martedì 13 aprile 2004 23

di nome Vincent che un Van Gogh in erba e dallo stile incerto Dimmi tu addio, VAN GOGH E LAUTREC, QUESTI SONO FUMETTI! diventerà il maestro che conosciamo. Le Bordel des Muses, invece, se a me dirlo non riesce. Renato Pallavicini è un viaggio nella Montmartre della Belle Epoque in cui, guidati da Lautrec, ci si ritrova in compagnia di una schiera di protagoni- Morire è nulla; e la letteratura va in fumetto», titolava domenica scorsa, il re la dignità culturale del fumetto. sti che portano i nomi di Degas, Gauguin, Seurat e ancora Van perderti è difficile «S supplemento culturale de il Sole 24 ore. L’articolo, di Nel caso di Gradimir Smudja, artista formatosi all’Accademia Gogh. Goffredo Fofi, faceva il punto sulla «nouvelle vague» della narrati- di Belle Arti di Belgrado (ma vive e lavora a Lucca) il gioco delle Ne vengono fuori dei pastiche assai gradevoli che se ne infi- va illustrata (da Mattotti a Igort, da Mazzucchelli a Spiegelman) contaminazioni tra arte e fumetto diventa, per così dire, il «cor- schiano della precisione storico-filologica e fanno incontare e che passa attraverso i «nuovi» circuiti di gallerie e di piccoli po» stesso del suo lavoro ed oggetto di un’operazione ironica e di scontare artisti, opere ed eventi. L’andamento, come si è detto è editori (in qualche caso gli autori stessi che si fanno editori in grande fascino visivo. Smudja è autore infatti di due straordinari onirico e non sarebbe dispiaciuto a Federico Fellini, ma l’aspetto proprio). E se anche l’arte andasse «in fumetto»? Nel 1989 Achil- albi a fumetti che hanno per protagonisti due giganti della pittu- più sorprendente è certamente quello grafico. Le tavole di questi le Bonito Oliva organizzò a Roma una mostra dal titolo Artoon ra moderna: Vincent Van Gogh e Toulouse Lautrec: il primo fumetti, realizzate ad acquarello su carta e su tela, sono una vera e che svelava influssi e presenze del fumetto nell’arte. Lichtenstein s’intitola Vincent e Van Gogh (Grifo Editore, pagine 80, euro propria gioia per gli occhi. Smudja restituisce stile, atmosfere e a parte, non sono pochi gli esempi di utilizzo di icone a fumetti 16,50), il secondo (primo tomo di una trilogia) è Le Bordel des colori di ogni artista, esegue delle repliche fedelissime allo spirito da parte degli artisti; come, del resto, certe «sequenze» narrative Muses - Au Moulin Rouge (Delcourt, pagine 48, euro 12,50; ma dei capolavori della pittura moderna, senza scadere nel kitsch dei di cicli e opere non sembrano estranee all’arte sequenziale tipica ne è annunciata anche la traduzione italiana, sempre per i tipi del copisti e dei falsari di professione. E Arles, i campi di girasole e i del fumetto. Ma non solo di contaminazioni si tratta, piuttosto di Grifo). Le biografie degli artisti sono soltanto un pretesto per boulevard parigini vibrano di quella luce che fu cara alla pittura un penetrare di un linguaggio nell’altro, alla faccia delle rigide e consentire a Smudja di costruire due storie dall’andamento oniri- dell’epoca, filtrata dall’ironia e dallo spiazzamento surreale di

ex libris Umberto Saba il calzino di bart accademiche separazioni e di chi ancora si ostina a non considera- co e surreale. In Vincent e Van Gogh è grazie all’aiuto di un gatto Gradimir Smudja.

Maria Serena Palieri per quella sua via intuitiva dipingeva una storia d’Italia, dagli anni Cinquan- ta al caso Moro al Caf al Cavaliere, È morto sabato notte a Roma Cesa- avvelenata, sempre, da un residuo ne- re Garboli. I funerali si svolgeran- ro del fascismo. no stamattina alle 11 nella chiesa Cesare Garboli nasce nel 1928 a Via- romana di Santa Maria del Popo- reggio, vive a Milano, poi in Versilia lo. Poi la salma verrà trasportata a negli anni della guerra, poi a Roma, Viareggio, città dove era nato nel poi nella casa di Vado di Camaiore 1928 e dove, dal 1996, era stato che, incuneata in una valle stretta sotto chiamato a presiedere il premio le Apuane, è stata descritta da tutti i Viareggio-Répaci: qui dal tardo po- visitatori come zeppa di libri e percor- meriggio il palazzo municipale sa da tutti i venti. La sua figura alta, ospiterà la camera ardente. l’eleganza e il viso grifagno appartengo- no , benché in modo discreto, all’im- me non interessano, in sé, maginario colettivo. Alcune cose di lui né persone né libri: mi inte- invece sono poco note: che, per esem- «Aressa il loro rapporto. Per- pio, nel 1967 su incarico della Fiera ché si legge e si scrive?»: così spiegava letteraria diretta da Manlio Cancogni Cesare Garboli a Grazia Cherchi, in un andò in Vietnam, come un corrispon- colloquio (più colloquio che intervi- dente di guerra che dell’esperienza, sta, visto il pari livello dell’interlocutri- poi, però, non avrebbe scritto una riga; ce) pubblicato su Panorama nel 1989. oppure il suo amore per gli scacchi. E, adesso che è scomparso - avrebbe Non tutti ricorderanno la candidatura compiuto 76 anni tra qualche mese - il nelle liste del Pci, nel 1980. suo interrogativo si trascina dietro di C’è un dato che soprattutto fa di lui conseguenza il nostro, di suoi lettori: una figura sui generis e post-datata, qual era la formula alchemica, la molla nella seconda metà del Novecento: co- sotterranea che ha fatto di Garboli il me per certi gentiluomini d’anteguer- critico originalissimo, il dandy impe- ra vocati alle lettere, l’insegnamento gnato nell’esegesi dei «suoi» autori, universitario avrebbe rivestito nell’ar- che abbiamo amato? co della sua esistenza un ruolo seconda- Con quella formula lui spiegava il rio. Lo esercitò per un periodo non proprio modo di metabolizzare, e poi lungo a Zurigo, la cattedra al Politecni- di restituire, gli autori scelti, nei decen- co che era stata di Francesco De Sanc- ni, nella sua attività di critico: Sandro tis prima dell’Unità d’Italia, poi a Ma- Penna e Antonio Delfini, Natalia Ginz- cerata. burg ed , e Garboli era altrove: era l’«editore di Giovanni Pascoli. Una coorte di «ami- testi sconosciuti o introvabili», il dia- ci»: alcuni, il novanta per cento di quel- rio di Matilde Manzoni o il carteggio li che abbiamo elencato, suoi affini dav- Longhi-Barendson, come amava defi- vero, tanto da far dire a qualcuno che nirsi nelle righe biografiche che appo- anziché saggi lui andasse scrivendo, ne- neva ai suoi libri (era questo un lavoro gli anni, «storie d’amicizia», altri inda- che aveva condotto per Adelphi) e tar- gati psicanaliticamente, e ironicamen- di, negli anni Novanta, il curatore del- te, come se fossero parenti. Esseri - la prima traduzione integrale di naturalmente, il Pascoli delle Trenta un’opera «impossibile» come le Memo- poesie famigliari (Einaudi 1990, poi rie d’oltretomba di Chateaubriand. Era 2000) - con i quali il rapporto diventa- l’esegeta sfrontatamente soggettivo di va, appunto com’è con i parenti, inelu- ed Elsa Morante. E, dibile, e dei qua- tornando al suo Pascoli, il critico che li sentiva il biso- avrebbe avuto lo stomaco di esplorare gno di devitaliz- Qui accanto fino alle viscere la morbosità nevrotica zare e restituire Scompare a 76 anni il grande saggista e sopra del poeta del Fanciullino, di studiarne il mistero. due immagini con la sfrontatezza di un patologo lo All’epoca del- Studioso di «testi introvabili» di Cesare Garboli sperimentalismo linguistico, fino a l’intervista con quegli orrori pascoliani dell’onomato- Grazia Cherchi, e di Pascoli, Morante, Ginzburg peia. Per, poi, restituirci di Pascoli tut- Garboli era il ta intera, dopo questo passaggio attra- gran saggista che verso l’Ombra, la modernità novecen- aveva esordito Il premio Viareggio, i pamphlet civili tesca. curando con Nic- Cesare Garboli lascia degli allievi? colò Gallo i Can- e l’idea di un viaggio nell’anima, Viene da dire con sicurezza: no. Ci ti di Leopardi e il capitò di vederlo all’opera, alcuni anni raffinato tradut- oltreché nella pagina, degli scrittori fa, con degli eredi potenziali: un grup- tore che, per la po di giovani critici, Trevi e Perrella, scena, aveva da- Onofri e Donati, in un convegno che to versioni di Gi- nelle intenzioni doveva rifondare il ca- de, Marivaux, Pinter e soprattutto di none del nostro Novecento letterario. Molière, autore che aveva fatto ridiven- il ricordo di Nino Borsellino Era dalle parti sue, a Lucca. E, presente tare centrale per le nostre scene: Tartu- tutti e due i giorni e attentissimo, se li fo, Il borghese gentiluomo, Il misantro- pappò, con affettivissima vis, come un po, Georges Dandin. Aveva diretto la ra un enfant prodige, giova- Crono che mangia i suoi figli. Cesare rivista Paragone fondata nel 1950 da nissimo, ma la sua tesi su Garboli è stato, per vocazione, il più Roberto Longhi e Anna Banti e pubbli- «1948, nascita di un’amicizia «EDante era già attesa da mol- aristocratico e intelligente degli irrego- cato, tra gli altri, gli Scritti servili, La ti...»: Nino Borsellino, studioso della lari del nostro secondo Novecento let- stanza separata eiPenna papers. Stava commedia italiana del Cinquecento, di terario. traducendo per Carlo Cecchi Amleto e con Cesare, l’enfant prodige» Pirandello e di Verga, oggi professore Era, l’abbiamo detto, per ciò che di diceva che questa costituiva insieme emerito alla Sapienza, s’imbatté in Cesa- laico c’è in questa parola, un dandy. I «una fatica terribile» ma anche quella, re Garboli nell’orbita di quella che, nel dandy lasciano dietro di sé progenie? per lui, fin lì minore, perché era un 1948-49, era l’unica cattedra di Letteratura italiana nel solo ateneo della capitale. No, lui di sicuro lo sapeva, lasciano al lavoro che andava facendo in una spe- Insomma, due studenti dal futuro di primissimo piano, allora seduti sui banchi ad più degli imitatori. ascoltare il grande che faceva lezione appunto lì, nella facoltà di

Lettere alle spalle della statua della Minerva. «Lo incontrai appena arrivato a Roma, al

Era nato nel 1928 terzo anno di università, io venivo dal profondo Sud e fu tra i compagni che mi cie di stato di dormiveglia: «qualcuno torno a Proust, indagando la figura, È stato il più aristocratico accordarono subito amicizia» ricorda ora Borsellino. Però Garboli, l’enfant prodige, si lo va traducendo dentro di me» spiega- centrale nella Recherche, di Bergotte. a Viareggio, e ha vissuto sarebbe poi laureato in ritardo perché «non era mai contento di com’era preparato, va. In questi quindici anni successivi si Avrebbe condotto la sua «operazione e intelligente ‘‘ tra Milano, Roma ‘‘ trovava scuse» aggiunge. «Ma quando aveva solo venti, ventun’anni, già lo chiamava- sarebbe, poi, maggiormente esposto su Pascoli» fino all’estremo, curando per degli irregolari no dall’Einaudi e gli chiedevano consiglio sui libri da pubblicare. Lo chiamava Calvi- un piano narrativo (Falbalas, del 1990, Mondadori dei Meridiani, anziché an- e la Versilia no, lo dico per testimonianza diretta» aggiunge. In nuce, c’era - spiega - il Garboli di dove spiccava come un cammeo un tologici, su propria personalissima mi- del secondo Novecento I suoi «Ricordi tristi dopo che «già allora dedicava il più del tempo a consigliare gli altri, fino a sovrapporsi ritratto corrosivo dell’Avvocato Agnel- sura (un impegno durato un paio di letterario. Un dandy alla loro creatività, a interferire nei processi compositivi». Quel Garboli che lo pressò, li). Avrebbe accettato, e condotto a mo- decenni). E avrebbe pubblicato una e civili»: una controstoria ricorda, perché scrivesse quando uscì Il ricordo della Basca dell’amico suo Antonio do suo, con stile autonomo e corsaro, raccolta di scritti, Ricordi tristi e civili senza allievi e con molti d’Italia Delfini e che, poi, osserva Borsellino, di Delfini curò i diari con un’introduzione un impegno come il «salvataggio» del (Einaudi 2001), dove qualche mese pri- imitatori garboliana al paradosso, «una specie di libro parallelo». L’amicizia, tra sodalizio e premio Viareggio, caduto in crisi negli ma che la parola «comunisti» diventas- periodici malintesi è durata quasi sessant’anni: «Non era facile essergli amico, era un anni successivi alla morte di Leonida se un leit-motiv martellante contro uomo di umori vari. Ma essergli vicino è stata una grande esperienza» conclude Nino Répaci. Avrebbe scritto sulle colonne l’opposizione lui - anche qui con il suo Borsellino. m.s.p. di Repubblica. Si sarebbe riattardato in- tocco dandy - l’avocava a sé. Mentre