21/05/2018 Pagina 2

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Di Maio e Salvini si prendono l' Italia Economia e Difesa gli scogli finali

TOMMASO CIRIACO CARMELO LOPAPA Il retroscena Il governo grilloleghista Dopo l' intesa ci sono altre 350 nomine in attesa comprese Cdp, Rai, Eni, Poste e Enel Berlusconi voterà contro l' ex alleato ROMA La sveglia all' alba è ad Ancona. A metà mattina, però, l' abito di sartoria di percorre già le viuzze strette di Roma centro. Il trentenne di Pomigliano scende dal pulmino, congeda gli accompagnatori, si concede un frutto e si infila nel bunker ultrasegreto dei populisti. È una casa privata, il rifugio scelto con per siglare il patto di potere più misterioso della Terza Repubblica. Perché è vero, sul premier il duello si è portato via quasi un mese. Ma su un dettaglio i due non litigheranno mai: si sentono in tasca l' Italia e non vogliono perdere neanche un altro secondo prima di spartirsela. La giornata di Salvini fila via senza occhiaie. La sera prima il leader del Carroccio aveva staccato la spina, dopo aver minacciato. «Se Luigi insiste sul suo nome, salta tutto». Faccia a faccia, Di Maio cede. O almeno, propone due nomi che somigliano a uno soltanto, perché oltre al giurista l' alternativa è il questore della Camera Riccardo Fraccaro. Uno che nel 2013 era soprannominato dai colleghi "la sentinella", perché investito del compito di riferire a Casaleggio senior il comportamento delle truppe parlamentari. Il suo nome, insomma, serve soprattutto a rassicurare Salvini, perché impedirebbe al Colle di rilanciare su una premiership politica a cui ambisce dal 5 marzo Di Maio. Dopo il vertice a due è tutta una discesa, comunque. In camicia a righe, Salvini si gusta un pranzo sotto il tendone del ristorante Cave di Sant' Ignazio. E dopo il caffè corre fino a un gazebo a Fiumicino e annuncia il patto, che fa venire l' orticaria all' ormai ex alleato Silvio Berlusconi, pronto a votare contro e a bombardare la nuova alleanza con le sue tv. Di Maio, invece, da un palco di Teramo stila già una lista di ministri. Quella che i due protagonisti del "murales del bacio" volevano sigillare prima di

Riproduzione autorizzata Licenza Promopress ad uso esclusivo del destinatario Vietato qualsiasi altro uso salire al Quirinale. E che per un giorno intero diventa il vero rovello con il Colle. Mattarella, non è un mistero, vuole dire la sua su alcune caselle chiave, a partire da Economia e Difesa. Perché il tecnico di area leghista immaginato per via XX settembre, , potrebbe non incontrare i favori del Presidente. Stesso problema per il politico che invece i grillini vorrebbero piazzare alla Difesa, sempre il questore di Montecitorio Fraccaro. In questo caso i cinquestelle hanno già pronta una carta di riserva che potrebbe convincere il Quirinale: Pasquale Salzano, attuale ambasciatore in Qatar ed ex Eni, in rapporti con Di Maio. I due leader ne riparleranno stamattina, prima di essere ricevuti di Mattarella. Ma su tutto prevale la voglia matta di prendersi l' Italia. È una tavola imbandita, come dopo ogni tornata elettorale, e i due commensali sono pronti al banchetto. Si faranno aiutare dal grillino Stefano Buffagni, avvistato di recente su un divanetto di Montecitorio con il presidente di Acea Luca Lanzalone, ufficiale di collegamento tra i cinquestelle e le aziende di Stato. Qualcuno ha contato le poltrone in ballo: trecentocinquanta tra consigli d' amministrazione e collegi sindacali di quasi cento società controllate. Un terreno vergine per il Movimento e la Lega. L' elenco è lungo e parte ovviamente dalle commissioni parlamentari, passa dai ministeri chiave e raggiunge le grandi aziende di Stato. In cima c' è Cassa depositi e prestiti. E ancora la Rai, oltre a un possibile "ribaltone" in Ferrovie, da poco rinnovate. Guardando avanti, fino al 2020, il menù diventa stellare: Fincantieri, Snam, Terna, Leonardo, Poste, Eni, Enel. Senza dimenticare il rinnovo dei vertici dei servizi nel 2019 e, infine, il bersaglio dei bersagli: il Quirinale. Mattarella scade nel febbraio del 2022. Se i gialloverdi reggeranno fino ad allora, faranno bingo anche sul Colle più alto. Per riuscirci, dovranno ripetere l' esercizio di contorsionismo già sfoggiato in questi settantotto giorni di crisi per far digerire un governo guidato da un "non eletto". Il prezzo pagato dai due leader, in effetti, è alto. Salvini rinuncia al voto anticipato e a una possibile vittoria del centrodestra. Di Maio perde la partita della vita e cede la poltrona più ambita a un premier privo di un dna cinquestelle. Senza dimenticare che entrambi incoronano un tecnico, categoria bandita fino a ieri dalla Casaleggio associati e a via Bellerio. «Il nostro vero leader è il programma», si arrampica non a caso Di Maio. Proveranno a consolarsi con il bottino di governo. E cercheranno di allungare la navigazione blindando i numeri ballerini del Senato. Il vantaggio è scarso, solo sei seggi. Ma Salvini non smette di fare la corte a Giorgia Meloni e ai suoi 18 senatori. «Mi piacerebbe se Fratelli d' Italia fosse al governo». Accettasse, farebbe bene a fare in fretta: il pranzo è già iniziato. © RIPRODUZIONE RISERVATA MASSIMO PERCOSSI/ ANSA FABIO URBINI/ LAPRESSE A sinistra Matteo Salvini, a destra Luigi Di Maio. Il primo ha raggiunto uno dei gazebo leghisti a Fiumicino. Il secondo era a Teramo per un comizio di piazza. Entrambi hanno annunciato l' accordo di governo.

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