Il Clero Napoletano Tra Collaborazione E Lotta Alla Camorra*
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TAMARA COLACICCO Il clero napoletano tra collaborazione e lotta alla camorra* La società dell’“umirtà” o “bella società rifurmata” [...] ha sede principale in Napoli [...]. I componenti, oltre Dio, i fanti e i loro Capi, non conoscono altra autorità [...].1 Questi signori giravano circondati da persone premurosissi- me […]. Una volta, in una processione, mi accorsi di un tale da tutti riverito, che si esibiva ad offrire biglietti da cento- mila lire alla statua della Madonna.2 1. Lo stato degli studi e le ragioni di una ricerca La pratica incondizionata dell’illegalità e del sopruso, combinata al culto della morte, costituisce l’humus che ha reso fertile la vita dei sistemi organizzati di stampo mafioso. Può sembrare un ossimoro accostare tali caratteristiche all’istituzione, la Chiesa, che ha il compito di tramandare il messaggio evangelico, eppure le parole del giornalista Attilio Bolzoni, rievocate da Vincenzo Ceruso, «non c’è mafia senza Chiesa. Non ci sono mafiosi senza fede»,3 denunciano un legame profondo, quasi indissolubile, tra le due realtà. Inoltre, come ha sottolineato Alessandra Dino, il rapporto *Al prof. Pasquale Sabbatino, perché una sua semplice domanda mi ha spalancato le porte su un intero mondo. 1. Il codice della camorra, in Del Rio, D. Riboldi, A. Riboldi, Il vescovo e la piovra, Casale Monferrato 1990, p. 64. 2. Del Rio, Riboldi, Riboldi, Il vescovo e la piovra, p. 69. 3. Cfr. V. Ceruso, La Chiesa e la mafia: viaggio dentro le sagrestie di Cosa Nostra, Roma 2007, p. 11. 258 Tamara Colacicco tra clero e istituzioni ecclesiastiche da un lato e Cosa nostra dall’altro risul- ta contraddittorio e pluriforme.4 Gli studi sulle connessioni tra universo criminale, pratiche religiose e la Chiesa, si sono concentrati soprattutto sulla mafia siciliana lasciando per molti aspetti in ombra le altre organizzazioni criminali. Manca ad esempio per la camorra un’indagine tesa a indagare capillarmente tanto il complessivo rap- porto tra clero e criminalità locale quanto il peso delle pratiche religiose nei riti di iniziazione e nella stessa vita socio-devozionale della mafia operante in Campania, mentre, come dimostrano i volumi di Rosario Giué e Goffredo Fofi dedicati a don Giuseppe Diana, l’interesse per questa organizzazione si è concentrato su singole figure di ecclesiastici anticamorra.5 La mancanza di lavori sistematici mi ha convinto a privilegiare un lavoro di analisi delle cro- nache giornalistiche, della produzione che ha rielaborato in forma letteraria documenti d’inchiesta e notizie di quotidiani, dei prodotti culturali che hanno rappresentato la camorra e nei quali la camorra stessa non di rado si è rispec- chiata (come alcune rappresentazioni cinematografiche).6 4. Cfr. A. Dino, La mafia devota. Chiesa, religione, Cosa Nostra, Roma-Bari 2010 (I ed. 2008), in part. il prologo All’ombra del monte Grifone, pp. 3-11. 5. Le ricerche a cui ci si riferisce nel testo sono R. Giué, Il costo della memoria: Don Peppe Diana il prete ucciso dalla camorra, Milano 2007; Per amore del mio popolo: Don Peppino Diana, vittima della camorra, a cura di G. Fofi, Roma 2010. Cfr. anche G. Solino, La buona terra: storie dalle terre di Don Peppe Diana, Molfetta 2011, pp. 31-32. Non esiste un volume che affronti organicamente la dialettica tra universo camorristico, religiosità e Chiesa. Qualche spunto al riguardo è rinvenibile in A. Manganiello, A. Manzi, Gesù è più forte della camorra: i miei sedici anni a Scampia fra lotta e misericordia, Milano 2011. Molte informazioni sono rintracciabili anche nella ricca opera a stampa di mons. Riboldi che, tuttavia, tendenzialmente accosta il fenomeno malavitoso campano a quello siciliano: cfr. il breve opuscolo A. Riboldi, 25 anni tra mafia e camorra: la testimonianza di un vescovo co- raggioso, a cura di E. Fizzotti, Rivoli 1988 e i volumi: D. Del Rio, A. Riboldi, Il vescovo e la piovra, Casale Monferrato 1990; A. Riboldi, Non Posso Tacere: il sud non è l’inferno, a cura di F. Trapani, Milano 1993; Id., Tempo di Coraggio, Vigodarzere 1996; Id., Per amore del mio popolo non tacerò: dopo Falcone e Borsellino, Cinisello Balsamo 2003; Id., Gli scugnizzi di Don Antonio, a cura di R. Borzillo, E. Scarici, Padova 2005. Su spiritualità, Chiesa e Camorra è disponibile anche un saggio di E. Chiavacci, Riflessioni morali sui comportamenti connessi al fenomeno mafia-camorra, in A. Riboldi, M. Sgroi, A. Lamberti, B. Forte, E. Chiavacci, Chiesa, mafia, camorra, Roma 1984, pp. 83-102 che analizza in modo comparato il fenomeno in Sicilia e in Campania da una prospettiva etica e pastorale. Il fenomeno malavitoso campano è accostato a quello delle altre realtà mafiose anche in I. Sales, I preti e i mafiosi: storie dei rapporti tra mafie e Chiesa cattolica, Milano 2010. 6. Sull’immedesimazione della Camorra in specifici prodotti culturali (film, sceneg- giate, canzoni neomelodiche) cfr. M. Ravveduto, Napoli serenata calibro 9: storia e im- Il clero napoletano tra collaborazione e lotta alla camorra 259 Questo saggio si prefigge lo scopo di tratteggiare una prima griglia che consenta di esaminare il rapporto che intercorre tra mondo camorristico, prassi religiosa e clero locale, cercando di rispondere alle seguenti doman- de: quali sono state le principali personalità del clero che hanno indicato la necessità di contrastare la malavita e con quali strumenti hanno sviluppato e portato avanti la loro azione pastorale? Quando ha preso corpo all’interno della Chiesa campana e nazionale un atteggiamento di contrasto alla camor- ra e come si colloca tale azione rispetto al quadro delle iniziative condotte all’interno della più ampia società civile? E ancora, sul versante del rapporto dei membri dei clan con rituali e credenze religiose: attraverso quali canali si è trasmesso il sentimento di appartenenza dei camorristi alla tradizione cattolica? In che modo alcune ritualità, come quelle legate alla liturgia sa- cramentale, sono state riversate nei riti di affiliazione? Offrire una risposta a questi interrogativi equivale non solo a colmare una lacuna storiografica, fa- cendo emergere specificità pratiche e teoriche legate ai legami e ai contrasti tra clero locale e camorra, ma anche, usando l’organizzazione camorristica alla stregua di un case study, fornire un ulteriore tassello alla conoscenza del più generale rapporto tra la Chiesa e le mafie italiane. 2. La Chiesa campana tra collaborazione e lotta alla camorra Il legame tra pratiche religiose e camorra si concretizza sia in alcuni elementi devozionali sia nei richiami alla pratica liturgia. Nello specifico risulta essere particolarmente sentita tra i criminali napoletani, congiunta- mente ai ceti medio-bassi del popolo partenopeo, la devozione mariana; si ricordi il classico congedo che viene rivolto alle masse dei fedeli dall’ar- civescovo Crescenzio Sepe: «A Maronn v’accumpagn».7 Molto indicativi, a tal riguardo, sono anche i numerosi riferimenti al culto della Vergine magini della camorra tra cinema, sceneggiata e neomelodici, Napoli 2007. Di una certa utilità anche il romanzo G. Marrazzo, Il Camorrista: vita segreta di Raffaele Cutolo, Napoli 1985 costruito sulla base di fatti di cronaca, ma che lascia ampio spazio alla rielaborazione psicologica romanzata del profilo cutoliano. 7. Cfr. per l’uso di questa espressione S.G. Buccini, Le mille vite del Cardinale: «in fila per chiedergli un lavoro», in «Il Corriere della Sera», 18 giugno 2010, p. 10. Per il culto di varie immagini della Madonna tra i camorristi, come quella di Montevergine, della Pignasecca e del Carmine, venerata come loro protettrice, cfr. M. Esposito, Uomini di camorra: la costruzione sociale dell’identità deviante, Milano 2004, p. 12, p. 23, pp. 116-117 e p. 121. 260 Tamara Colacicco nei film del regista Alfonso Brescia interpretati dal “personaggio-guappo” Mario Merola: pellicole nelle quali la camorra ha riconosciuto e sublimato il suo codice interno comportamentale.8 A proposito dell’immaginario devozionale del camorrista e della ritua- lità di matrice cattolica vanno indicati almeno altri due elementi. In primo luogo, la sovrapposizione della figura del boss a quella di Dio o del Messia e, conseguentemente, dell’ordine impartito al Verbo, inteso come parola profetica, annunciatrice di “giustizia” e “riscatto sociale” e portatrice di “salvezza” per i più deboli e disagiati. In secondo luogo, il legame instau- rato tra il rito di iniziazione alla Nuova Camorra Organizzata (NCO) e la pratica eucaristica dello spezzare il pane e del versare il vino, che sancisce una fusione tra i “discepoli” e il capo equiparata alla comunione instaurata con Dio dall’Eucarestia.9 Analogamente a quanto osservato per Cosa nostra, uno dei modi in cui si è espressa la religiosità dei malavitosi e la loro capacità manipolatrice è il coinvolgimento nel tessuto delle feste patronali. Sono documentati i casi della Festa dei Gigli e di quella in onore dei santi protettori di Acerra Cuo- no e figlio in cui la camorra ha agito in qualità di sponsor.10 In particolare, la Festa dei Gigli è un evento allestito sia nel quartiere partenopeo di Barra che in altri centri dell’hinterland e della regione Campania, ad esempio a Nola in cui il rito si lega alla figura del santo patrono Paolino. La caratteri- stica principale di questo tipo di festeggiamenti è la sfilata di enormi carri lignei alti anche venti metri che sono stati letti come simboli fallici, retag- 8. Tra i film di Brescia interpretati dal celebre cantante-attore napoletano troviamo un riferimento visivo o verbale alla Madonna in Napoli serenata calibro 9 e in L’ultimo guappo, entrambi prodotti in Italia nel 1978. Per l’immedesimazione dei camorristi nei film di Brescia cfr. Ravveduto, Napoli serenata calibro 9, pp. 22-37, in cui l’autore analizza la figura di Merola in relazione al processo identificativo della Camorra. Cfr. anche la prefa- zione di Giuliano Amato, pp. IX-XII. 9. Cfr. Del Rio, Riboldi, Il vescovo e la piovra, p.