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Stampa Grafiche Martinelli, Bagno a Ripoli (Firenze)

Confezione Legatoria Firenze, Firenze

ISBN 978-88-7461-328-1 «Segni di maraviglia» I RICAMI SU DISEGNO DEL POLLAIOLO PER AtlanteIL PARATO fotografico DI SAN GIOVANNI STORIA E RESTAURO

a cura di MARCO CIATTI, SUSANNA CONTI, RITA FILARDI, LICIA TRIOLO

Mandragora

Presidenti Consulenza tecnica cornici e supporti Opera di Santa Maria del Fiore dell’Opera di Santa Maria del Fiore Cristina Gigli Timothy Verdon (Direzione del Museo) Franco Lucchesi Andrea Santacesaria Rita Filardi (Responsabile della Collezione) Luca Bagnoli Beatrice Agostini (Responsabile del restauro)

Ricerche scientifiche e analisi Soprintendente Laboratorio scientifico Alta sorveglianza della Soprintendenza dell’Opificio delle Pietre Dure dell’Opificio delle Pietre Dure Speciale al Polo Museale di Firenze Marco Ciatti (restauro 2013-2015) Alfredo Aldrovandi Maria Matilde Simari Andrea Cagnini Giancarlo Lanterna Restauro Maria Rizzi † Documentazione Direzione del restauro Isetta Tosini (coordinamento delle analisi) Fotografie Susanna Conti Ilaria Degano (Unipi) Centrica s.r.l. Annette Keller Annette Keller (multispettrale) Coordinamento ditte Angelo Latronico Licia Triolo Antonio Quattrone Settore climatologia Giuseppe Zicarelli (Opificio delle Pietre Dure) Restauri tessili dell’Opificio delle Pietre Dure Roberta Cappelli Roberto Boddi Disegni al tratto e mappature Susanna Conti Sandra Cassi Culturanuova Caterina Fineschi Monica Galeotti Studio Rovai Weber (tav. XXVIII) Simona Laurini Azelia Lombardi Simona Morales Contributi per i supporti espositivi Progetto di allestimento museografico Tae Nagasawa Opera Laboratori Fiorentini (pannelli) Natalini Architetti Cristina Nencioni Antonella Brogi (passepartout) Guicciardini&Magni Architetti Mariella Stragapede Antonio Frenna per Opera Laboratori Fiorentini Massimo Iarussi (progetto illuminotecnico) Licia Triolo (rivestimento pannelli) Concita Vadalà Vetrina Marina Zingarelli Infografiche Goppion S.p.A. Elisa Zonta Lorenzo Scarpelli

Finanziamenti Opera di Santa Maria del Fiore, con il contributo dell’Opificio delle Pietre Dure (per materiali e attrezzature)

L’architettura ficta nelle scene del Parato di San Giovanni

ALESSIO CAPORALI, EMANUELA FERRETTI

1. Antonio del Pollaiolo e la prospettiva come strumento espressivo nella Firenze del secondo Quattrocento Nei primi decenni del Quattrocento, l’incremento dell’interesse per la restituzione delle ambientazioni e dei contesti in modo spiccatamente realistico – inaugurato da Giotto – e la diffusione degli studi filosofici e matematici incentrati sui fenomeni visivi favoriscono la svolta figurativa e il graduale superamento delle proposte del Gotico internazionale. Leon Battista Alberti, nel prologo del De pictura, elogia i protagonisti del panorama ar- tistico fiorentino sottolineando il ruolo di Filippo Brunelleschi non solo come artefice di importanti imprese costruttive, ma anche come colui che delinea le regole della prospettiva «dimenticata e ritrovata senza precettori».1 Gli artisti che affrontano le tematiche della resa tridimensionale dello spazio, pur ma- nifestando diversificati gradi di consapevolezza, concepiscono la rappresentazione dell’ar- chitettura come medium per conseguire un precipuo realismo delle scene e per il controllo delle incertezze percettive. Alla Trinità di Masaccio è stato riconosciuto un ruolo nodale nel percorso di trasformazione della costruzione dello spazio: è con questa opera che l’ar- tista manifesta l’abbandono dei metodi intuitivi, adottati nel secolo precedente,2 dando compiutamente corpo a un approccio geometrico nella costruzione dello spazio, in grado di influenzare non solo i pittori a lui contemporanei – da Andrea del Castagno a Dome- nico Veneziano, da Paolo Uccello a Filippo Lippi –, ma anche gli artisti che operano nei settori legati al trattamento materico del rilievo e della superficie. Se le opere di Antonio Manetti Ciaccheri costituiscono un esempio interessante dei risultati prospettici adottati nel repertorio ornamentale degli intarsiatori,3 Donatello – nelle opere come il Banchetto di Erode di Lilla, le formelle dell’Altare del Santo a Padova e gli interventi scultorei a San Lorenzo – giunge a una articolata rappresentazione di architettura ficta, dotata di una pro- pria autonomia espressiva e contraddistinta da un repertorio classicista in costante dialogo con l’antico. A differenza di Lorenzo Ghiberti – anch’egli maestro insuperato nella resa prospettica4 –, Donatello evita l’idealizzazione degli edifici offrendo un approccio pragma- tico dello spazio architettonico, in grado di scandire gli eventi narrativi in ciascuna scena.5 1. Annuncio a Zaccaria (tav. I), particolare. 88 ALESSIO CAPORALI, EMANUELA FERRETTI

2. Anonimo orafo fiorentino, Cristo libera un L’applicazione dei princìpi prospettici nella produzione artistica conosce uno sviluppo indemoniato, particolare con placchetta in argento. Parigi, Musée du Louvre. accentuato in concomitanza con la redazione del De pictura, il trattato fondativo – compilato entro l’agosto 1435 –6 che stabilisce le regole del disegno e della prospectiva artificialis, opera paradigmatica al pari degli altri scritti di Alberti.7 La diffusione dei concetti albertiani8 si manifesta con interessanti sperimentazioni: la placchetta in argento raffigurante Cristo libera un indemoniato, ascrivibile agli anni 1450-1460,9 è un’opera in questo senso emblematica dove il racconto evangelico è inserito in un contesto architettonico regolato, nelle proporzioni, dalla costruzione prospettica. L’edificio religioso, impostato come fondale scenografico, appare informato da un repertorio particolarmente aggiornato dove l’impianto a croce greca, citazione del quincunx bizantino, costituisce il primo esempio quattrocentesco di una tipologia che, nel corso del secolo, conosce una straordinaria applicazione (fig. 2).10 Le teorizzazioni di Alberti sedimentano e costituiscono un lievito fermentante nel contesto artistico centroitaliano (e non solo), sollecitando una meditazione costante sul rapporto tra princìpi prospettici e restituzione realistica della rappresentazione attraverso l’impiego dei fondali architettonici. La costruzione legittima e il metodo proiettivo, ad esempio, sono alla base della riflessione aggiornata che attraversa il De prospectiva pingendi di Piero della Francesca11 – composto intorno al 147512 –, un vero e proprio manuale dove il tema delle “il- lusioni ottiche”13 è utilizzato, in maniera inedita, in funzione della percezione dell’osservatore. La portata innovativa delle ricerche prospettiche coinvolge costantemente i settori legati all’alto artigianato come l’oreficeria, l’intarsio e la manifattura tessile: in questo ambito, la realizzazione del Parato di San Giovanni, commissionato nel 1466 dall’Arte di Calimala, rappresenta un episodio significativo nella storia dell’arte fiorentina del secondo Quattro- cento – e del ricamo in particolare –, oltre a costituire una testimonianza esemplare dell’in- cidenza della cultura figurativa coeva su questo particolare versante delle “arti applicate”.14 La direzione dell’impresa affidata ad Antonio del Pollaiolo, concretizzatasi nella predispo- sizione dei disegni preparatori e nel controllo delle lavorazioni,15 si inscrive in un percorso artistico e professionale di altissimo livello e costituisce un’ulteriore prova dell’affermazione professionale dell’artista, da anni al servizio della corporazione16 e in stretto rapporto con i maggiori esponenti dell’oligarchia mercantile filo-medicea.17 L’ARCHITETTURA FICTA NELLE SCENE DEL PARATO DI SAN GIOVANNI 89

Nelle scene del parato si manifesta una specifica sensibilità e una precipua perizia del Pol- laiolo nella resa tridimensionale dello spazio, incardinata in prima istanza sulla delineazione di fondali architettonici di particolare complessità.18 Del resto, l’interesse di Antonio per l’architettura è presente in altre sue opere, che mostrano chiari elementi di tangenza con le esperienze più aggiornate del panorama artistico fiorentino. La Croce reliquiario in argento, realizzata negli anni 1457-1459 e destinata all’altare del Battistero (fig. 3),19 è caratterizzata da un articolato programma figurativo, in cui spicca – al centro del fusto – una raffinatissima “microarchitettura”, palesemente ispirata alla morfologia della lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore:20 la citazione, risolta con una notevole sensibilità plastica, è un richiamo consapevole al mirabolante oggetto che corona la grandiosa costruzione brunelleschiana21 e attesta l’interesse del Pollaiolo per la più aggiornata cultura architettonica espressa nella Firenze del tempo da Brunelleschi e dai suoi continuatori. Nel suo lungo percorso, Antonio raggiunge un alto grado di professionalità e autorevolezza in tutti i campi del fare artistico: in quest’ottica si spiega la sua partecipazione al concorso per la facciata di Santa Maria del Fiore, dove compare, il 5 gennaio 1491, al fianco di protagonisti dell’architettura del tempo come Francesco di Giorgio Martini e i fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano.22 Inoltre, una “vicinanza” all’architettura si declina nell’episodio del monumento funebre di papa Innocenzo VIII: nell’impianto originario, il Pollaiolo si affida allo schema tradizionale del sepolcro a parete ma concepisce il sarcofago sorretto da un telaio architettonico, quest’ultimo ideato anche come preziosa cornice in cui è inserita la figura benedicente del pontefice.23

3. Antonio del Pollaiolo, Croce, particolare. Firenze, Museo dell’Opera del Duomo. 90 ALESSIO CAPORALI, EMANUELA FERRETTI

Nel Parato di San Giovanni l’artista dimostra, come detto, piena padronanza dello strumento prospettico. Nell’ideazione del nucleo tematico relativo all’agiografia del santo, il Pollaiolo affronta il rapporto tra architettura ficta e soggetti della narrazione. A tal propo- sito, seguendo un iter adottato in altri ambiti,24 sembra utile un approfondimento mirato alla comprensione delle scelte adottate dall’artista attraverso l’analisi della configurazione prospettica delle scene e la tipologia del repertorio architettonico utilizzato.25 Nell’episodio Zaccaria esce dal Tempio (tav. II) i personaggi sono collocati davanti a un edificio religioso, contraddistinto da un portico concluso da tre absidi, che richiama un impianto basilicale. Nella definizione dello spazio interno, Antonio ricorre alle regole della prospettiva cen- trale ma si avvale di punti ausiliari per evitare lo scorcio marcato del soffitto a cassettoni e garantire, contestualmente, una maggiore profondità. Inoltre, il confronto tra la copia del disegno preparatorio26 e il ricamo conferma la presenza di correzioni intenzionali nel-

4. Visualizzazione della costruzione prospettica del Pollaiolo in Zaccaria esce dal Tempio (tav. II, elaborazione grafica di Alessio Caporali). L’ARCHITETTURA FICTA NELLE SCENE DEL PARATO DI SAN GIOVANNI 91

la trabeazione dell’aggetto del portico poiché l’intradosso della cornice, sottolineato da un’accentuata campitura cromatica, non è contemplato nel fronte principale; con questo espediente, attuato mediante l’intervento del ricamatore, il Pollaiolo rafforza la percezione tridimensionale dell’edificio e attenua le incongruenze prospettiche della composizione architettonica (fig. 4). L’impiego di questi accorgimenti, suggerito probabilmente dall’e- sigua dimensione del supporto, è individuabile in altre scene27 e conferma la propensione dell’artista a creare uno spazio architettonico plausibile, dove lo strumento prospettico è piegato alle esigenze espressive, con il chiaro obiettivo di conseguire un corretto dialogo tra figurazione e ambientazione. In quest’opera dedicata alla esaltazione del Battista, An- tonio del Pollaiolo dà ampiamente prova di possedere piena consapevolezza nell’uso dello strumento prospettico, al pari dei più importanti artisti fiorentini del suo tempo; in questo senso, inoltre, non secondaria deve essere stata la condivisione della sapienza geometrica del fratello Piero, a sua volta esperto sperimentatore della prospectiva artificialis, come evidenziato dall’Annunciazione di Berlino e dalle Virtù degli Uffizi.

2. Vocabolario e sintassi della lingua architettonica di Antonio del Pollaiolo nel Parato di San Giovanni È ben noto che, fin dall’antichità e senza soluzione di continuità, l’architettura ha popolato figurazioni pittoriche o tridimensionali (dalle urne cinerarie ai sarcofagi; dai plutei agli altari; dai portali bronzei alle facciate chiesastiche…), trattenendo icasticamente memoria di una stratificata cultura dell’edificare: nell’evocazione sineddotica, che si realizza ora tramite singoli elementi, ora mediante frammenti di partiti di facciata, ora attraverso lacerti di strutture significanti, ora ancora per mezzo di brani di città, si viene a ricom- porre – in una immagine caleidoscopica – il grande vocabolario della res aedificatoria, a segnare il dispiegarsi dei secoli e delle stagioni. Si tratta di una costellazione di “segni” che sedimentano nell’universo figurativo e che contribuiscono a costruire, o a rafforzare, il ponte concettuale fra narrazione e “contemplazione”. Pur collocandosi nel solco di una lunghissima tradizione, è nel corso del Quattrocento che gli scenari architettonici assu- mono – in stretta relazione con la cultura edificatoria coeva – un ruolo autonomo (e in tal senso, inedito) nelle rappresentazioni pittoriche e scultoree,28 come specifico strumento di organizzazione realistica della scena, e/o di valorizzazione di peculiari qualità allusive e simboliche degli edifici che – in quest’ultimo caso – prendono corpo nel momento in cui sono restituite composizioni “all’antica” o sono richiamate strutture religiose di par- ticolare significato per la tradizione cristiana ed ebraica: «con il rigore prospettico, l’uso razionale della luce e la meticolosità della raffigurazione, queste immagini comunque proclamano a committenti, professionisti e amatori intelligenti, la base scientifica di tutte le arti figurative».29 Il Parato di San Giovanni è pienamente partecipe di questo orizzonte culturale di cui costituisce un tassello di particolare rilievo.30 In un palinsesto di grande ricchezza compo- sitiva e iconografica, infatti, l’architettura disegnata da Antonio del Pollaiolo fornisce lo “scheletro” in cui disporre la moltitudine dei personaggi, in una dimensione di verosimi- glianza e plausibilità, declinata secondo un codice espressivo che attinge alle più avanzate opere architettoniche brunelleschiane e post-brunelleschiane: se colpisce, infatti, il palese (e non inconsueto rispetto ad esempi coevi) “fuori-scala” delle figure rispetto al fondale architettonico, si deve comunque riconoscere che le strutture immaginate dal Pollaiolo con- servano una loro precipua coerenza interna, proprio sul piano dell’organizzazione spaziale. L’impegno dispiegato dall’artista nella delineazione di architetture in cui si invera la lezio - ne classicista, inoltre, consente a lui e alla sua équipe di superare le ardue difficoltà espressive del medium dell’opera tessile,31 trasformando quello che è un oggettivo vincolo in un volano per la creazione di una diversificata serie di scenografie, dotata anche di particolareggiate decorazioni architettoniche e articolate modanature che si dispiega sul doppio registro 92 ALESSIO CAPORALI, EMANUELA FERRETTI

delle citazioni antiquarie e della riproposizione dei nuovi lemmi dell’architettura medicea: non passerà inosservato, a tal proposito, che le bifore a tutto sesto, racchiuse in una ampia archeggiatura sullo sfondo del Banchetto di Erode (tav. IX) e il cornicione aggettante con i suoi plastici modiglioni nell’edificio della Circoncisione di san Giovanni (tav. VI) rimandano chiaramente ad alcuni degli elementi icastici della facciata di Palazzo Medici, edificio ter- minato da pochi anni, nonché vero e proprio manifesto di un linguaggio modernamente antico.32 Ma in termini più generali, queste architetture virtuali del Pollaiolo – al pari di gran parte dei fondali dipinti da altri artisti, suoi contemporanei – parlano una lingua del tutto in linea con il registro espressivo della Firenze del sesto e del settimo decennio del Quattrocento, dove l’austero rigore sintattico della proposta brunelleschiana, cristallizzato nei cantieri laurenziani,33 è stemperato nell’opera dei suoi prosecutori (Michelozzo e Antonio Manetti Ciaccheri in primis),34 mentre l’originale classicismo fiorentino di Alberti – nel suo ibridarsi, sulle sponde dell’Arno, nel dialogo con il Romanico locale35 – non ha lasciato indifferenti artisti e committenti; gli scultori da parte loro – da Donatello a Ghiberti, da Luca della Robbia a Verrocchio36 – non mancano certo di abilità prospettica e, soprattutto, dimostrano in più occasioni di possedere la capacità di concepire edifici o partiti archi- tettonici “all’antica”, sulla base di un autentico interesse per la res aedificatoria polarizzato da un lato sulla vicinanza all’orizzonte teorico albertiano, dall’altro sull’inclinazione per una varietas che intreccia motivi della tradizione alle più aggiornate sperimentazioni sul pentagramma classicista.37 Cosa ci dicono allora della cultura architettonica di Antonio del Pollaiolo gli edifici costruiti nel Parato di San Giovanni? E cosa suggeriscono i numerosissimi dettagli che punteggiano le scene di questa preziosa opera tessile? Le architetture rappresentate nel parato si possono dividere in due categorie: strutture che, pur nel fuori-scala cui si faceva appena sopra riferimento, propongono l’immagine di architetture realistiche; altre, invece, che mostrano una plausibilità spaziale e costruttiva (e adempiono così egregiamente al compito di rafforzare il senso di tridimensionalità della raffigurazione), ma che non rispondono a tipologie antiche o moderne. In quest’ultimo caso, si tratta di un’evidenza che si evince appieno dall’operazione di riportare tali complessi dalla visione prospettica a una rappre-

5. Donatello, Miracolo dell’asina. sentazione in pianta: nella delineazione di queste architetture sontuose, sospese fra fantasia Padova, basilica di Sant’Antonio. e realtà, prende corpo una sorta di filo rosso che dalla stagione trecentesca (Giotto, Agnolo e L’ARCHITETTURA FICTA NELLE SCENE DEL PARATO DI SAN GIOVANNI 93

Taddeo Gaddi, per rimanere in ambito fiorentino) si prolunga dunque al secolo successivo, 6. Lorenzo Ghiberti, formella di Isacco, 38 Giacobbe e Isaù della Porta del Paradiso, mostrando l’ampio spettro dei riferimenti di Antonio del Pollaiolo. Nel primo gruppo particolare. Firenze, Museo dell’Opera rientrano, ad esempio, la Decollazione di san Giovanni (tav. XXIII), la Circoncisione di san del Duomo. Giovanni (tav. VI), il Banchetto di Erode (tav. IX); nel secondo gruppo, le scene di Zaccaria esce dal Tempio (tav. II) e dell’Annuncio a Zaccaria (tav. I), invece, presentano architetture che non appartengono a tipologie tradizionali. Dal punto di vista dei singoli sintagmi impiegati da Antonio, in un’ottica più ampia, si può notare che l’artista si mostra conoscitore attento degli edifici di Brunelleschi e, in special modo, del costrutto “arco su colonne” – una delle cifre distintive dell’operosità di Filippo – anche se il Nostro non utilizza le caratteristiche volte a vela:39 la preferenza, infatti, è per le volte a crociera, ubiquitariamente presenti nel Parato di San Giovanni; tale tipologia, sulla base di specifiche qualità geometrico-morfologiche, sembra rispondere più efficacemente da un lato alle esigenze di resa prospettica dello spazio, dall’altro alle necessità legate alla tecnica del ricamo. Inoltre, anche il partito costituito da pilastri trabeati che incorniciano archi su colonne dell’Annuncio a Zaccaria (tav. I), nella sua chiara derivazione dalla Trinità di Masaccio, orienta verso una influenza brunelleschiana.40 La parete di fondo del Banchetto di Erode (tav. IX) è articolata secondo la reiterazione di paraste sostenenti una trabeazione che inquadra archi con cornici (che si prolungano fino a terra) a riproporre il motivo del prospetto delle navate laterali di San Lorenzo, opera di Antonio Manetti Ciaccheri (in costruzione proprio negli anni sessanta del Quattrocento), impresa coordinata da Piero de’ Medici:41 si tratta, evidentemente, di una soluzione che trova uno spiccato interesse nell’ambiente artistico fiorentino, come dimostra la riproposizione che ne fa Verrocchio nella formella del dossale argenteo dell’altare del Battistero.42 Si dovrà 94 ALESSIO CAPORALI, EMANUELA FERRETTI

7. Esempi a confronto di capitello del resto ricordare la posizione apicale di Manetti Ciaccheri nell’Opera del Duomo, come salomonico: a. Leon Battista Alberti, Tempietto del Santo architetto della cupola, e il prestigio che gli derivava da questo incarico. Sepolcro, particolare. Firenze, cappella del L’eredità brunelleschiana non è l’unico “bacino” da cui Antonio attinge: in una sorta di Santo Sepolcro, 1471 ca. b. Piero della Francesca, Pala di Brera o Pala pragmatico eclettismo, l’artista combina elementi desunti dalle architetture di Michelozzo, Montefeltro, particolare. Milano, Pinacoteca ma soprattutto dialoga con i fondali architettonici di Ghiberti e Donatello. Limitando di Brera, 1474 ca. c. Zaccaria esce dal Tempio (tav. II), infatti le osservazioni ad alcune evidenze, appare importante sottolineare come il Miracolo particolare. Firenze, Museo dell’Opera del dell’asina dell’Altare del Santo a Padova43 (fig. 5) sia il primo riferimento per lo sfondo di Duomo, 1465-1485 circa. Predica di san Giovanni Battista davanti a Erode ed Erodiade (tav. XVIII, fig. 9). Purtuttavia, il 8. Capitello di parasta angolare del Mausoleo rigore della costruzione donatelliana perde qui parzialmente forza a causa di alcune signifi- di Adriano. Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, II sec. d.C. cative variazioni: in prima istanza si può notare che la serie delle tre profonde archeggiature cassettonate nell’intradosso (secondo la maniera degli antichi) si imposta su robusti setti murari come a Padova, ma al posto dei piedritti (lesene nella scena di Donatello), Antonio pone delle mensole a cartiglio, una delle quali viene per di più coperta dal volto di profilo di uno dei notabili. Allo stesso modo, la composizione concepita dal Pollaiolo per l’Annuncio a Zaccaria (tav. I) mostra stretti legami con l’assetto volumetrico dell’edificio presente nella formella ghibertiana Storie di Giacobbe ed Esaù nella Porta del Paradiso (fig. 6):44 Antonio, tuttavia, rilegge tale composizione in chiave originale, ovvero attraverso il filtro della sua ammirazione per Brunelleschi e dei suoi più diretti epigoni.45 Nella composita geografia di relazioni che si è cercato di richiamare per sommi capi, il grande assente è Leon Battista Alberti che, in realtà, non è del tutto escluso dall’ampio L’ARCHITETTURA FICTA NELLE SCENE DEL PARATO DI SAN GIOVANNI 95

palinsesto di riferimenti con cui si rapporta Antonio nel disegno di questa complessa opera 9. Predica di san Giovanni Battista davanti tessile: la maggioranza dei capitelli che l’artista propone per lesene e colonne, infatti, è de- a Erode ed Erodiade (tav. XVIII), particolare. sunta dal vocabolario albertiano e, in particolare, mostra chiare tangenze con il cosiddetto “capitello salomonico”,46 (figg. 7-8) utilizzato ampiamente anche da Piero della Francesca. Il legame fra Antonio e Leon Battista appare dunque del tutto epidermico, soprattutto se confrontato con la stretta vicinanza al “logos” albertiano che artisti, come il già citato Piero della Francesca o ancora Fra Carnevale, andavano dimostrando nella delineazione degli scenari architettonici dei propri dipinti.47 Insomma, per tracciare un primo e provvisorio bilancio dei caratteri dell’architectura ficta nel Parato di San Giovanni, si dovrà sottolineare l’importanza del dialogo continuo con la cultura edificatoria brunelleschiana e vieppiù post-brunelleschiana (Manetti Ciaccheri, in primo luogo), attraversato, tuttavia, da antinomie e aporie che rivelano come – a quell’al- tezza cronologica – l’interesse di Antonio per l’architettura sia del tutto riconducibile al tradizionale bagaglio di conoscenze tipico delle botteghe artistiche contemporanee, senza dimostrare dunque una esperienza diretta del costruire, delle sue regole, dei suoi principi e del suo specifico statuto disciplinare, in quello scorcio del Quattrocento, ormai in via di definizione ma sempre in pieno osmotico dialogo con le arti sorelle. Pare dunque del tutto appropriato richiamare ancora una volta, in chiusura di queste note, le celebri parole di Alberti che nel De pictura aveva scritto: «prese l’architetto, se io non erro, pure dal pittore li architravi, le base, i chapitelli, le colonne, frontispicii et simili tutte altre cose et con regola et con arte del pictore tutti i fabri, i scultori, ogni bottega et ogni arte si regge».48 Esula, infine, dall’economia di queste prime riflessioni la valutazione del coinvolgimento di Antonio, negli ultimi anni della sua vita, in questioni architettoniche di grande rilievo, quali la commissione per il concorso della facciata di Santa Maria del Fiore, la partecipa- zione al cantiere della sagrestia di Santo Spirito o alla fabbrica della Madonna dell’Umiltà a Pistoia.49 Si tratta di evidenze che indicano un ampliamento della operatività dell’artista, coincidenti con un momento in cui le imprese edificatorie promosse a Firenze (e non solo) erano particolarmente numerose e di grande prestigio.50 96 ALESSIO CAPORALI, EMANUELA FERRETTI

Il presente contributo nasce da una riflessione comu- retribuito, insieme al fratello Piero, per la copertura ne dei due autori; ad Alessio Caporali si deve il primo argentea di un Vangelo (Wright 2005, pp. 15, 431, nota paragrafo, a Emanuela Ferretti il secondo. Gli autori 153). Il 13 gennaio 1478 l’artista riceve l’incarico per il desiderano ringraziare Francesco Paolo di Teodoro, pannello raffigurante la Nascita di san Giovanni (tav. Lorenzo Fabbri e Lorenza Melli per le generose se- IV; [Poggi] 1904, p. 71), mentre Verrocchio esegue gnalazioni e i proficui scambi di idee. Queste note la Decollazione di san Giovanni (tav. XXIII, Radcliffe nascono, inoltre, da un continuo confronto con i 1992), e il reliquiario per custodire il dito del santo restauratori dell’Opificio delle Pietre Dure, a cui si (Chiarini 1966, pp. 185-186). esprime la più sentita riconoscenza, come pure al 17 Si vedano Liscia Bemporad, Gli orafi 2001, p. Soprintendente Marco Ciatti per il coinvolgimento 281; Wright 1999; Galli, Storia 2014, pp. 93-94. I rap- in questo significativo progetto. La bibliografia ci- porti professionali tra il Pollaiolo e Piero de’ Medici tata nelle note dà conto delle voci pubblicate entro sono attestati a partire dal 1460 quando l’artista, in- marzo 2017, data in cui il saggio è stato consegnato sieme al fratello Piero, realizza «tre quadri di cinque ai curatori del volume. braccia l’uno, tre Ercoli, il primo che scoppia Anteo, 1 Camerota, La prospettiva 2006, p. 75. Si veda- il secondo ammazza il leone e il terzo uccide l’Idra, no inoltre Morolli 2006 e Camerota 2015, pp. 41-42. tutte figure da tenerne gran conto» (Borghini 1584, Sull’esperienza sperimentale delle due “tavolette” si pp. 349-350). Si vedano Chiarini 1966, p. 184; Brucker vedano almeno Camerota 2001 e F. Camerota, in 1977; Kent 2005, pp. 353-354; Wright 2005, p. 11; Gal- L’uomo del Rinascimento 2006, pp. 371-372, n. 140. li, La sorte 2014, pp. 60-62. Un esempio significativo 2 Si veda da ultimo, su quest’opera, Di Teodoro sui rapporti tra Antonio del Pollaiolo e l’oligarchia 2014, con bibliografia precedente. filo-medicea è offerto dalla controversia tra l’artista e 3 Per una panoramica si vedano almeno Haines l’Opera pistoiese per il pagamento di due candelieri 1983; Camerota, La prospettiva 2006, pp. 61-67; Hai- d’argento; in questa circostanza il Pollaiolo, per tute- nes 2001; M. Haines, in Nel segno di Masaccio 2001, lare i propri interessi, chiede aiuto a Jacopo Lanfredini p. 105, n. V.2.1; Pierguidi 2016. e Piero de’ Medici (Borsook 1973; Melli 2003, pp. 4 Si vedano Camerota, La prospettiva 2006, pp. 67-68; Galli, Storia 2014, p. 98 e A. Galli, in Antonio 82-86; Il Paradiso ritrovato 2015; Bloch 2016. e Piero 2014, p. 100, n. 14). I Pollaiolo mantengono 5 Si vedano Danilova 1980, p. 506; Ray 1980; M. rapporti professionali anche con Antonio Pucci, per Bormand, in La Primavera del Rinascimento 2013, p. il quale realizzano una serie di commissioni tra cui la 140, n. VII.6; Collareta 2013 e Frommel 2016, pp. 69-83. tavola pittorica raffigurante il Martirio di san Sebastia- 6 Si veda Wright 2010, p. 69. no (Chiarini 1966, p. 185; Wright 2005, pp. 210-225). 7 Si vedano Damisch 1994; Roccasecca 2001; Aci- Le relazioni del Pollaiolo con l’oligarchia fiorentina dini 2006; Bertolini 2006; Camerota, La prospettiva sono alla base delle importanti commissioni ricevute 2006, pp. 74-86; Camerota, Leon Battista 2006; Si- nel corso degli anni da parte dell’Arte di Calimala e nigalli 2007; Roccasecca 2011 e Roccasecca 2013. Tra dell’Arte della Seta poiché sono gli stessi personaggi, il 1436 e il 1437 Alberti redige gli Elementa picturae, vicini ai Medici, che mantengono il controllo delle una breve trattazione sui princìpi geometrici e le loro corporazioni cittadine. Si vedano almeno Filippi 1889; applicazioni in pittura. Per una panoramica si veda- Doren 1940; Gandi 1971; Brucker 1977; Astorri 1998; no Santinello 1962, pp. 68-71; Gambuti 1972 e Fiore Renaissance 1999; Fabbri 2001; Acidini 2011; 2005. Pons 2013; e Fabbri 2017. 8 Si vedano Camerota 2015, p. 41; Gioseffi 1980; 18 Si vedano le considerazioni di Emanuela Ferretti Camerota, La prospettiva 2006, pp. 82-86; F. Came- nella seconda parte del presente contributo. rota, in L’uomo del Rinascimento 2006, pp. 373-374, 19 In questa commissione artistica, Antonio colla- n. 142; Maraschio 2005; Acidini 2006, pp. 20-23; bora con Miliano Dei, Betto di Francesco e Bernardo Bruschi, Alberti 2006; Wright 2010, pp. 189-250. Cennini. Si vedano Wright 2005, pp. 35-49; G. Donati, 9 Si veda P. Malgouyres, in La Primavera del Ri- in Antonio e Piero 2014, pp. 148-154, n. 3. nascimento 2013, pp. 412-413, n. VII.7. 20 Si vedano G. Donati, in Antonio e Piero 2014, 10 Si vedano G. Morolli, in L’uomo del Rinascimen - p. 148, n. 3; Liscia Bemporad, Gli orafi 2001; e Liscia to 2006, pp. 289-292, n. 108; Bruschi 1998, pp. 93-94; Bemporad, Il battistero 2001. Frommel 2016, pp. 78-79. 21 Per una panoramica sul modello ligneo della 11 Si vedano Camerota 2015; Di Teodoro 2001; lanterna si veda, nella vasta bibliografia, almeno M. Bruschi, Alberti 2006, pp. 51-54; Di Teodoro 2015, Bulgarelli, in Leon Battista Alberti 2006, pp. 233-234, pp. 53-55. n. 14; e Di Teodoro-Ferretti 2015, con bibliografia 12 Si veda Camerota, La prospettiva 2006, p. 87. precedente. 13 Espressione menzionata da Camerota 2015, p. 22 Archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore, 48. II.2.7, cc. 68 r-v, 77r-v. Si vedano almeno Foster 1981; 14 Si vedano Garzelli 1973; Cantelli 1996; Santoro Farneti 1992; Kent 2001, pp. 361-368; Galli 2005, p. 1996. 79; Wright 2005, pp. 294-295. 15 Si vedano Busignani 1966; L. Becherucci, in Il 23 Si vedano Sabatini 1944, pp. 61-63; Ortolani Museo dell’Opera [1969-1970?], II, pp. 6-7. 1948, pp. 202, 227-228; Ettlinger 1978, pp. 151-152; 16 Antonio del Pollaiolo lavora frequentemente al Frank 1992; Wright 2005, pp. 314-318; Galli 2005, p. servizio dell’Arte di Calimala: oltre alla Croce reliquia- 31. rio per l’Altare di San Giovanni, nel 1465 è artefice di 24 Si vedano Field 2001; Camerota, La prospettiva due candelieri in argento per il Battistero, completati 2006, pp. 242-257; Piero della Francesca 2015, pp. 145- nel 1470 (si veda Melli 2003, pp. 71-75). Nel 1477, 161; Bloch 2016. durante la tessitura delle scene figurative del parato, 25 I 27 ricami che raffigurano l’agiografia del santo il Pollaiolo propone un modello per una delle testate comprendono 13 scene in cui sono raffigurate delle dell’altare del Battistero mentre, nello stesso anno, è ambientazioni architettoniche. L’ARCHITETTURA FICTA NELLE SCENE DEL PARATO DI SAN GIOVANNI 97

26 Per un approfondimento si veda F. Siddi, in 44 Si vedano Krautheimer 1956, ed. 1982, pp. 249- Antonio e Piero 2014, pp. 182-183, n. 10. 251; Caglioti 2007; Bloch 2013; e Bloch 2016. 27 L’uso di punti di fuga ausiliari è presente, ad 45 Si noterà che Ghiberti non qualifica i piedritti esempio, nell’Annuncio a Zaccaria (tav. I), nella Cir- delle arcate che si prolungano a terra su “spalle” in- concisione di san Giovanni (tav. VI) e in Predica di san differenziate, mentre Antonio imposta tali strutture Giovanni Battista davanti a Erode ed Erodiade (tav. su colonne, ancora una volta accostate a lesene soste- XVIII). nenti una trabeazione che corre tangente al “cervel- 28 Si veda Fiore 1998, p. 18. Inoltre si vedano, in lo” dell’arco. È nota l’influenza che le composizioni termini generali, Krautheimer 1956, ed. 1982; Bulga- ghibertiane hanno avuto sulla cultura artistica coeva. relli-Ceriana 2009; Bulgarelli 2012. Si veda, in particolare per gli influssi specifici sulle 29 Weil-Garris Brandt 1994, p. 97. composizioni che arricchiscono cassoni e deschi da 30 Si rimanda qui alle considerazioni sviluppate, parto, Ahl 2009; la stessa studiosa appunta la sua con ampio corredo bibliografico, da Alessio Caporali attenzione sul “debito” concettuale di alcuni artisti nella prima parte del presente contributo. fiorentini nei confronti dei pannelli della Porta del 31 Si veda per questi aspetti materici, tecnici e cro- Paradiso (fra cui Filippo Lippi e Benozzo Gozzoli), matici, in questo volume, il saggio di Licia Triolo e ma non viene ricordato Antonio del Pollaiolo. Susanna Conti alle pp. 99-105. 46 Per questa tipologia di capitello si veda Morolli 32 Per la facciata di Palazzo Medici, si vedano Belli 1996, p. 329; Syndikus 1996, pp. 51-69, figg. 136-154, 2007 e Ferretti 2016. Bulgarelli 2003 e Morolli 2013, p. 250. Il costrutto 33 Si veda Bruschi, Filippo 2006, pp. 76-108. “archi su pilastri”, cifra distintiva dell’architettu- 34 Si vedano Brunelleschiani 1979; e Pacciani 1998. ra albertiana, è utilizzato da Antonio in modo del 35 Pacciani 2005; Bulgarelli 2008, pp. 55-56. tutto rapsodico. Tale soluzione appare in un assetto 36 Si vedano Marchini 1978; Quinterio 1998; Bul- magniloquente nella scena Zaccaria scrive il nome del garelli-Ceriana 2009. figlio (tav. V). 37 Si vedano Morolli 1978; Morolli 1989; e Bruschi 47 Si veda Ceriana 2004, p. 99. 1994. 48 Alberti, De pictura, ed. 1950, p. 77. 38 Questa verifica, iniziata da Alessio Caporali 49 Il coinvolgimento di Antonio nel cantiere della nell’ambito di questo primo studio per la scena Zac- sagrestia di Santo Spirito e in particolare nel modello caria esce dal Tempio (tav. II), è stata allargata a tutte le della cupola (1496, crollata subito dopo il disarmo altre parti del parato e sarà oggetto di un contributo delle centine) è ricordato in Acidini 1992, p. 112, no- specifico. tizia ripresa anche in Pacciani 2002. Si vedano Galli 39 Si vedano Bruschi 1998; e Gargiani 2003. 2005, pp. 30-31; Wright 2005, pp. 20-21; A. Galli, 40 Per Brunelleschi e Masaccio nella Trinità si veda in Antonio e Piero 2014, p. 73, n. 11. Per il ruolo nel Field 2001. La soluzione dell’arco su pilastri inquadra- concorso per la facciata del Duomo (1491), si veda- to dall’ordine, derivato dal motivo antico dell’arcata no le considerazioni di Alessio Caporali nella prima teatrale e in linea con la ricerca antiquaria portata parte del presente contributo, con relativa bibliogra- avanti da Alberti, compare invece per la prima volta fia; inoltre per l’Umilità, si vedano Chelucci 1992; e a Firenze in Filippo Lippi (Pala del Noviziato, Uffizi): Belluzzi 1993. si veda Ceriana 2004, p. 99. 50 Per un quadro articolato dei cantieri attivi fra gli 41 Si vedano Quinterio 1979; Elam 1992, p. 175. anni ottanta e novanta del Quattrocento, si vedano 42 Si veda Radcliffe 1992. L’architettura di Lorenzo il Magnifico 1992; soprattutto 43 Si cita qui soltanto, in relazione agli scenari ar- Elam 1994; Pacciani 1998; e Pacciani 2002. chitettonici e alle loro espressività, Morolli 1989. Bibliografia

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7 Presentazioni

7 LUCA BAGNOLI

9 MARCO CIATTI

13 Atlante fotografico

53 «Fatte con l’ago con tanta finezza e disegno»: il Parato di San Giovanni attraverso i secoli

55 Antonio del Pollaiolo e il Parato di San Giovanni ALDO GALLI, FEDERICA SIDDI

73 Il Parato di San Giovanni al Museo dell’Opera del Duomo RITA FILARDI

79 L’utilizzo liturgico. Il parato come “dramma sacro” TIMOTHY VERDON

87 L’ a rc h i t e t t u r a ficta nelle scene del Parato di San Giovanni ALESSIO CAPORALI, EMANUELA FERRETTI

99 Una struttura architettonica in miniatura: la tecnica esecutiva dei ricami per il Parato di San Giovanni SUSANNA CONTI, LICIA TRIOLO

107 La “fabbrica” per la conservazione del Parato di San Giovanni

109 Alcune riflessioni sul progetto di conservazione MARCO CIATTI

115 Tra passato e contemporaneità: metodologie applicate al restauro dei ricami del Parato di San Giovanni SUSANNA CONTI

127 Strategie di lavoro e organizzazione del progetto conservativo preliminare LICIA TRIOLO 131 Lo stato di conservazione del Parato di San Giovanni SUSANNA CONTI, LICIA TRIOLO

137 Lo stato di conservazione delle cornici che accompagnavano i ricami: osservazione diretta e indagine analitica MARIA CRISTINA GIGLI, ANDREA SANTACESARIA

141 La campagna diagnostica per il Parato di San Giovanni a cura di ISETTA TOSINI

157 L’intervento conservativo SUSANNA CONTI, LICIA TRIOLO

165 Risultati e dati acquisiti per una nuova interpretazione del Parato di San Giovanni SUSANNA CONTI, LICIA TRIOLO

175 Il progetto di allestimento del Parato di San Giovanni SUSANNA CONTI, RITA FILARDI, GUICCIARDINI&MAGNI ARCHITETTI, LICIA TRIOLO

179 Relazioni tecniche

237 Diagnostica per immagini e infografica

239 Diagnostica per immagini

253 Visualizzare i dati nel restauro LORENZO SCARPELLI

271 Bibliografia

Finito di stampare nel mese di maggio 2019.