\Ntologia Lirica Albanese
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\NTOLOGIA DELLA LIRICA ALBANESE Versioni e note a cura dì Ernesto Koliqi \ ALL'INSEGNA DEL PESCE D'ORO MILANO MCMLXIII (1934) ESORTAZIONI DEL VECCHIO E facile per noi — a basso prezzo noi abbiam comprato ogni mese della nostra esistenza. E la vita, come avesse voluto assuefarci a ostacoli di favole paurose, ci trascinò dietro di sé con catene di carovane affamate — la vita che pur amammo. È facile per noi — fin dalla culla pesa su noi l'ansia delle mammelle senza latte. E la vita saggiò la nostra esistenza su dure rupi là, dove il cielo — come coperchio di ferro arroventato — aumenta l'ardore della nostra ultima sete, o [figlio. È facile per noi — vedemmo ai tempi nostri l'uomo inghiottire la propria testa piena di sogni. E la vita ci trascinò sulla strada dei mercenari a custodire gli harem del Sultano — 249 lasciando ai familiari una crosta di pane stantio da intingere nella salamòia, nella salamòia dei tristi bisogni. MUHAMET KÈRVESHI È facile per noi — (1935) presto noi ci aggrinziamo per le imprecazioni delle mammelle senza latte. II Lascia la primavera che ti riempia del suo verde gli occhi: perché non è piacevole l'età in cui il tempo ti dimentica sui sentieri dell'autunno, o figlio. Lascia la primavera che ti colori gli occhi: perché l'autunno ha i giorni sventati come le nuvole e lunghi come i dubbi dell'anima, o figlio. Lascia... lascia la primavera che ti riempia del suo verde gli occhi. 250 IL CANTO MORTO Iersera, sono stato malato. Iersera, in una qualche parte di me è morto il canto. È morto il canto assetato di vita. Oggi peso di piiì sulla bilancia del dolore, poiché in qualche parte di grava la salma del mio canto. 253 LA BISTRITZA Sotto il gran diadema della notte fluisce la Bistritza sonnolenta. ADEM GAJTANI Ieri notte i miei sogni giii dal ponte (1935) tutti nella Bistritza li ho gettati. Solitudine i sogni ci alimenta, di sogni si alimenta solitudine. Mi sento oggi leggero e come vuoto poiché sgombro del peso dei miei sogni. Sotto il gran diadema della notte fluisce la Bistritza sonnolenta. Fluisce la Bistritza ora gravata dal peso dei miei sogni. 254 CRONACHE DEL MIO VILLAGGIO Le dita verdi del colle spezzano la luna-pagnotta, e gli astri, fiammanti figli del sole, s'assidono a cena: è questo un segnale per la Notte che svolge e stende i fluttuanti veli sul mio villaggio che desidera il riposo. dopo aver deterso col dorso della mano Tornano i mietitori il sudore della fronte. Il pane (i granai degli occhi son colmi di grano!) il pane, sangue della vita, per oggi è guadagnato. Il sale lo compriamo e slam larghi di cuore. Ospiti, la casa a voi rimane aperta, e, finalmente, d'ora in poi avremo sempre e pane e sale e cuore. Non so che s'è messo il colle in testa: un copricapo di neve o un copricapo di nuvole? 257 17 Un astro — ecco al riparo di quel copricapo ritto come un monumento legge ai compagni col capo all'ingiìi... la cronaca del mio villaggio. Così lo trovò la Libertà! » — Guerra... mostro nefasto vomitava morte e dolori... ...Silenzio, solo il vento giocherella col granturco nei campi che circondano il mio villaggio « Aveva denti belli. come una collana la gola della giovinetta. Gli dissero: — Hai denti d'oro! E d'oro abbiamo bisogno — E questo tripudio di canti e di voci? E glieli ruppero, glieli cavarono Che son queste danze? come chiodi da un tavolato... » Selman si sposa... Sfavillano sulla fronte delle giovinette Non so che s'è messo il colle sulla testa: arcobaleni di gioia. neve o nuvole? ma ecco La raggiante dalla vita sottile il burrone... si piega in due nel ritmo frenetico Rapisce il vento i bianchi copricapi — e le vibrano i muscoli delle membra volano — come corde musicali, — danza... si sparpagliano sui campi e sui prati; Le nacchere crepitano s'abbattono come fantasmi e ti sradicano l'anima dal corpo! sui cigli del burrone. Nova semente in questo campo nuovo Bianco e verde. si semina... Nel burrone scorre un torrente di sangue. Largo! io porto il montone « Uno fu sepolto con due mele sulle corna a trivello, vivo per l'olocausto augurale. col capo all'ingiù... E fu trovato, così, il suo scheletro 258 259 GANIMETE NURA (1935) CHI SONO IO Gracile colomba che affronta impavida le asprezze del mondo Compagna delle rondini che cercano tepor di nido — Cuore di lupa, orgoglioso di sé, che si sfoga dolcemente con gola di usignolo —. Chi sono io? Speranza della mia terra — Diavolo di quaranta code dinanzi al diavolo — Seme di future nascite e cenere di sigaretta aspirata —. Chi sono io? Colei che il tempo presente richiede che sia. 263 OGGI HO GAMBE PER VIAGGIARE PER TE, COMPAGNA. Sono orologio al polso del viandante I che batte le vie dell'ideale. Non ignoro i suoi viaggi ed egli sa i miei. Io, maestra in un villaggio Ora esco a caccia di volpi, dove il sole si chiama sole, — ma non più sola. guida d'anime sbocciami Viaggio con un raggio d'aurora sotto l'ascella. che compitano il sillabario. — Viaggio per vedere Trenta scolare, come ammuffisce la frusta del gendarme. trenta speranze, — Prima non avevo gambe per viaggiare. credetemi, — trenta slanci Ora cammino come le lancette dell'orologio. di nostra gente verso la nuova vita — trenta sillabari con trenta mamme nel frontespizio che ninnano culle, trenta quaderni ricamati col nome incomparabile: mamma, mamma, mamma... Qui nasce e si culla il Domani! Oh, profumo di fiori che germogliano dinanzi alla finestra —, fiori imbevuti d'aurora! Dalle labbra che bruciano di un nuovo fuoco, m'esce veemente l'invito: — Compagna, marcia col ritmo del tuo tempo e slanciati nel mondo. 264 265 la capigliatura sciolta al vento, Non importa, compagna, non importa. e un giorno di vita Ma almeno leggi in te stessa. ad ogni tuo capello appendi. Dimentica quel che fosti ieri. III Dichiara al mondo: — « Sono aperta al Domani, sono pura espressione d'un mondo nascente ». Quando il sole ti cerca, Procedi ardita! non riparar la fronte con la mano, — Lascia dietro di te l'oscuro passato: non abbracciare i giorni di tua madre sciogli la chioma nella luce poiché essa non conobbe se stessa. e prendi sugh omeri il nuovo fardello. Le speranze sono esseri crudeli, Fa', d'ogni tua ora, un secolo han per madre una lupa. se vuoi che la vita ti sia Quando il raggio ti chiama per nome specchio di libera rinascita. non chiudere la finestra. Apri il cuore al colombo e grida: II — Eccomi! Il nuovo mondo attende il tuo volo. Per te, compagna, Togliti il velo, compagna, cammino d'aurora in aurora sgombra dal volto l'ombra del passato, e tu, reclusa, vegeti compra a te stessa le nuove stagioni. in una moUe clausura Diritto guarda dinanzi dietro le grate tarlate d'una dimora e lascia le dita del piede che la barbarie ha cinto di mura —. muoversi libere Con voce amica t'esorto: dietro gh occhi che fissano — Esci dalle antiche tenebre il più lontano orizzonte. nella viva luce del mattino. Per quanto hai di più caro, Temi forse la gioia che illumina la fronte compagna, a chi spezzò le grate delle folli usanze? avviati al braccio delle altre tue eguali 266 267 SAPIENZA e sappi ch'oggi il tuo valore è pili alto dell'oro. Colui che è più benefico della pioggia Alza arditamente lo sguardo chino, e più ricco del mare, entra nella danza che pesa più della donna gravida delle albe nuove. e non dice a se stesso — Io —, possiede lingua sapiente per ogni cosa. 269 268 FAHREDIN GUNGA (1936) LAMENTO Terra, piangi a dirotto; Terra, singhiozza. Terra, gemi come una belva, — poiché iersera è morto un contadino del mio [villaggio con le mani screpolate e il volto chiazzato dal [vaiolo e con la vigoria della sua giovinezza dispersa fra i solchi della vita. Lo trasporteranno quattro omeri Lo trasporteranno quattro cuori Lo trasporteranno quattro compagni arsi dal desiderio di lui, che col sudore della fronte estraeva il tesoro delle messi d'oro dal grembo verdeggiante della terra. Ed egli — nella notte di ieri è morto... Terra, piangi. Terra, singhiozza. Terra, lamentati e gemi come una belva — poiché oggi riceverai nel tuo grembo, inanime, 273 18 il giovane contadino del mio villaggio. ...due occhi, assetati di lui, Oh, egli sempre t'ebbe a cuore, — invano lo cercano fra i campi a primavera aveva sete del tuo verde, e, stanchi, stillano in estate t'accarezzava amorosamente — desiderio e amore... mentre scaturivano dalla sua bocca i voti augurali per il tuo grembo — salve, o Terra feconda! — salve, o Donatrice di pane! Ed egli — iersera è morto... « Oh!, odi tu il fluire delle nostre invocazioni? Oh!, l'eco del nostro lamento la odi tu? Oh!, il pianto l'odi dei nostri desideri che languono per mancanza di fiato? » Iersera è morto un contadino del mio villaggio che sarà seppellito con le lagrime della vite stillanti, cristalline, — dalla vigna dell'angoscia come da occhi che inverdiscono specchiando il verde del grano e delle foglie di primavera simili ai desideri della giovinezza... 274 275 NOTA BIBLIOGRAFICA RAGIONATA Le note vicende storiche del popolo albanese se da una parte dettero grande slancio alla letteratura orale, in par- ticolar modo alla poesia, sfogo e sollievo di tempi cala• mitosi, impedirono dall'altra uno sviluppo culturale che servisse di base al sorgere d'una letteratura riflessa. L'in• segnamento della lingua albanese era ostacolato, non sol• tanto dai fanatici e sospettosi dominatori ottomani, ma anche dalle mene di stranieri che, nutrendo mire espan• sionistiche sull'Albania, non desideravano il consolidamen• to di una sua coscienza etnica.