...... L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione

testi di Alberto Bentoglio, Marco Blaser e Claudio Magris introduzione di Rita Levi Montalcini

L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ......

«Il teatro è l’attiva riflessione dell’uomo su se stesso»: una riflessione questa che un mae- stro, un regista quale Giorgio Strehler ha saputo conciliare al meglio con la sua vita. È riuscito, infatti, a contrapporre la vita alla scena, dove tutte le libertà sono possibili. La sua imponente produzione artistica è la testimonianza di una crescita culturale che vede unito il teatro italiano a quello della scena europea. La sua attività di cinquanta anni lo ha visto impegnato alla direzione del “Piccolo” di Milano da lui fondato nel 1947 con Paolo Grassi. Strehler è riuscito a sviluppare un lavoro teatrale legato al realismo poetico attraverso le opere di grandi autori, quali Shakespeare, Goldoni, Pirandello, Brecht, Bertolazzi, Cechov. Ha percorso non sol- tanto la strada del teatro con l’apporto di regista anche all’ lirica, ma la sua conoscenza della musica ha fatto eccellere la sua “abilità” nell’aver saputo “svecchia- re” le arretrate tradizioni teatrali creando l’epifania di un metodo teatrale del tutto nuovo, offrendo agli spettatori di ogni estrazione sociale la proiezione di un calei- doscopio fantastico del mondo dell’arte, della poesia e della musica. Parole e musica hanno diretto la vita di A pagina I: Ritratto di Giorgio Giorgio Strehler così come egli stesso ha Strehler nel 1974. diretto la musica e il teatro.

A sinistra: Una scena del Faust. Rita Levi Montalcini Frammenti parte prima (1988-89) con Strehler nel ruolo di protagonista.

In questa pagina: Strehler sul palcoscenico per l’Elvira, o la passione teatrale di Louis Jouvet (1985-86).

III

L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ...... Giorgio Strehler: un altissimo mestiere di teatro

di Alberto Bentoglio*

La cosa più importante, credetemi, è che il teatro esista sempre, che si sviluppi e che il pubblico lo ami. Noi artisti siamo soltanto lo strumento della poesia del teatro.

Giorgio Strehler

A sinistra: Strehler legge Montale (1981).

In questa pagina: L’ingresso del (Teatro Grassi), in via Rovello a Milano. Giorgio Strehler ...... Se è risaputo che la notte di Natale del 1997 (diplomandosi nel 1940) e stringe amicizia Giorgio Strehler terminò la sua esistenza in con il giovane, ma già organizzativamente Svizzera, nella bella casa adagiata sul golfo attivo, Paolo Grassi. Negli anni immediata- di Lugano, forse non è altrettanto noto il mente successivi, la professione di attore lo fatto che proprio in Svizzera, e precisamen- porta a percorrere l’Italia intera, recitando te a Ginevra, nel 1944, egli scoprì la sua in compagnie di tradizione e in gruppi di vocazione artistica, decidendo che quella teatro sperimentale all’interno dei quali – del regista sarebbe stata la sua laica mis- durante il servizio militare – ha occasione sione. «Fu come ricevere un’investitura di mettere in scena qualche spettacolo, ren- dalle circostanze», ricorda il Maestro. «In dendosi presto conto dello stato di arretra- parte, quell’investitura me la presi da solo. tezza in cui versa il teatro italiano. Penso al momento in cui, alla “Comédie” di Dopo l’8 settembre 1943, Giorgio Strehler, Ginevra, si trattò di regolare le luci per il sottotenente di fanteria, è richiamato alle dramma di Eliot. Un lavoro che non avevo armi, ma, ostile al regime fascista, non ade- mai fatto. Ma lo feci […] con una sicurezza risce alla Repubblica di Salò e si unisce ai che non poteva venirmi dalla pratica. gruppi resistenziali. Riconosciuto quale Inventavo, per così dire, una tecnica che militante socialista, attivo antifascista e nessuno mi aveva insegnato. Fu come un condannato a morte in contumacia, il gio- segno in un certo senso». Proprio la libera vane attore-partigiano (che, nel frattempo, città di Ginevra gli aveva offerto tutti gli ha sposato Rosita Lupi) è esortato dal strumenti per affinarsi culturalmente, farsi Comitato di Liberazione Nazionale a ripa- conoscere e, infine, diventare protagonista. rare in Svizzera. Qui, in un primo tempo, è «In quel clima di totale apertura che stimo- accolto nel campo di internamento per lava allo studio e al lavoro – testimonia militari di Mürren, un soleggiato villaggio Giovanni Pini 1 che condivise con lui quel di fronte all’Eiger, Mönch e Jungfrau periodo – erano emersi i valori artistici di nell’Oberland bernese e, successivamente, Strehler e accanto a quelli i valori umani nella dotta Ginevra, ricca di storia, di cul- come la nostra amicizia che, da tempo, era tura e in quel difficile periodo, importante puro affetto». centro di raccolta di fuorusciti e sede dei Ma andiamo per ordine. È il 14 agosto 1921 campi educativi universitari. Qui, fra gli quando Bruno Strehler (di origini vienne- esuli, incontra e frequenta esponenti di si, ma nato a Trieste nel 1896) riceve spicco del mondo politico e culturale italia- l’annuncio che la giovane moglie Alberta no, quali Luigi Einaudi, Amintore Fanfani, il Lovri lo ha reso padre di un maschietto, Giorgio Olimpio Guglielmo, nato a Barcola, un tratto incantevole del lungomare di Trieste. Per il povero Bruno, tuttavia, le gioie familiari sono brevi: tre anni dopo una febbre tifoidea lo strappa alla vita e all’af- fetto dell’unico figlio. Nonostante la perdita del padre, Strehler trascorre in serenità infanzia e adolescenza, dapprima a Trieste, poi, dal 1928, a Milano dove compie studi regolari presso il Convitto nazionale Pietro Longone fino alla maturità classica, inse- rendosi nella vita di una città che, in segui- to, egli riconoscerà sempre come sua patria di adozione.2 Il teatro diventa parte signifi- cativa della sua vita intorno al 1938, quan- do, dopo avere assiduamente frequentato le sale teatrali cittadine (in particolare l’Odeon di cui anima la claque), si iscrive Il piccolo Giorgio all’Accademia dei Filodrammatici dove Strehler a Barcola, suo paese natale. segue con successo i corsi di recitazione

VI L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ......

La locandina della regista Dino Risi, il commediografo Franco prima opera messa Brusati, il latinista Concetto Marchesi. E in scena da Strehler a Ginevra, il 14 aprile proprio a Ginevra, Strehler ha modo di col- 1945, con lo pseudon- tivare la sua irrefrenabile passione per il imo di Georges Firmy. teatro. Ricorda ancora l’amico Pini che in quell’anno fu suo compagno di stanza: «In camera, nel tempo libero, non faceva che manovrare nel teatrino [che si era costruito] i suoi pupazzi fatti con la mollica di pane: Strehler, in quei momenti, veniva preso da una gioia tutta particolare, da un’inconte- nibile frenesia, quella della creazione, e… parlava, parlava in continuazione. Aveva in mente un tipo di teatro nuovo, più aper- to che “appena torno in Italia – e mi guar- dava con occhi di sfida – vedrai se non lo realizzerò”». Ma, soprattutto, il futuro grande regista ha la possibilità di lavorare con la sua prima compagnia teatrale: «Il momento decisivo vano venire dalla pratica. Era questo un per me come uomo di teatro e come regista segno? Non so. Da allora continuai». – ricorda il Maestro – fu durante l’emigra- Durante il soggiorno ginevrino, Strehler – zione in Svizzera, dove fondai, con altri come altri intellettuali italiani fra i quali il “fuoriusciti”, la Compagnie des Masques. già ricordato Luigi Einaudi – trascorre Prima, durante i pochi anni trascorsi come molto del suo tempo nelle ben fornite “attore promettente” girando l’Italia, come biblioteche della città a studiare i classici gli antichi comici con la carretta, con alcu- del teatro, a trovare testi di autori nuovi e a ne compagnie viaggianti, erano cresciute in scovare quei drammaturghi “politici” che me, di giorno in giorno più forti, le insoddi- l’isolamento cui il Fascismo aveva condan- sfazioni interne. Era questo che io volevo nato l’Italia anche sotto il profilo culturale fare nella vita? Continuare a “recitare”, più non gli aveva permesso di conoscere. o meno bene, dei testi che non mi interes- Albert Camus è la sua ultima scoperta: savano? Diventare più o meno bravo o cele- così, all’allestimento di Eliot accolto con bre in quel teatro? O volevo altro? Il dilem- grande calore dal pubblico ginevrino, ma era alle porte. Credo che proprio in que- Strehler fa seguire la “prima mondiale” di sti anni sia nata in me la necessità di “fare Caligola di Camus. E poi Piccola città, del- teatro” non più come attore soltanto, ma l’americano Thornton Wilder. Ma proprio come animatore, come riformatore, come mentre si sta impegnando per mettere in direttore, insomma come regista, incomin- scena quest’ultimo testo, il Comitato di ciai per forza a pensare più al teatro che a Liberazione Nazionale lo richiama a Milano. farlo, a immaginare come si potesse farlo, Rientrato nella sua città di adozione, egli si proprio per l’impossibilità pratica di realiz- rende presto conto che la guerra ha smem- zarlo e anche a ripensare il mio passato e a brato le forze giovani e che, per procedere vederlo a distanza». alla riforma del teatro italiano, si deve ora E, infatti, nell’aprile 1945, l’esule Strehler mostrare di essere in grado di tenere le dirige, con lo pseudonimo di Georges Firmy redini dei più vari movimenti della cultura, (cognome della nonna materna), sulle scene della tecnica, del costume e si deve farlo, sul del prestigioso Théâtre de la Comédie di piano concreto, attraverso la ricomposizio- Ginevra, Assassinio nella cattedrale di ne di un equilibrio e di una nuova unità da Thomas Eliot. «Ricordo che entrai in una cui scaturiscano un ordine e una struttura. platea vuota per fare le luci del lavoro di In stretta sinergia con l’amico ritrovato Eliot senza, praticamente, averne mai fatte, Paolo Grassi, Strehler dirige una propria e mi comportai con una sicurezza e una compagnia teatrale, organizza eventi cultu- “conoscenza” del “mestiere” che non pote- rali e spettacolari per la celebrazione della

VII Giorgio Strehler ...... pace e si impegna nella campagna elettora- pensare fino a stasera». E se ne resta lì, solo, le della primavera 1946 per il socialista per quattro ore a riflettere. Poi chiama al Antonio Greppi che è riconfermato sindaco. telefono l’amico Paolo: «Se tu te la senti, io Pochi mesi prima della riapertura della me la sento». ricostruita Scala, Strehler mette in scena, il Il nuovo teatro a gestione municipale è 19 marzo 1946 al , l’oratorio retto da un Consiglio d’Amministrazione drammatico Giovanna d’Arco al rogo, com- politicamente pluralista che ricorda quello posto dal musicista svizzero Arthur dell’Assemblea Costituente. Il 21 gennaio Honegger, inaugurando con questo allesti- 1947, la giunta di Milano, presieduta da mento una lunga e fruttuosa attività sul Antonio Greppi, approva la proposta di uti- palcoscenico del teatro musicale. lizzare per spettacoli teatrali il locale Nel febbraio 1947 attività politica, idea arti- annesso al Palazzo del Broletto e nomina la stica e proposta organizzativa si fondono commissione artistica: Mario Apollonio, per dare vita alla creatura più significativa docente presso l’Università Cattolica di dell’attività di Strehler, ma anche all’ele- Milano, Paolo Grassi, Giorgio Strehler e mento di svolta e inevitabile confronto per . Gli intenti programmatici tutto il teatro. Nasce, infatti, il Piccolo dell’ente sono affidati a una lettera aperta, Teatro della città di Milano, primo teatro firmata dai quattro “commissari” e pubbli- stabile a gestione pubblica italiano, destina- cata sul numero di gennaio–marzo 1947 del to a inaugurare anche in Italia la prassi di “Politecnico” di Elio Vittorini, che, in quel un teatro pubblico e sovvenzionato che in periodo, rappresenta una frontiera anti- altri paesi europei era già allora una realtà conformista e indipendente dal potere poli- consolidata. Sfruttando un momento propi- tico. In essa gli estensori trattano argomen- zio della storia culturale milanese quale è ti che costituiscono la premessa alla poetica l’epoca fervida della ricostruzione, Strehler del “Piccolo” e dello stesso Strehler: un e Grassi riescono a ottenere un piccolo “teatro d’arte per tutti”, di contro a un tea- finanziamento comunale e, soprattutto, una tro come “rito mondano” o come “astratto sede: il teatro di via Rovello, vecchia sala omaggio alla cultura” o ancora di contro a cinematografica, ora ribattezzata con un un teatro di svago. Un teatro che sia il nome scelto in omaggio al Malij Teatr di «luogo dove una comunità liberamente riu- Mosca (la celebre “piccola” sala moscovita nita si rivela a se stessa, luogo in cui una contrapposta al “grande” Bolscioj). La sala comunità ascolta una parola da accettare o è, infatti, piuttosto piccola, in cattive condi- da respingere». Strehler, e Grassi con lui, zioni, il palcoscenico poco spazioso e poco scelgono, quindi, di non essere subalterni attrezzato, ma è, comunque, un inizio. alle ragioni dei partiti e al ricatto del merca- «Giorgio te la senti di fare un teatro stabile to, ricercando la concretezza, l’eticità, qui, in questo luogo?», domanda Grassi a l’impegno morale che rappresentano Strehler che non risponde subito. «Lasciami l’eredità storica della cultura lombarda e

Giorgio Strehler (terzo da sinistra) con Paolo Grassi (primo a sinistra) e i tecnici dell’Excelsior in una foto di gruppo del 1946.

VIII L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ......

Strehler nel 1950 ziando da Sofocle a Sartre, da Cimarosa a durante le prove Berg) e nel 1967 la compagnia del “Piccolo” del Riccardo III di Shakespeare. può vantarsi di avere presentato più di 4300 recite di spettacoli firmati dal Maestro in 142 località italiane e in 116 città straniere dell’Europa dell’Est e dell’Ovest, degli Stati Uniti, del Canada, del Sudamerica e del Nord Africa. Ma l’attività di Strehler non si esaurisce nel solo, seppure impegnativo e primario, ope- rato di regista: in questi anni emergono con continuità alcuni fra i profondi interessi che spingono l’artista a vivere sempre attiva- mente il mondo dello spettacolo in tutte le sue molteplici componenti. Il 1951 coincide, ad esempio, con la fondazione della milane- se Scuola d’Arte Drammatica del Piccolo Teatro (l’attuale Scuola “Paolo Grassi”), milanese. E, ancora, si prefiggono di rifiuta- dove, per alcuni anni, Strehler insegna reci- re i condizionamenti caratteristici del tradi- tazione (una passione, quella pedagogica, zionale spettacolo di intrattenimento, sem- che lo accompagnerà per tutta la vita). Al pre disposto a piegare le scelte di program- 1957 risale la stesura – a quattro mani con mazione alle esigenze del botteghino, per Grassi – di un primo progetto legislativo di aspirare a un teatro moderno di grande interesse nazionale, destinato a formulare qualità, nato da scelte consapevoli di poeti- una normativa organica per il teatro di ca e da un lavoro di allestimento prolungato prosa, cui fa seguito, nel 1964, il manifesto e approfondito. Ma, nello stesso tempo, un Un teatro nuovo per un nuovo teatro, lucida teatro progettato per essere “popolare”, analisi della situazione del Piccolo Teatro ossia inteso ad aprirsi alla fruizione di un nei suoi primi 15 anni di vita. E, ancora, agli grande pubblico, e, in particolare, di quelle anni Sessanta risalgono molti progetti fasce di popolazione che per età, censo e destinati al cinema, al teatro musicale, livello culturale ne sono tradizionalmente all’editoria, alcuni realizzati, altri rimasti escluse. dimenticati in un cassetto. Il 14 maggio 1947, dopo dodici giorni di I vent’anni del Piccolo Teatro, che si cele- prove, il venticinquenne Strehler inaugura brano il 14 maggio 1967, sono per Strehler il Piccolo Teatro con L’albergo dei poveri di occasione di bilancio. Nella vita privata una Maksim Gorkij. E da quella ormai storica nuova, bellissima compagna ha fatto la sua data la sua vita va a coincidere (a parte una comparsa: è Valentina Cortese, straordina- breve parentesi dal 1968 al 1971) con quella ria attrice e donna affascinante che per dell’istituzione milanese, che diventa la sua lungo tempo sarà vicina al Maestro. Nella prima e più amata casa. Nel ventennio che vita professionale se, da un lato, Strehler corre dal 1947 al 1967, la vita di Strehler tra- può ritenersi orgoglioso del lavoro artistico scorre principalmente sul palcoscenico del compiuto, d’altro lato, non può non avverti- Piccolo Teatro (e, dal 1963, su quello più re un senso di disagio profondo nei con- ampio del Teatro Lirico, da quella data fronti delle strutture politiche e ammini- destinato a ospitare alcune produzioni del strative italiane, dalle quali egli si aspetta “Piccolo”) a provare e riprovare decine e invano un impegno concreto per offrire sta- decine di spettacoli. Unica distrazione – se bilità effettiva al teatro da lui fondato. Forse tale possiamo definirla – l’allestimento di anche per tali ragioni, il regista avvia un molte opere liriche sulle tavole dell’ormai radicale ripensamento del proprio ruolo di rinato palcoscenico scaligero. Così, allo uomo di teatro all’interno di una struttura scoccare del suo trentesimo compleanno, pubblica stabile, ripensamento che non è, nell’agosto 1951, Strehler ha già fatto la regia tuttavia, ascrivibile solamente a sfiducia di 52 testi teatrali e 16 opere liriche (spa- nei confronti del sistema teatrale. Bisogna

IX Giorgio Strehler ......

X L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ...... ricordare che verso la fine degli anni Ma gli occhi di Strehler non cessano di Sessanta, segnata da profonde contestazio- essere rivolti alla sua Milano e, quando ni che investono anche, seppure non princi- Paolo Grassi lascia nel 1972 il “Piccolo” per palmente, il teatro, la figura del regista e assumere la carica di sovrintendente del l’egemonia che essa ha instaurato, compa- Teatro alla Scala, il regista conclude pron- rendo con tanta energia sulle scene italiane tamente l’avventura teatrale del Gruppo dal secondo dopoguerra, divengono, infatti, Teatro e Azione per tornare, ora come oggetto di accese discussioni. Il termine direttore unico, al “Piccolo”, destinato a “regista” diviene sinonimo di “despota della regnarvi da incontrastato monarca. Il grup- scena” e la sua stessa figura professionale po originario di artisti, tecnici e musicisti diviene oggetto di critica da parte di gruppi che accompagna Strehler nella straordina- e figure emergenti che rifiutano la centra- ria avventura del “Piccolo” si ricompatta lità di una personalità demiurgica nella intorno al Maestro, aprendosi a nuovi creazione dell’evento teatrale e sono, inve- importanti contributi tecnici e artistici, fra ce, più favorevoli a esigenze collettivistiche. i quali basti ricordare quello di Andrea Giorgio Strehler, nel luglio 1968, sceglie così Jonasson, che Strehler sposerà a Milano nel la via più diretta (e anche più vistosa) delle 1981. Anche a questi ottimi collaboratori si dimissioni, abbandonando il suo Piccolo devono gli altissimi risultati d’arte conse- Teatro nelle mani di Paolo Grassi. Tale gesto guiti in questo periodo dal regista, il quale è, dunque, motivato dal disagio che il già trova con ciascuno di essi una via speciale acclamato regista prova entro un contesto di dialogo e scambio, un modo per stimolar- di diffidenza nei confronti del lavoro di chi, si reciprocamente a dare di più, per com- come lui, ha di fatto consentito la nascita di piere insieme il percorso sempre arduo che un teatro profondamente rinnovato anche separa la prima lettura al tavolino di un in Italia, e da un’esigenza sincera di ridi- testo dalla sua compiuta realizzazione in uno scendere in trincea per portare un contri- spettacolo che, nel grande teatro di regia, è buto personale in un momento di profondo opera d’arte autonoma e pienamente indi- ripensamento culturale e politico. Eppure, pendente. probabilmente, tale distacco trova una Per Strehler, infatti, il regista non può e non motivazione non trascurabile anche nelle deve essere un solitario “illustratore”, né divergenze di opinione che, con crescente un corretto metteur en scène. Lungi dal limi- frequenza, lo contrappongono all’amico tarsi a un commento illustrativo del testo, il Grassi il quale con lui condivide la direzione regista deve assegnare all’andamento dello del “Piccolo”. Infatti, da quello storico 1947, spettacolo un doppio percorso di leggibi- il rapporto con Grassi si è andato via via lità: il primo, più esteriore, ricostruisce il modificando e, pur mantenendo come base testo, non solo rispettandone la partitura e una schietta amicizia, sembra forse essere offrendone una verosimile traduzione sce- giunto a un momento cruciale. Nell’autunno nica, ma storicizzandolo, ossia facendone il 1968, mentre a Parigi gli studenti “contesta- veicolo per comprendere la cultura e la tori” invadono l’Odéon, tempio della scena civiltà che in esso si esprimono. Il secondo, francese, il Maestro abbandona, dunque, il più profondo, a volte addirittura nascosto, è suo teatro di via Rovello. Consapevole di costituito dal nesso che il regista deve sape- lasciare un vuoto incolmabile, non essendo re cogliere tra il testo e l’attualità, soprat- ipotizzabile una sua sostituzione a nessun tutto in termini socio-culturali. E sul palco- livello, il regista non esita a coinvolgere scenico tale percorso prende forma proprio nella propria nuova avventura un nutrito attraverso gli interventi del regista il quale drappello di attori e fedeli collaboratori con satura gli spazi lasciati aperti dall’autore i quali in questo momento critico e delicato del testo, mettendo a frutto la propria crea- si trasferisce a Roma per fondare il Gruppo tività critica e la propria capacità composi- Salvo Randone in Teatro e Azione, una struttura a base coo- tiva. Ma in tutto ciò il regista si deve man- una scena de L’albergo dei poveri di Maksim perativistica, il cui nome riflette in modo tenere sempre coerente con la scelta di Gorkij (1947), rappre- evidente la volontà del regista di rigenerar- rispettare in maniera assoluta il testo sentazione con la quale si in un bagno di attività, nel fuoco della d’autore per fornirne nello spettacolo fu inaugurato il Piccolo Teatro di Milano. contestazione politica e culturale. un’interpretazione personale e meditata

XI Giorgio Strehler ...... che, senza ricorrere a manipolazioni, diva- fra attori, cantanti, musicisti, scenografi, gazioni o adattamenti, si ponga come una costumisti, e altri. Un piccolo universo. E il nuova e spesso originale opera d’arte. suo impegno non è stato rivolto alla sola “L’atto artistico” nasce, dunque, per Strehler scena del teatro in prosa. A Strehler spetta, da una conoscenza del reale che, tuttavia, infatti, anche il merito – ormai universal- deve necessariamente essere abbinata a mente riconosciuto – di avere esportato qualche cosa che non si sa – o non si vuole – per primo sulle scene del teatro d’opera in spiegare. Deve essere un riassunto poetico Italia la serietà, il metodo, la concezione e emozionante ma reale, in cui il regista totalizzante, la ricchezza creativa che presenta tutto ciò che sa o presume di hanno fatto di lui uno fra i maggiori registi sapere in un’atmosfera magica di “realismo di tutto il mondo. Grazie ai suoi spettacoli la poetico”. Utilizzata da Strehler proprio nel regia si è ormai affermata, infatti, quale ele- 1975, in occasione dell’allestimento del mento indispensabile alla realizzazione del- Campiello di , tale definizione l’opera lirica, ponendo in primo piano la sembra bene individuare la personale cifra necessità di un apparato scenografico non di lettura impiegata dal regista il quale più generico ma originale e studiato in fun- coniuga la realtà presente nel testo con una zione della partitura da rappresentarsi, di poesia che ne smorzi le tinte e contempora- una recitazione che abbandoni la conven- neamente ne accresca l’efficacia. Per zionale staticità proposta dai cantanti e, Strehler la realtà nel suo insieme è spesso soprattutto, di un responsabile unico che misera, mortificante e, quindi, “brutta”. connetta e integri omogeneamente i diffe- Tuttavia, essa è poetica o almeno “poetiz- renti elementi compositivi dello spettacolo. zabile” in alcuni suoi particolari che posso- A tale indefesso e straordinario impegno no, a prima vista, apparire insignificanti, o artistico nel teatro di prosa e nell’opera quasi, ma che sono capaci di accogliere lirica, il regista non esita a coniugare un significati nascosti. Realismo del “poetizza- impegno civile e politico che diviene via via bile”, spesso al di fuori e al di sopra delle più importante. Eletto come esponente del vere esigenze della vicenda, che è riletta dal Gruppo socialista, egli partecipa come regista attraverso il filtro della poesia: un deputato ai lavori del parlamento di filtro capace di sfumare i contorni, accre- Strasburgo (subentrando a Bettino Craxi) scere la suggestione e l’efficacia della rap- dal settembre 1983 al luglio 1984, battendo- presentazione. Dunque, un “fare teatro” si per un’Europa “umana” capace di parla- quello di Strehler che mette sì in scena re agli uomini di oggi e di perseguire direttamente la realtà – anche dove essa è l’obiettivo di un teatro d’arte, elevato nei brutta – impegnandosi però a renderla più contenuti e pensato per porsi al servizio “poetica”, attraverso l’astrazione della della collettività, in aperta polemica con la “grande poesia della scena”, di volta in commercializzazione del prodotto cultura- volta realizzata sui versanti della rimem- le, un’Europa degli uomini e delle comunità, branza o dell’evocazione fantastica. delle idee e della cultura. «L’interesse Quando il “Piccolo” festeggia il suo trente- dell’Europa è al tempo stesso un’avventura simo anno di attività, nel 1977, Strehler cal- socio economica, che richiede lavori e cola di avere lavorato con circa 3000 artisti, sacrifici comuni e costa alcuni prezzi corag- giosi e cari, ma che è anche una grande avventura spirituale. L’unica vera possibile Europa così necessaria per la risoluzione di alcuni problemi di fondo del nostro domani prossimo, non ipotetico ma vicino, non passa solo attraverso i confini degli accordi sulle cose», afferma Strehler. «Sono convinto che sia necessario far scoprire alla gente dell’Europa nelle singole nazioni, nei singo- li paesi e città, la profonda unità dell’uomo Il logo del Piccolo europeo perché nato da una cultura comu- Teatro all’epoca della sua istituzione. ne, radicata nel cuore stesso dell’Europa,

XII L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ......

Un momento delle diventata comune anche attraverso scambi congiunto del Ministro della Cultura fran- prove di Io, Bertolt di guerre omicide, ma che non ha scambiato cese Jack Lang e del Presidente della Brecht (1966-67). solo sangue. Non ci siamo solo ammazzati Repubblica François Mitterand, si concre- noi europei, ci siamo dati vita, idee, senti- tizza il 16 giugno 1983, quando nasce uffi- menti, identità, legami, un’unità che oggi è cialmente il Théâtre de l’Europe. Si tratta ancora caratterizzata e lo sarà a lungo da di un’istituzione finalizzata a stimolare un segni di lingue, abitudini, costumi differenti, dialogo tra uomini di teatro e pubblico ma non opposti».3 europeo, per creare un sistema di coprodu- Nel 1987 Strehler dà le dimissioni dal Partito zione e distribuzione teatrale nei diversi Socialista e si candida quale indipendente paesi dell’Europa, attraverso un organismo nelle liste elettorali del Partito Comunista. che disponga di un proprio budget annuo Eletto senatore della Repubblica nella X e di una propria sede, il Théâtre National Legislatura (1987-1992), il regista esprime de l’Odéon a Parigi. Strehler ne è nominato direttore per il primo triennio: a lui è affi- dato il compito di selezionare i nuovi spet- tacoli e programmare le coproduzioni. Alla volontà di Jack Lang si deve in gran parte ascrivere anche la nomina di Strehler, avvenuta nell’ottobre 1989, a Presidente dell’Union des Théâtres de l’Europe, ente finalizzato al coordinamento di molti fra i più rilevanti teatri nazionali europei, per diversi aspetti in sintonia con le linee pro- grammatiche elaborate proprio dal “Piccolo” di Milano. E ancora, nel 1987 Strehler inaugura, all’in- terno del Piccolo Teatro, una nuova scuola principalmente il suo impegno politico redi- di teatro (il primo corso è significativa- gendo una non più dilazionabile legge orga- mente intitolato a uno fra i suoi maestri, nica per il teatro di prosa che, tuttavia, non Jacques Copeau), improntata ai più attuali riesce a essere discussa e votata nel corso criteri pedagogici e fornita di infrastrutture della legislatura. Contemporaneamente, di notevole rilievo, oggi considerata fra le attività artistica e poetica teatrale di più importanti del mondo. Il regista, da Strehler valicano i confini nazionali per sempre interessato – come si è detto – alla manifestare appieno la loro vocazione euro- formazione degli attori, può così coronare il pea, poiché «Noi crediamo nell’Europa – sogno di dirigere una scuola intimamente dichiara il Maestro in più occasioni – ma legata alla tradizione del “Piccolo”. Proprio vogliamo una realtà europea che non sia nell’ambito dei corsi della scuola di teatro si solo quella del profitto ad ogni costo o del colloca anche il lungo studio condotto da disperato consumismo, della difesa di un Strehler sul capolavoro di Johann Wolfgang concetto avaro della proprietà. Noi voglia- Goethe e sfociato, per un totale di otto ore, mo un’Europa della gente che lavora e che nei due spettacoli presentati al Teatro produce, produce cose ma anche cultura, Studio Faust. Frammenti parte prima e oggetti e anche sogni. Pensiamo all’Europa Frammenti parte seconda, rispettivamente che ricerchi non solo il piccolo interesse nel 1989 e nel 1991, che lo vedono tornare a quotidiano ma che ricerchi un diverso calcare il palcoscenico per interpretare il suono di questa vita che è una sola per tutti ruolo del protagonista. noi e che è così breve». Se, infatti, da un Gli anni Novanta ci mostrano, inoltre, un lato, il regista nel corso degli anni Settanta fino ad allora inedito Giorgio Strehler regi- e Ottanta firma allestimenti in prosa e in sta-manager il quale, con straordinaria musica in importanti teatri stranieri chiarezza e lungimiranza, si impegna a (Salisburgo, Vienna, Amburgo, Parigi), definire, nelle sue vesti di direttore del d’altro lato, nel 1983 realizza un progetto di Piccolo Teatro, i rischi e i benefici connessi un teatro europeo che, grazie allo sforzo all’applicazione al teatro - e più in generale

XIII Giorgio Strehler ...... all’arte – del modello di gestione proposto ca di comprensione del mondo, delle forze dal marketing culturale. In particolare, egli che vi agiscono e del loro funzionamento». pone l’accento sul pericolo di una semplici- Dunque, la rivendicazione dell’autonomia stica quanto preoccupante riduzione del- di un teatro d’arte – che sembra idealmen- l’arte a un prodotto, oscillante tra i due poli te ricollegare il Maestro alle riflessioni che della legge di mercato: la domanda e avevano dato origine al Piccolo Teatro cin- l’offerta. Secondo Strehler, l’arte è «un sog- quanta anni prima – ed il conseguente rifiu- getto con una sua vita profonda e radici to di un adeguamento passivo alle esigenze molto ramificate. Essa è un’offerta, autono- del pubblico sono per Strehler i soli stru- mamente generata, alla intera umanità. E menti in grado di arginare il rischio di deca- le domande alle quali risponde sono dimento culturale insito nella omologazione anch’esse profonde e fondamentali, e per del “fare arte” alle leggi del mercato: «La questo troppo spesso nascoste e ottuse, domanda e l’offerta costituiscono un anello oggi, da una miriade di bisogni immediati e di feed-back che può tramutarsi in un ciclo superficiali». Decifrare queste domande, perverso di abbassamento del livello cultu- dar loro voce e peso, renderle consapevoli rale ad effetto valanga, e di riduzione del di sé, è ardua impresa che solo può essere gusto agli orrori dell’intrattenimento seriale.

eseguita attraverso la stretta collaborazio- È un fenomeno a cui stiamo assistendo da ne tra i dinamici esperti degli strumenti tempo, al quale è stato dato il nome di “omo- aziendali di indagine e gli «ostinati custodi logazione” e che contrastiamo con tutte le dell’autentica creazione artistica». Pur nostre, poche, forze». Ma il teatro non deve lungi dal considerare il teatro e le istituzioni «sottostare passivamente alle esigenze dro- culturali come luoghi di conservazione stati- gate di eventi spettacolari, consumabili e ca del passato, «in passiva attesa del deside- rinnovabili»; al contrario, esso deve essere, rio d’istruzione dei cittadini», Strehler oggi più che mai, capace di «risvegliare la rivendica con coraggio l’autonomia della coscienza critica dell’individuo e della col- creazione artistica dalle logiche di mercato. lettività alla quale appartiene». Per tale ragione egli preferisce «parlare, Negli ultimi anni la vita di Strehler è pur- invece che di “prodotto”, di “opera d’arte”, troppo segnata da un doloroso corpo a che “operi” sul profilo dello spettatore, corpo con l’amministrazione civica di disperso fra tante clamorose offerte, modi- Milano, che lo induce a compiere gesti cla- ficandolo, ristabilendone i valori culturali, morosi, mettendone in discussione senza allargando i suoi orizzonti, tracciando, con i riserve il ruolo all’interno del Piccolo Teatro Così fan tutte, ultima programmi offerti, le tappe della creatività e ignorandone la statura somma. Mentre opera diretta da Giorgio Strehler (1997-98). umana, e sviluppando la sua capacità criti- tutto il mondo attribuisce a Strehler premi,

XIV L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ...... lauree e onorificenze massime, la giunta 1 Le citazioni sono tratte dal bell’articolo di milanese ne accoglie con arroganza le Giovanni PINI, Quando un giovane internato dimissioni, proponendone un forzato pre- italiano stupì tutta Ginevra per il suo grande pensionamento. Tardivamente ottenuta la talento, estratto dal “Notiziario della Banca nuova sede del Piccolo Teatro, Strehler non Popolare di Sondrio”, n. 76 (aprile 1998), ha modo di inaugurarla. Il Maestro muore il p. 2-5. 25 dicembre 1997, all’età di settantasei anni, nel corso delle prove dell’opera Così fan 2 Per quanto riguarda la famiglia e l’infanzia tutte dell’amato Mozart. A proposito della di Strehler, segnalo il ricco catalogo della regia lirica, aveva avuto occasione di dire: mostra Strehler privato: carattere affetti pas- «Non esiste una regia totale; si può tentare sioni, a cura di Roberto Canziani, Trieste, soltanto di avvicinarsi in una certa misura Comune di Trieste, 2007. alla maggior quantità possibile della verità contenuta nei capolavori, non soltanto cer- 3 Mi limito in questa sede a segnalare il cando di comprendere ciò che i loro creatori recente Giorgio STREHLER, Nessuno e incol- hanno detto nel loro tempo, ma ciò che pos- pevole: scritti politici e civili, a cura di sono ancora dire alla nostra sensibilità di Stella Casiraghi, Milano, Melampo, 2007, e uomini d’oggi».4 il contributo di Mariagabriella CAMBIAGHI, L’avventura del teatro d’Europa, in Giorgio * Professore di Discipline dello spettacolo Strehler e il suo teatro, a cura di Federica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia Mazzocchi e Alberto Bentoglio, Roma, dell’Università degli Studi di Milano Bulzoni, 1997, p. 101-109. Si vedano inoltre le molte pagine di Strehler ora pubblicate on- line a cura del Piccolo Teatro sul sito www.strehler.org, nella sezione Testi - Scritti politici.

4 Impossibile in questa sede dare conto, anche solo parzialmente, degli scritti di Giorgio Strehler e della vastissima bibliogra- fia critica a lui dedicata. Rimando quindi al già citato sito www.strehler.org, a cura del Piccolo Teatro e costantemente aggiornato, e alla nota bibliografica contenuta nel mio Invito al teatro di Giorgio Strehler, Milano, Mursia, 2002, p. 195-198.

XV

L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ...... Lugano: un’oasi di riflessione per Giorgio Strehler

Con i ricordi di Terry d’Alfonso raccolti da Marco Blaser *

A sinistra: Strehler nella sua villa di Portofino nell’agosto 1969.

In questa pagina: Giorgio Strehler nel Faust. Frammenti parte seconda (1990-91). Giorgio Strehler ...... «Caro Blaser stai bene?». È Giorgio Strehler. Terry é rimasta professionalmente legata a Il cellulare è gracchiante e la sua voce è sul Strehler sia pure in maniera saltuaria. È lui nervoso. «Sono a Lugano e devo incontrar- a influenzare maggiormente le sue regie. mi con Terry d’Alfonso. Vorrei sentirla ma In campo teatrale Terry si è distinta nel- ho perso il suo numero. Mi togli dall’impic- l’allestimento di testi pirandelliani noti o cio?». Solitamente incontravo Strehler in meno noti. Ha pure ottenuto diversi impor- autunno, a Campione d’Italia per le sedute tanti riconoscimenti tra i quali il Premio della giuria della “Maschera d’Argento”, il Pirandello per la regia de La favola del figlio prestigioso riconoscimento per i protago- cambiato con Milena Vukotic. Nel 1995 è nisti dello spettacolo patrocinato dal ritornata a New York quando, nell’ambito Presidente della Repubblica Italiana. del Festival “La creatività e il genio nel ‘900 Strehler ne fu presidente per parecchi italiano”, Strehler ha diretto l’ultima anni. L’amichevole telefonata rientrava in opera scritta da Pirandello, I giganti della questi rapporti che si consolidarono a montagna. Milano in occasione di un banchetto, orga- «Tornare nella mia città è stata un’emozione nizzato dalla Winterthur Assicurazioni, in forte. In quell’occasione Strehler ha presen- onore di Michael Gorbaciov. Casualmente tato Trovarsi… oltre, un collage di alcuni affiancati all’estremità di un lunghissimo lavori magici e surreali di Pirandello che tavolo reale ci trovammo a un punto avevo allestito con i giovani attori del d’osservazione invidiabile. Da lì annotam- Piccolo Teatro». mo, con spirito goliardico, le innumerevoli Ma quali insegnamenti l’hanno fortemente gaffes di cui, via via, si resero responsabili segnata? gli invitati della “Milano-bene” ignoranti «Mi ha iniettato il rispetto e l’amore per il di bon ton. Quella sera il nostro calepino dei pubblico. Spesso ripeteva che in tutte le gossip si gonfiò di appunti assai divertenti. cose che si affrontano nel teatro bisogna Fu uno degli ultimi incontri estemporanei proporre anche un segnale di speranza. che ebbi con Strehler. Il prestigioso regista Nelle due ore dello spettacolo, senza scaval- di origine triestina, fondatore con Paolo care i messaggi insiti nel testo, bisogna riu- Grassi del Piccolo Teatro di Milano, stava scire a coinvolgere il pubblico permetten- attraversando un periodo assai difficile nei dogli di uscire dai problemi di tutti i giorni rapporti con la giunta leghista del sindaco che solitamente lo preoccupano. È quindi Formentini. Quella sera, quando mi telefonò, necessario aprirsi ai sentimenti, farlo riflet- si era rintanato a Lugano per vedere Terry tere senza negargli un segnale, anche se d’Alfonso. Annotò quindi con cura il nume- tenue, di ottimismo, di speranza. Amava ro del cellulare di Terry che lavorava già da dire che il teatro lo aveva costretto a far parecchio tempo alla TSI. La regista e sce- coesistere la passione, le gioie, l’impegno neggiatrice italo-americana aveva realizza- per il lavoro con l’esistenza di essere umano to diversi programmi di impronta culturale senza mai mancare di rispetto al pubblico fra i quali due ritratti dedicati a Strehler, al quale si deve voler bene». sia come protagonista dello spettacolo, sia Questa impostazione lo costrinse talvolta come uomo. ad attenuare la sua posizione di uomo di Com’è avvenuto, Terry d’Alfonso, il suo in - sinistra, impegnato promotore di un ordi- contro con Giorgio Strehler? namento basato sulla libertà, sulla giustizia «Ero iscritta alla Facoltà di Lettere sociale. Furono comunque le sue convin- all’Università di New York quando ho zioni a portarlo alla creazione, con Paolo conosciuto Strehler durante la trasferta Grassi, del Piccolo Teatro di Milano. Il americana della Compagnia del Piccolo teatro stabile a gestione pubblica senza Teatro di Milano. Ho assistito a una replica scopo di lucro aprì le porte nel 1947. Fu del suo spettacolo Arlecchino servitore di un’esperienza che lo mise in contatto con i due padroni e ne sono rimasta profonda- pericoli insiti in questo specifico modello di mente impressionata. In seguito sono gestione e che lo spinse spesso a scuotere le venuta in Italia per un periodo di studio al strutture quando avvertiva degli ostacoli “Piccolo” con Strehler e ne sono diventata che gli avrebbero ridotto la possibilità di regista assistente». esprimersi liberamente costringendolo

XVIII L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ...... talvolta ad ammorbidirsi nei confronti di atletica scopriamo inequivocabilmente i coloro che elargivano i sostegni finanziari. nostri pensieri. La vita stessa è infatti un Un sistema ambiguo che talvolta criticava puzzle di atti politici!». con virulenza dando sfogo alla sua matri- Strehler fu da sempre profondamente lega- ce culturale triestina e quindi mitteleuro- to al socialismo che per lui non poteva esi- pea e perciò liberale, progressista e mai stere senza libertà e quindi senza egua- provinciale. glianza e fraternità fra gli esseri umani «Non ha infatti mai nascosto i suoi orien- all’insegna della solidarietà. Questa sua tamenti ideologici riaffermando spesso il impostazione di vita la manifestò anche suo pensiero socialista», precisa Terry attraverso il cartellone del “Piccolo”. Fu d’Alfonso. «Amava dire che è inutile anche questa una delle cause di forti con- nascondere le proprie convinzioni in quan- trasti con il potere politico milanese. Lo to quotidianamente compiamo dei gesti che confessò una sera, accovacciato su una pol- hanno una connotazione politica. Il cittadi- trona del lussuoso salone dell’Hotel de no è infatti un essere trasparente che rive- , nel corso di un incontro artistico- la le sue posizioni ideologiche attraverso i organizzativo con Jack Lang, allora Ministro gesti più semplici: quando fumiamo una della Cultura francese. Strehler fu indub- sigaretta, quando canticchiamo una can- biamente un importante uomo di teatro zoncina o applaudiamo una prestazione ma nel contempo anche un personaggio

Una locandina della tournée statunitense del Piccolo Teatro (1960).

XIX Giorgio Strehler ......

XX L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ......

A sinistra: difficile. Egli fu un leone irrequieto. Terry damentali alla convivenza fra esseri umani. Giorgio Strehler e d’Alfonso visse questa sua irrequietezza in Ribadiva spesso che per lui il teatro è anche Terry d’Alfonso a Portofino (1969). veste di regista assistente, di regista di un fatto politico in quanto ripropone vicen- sue iniziative e durante la realizzazione de vissute da esseri umani che esprimono dei documentari dedicati alla sua attività diversi punti di vista e diventano quindi lo artistica. specchio della società, evidenziando nel «La sua era una dedizione assoluta. Era un contempo diritti e doveri dei cittadini e uomo estremamente esigente. Prima di mettendo a confronto gli spettatori con i tutto con se stesso e di conseguenza pre- problemi che sono chiamati ad affrontare tendeva molto anche dagli altri. Quando nella vita reale». durante le pause delle prove vedeva che un Quali furono per Strehler gli autori preferiti? attore non dava il massimo, che si rispar- Sicuramente ha amato Brecht e Pirandello. miava, come a volte accade, Giorgio saltava Ma anche Shakespeare e Goldoni sono sul palcoscenico e gridava: “Io pago con entrati spesso nei suoi allestimenti. Riteneva me… Io non mi risparmio”, facendo capire quindi che nei testi dei classici vi sono degli che in qualsiasi momento del lavoro lui si spunti validi anche per il teatro di oggi? impegnava fino allo spasimo. Riprendeva «Mi convinse, durante un’ampia e dotta quindi possesso del palcoscenico spoglio per discussione. Affermò, in quella circostanza, impostare Shakespeare, Eduardo, Brecht, che i classici, quando sono veramente clas- Goldoni. Lo si ritrova in alcune sequenze dei sici, vale a dire scritti da personaggi impor- miei filmati: lui nel buio assoluto ma illumi- tanti che hanno detto cose fondamentali nel nato dall’occhio di bue mentre leggero, leg- campo dello spirito, non sono mai né giova- giadro, sfoggia la sua indomabile energia. In ni né vecchi e quindi non sono né di ieri e quei momenti sapeva esprimere tutto il suo nemmeno di oggi o di domani ma sono di talento. Modulava la voce, dando le intona- sempre! In quella circostanza riaffermò zioni che sentiva sue. Nelle prime ore di let- ripetutamente che il teatro di Shakespeare ture del copione amava calarsi contempo- è importante anche oggi in quanto tocca dei raneamente nelle diverse parti per diventa- temi presenti anche nel mondo d’oggi. In re il protagonista dell’intera tragedia. Da lì questi casi entra in linea di conto l’indirizzo la sua convinzione che per raggiungere la che il regista vuol dare alla recitazione e perfezione un regista deve essere stato quindi all’interpretazione di questi testi da anche attore, che accanto al bagaglio tecni- parte dell’attore. L’impostazione della regia co e intellettuale deve sapersi immedesima- diventa quindi determinante se si vuol re nella parte che gli è stata assegnata. creare un legame con il mondo contempo- Soltanto attraverso questo “passaggio raneo». obbligato” il regista riesce a capire i mecca- Giorgio Strehler aveva una particolare pre- nismi che permettono all’attore di assume- dilezione per Goldoni. re le sembianze di personaggi diversi. Con «Diceva che Goldoni gli aveva insegnato ad malcelato orgoglio amava ricordare che da amare la vita e i suoi piccoli personaggi tal- giovane fece anche l’attore e ricordava volta più importanti dei protagonisti per- divertito quando, convocato d’urgenza ché ricchi di umanità, preziosi per aiutarci dalla prima attrice, convinto che gli venisse nella nostra crescita culturale e sociale. affidata una parte più importante, venne Attraverso il teatro di Goldoni si impara – incaricato, con tono imperativo, di portare precisava Strehler – a potersi confrontare in giardino il suo cagnolino per l’ora della con le idee altrui. Il coraggio dell’autore, pipì… un compito che, amava precisare, morto in povertà nel 1793, esiliato a Parigi, assolse con disciplinata dignità! Ritornò in stava nell’aver saputo proporre situazioni scena anche in età matura calandosi nei difficili e complesse con semplicità e di aver panni del goethiano Faust. Ripeteva spesso manifestato nel contempo la pietà per chi che l’uomo di teatro vero è un artigiano che sbaglia. È un messaggio di grande eleva- con applicazione, passione, sacrificio e tezza spirituale. Mi spiegò pure la sua pre- umiltà sa realizzare cose bellissime: sa tra- dilezione per Casa di bambola di Ibsen. smettere messaggi, è capace di convincere Esemplare l’esperienza che lui visse attra- e sa quindi veicolare anche dei valori fon- verso una coppia di suoi amici. Sull’orlo del

XXI Giorgio Strehler ......

A sinistra: divorzio, i due vennero a teatro. Seguirono delle sue donne. Un rapporto importante è e Strehler la recita e al rientro a casa si accasciarono stato quello con . Per lei fu il durante la messa in scena di Io, Bertolt sulle poltrone del salotto. A uno a uno maestro, il professionista che le insegnò Brecht (1960-61). ripresero quindi gli spunti più significativi tutto, dall’importanza del gesto ampio e del dramma di Ibsen. Analizzarono quello completo alla presenza in scena. Erano gli strano rapporto per un’intera notte. Lo anni Cinquanta. Ancora allieva alla scuola scambio di idee permise loro di scoprire i del “Piccolo” venne pure alla RSI. Ospite propri errori, di capirsi e di ritrovare una di Eros Bellinelli, registrò la serie “Le can- sintonia che nei trent’anni di matrimonio si zoni della mala”, Ma mi, Le Mantellate. era assopita. Tornarono a vivere insieme in Sospirando, Ornella dice spesso «…e ci un ritrovato clima di reciproca comprensio- siamo tanto amati». Anche Milva è stata ne. Anche questo, mi ribadì Strehler, è tea- sua allieva. L’ha vista per la prima volta in tro: un esempio di divulgazione capace di uno spettacolo dedicato ai canti partigiani. risvegliare il bambino che è in noi e che non La adottò e ne fece l’interprete classica del deve mai essere soffocato. Spesso è infatti repertorio brechtiano. Ma i veri grandi la parte migliore che ci portiamo dentro. amori di Strehler, quelli storici, di grande Ripeteva sovente che la società contempo- fascino, furono Valentina Cortese e più ranea ha bisogno del teatro per evitare che avanti negli anni Andrea Jonasson. Terry ci si assopisca». d’Alfonso, amica sincera, disinteressata, di Giorgio, fu talvolta chiamata a mediare o relativizzare le sue esplosioni di gioia o di rabbia, di entusiasmo o di sconforto. Lui, il regista dell’anima, non era uomo di mezze misure. Con Valentina visse un’unione di magica simbiosi saldata da stupendi momenti di grande teatro. «Non si potrà mai dimenticare – dice Terry – la bellezza e la bravura di Valentina ne El nost Milàn di Bertolazzi e la sua magnifica

«Il pericolo maggiore che noi corriamo – diceva Strehler – è di non essere più umani, di non mantenere vivi e forti i valori umani. È come essere vicino a chi si sta addormen- tando e vedendo un bel paesaggio lo svegli e dici: “guarda, guarda, hai visto?” E lui, aperti gli occhi, ti dice, con gratitudine: “Ah, non l’avrei visto se tu non mi avessi sveglia- to”. Nei confronti del prossimo abbiamo anche il dovere di svegliare in lui la gioia, di stimolarlo a muoversi e di non lasciarsi cul- lare dalla placida automobile che sull’auto- strada va velocemente, senza rumore, verso un precipizio». Quella di Strehler fu un’esistenza piena, ricca, dedicata al teatro e vissuta, con intensità senza interruzione. Egli ha fatto coesistere passioni, gioie e amori. Non ha mai negato di aver amato e di essere stato amato, di aver tradito e di essere stato tra- dito e di aver ricevuto dolore ma di averne pure dato. Si è pure parlato e letto molto

XXII L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ...... costellata da gioie e sofferenze. Lei, nei momenti di crisi, confessò ripetutamente che era molto difficile e faticoso vivere con uno come lui. Le depressioni venivano però cancellate da gesti esaltanti. Fu un amore pieno di misteri. I due si facevano recipro- camente anche del male. Il legame andò spesso oltre la baruffa e talvolta toccò profondamente anche i sentimenti. Quando Strehler stava preparando La Tempesta di Shakespeare fece questo esempio agli inter- preti dei giovani innamorati Ferdinando e Miranda: “Ero in cucina con Andrea quan- do il caffè bollente si è rovesicato sulla mia mano. Ma non ho sentito niente perché ero con lei. Stavamo lì, uno di fronte all’altro e più nient’altro contava. È questo che dove- te farci sentire”. Insieme fecero cose esal- tanti da Minna von Barnhelm di Lessing a Come tu mi vuoi. Spesso Andrea Jonasson diceva “Lui non sarà mai un uomo fedele. Non riesce a non avere altre storie…”». Intanto la crisi con l’amministrazione comunale di Milano divenne sempre più dura. Lega e Polo lo sconfessarono toglien- dogli, in pratica, il “suo” Piccolo Teatro. I interpretazione di Liuba ne Il giardino dei suoi ultimi anni furono angustiati dall’in- ciliegi di Cechov e la sua Regina Margherita comprensione e dall’ignoranza del Palazzo. ne Il gioco dei potenti (da Enrico IV di Non fu una tragedia di Shakespeare creata Shakespeare), quando rivela la dicotomia su commissione per il palcoscenico di via tra spietata assassina avida di potere e tre- Rovello, bensì uno schiaffo alla creatività e pidante innamorata del Duca di Suffolk. alla libertà di pensiero. Fu un’offesa alla sua “Qui gli amanti dovranno rivelarsi diversi dignità di uomo di cultura, di libero pensatore. dalla loro freddezza politica di sempre”, Emigrò a Lugano. Prese casa a Ruvigliana. precisava Strehler. “Gli assassini possono Parlava spesso di Carlo Cattaneo, della anche amarsi tra loro, come gli altri”. Tra tipografia di Capolago, della fuga dal potere Valentina e Strehler ci fu un amore folgo- imbecille. Fu il suo ritorno in Svizzera. rante ma pieno di contrasti. Come Picasso, Giorgio Strehler varcò infatti per la prima la cui arte rifletteva il periodo che era lega- volta la frontiera italo-svizzera a Brusio il to a una certa compagna, anche i capolavo- 14 ottobre del ‘43. Venne internato nel ri di Strehler furono caratterizzati dai campo di raccolta di Mürren, nell’Oberland periodi dei suoi diversi amori. Non avrebbe Bernese. Nelle successive settimane creò mai raggiunto uno dei suoi più alti esempi un cine-club per i rifugiati e raccolse attor- di poetica teatrale, Il giardino dei ciliegi, se no a sé alcuni esuli formando una compa- non ci fosse stata Valentina. In quel periodo gnia di prosa. Già all’inizio del ’44 mise in fu anche combattuto dalla crescente pas- scena Le tre sorelle di Cechov. Poi, nella sala sione per Andrea Jonasson (tappezzò tutto delle feste del Grand Hotel, requisito dall’e- il suo ufficio con le sue foto). Creò per lei sercito, presentò L’uomo dal fiore in bocca A sinistra e sopra: Valentina Cortese in un’edizione senza paragoni de L’anima di Pirandello. Nel 1945, finita la guerra, El nost Milàn di Carlo buona di Sezuan di Brecht curando egli stes- andò a Ginevra dove, sotto lo pseudonimo Bertolazzi (ripresa so la traduzione per meglio adattarla alla del 1960-61 al Teatro di Georges Firmy debuttò come regista e Alfieri di Torino) cadenza tedesca della sua nuova musa». mise in scena, tra l’altro, la prima assoluta e nel Giardino dei ciliegi «Giorgio e Andrea – continua Terry del Caligola di Albert Camus. Passò poi alla di Anton Cechov (1973-74). d’Alfonso – vissero una forte storia d’amore direzione del Thèatre de la Commedie.

XXIII Giorgio Strehler ...... scambio di idee con Altiero Spinelli evoca- va la convivenza pacifica di quattro gruppi culturali e linguistici e la capacità di met- tere in pratica quotidianamente, con natu- ralezza, la solidarietà e il reciproco rispetto dei grandi per i piccoli e dei piccoli per i grandi. Per lui era un modello a cui i politi- ci di Bruxelles avrebbero dovuto ispirarsi per evitare di ingigantire i meccanismi burocratici promotori di una gestione fredda e spersonalizzata, lontana dai sogni e dalle speranze cullate nell’imme- diato dopoguerra. La giovane UE provocò a Strehler, europeista convinto, altre profonde ferite. Venne infatti indagato per- ché sospettato di aver usato dei fondi euro- pei per scopi personali. Il suo nome venne affiancando al lungo elenco dei maneggioni di Tangentopoli. La denuncia gli fece sbat- tere la porta alla sua creatura più preziosa: il “Piccolo”. Si trasferì definitivamente in Ticino, sua terra d’asilo. Pochi lo difesero in quei momenti di profonde amarezze. Solo la voce di Enzo Biagi si levò in difesa del solitario cavaliere del teatro europeo. Più tardi tutti dovettero ricredersi. Intanto si fece strada l’ipotesi di creare, a Lugano, una fondazione per il Teatro d’Europa. Il progetto venne attentamente valutato con Salvatore Maria Fares, attivo esponente della vita culturale della Svizzera italiana. Ma poi non se ne fece nulla. «Fu – scrisse con cognizione di causa Fares – una grande occasione perduta». Si ebbe la sensazione che una conventicola della destra populista fosse scesa in campo a bloccare l’iniziativa. Nei mesi successivi Ruvigliana divenne la dimora-osservatorio di Strehler. Dall’ampia vetrata del salotto egli si godeva la splendi- da vista del golfo puntando lo sguardo verso Porto Ceresio e la sua Milano adagia- ta oltre il Monte San Giorgio. All’inizio del 1947 rientrò a Milano dove, A Terry ripeteva spesso: «Questo è il mio con Paolo Grassi, fondò il Piccolo Teatro. luogo di riflessione. Non è una casa di Da allora la Confederazione Elvetica prese vacanza o di riposo. Qui posso pensare con un posto importante nelle sue riflessioni calma a ciò che mi è accaduto e posso guar- politiche. dare con distacco allo scenario zeppo di A Terry d’Alfonso diceva spesso che gli squallide manovre». Vi portò le cose più Italiani e in generale gli Europei dovrebbe- care: i suoi libri, il prezioso pianoforte, il ro smetterla, quando si parla di Svizzera di Budda la cui saggezza si sarebbe diffusa fra fare dei sorrisini, di citare cioccolatini, oro- le stanze della nuova dimora e che gli logi e formaggi. Per lui questo paese era la avrebbe fatto capire quali molle fecero culla della democrazia, un esempio per scattare la maledetta confusione. In quegli l’Europa che si stava plasmando. Nello anni l’Italia venne tormentata dallo scanda-

XXIV L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ......

Andrea Jonasson lismo del quale, secondo Strehler, guazza- dei pendii del Monte Brè sfogliò i vari capi- protagonista in Come vano anche alcuni esponenti della giustizia toli della sua intensa vita di uomo di cultu- tu mi vuoi di Pirandello, in scena al “Piccolo” e dei pubblici ministeri, smaniosi di godere ra e d’azione. Partecipò con una serie di dal 1987 al 1993. di attimi di visibilità. Per relativizzare que- progetti alla preparazione delle celebra- sto suo incidente di percorso ripeteva che il zioni dei cinquant’anni del “Piccolo”, un teatro è lo specchio del nostro tempo ed è giubileo per il quale pensò di far rivivere quindi anche un luogo deputato al dibattito l’Arlecchino, L’isola degli schiavi e Elvira, o della società civile. Visse quell’episodio la passione teatrale che volle interpretare anche come una significativa lezione di calandosi nei panni di Louis Jouvet, per politica. D’altronde L’albergo dei poveri di ripercorrere le sette lezioni di teatro e di Gorkij, messo in scena nel ‘47, fu un ade- vita impartite a Claudia, interpretata da guato, puntuale ritratto delle miserie del Giulia Lazzarini, storica presenza in via dopoguerra e face politica attraverso il tea- Rovelli. Venne pure presentato, in ante- tro. Strehler, antifascista con Paolo Grassi prima, un frammento del musical svizzero sin dalla fine degli anni Trenta, fu pure par- di Terry d’Alfonso Tropico dei sensi, con lamentare europeo socialista e poi senatore Milena Vukotic e i giovani attori del nelle file comuniste quando lasciò il PSI di “Piccolo”, co-prodotto con la Rete 2 della Craxi. Le scomode posizioni assunte furono RSI. Con Terry d’Alfonso e il marito Mario peraltro ritenute responsabili dell’accen- Perego, domiciliati da anni sulle rive del tuarsi dello strappo con gli “ipocriti-ben- Ceresio, si consolidò ulteriormente la com- pensanti” della giunta leghista e del Polo. A plicità a cavallo fra professione e sincera Ruvigliana lo seguì Mara Bugni, una bella amicizia. «Avevamo presentato a Giorgio – ragazza minuta con grandi occhi celesti racconta Terry – alcuni amici ticinesi: da che frequentava la Facoltà di Filosofia Fulvio e Daniela Caccia, a Chicco e Ornella all’Università di Milano. Aveva una quaran- Colombo e Giancarlo con Danna Olgiati. tina d’anni meno di Strehler. Raccontava Una sera, festeggiando il mio compleanno che lui le aveva insegnato a nuotare nella con la famiglia Formenti, Giorgio ci ha deli- piccola piscina di Ruvigliana. Nella quiete ziati con la sua impareggiabile imitazione del teatro giapponese Nō. Un altro ricordo a me assai caro – continua Terry – è legato al 24 dicembre 1993. Nevicava. Strehler parlava con palese nostalgia dei Natali della sua infanzia. Aveva decorato egli stesso l’albero, rispolverando gli addobbi di quando era bambino. Tutti aspettavano Giulia Lazzarini e Carlo Battistoni. Erano a Ruvigliana ma non trovavano la casa. Indossando un kaftano di seta nero Giorgio si precipitò fuori accompagnato da mio marito Mario. Affrontarono la neve e il ghiaccio per andare incontro agli amici milanesi. Mio marito, super coperto come anche Giulia e Carlo, si preoccupò di Giorgio che aveva preso parecchio freddo avvolto nel semplice kaftano. A tavola abbiamo gustato il tacchino che Andrea Jonasson aveva preparato da sola seguendo una ricetta speciale tramandata nella sua famiglia da 50 anni». Per Terry d’Alfonso non è sbiadita la visione del mondo di domani, del terzo millennio, più volte ribadito da Strehler. Già nel set- tembre del 1995, parlando della gioventù disorientata, le disse: «Lasciamo un pianeta

XXV Giorgio Strehler ...... quasi devastato da noi stessi, con delle con- avrebbe poi trascorse a Ruvigliana. Alla traddizioni enormi, con dei problemi asso- serata del 24 dicembre 1997 parteciparono lutamente non ancora affrontati, con delle soltanto i coniugi Perego-d’Alfonso, Giorgio difficoltà razziali inconcepibili, con delle con la sua ultima compagna Mara Bugni e ingiustizie clamorose. Lasciamo alle gene- la cameriera Luigia. razioni future un compito terribile». Fu «Quella sera Giorgio era inquieto. Voleva una testimonianza molto amara espressa vedere la video-cassetta con la sequenza con lo sguardo fisso, all’infinito, verso il della morte di Faust. Ha pure voluto rive- San Salvatore. Alle serate conviviali parlava dere un brano del musical Tropico dei sensi. volentieri dell’opera Così fan tutte di Mozart, Abbiamo fatto delle foto di gruppo attorno che stava preparando per l’apertura della all’albero che aveva addobbato. Ci ha rac- nuova sede del “Piccolo”. Avrebbe portato contato con gioia gli ottimi risultati rag- in scena un affresco di tutta l’amarezza che giunti nelle prove di Così fan tutte e con i rapporti umani e il male che devasta la entusiasmo ci ha spiegato le moderne solu- vita possono riservarti. Sarebbe stato un zioni scenografiche studiate con Ezio messaggio a quella Milano che lo aveva tra- Frigerio. Con lui aveva lavorato in una cin- dito. In quelle settimane Strehler lavorò quantina di spettacoli. Le inedite soluzioni con la passione di sempre. Era uno dei stavano nella leggerezza dell’ambientazio- pochi registi al mondo capaci di lavorare ne: la scena, misteriosa, si sarebbe basata sulle partiture, ma il destino non gli ha pur- più su effetti di regia che di scenografia troppo permesso di vivere quello che sareb- vera e propria, mentre i movimenti sareb- be dovuto essere un momento storico, forse bero stati creati con veli e metalli. Un’idea anche di riconciliazione con la sua gente e di Strehler che poi si perse». magari capace pure di avviare un processo Verso le due del mattino Terry e suo mari- di unificazione della sinistra: un sogno al to Mario rientrarono a casa. Alle quattro quale non ha mai rinunciato e che ha defi- Mara chiamò Mario Perego, l’amico medi- nito «l’anticamera della morte della cultu- co, gridando: «Aiutami, Giorgio è per terra, ra, il preludio dell’affermazione del confor- non respira bene». Mario disse di allarmare mismo e della banalità». Impegnato nelle la guardia medica, mentre con Terry si pre- prove, fece per molti giorni, con entusia- cipitò a Ruvigliana. All’arrivo Mara, in cima smo e ammirevole agilità, la spola fra alle scale, gridava: «È morto, è morto!». Gli Lugano e Milano. Le feste di Natale le infermieri e il medico di guardia, soprag-

Milena Vukotic e Pia Lanciotti interpretano Tropico dei sensi di Terry d’Alfonso in occasione del giubileo del Piccolo Teatro (giugno 1997).

XXVI L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ......

Giorgio Strehler giunti immediatamente, ne constatarono il (al centro della foto) decesso causato da un arresto cardiaco. I con un gruppo di amici ticinesi festeggia il coniugi Perego-d’Alfonso si assunsero il compleanno di compito di chiamare la moglie Andrea Terry d’Alfonso il 16 novembre 1993; Jonasson e i responsabili del Piccolo Teatro. da sinistra: Danna Nelle ore successive la notizia fece il giro del Olgiati, Mario Perego, Mirella Formenti, mondo. La salma fu poi esposta per tre gior- Terry d’Alfonso, Paola ni nella storica sede del Piccolo Teatro di Tavazzani, Andrea Via Rovello, dove amici e colleghi di lavoro Jonasson. vegliarono il loro maestro ed amico.

«Ricordo che verso le tre del mattino un uomo dall’aspetto molto modesto entrò nella camera ardente. Si tolse il capello. Si avvicinò alla bara e in silenzio si fece il segno della croce. Poi si inginocchiò e baciò la bara. Quindi, lentamente a ritroso, uscì salutando Giorgio con un timido cenno con la mano. Fu l’ultimo addio di uno di quei piccoli personaggi della vita che Strehler aveva tanto amato nelle opere del Goldoni». Per questo anonimo appassionato di teatro e per la cronaca culturale internazionale, in quel Natale del 1997 era uscito di scena un importante artigiano del teatro, un rigoro- so mitteleuropeo convinto dei valori della solidarietà umana, un protagonista della vita culturale che riuscì a far quadrare, con il senso della propria vita, anche il senso della propria morte.

* Giornalista, già Direttore della RTSI

XXVII

L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ...... Un ricordo di Giorgio Strehler

di Claudio Magris *

L’opera da tre soldi di nell’edizione 1958-59 con Giusi Raspani Dandolo e Tino Buazzelli (a sinistra) e in quella del 1972-73 con Gianrico Tedeschi (sopra). Giorgio Strehler ......

La Tempesta di Shakespeare al Lirico di Milano nella stagione 1977-78: la scena iniziale (in questa pagina); Giulia Lazzarini nel ruolo di Ariel e Tino Carraro in quello di Prospero (nella pagina accanto).

Con Strehler ho sempre parlato soltanto in segnato per sempre da quelle sue straordi- dialetto triestino, di qualunque cosa parlas- narie regie: ricordo l’emozione della messa simo; non solo di ricordi di Trieste, della in scena dell’Opera da tre soldi e di tanti altri mia e della più antica sua infanzia, del testi di Brecht, oppure della Tempesta e di comune amore per i porcellini d’India, tanti, tanti altri spettacoli, che ormai oppure anche battute più allegre ed andan- fanno parte della storia mondiale del tea- ti. Ma parlavamo in dialetto anche di tea- tro. L’ho incontrato invece personalmente tro, di messe in scena, di aspetti dell’una o nell’occasione di un testo che avevo scritto, dell’altra regia, di interpretazione degli Stadelmann, che gli avevo mandato. Lui mi attori e così via. Questo ha creato, sin dal- telefonò, naturalmente parlando in triesti- l’inizio, una vicinanza cameratesca, una no, e ci mettemmo a discutere. «Perché el complicità simpaticamente canagliesca. E se copa?» mi domandò. E aggiunse subito: questo, o almeno anche questo, mi ha per- «Te poderia risponderme: rangeve, mi messo di avere con lui un rapporto sciolto, conto una storia e voi dové capir coss’che libero, assolutamente paritetico, scevro di la vol dir». Aveva anche avuto l’intenzione quel rispetto quasi sacrale, talora anche di mettere in scena, al Teatro Studio, prepotente, irresistibilmente simpatico ma Stadelmann; poi, purtroppo per me, fu tutto talora anche terribilmente e intollerabil- preso dal suo gigantesco e assorbente pro- mente prevaricatore – almeno a sentire o a getto del Faust e lasciò perdere questa leggere tante testimonianze – di cui amava come quasi ogni altra cosa. avvolgersi. Con me non è mai successo; non Ho assistito a molte prove dell’allestimento perché io e lui non sapessimo, non cono- del Faust, dicendogli sempre schiettamente scessimo la differenza di statura artistica la mia opinione. Una volta, dopo una scena, che c’era fra la sua maestria di regista e me, si voltò verso di me e mi disse: «Te piasi?». ma perché, senza dircelo, sapevamo tutti e «No», gli risposi. «Ah». E ripeté la scena, due (anche se lui spesso, come molti altri, finché, alla fine, si rivolse a me con un inchi- se ne dimenticava) che ogni rapporto è no: «E adesso?». Quelle prove erano anche sempre pari, perché si gioca in quel sconcertanti, per una ragione precisa. momento, nell’istante dell’incontro, del dia- Quando correggeva gli attori, nell’una o logo, magari dello scontro, e in quel nell’altra battuta o mossa che riteneva sba- momento non si può mai sapere su chi sof- gliata, si calava nella parte e nel personag- fia lo spirito, indipendentemente da ciò che gio con un’incredibile genialità; era perfetto, l’uno o l’altro può avere realizzato prima di un grande, anche grandissimo attore che quel momento. coglieva e insegnava agli altri, ai suoi attori, Ho conosciuto Strehler personalmente la profondità, la peculiarità, l’irripetibile parecchio tempo dopo averlo incontrato individualità di quel personaggio e di quel idealmente sulle scene, dopo esser stato momento, di quel gesto. Quando invece

XXX L’arte di fare teatro fra intuizione e ragione ...... recitava lui stesso, interpretando, come ha fatto in quell’occasione, il ruolo del protago- nista nel Faust, ossia il ruolo di Faust, era un vero disastro. Retorico, enfatico; non si poteva nemmeno dire che recitasse male. Era come se non recitasse. Credo che que- sta identificazione, questa immedesimazio- ne (proprio lui, che aveva messo in scena con tanta genialità le opere di Brecht e che aveva realizzato con tanta grandezza quella poetica dello straniamento imparata da Brecht, antitetica a ogni immedesimazione) ricadeva in una immedesimazione gigione- sca. Credo che in quel momento fosse sopraffatto da un egocentrismo personale; si sentiva Faust, il grande Faust, il rappre- sentante dell’umanità che si confronta col diavolo e con l’intreccio di bene e di male, di progresso e di barbarie. Perdeva i limiti ed era quasi doloroso vedere come Graziosi, accanto a lui nel ruolo di Mefistofele, lo stracciasse. Ricordo questo dettaglio, perché, soprat- tutto con i grandi, bisogna essere assoluta- mente franchi e non certo adulatori e nem- meno ciechi in buona fede rispetto ai loro limiti, come erano molte persone intorno a lui. La sua grandezza di regista, di artista, non ne viene minimamente scalfita ed egli resta un eccezionale protagonista del teatro del Novecento. Sono felice di aver passato con lui delle belle ore, schiette e fraterne, ore triestine, se così posso dire.

La ricerca delle citazioni per le immagini tematiche che accom- * Germanista e scrittore pagnano la Relazione d’esercizio è stata curata da Pier Carlo Della Ferrera.

Si ringraziano Terry d’Alfonso e l’Archivio del Piccolo Teatro di Milano per la documentazione iconografica fornita.

I testi non impegnano la Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) e rispecchiano il pensiero dell’autore.

Fonti e referenze fotografiche Archivio del Piccolo Teatro di Milano, p. I, II, III, IV, V, VIII, IX, X, XII, XIII, XIV, XVII, XIX, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVIII, XXIX, XXX, XXXI Luigi Ciminaghi, p. I, II, III, IV, V, XIII, XIV, XVII, XXII (a sini- stra), XXIII, XXIV, XXV, XXVI, XXIX, XXX, XXXI Terry d’Alfonso, p. XVI, XX, XXVII Claudio Emmer, p. X Ledino Pozzetti, p. XXVIII Le riproduzioni dei bozzetti e le immagini fotografiche delle rappresentazioni teatrali che illustrano le citazioni inserite nella parte economica e in quarta di copertina sono di pro- prietà dell’Archivio del Piccolo Teatro di Milano. La Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) rimane a disposizione dei detentori dei diritti delle immagini i cui proprietari non sono stati individuati o reperiti, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla normativa vigente.

XXXI PROGETTO GRAFICO Lucasdesign, Giubiasco

RICERCHE E COORDINAMENTO Myriam Facchinetti

Per la citazione di copertina: Giorgio STREHLER, Lettera alla Compagnia de La Tempesta (3 novembre 1983).

Immagine: , Stanza in casa di Otto Marvuglia, bozzetto per La grande magia (1984-85).