Logiche Giuridiche Dell'esclusione
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Logiche giuridiche dell’esclusione Sui diritti al femminile tra Otto e Novecento Massimo Tita Logiche giuridiche dell’esclusione Sui diritti al femminile tra Otto e Novecento G. Giappichelli Editore © Copyright 2018 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100 http://www.giappichelli.it ISBN/EAN 978-88-921-7719-2 (formato ebook) ISBN/EAN 978-88-921-1585-9 (formato cartaceo) Stampa: Stampatre s.a.s. - Torino Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633. 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Divorzisti e antidivorzisti italiani: ideologia e diritto ... 29 6. ... La soluzione giuridica di Teresa Labriola ... 31 7. ... Divorzio e maggioranza: “massoneria legislativa, tirannide giacobina” e “desiata riforma” 35 8. Il diritto al lavoro e al denaro 44 Sezione B – COME LA GIURISPRUDENZA DIFESE IL PRIVILEGIO MASCHILE E APRÌ ALLA PARITÀ 1. L’autorizzazione maritale e altri impedimenti 50 2. «Incapaci di fronte alla politica e minori di fronte al codice» 60 3. Sentenze conservatrici e una decisione rivoluzionaria sul voto 63 VIII Logiche giuridiche dell’esclusione: sui diritti al femminile tra Otto e Novecento pag. CAPITOLO II IL CONFRONTO CON FRANCIA, INGHILTERRA E STATI UNITI 1. Oltre l’Italia «il mondo cammina» 71 2. L’Inghilterra di Wollstonecraft, Mill, Bentham 75 3. La Francia di de Gouges, Michelet e Tristan 83 4. Gli Stati Uniti secondo Tocqueville 89 CAPITOLO III ORIENTAMENTI IDEOLOGICI, SISTEMATICHE GIURIDICHE 1. Contro il liberalismo e per lo status quo 97 2. Le retoriche dell’esclusione: il tatticismo di Filippo Turati ... 105 3. ... rivelato da Anna Kuliscioff ... 108 4. ... il conservatorismo di Ojetti e le aperture di Vivante 112 5. Giuristi, scrittori, commediografi: la stampa e i diritti delle donne 116 6. L’eguaglianza del “giudicar da sé” e una produttiva superiorità 123 7. Un ritardo storico 127 Indice dei nomi 139 Indice analitico 147 ABBREVIAZIONI Arch. Giur. (Archivio giuridico) BSR (Biblioteca del Senato Roma) Cam. dei Dep. (Camera dei Deputati) dem. e dir. (democrazia e diritto) DI (Digesto italiano) Enc. del dir. (Enciclopedia del diritto) Foro it. (Foro italiano) Giur. it. (Giurisprudenza italiana) Giust. Amm. (Giustizia Amministrativa) NBG (Nouvelle Biographie Générale) Pol. d. dir. (Politica del diritto) Riv. giur. d. lav (Rivista giuridica del lavoro) Riv. trim. del dir. e d. proc. civ. (Rivista trimestrale di diritto e procedura civile) X Logiche giuridiche dell’esclusione: sui diritti al femminile tra Otto e Novecento INTRODUZIONE MINORANZE CHE RINUNCIANO A DIVENTARE MAGGIORANZA: LA “LEALE OPPOSIZIONE” DI SUA MAESTÀ Vi sono molti esempi di corretto equilibrio tra maggioranza e minoranza, almeno sul piano formale, ma un’immagine resta scolpita nella memoria ed è quella che dalla metà del tredicesimo secolo la Camera dei Comuni di West- minster offre all’osservatore e a chi vi siede. A Londra i banchi di quella strut- tura (e della Camera dei Lords), messi non ad emiciclo, come accade in molte altre case del Parlamento o delle Assemblee legislative, ma in un sistema ret- tangolare e gli uni di fronte agli altri, danno l’illusione di una perfetta parità di occasioni tra chi ha prevalso nella competizione elettorale e chi non si è impo- sto. Un’illusione che tuttavia si specchia in due momenti fondamentali della storia inglese, distanti tra loro e capaci di esaltare la continuità dell’establish- ment al suo livello più alto. Nel 1215 e poi nel 1688, le fazioni prevalenti o vit- toriose mantennero lo stesso comportamento verso il sovrano sconfitto o in difficoltà: e così all’inizio del XIII secolo i baroni e i maggiori esponenti del clero costrinsero ad un accordo un re debole (imponendogli, mentre lo rimet- tevano sul trono, la Magna Charta libertatum e, trascorso un anno, il Consi- lium Regni 1); oltre quattro secoli e mezzo dopo, i gloriosi rivoluzionari scelse- ro per loro il ruolo di oppositori in Parlamento, dopo aver battuto gli avversa- ri sul campo 2. King in Parlamient da un lato e, dall’altro, Kings of Parlamient, 1 Sul tema rinvio anzitutto a Richard Henry Helmholz, La Magna Charta del 1215. Alle ori- gini del costituzionalismo inglese ed europeo, Aracne, Roma 2012, trad. di Dolores Freda, pp. 29-30. Cfr. Giosuè Musca, La Magna Charta libertatum e le origini del parlamentarismo inglese, Dedalo, Bari 1972; Id., La nascita del Parlamento nell’Inghilterra medievale, Edizioni Dedalo, Bari 1994, pp. 163-7; James Clarke Holt, Magna Charta, Cambridge University Press, Cambrid- ge 1992, pp. 56-7, 78-80, 157-63, 200-1; Eduard P. Thompson (a cura e con introduzione di Edoardo Grendi), Società patrizia cultura plebea. Otto saggi di antropologia storica sull’Inghil- terra del Settecento, Einaudi, Torino 1981. 2 Emile Boutmy, Ètude de droit costitutionnel: France, Angleterre, Ètats Unis, E. Plon-Nurrit, Paris 1885, p. 39-58 e 59-81. L’A., nel riassumere i momenti fondamentali della storia costitu- 2 Logiche giuridiche dell’esclusione: sui diritti al femminile tra Otto e Novecento si potrebbe osare di dire, anche per segnalare la mobilità tutta interna del cambiamento, la stabilità sostanziale della struttura di governo. Quei due epi- sodi, radicati in epoche diverse, nel pieno del medioevo britannico e della piena modernità di un paese ormai al centro del commercio delle idee e dei beni, attribuiscono al momento istituzionale e alla materialità della Costitu- zione, un fattuale, concreto vigore e una chiarezza di senso 3. E indicano come possa darsi dignità assoluta alla minoranza e obblighi netti al suo opposto lo- gico e dialettico, offrendo forse un riscontro o un ausilio alla notazione pros- semica su quell’aula parlamentare. Che rappresenta in maniera sobria un’idea zionale inglese, definisce il re (e, si deve ritenere, la sua corte), un ramo del parlamento: «Les pactes sont au nombre de trois: la grande Charte (1215), le bill des Droits (1688) et l’acte d’Établissement (1701). Ces trois textes sont les titres de la liberté politique chez nous voisins d’outre-Manche. Ils sont véritablement la base du droit constitutionnel écrit des Anglais. Les pactes sont, comme les status, l’oeuvre commune des trois branches du parlement, c’est-a-dire du Roi et des deux Chambres» (p. 39, i corsivi sono nel testo). Cfr. George Macaulay Tre- velyan, La rivoluzione inglese del 1688-89, Einaudi, Torino 1940; Giorgio Vola (a cura di), Il potere e la gloria: la gloriosa rivoluzione, Nistri-Lischi, Pisa 1993: ivi lo stimolante saggio del cu- ratore (1968-1998 e dintorni, pp. 5-15), attento a ricostruire la genesi dell’attributo “glorioso” (pp. 7-8) e il contributo del Thomas Babington Macaulay di History of England; in particolare Vola sottolinea come, fino dal 1660, Gilbert Bournet e, nella sua Dichiarazione di Breda, Carlo II ponessero “Rivoluzione” e “Restaurazione” in rapporto di sinonimia; inoltre offre una sintesi critica delle interpretazioni sulla Gloriosa Rivoluzione operate dalla storiografia marxista (pp. 12-3) e da quella “moderata” (p. 14-5). Nello stesso volume sviluppano i temi dell’interpreta- zione storiografica su quella stagione nelle implicazioni con le vicende europee i saggi di Gior- gio Spini, quello di Hans Chris Schroeder dedicato a Lewis Bernestein Namier, lo scritto di Pe- ter Wende sui caratteri generali del secolo e le pagine che Günther Lottes riserva alla storia so- ciale inglese. Un posto a sé occupa nella miscellanea, per il rilievo dato alla riflessione giuridica ed istituzionale, il lavoro di Ian Roots. Cfr. Joan Thirsk, L’Inghilterra dalla restaurazione alla Gloriosa Rivoluzione, in Id. (a cura di), L’età moderna. Stati e società, Garzanti, Milano 1993, pp. 481-500. 3 Oltre ai classici testi di Heinrich Rudolph von Gneist (Die Englische Communal – Verfas- sung und Communal Wervaltung, Berstein, Berlino s. d. ma 1860) e di Albert Venn Dicey (Lec- tures: Introductory to the Study of the Law of the Constitution, Mc Millan e Co, London 1886), rinvio ad Attilio Brunialti, Formazione e revisione delle Costituzioni moderne, in Id. (a cura di), Biblioteca di Scienze politiche e amministrative, vol. II, Unione Tipografica Editrice, Torino 1894, pp. IX-XVI. Lo storico delle istituzioni apre la sezione dedicata alle “Costituzioni stori- che” con un paragrafo riservato all’esperienza inglese, denso di riflessioni tratte da Emile Bout- my, Luigi Palma (indicato alle pp. X e XI come V. Palma per un refuso), Albert Venn Dicey, Edmund Burke. Alimentata da «quattro sorgenti principali: i trattati, i quasi trattati, la common law, cioè l’assieme dei precedenti e delle consuetudini, i patti e le leggi o statuti» (pp. IX-X), la Costituzione inglese doveva «prestarsi a resurrezioni inattese, a mutamenti necessari, a lente trasformazioni» (p. XII). Cfr. Émile Boutmy, Étude de droit costitutionnel, cit., pp. 217-72 e spec.