STREHLER, Giorgio Olimpio Guglielmo Di Alberto Bentoglio - Dizionario Biografico Degli Italiani - Volume 94 (2019)
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STREHLER, Giorgio Olimpio Guglielmo di Alberto Bentoglio - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 94 (2019) Condividi STREHLER, Giorgio Olimpio Guglielmo. – Nacque a Trieste, il 14 agosto 1921, da Bruno Andrea Vittorio (di origini viennesi, ma nato a Trieste l’11 agosto 1896 e morto a Vienna il 14 settembre 1924), industriale, impresario e gestore del cinema teatro Fenice, e da Alberta Lovrič (nata a Zara in Croazia il 3 maggio 1900 e morta a Milano il 18 gennaio 1986), ottima violinista (conosciuta con lo pseudonimo di Albertina Ferrari). Nonostante la precoce perdita del padre, gli anni triestini di Strehler trascorsero sereni al fianco della madre. In casa imparò quattro lingue: l’italiano, il tedesco (lingua del padre), il francese (lingua della nonna materna Maria Firmy, parigina di nascita), e il croato, lingua della madre e di nonno Olimpio Lovrič, celebre cornista (ma anche direttore di orchestre e cori, impresario del teatro Verdi di Trieste e proprietario di due sale cinematografiche), originario del Montenegro, dal quale Strehler ricevette un’ottima educazione musicale. All’età di sette anni, nel 1928, si trasferì a Milano con la madre che abbandonò la carriera solistica per dedicarsi all’insegnamento. Compì studi regolari presso il Convitto nazionale Pietro Longone fino alla maturità classica, conseguita al liceo Parini. Nel 1936 cominciò a frequentare le sale teatrali cittadine e, in particolare, il teatro Odeon di cui animò la claque. Nel 1938 si iscrisse all’Accademia dei Filodrammatici dove seguì i corsi di recitazione e dizione tenuti da Ettore Berti, Emilia Varini e, nell’ultimo anno, da Gualtiero Tumiati. Assistente di quest’ultimo era il giovane Paolo Grassi con il quale Strehler strinse un’amicizia alimentata anche dal comune amore per la musica. In Accademia, ottenne la medaglia d’oro per la recitazione e, nel maggio del 1940, si diplomò con tutti gli onori e iniziò la sua attività di attore in compagnie di giro. Recitò quindi con Annibale Ninchi e Tumiati per entrare poi nella compagnia Pilotto-Dondi e successivamente nella Melato- Giorda. Deluso dalla routine del teatro di quegli anni, Strehler – che, nel frattempo, si era iscritto alla facoltà di giurisprudenza di Milano – si accostò al gruppo teatrale Palcoscenico, nato su idea di Grassi nel febbraio 1941 nell’ambito del mensile Posizione (rivista della Federazione universitaria fascista di Novara nella quale Strehler pubblicò le sue prime osservazioni critiche sul teatro italiano). Pur impegnato nel servizio militare, il 24 gennaio 1943 firmò, mentre era in licenza a Novara, la sua prima regia composta da L’uomo dal fiore in bocca, All’uscita e Sogno (ma forse no) di Luigi Pirandello. L’8 maggio 1943, sempre con gli amici di Novara, mise in scena Un cielo di Felice Gaudioso e Il cammino di Beniamino Joppolo, testi che evidenziarono subito il suo interesse per la drammaturgia italiana contemporanea. L’11 ottobre 1943 sposò a Milano la danzatrice Rosita Lupi. Richiamato alle armi quale sottotenente di fanteria, non aderì alla Repubblica di Salò e si unì alla Resistenza milanese. Riconosciuto quale militante socialista, attivo antifascista e condannato a morte in contumacia, nel gennaio del 1944 riparò in Svizzera dove fu internato nel campo militare di Mürren. Qui mise in scena tre atti unici di Pirandello: L’imbecille, L’uomo dal fiore in bocca e La patente. L’anno successivo si trasferì a Ginevra – centro di raccolta di fuorusciti, soprattutto francesi – dove fondò la Compagnie des Masques. Il 14 aprile 1945, diresse, con lo pseudonimo di Georges Firmy (cognome della nonna materna), per il Théâtre de la Comédie di Ginevra, Assassinio nella cattedrale di Thomas Stearns Eliot al quale seguì il 27 giugno la prima mondiale di Caligola di Albert Camus e, inoltre, Piccola città di Thornton Wilder. Mentre stava allestendo quest’ultimo testo, il Comitato di Liberazione nazionale lo richiamò a Milano. Nella città liberata nacquero i primi progetti con il ritrovato amico Grassi. Dopo essere stato commissario liquidatore della Federazione dello spettacolo ed essere diventato critico teatrale di Milano sera, propose all’amico di creare subito un teatro (Officina 45), ma Grassi non fu d’accordo e i due diedero vita nell’estate del 1945 a Diogene, circolo di cultura teatrale intorno al quale si raccolsero Vittorio Gassman, Tino Carraro, Ruggero Jacobbi, Ettore Gaipa, Mario Landi e, non ultima, Nina Vinchi. Qui Strehler incontrò l’attrice Diana Torrieri per la quale firmò la regia di Il lutto si addice a Elettra di Eugene O’ Neill che andò in scena il 15 dicembre 1945. Lavorò poi con Renzo Ricci per una nuova edizione di Caligola di Camus, in scena a Firenze il 5 gennaio 1946. Dal 1946, abbandonò l’attività di critica drammatica per dedicarsi esclusivamente all’impegno registico, dirigendo al teatro Odeon la compagnia composta da Evi Maltagliati, Salvo Randone, Franco Parenti e Carraro, con i quali mise in scena in meno di due mesi quattro testi (Thérèse Raquin di Émile Zola, Desiderio sotto gli olmi di O’ Neill, Una donna libera di Armand Salacrou, Winterset di Maxwell Anderson). Indi lavorò per la compagnia del teatro Excelsior per allestire La guerra spiegata ai poveri di Ennio Flaiano e La rivolta contro i poveridi Dino Buzzati. In stretta sinergia con Grassi, organizzò eventi culturali e spettacoli per la celebrazione della pace e si impegnò nella campagna elettorale della primavera 1946 per il socialista Antonio Greppi, appassionato autore di teatro, che fu riconfermato sindaco. Il 19 aprile 1946, al teatro lirico di Milano, mise in scena l’oratorio drammatico Giovanna d’Arco al rogo con musiche di Arthur Honegger, inaugurando con questo allestimento una fortunata attività di regista per il teatro musicale. Infine, in occasione del decennale della morte di Maksim Gor′kij, firmò al teatro Excelsior di Milano, con le scene di Gianni Ratto, la regia di Piccoli borghesi (26 novembre 1946), con Lilla Brignone, Gianni Santuccio, Randone, Antonio Battistella, Marcello Moretti, Franco Parenti, Mario Feliciani, Lia Zoppelli, Lia Angelieri, Armando Alzelmo, gruppo di attori che andò a formare il nucleo della prima compagnia del Piccolo Teatro. Il mese successivo mise in scena al teatro Nuovo di Milano Pick-up girl di Elsa Shelley con Ruggero Ruggeri e Laura Adani. Nel frattempo, il 21 gennaio 1947, la giunta municipale di Milano, presieduta da Greppi, approvò la proposta di utilizzare per spettacoli teatrali l’ex cinema Broletto e nominò la commissione artistica: Mario Apollonio, Grassi, Strehler e Virgilio Tosi. Nel marzo del 1947, su incarico del sovrintendente Antonio Ghiringhelli, firmò alla Scala la regia della Traviata di Giuseppe Verdi e, il 14 maggio, dopo dodici giorni di prove, inaugurò il Piccolo Teatro, primo teatro di arte stabile pubblico d’Italia, con L’albergo dei poveri di Maxsim Gor′kij. Da quella ormai storica data la sua vita andò a coincidere (a parte una breve parentesi dal 1968 al 1972) con quella dell’istituzione milanese, che diventò la sua prima e più amata casa. Impossibile fornire qui l’elenco degli spettacoli firmati da Strehler dal 1947 al 1967: dall’Arlecchino servitore di due padroni (1947) di Carlo Goldoni con Marcello Moretti (spettacolo manifesto del Piccolo Teatro grazie anche al genio di Ferruccio Soleri che subentrò a Moretti dopo la sua morte avvenuta nel 1961) ai Giganti della montagna (1947) di Pirandello, dai classici stranieri allora poco rappresentati quali lo Shakespeare del Riccardo II(1948), dell’Enrico IV (1951), del Giulio Cesare (1953), del Coriolano (1957) e delle tre parti dell’Enrico VI (che costituirono Il gioco dei potenti, 1965) alle riletture critiche della Trilogia della villeggiatura (1954) e delle Baruffe chiozzotte (1964) di Goldoni, dal Carlo Bertolazzi in milanese di El nost Milan (1955) alla drammaturgia contemporanea di Federico Zardi o di Alberto Moravia. Il 1956 rappresentò inoltre uno snodo cruciale nell’esperienza artistica di Strehler: infatti, il regista mise in scena L’opera da tre soldi (1956) di Bertolt Brecht, punto fermo non solo nel suo iter creativo, ma anche nella fortuna critica del testo e dell’autore. A quello spettacolo seguirono altre memorabili regie di testi brechtiani fra le quali Vita di Galileo (1963) con l’interpretazione di Tino Buazzelli. I vent’anni del Piccolo Teatro, che si celebrarono il 14 maggio 1967, furono per Strehler occasione di bilancio: in tale torno di tempo egli aveva firmato la regia di oltre 80 testi teatrali e aveva presentato con la compagnia del Piccolo più di 4300 recite di spettacoli in 142 località italiane e in 116 città straniere dell’Europa dell’Est e dell’Ovest, degli Stati Uniti, del Canada, del Sudamerica e del Nordafrica. Né meno intenso era stato il suo lavoro di regista per il teatro musicale, in special modo per la Scala, dove aveva firmato oltre 30 regie liriche (da Domenico Cimarosa ad Alban Berg, da Wolfgang Amadeus Mozart a Sergej Prokof′ev) contribuendo all’affermazione della figura del regista quale elemento indispensabile alla realizzazione dell’opera lirica. Strehler aveva infatti posto in primo piano la necessità di un apparato scenografico non più generico ma originale e studiato in funzione della partitura da rappresentarsi, di una recitazione che abbandonasse la convenzionale staticità proposta dai cantanti lirici e, soprattutto, la necessità di un responsabile unico che connettesse e integrasse i differenti elementi compositivi dello spettacolo musicale. Dal 1947 al 1967 l’attività di Strehler non si esaurì nel solo, seppure primario, operato di regista: in questi anni emersero alcuni fra gli interessi che lo spinsero a vivere il mondo dello spettacolo in tutte le sue componenti. Il 1951 coincise, ad esempio, con la fondazione della milanese Scuola d’arte drammatica del Piccolo Teatro (l’attuale Civica scuola di teatro Paolo Grassi), dove, per alcuni anni, insegnò recitazione (una passione, quella pedagogica, che lo accompagnò per tutta la vita).