LA (S)VOLTA BUONA? Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

Studio condotto da Bruno Zambardino in collaborazione con Monica Sardelli

per

APT – Associazione Produttori Televisivi

Roma, Giugno 2016 Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

Sommario

Introduzione e nota metodologica 5 CAPITOLO I | 7 L’AUDIOVISIVO TRA CONFERME E CAMBIAMENTI 7 1.1 Il ruolo dell’audiovisivo nel sistema economico 7 1.2 La produzione di contenuti è sempre più strategica 12 CAPITOLO II | 16 LA CRISI DELLA TV ITALIANA 16 2.1 Le strategie dei broadcaster 16 2.2 Gli investimenti in produzione indipendente e il rispetto degli obblighi 21 CAPITOLO III | 26 LA PRODUZIONE DI FICTION 26 3.1 Un universo fragile e frammentato 26 3.2 Le buone pratiche 29 CAPITOLO IV | 32 VERSO UN MERCATO UNICO DIGITALE 32 4.1 La riforma della direttiva sui servizi media audiovisivi 32 4.2 La riforma del copyright 34 4.3 Il sostegno alle imprese creative 37 CAPITOLO V | 39 IL SOSTEGNO PUBBLICO ALLA FICTION 39 5.1 Verso una riforma della disciplina del cinema e dell’audiovisivo 39 5.2 La spinta dei territori 40 CAPITOLO VI | 43 UNO SGUARDO ALL’ESTERO 43 6.1 La prevalenza della fiction statunitense 43 6.2 La concentrazione del mercato europeo 48 6.3 Il rispetto degli obblighi 49 CAPITOLO VII | 52 CONSIDERAZIONI FINALI 52 7.1 Un settore dalle grosse potenzialità… 52 7.2 … afflitto da annosi problemi 54 7.3 Tradizione e innovazione 55 7.3 Ripensare il sistema 56 Bibliografia 58

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Indice delle figure Fig. 1 Risorse attratte in Italia sui canali "classici" (mln €) 7 Fig. 2 Provenienza delle risorse sui canali "classici" (mln € e %) 8 Fig. 3 Minuti di consumo televisivo e variazione % 9 Fig. 4 Risorse attratte dalla televisione in Italia (mln € e %) 10 Fig. 5 Ricavi broadcaster (mln €) 10 Fig. 6 Addetti nel comparto audiovisivo (migliaia) 11 Fig. 7 Provenienza delle risorse su canale Internet (mln € e %) 11 Fig. 8 Internet e tv nel giorno medio 12 Fig. 9 Internet e tv a che ora li preferiamo? 12 Fig. 10 Ruolo di differenti tipi di contenuti e servizi 13 Fig. 11 L’aumento della fruizione on demand di film e serie tv 14 Fig. 12 Spesa annuale di Netflix in acquisizione e produzione di contenuti (mln $) 15 Fig. 13 Budget fiction (mln €) 16 Fig. 14 Evoluzione budget fiction Rai (mln €) 17 Fig. 15 Produzione – Volume orario 17 Fig. 16 Produzione Fiction – Volume per formato 18 Fig. 17 Investimenti in produzione indipendente, 2013 (mln € e %) 22 Fig. 18 Investimenti dei broadcaster in opere di produttori indipendenti per genere, 2013 (mln €) 22 Fig. 19 Distribuzione delle tipologie di investimento, 2014 23 Fig. 20 Quote di investimento, 2013 (%) 24 Fig. 21 Quote di programmazione di opere europee per operatore, 2014 24 Fig. 22 Quote di programmazione di opere europee per singolo canale, 2014 25 Fig. 23 Ricavi da vendite e prestazioni top 50 società di produzione (mln €) 27 Fig. 24 Classificazione prime 26 società di produzione di fiction per fascia di ricavi da vendite e prestazioni (mln €, % e N), 2014 27 Fig. 25 Classificazione prime 26 società di produzione di fiction per fascia di ricavi da vendite e prestazioni (mln €), 2011-2014 28 Fig. 26 Addetti 26 società di produzione di fiction e addetti per fascia di ricavi (mln €), 2014 28 Fig. 27 Ricavi società di produzione di fiction, 2013 e 2014 (mln €) 29 Fig. 28 I contributi dei territori all’audiovisivo 41 Fig. 29 Provenienza fiction nell’Ue, % 43 Fig. 30 Provenienza fiction nei big 5, 2013, % 44 Fig. 31 Programmazione per genere di fiction e provenienza, 2013, % 45 Fig. 32 Ore di film e fiction su totale trasmissioni, 2013 45 Fig. 33 Derivazioni film e fiction, 2013 (% su totale) 46 Fig. 34 Ripartizione degli investimenti in fiction per paese, 2013 (mln € e % su tot) 46 Fig. 35 Ricavi produttori in UK (non solo tv, mln £) 47 Fig. 36 Diffusione geografica di 6 società di distribuzione paneuropee 48

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Fig. 37 Serie originali prodotte negli USA, 2011-2015 49 Fig. 38 Investimenti in programmazione originale, emittenti pubbliche, private, totale, 2009-2013, mld € 50 Fig. 39 Investimenti in programmazione originale di 86 gruppi televisivi nei big 5, 2009-2013, (mld €) 51 Fig. 40 Quota di film Ue in 75 servizi Vod in Ue, ott. 2015 51 Fig. 41 Prime time fiction delle reti generaliste, Top 5, Stagione 2013-2014 52 Fig. 42 Prime time fiction dei canali satellitari, Top 5, Stagione 2013-2014 53

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Introduzione e nota metodologica

Lo scenario contemporaneo derivante dalla cosiddetta società dello schermo è caratterizzato da grandi cambiamenti, in cui il flusso di informazioni di qualunque genere è ormai continuo ed assistiamo ad una integrazione tra mercati prima separati, incontri tra produttori e consumatori, nascita di nuove modalità di comunicazione e di nuove figure professionali. L’innovazione tecnologica ha dunque offuscato i confini dei media tradizionali, ibridandoli nelle forme e nei contenuti e la convergenza di tutti i mezzi e di tutti gli schermi con la rete Internet ha modificato radicalmente contenuti e consumi in maniera più rapida di quanto fosse mai avvenuto in passato. L’impulso al cambiamento non ha poi risparmiato la produzione audiovisiva – pilastro centrale dell’industria creativa e culturale – che si è evoluta per intercettare nuovi gusti e abitudini di consumo.

Nonostante questa ibridazione degli schermi è tuttavia ancora possibile notare alcune distinzioni. La televisione resta ancorata ad un pubblico di massa, tali infatti possono essere definite anche le nicchie dei canali tematici se confrontate con quelle che trovano esclusivamente in rete la soddisfazione dei propri gusti. Gratuitamente o a pagamento, trasmette programmi creati appositamente per essere visualizzati attraverso il proprio schermo, oppure prodotti provenienti da altri media come il cinema e, ad oggi, il web. Sempre più spesso, infatti, si verifica questa inversione di tendenza: se prima era la rete a imitare i format televisivi, oggi è la tv che pesca in rete, dove è possibile ancora trovare originalità di generi e freschezza dei linguaggi. Ancora: da un lato la televisione si connette, ibridandosi con la rete, dall’altra evolve verso schermi più grandi, sempre più piatti o curvi, si adatta alla visione in 3d, ricalca in parte la fruizione cinematografica. Solo in parte però, perché se l’esperienza cinematografica è sempre più immersiva, grazie alle migliorie apportate a suoni e immagini, quella televisiva si integra con altre attività fruibili in mobilità. Ed è social.

Ancora più social è la fruizione al computer, dove le immagini sono molto vicine allo spettatore e il livello di interattività, per commentare, condividere, creare, collaborare, è ai massimi livelli. Gli smartphone e i tablet introducono infine uno sguardo mobile. Sono la massima espressione della connessione cosiddetta always on e modificano completamente le modalità di fruizione di contenuti audiovisivi: con questi dispositivi cambia completamente il concetto di audiovisivo, che finisce per adattarsi alle nuove abitudini degli utenti. Cambia anche l’idea di fedeltà: oggi sono gli editori, che devono mostrarsi fedeli ai propri pubblici e non il contrario come avveniva in passato.

Si evolvono dunque i contenuti audiovisivi e si amplia la definizione di fiction, che non può necessariamente più far riferimento esclusivamente a quella televisiva, ma deve tener conto di tutta quella galassia di produzioni, sempre meno amatoriali e user generated e sempre più frutto di attività professionali, create appositamente per soddisfare il pubblico della rete (fissa e mobile).

Difficile in alcuni casi definire cosa è web serie e cosa è serie tv quando a produrre e distribuire sono i cosiddetti OTT, come Netflix o Amazon, che trasmettono attraverso la rete, ma cedono la distribuzione ad operatori tv tradizionali. Se da un lato le web serie presentano caratteri di continuità con le fiction televisive (strutture ad episodi e stagioni), dall’altro non hanno vincoli di format e possono durare pochi secondi o avere formati più vicini agli sceneggiati televisivi.

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Che siano create per la tv o per il web, che abbiano alle spalle team di professionisti o giovani videomaker appassionati ma con poche risorse, non si può tralasciare il fatto che le produzioni per l’audiovisivo rappresentano il presente e il futuro dell’intrattenimento per fasce di pubblico sempre più ampie ed esigenti. Non è più solo il cinema a presentarci prodotti di qualità, non è più solo la tv a prestare talenti al cinema: oggi avviene il contrario, e il fulcro dell’intrattenimento sembrerebbe spostarsi sempre più verso la produzione seriale per la tv (o il web).

Lo capiscono le istituzioni, che, accanto al sostegno del cinema, introducono misure volte ad incoraggiare la produzione televisiva e via web (una misura in questo senso è l’evoluzione del tax credit a tutto il sistema audiovisivo).

In Italia si assiste ad una duplice tendenza: dal punto di vista economico l’universo della produzione di fiction resta fragile e frammentato, ma dal punto di vista dei contenuti alcuni riconoscimenti internazionali dimostrano che ci si sta muovendo nella direzione giusta. Si tratta di segnali ancora deboli, che però vanno incoraggiati attraverso sostegni adeguati e incentivi alle coproduzioni.

Da queste considerazioni nasce il presente studio, per il quale sono state utilizzate diverse fonti e articoli di settore (vedi bibliografia). Tra le principali citiamo la recente indagine conoscitiva di Agcom sulla produzione audiovisiva, allegato A alla delibera n. 582/15/CONS avviata dall’Autorità con delibera n. 20/15/CONS, che fornisce un’analisi del mondo della produzione, e alcuni spunti interessanti di riflessione, in particolare nei pareri degli stakeholder. L’indagine è stata il punto di partenza per un’analisi specifica, e aggiornata al 2014 attraverso i relativi bilanci, delle principali società italiane di produzione di fiction. Se ne sono individuate 26 tra le 46 analizzate dall’Autorità: il criterio di scelta delle 26 società è frutto di un’attenta analisi delle attività svolte e delle dichiarazioni dei rappresentanti delle società stesse.

Altre fonti importanti sono state alcuni studi di e-Media Institute – Istituto Bruno Leoni, Ernst & Young e Ericsson Consumer Lab, che hanno permesso di fotografare lo scenario attuale del mondo dell’audiovisivo e le nuove abitudini di consumo degli utenti.

Gli spunti sullo sguardo internazionale del report sono stati forniti da vari studi dell’Osservatorio europeo dell’audiovisivo, che hanno permesso una visione d’insieme e un confronto tra i principali mercati comunitari.

Infine sono state consultate varie fonti normative e regolamentari per fornire un quadro legislativo in materia di obblighi e sostegno pubblico e le possibili evoluzioni e implicazioni future.

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CAPITOLO I |

L’AUDIOVISIVO TRA CONFERME E CAMBIAMENTI

1.1 Il ruolo dell’audiovisivo nel sistema economico

L’attuale definizione di audiovisivo è sostanzialmente diversa da quella dei 60 anni di televisione. Oggi siamo di fronte ad un fenomeno in cui tutto ciò che ci circonda può essere riprodotto in immagine sonora in movimento sui più disparati supporti: il televisore, lo schermo cinematografico, i supporti di memoria (DVD/Blu-ray e una volta VHS) in qualità di mezzi classici, e tutti gli altri schermi cosiddetti “connessi” (computer, laptop, smartphone, tablet e varie ibridazioni). L’audiovisivo si conferma dunque il mercato che fa da traino a questi cambiamenti.

E-Media Institute stima per il mercato audiovisivo “classico” un valore pari a circa 10,2 miliardi di euro nel 2014, in calo dell’1% sull’anno precedente. La televisione attrae risorse pari a 9,2 miliardi di euro, ovvero il 90% del totale mercato. Analizzando i singoli settori si nota come la perdita di risorse di televisione e home video1 sia contenuta tra il 2013 e il 2014 (rispettivamente -0,9% e -0,8%) mentre il cinema subisce la perdita maggiore (-5,2%).

Fig. 1 Risorse attratte in Italia sui canali "classici" (mln €)

Fonte: elaborazioni su dati e-Media Institute

La spesa degli utenti si attesta intorno al 45% del totale risorse, stabile sui due anni, e prevale su quella delle imprese – che consiste nelle inserzioni pubblicitarie (38%) – e sugli aiuti statali (17%).

1 Il settore dell’home video comprende anche varie modalità di video on demand, tra cui il T-Vod, ovvero il noleggio di singoli titoli, e l’S-Vod, ovvero la fruizione di un servizio su abbonamento.

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Fig. 2 Provenienza delle risorse sui canali "classici" (mln € e %)

Fonte: elaborazioni su dati e-Media Institute

Un’altra stima, quella del 2014 di Ernst & Young, assegna a televisione e home entertainment un valore totale di 12.213 milioni di euro comprensivi di ricavi diretti (9.308 milioni) e ricavi da vendita dispositivi audio e video (2.905 milioni), in contrazione del 7% dal 20122. La vendita e il noleggio di DVD e Blu-ray, pur essendo ancora rilevante, ha subito un’importante flessione (-20% tra il 2012 e il 2014) a vantaggio delle sempre più frequenti offerte digitali che sostituiscono il supporto fisico con servizi di streaming e download.

I cambiamenti che hanno interessato i tre settori negli ultimi anni, in particolare l’home video e la televisione, sono dovuti principalmente all’integrazione con Internet. Se infatti il cinema resta prerogativa della sala cinematografica (pur in concorrenza con lo spazio di distribuzione offerto dalla rete), televisione e Internet hanno aggiornato i propri formati per la fruizione online. Si sono quindi moltiplicate le offerte parallele di operatori televisivi in rete o le repliche online di programmi già trasmessi in mainstream per attrarre fasce di pubblico poco avvezze alla rigidità dei palinsesti. Inoltre sono nati in rete diversi operatori che offrono una propria library per la fruizione on demand (nelle varie forme S-Vod o T-Vod).

Sono dunque cambiate anche le modalità con cui i mezzi classici attraggono risorse: offrendo ad esempio, nel caso della tv, pacchetti integrati di programmazione mainstream + Internet o inserzioni pubblicitarie su mezzo classico e in rete.

Nel primo caso, gli operatori a pagamento integrano i propri bouquet di canali con offerte su piattaforme online o servizi Internet stand alone: fanno parte di questa categoria le offerte OTT Infinity di Mediaset e Now Tv (che da giugno 2016 ha preso il posto di Sky Online), che, competendo direttamente con gli OTT “puri”, rispondono alla crescente richiesta da parte del pubblico di una fruizione personalizzata, non lineare e in mobilità, di una visione che si associa all’uso contestuale dei cosiddetti second screen (smartphone, tablet, etc.).

Lato inserzioni, e-Media stima che per gli operatori tv nazionali l’insieme delle offerte Internet varrebbe, nel 2014, tra i 60 e gli 80 milioni di euro, comprensivi di pubblicità in formati video e non. Questa

2 Il computo dei ricavi del settore si basa sulla quantificazione dei prezzi al consumo.

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integrazione tra offerte cosiddette offline e quelle online dovrebbe aumentare nei prossimi anni, mentre il peso delle risorse attratte dall’home video classico dovrebbe ridursi progressivamente con l’aumento delle offerte legate alle connessioni a banda larga. In entrambi i casi in futuro sarà sempre più complicato, e forse meno necessario, effettuare una distinzione tra i mercati di televisione e Internet.

Nonostante il proliferare degli schermi, la tv rimane il mezzo più amato dagli italiani: nel 2015 il tempo dedicato alla tv è stato di circa 254 minuti, 7 in meno rispetto al 2014, anno in cui si è raggiunto il picco di 262 minuti. Nonostante l’inversione di tendenza, dal 2007 al 2015 il consumo televisivo a persona è cresciuto dell’11%3, dato che spiega perché, nonostante la crisi, la tv ha perso meno risorse rispetto ad altri settori come l’editoria. Il primo quadrimestre 2016 mostra un’ulteriore riduzione del tempo trascorso a guardare la tv, ma resta un dato pro-capite piuttosto alto, specie se confrontato con la media europea, che superiamo di 30 minuti, e dei principali mercati, Francia (224 nel 2015), Regno Unito (224 minuti nel 2015), Germania (223 nel 2015) e Spagna (234 nel 2015).

Fig. 3 Minuti di consumo televisivo e variazione %

Fonte: Studio Frasi

Limitando dunque l’analisi delle risorse al solo mezzo televisivo si nota una situazione di stabilità tra il 2013 e il 2014. Il mercato televisivo ha conosciuto negli anni pre-crisi una forte crescita dovuta prima ai ricavi pubblicitari e poi, a partire dagli anni Novanta, all’affermarsi delle offerte a pagamento. La crisi ha colpito prima il settore pubblicitario provocando un calo degli investimenti (e un loro spostamento su Internet), e solo successivamente la componente pay, che è entrata in stagnazione.

In termini percentuali la pubblicità vale poco più della pay-tv (41% del mercato contro il 40%). Dal 2010 la quota di pay-tv ha guadagnato 5 punti percentuali: la variazione non va ricondotta all’aumento degli abbonamenti (che abbiamo detto essere stagnanti) ma piuttosto alla crisi economica che ha portato alla contrazione degli investimenti in pubblicità. Si riduce dal 19% al 17% la quota di canone versato dagli utenti allo Stato per il possesso dell’apparecchio televisivo. Tale quota potrebbe crescere già a partire dal 2016 per effetto della nuova modalità di prelievo del canone associato alla bolletta elettrica, che,

3 http://www.millecanali.it/in-italia-nel-2015-sette-minuti-in-meno-di-tv/

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eliminando di fatto l’altissima quota di evasione, dovrebbe apportare alle casse dell’operatore pubblico più di 2 miliardi di euro.

Fig. 4 Risorse attratte dalla televisione in Italia (mln € e %)

Fonte: elaborazioni su dati e-Media Institute

Il mercato televisivo italiano continua a dividersi tra Rai, Mediaset e Sky, che insieme attraggono il 90% delle risorse. Cairo e Discovery ne raccolgono circa il 4% e il resto del mercato è parcellizzato tra svariati piccoli operatori e le tv locali. Tra il 2013 e il 2014 solo l’operatore satellitare ha aumentato leggermente i ricavi, mentre Mediaset, e soprattutto Rai li hanno ridotti.

Fig. 5 Ricavi broadcaster (mln €)

Fonte: elaborazioni su dati e-Media Institute

Il passaggio al digitale terrestre e il conseguente aumento dell’offerta ha provocato una frammentazione degli ascolti a favore dei canali tematici e un maggiore spazio per nuovi player che hanno attirato audience grazie alla loro offerta tematica o semigeneralista.

Il 70% degli addetti nell’audiovisivo sono occupati in una emittente. Sono circa 38mila su un totale di circa 55mila attribuiti all’intero comparto nel 2014 (questi ultimi in flessione dello 0,7% sul 2013). Il 15% è impiegato in attività di produzione e post produzione. Il decremento maggiore tra il 2013 e il 2014 è

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quello degli occupati nella vendita e noleggio DVD e Blu-ray, che si riducono di quasi il 15%, mentre raddoppiano i lavoratori nelle OTT, dato che dimostra la crescente importanza, anche in Italia, di questa tipologia di player.

Fig. 6 Addetti nel comparto audiovisivo (migliaia)

Fonte: elaborazioni su dati E&Y

La situazione sostanzialmente stagnante che ritroviamo sui mercati cosiddetti “classici” si ribalta quando si analizzano le risorse che confluiscono su canale Internet che nel 2014 totalizzano 3 miliardi di euro, il 16% in più sul 2013. È interessante notare come la spesa degli utenti si attesti ormai intorno al miliardo di euro, in forte aumento rispetto all’anno precedente (+23%) a dimostrazione del crescente appeal che riscuotono presso il pubblico le numerose possibilità di fruizione offerte dalla rete.

Fig. 7 Provenienza delle risorse su canale Internet (mln € e %)

Fonte: elaborazioni su dati e-Media Institute

Nonostante la forte crescita, il mercato delle offerte online di film e serie tv non è ancora maturo in Italia (complice anche la minore diffusione della banda larga rispetto al resto d’Europa) e vale, secondo e-Media, circa 50 milioni di euro, ben al di sotto delle centinaia di milioni stimati in altri mercati.

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1.2 La produzione di contenuti è sempre più strategica

Il contenuto è la chiave del successo di qualunque piattaforma: qualità e originalità delle proposte editoriali dei vari player possono garantirne la permanenza o meno sul mercato.

Cambiano, infatti, e si moltiplicano le possibilità di guardare contenuti sulle varie piattaforme messe a disposizione dalla tecnologia, cambiano e si evolvono le abitudini degli utenti. Oggi l’audience digitale (su pc e mobile) si sta avvicinando a quella televisiva, superandola se si considera la fascia dei più giovani. Non è più il pubblico a doversi adattare al contenuto, ma è quest’ultimo che viene plasmato addosso a ciascuno spettatore.

Fig. 8 Internet e tv nel giorno medio

Fonte: Elaborazioni Audiweb su dati Auditel (tv) e Audiweb powered by Nielsen (Internet) Dati giorno medio settembre 2015

In passato la tv era l’unico mezzo che permetteva di guardare contenuti video. Oggi qualunque tipo di prodotto è accessibile su qualunque piattaforma e a qualunque ora. In alcune fasce orarie, in particolare la mattina, la fruizione su mobile supera quella televisiva. Questo è ancora più vero tra i giovani, che preferiscono lo smartphone alla tv in tutte le fasce orarie.

Fig. 9 Internet e tv a che ora li preferiamo?

Fonte: Elaborazioni Audiweb su dati Auditel (tv) e Audiweb powered by Nielsen (Internet) Dati giorno medio settembre 2015

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Il grande successo delle serie tv ha sdoganato il binge viewing, fenomeno che esiste da quando intere stagioni di serie tv sono state rese disponibili, a costi piuttosto elevati, per l’acquisto su supporti fisici come VHS e DVD. L’introduzione di servizi di S-Vod come Netflix, che ha messo a disposizione dei propri clienti intere stagioni delle serie tv di propria produzione in un solo giorno, ha reso più accessibile questa pratica.

Il binge viewing si è affiancato alla fruizione tradizionale di servizi televisivi (con programmazioni schedulate e palinsesti decisi a priori). I consumatori spesso dividono i programmi tv tradizionali in due tipologie (Ericsson 2014): i programmi live, quali eventi sportivi o occasionali e quelli non live, come i film o le serie tv. Ma se ha ancora un senso guardare in diretta gli eventi speciali, sempre più spesso i programmi non live sfuggono alle logiche della tv tradizionale, potendo essere registrati o guardati in differita (time shifting).

Fig. 10 Ruolo di differenti tipi di contenuti e servizi

Fonte: Ericsson Consumerlab, 2014

Film e serie tv sono visti sempre più on demand. Questo cambiamento di abitudini è dovuto alla maggiore disponibilità di tv e altri schermi connessi. Una ricerca di Ericsson effettuata su una base di 20 mercati a livello mondiale, mostra come si sia passati da 2,9 a 6 ore a settimana di programmi on demand.

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Fig. 11 L’aumento della fruizione on demand di film e serie tv

Fonte: Ericsson Consumerlab, 2015

L’aumento della quantità e qualità delle serie tv, specie di produzione statunitense, ha dato una forte spinta al trend appena descritto. Le serie tv sono relativamente più semplici da produrre, poiché richiedono un budget più basso e hanno una durata per episodio inferiore a quella dei film. Quest’ultima caratteristica è quella che maggiormente si adatta alle nuove abitudini di consumo, fatte di brevi spazi di intrattenimento così come di maratone di visione. Le serie tv inoltre “creano dipendenza”, questo significa che una volta creata una base utenti, difficilmente questa abbandonerà la serie, anche in caso di (fisiologico) abbassamento della qualità di alcune puntate. Studio Frasi stima che è raddoppiata la permanenza di lungo periodo del pubblico delle serie tv dal triennio 2007-2009 al 2013-2015. La permanenza all’interno dell’episodio è notevolmente aumentata e arriva oggi a un performante 64%. Per avere un’idea dell’importanza di questi numeri, si tenga conto che la permanenza media dell’intera programmazione tv è del 23% e i picchi di permanenza che superano anche l’80% vengono toccati in occasione di grandi eventi sportivi4.

L’ingresso nel mercato di operatori OTT con le loro library di contenuti acquistati e autoprodotti ha dato un grosso impulso al mercato delle fiction tv e spinto gli operatori tradizionali verso la creazione di serie di qualità e altri player, un tempo legati ad altri core business, a entrare nel mondo della produzione.

È stato Netflix, 83 milioni di abbonati nel mondo5, ad aprire le danze: oltre a creare serie di successo come House of Cards o Orange is the New Black ha saputo prima di altri interpretare le nuove abitudini di fruizione delle serie tv frantumando le logiche dei palinsesti. A dimostrarne l’enorme successo, House of Cards è in Italia una delle serie di punta in esclusiva Sky, e l’arrivo dell’operatore statunitense nel nostro paese ha dato luogo ad una originale diatriba tra i due concorrenti, che a suon di tweet fittizi tra la coppia di protagonisti della serie (Claire e Frank Underwood) hanno reclamato la messa in onda delle prossime stagioni. La spesa di Netflix in acquisizione e produzione di contenuti è cresciuta

4 Francesco Siliato di Studio Frasi per Agcom, Pay tv, servizi on demand ed evoluzione del sistema audiovisivo. Long Tail e grandi produzioni, 9 maggio 2016. 5 Dato secondo trimestre 2016.

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esponenzialmente tra il 2009 e il 2015 per effetto della crescita del canale Vod che ha praticamente sostituito i supporti fisici.

Fig. 12 Spesa annuale di Netflix in acquisizione e produzione di contenuti (mln $)

Fonte: Studio Frasi su dati CSA

Anche Amazon, colosso dell’editoria e dell’ecommerce è entrato nel mondo della produzione di serie di successo come Mozart in the Jungle; ha inoltre sfidato apertamente Netflix con la propria offerta Prime Video. Infine, a dimostrazione dell’altissima attrattiva esercitata da questo mercato, recentissima è la notizia che Apple avrebbe intenzione di produrre programmi televisivi per i propri clienti iTunes e potrebbe lanciare un servizio di Apple Tv streaming entro pochi mesi (si parla di settembre). Da qualche anno Apple è interessata alla programmazione originale: ha trasmesso in streaming attraverso Apple Music un concerto di Taylor Swift e una versione video dello show radiofonico del DJ Khaled. L’esordio nell’industria televisiva dovrebbe avvenire attraverso il dark drama Vital Signs: 6 episodi sulla vita del musicista Dr. Dre (nel cast) e sulle sue possibili reazioni a varie emozioni.

Questi operatori godono di maggiore freschezza e spinta all’innovazione, grazie anche a minori obblighi normativi rispetto agli operatori tradizionali (vedi infra). E come reagiscono questi ultimi? Corrono ai ripari creando i loro servizi OTT (abbiamo già menzionato i servizi Infinity e Now Tv/Sky Online) o danno inizio ad alleanze volte ad internazionalizzare l’offerta, come il nuovo polo Mediaset-Vivendi, che aveva tra gli obiettivi iniziali (poi cambiati in corsa6) la creazione di un servizio di streaming che contrasti l’espansione di Netflix in Europa.

6 Alla luce degli ultimi risultati finanziari, Vivendi ha deciso di rinunciare al 100% di Premium, proponendo un piano alternativo che riduca l'impegno su Premium al 20% del capitale, ma che, entro tre anni, porti il gruppo francese a detenere il 15% dell'intero gruppo Mediaset. Il dietrofront di Vivendi ha provocato una disputa con il gruppo italiano che ha contestato l’irrevocabilità dell’accordo siglato l’8 aprile scorso. Cfr. G. Balestreri, R. Ricciardi, Mediaset, dietrofront di Viventi sull’acquisto di Premium, “Repubblica”, 26 luglio 2016.

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CAPITOLO II |

LA CRISI DELLA TV ITALIANA

2.1 Le strategie dei broadcaster

La produzione di fiction è essenziale per la costruzione dell’identità di un canale e per definirne il rapporto con il pubblico. Gli investimenti in fiction originale (piuttosto che l’acquisto di prodotti esteri) servono a questo scopo, ovvero proporre soggetti pensati su misura per il proprio pubblico e che rispondano alla propria linea editoriale. Un prodotto televisivo differisce da quello cinematografico per il legame di esclusività che ha con l’emittente che lo finanzia.

Eppure la crisi della televisione italiana si è tradotta fondamentalmente in una riduzione degli investimenti. Dal 2008, anno in cui la congiuntura economica sfavorevole iniziava a far sentire le sue conseguenze, i due broadcaster generalisti storici hanno tagliato in maniera consistente i budget destinati alla fiction, fino a più che dimezzarli nel caso di Mediaset.

Fig. 13 Budget fiction (mln €)

Fonte: elaborazioni su dati Agcom

La Rai ha invertito positivamente la tendenza solo a partire dal 2013, sfiorando, nel 2014 i budget di investimento del 2011, ma con cifre lontane dai livelli pre-crisi. Nel 2015 l’operatore pubblico ha investito in fiction 196 milioni di euro, 84 milioni in meno rispetto al 2008.

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Fig. 14 Evoluzione budget fiction Rai (mln €)

Fonte: elaborazioni su dati Agcom

Parallelamente agli investimenti sono aumentate anche le ore di programmazione. C’è da dire che a fronte di una crescita dell’investimento del 19% tra il 2012 e il 2015, le ore di programmazione sono aumentate del 32%. Inoltre, dopo alcuni anni in cui la Rai ha concentrato gli investimenti in fiction solo Rai 1, a partire dal 2014 è stato rafforzato l’impegno anche sulla seconda e terza rete.

Da notare inoltre come gli ultimi mesi abbiano visto uno sviluppo della programmazione dell’operatore pubblico sulle nuove piattaforme: si è avviata la sperimentazione di nuovi linguaggi e formati e la collaborazione con talenti provenienti dal mondo del web, come i The Pills. Ne è un esempio concreto lo sviluppo del portale Ray, in rete da febbraio 2015, che risponde all’esigenza di svecchiare il target della propria programmazione seriale.

Fig. 15 Produzione Rai Fiction – Volume orario

Fonte: elaborazioni su dati Rai Fiction

Nonostante l’apertura di Rai fiction agli altri canali, nel 2015 Rai 1 trasmette il 55% del totale volume orario di fiction della Rai, perdendo 4 punti percentuali rispetto al 2012. Il volume orario complessivo è tuttavia aumentato, nei tre anni, del 22%, passando da un totale di 198 a 242 ore. Si riduce la serialità

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

breve del 34% mentre aumentano le fiction con un numero maggiore di puntate (+46% di ore) mostrando come la lunga serialità stia prendendo piede per costi unitari più bassi e minore rischio di fallimento, specie nei casi di stagioni ripetute.

Fig. 16 Produzione Rai 1 Fiction – Volume per formato

Fonte: elaborazioni su dati Rai Fiction

Ciò che persiste nel settore televisivo tradizionale, anche se non mancano timidi segnali di cambiamento, è una sostanziale scarsa propensione al rischio, anche in termini di sperimentazione di prodotti e contenuti innovativi. Come si è già detto, le produzioni seriali hanno il vantaggio di portarsi dietro, da una stagione all’altra, un proprio pubblico di estimatori. Per questa ragione i broadcaster hanno preferito spesso, in questi anni, optare sulle più prudenti returning series, piuttosto che sperimentare prodotti nuovi. A questo si aggiunga che le riproposizioni di alcuni programmi di punta garantiscono un buon successo di pubblico a costi pressoché nulli: citiamo, a titolo esemplificativo, gli episodi del Commissario Montalbano, le cui repliche, riproposte in prima serata su Rai 1 ad ogni nuova stagione, continuano ad avere audience consistenti. Questa incapacità di innovare si riflette tuttavia anche sulle proposte delle società di produzione.

I broadcaster sostengono che tale situazione sia da imputare ad un quadro normativo eccessivamente invasivo e legato a logiche da televisione analogica, con riferimento agli obblighi di investimento, suscettibili di alterare la capacità competitiva dei soggetti operanti sul mercato. La stessa considerazione viene fatta a riguardo del meccanismo delle quote e sottoquote di programmazione, troppo macchinoso e, in alcuni casi, non più necessario. L’esempio riportato da Agcom7 è quello delle quote relative alla programmazione per i minori, non più necessario a seguito del progressivo diffondersi di canali tematici dedicati; o quello relativo alle quote di programmazione di opere cinematografiche di espressione originale italiana, che presenterebbero “incongruità generali (nel prevedere, ad esempio, un obbligo generale di investimento per tutti gli operatori ma un obbligo di programmazione limitato ai palinsesti tematici di cinema o generalisti) e profili di incompatibilità con la normativa comunitaria, costituendo, di fatto, una misura di protezione del prodotto nazionale”.

7 Agcom, Indagine conoscitiva sul settore della produzione audiovisiva, Allegato A alla delibera n. 582/15/CONS

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

Dal canto loro, i produttori ritengono l’attuale assetto del mercato figlio di uno squilibrio nel sistema di gestione dei diritti sulle opere prodotte, in cui la creatività soccomberebbe sotto il peso delle dinamiche negoziali8, e chiedono a gran voce un ripensamento della disciplina dei diritti primari e secondari sulle opere audiovisive e sulla loro negoziazione9.

Vi è poi, secondo gli addetti ai lavori, una differenza sostanziale tra i produttori legati ai broadcaster e quelli indipendenti. I primi avrebbero un vantaggio competitivo non indifferente rispetto ai secondi, riconducibile essenzialmente alla possibilità di prevedere e programmare le proprie attività economiche piuttosto che essere costretti a lavorare a programmi di natura aleatoria legati alle commesse ricevute e alla loro vendita nel corso della stagione televisiva.

Eppure, lato broadcaster, si assiste ultimamente ad una serie di operazioni che promettono di portare nuova linfa al mercato audiovisivo nazionale, complice anche la ripresa del mercato pubblicitario che, con un +3,5% nel primo semestre 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015 (dati Nielsen10), torna a far respirare il settore.

La fiction è diventata un prodotto di punta nella programmazione mainstream e on demand di Sky, che è sempre più attiva nel comparto della produzione originale, ed ha sfornato titoli di rilevanza internazionale come Gomorra. L’operatore satellitare è inoltre entrato ufficialmente nel settore della distribuzione in partnership con Cattleya, Wildside, Palomar, Italian International film (Gruppo Lucisano) e Indiana Production che, unendo le forze, creerebbero un terzo polo della distribuzione (dopo 01

8 Nel corso dell’indagine conoscitiva Agcom, APT ha descritto le tipologie contrattuali normalmente utilizzate dalle emittenti nei rapporti con produttori televisivi. Esse sono l'appalto, la cproduzione e il pre-acquisto: - L’appalto si stipula alla conclusione di un contratto di attivazione. In base al contratto di appalto l'emittente sostiene i costi della realizzazione dell'opera audiovisiva e diviene titolare – ab origine, in esclusiva e in perpetuo – del 100% di tutti i diritti di utilizzazione e sfruttamento economico sulla stessa. - La coproduzione, come l’appalto, si stipula a conclusione di un contratto di attivazione. In base al contratto di coproduzione l'emittente sostiene pro quota i costi di realizzazione dell'opera e diviene titolare – ab origine, in esclusiva ed in perpetuo – della maggioranza dei diritti di utilizzazione e sfruttamento. Al coproduttore restano solitamente i “diritti minori”. - Il pre-acquisto è un contratto in base al quale il produttore, titolare dei diritti sul soggetto, ha già svolto in autonomia tutta la fase di sviluppo dell’opera audiovisiva. In forza di tale accordo, il produttore prevende i diritti e i proventi sulla realizzanda produzione all’emittente, la quale si assume tutti i costi di produzione dell’opera e diviene titolare – ab origine, in via esclusiva – dei diritti di utilizzazione e sfruttamento economico dell’opera in Italia. 9 È evidente, anche a proposito dei diritti, la divergenza di opinione emersa nel corso della già citata indagine conoscitiva Agcom tra broadcaster e produttori. Secondo la Rai, infatti, le modalità di negoziazione dei diritti primari e secondari avverrebbero in tempi ragionevoli e in maniera equa e non discriminatoria. In particolare, le prassi negoziali prevedrebbero la cessione dei singoli diritti in maniera autonoma e la ripartizione con il produttore indipendente di quote di diritti residuali relativi ad attività minime che connotino il contributo di ingegno, di creazione e di sviluppo alla realizzazione della singola opera. Di diverso parere sarebbero i produttori, rappresentati da APT, che metterebbero in evidenza come le negoziazioni tra emittenti e produttori sarebbero il risultato di interpretazioni distorte delle norme di legge relative alla titolarità dei diritti di utilizzazione delle opere di fiction attraverso le quali le emittenti impongono condizioni particolarmente svantaggiose per i produttori indipendenti; i diritti relativi all'opera spettano all’emittente se questa la finanzia interamente rendendo il produttore un mero esecutore pur svolgendo tutte le attività di acquisizione della disponibilità di un soggetto, di sviluppo e realizzazione dell'intera produzione, sotto la propria esclusiva responsabilità. 10 http://www.primaonline.it/2016/08/01/242018/investimenti-pubblicitari-a-81-nel-mese-di-giugno-e-a-35-da-inizio- anno-semestre-in-positivo-per-tv-78-radio-06-e-cinema-184-male-quotidiani-49-e-periodici-3-i-dati-nielsen/

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Distribution di Rai e Medusa di Mediaset). La società è stata pensata con un innovativo modello aperto: Sky detiene attualmente il 60% della società e i produttori l’8% a testa; qualora dovessero intervenire altri partner sarebbe Sky a cedere, inizialmente, parte della sua quota11.

Il portale Ray a cui si è accennato sopra, è il tentativo dell’operatore pubblico di fidelizzare i più giovani coinvolgendoli a 360° nella propria programmazione e utilizzando le tecnologie a loro più congeniali. Si rivolge infatti alla fascia 15-30 anni e propone contenuti extra e/o companion realizzati per la fruizione in rete. Contiene spin-off o estensioni delle serie in onda in tv, serie web originali, contest, e si propone di creare il maggior numero possibile di punti di contatto con il proprio target ponendosi, allo stesso tempo, come complementare alla programmazione mainstream. Una delle caratteristiche distintive di Ray è la possibilità per gli utenti di contribuire in prima persona, in maniera creativa, al racconto, attraverso, ad esempio, concorsi per la scoperta di nuovi talenti (La bottega delle web series e RainventaRai).

Nel suo progetto editoriale fiction per gli anni 2016-201812 la Rai si propone di continuare sulla strada dell’inclusione e dell’innovazione anche sulle reti tradizionali. L’intento è quello di mantenere Rai 1 come la rete del grande racconto popolare, che includa il target più ampio possibile. La fiction delle altre reti (Rai2, Rai3 e Rai4) dovrebbe invece percorrere la strada dell’innovazione, con progetti sfidanti e dal profilo internazionale. Riguardo ai formati l’operatore pubblico intende privilegiare prodotti replicabili (returning series) di lunga o media serialità (20-26 episodi da 50’ o 12-16 episodi da 50’), piuttosto che i formati seriali da 100’, che dovranno essere utilizzati solo quando esplicitamente necessari alla struttura narrativa del racconto. Infine, nell’ottica di internazionalizzare i propri prodotti seriali, va citato il capitolo coproduzioni. Si tratta di grossi progetti nei quali i produttori intervengono con quote fortemente significative (dal 30% al 60% del budget complessivo), che possono coinvolgere talenti in prestito dal cinema, che nascono con un forte interesse internazionale, con cast misti e allo stesso tempo una forte presenza italiana. In genere si tratta di serie brevi (8-10 episodi da 50 minuti) con un investimento finanziario rilevante.

SCHEDA: LA CONSULTAZIONE PUBBLICA SUL SERVIZIO PUBBLICO Il 12 aprile 2016 ha preso il via CambieRai, la prima consultazione sul servizio pubblico radio-televisivo e multimediale mai fatta in Italia13. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha convocato 16 tavoli tecnici, distribuiti in 4 macro-aree (Sistema Italia, Industria creativa, Digitale, Società italiana), ai quali hanno partecipato 140 persone in rappresentanza di 62 associazioni, 20 enti pubblici e istituzioni, 11 centri studi e think tank. 20 gli esperti coinvolti, 16 i rappresentanti di Rai, uno per ogni tavolo. All’interno della macro-area Industria creativa, uno dei tavoli tecnici si è occupato di “Fiction e animazione”. Tra le proposte venute fuori dalla discussione vi è l’auspicio che la Rai dedichi risorse alla crescita creativa e competitiva del settore audiovisivo utilizzando le maggiori risorse dell’extra gettito del canone a finanziare la produzione di fiction, documentari e animazione, privilegiando i contenuti originali e la produzione indipendente e rivolgendo particolare attenzione ai giovani talenti. Dal punto di vista dei contenuti la Rai dovrebbe continuare a mantenere la propria offerta

11 Cfr. tra gli altri: Stefano Carli, Meno calcio, più film e serie. Sky, Rai e i produttori alla guerra dei contenuti, “Repubblica”, 21 marzo 2016, Andrea Biondi, Cinema, nasce il terzo polo con Sky e produttori indipendenti, “Il sole24ore”, 29 agosto 2016. 12 http://www.rai.it/dl/rai/text/ContentItem-90a3232f-5d76-4bd0-80df-49c3800276d2.html 13 http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/per-i-media/comunicati-stam_pa/2034373-cambierai-via-alla- prima-consultazione-pubblica-sulla-rai

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

generalista ma porre anche attenzione alle audience più giovani e attente alle nuove tendenze. Il servizio pubblico dovrà poi concentrare gli sforzi per favorire la penetrazione di contenuti sui mercati internazionali, anche aprendosi a forme di aggregazione e collaborazione commerciale quali le coproduzioni, mantenendo, nei contenuti, la specificità italiana e sperimentando linguaggi, stili narrativi e format appetibili all’estero. La vocazione universale dovrà infine essere sostenuta attraverso un servizio multipiattaforma in grado di attirare pubblici diversi per abitudini di fruizione, comprese quelle in mobilità, e modalità trasmissive in alta definizione. I tavoli hanno portato alla stesura di un questionario disponibile per 45 giorni sul sito del governo a partire da maggio. Le 36 domande hanno riguardato l’utilizzo delle risorse da canone e pubblicità, le nuove abitudini di consumo dei programmi tv, la presenza sulle nuove piattaforme, l’alfabetizzazione digitale, la dimensione internazionale della Rai, il rapporto con la produzione indipendente dell’audiovisivo e le startup digitali, la collaborazione con la scuola, la cultura e il mondo del terzo settore e l’evoluzione dell’informazione. Alla scadenza prevista della consultazione i risultati in termini di partecipazione dei cittadini sono stati sorprendenti: 11.188 questionari compilati e 9.156 quelli completati14. Gli italiani hanno dunque accolto favorevolmente la possibilità di esprimere la propria opinione sull’idea di servizio pubblico che vorrebbero, in vista della nuova Convenzione tra lo Stato e la Rai in scadenza nel 2016 e che durerà per 5 anni anziché 3 anni come in passato.

Ad aprile 2016, Mediaset ha formalizzato un accordo con il colosso francese Vivendi per la nascita di un nuovo polo televisivo europeo. L’accordo includerebbe la vendita della quota del Biscione della pay-tv Mediaset Premium e una collaborazione per la produzione di contenuti originali, per la pay-tv e per far confluire i rispettivi portali OTT – Infinity per gli italiani e Watchever per i francesi – in una piattaforma comune europea, sul modello Netflix. La partnership che si era presentata come una svolta nel mondo della televisione a pagamento, sempre più dipendente dalla banda larga e affamata di produzioni originali di qualità, oggi, in buona parte, prerogativa statunitense15 ha in realtà subito una battuta d’arresto a causa del dietrofront dei francesi, dando vita ad una diatriba i due gruppi che non si è ancora conclusa (vedi supra nota 6).

2.2 Gli investimenti in produzione indipendente e il rispetto degli obblighi

Gli investimenti in produzione indipendente da parte dei broadcaster sono stati, nel 2013, il 13% del totale, pari a poco meno di 682 milioni di euro. Quasi l’83% sono da attribuirsi ai broadcaster generalisti free-to-air, mentre il 14,7% riguardano i canali pay e un residuo 2,6% resta ai canali free tematici.

14 http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php/it/per-i-media/comunicati-stam_pa/2034856-cambierai-piu-di- 10-mila-i-partecipanti-alla-prima-consultazione-_pubblica-sulla-rai 15 Francesco Spini, Mediaset-Vivendi, firmato l’accordo. Decolla il nuovo polo europeo della tv, “La Stampa”, 8 aprile 2016

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Fig. 17 Investimenti in produzione indipendente, 2013 (mln € e %)

Fonte: elaborazioni su dati Agcom sui 10 maggiori broadcaster presenti nel mercato nazionale

Le quote maggiori di investimenti sono occupate da fiction e intrattenimento. I 10 maggiori broadcaster nazionali infatti, hanno investito in fiction una quota pari a circa 216 milioni di euro, il 31% della cifra totale spesa in programmazione indipendente.

Fig. 18 Investimenti dei broadcaster in opere di produttori indipendenti per genere, 2013 (mln €)

Fonte: elaborazioni su dati Agcom sui 10 maggiori broadcaster presenti nel mercato nazionale

L’analisi delle modalità di investimento per tipologia di opere evidenzia come gli investimenti mediante produzione rappresentino il 40% del totale. L’investimento in produzione è particolarmente usato per i prodotti di intrattenimento e per i documentari. Si acquistano invece il 27% delle opere, in particolare di fiction, film e animazione e, in misura minore, i documentari. Il pre-acquisto, tipico dell’investimento in prodotti cinematografici, costituisce il 19% del totale, mentre la co-produzione è utilizzata principalmente per le opere di fiction e animazione (e ancora poco per le opere cinematografiche) e riguarda il 14% delle opere.

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Fig. 19 Distribuzione delle tipologie di investimento, 2014

Fonte: Agcom

Gli obblighi in materia di programmazione sono stati introdotti con direttiva 2010/13/UE sui servizi di media audiovisivi, che, all’articolo 17 comma 1, stabilisce per ogni Stato membro la riserva, ove possibile, della maggioranza del tempo trasmissione a opere di origine europea e del 10% del tempo di trasmissione alle opere europee realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti stesse, oppure, in alternativa, il 10% almeno del loro bilancio destinato alla programmazione16.

Tali principi sono stati recepiti dalla normativa italiana all’articolo 44 del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici n. 177 del 2005 e smi.

L’Agcom ha il potere di vigilare sul rispetto delle soglie e ha disciplinato la materia con delibera 9/99/CONS, poi sostituita con la 66/09/CONS recante “Regolamento in materia di obblighi di programmazione ed investimento a favore di opere europee e di opere di produttori indipendenti adottato ai sensi degli articoli 6 e 44 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177”.

Due ulteriori regolamenti attuativi sono stati emanati a seguito delle modifiche apportate al Testo unico con decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 120. Il primo (di cui al comma 3 dell’articolo 44), adottato con decreto interministeriale MiSE-MiBACT il 22 febbraio 2013, fissa i criteri per la qualificazione delle opere cinematografiche di espressione originale italiana e le relative quote obbligatorie di produzione e di investimento. Il secondo (di cui al comma 8 del citato articolo 44), è stato adottato da Agcom con delibera n. 186/13/CONS del 28 febbraio 2013, ed ha definito i criteri di verifica degli obblighi di programmazione e di investimento e quelli per la valutazione delle richieste di concessione di deroghe

16 Il 25 maggio 2016 la Commissione europea, nel quadro delle azioni volte alla creazione del Mercato Unico Digitale, ha reso pubblica la proposta di emendamenti alla Direttiva Servizi Media audiovisivi, introducendo alcune novità in materia di piattaforme video-sharing (per la prima volta regolate ma solo con riferimento alla tutela dei minori), di comunicazioni commerciali (maggiore flessibilità concessa ai broadcaster sui tetti di affollamento pubblicitari) ma lasciando invariate le quote di programmazione e di investimento a carico delle reti televisive. Anche per i servizi video on demand (come Netflix) è ora prevista una quota minima di programmazione (fissata al 20% del catalogo) e un obbligo di prominence. Un approfondimento è contenuto nel capitolo IV. Cfr. anche http://www.i-com.it/2016/06/24/avmsd-refit-or-reform-audio-visual-media-services-in-the-digital-era/

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agli obblighi stessi.

Gli obblighi introdotti dal decreto interministeriale sono entrati in vigore il 1° luglio 2013, prevedendo, per il primo triennio di entrata in vigore, una riduzione dell’obbligo di investimento pari al 30% per il 2013 e del 15% per il 2014. I dati parziali presenti all’interno dell’indagine conoscitiva Agcom riguardano Rai, RTI e Sky Italia che complessivamente hanno investito 88,6 milioni di euro nel secondo semestre 2013. L’incidenza sul totale dei ricavi eleggibili dichiarati, sempre con riferimento alla seconda metà del 2013, è stata, in media, del 4,1%.

Nel 2013 le soglie di investimento sono state rispettate da tutte le tipologie di broadcaster.

Fig. 20 Quote di investimento, 2013 (%)

Fonte: elaborazioni su dati Agcom sui 10 maggiori broadcaster presenti nel mercato nazionale

Con riferimento alle quote di programmazione di opere europee di cui all’articolo 44, comma 2, del TUSMAR, tutti gli operatori hanno generalmente rispettato gli obblighi. Il valore medio è stato in genere del 61%, ben al di sopra della “maggioranza” delle ore di programmazione complessive stabilite dal legislatore. La7 con l’80% e Discovery con il 52% rappresentano i due estremi. Il valore medio di opere europee recenti è invece del 39%, e, ancora una volta, La7 e Discovery rappresentano i due estremi con, rispettivamente, il 67% e 27% di ore di programmazione dedicate ad opere recenti.

Fig. 21 Quote di programmazione di opere europee per operatore, 2014

Fonte: Agcom

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Anche la soglia minima del 20% per singolo canale, stabilito dalla delibera n. 66/09/CONS, è stata mantenuta. Il valore medio del 61% varia dall’estremo più basso del 32% di Cielo e al valore massimo del 92% dichiarato da Rai 1. In generale la trasmissione di opere europee viene dunque preferita dai canali generalisti.

Il dato medio di opere europee recenti si attesta intorno al 46% e varia dal 18% di Cielo al 79% di Canale 5.

Fig. 22 Quote di programmazione di opere europee per singolo canale, 2014

Fonte: Agcom

Il Mibact ha infine varato una riforma di sistema delegando al governo modifiche e migliorie dell’attuale disciplina sulla programmazione delle opere europee e italiane da parte degli operatori secondo principi di proporzionalità, adeguatezza ed efficacia. L’obiettivo è rafforzare la concorrenza, aumentare il pluralismo dell’informazione e rendere più equa la distribuzione dei diritti di sfruttamento delle opere attraverso un adeguato sistema sanzionatorio17.

17 Cfr. art 31 disegno di legge n. 2287 “Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo e deleghe al Governo per la riforma normativa in materia di attività culturali” attualmente in discussione al Senato https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/320284.pdf

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CAPITOLO III |

LA PRODUZIONE DI FICTION

3.1 Un universo fragile e frammentato

La produzione audiovisiva italiana continua ad essere caratterizzata da un elevato livello di frammentarietà, laddove, ai pochi soggetti di dimensioni solide e dotati di riconoscibilità a livello internazionale si affianca una coda lunga di imprese piccole e piccolissime legate alla stagionalità delle proprie produzioni e le cui dimensioni rimangono sostanzialmente inadeguate alle sfide del mercato di riferimento. Di conseguenza si assiste ad una altissima concentrazione dei ricavi: il 10% delle società accumulano i tre quarti delle entrate complessive del settore.

La crisi economica ha ulteriormente aggravato il bilancio di polverizzazione dell’universo della produzione, piuttosto che indurre i vari soggetti a fondersi tra loro o incentivare i processi di acquisizione e vendita, allargando dunque ancora di più la forbice tra la fascia alta delle imprese più grandi e quella bassa dei soggetti minori. La causa principale di questa situazione è il calo degli investimenti dei broadcaster che, in molti casi, specie per i produttori televisivi, sono gli unici committenti o acquirenti. Il quadro che ne consegue è quello di un progressivo indebolimento del tessuto produttivo, una crescente dipendenza da poche commesse e una maggiore difficoltà ad accedere al credito o altre forme di finanziamento.

Il rapporto con i broadcaster è caratterizzato da un forte squilibrio in favore di questi ultimi a causa di un’alta concentrazione della domanda e un’estrema polverizzazione dell’offerta. I produttori italiani si trovano a dipendere soprattutto dalla Rai, che propone spesso solo coproduzioni ed ha ormai una coda di titoli che quasi non riesce a smaltire18.

Inoltre il comparto audiovisivo si identifica sostanzialmente come un mercato wholesale e questo genera dinamiche di acquisto da parte degli operatori volte alla costruzione di library esclusive che impediscono di fatto la circolazione del prodotto e riducono le possibilità di ulteriori introiti per i produttori19.

18 Stefano Carli, Meno calcio, più film e serie. Sky, Rai e i produttori alla guerra dei contenuti, op. cit. 19 Agcom, Indagine conoscitiva sul settore della produzione audiovisiva, op. cit.

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

Il campione analizzato da Agcom all’interno dell’Indagine conoscitiva sul settore della produzione audiovisiva mostra le difficoltà incontrate dal settore. Se nel 2011 le top 5020 ottenevano ricavi pari a 872 milioni di euro, nel 2014 le stesse riducevano gli introiti del 21% a 690 milioni.

Le sole società produttrici di fiction, che nel 2011 ricavavano poco più di 624 milioni di euro, hanno ridotto di oltre un quarto le entrate a 464 milioni, nel giro di 4 anni. Un calo superiore a quello del comparto inteso nella sua interezza.

Fig. 23 Ricavi da vendite e prestazioni top 50 società di produzione (mln €)

Altri produttori Produttori fiction

247,0 212,1 225,3 201,4

624,2 554,2 439,1 464,1

2011 2012 2013 2014

3 società in liquidazione: Albatross, Entertainment, LDM Comunicazione e Titania produzioni, non hanno presentato bilancio nel 2014. Per queste società sono stati considerati nel 2014 gli stessi ricavi del 2013. Fonte: elaborazioni su dati Agcom e bilanci di 46 società di produzione

Il mercato mostra una grande disparità nella ripartizione dei ricavi, più della metà dei quali, corrispondenti a 242 milioni di euro, si concentra nelle mani dei primi 5 produttori di fiction. Endemol Italia, l’unica società a superare i 50 milioni di euro nei quattro anni considerati, nel 2014 raccoglie, da sola, il 15% dei ricavi del mercato della produzione di fiction, aumentando la propria quota di due punti percentuali rispetto al 2011, pur riducendo le entrate del 18%.

Fig. 24 Classificazione prime 26 società di produzione di fiction per fascia di ricavi da vendite e prestazioni (mln €, % e N), 2014

< 10 mln 52,0 11%

> 30 mln 241,9 10 - 30 mln 52% 170,3 37%

Fonte: elaborazioni su dati di bilancio societari

20 Un totale di 46 società di produzione tra fiction, cinema e altri generi.

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Le piccole imprese sono le più penalizzate dalla contrazione dei ricavi: perdono infatti il 57% tra il 2011 e il 2014, passando da 121 a 52 milioni di euro. Cospicua anche la perdita delle società di medie dimensioni (con ricavi compresi tra i 10 e i 30 milioni di euro, che contraggono i ricavi del 32% nei quattro anni. Le società più strutturate, quelle con ricavi che superano i 30 milioni di euro, perdono il 4% nel quadriennio. Il 2014 è stato un anno di ripresa per le grandi e medie imprese, che recuperano rispettivamente l’8% e il 17% sul 2013, mentre le piccole società continuano a contrarre i ricavi del 25%.

Fig. 25 Classificazione prime 26 società di produzione di fiction per fascia di ricavi da vendite e prestazioni (mln €), 2011-2014

252,3 250,4 241,9 2011 226,6 223,8 231,4 2012

170,3 2013 145,5 121,5 2014 96,2 69,7 52,0

> 30 mln 10 - 30 mln < 10 mln

Fonte: elaborazioni su dati Agcom e bilanci societari L’universo è stato suddiviso in base alla fascia di ricavi da vendite e prestazione in cui rientravano nel 2014

Le società di produzione di fiction totalizzano, nel 2014, 2.792 addetti21, che corrispondono all’88% dei totale addetti dichiarati dalle top 50 società di produzione audiovisiva. Il 35%, 975 in valori assoluti, sono dipendenti delle 5 società maggiori. Le società medie e piccole hanno alle loro dipendenze rispettivamente l’11% e il 54% degli addetti totali.

Fig. 26 Addetti 26 società di produzione di fiction e addetti per fascia di ricavi (mln €), 2014

> 30 mln 975 35% 10 - 30 mln Produttori di 309 fiction 11% 2.791 88% < 10 mln 1.507 54%

Fonte: elaborazioni su dati delle società che hanno dichiarato il numero di addetti medi

21 Gli addetti sono quelli dichiarati nei bilanci, non tutte le società indicano questo dato.

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Analizzando i ricavi delle 26 società di produzione di fiction aggiornati al 2014, è possibile evidenziare che il saldo è positivo, ovvero i ricavi totali aumentano del 6% sul 2013. Permangono tuttavia grosse differenze tra le singole società a dimostrazione della grossa aleatorietà da cui è caratterizzato il settore.

Fig. 27 Ricavi società di produzione di fiction, 2013 e 2014 (mln €)

2013 2014

IIF Barter LDM* Endemol Magnolia Lux Vide Cattleya Publispei Wildside Ares Film Palomar DAP Italy Bananas Fandango Albatross* ITC Movie Dog's Life Mediavivere Ciao Ragazzi Cross Prod. Indiana Prod. Zodiac Active Paypermoon Titania Prod.* Fremantlemedia Europroduzione

Fonte: elaborazioni su dati Agcom e bilanci societari top 26 società di prod. fiction per ricavi da vendite e prestazioni 2014. *Albatross, Titania e LDM in liquidazione, non presentano bilancio 2014, i dati presentati sono gli stessi del 2013

3.2 Le buone pratiche

Se il mercato italiano della produzione audiovisiva stenta ad affermarsi, non mancano segnali di ripresa a livello di qualità di contenuti, che hanno portato alcuni prodotti nostrani ad avere visibilità e riconoscimenti all’estero. Si possono ormai citare numerosi casi italiani di successo. Il celebre Commissario Montalbano, 28 episodi trasmessi in 10 stagioni tra il 1999 e il 2016, oltre ad essere un prodotto di punta di Rai 1 (e le numerose repliche in prima serata continuano a collezionare ascolti considerevoli) è ormai esportato in più di 65 paesi nel mondo.

Ma la spinta verso l’innovazione proviene dalla nuova “serialità pay”. Esemplare il caso di Gomorra, la serie targata Sky e Cattleya che racconta, dall’interno, storie di camorra, venduta in oltre 50 paesi prima ancora che ne fossero ultimate le riprese e oggi esportata in 150 paesi. La serie, la più guardata di sempre sulla piattaforma Sky, ha avuto una media di 1,1 milioni di spettatori nella prima stagione, poi raddoppiati nella seconda. Il successo è stato tale che la seconda stagione, in onda a maggio - giugno 2016, è stata trasmessa in simultanea su tutto il network europeo di Sky. L’originalità di Gomorra ha portato testate straniere come il Wall Street Journal a citarla come degna erede di The Wire e I Soprano22 e il suo sbarco sugli schermi Usa, in una piattaforma colta come Sundance, rappresenta un chiaro segnale della rinascita della serialità italiana ed europea.

Anche altre serie firmate Sky, come Romanzo Criminale e 1992, hanno avuto vasta distribuzione internazionale. Romanzo Criminale, prodotta da Cattleya e Sky Cinema, andata in onda sulla piattaforma

22 Tobias Grey, ‘Gomorrah’ Is a Bleak Look at Crime and Punishment in Naples, “The Wall Street Journal”, 17 agosto 2016.

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satellitare in due stagioni tra il 2008 e il 2010, è stata la seconda (dopo Quo Vadis, Baby?) produzione originale Sky. Fu accolta da un parere favorevole pressoché unanime della critica italiana ed estera. Tra i vari estimatori, Aldo Grasso, interrogandosi sui meccanismi della serialità, considerò il racconto delle vicende della banda della Magliana “una scrittura che finalmente esce dai canoni dell'agiografia all'italiana”23, una fiction finalmente degna di essere esportata. Più recente è 1992, prodotta da Wildside, la cui prima stagione è andata in onda su Sky nel 2015. La serie è nata da un'idea di Stefano Accorsi, a conferma del crescente interesse dei protagonisti del cinema nei confronti della televisione, e narra, attraverso le vicissitudini di personaggi veri e fittizi, un periodo cruciale della storia italiana, coincidente con tangentopoli e con la conseguente fine della prima repubblica. Sono confermate altre due stagioni della serie, 1993 e 1994.

Le produzioni appena citate hanno in comune il fatto di narrare momenti bui della storia del nostro paese, sono storie crude, di criminalità e corruzione. Utilizzano punti di vista originali, quelli del cattivo di turno, usano un linguaggio del tutto nuovo rispetto alle fiction del passato, sono inserite in format innovativi. Sostiene l’Economist, che le storie "dark" di criminalità e corruzione mostrano un deciso cambio di tendenza rispetto alle tradizionali storie nostrane di "santi poeti e navigatori"24. A tal proposito il New York Times nel celebrare il debutto di Gomorrah negli Stati Uniti su Sundance Tv a partire dal 24 agosto 2016 scrive: “Roberto Saviano’s best-selling 2007 book, Gomorrah, his reportage about the Neapolitan crime syndicate the Camorra, was dark. Matteo Garrone’s award-winning 2009 film adaption was darker. And the hit Italian television series of the same name is by far the darkest”25.

Tra le buone pratiche di fiction italiana, citiamo ancora The Young Pope, l’ultimo ambizioso progetto di Wildside coprodotto con Sky, in partnership con HBO e diretto dal premio Oscar Paolo Sorrentino accolto favorevolmente all’ultima Mostra del cinema di Venezia. È una coproduzione originale (8 puntate) che coinvolge Italia, Francia, Stati Uniti e Regno Unito ed attori del calibro di Jude Law e Diane Keaton.

Anche l’operatore pubblico è impegnato in progetti importanti: sta infatti collaborando alla produzione di Suburra, la prima serie originale italiana firmata Netflix, in collaborazione con Cattleya. Sarà Stefano Sollima, già regista di Romanzo Criminale e Gomorra a firmare questo progetto tratto dal romanzo di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo26 e di cui è già uscito nelle sale il film. Questa collaborazione tra Rai, Netflix e Cattleya è parte della nuova strategia intrapresa dall’operatore pubblico per innovare ed essere competitivi sia in Italia sia all’estero.

A riprova della crescente qualità delle nostre produzioni, la fiction italiana quest’anno è arrivata anche al MipTv (Mercato Internazionale dei Programmi Televisivi, Cannes, 4-7 aprile 2016), manifestazione in cui storicamente la visibilità del prodotto italiano, quando si riusciva a conquistare, era dovuta al genere d’animazione. La serie Medici. Masters of Florence, coproduzione Lux Vide – Rai Fiction – Big Light, è stata infatti selezionata per partecipare ai MipDrama Screenings, l’evento in cui circa 350 buyers possono visionare 15-20 minuti di ciascuna delle 12 serie scelte. Mentre , format di successo targato Palomar – Rai Fiction – Big Bang Media, è stata in lizza con altre 3 fiction internazionali

23 Aldo Grasso, Il Libanese e il Dandi: fiction riuscita, “Corriere della Sera” 16 gennaio 2009. 24N .E., Italian political drama is the new Nordic Noir, “The Economist”, 8 febbraio 2016. 25 Rachel Donadio, ‘Gomorrah’ Brings a Familiar Italian Import: Dark Crime, “The New York Times”, 19 agosto 2016. 26 De Cataldo ha anche scritto, tra gli altri, Romanzo Criminale da cui sono stati tratti l’omonimo film e serie tv.

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per la quarta edizione degli Emmy Kids Awards manifestazione che si è tenuta per la prima volta al MipTv.

I segnali che indicano che l’industria italiana potrebbe competere con le serie americane sono tanti. Va tuttavia ricordato che molti prodotti di successo italiani sono in realtà adattamenti di format originali stranieri, una pratica, questa, piuttosto diffusa anche all’estero. Tra i tanti: Homeland è un adattamento del programma israeliano Hatufim; In Treatment, di cui è ben nota la versione statunitense oltre a quella italiana, deriva dall’israeliana Be Tipul; The Bridge è il rifacimento della serie danese/svedese Bron/Broen; The Returned deriva dal format francese Les Revenants.

Il successo di questi format in Italia sta nell’essere riusciti a calare nella nostra realtà un prodotto senza snaturarlo nella propria essenza narrativa. Tra le serie italiane di successo che sono adattamenti di format stranieri ricordiamo: Braccialetti rossi, un successo da 6-7 milioni di spettatori medi in due stagioni in Italia, deriva dalla fiction catalana Polseres Vermelles; , che racconta, tra le righe delle vicende dei protagonisti, usi e costumi nostrani, deriva dalla fiction spagnola Médico de Familia; arriva sempre dalla spagnola Cuéntame Cómo Pasó; la napoletanissima Un posto al sole è l’adattamento dell’australiana Neighbours; I Cesaroni, che racconta la romanità dei protagonisti, è un adattamento dell’originale spagnolo Los Serrano.

Infine, se è vero sono tante le fiction italiane di successo che derivano da format stranieri, è altrettanto vero che i nostri format originali non vengono esportati all’estero. Il diffuso fenomeno della trasposizione dei format in paesi stranieri ha due implicazioni: i broadcaster potrebbero commissionare ai produttori indipendenti italiani prodotti ispirati a realtà straniere ma adattabili alle proprie tematiche/pubblico di riferimento; tuttavia, per incentivare l’esportazione di format di fiction italiana è necessario pensare un’efficace tutela dei diritti di proprietà intellettuale dei format stessi.

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CAPITOLO IV |

VERSO UN MERCATO UNICO DIGITALE

4.1 La riforma della direttiva sui servizi media audiovisivi

La principale fonte normativa che regola la produzione audiovisiva è la direttiva 2010/13/UE sui servizi di media audiovisivi. Ma il costante incremento della convergenza dei servizi di media e delle loro modalità di offerta e fruizione, il moltiplicarsi delle piattaforme di distribuzione e il conseguente moltiplicarsi delle modalità di sfruttamento economico dei prodotti audiovisivi, hanno inciso profondamente sul ciclo di vita dei prodotti e sulle dinamiche di negoziazione dei diritti. Al mutato scenario tecnologico si affianca un quadro normativo e regolamentare incerto e mutevole, sicuramente non più adatto al nuovo contesto di mercato in cui gli stakeholder di sono trovati ad operare.

Per queste ragioni la Commissione europea ha deciso di avviare una fase di revisione della direttiva per adeguare la normativa ai cambiamenti in corso.

La direttiva intende cogliere l’opportunità dell’evoluzione tecnologica perché possa tradursi per i cittadini dell’Unione in un accesso il più ampio possibile a contenuti europei diversificati e di alta qualità. Si pone dunque il problema di come trasformare il processo di convergenza in occasione di crescita economica e innovazione imprenditoriale in Europa e quali siano le implicazioni in termini di pluralismo dei media, diversità culturale, protezione dei consumatori, in particolare di alcune categorie specifiche come i minori.

Le disposizioni della direttiva si applicano ai fornitori di servizi media, la cui definizione (art. 1, par. 1, lettera “d”) si basa sul concetto di responsabilità editoriale, escludendo le persone fisiche o giuridiche che si limitano a trasmettere programmi per i quali la responsabilità editoriale spetta a terzi. Finché il fornitore è responsabile della scelta dei contenuti e ne determina le modalità di organizzazione, i suoi servizi sono soggetti alle disposizioni della direttiva anche se il contenuto è fornito attraverso Internet.

Nell’intento di promuovere la neutralità tecnologica, ovvero la regolamentazione dei servizi indipendentemente dal dispositivo con cui vengono veicolati, la direttiva distingue i servizi media audiovisivi lineari ovvero le trasmissioni televisive (art. 1, par. 1, lettera “e”) e non lineari ovvero a richiesta (art. 1, par. 1, lettera “g”), ritenendo che questi ultimi, necessitando di un grado di controllo da parte del consumatore molto più elevato, giustificassero una regolamentazione meno stringente.

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Una delle questioni ritenute più rilevanti, e che sta a cuore a broadcaster e produttori, riguarda l’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo della direttiva. In particolare, andrebbe valutato se esistano ancora le condizioni per regolamentare in maniera più leggera alcuni soggetti quali gli OTT e se vada rivista la normativa relativa alla promozione della produzione europea.

I differenti regimi esistenti tra i fornitori di servizi di media audiovisivi e i cosiddetti over the top, generano un’asimmetria regolamentare che ha implicazioni anche sul sistema di finanziamento dei prodotti audiovisivi europei. Gli OTT, infatti, oltre ad essere sottratti all’ambito di applicazione soggettivo della direttiva, con quanto ne consegue in termini di obblighi di programmazione e investimento in opere europee, godono di un diverso regime fiscale. Ma grazie all’evoluzione tecnologica la concorrenza tra queste due tipologie di servizi è destinata ad aumentare e le differenze ad assottigliarsi. Potranno essere offerti sullo stesso schermo, o tramite due canali di trasmissione, gli stessi contenuti allo stesso pubblico, rendendone meno netta, agli occhi del consumatore, la distinzione. In tali circostanze verrebbe meno la necessità di differenziare i regimi regolatori.

Altro punto riguarda la promozione e distribuzione delle opere europee. In particolare l’articolo 13 prevede espressamente al primo paragrafo che i servizi di media audiovisivi a richiesta promuovano la produzione e l’accesso ad opere europee; gli obblighi per i servizi non lineari sono più flessibili e prevedono la possibilità di richiedere un contributo finanziario alle emittenti e ai fornitori di servizi a richiesta allo scopo di sostenere la produzione di opere europee. L’articolo 16 riguarda invece i programmi televisivi e stabilisce che gli Stati membri provvedano affinché le emittenti riservino ad opere europee la maggior parte del loro tempo di trasmissione (par. 1) 27. L’articolo 17 entra ancora più nel dettaglio e stabilisce che la quota riservata alle opere europee realizzate da produttori indipendenti dalle emittenti non debba essere inferiore al 10% almeno del loro tempo di trasmissione — escluso il tempo assegnato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi, pubblicità, servizi di teletext e televendite — oppure, a scelta dello Stato membro, al 10% del bilancio che le emittenti destinano alla programmazione; tale percentuale dovrebbe essere raggiunta gradualmente secondo criteri appropriati.

Sono state varie le modalità di promozione, finanziamento e distribuzione ad un pubblico più ampio delle opere europee messe in atto dagli Stati membri. Tuttavia, nel rispetto degli obblighi regolamentari, gli Stati membri dedicano la maggior parte degli sforzi alle produzioni nazionali e poco spazio alle produzioni di opere europee non nazionali, che rappresentano la minima parte delle ore di trasmissione nell’Ue (nel 2011 erano solo l’8,1%28).

Approfondendo maggiormente la questione, e constatando come sta evolvendo il mercato dei prodotti audiovisivi, la Commissione si interroga su quali siano i fattori che permettono ai prodotti statunitensi di imporsi sul mercato dell’Unione europea, frammentato da barriere linguistiche e culturali, e che impediscono allo stesso tempo una simile affermazione per i prodotti interni. Parimenti la Commissione si chiede quali siano i fattori che influenzano la disponibilità di contenuti premium e se esistano ostacoli che richiedono un intervento di regolamentazione per l’accesso alle piattaforme.

27 Ogni volta che sia possibile e ricorrendo ai mezzi appropriati; escluso il tempo assegnato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi, pubblicità, servizi di teletext e televendite 28 Commissione europea, Libro verde: Prepararsi a un mondo audiovisivo della piena convergenza: crescita, creazione e valori, 24 aprile 2013

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La direttiva AVMS si applica esclusivamente ai fornitori sotto la giurisdizione dell’Unione europea. Nello specifico, i servizi di media audiovisivi forniti via satellite sono soggetti alla giurisdizione di uno Stato membro se il collegamento terra-satellite (up-link) è situato in quello stesso Stato oppure se la capacità del satellite utilizzato è di sua competenza (articolo 2, par. 4). Le norme non si applicano dunque ai contenuti forniti attraverso Internet da paesi extra comunitari anche se destinati ai paesi Ue. Un problema che dovrà essere affrontato nella riforma della direttiva, anche in virtù del sempre più facile accesso a servizi media offerti in rete da paesi terzi, sarà come valutare e affrontare questa sovrapposizione di competenze che porta necessariamente ad una asimmetria regolamentare che penalizza gli operatori comunitari su, ad esempio, fornitori di servizi media statunitensi.

4.2 La riforma del copyright

Altro punto su cui Bruxelles ha ritenuto di dover avviare una riflessione condivisa, e sui cui una riforma del sistema è dettata ancora una volta dalle mutate condizioni tecnologiche e modalità di distribuzione dei contenuti, riguarda il diritto d’autore. La questione è piuttosto complessa, poiché riguarda da un lato lo sviluppo delle nuove modalità di distribuzione dei contenuti e la possibilità, per i cittadini, di accedere ad esse in qualunque paese si trovino, dall’altro la protezione e giusta remunerazione di chi questi contenuti li produce.

La questione del copyright si inserisce all’interno di un più ampio dibattito relativo alle strategie per un mercato unico digitale (DSM). Con riferimento ai mercati online, infatti, si evidenzia la profonda contraddizione tra un mezzo, Internet, praticamente senza confini, che sta rapidamente cambiando il modo in cui i contenuti vengono prodotti, commercializzati e distribuiti ai consumatori, e le numerose barriere che, al contrario, impediscono lo sviluppo dei mercati online, l’accesso ai servizi di telecomunicazione paneuropei, ai servizi e ai contenuti digitali. Questo aumenterebbe i costi e limiterebbe l’accessibilità dei mercati, generando “un circolo vizioso della domanda e dell’offerta a svantaggio della competitività del mercato unico, della crescita e dell’occupazione”29.

Nello specifico, Il mercato europeo dell’audiovisivo continua ad essere estremamente frammentato e composto da svariate piccole e medie imprese non ancora paragonabili al sistema delle major statunitensi. Buona parte dei servizi audiovisivi europei è ancora confinato all’interno dei mercati nazionali o di particolari aree linguistiche. La territorialità dei diritti non impedisce la concessione di licenze multiterritoriali, ma in alcuni casi è difficile ottenerle: i titolari dei diritti possono, ad esempio, decidere di limitare ai fornitori di servizi la diffusione degli stessi soltanto ad un unico territorio o a territori limitati; i fornitori di servizi possono decidere loro stessi di limitare la distribuzione a un particolare territorio pur disponendo di licenze (in particolare per i diritti online) che coprono un territorio più ampio.

Nel caso delle opere audiovisive, la concessione di licenze territoriali combinate all’esclusività territoriale concessa a singoli distributori o fornitori di servizi può rendersi necessaria per preservare la sostenibilità dei finanziamenti ma questo impedirebbe di fatto ai fornitori e ai distributori di offrire la “portabilità” transfrontaliera dei servizi o di offrirli in altri Stati membri.

29 Ministero dello Sviluppo Economico, Position paper sul Mercato Unico Digitale (DSM), Italia, 2015

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È anche vero che ad oggi molti programmi europei, anche quelli di successo nei rispettivi territori, suscitano poco interesse all’estero. Quelli che riescono a superare i confini nazionali sono pochi, estremamente tematici (es. i programmi per bambini) e caratterizzati da forte identità del marchio.

Inoltre, se fino a qualche anno fa le emittenti dovevano gestire unicamente i diritti di trasmissione lineare, oggi la realtà è molto più complessa e comprende tutta la categoria dei servizi a richiesta e online. Nei casi in cui le emittenti distribuiscano i propri servizi online oltre il territorio di emissione primaria, esse devono gestire i diritti per ciascun territorio aggiuntivo generando in molti casi sforzi amministrativi e costi di transazione significativi.

Se dunque da un lato la direttiva sui servizi di media audiovisivi avalla il principio della libertà di trasmettere e ricevere programmi tv nell’Ue, libertà che rientra nel più ampio diritto dei cittadini di essere europei, dall’altro risulta fondamentale rendere concreta la possibilità per chiunque, all’interno dello spazio dell’Unione, di fruire liberamente dei servizi e contenuti, indipendentemente dal luogo in cui ci si trova.

Recentemente la Commissione ha reso pubblica una relazione preliminare a seguito di un’indagine settoriale sull’ecommerce lanciata a maggio 201530. La relazione ribadisce la rapida crescita del commercio elettronico nell’UE e individua le pratiche commerciali che rischiano di incidere sulla concorrenza e limitare le scelte dei consumatori. L’indagine ha previsto la raccolta dei dati di circa 1.800 imprese attive nel commercio elettronico di beni di consumo e di contenuti digitali e ha esaminato circa 8.000 contratti di distribuzione. Relativamente ai contenuti digitali la commissione ha ribadito che la disponibilità di licenze da parte dei detentori di diritti d’autore sui contenuti è essenziale per i fornitori di contenuti digitali e rappresenta un fattore determinante per la concorrenza sul mercato. Ma gli accordi di licenza sui diritti d’autore sono complessi e spesso esclusivi poiché stabiliscono quali territori, tecnologie e finestre di distribuzione possono utilizzare i fornitori di contenuto digitale.

A marzo 2016 la Commissione ha riportato che nel commercio elettronico, soprattutto per i contenuti digitali, è molto diffuso il geoblocking, una pratica che di fatto limiterebbe la concorrenza nel mercato unico in violazione delle norme antitrust dell'UE. Oltre il 60% degli accordi di licenza presentati da titolari di diritti sarebbe infatti limitato al territorio di un unico Stato membro e quasi il 60% dei fornitori di contenuto digitale che hanno partecipato all’indagine avrebbe applicato contrattualmente il geoblocking.

D’altra parte il paper del 2015 contenente la posizione italiana sul mercato unico digitale pubblicato sul sito del Mise individua tra le altre linee di azione quella di “sostenere il diritto d’autore online e l’audiovisivo”31. La questione è di fondamentale importanza poiché si tratta di equilibrare la circolazione transfrontaliera delle opere audiovisive europee, la presenza delle opere europee in tutte le piattaforme di distribuzione e una adeguata remunerazione ai fornitori di servizi media audiovisivi e ai titolari dei diritti, garantendo al tempo stesso condizioni di parità per la competitività di tutti gli operatori.

In più occasioni la Commissione europea ha ribadito la necessità di garantire una remunerazione adeguata per i titolari dei diritti e una maggiore remunerazione per i creatori dei servizi. Sebbene infatti i

30 http://europa.eu/rapid/press-release_IP-16-3017_it.htm 31 Ministero dello Sviluppo Economico, Position paper sul Mercato Unico Digitale (DSM), op. cit.

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diritti economici esclusivi e i termini di protezione siano stati oggetto di armonizzazione32, le norme sulla paternità del diritto d’autore e la titolarità iniziale sono state armonizzate solo in parte33.

L’Italia si posiziona a favore di una revisione della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, che avvenga in efficace combinazione con l’adeguamento delle direttive 2004/48/CE in tema di enforcement e 2000/31/CE in materia di commercio elettronico. L’armonizzazione della legislazione del diritto d’autore dovrebbe favorire soluzioni contrattuali, analogamente a quanto già previsto con le licenze multiterritoriali nel settore musicale. Un quadro uniforme in materia di concorrenza e fiscalità dovrebbe, inoltre, “essere il presupposto della scelta del regime giuridico in base al criterio del paese di origine dell’uploading (messa a disposizione) ovvero a quello del paese di destinazione”. Eventuali eccezioni e limitazioni, che rispondano all’esigenza di tutelare le diversità culturali degli Stati membri, dovrebbero riguardare casi specifici, essere giustificate e valutate adeguatamente.

A fine 2015, attraverso due Comunicazioni34, la Commissione ha ribadito la propria posizione relativamente a diritto d’autore e portabilità dei contenuti online nel mercato interno.

La Comunicazione sul diritto d’autore spiega in che modo Commissione intende conseguire l’obiettivo di un “quadro normativo più moderno e più europeo sul diritto d’autore”. La Commissione propone, in questo contesto, di rendere più adatte e armonizzare le norme comunitarie sul diritto d’autore (con particolare attenzione alle norme sulla territorialità del diritto d’autore) e adattarle, ove necessario, al nuovo contesto tecnologico.

La Commissione parte dai semplici presupposti che “la gamma di contenuti online disponibile in uno Stato membro specifico non riflette la vastità della produzione culturale europea e l’offerta legale di contenuti online relativi a opere europee è ancora lontana dal realizzare pienamente il suo potenziale”, questo vale in particolare per le opere audiovisive, non sempre disponibili o difficili da reperire al di fuori dello Stato dove sono prodotti. Questo non fa altro che favorire il ricorso a pratiche come l’utilizzo di reti private virtuali (VPN) e la pirateria.

Per ovviare a questi problemi la Commissione sta valutando diverse soluzioni, intese nello specifico a:

- migliorare la distribuzione transfrontaliera dei programmi televisivi e radiofonici online; - incoraggiare i titolari dei diritti e i distributori a preferire licenze che consentano l’accesso transfrontaliero ai contenuti, anche in risposta alle richieste provenienti da altri Stati membri, a beneficio sia dei cittadini europei sia dei portatori d’interesse nella catena dell’audiovisivo;

32 Direttiva 93/83/CEE per il coordinamento di alcune norme in materia di diritto d’autore e diritti connessi applicabili alla radiodiffusione via satellite e alla ritrasmissione via cavo; direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione; direttiva 2006/115/CE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale e direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi. 33 Tale posizione è ribadita, tra gli altri, nel Libro verde sulla distribuzione online di opere audiovisive del 13 luglio 2011, e nella relazione sulla questione della paternità di opere cinematografiche o audiovisive nella Comunità, COM(2002) 691 definitivo, 6 dicembre 2002. 34 COM(2015) 626 final e COM(2015) 627 final, del 9 dicembre 2015

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- facilitare la digitalizzazione delle opere fuori commercio e renderle disponibili, anche in tutto il territorio dell’Unione.

Uno degli ostacoli ad una adeguata applicazione del diritto d’autore è la constatazione dell’esistenza di disparità di condizioni per i diversi operatori presenti sul mercato impegnati in forme di distribuzione equivalenti. Questo impedirebbe di garantire un’equa ripartizione del valore generato dalle nuove forme di distribuzione dei contenuti, soprattutto quando i titolari dei diritti non possono fissare le condizioni per la concessione delle licenze né possono negoziare sullo stesso piano con i potenziali utenti. La stessa questione si porrebbe riguardo l’equa remunerazione di autori e interpreti o esecutori, che possono risentire delle differenze nel potere di contrattazione al momento della concessione delle licenze o del trasferimento dei loro diritti. In questo ambito si richiede a gran voce che vengano regolamentate determinate pratiche contrattuali, e che si tenga conto dei diritti irrinunciabili della remunerazione, della contrattazione collettiva e della gestione collettiva dei diritti.

La proposta di regolamento sulla portabilità transfrontaliera dei servizi di contenuti online nel mercato interno allegata alla Comunicazione sul diritto d’autore di cui si sono appena descritti i punti salienti, riguarda la portabilità dei contenuti fuori dalle frontiere nazionali all’interno del territorio comunitario. La Commissione propone di consentire ai cittadini di usufruire temporaneamente dei contenuti online acquistati (es. l’abbonamento a Netflix o a qualunque offerta online) indipendentemente da dove si trovino fisicamente.

4.3 Il sostegno alle imprese creative

L’audiovisivo riveste un ruolo fondamentale nella creazione di un mercato unico digitale, ma la normativa in materia e la riforma del diritto d’autore non bastano da soli al raggiungimento di un simile ambizioso obiettivo. L’audiovisivo, assieme ad altre industrie culturali come il teatro, la musica, la letteratura, le pubblicazioni scientifiche, vanno sostenute perché solo se sufficientemente competitive possono contribuire alla crescita, l’identità e al progresso sociale dell’Europa.

Tra le misure di sostegno messe in campo dall’Unione europea figurano il programma “Europa creativa” e i finanziamenti per la ricerca e l’innovazione erogati attraverso “Horizon 2020”. L’obiettivo di questi programmi, in particolare del sottoprogramma MEDIA di Europa creativa, è quello di rendere disponibili contenuti nell’intero spazio Ue.

Europa Creativa è un programma quadro di 1,46 miliardi di euro dedicato al settore culturale e creativo per il 2014-2020, composto da due sottoprogrammi (sottoprogramma Cultura e sottoprogramma MEDIA) e da una sezione transettoriale (fondo di garanzia per il settore culturale e creativo + data support + piloting, in partenza a giugno 2016, che mette a disposizione ulteriori 121 milioni di euro per il settore culturale e quello creativo, compresi i progetti audiovisivi).

Il sottoprogramma MEDIA (Mesures pour Encourager le Développement de L'Industrie Audiovisuelle), nasce in risposta alla natura frammentaria dei mercati culturali europei, ed offre sostegno sia alla disponibilità multiterritoriale dei film europei, sia delle piattaforme di video on demand. Lanciato nel 1991, ha investito, in 25 anni, oltre 2,4 miliardi di euro nel settore audiovisivo europeo. Finanzia ogni

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anno circa 2.000 tra film, serie televisive e altre opere prodotte in Europa e distribuite in digitale nelle sale cinematografiche, in televisione e tramite servizi Vod. MEDIA ha anche contribuito alla formazione di oltre 20mila produttori, registi e sceneggiatori, nella delicata fase di adattamento alle nuove tecnologie. Il sostegno ai film avviene nelle fasi iniziali di sviluppo e pre-produzione (sceneggiatura, ricerca di finanziamenti, eventi settoriali), durante la distribuzione (in sala e Vod) a livello internazionale e dunque contribuisce a sostenere la diversità culturale europea. Sostiene la sottotitolatura, il doppiaggio e la pubblicità e cofinanzia le reti di sale cinematografiche che proiettano film europei. Il sottoprogramma MEDIA ha sicuramente contribuito all’intento di raggiungere un pubblico più vasto. Tra il 2010 e il 2014 la percentuale di film europei nelle sale cinematografiche è difatti salita dal 25,4% al 33,2%35.

35 http://ec.europa.eu/italy/news/2016/20160513_cannes_media_it.htm

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CAPITOLO V |

IL SOSTEGNO PUBBLICO ALLA FICTION

5.1 Verso una riforma della disciplina del cinema e dell’audiovisivo

Ad oggi il sostegno all’audiovisivo avviene con strumenti di natura statale (Fus e Tax credit) e territoriale.

Il Fus è stato istituito con l'articolo 1 della legge 30 aprile 1985, n. 163, per fornire sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese operanti in cinema, musica, danza, teatro, circo e spettacolo viaggiante, nonché per la promozione ed il sostegno di manifestazioni e iniziative di carattere e rilevanza nazionale in Italia o all'estero. Nell’anno finanziario 2016 la quota FUS riservata alle attività cinematografiche è stata del 19%. A fronte dunque di uno stanziamento totale di poco meno di 407 milioni di euro, al cinema sono andati circa 77 milioni di euro36.

Il Tax credit era riservato, fino a poco tempo fa, esclusivamente al settore cinematografico. L’estensione all’intero mercato audiovisivo di questo strumento è avvenuta nell’autunno 2013, quando il Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo ha approvato un ampio intervento normativo a sostegno dell’“audiovisivo non cinematografico”37. È entrata in vigore solo nel 2015 a seguito dell’approvazione di un decreto tecnico attuativo38 ed è stata applicata, con effetto retroattivo, anche alle produzioni girate nel 2014. Ai produttori indipendenti di opere audiovisive spetta un credito di imposta in misura pari al 15% del costo eleggibile delle opere audiovisive ammissibili ai benefici previsti nel decreto attuativo, fino all´ammontare massimo annuo di 3,5 milioni di euro per ciascun periodo d´imposta. Il credito d’imposta è riconosciuto in relazione ai costi sostenuti per la produzione di opere audiovisive di nazionalità italiana e che rispondano ai requisiti di eleggibilità culturale previsti dal decreto attuativo e sulle quali i produttori indipendenti detengono diritti ai sensi dell’articolo 7 del citato decreto.

Nel 2015 (e retroattivamente per il 2014) è stato previsto un ammontare complessivo cinema + fiction + web di 114 milioni di euro. Di questi oltre 53 milioni (46%) sono stati assegnati alla fiction tv, circa 2,7

36 http://www.spettacolodalvivo.beniculturali.it/index.php/normativa-fus-e-contributi/doc_download/1332-decreto- riparto-fus-2016 37 Legge n. 112 del 7 ottobre 2013. Conversione del decreto-legge “Valore Cultura” n. 91 dell’8 agosto 2013 emanato dall’allora Ministro delle Attività culturali Massimo Bray. 38 Decreto 5 febbraio 2015, Disposizioni applicative per l'estensione ai produttori indipendenti di opere audiovisive dell'attribuzione del credito d'imposta per le attività cinematografiche (GU n.70 del 25-3-2015).

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milioni (2%) per opere “a prioritario sfruttamento sul web” e il resto è andato alle opere cinematografiche. A fronte di un simile budget i progetti presentati alla Dg Cinema per la produzione di opere destinate all’audiovisivo non cinematografico sono stati 140 per la tv39 e solo 15 per il web40.

La crescente importanza che l’industria audiovisiva assume come veicolo di formazione culturale e di promozione del paese all'estero, ha indotto le istituzioni a ripensare l’intero sistema di finanziamento del settore. Il 2016 è iniziato con l’approvazione del Disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica “Disciplina del Cinema, dell’Audiovisivo e dello Spettacolo” da parte del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini. Il disegno di legge prevede la creazione di un “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e l’audiovisivo”, per sostenere gli interventi per il cinema e l'audiovisivo attraverso incentivi fiscali e contributi automatici che unificano le attuali risorse del Fus Cinema e del Tax credit. Il fondo dovrebbe alimentare il settore con 400 milioni di euro l’anno (+150 milioni, +60%) di risorse certe e dovrebbe introdurre strumenti automatici di finanziamento e incentivi per giovani autori e per chi investe in nuove sale e a salvaguardia dei cinema, dei teatri e delle librerie storiche41. Dovrebbe autofinanziarsi, a partire dal 2017, con una percentuale fissa (11/12%) del gettito Ires e Iva dei settori della programmazione e trasmissione televisiva; distribuzione cinematografica; proiezione cinematografica; erogazione di servizi di accesso ad Internet da parte delle imprese telefoniche e di telecomunicazione.

5.2 La spinta dei territori

Da alcuni anni, i territori hanno iniziato a comprendere l’importanza dell’audiovisivo quale strumento di sviluppo economico e promozione locale e, con il tramite delle Film Commission, hanno messo a disposizione ingenti somme per le produzioni che scelgono di girare all’interno delle regioni.

Le Film Commission forniscono non solo servizi di assistenza tecnica e logistica, ma, in alcuni casi, gestiscono in forma diretta o indiretta dei fondi regionali a cui affluiscono i capitoli di spesa intitolati al supporto della cultura, del turismo o più raramente delle attività produttive. In prevalenza tali strumenti sono alimentati dai bilanci ordinari delle regioni di appartenenza, fatta eccezione per alcune regioni del Sud, dove si attinge anche ai fondi strutturali comunitari o ad altre risorse negoziate nel quadro di Accordi di Programma Quadro tra Mibact-Mise e Regioni coinvolte (Sensi Contemporanei).

39 Dati recenti indicano che alla fine del mese di giugno 2016 le imprese del settore televisivo hanno maturato appena 14 milioni di euro di crediti di imposta con riferimento alle istanze presentate nel 2016. Attualmente la Direzione Generale del Cinema, grazie ad alcune misure previste nella Legge di Stabilità, sta predisponendo nuovi decreti in materia che dovrebbero innalzare le aliquote attraverso un meccanismo modulare ancorato a determinati parametri ed estendere le misure di tax credit anche ad investitori esterni, come già accade per il cinema. 40 La ragione di una simile disparità di numeri nei progetti presentati per la tv e per il web va ricercata nella probabile inadeguatezza di un simile strumento per finanziare i prodotti web native, spesso risultato della creatività di giovani videomaker, non sempre in grado di rispettare i rigidi paletti imposti dal Ministero per ottenere i finanziamenti (iscrizione all’albo dei produttori, richiesta di nazionalità preventiva e definitiva, rispetto dei requisiti di eleggibilità ed altri oneri amministrativi). 41 http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito- MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_1315140184.html

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

Fig. 28 I contributi dei territori all’audiovisivo

Fonte: Iem 2013

Al 2013 si potevano contare complessivamente 24 fondi che a vario titolo (tra cui anche alcuni fondi per l’incoming) sostengono l’audiovisivo, di cui 16 gestiti dalle Film Commission e altri dalle strutture regionali interne all’amministrazione, altri ancora promossi a livello infra-istituzionale, per risorse totali provenienti dai territori stimate in circa 40 milioni di euro42.

L’intervento regionale peserebbe dunque più di un quarto del totale nazionale e come dotazione supererebbe nettamente l’ammontare dei contributi nazionali diretti (esclusi contributi sugli incassi) destinati al cinema dalla Direzione Generale Cinema attingendo al Fondo Unico per lo Spettacolo.

I territori, dunque, ormai da qualche anno puntano sulle fiction come strumento di promozione turistica. Ha fatto scuola, sia per il grande successo di pubblico anche internazionale, sia per il legame speciale con il territorio, il caso di Montalbano, lungimirante serie di punta della Rai. La precisa scelta stilistica di rendere la Sicilia, con i suoi paesaggi rurali aridi, il mare onnipresente, e i suoi abitanti, protagonista, assieme ai personaggi, dei vari episodi ha trasformato la Vigata letteraria in un luogo reale, creando in più di 15 anni ricadute sia dirette, durante la fase di produzione, che in termini di sviluppo turistico, del valore di svariati miliardi di euro.

Ma i casi potrebbero essere tantissimi: nel 2013 Polignano a Mare cittadina pugliese incastonata tra le rocce a picco sul mare si riscopre, agli occhi degli italiani, la patria di Domenico Modugno, grazie alla fiction Volare - La grande storia di Domenico Modugno, interpretata da Giuseppe Fiorello e andata in onda su Rai 1. Il ritorno in termini turistici è stato immediato con un aumento delle presenze del 5% rispetto al 2012.

42 Esclusi residui relativi ad annualità precedenti, conteggiando solo i contributi già assegnati

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

La Toscana non è nuova agli occhi dei turisti stranieri: recentemente la regione è stata il set della fiction I Medici - Masters of Florence, coproduzione internazionale realizzata per l'Italia dalla Lux Vide per Rai Fiction in collaborazione con la Big Light Productions, che ha suscitato un grosso interesse a livello internazionale. La serie è stata girata tra Firenze, Montepulciano, Pienza e la Valle D'Orcia e c’è da scommettere che i luoghi, che nella fiction hanno un ruolo importante, saranno un ottimo volano di sviluppo turistico.

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

CAPITOLO VI |

UNO SGUARDO ALL’ESTERO

6.1 La prevalenza della fiction statunitense

Nel mercato europeo della programmazione di fiction43 si assiste ad una situazione piuttosto stabile tra il 2009 e il 2013, con una prevalenza assoluta di fiction di provenienza extra europea. Prevale di poco la fiction nazionale su quella europea (non nazionale), mentre le coproduzioni miste si dimostrano stabilmente uno strumento poco utilizzato. Le produzioni europee (nazionali e non) hanno, nel quinquennio considerato, una quota dimezzata rispetto a quelle extra Ue (in particolare statunitense).

Fig. 29 Provenienza fiction nell’Ue, %

Fonte: European Audiovisual Observatory Paesi inclusi nell'analisi: Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Regno Unito, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia. Generi inclusi: film tv, serie tv e soap, animazione, film, corti

Limitando l’analisi ai soli cosiddetti Big 5, è possibile notare una situazione piuttosto simile ma con grosse differenze tra i singoli mercati nazionali. In 4 mercati su 5, infatti, la fiction di provenienza extra europea supera il 50% del totale, con punte del 64% in Spagna. Si distingue la Francia, dove la quota di fiction extra europea raggiunge il 45%, di poco inferiore rispetto a quella di provenienza europea, che

43 Per fiction si intende in questa sede la somma di film tv, serie tv e soap, animazione, film, corti.

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

raggiunge un totale del 47% (nazionale + europea non nazionale). La quota di fiction europea varia, negli altri mercati, tra il 28% della Spagna e il 39% dell’Italia. La suddivisione tra fiction nazionale e extra nazionale varia da stato a stato. Nel Regno Unito su un totale di fiction europea del 32%, la quota extra nazionale rappresenta appena il 2%. In generale la quota nazionale è sempre superiore rispetto a quella extra, con l’eccezione del mercato italiano, dove la fiction nazionale rappresenta il 18%, quella extra il 21%. In Germania e soprattutto in Spagna le due quote sono molto vicine. Un discorso a parte meritano le coproduzioni, che rappresentano ovunque una quota residuale. Più virtuosa in questo ambito appare la Germania (9%), mentre in Italia le coproduzioni rappresentano solo il 5% del totale.

Fig. 30 Provenienza fiction nei big 5, 2013, %

Fonte: European Audiovisual Observatory Generi inclusi: film tv, serie tv e soap, animazione, film, corti

Spezzettando il settore della fiction (così come intesa dall’Osservatorio europeo dell’audiovisivo) nei vari sottocomparti è possibile verificare le quote dei settori che maggiormente interessano questo report, ovvero film tv e serie tv. Limitando dunque l’analisi a questi due mercati, è possibile constatare come il 50% di film tv e il 31% di serie tv sono di provenienza europea. Suddividendo le quote europee tra nazionali e extra nazionali, nei film tv le due quote si equivalgono, mentre nelle serie tv prevale leggermente quella nazionale (18% vs 13%). Resta molto elevata la quota di serie tv non europee (67%), mentre i film tv non europei rappresentano il 44%. In questi due settori infine le coproduzioni rappresentano una fetta molto piccola della torta, il 6% dei film tv e addirittura il 2% dei serial.

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

Fig. 31 Programmazione per genere di fiction e provenienza, 2013, %

Fonte: European Audiovisual Observatory

Le ore di film e fiction rappresentano una quota importante del totale programmazione televisiva dei principali mercati europei. Spicca il dato della Germania, dove quasi la metà della programmazione è rappresentata da queste tipologie di produzioni. È buona anche la performance dell’Italia, che si classifica al 2° posto per ore di fiction trasmesse, il 42% sul totale programmazione delle emittenti. La Spagna totalizza la quota più bassa, del 19%. Sono piuttosto significative anche le differenze in valori assoluti: si va dalle quasi 31mila ore della Germania alle 10mila ore della Spagna. Regno Unito e Francia si avvicinano alla Spagna per numero di ore, pur totalizzando una quota superiore sul totale di programmazione nazionale.

Fig. 32 Ore di film e fiction su totale trasmissioni, 2013

44% 42% 27% 28% 19%

Fonte: Elaborazioni su Agcom

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

Nella maggior parte dei casi, la quota di film e fiction di derivazione Usa prevale su tutte le altre. Lo stacco maggiore rispetto alla quota europea si ha in Germania (60% vs 34%). Fa eccezione la Francia, dove la fiction europea raggiunge il 48% del trasmesso dei maggiori canali, mentre in Italia, la quota europea e Usa si equivalgono al 45%. Significativi anche i dati relativi alle quote di produzione nazionale, che arriva ad un massimo del 32% del Regno Unito, mentre le coproduzioni non superano il 7%.

Fig. 33 Derivazioni film e fiction, 2013 (% su totale)

Fonte: Elaborazioni su Agcom

Tutti i mercati (Francia esclusa) investono in fiction indipendente poco più del 30% del totale. Francia e Regno Unito prevalgono, la prima sul totale investimenti, l’altro valori assoluti. Gli altri mercati si attestano su quote simili (poco più del 30% di investimenti in fiction), pur variando significativamente in valori assoluti.

Fig. 34 Ripartizione degli investimenti in fiction per paese, 2013 (mln € e % su tot)

Fonte: elaborazioni su Agcom

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

L'anno 2013 è stato caratterizzato da significative disparità nei consumi di fiction televisiva nei cinque paesi europei.

SCHEDA: IL SISTEMA BBC La BBC è il più importante player del mercato audiovisivo britannico, il cui mandato è definito dalla Royal Charter (in scadenza a fine 2016), documento che definisce le finalità pubbliche, ne garantisce l'indipendenza e delinea i compiti di Trust e Executive Board. Vanta un’audience televisiva del 33%, ricavi annuali per 5 miliardi di sterline, uno dei siti web più visitati al mondo (101 milioni di visitatori unici a gennaio 2015) e l’iPlayer il servizio on demand più usato in UK (31% degli adulti britannici nel 2014). L’operatore vanta anche la più vasta capacità produttiva nel Regno Unito, fornendo una quota del 20% di contenuti televisivi originali (non news). La BBC allo stesso tempo commissiona e produce contenuti originali di servizio pubblico. Attualmente spende più di un miliardo di sterline l’anno nell’economia creativa britannica e i 740 milioni di sterline investiti in produzione di contenuti lo rendono il primo produttore televisivo del paese. Fig. 35 Ricavi produttori in UK (non solo tv, mln £)

741

536 425

253 230 147 140 101 85 69 62 58 52 51 34 30 30

ITV BBC Sony NBCU Zodiac Avalon Others Tinopolis Argonon All3Media Fremantle Red Arrow Warner Bros StudioCanal EndemolShine William Morris

Hat Trick ProducNons

Fonte: Ofcom La produzione interna occupa il 50% della programmazione televisiva dell’operatore pubblico, il 25% è destinato alla produzione indipendente, mentre il restante 25% del tempo è conteso tra produzione interna e produzione indipendente (di solito è indipendente l’80% di quest’ultima fascia di programmazione, anche se con grosse differenze tra i generi) Nel 2014 la BBC ha annunciato un piano per far convergere una parte significativa dell’attività in- house di produzione programmi all’interno dei BBC Studios, una nuova sussidiaria commerciale. Questa nuova società avrebbe concorso per l’acquisizione delle commesse della BBC e di altre emittenti sia nel Regno Unito che all’estero con l’obiettivo di sviluppare una maggiore capacità creativa. Questo regime ha contribuito alla crescita della produzione televisiva indipendente di raggiungere un valore di 2,9 miliardi di sterline; inoltre, secondo Ofcom, 259 società sono attive nella realizzazione di contenuti per i public service broadcaster44. Il mercato è stato caratterizzato negli ultimi anni da fusioni e acquisizioni di alcuni dei produttori indipendenti di maggior successo del Regno Unito - un segno del successo commerciale e creativo

44 Ofcom, Review of the operation of the television production sector, December 2015, p.14: http:// stakeholders.ofcom.org.uk/binaries/ broadcast/reviews-investigations/ tv-production-sector-review/ TV_Production_Sector_Review.pdf

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

del settore della produzione del Regno Unito. Il dinamismo è dimostrato dalla nascita di un numero di nuove imprese che varia da 77 a 136 in ciascuno degli ultimi quattro anni.

6.2 La concentrazione del mercato europeo

Il mercato europeo dell’audiovisivo è piuttosto concentrato. È quanto emerge da un recente rapporto dell’Osservatorio europeo dell’audiovisivo45 che ha analizzato la distribuzione di 15 gruppi media paneuropei46. Il report mostra come la distribuzione dei servizi audiovisivi a pagamento nelle abitazioni europee sia ancora ad opera di grandi gruppi tradizionali via cavo e satellite (e più recentemente IPTV), nonostante la crescente presenza di servizi OTT.

In particolare il 68% delle abitazioni pay europee sono servite da 15 grandi gruppi media paneuropei. Il 50% delle famiglie ha un abbonamento ad uno dei seguenti sei gruppi: Deutsche Telekom, Liberty Global, Orange, Sky, Viasat e Vivendi che hanno una presenza diffusa su tutto il territorio dell’Unione.

Fig. 36 Diffusione geografica di 6 società di distribuzione paneuropee

Fonte: European Audiovisual Observatory

45 European Audiovisual Observatory, Media ownership: towards Pan-European groups?, giugno 2016 46 Sono stati considerati gruppi operanti in almeno tre stati membri. I gruppi considerati sono: Altice, Deutsche Telekom AG, Liberty Global Group, M7 Group, Orange (France Telecom), RCS/RDS, Sky Plc, Telefonica, Telekom Austria Group, Telenor, Teliasonera, United Media Group, VIASAT/ Modern Times Group, Vivendi, e Vodafone Group plc.

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

Nel 2014 i mercati nazionali della distribuzione di prodotti audiovisivi sono più concentrati rispetto al 2011, per effetto di operazioni di acquisizione tra operatori media e tra operatori di telecomunicazione e broadcaster.

Relativamente all’audience, si è assistito, nello stesso periodo, ad una riduzione della concentrazione: su un campione di 30 paesi due principali gruppi radiotelevisivi raccolgono in media il 51% dell’audience e i tre principali raggiungono il 64%, pur con forti variazioni tra i paesi.

I brand channel paneuropei e i maggiori canali di pay tv (cinema e sport) appartengono a 13 grandi gruppi e alle loro controllate (21st Century Fox, AMC Networks, Bonnier, Discovery Communications, NBC Universal, Scripps Networks, Sony Corporation, Time Warner Inc., United Media Group, Viacom Inc., Viasat, Vivendi, e Walt Disney Inc.). Di queste, 9 sono filiali di grandi gruppi media statunitensi.

6.3 Il rispetto degli obblighi

Il mercato dell’audiovisivo in Europa è in crescita grazie al lancio di servizi lineari in HD e di nuovi servizi on-demand. Questo ha portato inevitabilmente ad un aumento della concorrenza tra servizi lineari e non lineari per l’acquisizione di contenuti nuovi. Di fatto, gli investimenti in programmazione originale sono cresciuti, specialmente negli Stati Uniti, dove nella stagione 2015-2016 sono state prodotte più di 400 serie tv differenti47.

Fig. 37 Serie originali prodotte negli USA, 2011-2015

Fonte: European Audiovisual Observatory

Relativamente alla promozione dei prodotti europei, i dati riportati dall’Osservatorio europeo dell’audiovisivo mostrano che gli obblighi stabiliti agli articoli 16 e 17 della Direttiva sui Servizi Media Audiovisivi sono stati rispettati. Come si è già detto, la direttiva stabilisce che le emittenti devono

47 European Audiovisual Observatory, On-demand services and the material scope of the AVMSD, IRIS Plus 2016-1.

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

riservare alle opere europee la maggioranza del proprio tempo di trasmissione e, di fatto, le emittenti comunitarie hanno trasmesso in media il 64,1% di opere europee nel 2011 e 201248.

La produzione indipendente è stata, in media, il 33,1% nel 2011 e il 34,1% nel 2012, superando in maniera significativa la soglia del 10% stabilita dall’articolo 17, anche se con performance differenti tra i vari paesi. La media europea di opere indipendenti recenti è stata del 60,6% nel 2011 e del 61,1% nel 201249.

La direttiva stabilisce inoltre che anche i servizi on demand devono promuovere, dove possibile, la produzione e l’accesso a opere europee, dando ai singoli stati membri la libertà di interpretarne l’implementazione.

Questo differente regime regolatorio per le due tipologie di servizi ha portato a risultati differenti: i principali gruppi televisivi di 15 stati50 hanno investito un totale di 15,6 miliardi di euro51 in programmazione originale nel 2013, vale a dire il 24% del totale (65 miliardi di euro)52. Al contrario gli investimenti degli operatori non lineari nella produzione e promozione di opere europee è stata piuttosto esigua, ovvero 10 milioni di euro, meno dell’1% dei ricavi totali (1,5 miliardi di euro)53.

L’analisi degli investimenti in programmazione originale dei 15 paesi tra il 2009 e il 2013 mostra che l’investimento è rimasto stabile intorno ai poco più di 15 miliardi di euro. Il picco si è avuto nel 2012 con 15,9 miliardi di euro, per poi scendere a 15,7 miliardi nel 2013. I public service broadcaster hanno investito in programmazione originale il 53% della spesa. Le emittenti private di Francia, Italia e Regno Unito hanno inoltre livelli di investimento più alti della media dei broadcaster privati.

Fig. 38 Investimenti in programmazione originale, emittenti pubbliche, private, totale, 2009-2013, mld €

Fonte: European Audiovisual Observatory, IHS

48 Nel 2007, le opere europee occupavano il 62,4% del tempo di trasmissione delle emittenti europee. 49 Second Report on the application of Articles 16 and 17 of Directive 2010/13/EU for the period 2011-2012. 50 I 15 paesi comprendono: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia e Regno Unito. IHS fornisce dati relativi a 86 gruppi TV tra cui 22 public service broadcaster. 51 Study on data and information on the costs and benefits of the Audiovisual Media Service Directive (AVMSD) - Trends in linear television revenues. 52 Study on data and information on the costs and benefits of the Audiovisual Media Service Directive (AVMSD) - Investments in original content by audiovisual services. 53 Ibid

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

L’analisi dei singoli paesi mostra una significativa riduzione degli investimenti in Spagna (-25%) e in Italia (-16%) tra il 2009 e il 2013.

Fig. 39 Investimenti in programmazione originale di 86 gruppi televisivi nei big 5, 2009-2013, (mld €)

Fonte: European Audiovisual Observatory, IHS

L’Osservatorio europeo dell’audiovisivo ha anche analizzato la composizione dei cataloghi di 75 servizi Vod tra quelli disponibili nell’Unione europea e 16 servizi S-Vod54, mostrando come i film statunitensi sono, in generale,resi disponibili su diversi servizi Vod, mentre quelli europei hanno una distribuzione migliore nei mercati interni, ma sono scarsamente distribuiti negli altri mercati Ue. Per questa ragione i film europei hanno una quota maggionre di titoli unici rispetto a quelli di provenienza USA (43% vs 41%) ma una quota più bassa nelle offerte da catalogo (27% di cui l’8% nazionali vs 59%). Si registra inoltre una significativa differenza tra i vari stati: laddove il mercato interno è più debole la quota di film comunitari è maggiore allo scopo di rispettare le quote di programmazione comunitarie.

Fig. 40 Quota di film Ue in 75 servizi Vod in Ue, ott. 201555

Fonte: European Audiovisual Observatory

54 European Audiovisual Observatory, On-demand Audiovisual Markets In The European Union - Developments 2014 and 2015, November 2015 55 In “Offerte da catalogo”, tutti i film sono conteggiati su ciascun servizio Vod, in “Titoli unici”, I film sono conteggiati solo una volta per tutti i servizi Vod allo scopo di evidenziare la varietà di film in Ue e rappresentare, in tal modo, la diversità dell’offerta potenziale di film.

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

CAPITOLO VII |

CONSIDERAZIONI FINALI

7.1 Un settore dalle grosse potenzialità…

La produzione audiovisiva italiana, pur tra le difficoltà, si caratterizza per una grande varietà di generi ed elevate professionalità sia quando legata ai principali broadcaster, sia quando frutto della creatività indipendente. Le opere di fiction seriali spiccano sugli altri generi per budget e ascolti.

Che gli italiani amino gli sceneggiati è risaputo: la produzione televisiva, in particolare fiction e intrattenimento made in Italy, conquista il prime time delle emittenti generaliste e, con docufiction e factual originali, riempie i palinsesti dei canali digitali tematici. Il problema su cui si dovrà lavorare per garantire la stabilità economica del mercato è la mancata replica all’estero delle ottime performance registrate sul mercato interno.

Fig. 41 Prime time fiction delle reti generaliste, Top 5, Stagione 2013-2014

Serie Canale Share Episodi Don Matteo 9 Rai 1 29,35% 26 Adriano Olivetti. La forza di un sogno Rai 1 23,71% 2 Braccialetti rossi Rai 1 22,72% 6 Non è mai troppo tardi Rai 1 22,60% 2 Fuoriclasse 2 Rai 1 22,02% 8 Fonte: APT

Questo non significa che non si siano fatti passi avanti. La novità a cui assistiamo da qualche tempo, e che potrebbe apportare al mercato quel salto di qualità che si attende da anni, è che finalmente alcuni nostri prodotti piacciono anche all’estero. C’è da riconoscere che parte del merito va agli sforzi promozionali di alcune case di produzione (Mediaset e Taodue, Sky, Cattleya e Fandango...), sforzi che però risulterebbero vani in assenza di buoni prodotti. Altra novità sono le storie proposte, che suscitano maggiore appeal fuori dai confini rispetto al passato: le tematiche sociali, le criticità, le pagine buie della storia del bel paese hanno infranto quei tabù che sembravano legare l’Italia esclusivamente a “storie di santi, poeti e navigatori”. È il caso di Gomorra, la serie più vista della storia di Sky, che è stata venduta in oltre 150 paesi, e di tutte le altre serie, che, a partire da Romanzo Criminale, hanno contraddistinto la programmazione originale di Sky degli ultimi anni. Nuovi generi vengono poi racchiusi in format

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

originali, complice, va detto, la ventata di novità che arriva dalla rete. E il pubblico ripaga, come dimostrano i dati di ascolto.

Fig. 42 Prime time fiction dei canali satellitari, Top 5, Stagione 2013-2014

Serie Canale Share Episodi Gomorra - La serie Sky Atlantic + Sky Cinema 1 2,39% 12 Grey’s Anatomy - Stagione 10 Fox Life 1,62% 24 Criminal Minds - Stagione 9 Fox Crime 0,98% 24 Game of Thrones - Stagione 4 Sky Atlantic 0,91% 10 The Blacklist Fox Crime 0,83 % 22 Fonte: APT

Altra tendenza positiva è l’avvicinarsi alla tv (negli Stati Uniti lo fanno ormai da anni) di talenti riconosciuti provenienti dal mondo del cinema come il premio Oscar Paolo Sorrentino, da un lato, e di nomi nuovi che si sono fatti le ossa e distinti nel marasma di offerta, più o meno amatoriale, proveniente dal web, come i The Pills.

Le premesse per fare un ulteriore passo avanti in un settore dalla dimensione occupazionale consistente e dalle grosse potenzialità di sviluppo ci sono tutte, nonostante la crisi e i soliti problemi che affliggono da anni il mondo della produzione televisiva: committenza limitata, quote di investimento in produzione indipendente non sempre rispettate, normativa che non riesce a stare dietro ai cambiamenti tecnologici.

Ma occorre uno sforzo sistematico per ripensare il prodotto, renderlo attuale e adatto al pubblico internazionale, curare maggiormente la fase di sviluppo, sperimentare, come si fa in rete ormai da anni. Occorre in primo luogo favorire le coproduzioni e dunque creare occasioni di networking, come il RomaFictionFest, o il Mercato Internazionale dell’Audiovisivo (MIA), ideato da APT, ANICA e altre associazioni con l’intento di “riportare l’Italia nella mappa dell’industria audiovisiva europea e globale”, la cui prima edizione si è svolta lo scorso ottobre 2015 in occasione della Festa del Cinema di Roma.

In Italia la coproduzione internazionale resta uno strumento ancora poco utilizzato, ad opera di poche società strutturate e solide dal punto di vista finanziario, ma appare l’unico, al momento, in grado di permettere al settore di uscire dalla crisi. Alcuni prodotti seriali frutto di accordi hanno suscitato grande interesse internazionale: citiamo a titolo esemplificativo I Medici - Masters of Florence (Lux Vide per Rai Fiction in collaborazione con la Big Light Productions) che vanta nel cast Dustin Hoffman nei panni di Giovanni dei Medici, o la nuova fatica di Paolo Sorrentino, The Young Pope (coprodotta da Sky, HBO e Canal+), in onda il prossimo autunno su Sky in Italia, Regno Unito, Germania, Irlanda e Austria e su Canal+ in Francia, in cui Jude Law (2 nomination all’Oscar) veste i panni dell’immaginario papa Pio XIII. I due esempi dimostrano come la coproduzione sia la strada giusta e vada incoraggiata e incentivata con strumenti ad hoc come il bando “Lazio Cinema International” per le coproduzioni internazionali, che mette a disposizione nel 2016 10 milioni di euro (stessa cifra del 2015) di risorse europee del POR FESR 2014-2020. Il bando, che sarà presentato al MIA - Mercato Internazionale dell’Audiovisivo a ottobre durante la Festa del Cinema di Roma, finanzia la realizzazione di coproduzioni cinematografiche e audiovisive tra almeno una PMI laziale e uno o più produttori esteri.

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Le dinamiche della fiction italiana nell’era dell’audiovisivo connesso

7.2 … afflitto da annosi problemi

Al momento i produttori di fiction soffrono di un’annosa aleatorietà. Con poche eccezioni (solo Endemol ha superato i 50 milioni di euro di ricavi nel 2014), siamo in presenza di un mercato frammentato troppo dipendente dalle singole commesse. Un mercato ancorato alla dimensione nazionale in cui è molto forte la disparità tra domanda e offerta di prodotti.

D’altra parte i broadcaster, che per la maggior parte delle società di produzione rappresentano dei gatekeeper, oltre al calo congiunturale degli investimenti pubblicitari, hanno dovuto far fronte alle nuove modalità distributive, viste come minacce prima ancora che come opportunità, ed hanno lamentato la disponibilità di minori risorse da investire in contenuti originali. Piuttosto che la diversificazione di generi e formati o la ricerca di prodotti innovativi, l’attuale contesto di mercato ha privilegiato la replica dei prodotti di successo.

Per i (pochi) produttori più strutturati, già attivi in partnership e coproduzioni internazionali, e in grado di accedere a fonti di finanziamento, la moltiplicazione dei canali ha rappresentato un’opportunità per ridurre la dipendenza dai singoli committenti a condizione di poter gestire una parte dei diritti sui loro prodotti. Ma i soggetti più piccoli, che, come si è visto, costituiscono la maggioranza del mercato, non sembrano in grado, al momento, di superare la sudditanza dai broadcaster.

L’Annual Yearbook 2014 dell’Osservatorio europeo dell’audiovisivo, indica che il 60% dei maggiori produttori europei è integrato all’interno di gruppi media, e 1 su 3 è finanziato in tutto o in parte (proprietà/partecipazione) da società USA56. Più precisamente: i produttori europei nel settore tv/cinema integrati in gruppi media sono 22. Tali realtà produttive, che sono anche tra le più grosse, non possono dunque essere definite come “produttori indipendenti”; 12 produttori su 40 (il 30%) sono finanziati totalmente o parzialmente da società statunitensi e 4 di essi si classificano tra i primi 10. Cattleya è l’unico produttore indipendente italiano, al 30° posto nella top 40 delle maggiori società produttive europee, l’altra società nazionale presente in classifica è Taodue, che fa capo al gruppo Mediaset.

In Italia non si è ancora sviluppata una reale un’industria audiovisiva indipendente. Solo un ristretto numero di grosse società facenti parte di gruppi internazionali di produttori di fiction, creatori di format e produttori esecutivi per i broadcaster, o società già attive nel cinema e che si sono reinventate pro

56 European Audiovisual Observatory, Annual Yearbook 2014, cit. in Agcom, Indagine conoscitiva sulla produzione audiovisiva, op. cit.

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duttori serie tv per le 3 principali emittenti nazionali (come Cattleya, Wildside e Palomar), hanno un carattere imprenditoriale e modelli di business tali da sviluppare proposte nuove, originali e autonome. Nella maggior parte dei casi, i produttori indipendenti preferiscono non correre il rischio che il prodotto non piaccia al mercato e resti invenduto: piuttosto optano per realizzare prodotti commissionati dalle emittenti.

Un simile contesto di mercato implica che vada rivista anche la definizione di produzione indipendente. I broadcaster riterrebbero necessario eliminare il criterio del controllo e la previsione su base normativa di un elenco ufficiale. Relativamente al primo punto le emittenti auspicherebbero l'inclusione nella definizione di produttori indipendenti di società controllate dalle emittenti a patto che vi sia una presenza nel capitale di soci di minoranza e che vi sia autonomia gestionale. In pratica, l'indipendenza dipenderebbe dall'autonomia editoriale dei produttori e non dalle quote di partecipazioni azionarie detenute dai broadcaster. Relativamente al secondo punto, è stata ravvisata la necessità di prevedere, ex lege, un elenco dei produttori indipendenti, a causa della difficoltà riscontrata dai committenti di ottenere un’adeguata certificazione di tale status, con tutte le conseguenze in termini di rispetto delle quote di circolazione dei prodotti. Similmente, i produttori proporrebbero l’eliminazione del requisito di destinazione del 90% della produzione ad un unico soggetto. L’attuale contesto di mercato, infatti, implica che buona parte dei produttori destini una fetta rilevante dei propri prodotti, se non la totalità, ad un solo committente. Tale fenomeno è dovuto all’elevato livello di concentrazione della domanda di contenuti che caratterizza il mercato televisivo italiano dove Rai rappresenta, per i produttori indipendenti, l’unico committente57.

7.3 Tradizione e innovazione

Non vanno poi tralasciate le grandi opportunità fornite dal web, che può proporsi come strumento aggiuntivo di distribuzione delle fiction trasmesse in tv (è il caso della catch-up tv), oppure fornire una programmazione complementare o aggiuntiva a quella mainstream.

Le produzioni realizzate per la rete si rivolgono solitamente ad un pubblico giovane e attivo sui social e hanno costi molto più contenuti rispetto a quelle in onda in tv. I minori costi però non devono far pensare ad una qualità inferiore: spesso i prodotti che emergono dal marasma della rete si caratterizzano per originalità di formati e linguaggi e sono adatti alle nuovi abitudini di fruizione anywhere, any time, any device. Alcune serie finiscono per riscuotere successi inattesi, al punto che sono nati, sull’esempio delle “sorelle maggiori” televisive, festival e concorsi ad hoc con l’intento di selezionare le idee migliori e finanziarle. Alcuni esempi sono il Roma Web Fest e La Bottega delle Webseries del Premio Franco Solinas, promossi dal Mibact. Anche i broadcaster sono piuttosto attivi in questo ambito: oltre al portale Ray, è recente l’annuncio dell’operatore pubblico di mettere in cantiere mini fiction da 10-15 minuti da distribuire online e in mobilità, confermando la volontà di investire su contenuti multipiattaforma che seguano i nuovi trend del mercato audiovisivo e di trasformarsi in una digital media company.

57 Agcom, Indagine conoscitiva sul settore della produzione audiovisiva, Allegato A alla delibera n. 582/15/CONS, op. cit.

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Che le produzioni per la tv e il web abbiano ormai acquisito pari dignità rispetto a quelle cinematografiche lo dimostra il crescente interesse che suscitano in autori e registi pluripremiati, ma il comparto soffre ancora un ingiustificato squilibrio a livello di risorse e misure di sostegno. L’estensione del tax credit all’intero settore audiovisivo è senza dubbio un passo avanti nella giusta direzione, ma i risultati in termini di presentazione delle domande rendono evidenti alcune anomalie. In particolare, uno degli aspetti che emerge osservando gli esiti della prima annualità di applicazione all’audiovisivo (2015) è che, in particolare per le serie web, tra i richiedenti figurano, forse a causa dei rigidi paletti imposti dal Ministero (iscrizione all’elenco delle imprese, capitale sociale minimo etc.), i nomi di primarie società di produzione quali Palomar, Cattleya e Cross Production piuttosto che soggetti nuovi. Questo contraddicendo uno degli scopi della normativa, che è quello di favorire lo sviluppo del mercato. D’altro canto, questa nuova forma di finanziamento permette a società già affermate di esplorare nuovi territori e generi innovativi.

7.3 Ripensare il sistema

La serialità dunque è il campo su cui si gioca la sfida della competitività del prodotto audiovisivo, grazie alla quale si garantisce la sopravvivenza del mercato, e l’originalità dei racconti. La serialità è inoltre un ottimo terreno di formazione e di coltura del talento, rappresenta uno strumento di innovazione e di promozione dei territori e garantisce la diffusione di cultura e diversità a patto che si mantenga alta la qualità dei contenuti, si garantiscano tempi di consegna corretti (specie per le successive stagioni) e si progettino prodotti editoriali lungimiranti e in linea con gli standard internazionali.

Si è visto come il mercato abbia grossi spazi di manovra grazie alle nuove modalità di diffusione e come le collaborazioni con l’estero possano allargare il campo d’azione degli operatori. I produttori hanno tuttavia individuato alcune storture all’interno del sistema che possono così riassumersi:

- necessità di adeguare la nozione di produttore indipendente all’attuale contesto di mercato; - risoluzione delle annose questioni su chi, tra produttore e broadcaster, debba detenere la titolarità dei diritti58; - obblighi di programmazione che favoriscano il lavoro dei produttori indipendenti e che prevedano estensione di tali obblighi ai player che operano nel mercato dei servizi non lineari; - inasprimento delle sanzioni per chi non rispetta tali obblighi.

In questa direzione vanno la proposta di legge “Disciplina del Cinema, dell’Audiovisivo e dello Spettacolo”, che prevede la creazione di un fondo di investimento nel cinema e nell’audiovisivo che dovrebbe portare nuova linfa al settore, e la revisione della Direttiva sui servizi media audiovisivi che dovrebbe correggere quelle distorsioni che non si rendono più necessarie a seguito dell’evoluzione del mercato.

Sarebbe auspicabile la previsione di una maggiore tutela ex lege della produzione indipendente, attraverso, ad esempio, l’introduzione, da parte dello Stato e dell’Autorità, di maggiore controllo e

58 Un primo significativo passo in avanti nella direzione di un rapporto più equilibrato tra produttori e reti televisive nelle negoziazioni contrattuali è giunto proprio grazie all’entrata in vigore del decreto tax credit audiovisivo che introduce il concetto di “diritti di elaborazione creativa”.

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trasparenza soprattutto nei rapporti negoziali e contrattuali tra produttori e broadcaster. Tali tutele, assieme ad obblighi specifici che il servizio pubblico dovrebbe assumere, potrebbero contribuire a correggere alcune storture nel mercato.

Andrebbero anche rivisti i criteri di accesso al credito, che, allo stato attuale, sono garantiti solo per le società affermate piuttosto che per produttori che vogliono affacciarsi sul mercato, senza dimenticare che le numerose attività formative finanziate da Film Commission o fondi comunitari possono aiutare ad innalzare la professionalità del settore, sviluppare nuovi talenti, il tutto nel tentativo di rendere competitivo un settore dalle grosse ma ancora inespresse potenzialità. Potrebbe essere utile, in tal senso, potenziare lo studio del settore attraverso l’analisi dei dati e creando, auspicabilmente, un osservatorio ad hoc.

Una sponda istituzionale che andrebbe ulteriormente rafforzata è rappresentata dal Ministero dello Sviluppo Economico, che negli ultimi anni ha dimostrato una forte attenzione al rilancio di efficaci e mirate politiche di internazionalizzazione della produzione audiovisiva sia nei mercati di sbocco tradizionali sia in quelli ad elevate potenzialità di crescita, in primis la Cina.

Un altro fronte su cui è necessario lavorare è infine quello della lotta alla pirateria. Un recente studio di Lear59 sostiene la tesi che il proliferare della pirateria audiovisiva da una parte e una regolamentazione del sistema audiovisivo a favore degli OTT finirebbero con il generare uno squilibrio nel mercato alla lunga insostenibile per i broadcaster. Questi ultimi infatti stanno perdendo terreno a favore degli OTT a causa della contrazione pubblicitaria ma anche dei mancati introiti da contenuti a pagamento da attribuirsi al proliferare della pirateria. Questo genererebbe una riduzione degli investimenti in contenuti nonostante gli obblighi a loro carico. Tuttavia, in assenza degli stessi obblighi, gli OTT stanno dimostrando interesse ad investire in contenuti (vedi Amazon e Netflix) ma potrebbero fare qualcosa in più per bloccare la circolazione di contenuti illeciti. Una maggiore sinergia tra broadcaster e OTT nel contrastare la pirateria sarebbe invece utile per elevare il livello di remunerazione di entrambe le categorie di operatori.

59 Lear, Evoluzione dei mercati dell’audiovisivo e creazione di contenuti digitali, maggio 2016

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