Dario Temperino Reggimento Cavalleggeri Di Lodi
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Presentazione dell’opera Le vicende dei Cavalleggeri di Lodi si intrecciano con un secolo e mezzo di storia d’Italia e Dario Temperino, che nel reggimento ha vissuto quasi tutta la sua vita militare, ne da un resoconto fedele e appassionato. Il suo libro sulla storia di “Lodi”, oltre che un atto di amore, è un’opera storica di grande interesse nata da meticolose ricerche, contatti personali pazientemente annodati, scritti dimenticati e riportati alla luce. Tra i reggimenti di Cavalleria “Lodi” può vantarsi – forse più di altri - di avere sempre coniugato il rispetto della tradizione con la capacità di affrontare nuove esperienze in tutte le campagne che ne hanno segnato la storia. La sua stessa costituzione è stata voluta come riconoscimento tangibile per il valore dimostrato dalla Cavalleria nella seconda guerra di indipendenza e quindi in omaggio alla memoria e alle più belle tradizioni dell’Arma. Già nei suoi primi anni di vita “Lodi” si trova ad affrontare un impegno operativo inusitato: la repressione del brigantaggio. L’impiego di reparti militari in operazioni di ordine pubblico è sempre delicato e la campagna contro il brigantaggio è stata particolarmente controversa; ma “Lodi” ha saputo distinguersi per l’efficacia e la capacità di discernimento dei suoi interventi, sempre rispettosi delle popolazioni locali. Una sorta di anticipazione, in un contesto diverso, di quella oggi definita come “via italiana” al peacekeeping che coniuga la fermezza con il rispetto. La guerra di Libia, dal 1911 al 1913, è un evento centrale della storia di “Lodi” per le decorazioni allo Stendardo e per quelle individuali; il reggimento, che forse non aveva avuto l’occasione di mettersi in piena luce nella terza guerra di indipendenza, trova oltremare una gloria pienamente meritata, celebrata anche da D’Annunzio nelle sue Laudi. Il destino di servire la Patria, soprattutto fuori dai suoi confini e in realtà operative quanto mai diverse, si ripete nella prima guerra mondiale quando, oltre ai reparti impiegati sul fronte italiano, gruppi squadroni di “Lodi” sono inviati in Francia, Albania, Macedonia e Bulgaria. Ci si sarebbe potuti aspettare che un simile patrimonio di sacrifici e di esperienze dovesse essere salvato, invece “Lodi” è sciolto dopo la guerra. Ci si ricorderà di “Lodi” e della sua vocazione per le imprese in teatri operativi lontani dalla madrepatria nel 1942, in pieno secondo conflitto mondiale, quando il reggimento viene ricostituito con una fisionomia organica innovativa. L’intento è quello di mettere in campo una unità moderna idonea alla guerra meccanizzata, ma i mezzi sono inadeguati e alle loro limitazioni dovrà supplire il valore degli uomini. Li comanda il colonnello Lequio, personaggio che incarna il connubio fra tradizione e innovazione; uomo di cavalli, campione di equitazione, è il grande comandante del reggimento esplorante corazzato “R.E.Co. Lodi” nel deserto tunisino; alla fine l’unità al suo comando viene identificata con il suo stesso nome. La vocazione di “Lodi” continua anche nel secondo dopoguerra e il reggimento invia propri reparti in Libano in quella che è stata la prima esperienza di peacekeeping del nuovo esercito italiano. “Lodi s’immola” è il motto e sembra quasi un destino; negli anni novanta inizia la nuova fase delle operazioni all’estero ma “Lodi” viene sciolto per la seconda volta proprio quando avrebbe potuto dare ancora il suo contributo. Dario Temperino ha vissuto di persona questo secondo scioglimento, ma la sua pur profonda amarezza non ha scalfito l’amore per il reggimento; il lavoro già avviato viene portato a termine con l’unico cruccio di non potere aggiungere altre belle pagine. ______ Dario Temperino __________________________________________ Leggendo le vicende descritte in quest’opera, in cui l’autore rischiara l’indubbio valore storico con la luce del suo amore autentico e profondo per il reggimento, diventa ancora più comprensibile il rammarico per una storia interrotta ma si alimenta la speranza che un giorno lo Stendardo di “Lodi” possa tornare a garrire al vento. Gen. C.A. Franco Apicella b Dedica Ai Caduti col sacro nome di Lodi sulle labbra, che col sangue testimoniarono la fedeltà ad un giuramento antico e sempre onorato. Ai Cavalleggeri d’ogni epoca che - in pace ed in guerra - dalla coscienza dell’oscuro dovere consapevolmente adempiuto, trassero motivazione per vivere e per morire. Alle loro donne, compagne senza un lamento di mille sacrifici, che vissero di riflesso l’orgoglio dei loro uomini, spose fedeli e madri affettuose, sempre vicine senza mai tradire l’ansia d’una campagna militare o il disagio di un’infelice guarnigione. A quei Lombardi lontani, infine, che nell’invocare il privilegio di nomare un Reggimento di Cavalleria, intesero così meglio servire la Patria ed ai loro discendenti che, fedeli ai padri, continuarono a guardare a Lui con orgoglioso amore. Prefazione A distanza di otto anni dalla 1^ edizione della presente Storia, ricorrendo il 150° della fondazione del Reggimento, ho ripreso quanto avevo già pubblicato per rileggerlo, prestando una maggiore attenzione alla lingua ed ai dettagli che, la tirannia dei tempi ristretti, m’aveva fatto precedentemente, talvolta, trascurare. Ho, altresì, colto l’occasione per raffittire talune notizie e correggere quelle che, da una verifica successiva, risultavano non compiutamente riportate. Nasce così il presente volume che, pur ricalcando quello precedentemente pubblicato, risulta più completo e scorrevole. Come nella prima edizione, il lavoro è diviso in quattro parti: - la prima, la più lontana da noi nel tempo, va dal Risorgimento nazionale alla fine della Grande Guerra ed al primo scioglimento del Reggimento; - la seconda, copre il periodo eroico quanto sfortunato della 2^ Guerra Mondiale, dalla ricostituzione nel febbraio del ’42 all’olocausto nel maggio del ’43; - la terza, tratta della rinascita nel dopoguerra, della paventata sede di Lenta e della crescita favorita da quell’isolamento, del Libano ed infine degli ultimi anni al servizio delle Istituzioni repubblicane, fino al doloroso ultimo scioglimento del 1995; - la quarta, vero e proprio testamento morale, vuole far conoscere il Reggimento nel suo spirito e nella sua anima segreta, guidando il lettore attraverso le sue tradizioni, le sue credenze, il suo stile di vita. I capitoli della parte prima hanno sempre una sintetica introduzione storica che aiuta ad inquadrare gli avvenimenti nel contesto in cui si verificano, rendendoli così di più facile accesso anche ai “non addetti ai lavori”. Tutta l’opera si avvale di scritti redatti in ogni tempo, sempre puntualmente citati, di diari privati quali quello di Vittorio Mangano, o destinati alla diffusione come quello di Tullio Confalonieri, nonché di lettere, di testimonianze ed a volte anche di ... “tradizione orale” - sempre tuttavia scrupolosamente verificata - dei protagonisti degli avvenimenti più a noi vicini. Le storie si sviluppano di volta in volta con ritmi diversi, a seconda della ricchezza delle fonti o dell’assoluta mancanza di essa, ove in tal caso s’è preferito sorvolare piuttosto che inventare. Nella presente edizione, per questioni di economia ho ridotto il numero delle immagini, adesso più solo in bianco e nero, con ciò facendo torto alla ricca documentazione fotografica reperita negli anni, alla memoria di quanti si sarebbe voluto tramandare anche le fattezze, a tutta una tradizione pubblicistica in cui “Lodi” s’è distinto fra i reggimenti fratelli. L’opera è desinata agli studiosi di storia, nonché agli appassionati, ai cultori delle “nostre cose”, a quanti con animo semplice vogliono conoscere la storia patria, ed a quanti - infine - dall’esempio dei forti traggono quotidiana motivazione ad una vita civile che valga la pena d’essere vissuta. Né è stato estraneo, nel corso di tutto il travagliato tempo della stesura e della presente rilettura, la speranza che questo libro possa essere di aiuto a chi, un domani, dovesse capitare la ventura di ricostituire il Reggimento “Cavalleggeri di Lodi”, facendone quel legame, preziosissimo nella nostra Arma, che dal passato ha sempre tratto motivazioni a meglio operare per il futuro. Dario Temperino PARTE PRIMA 1859 - 1920 CAPITOLO I Le Origini L’assetto politico italiano venuto fuori dal Congresso di Vienna vedeva l’Austria padrona del Trentino, della Lombardia e del Veneto compresa Venezia, nonché otto Stati nazionali sui quali, tuttavia, gli Asburgo esercitavano il più stretto controllo militare e dinastico. Di contro la recente esperienza napoleonica che aveva abbozzato nella Penisola il primo tentativo di unificazione, nonché l’affermarsi di nuove forme di economia il cui sviluppo sottintendeva l’abbattimento delle dogane e dei dazi interni, l’adozione di un’unica moneta e di una sola unità di misura, avevano convinto le classi economiche della indilazionabilità di provvedimenti che andassero in quella direzione. A supporto delle nuove idee venne anche la cultura che diffondendo un’unica lingua letteraria (Foscolo, Manzoni, ...), attraverso la rivisitazione dei grandi esempi storici (Barletta, Pontida, ...), giungeva a teorizzare l’unificazione nazionale mediante la purificatrice e riscattatoria lotta allo straniero. Questo disegno - dato per impensabile anche dai più fervidi sognatori - attraverso i tentativi più o meno utopistici messi in atto fino alla prima metà del secolo, divenne realtà allorché all’interesse di uno Stato, il Piemonte, o per meglio dire il Regno di Sardegna, capace per istituzioni interne e forza militare di annettere