni, che impressionano, se riprese alla lettera, perché assomigliano a tante che sentiamo pronunciare da uomini che di mestiere fanno altro: “Riscatteremo il meridione d’Italia. Noi diamo lavoro”, promesse che ascoltiamo e vediamo nel film, ma anche nella vita, ad opera di tanti che svolgono ruoli pubblici, politici e non solo. Quanto ci può far pensare anche l’episodio del terremoto e l’assessore con quel suo “Stiamo lavorando per voi”…? E’ una visione che ancora ci caratterizza, come paese, alle prese con malesseri come la corruzione e il malaffare, divenuti una vera e propria piaga sociale. Anche la colonna sonora del film, composta da Nicola Piovani (stesso compositore della colonna sonora di La vita è bella e di centinaia di altre meno famose, e anche molto più belle) ha una sua funzionalità narrativa nel film: trattasi di musica con cadenza da banda, il cui tema principale lo si ascolta sempre nei momenti in cui è perpetrato l’omicidio di qualcuno, quasi si trattasse di un vero e proprio rito. Lo stesso, che si potrebbe solo immaginare, nel finale aperto del film, con il Professore, chiuso nel suo labirinto, somigliante sempre più ad un’urna, man mano che la camera da presa s’innalza, e che ci fa intravvedere una porta che si apre e una guardia che lo avverte: “C’è qualcuno che l’aspetta in parlatorio”. Noi, spettatori, non sappiamo di chi lo aspetta e perché? Un famigliare, un affiliato al suo clan, oppure la giustizia che rientra a dettare legge nella vita dell’uomo?

Curiosità  Il film è stato girato, in venti settimane, soprattutto a Napoli (per evitare inconvenienti durante la lavorazione sul set, tanto che sui ciak giornalieri, il titolo che appariva era “La febbre”) e nei dintorni di Roma, presso il porto di Civitavecchia e a Milano;  E’ costato 4 miliardi di vecchie lire (con un'edizione TV di 5 ore che non andò mai in onda);  David Donatello 1987 per Migliore attore non protagonista (Leo Gullotta);  Nastro D’argento 1987 a Tornatore come Miglior regista esordiente;  Il bambino che interpreta il Professore, da piccolo, è il nipote del regista;  Tornatore pensò di affidare il ruolo della sorella a Lina Sastri, solo successivamente fu affidato a Laura Del Sol;  Ben Gazzara accettò di fare il film prima che il regista lo scrivesse, aveva letto solo il romanzo e si era proposto come un aspirante esordiente;  Il film è tutto girato con ogni attore che recita nella propria lingua: Gazzara in inglese, alcuni in francese, altri in dialetto napoletano, ecc. Non c’era ancora la cultura della presa diretta. E come sempre avveniva, in quei tempi, anche gli attori italiani venivano doppiati.

Il regista Giuseppe Tornatore nasce a Bagheria, in provincia di Palermo, il 27 maggio 1956. Dopo aver messo in scena, appena sedicenne, testi di Pirandello e di Eduardo con una filodrammatica, si accosta al cinema girando documentari (con uno dei quali, Le minoranze etniche in Sicilia, vince un premio al Festival di Salerno) e lavorando per la televisione (per la RAI realizza Ritratto di rapinatore, Diario di Guttuso, Scrittori siciliani e cinema: Verga, Pirandello, Brancati, Sciascia). Nel 1984 dirige la seconda unità di Cento giorni a Palermo di Giuseppe Ferrara e, due anni più tardi, firma il suo esordio nella regia: Il camorrista. E’ con la pellicola seguente che il giovane cineasta ottiene successo e riconoscimenti, grazie anche all'intelligenza produttiva di Franco Cristaldi: Nuovo (1998), insignito a Cannes del Gran premio speciale della giuria e a Hollywood dell'Oscar per il miglior film straniero. Sulla cresta dell'onda, Tornatore delude però con Stanno tutti bene (1989), storia di un pensionato che risale l'Italia per far visita ai figli, sospesa tra moralismo e luoghi comuni. Meglio vanno le cose con il successivo Una pura formalità (1993), con Gerard Depardieu e Roman Polanski. Dopo il poco convincente Il cane blu, episodio contenuto in La domenica specialmente (1991), il successivo L'uomo delle stelle (1995) segna un ritorno alla Sicilia del passato. Il pubblico non sembra apprezzare più di tanto, così Tornatore decide di giocare la carta del kolossal: La leggenda del pianista sull'Oceano (1998) adatta il romanzo di Alessandro Baricco “Novecento”. Malèna (2000) è nuovamente collocato in Sicilia. Baarìa del 2009 segna il ritorno di Tornatore alla diletta Sicilia. Bagheria, luogo natale del cineasta siciliano, diventa scenario di una vicenda realistica che incorpora elementi fiabeschi. La migliore offerta (2013) è il suo ultimo film.

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