Chiesto Di Essere Trasferiti in Isolamento, Perché Temevano Che La Sommossa Fosse Un Pretesto Per Gli Uomini Di Belardinelli Di Ucciderli
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chiesto di essere trasferiti in isolamento, perché temevano che la sommossa fosse un pretesto per gli uomini di Belardinelli di ucciderli. La circostanza, riferita da Paolo Bianchi, dà anche contezza dell’affermazione di Antonio Mancini -a cui una delle difese ha contestato che Danilo Abbruciati era un capo e non aveva necessità di protezione in carcere-, il quale ha affermato che, a prescindere dall’importanza, se nel carcere è stata decisa la morte di qualcuno, essa avviene indipendentemente dal ruolo che la vittima ha all’esterno del carcere. ¾La partecipazione di Antonio Mancini, Enrico De Pedis e altri esponenti della banda della Magliana alla vendetta per l’uccisione di Franco Giuseppucci culminata, per quanto riguarda la partecipazione di Antonio Mancini, nell’omicidio di tale Proietti, in via di Donna Olimpia, dove Antonio Mancini è stato arrestato. La circostanza è provata dalla sentenza definitiva emessa dalla corte di assise di Roma per il processo alla banda della Magliana. Quello che qui interessa, seguitano i primi giudici, è l’attività dei componenti della banda della Magliana nei confronti di tale Ottaviani, mai identificato dalle forze dell’ordine, malgrado le indicazioni fornite dai coimputati in procedimento connesso o collegato, e indicato come il mandante dell’uccisione di Franco Giuseppucci e come causa della guerra mossa da tutti i gruppi facenti parte della banda della Magliana nei confronti del gruppo avverso facente capo al clan dei Proietti. Sul punto le dichiarazioni di Antonio Mancini, su un particolare di scarsa importanza nell’economia della vita della banda, sono confermate da Maurizio Abbatino. Antonio Mancini dichiara di avere partecipato ad un appostamento con Enrico De Pedis per scoprire un luogo frequentato dal citato Ottaviani per procedere alla sua eliminazione; Maurizio Abbatino ha confermato che era stata decisa l’uccisione di Ottaviani ed era stato incaricato Enrico De Pedis, che aveva maggiori informazioni su Ottaviani; si sapeva, infatti, che questi aveva un ufficio dalle parti di piazza Cavour ed erano stati fatti parecchi appostamenti a cui avevano partecipato Enrico De Pedis e Antonio Mancini. 120 ¾L’uccisione di Nicolino Selis e del cognato Leccese a cui avevano partecipato sia Antonio Mancini sia Danilo Abbruciati ed Enrico De Pedis. L’episodio è provato, anche se vi sono alcune incertezze sui singoli ruoli giustificabili per il lungo tempo trascorso dalle dichiarazioni di Carnovale Vittorio e Maurizio Abbatino. ¾L’assistenza prestata ad Antonio Mancini durante la sua detenzione, ad opera del gruppo dei testaccini e, in particolare, di Enrico De Pedis ed Edoardo Pernasetti che, dopo la morte di Danilo Abbruciati, erano a capo del gruppo dei testaccini derivante dai particolari rapporti di Antonio Mancini con tale gruppo. L’episodio è provato. Non è un caso, osservano i giudici di primo grado, che Fabiola Moretti, come si evince dalla sua testimonianza, è diventata la “convivente” (che nel mondo della malavita viene intesa, anche e soprattutto, come la donna che può avere i colloqui con i detenuti per mantenere i contatti con il gruppo in libertà) di Antonio Mancini, quando questi era detenuto da alcuni anni, su iniziativa di Enrico De Pedis ed Edoardo Pernasetti; non è un caso che ad Antonio Mancini si rivolgono i parenti di Maurizio Abbatino per cercare di risolvere la posizione di quest’ultimo accusato, dal gruppo dei testaccini di essersi appropriato di somme di denaro del sodalizio criminoso e per ciò si erano recati a L’Aquila, dove si stava celebrando il processo a carico di Antonio Mancini per l’omicidio di Sisto Nardilocchi; non è ancora un caso che Fabiola Moretti, nel suo esame, quando oramai i suoi rapporti con Antonio Mancini erano irrimediabilmente rotti, l’unica cosa che rimprovera a Enrico De Pedis è proprio il fatto di averla spinta ad avere rapporti con Antonio Mancini; non è, infine, un caso che fino al momento della sua collaborazione Fabiola Moretti, stabilmente legata ad Antonio Mancini da cui aspetta un figlio, percepisce aiuti economici da Edoardo Pernasetti. ¾I viaggi a Milano fatti nel periodo gennaio/febbraio 1981 insieme a Danilo Abbruciati. I viaggi, sempre secondo i primi giudici, sono provati. 121 Antonio Mancini ha dichiarato di avere appreso da Danilo Abbruciati, durante i due viaggi che con lui aveva fatto a Milano, particolari sull’omicidio Pecorelli. Premesso che nel periodo che qui interessa Antonio Mancini è stato detenuto ininterrottamente, ad eccezione di una breve licenza dalla casa di lavoro di Soriano del Cimino nel 1979 e dall’ottobre 1980, quando, ottenuto un breve permesso, non è più rientrato in detta casa di lavoro, al 16/3/’81 data del suo arresto per l’omicidio di via di Donna Olimpia, ritiene la corte di primo grado che le notizie che riferisce sui viaggi a Milano siano frutto di conoscenza diretta, perché non vi è alcun elemento per affermare che esse gli siano state riferite da altri e soprattutto perché egli è l’unico che riferisce dei viaggi, il loro scopo e il contenuto dei colloqui avuti con Danilo Abbruciati. Secondo Mancini in occasione del primo viaggio, fatto con Colafigli,Frau e Abbruciati, si erano recati al tribunale di Milano dove avevano parlato con Turatello, che veniva processato per sequestro di persona, avevano incontrato un’avvocatessa, che probabilmente si chiamava Serra, la quale aveva consegnato ad Abbruciati documenti, che interessavano la posizione di Francis Turatello, destinati a Flavio Carboni, a Claudio Vitalone, ad Edoardo Formisano, all’avv. Dipietropaolo e al giudice Bongiorno. Il Mancini forniva ulteriori dettagli e ricordava che durante il viaggio di ritorno a Roma Abbruciati gli aveva detto che l’omicidio di Carmine Pecorelli era stato voluto dal gruppo di potere politico, massonico, giudiziario di cui faceva parte Claudio Vitalone il quale, nell’interesse di quel gruppo, aveva commissionato l’omicidio tramite terze persone. I primi giudici, sulla base di quanto dichiarato da Elena Timperi, sorella di un componente della banda della Magliana, la quale ha riferito di avere incontrato Antonio Mancini a Milano, dove era in compagnia di Marcello Colafigli, e da Biagio Alesse, che ha dichiarato di avere assistito, poco prima che Marcello Colafigli fosse arrestato insieme a Antonio Mancini, il 16.3.1981, ad un colloquio tra lo stesso Marcello Colafigli e Maurizio Abbatino in cui si parlava del viaggio a Milano fatto da Marcello Colafigli per incontrare dei grossi personaggi della malavita milanese, nonché dei 122 risultati di accertamenti di polizia giudiziaria, che hanno consentito di verificare l’esattezza di alcuni dei particolari forniti, ha ritenuto che detto viaggio sia realmente avvenuto. Per il secondo viaggio a Milano, fatto a poca distanza dal primo, Antonio Mancini ha riferito i seguenti fatti: ¾ La mattina era stato “prelevato” da Danilo Abbruciati, il quale era in compagnia di una bella donna alta, bionda, abbastanza appariscente, di nome Neive o Neide, straniera, sudamericana, che a quel tempo era sua compagna o amante; ¾ avevano viaggiato in aereo; ¾ sull'aereo aveva saputo da Danilo Abbruciati che doveva incontrarsi con un giornalista di nome Cavallo: ¾ all'arrivo la ragazza, dopo aver parlato con Danilo Abbruciati, era andata per suo conto; ¾ ad attenderli c'era un signore in Mercedes, il quale aveva detto che Cavallo non era potuto venire; ¾ i discorsi tra Abbruciati e quel signore erano attinenti al processo a carico di Francis Turatello; ¾ l'uomo della Mercedes, aveva fatto riferimento, oltre alle persone a cui erano destinati i documenti prelevati la volta precedente, ad una contessa Pallavicino come persona che era stata interessata alla faccenda e che si era interessata anche per un processo tenuto a Catanzaro; ¾ l'uomo della Mercedes li aveva accompagnati ad una stazione di taxi e, quindi, lui e Danilo Abbruciati si erano recati in un appartamento, sulla cui porta vi era la scritta di un’associazione di cui non ricordava il nome, sito in un palazzo, definito da Antonio Mancini "Stile Liberty", dove avevano incontrato tre persone di cui una anziana di circa 60 anni e due più giovani, di nazionalità italiana e con accento settentrionale; ¾ l’oggetto del colloquio era stato l’aiuto per un processo a Francis Turatello, promesso dalle tre persone, che non arrivava; 123 ¾ durante il colloquio Danilo Abbruciati aveva fatto presente alle tre persone, a cui rimproverava di perdere tempo, che su loro richiesta si erano attivati sia per l'omicidio Pecorelli che per la faccenda Moro ed erano intervenuti senza perdere tempo, anche se poi Francis Turatello aveva dovuto fare marcia indietro, creandosi non poche inimicizie all'interno della mafia; ¾ all'uscita con un taxi avevano fatto uno strano giro perché, invece di andare all'aeroporto, si erano diretti verso il tribunale e, dopo che Danilo Abbruciati aveva fatto fermare il taxi nei pressi di un bar, vi erano entrati e Danilo Abbruciati, dall'interno, aveva controllato un punto ben preciso di un palazzo di fronte; ¾ dopo il controllo, Danilo Abbruciati si era mostrato preoccupato, voleva indagare, voleva capire; ¾ infine, avevano ripreso l'aereo ed erano ritornati a Roma. ¾ il secondo viaggio c’era stato, probabilmente, qualche settimana prima del suo arresto, avvenuto il 16/3/81. ¾ Antonio Mancini e Danilo Abbruciati non avevano pernottato, durante quei due viaggi, a Milano. Ancora uno volta i primi giudici hanno ritenuto che questo secondo viaggio sia stato effettivamente effettuato, avendo potuto riscontrare positivamente: L’esistenza