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Introduzione Siamo un gruppo di studenti dell’Istituto “Enrico De Nicola” di Sesto San Giovanni, classi 5M e 5BF. Il nostro lavoro “Valichi di Libertà” è un’articolazione del progetto del Comune di Sesto San Giovanni “Oggi, 25 aprile 1945”, nel settantesimo anniversario della Liberazione. Abbiamo voluto dare il nostro contributo alla ricerca storica e documentaria sul tema del fuoriuscitismo italiano in Francia e Svizzera e della Resistenza antifascista. Per questo, su proposta delle nostre insegnanti, il 16 febbraio abbiamo visitato la Fondazione ISEC di Sesto San Giovanni, abbiamo esaminato diversi documenti presenti nei fondi dell’archivio, li abbiamo selezionati e fotografati. Si tratta di articoli di giornali, lettere, interviste, fascicoli di propaganda clandestina, scritti in francese da antifascisti anche molto noti - come Pietro Nenni - esuli in Francia o in Svizzera. Di particolare interesse, alcuni documenti ancora inediti, riguardanti Luigi Gasparotto, ex Ministro della Guerra e poi membro dell’Assemblea Costituente. Abbiamo tradotto questi testi e abbiamo elaborato una breve contestualizzazione storica. Ecco dunque il nostro lavoro. 1 Fuoriusciti antifascisti Tra il 1922 e il 1926 tanti italiani lasciarono l'Italia. Aboliti i partiti, soppressa la libertà di stampa, considerati decaduti i deputati che avevano partecipato all'Aventino, sciolte le associazioni sindacali, non rimaneva agli oppositori del fascismo che il carcere, il confino o l'espatrio clandestino. Fino al 1925 l'emigrazione aveva avuto carattere di massa: operai e contadini iscritti ai partiti antifascisti, organizzatori di cooperative e sindacalisti delle leghe bianche e rosse, perseguitati politici si videro costretti a prendere la via dell'esilio. Si è parlato di 300.000 emigrati per motivi politici durante il fascismo: sono cifre difficili da stabilire ma si calcola che, dei lavoratori italiani presenti in Francia in quegli anni, almeno centomila avessero lasciato l'Italia per ragioni politiche. Oltre alla Francia, Austria e Svizzera erano le mete scelte dai fuoriusciti e fu in quei Paesi che si crearono i primi nuclei dei movimenti di opposizione in esilio. Si formarono addirittura alcuni uffici alcuni uffici per facilitare l’espatrio clandestino. Uno dei più noti fu quello organizzato a Milano da Ferruccio Parri, Carlo Rosselli, Riccardo Bauer e Giovanni Mira. Tra il 1926 e il 1927, dopo le leggi eccezionali, cominciò l’esodo degli antifascisti più illustri e dei dirigenti politici, che durò almeno diciassette anni. Essi, testimoniando al mondo l’esistenza di un’Italia giusta e democratica, cercarono di diffondere notizie e scritti d’opposizione al regime e prepararono il terreno per la Resistenza armata. I frutti di quella lunga lotta si raccolsero tra il 1943 e il 1945, quando tutta l’Italia si riconobbe negli esuli, nei condannati, nelle vittime. Tra i fuoriusciti ci fu Saverio Nitti, ex Presidente del Consiglio, primo a partire per Parigi; poi Don Luigi Sturzo, emigrato a Londra, G. Donati, direttore del Popolo, perseguitato dai fascisti per aver accusato il Comandante della Milizia Del Bono, per il delitto Matteotti. Fu poi la volta di G. Salvemini, ma ci furono anche Buozzi, Cianca, Modigliani, Nenni, Treves, Saragat, Carlo Sforza (già Ministro degli Esteri, e futuro Ministro nell’Italia liberata), Togliatti, che, prima di trasferirsi in URSS, diresse da Parigi un centro comunista. Spesso era molto rischioso passare la frontiera. Ad esempio, Filippo Turati, che abitava a Milano ed era sorvegliato dalla polizia fascista, fu aiutato ad evadere da Carlo Rosselli, Ferruccio Parri e Sandro Pertini. Dapprima ospitato da una famiglia amica a Varese, egli fu poi trasferito su un motoscafo da Savona a Calvi, in Corsica; di qui Pertini lo aiutò a raggiungere la Francia, mentre Parri e Rosselli tornarono in Italia. Questa fuga diede origine al processo di Savona che rimane alla storia come testimonianza della sconfitta ideale del fascismo, data la mite condanna attribuita ai fuoriusciti dai giudici di un Tribunale ordinario, ancora indipendenti. La condanna, quasi simbolica, equivalse ad un’assoluzione e la folla, entusiasta, applaudì agli imputati, gettando fiori. 3 Fuoriusciti italiani in Svizzera Fin dall’epoca delle guerre di religione, la Svizzera ha sempre avuto la fama di terra di asilo. Già nell’Ottocento vi avevano trovato rifugio personaggi di spicco del Risorgimento italiano, come Mazzini, Cattaneo, Garibaldi. La politica d’asilo aveva però subito una profonda revisione dopo la Prima Guerra mondiale a causa di diversi fattori, come l’eco della Rivoluzione russa, i timori per una crescita demografica eccessiva, la diffidenza verso gli Ebrei. Durante il regime fascista, riprese un forte flusso migratorio verso la Svizzera, e i perseguitati trovarono rifugio e sostegno presso le famiglie. Nei loro confronti le autorità elvetiche adottarono un atteggiamento prudente, dettato dalla preoccupazione di non rompere le relazioni pacifiche col governo italiano. L'attività politica dei fuoriusciti fu soggetta quindi a severe restrizioni: si possono ricordare i casi degli ex-deputati socialisti Pietro Nenni e Giuseppe Modigliani, ai quali fu vietato di prendere la parola durante riunioni pubbliche. Inoltre, se i nostri connazionali, tra cui Luigi Gasparotto, per esempio, poterono contare in una certa misura sulla solidarietà dei socialisti e dei democratici locali - ottenendo passaporti svizzeri falsificati- e talvolta sul sostegno di alcune autorità cantonali e comunali, spesso si scontrarono però con un'interpretazione rigida della neutralità svizzera da parte del governo federale e con la sua volontà di non guastare le relazioni economiche e diplomatiche con l'Italia fascista. La Svizzera, adottando tali misure contro gli antifascisti, sperava di ottenere rassicurazioni sulle questioni riguardanti le relazioni bilaterali tra i due paesi. Fra i fuoriusciti che poterono in qualche modo ritagliarsi uno spazio di attività in Svizzera, ricordiamo anche lo scrittore Ignazio Silone, che, durante l’esilio, produsse il romanzo Fontamara; altri, soprattutto di area comunista, riuscirono a restare in Svizzera per qualche tempo, vivendo in clandestinità. Reti clandestine servirono a far transitare dal corridoio elvetico fuoriusciti diretti verso la Francia o volontari per la guerra di Spagna. Nel complesso la Svizzera rimase tuttavia marginale per l'attività politica degli antifascisti, che si concentrò soprattutto a Parigi. 4 Fuoriusciti italiani in Francia Ci sono molti studi sull’emigrazione italiana in Francia e numerosi anche sul periodo della Resistenza; non esiste però una vera e propria storia della Resistenza italiana in Francia, forse a giusto titolo poiché l’emigrazione economica e l’emigrazione politica sono spesso sovrapposte e inscindibili. Tra le due guerre, ma anche molto prima, migliaia di italiani andarono in Francia in cerca di lavoro. I primi ad arrivare furono quelli maggiormente presi di mira dal fascismo: i dirigenti dei partiti di sinistra e dei sindacati, i più attivi oppositori al regime. Si diressero verso le zone di più forte emigrazione: la regione di Parigi, Marsiglia, Nizza, Lione, Grenoble, il Sud- Est e la Lorena. Le associazioni italiane in Francia si adoperarono per trovar loro casa, lavoro, solidarietà e, nel periodo della clandestinità, un rifugio sicuro. Nel 1920-21 cominciò un vero e proprio esodo antifascista: la Francia era la patria della Rivoluzione, dei diritti dell’Uomo, della democrazia e della libertà. Dal 1924 al 1926 troviamo anche grandi personalità dell’opposizione politica: Francesco Nitti, Gaetano Salvemini, Piero Gobetti, Giuseppe Donati, Giovanni Amendola. A partire dalla fine del ‘26, cioè dall’introduzione in Italia delle “leggi fascistissime” cominciò un vero e proprio esodo di massa con personalità di spicco (Pietro Nenni, Bruno Buozzi, Filippo Turati, Giuseppe Modigliani, Claudio Treves, Giuseppe Saragat) ma anche fuoriusciti “di base”, democratici che criticavano il fascismo e che erano colpiti dagli squadristi. 5 Esemplare, in questo senso, il percorso di Carlo Rosselli. Esiliato a Lipari per la sua attività antifascista, riuscì finalmente a fuggire a bordo di un motoscafo con Emilio Lussu e Francesco Nitti. Via Marsiglia arrivò a Parigi, dove diede vita al movimento rivoluzionario “Giustizia e Libertà”. insieme ai compagni di viaggio e grazie anche all’aiuto di Salvemini, residente a Saint-Germain-en-Laye. A Parigi Carlo Rosselli partecipò della”Concentrazione antifascista” delle forze non comuniste di opposizione al regime. Con la guerra civile spagnola, nel 1936, s'impegnò a fianco delle forze repubblicane e da radio Barcellona esprimeva il motto: “oggi in Spagna, domani in Italia”. Tornato in Francia nel 1937, durante un soggiorno alle cure termali di Bagnoles de l'Orne, con il fratello Nello, trovò la morte ad opera di una squadra di “cagoulards”, formazioni eversive della destra francese, forse per ordine dei servizi segreti fascisti e di Galeazzo Ciano.* I fuoriusciti avevano diverse tendenze politiche, unite dal comune denominatore dell’antifascismo. C’erano i socialisti e i comunisti ma anche anarchici, repubblicani, cattolici, democratici, liberali. Altri ancora integravano i partiti francesi, in particolare il PCF, anche perché rappresentativo delle forze operaie. I dirigenti e gli attivisti consideravano la permanenza in Francia transitoria, anzi, a volte un passaggio in direzione della Spagna o dove altro ci fosse stato bisogno di loro. Moltissimi continuarono la loro attività