Le Geografie Di Primo Levi

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Le Geografie Di Primo Levi UNIVERSITE DE GENEVE FACULTE DES LETTRES DEPARTEMENT DE LANGUES ET LITTERATURES ROMANES GIANNI HOCHKOFLER LE GEOGRAFIE DI PRIMO LEVI UNITÀ DI ITALIANO Prof. GIOVANNI BARDAZZI JUILLET 2001 1 L’opera e la vita di Primo Levi rappresentano[…]un modo particolare d’essere ebreo, o meglio, una proposta: quella di assumersi e preservarsi come tali non nella chiusura e nel riparo, ma nella capacità di attraversare il mondo come spazio aperto, dove le barriere non sono difese da custodire, ma limiti da superare.1 Le geografie di Primo Levi Introduzione. La geografia e la letteratura La presenza di geografia nella letteratura non è certo un fenomeno recente, né di poco conto. Basta accennare a tutte le notazioni di tipo geografico nelle opere letterarie, anche poetiche, di cui la Divina Commedia rappresenta un esempio straordinario, ma che esistono già nell’Odissea, oppure al filone vastissimo della letteratura di viaggio, senza dire dell’importanza delle descrizioni paesaggistiche nel romanzo. Questo lavoro s’inserisce in quel campo di ricerca che appartiene ad un settore della geografia definita umanistica che si propone di studiare l’opera letteraria, il romanzo soprattutto, come strumento di conoscenze geografiche, ma allo stesso tempo si sforza di approfondire alcune tematiche presenti nell’opera letteraria utilizzando un punto di vista di tipo geografico, con la speranza che questo modo di procedere apporti qualche nuovo elemento di conoscenza. C’è quindi un’ambiguità di partenza, sia pure voluta, che presenta il rischio dell’eccessivo allontanamento dalla specificità letteraria. La geografia umanistica e la letteratura L’interesse dei geografi per la letteratura pur rappresentando una novità interessante non è certo generalizzato. È proprio solo di una piccola minoranza; la gran maggioranza dei geografi non esce dalle categorie consolidate della geografia intesa come “scienza”. Denota però, all’interno della geografia umana, l’insofferenza a voler ridurre e catalogare i fenomeni in modo “scientifico” anche quando si costata che lo spazio vissuto e descritto per mezzo delle percezioni sensoriali, rappresenta un elemento importante per la conoscenza. Luogo di convergenza tra geografia e letteratura mi sembra quello della descrizione di paesaggio, sia naturale sia antropico. D’altronde oggi i paesaggi rimasti allo stato completamente naturale sono in via d’estinzione e si sono ridotti ad aree molto marginali della terra. In Europa sono quasi inesistenti. Ma in un’opera letteraria si possono trovare molte altre notazioni a carattere geografico. È il caso questo proprio degli scritti di Primo Levi che presentano una grandissima quantità d’informazioni che hanno molto a che vedere con la geografia e inoltre forniscono spunti straordinari, quasi un invito ad ampliarli e svilupparli. I primi veri lavori che rientrano ufficialmente nel campo dei rapporti tra geografia e letteratura, sono abbastanza recenti; dapprima negli Stati Uniti negli anni ‘70, poi successivamente nel mondo francofono negli anni ‘80. Un esempio di questo fenomeno sono il corso e seminario di geografia umanistica, basati essenzialmente su geografia e letteratura, che sono tenuti da qualche anno da Bertrand Lévy del Dipartimento di Geografia 1 S. Levi Della Torre, Mosaico, attualità e inattualità degli ebrei, Torino, Rosenberg & Sellier, 1994, pp.77- 78 2 dell’Università di Ginevra, che ha scritto, tra l’altro, un’opera molto interessante su Hermann Hesse2 La situazione italiana, per quanto riguarda questa tendenza, è più ricca di quello che potrebbe apparire a prima vista. Non si tratta solo di una “moda” del momento, proveniente dagli Stati Uniti d’America, come avviene anche in campo accademico, a volte con un certo provincialismo esterofilo, ma di un fenomeno che ha radici profonde e antiche nella tradizione umanistica degli studi geografici nel nostro paese e che possiede notevoli ricchezza e originalità. Questo si può spiegare proprio partendo dall’importanza storica della cultura umanistica nel nostro paese anche nella formazione dei geografi. Numerosi geografi italiani hanno una solida preparazione umanistica poiché provengono dalla facoltà di Magistero, da poco scomparsa, che permetteva di effettuare delle tesi di laurea in geografia, o da lettere moderne, che tuttora presenta tale possibilità. Gli studiosi italiani più noti sono Maria de Fanis dell’Università di Padova, Fabio Lando dell’Università di Venezia e Francesco Vallerani dapprima a Feltre e ora a Milano. Fabio Lando è curatore di un libro3 che si può considerare, a mia conoscenza, il testo di riferimento. Ne ha scritto l’introduzione e gli articoli di raccordo tra le varie parti, costituite da numerosi e interessanti contributi, sia italiani sia stranieri. L’introduzione è di tipo storico. Vi si afferma che tutto ha inizio da poco più di vent'anni, quando negli Stati Uniti, Lowenthal, Pocock e Tuan, hanno dato inizio alla geografia umanistica, che ha avuto un certo seguito in ambito francofono: L’elemento dominante di un simile indirizzo, meglio definibile quale prospettiva umanistica della geografia, è la centralità assegnata all’azione umana e alla soggettività culturale. Grazie a questa prospettiva ci si propone di studiare e di rappresentare il luogo, vale a dire quell’oggetto geografico prodotto dalla “strutturazione soggettiva dello spazio”, che definisce il territorio del quotidiano, o meglio ancora uno spazio vissuto […] interpretabile con l’analisi di quelle geografie personali, modellate dalla cultura, e multiple, dall’emotività alla fantasia, che sottintendono, chiariscono e modellano la territorialità umana. Una corrente della geografia umanistica intenderà proprio indagare i complessi legami esistenti tra la geografia e la letteratura per meglio capire le Terrae incognitae esistenti nella mente dell’uomo. 4 La letteratura è vista come: […]“area d’investigazione d’ottima qualità” (Fremont 1976, p.81) […]“utile fonte d’informazione” (Pocock, 1984. P. 40) [e] “ottimo indice diagnostico” (Tuan, 1976b, p. 260), il che permette di meglio cogliere le reazioni emotive dell’uomo di fronte all’ambiente, di capirne i nessi, e di rappresentarne l’importanza. Chi non ricorda “Quel ramo del lago di Como…” in cui Manzoni non si limita solo a precisare gli elementi dello spazio fisico, ma connota quella semplice descrizione di temi e motivi che percorreranno tutto il romanzo, rendendola oltre modo significativa? Ma più che nell’ouverture del romanzo, è nell’“Addio, monti sorgenti dall’acque, ed elevati al cielo…” che la funzione descrittiva del paesaggio, peraltro ridotto al minimo, è caricata di potenti implicazioni simboliche, messe in moto da attività psicologiche, come la memoria, la sofferenza e la nostalgia. Queste ultime strutturano in tal modo quello spazio di valori e sentimenti che, andando ben oltre il solo aspetto fisico-naturale, riescono a suggellare in pieno il suo sense of place, la sua sacralità 5 È importante rilevare le “potenti implicazioni simboliche” legate a doppio legame con “la memoria, la sofferenza e la nostalgia”, perché saranno al centro di una serie d’osservazioni sui significati della montagna e sull’importanza degli odori nell’opera di Primo Levi. Secondo Lando ci sono diverse tendenze tra chi si occupa di geografia e letteratura. La presenza della geografia nelle opere letterarie ha suggerito ad alcuni geografi l’uso di testi letterari per conoscere aspetti delle cognizioni geografiche del passato, all’interno della storia della geografia, e l’uso di descrizioni letterarie di particolari territori ai fini della 2 Bertrand Lévy, Hermann Hesse: une géographie existentielle J. Corti, Paris 1992. 3 Fabio Lando, Fatto e finzione. Geografia e letteratura. Etas libri, Milano 1993. 4 ibid. p 2 5 ibid. p. 2 3 geografia regionale. Più importante è la tendenza a ricercare la geografia entro la letteratura. Interventi classici di questo tipo sono quelli di Mori (1922) sul pensiero geografico di Dante, presentato come intervento centrale dell’VIII Congresso Geografico Italiano, di Caramella (1923) sulla geografia dell’Orlando Innamorato del Boiardo e di Revelli (1923) che analizza la geografia dell’Italia secondo Dante. La letteratura ci aiuta a capire il senso del luogo, in altre parole la base territoriale della soggettività umana, amalgama d’oggettività spaziale e soggettività percettiva. In modo tale da: […]rendere chiari, distinti e vivi valori, immagini e sensazioni che i comuni mortali, attraverso sentimenti e percezioni, avvertono confusamente.6 La capacità di evocare un luogo, di esaltarne gli aspetti incantevoli e pittoreschi, di renderlo affascinante e quindi desiderabile, è molto presente nella letteratura romantica, com’è il caso della Scozia dei romanzi di Walter Scott. Secondo Paterson (1965)7 il romanziere con la sua mitizzazione del paesaggio scozzese può essere considerato il padre del turismo scozzese. Inoltre nelle opere letterarie si possono trovare vincoli e radici culturali che legano una determinata società al proprio territorio. Il paesaggio toscano presenta un forte carattere identitario collettivo, per tutti gli Italiani, di cultura media, qualsiasi sia l’origine regionale, per la forza evocativa della grande letteratura, da Dante a Carducci, studiata a scuola. A Feltre Francesco Vallerani è stato l’animatore del Seminario di Geografia e Letteratura, ospitato nella rivista, Laboratorio di Geografia e Letteratura di cui sono usciti tre numeri fino al 1998. Direttore è Fabio Lando e redattori Maria de Fanis e Francesco Vallerani. Questa pubblicazione
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