La rassegna stampa diOblique maggio 2016

La rassegna stampa del mese si apre con Animale, un racconto di Marco Granata

Avevo le mani piccole e sporche di terra: mi ripa- Scendevo in cantina subito dopo pranzo e prende- ravano dal sole dell’infanzia e scivolavano sul tappo vo due o tre barattoli, per poi correre in giardino. dei barattoli che nonna usava per la conserva e le Nei più piccoli ci mettevo le formiche, che ancora marmellate. Dovevo quasi sempre chiamare nonno. riuscivo a prendere tra indice e pollice senza schiac- Le sue mani erano grandi e forti, e sembravano le- ciarle. Gli scarabei invece li catturavo con i baratto- gno tanto erano incallite: erano abituate a lavorare li più grandi e mi davano molte più soddisfazioni, il ferro e coltivare la terra da una vita, ma non mi perché erano più difficili da prendere e ci ho messo hanno mai fatto del male. del tempo per capire dove scovarli. Guardavo le loro

rs_mag16.indd 1 08/06/2016 12:11:35 zampette articolate graffiare contro il vetro, finché senza dire una parola. Allora l’ho ringraziata e me non smettevano di lottare e tornavano a muoversi ne sono uscito. Le cime delle montagne erano anco- solo se riaprivo il barattolo. ra coperte da uno spesso strato di nuvole. Era inizia- Una volta, con uno dei barattoli più grandi, quelli to a piovere, così per arrivare alla macchina ho tirato che nonna usava per le zucchine sottolio, sono ri- su il cappuccio della giacca a vento. uscito a catturare una vespa. Avevo sentito nonno che diceva a nonna di preparare un’altra trappola con acqua, aceto e zucchero, e ho capito come face- Le vacanze estive della prima elementare sono ini- va a prenderne così tante in quelle mezze bottiglie ziate con papà che mi ha svegliato alle cinque. Ha appese ai rami dei peschi. Un giorno che c’era pure detto che nonno sarebbe arrivato nel giro di mezz’ora Daniele abbiamo messo acqua, aceto e zucchero in e dovevo farmi trovare pronto. In camera era accesa uno di questi barattoli più grandi, lo abbiamo lascia- solo la lampada sul comodino e da fuori non arrivava to in mezzo al prato e ci siamo allontanati di qualche nessun rumore. Di solito, quando mi svegliavo, papà metro. Dopo pochi minuti c’erano già due vespe e era già al lavoro: ora era davanti a me in pigiama un bombo che ci giravano attorno. Non appena una e con gli occhi semichiusi. Da come mi guardava vespa si è spinta più a fondo mi sono avventato sul capivo che era fiero di me, e un giorno mamma mi barattolo e l’ho richiuso. Sentivo sui palmi i colpi ha detto che era stato lui a proporre a nonno la cosa. della vespa che si schiantava contro le pareti. Abbiamo fatto colazione insieme: mi ha fatto as- saggiare il suo caffè e c’è mancato poco che non lo sputassi. Dopo sono andato in bagno: avevo i capelli La ragazza è seduta dietro la scrivania; è al telefono, arruffati e gli occhi rossi. Sulle spalle e sul petto si parla veloce e con la mano sinistra prende appunti vedevano i segni lasciati dalle coperte stropicciate. su un taccuino: è in divisa, sembra poco più giovane Mentre mi lavavo i denti ho sentito papà togliere di me. Dietro di lei la foto di un lupo, che dopo la l’antifurto e aprire la porta. Allora sono corso in cu- sua reintroduzione nel parco ne è diventato il sim- cina e c’erano nonno e papà che parlavano piano per bolo. Su un tavolino vicino alla finestra ci sono degli non svegliare mamma. Nonno mi ha sorriso e papà opuscoli sull’attività di volontariato nel parco e una mi ha dato lo zainetto con dentro i miei occhiali da pila di riviste di fotografia naturalistica. Mi avvici- sole, la felpa della Nike e il cappellino di Dragon no alla scrivania. Le risposte della ragazza si fanno Ball. Mi ha detto: «Portami una trota ché poi mam- sempre più vaghe, inizia ad allontanare lentamente ma la fa come piace a noi». il ricevitore dall’orecchio e poi dice: «Certo, arrive- Nonno mi ha fatto salire nei posti dietro, dove aveva derci». Continua a scrivere per qualche secondo, si messo un cuscino e il plaid con cui nonna mi copri- gratta la nuca con il tappo della penna. Fissa per un va quando mi addormentavo sul divano e ora che attimo la sua mano destra, che porta all’anulare un non ci sono più è stato buttato o è rimasto sepolto anello e ha già la pelle opaca delle donne mature. in qualche cassetto. Più volte ho chiesto a zia dove Alza lo sguardo e mi squadra. fosse, ma dubitava addirittura che i nonni avessero «La manda Orlandi?» mai avuto quel plaid. «Sì, devo chiederle—» Ho riaperto gli occhi che ero appoggiato al finestri- «Sono qui», e nella sua mano compare un mazzo di no e avevo l’orecchio congelato. Vedevo le nuvole chiavi. «Sa dov’è il primo cancello?» bianche che si gonfiavano e svuotavano nel cielo e «Ci venivo da bambino qua.» le cime di roccia e di neve. In macchina ero solo e «Benissimo, allora sa già la strada.» stavo per riaddormentarmi, ma poi nonno ha aper- Stavo per dirle che ci ero venuto l’anno prima che to il bagagliaio e mi ha detto: «Siamo arrivati». Mi chiudessero la vallata. Lei continuava a fissarmi sono girato a guardarlo: sorrideva, e ha continuato

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a sorridere anche quando ha iniziato a scaricare i il Dna genomico di formiche di una popolazione al- nostri zaini. Forse si aspettava una risposta. Avevo pina, allestisco amplificazioni enzimatiche di certe ancora le labbra serrate e gli occhi semichiusi: mi sequenze e faccio correre le soluzioni su gel d’agaro- sono tolto di dosso il plaid, che era diventato elettri- so. Poi fotografo il gel e passo la foto al mio profes- co, e sono sceso in maglietta. C’era un vento freddo sore che trae conclusioni e scrive articoli. Io torno a che mi passava attraverso i vestiti e mi pizzicava la estrarre il Dna, e così via. faccia, ma stavo immobile. Si sentiva solo il rumore La settimana scorsa in bacheca è comparso un nuo- dell’acqua e il rimbombo del vento nella valle. Non- vo volantino: Orlandi cercava un volontario per po- no mi è passato davanti e ha detto di mettermi la sizionare delle trappole per certi scarabei endemici felpa e prendere lo zaino. Portava a spalle due sedie in una piccola valle in mezzo alle montagne. Sono pieghevoli e aveva a tracolla una sacca da cui spor- andato da Orlandi e gli ho detto che la cosa mi inte- gevano le estremità di due canne da pesca. L’ho rag- ressava, nonostante fosse un compito più per ecologi giunto e l’ho seguito lungo la strada sterrata. che per genetisti. Ha capito che ci tenevo e ha detto Abbiamo preso il sentiero che passa per la pineta: che andava bene, e si è raccomandato affinché se- il suono della corrente si faceva sempre più forte e guissi scrupolosamente il protocollo che mi avrebbe c’era odore di resina. Nonno mi camminava davanti, fornito. Ci sarei dovuto andare al massimo venerdì: a passi lenti, e ogni tanto alzava la testa a guardare poi sarebbe andato lui con i suoi dottorandi, avrebbe il cielo tra i rami più alti. In pochi minuti siamo ar- visto se tra gli scarabei catturati ce n’erano di già rivati al fiume. Nonno ha fatto i primi passi nell’ac- marcati e avrebbe marcato quelli che non lo erano. qua: aveva gli stivaloni impermeabili che teneva in Uno dei suoi dottorandi avrebbe annotato tutti i cantina e ogni volta che gli chiedevo a cosa servivano dati, e lui stesso li avrebbe elaborati. mi diceva che un giorno me l’avrebbe fatto vedere. Quando mi ha trascinato nell’acqua mi sono accor- to di averli anch’io; nonno mi teneva forte mentre La valle venne chiusa quindici anni fa, in piena esta- cercavo l’equilibrio sulle pietre nella corrente. Dopo te: i visitatori aumentavano e mettevano a rischio qualche passo siamo saliti su un’isoletta in mezzo al specie endemiche animali e vegetali. Per qualche fiume. Da lì si poteva vedere il corso d’acqua risalire tempo sembrarono bastare i classici divieti di cac- fino al ghiacciaio. Nonno mi ha indicato un prati- cia e pesca, di accendere falò, di raccogliere piante cello poco più avanti, dietro cui c’era un pino che e di abbandonare i rifiuti; ma dopo pochi mesi la sarà stato di dieci metri. Quando l’abbiamo raggiun- situazione era tornata critica e l’Ente Parco chiese to, ha sistemato le due sedie e posato la sacca. Mi aiuto ai professori della mia università, tra cui Or- ha detto di sedermi e non muovermi, ché andava a landi, che era appena diventato ordinario di ecolo- prendere la borsa frigo e la cassetta degli attrezzi. Nei gia. Venne deciso di vietare l’ingresso ai visitatori: pochi minuti che sono rimasto solo non ho smesso l’unica strada che portava alla valle fu chiusa con di fissare l’acqua, che davanti al praticello formava due cancelli, uno appena fuori dal paese, il secondo una pozza in cui la corrente non sembrava così forte. all’imbocco della valle. Quando è tornato, nonno ha lasciato una bottiglia di Il giorno dopo il colloquio con Orlandi sono andato whiskey nell’acqua bassa e mi ha passato la mano tra da Decathlon e ho comprato un paio di stivali, dei i capelli: poi si è seduto per montare le canne. Sopra pantaloni impermeabili e una giacca a vento. Poi la superficie dell’acqua volavano mosche e libellule sono passato dal supermercato davanti a casa e la e mi sono pentito di non aver portato dei barattoli. cassiera che aveva il mio whiskey in mano quasi non È quasi un anno che lavoro come dottorando ci credeva quando le ho chiesto una busta per il mio nel gruppo di ricerca dell’ordinario di biologia unico acquisto. Da qualche parte nel sottotetto ave- molecolare: mi occupo di analisi genetiche. Estraggo vo ancora le canne e l’attrezzatura del nonno.

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rs_mag16.indd 3 08/06/2016 12:11:35 Speravo di poterlo trovare ancora là, che mi sorride- canna si piega, e il mulinello inizia a girare da solo. va con la canna da pesca in mano. Speravo che non Nonno posa la sua canna e afferra la mia: posiziona ci fossero mai state quelle sere in ospedale, coi libri le mani ai lati delle mie, che quasi non riuscivano di scuola che non riuscivo ad aprire, a vegliare su più a stringerla, e la tiene ferma. Le nostre mani di lui. Speravo ancora che quella notte, quando già ora coprono quasi l’intera impugnatura della canna, era tornato a casa, non mi avesse dato la mano, che sono un corpo unico. Dopo qualche secondo mi dice s’era fatta più morbida e debole, e che poi non se ne di girare il mulinello e io inizio a farlo con entrambe fosse andato, lasciandomi solo con nonna. Speravo le mani, e lui mi dice: «Bravo, dài che è fatta». che l’immagine di lui che pian piano si accartoccia La trota ora è disegnata sulle nuvole tra gli alberi e in un barattolo di vetro fosse solo un’allucinazione. in un attimo è in braccio a nonno. Lui mi guarda, Speravo che per riaverlo indietro bastasse ripetere guarda la trota, che tiene immobile tra le mani. Già quella stessa successione di azioni che mi aveva in- speravo che nonno avesse un secchio in cui metter- segnato tanti anni prima. Per questo ho preso gli cela per portarla a casa, e che avremmo potuto sca- stivali, le canne, il whiskey, e me ne sono tornato al vare un fosso in giardino e tenercela con noi. Nonno nostro fiume. invece sposta la mano destra all’altezza delle bran- chie. Basta una leggera pressione perché la colonna vertebrale ceda. Ancora non potevo immaginare che Passavo dai nonni tutte le mattine, prima di andare mi sarei ricordato di quel suono molti anni dopo, a scuola. I barattoli che il pomeriggio lasciavo sul ta- quando già era tornato a casa dall’ospedale, e ormai volo in veranda non c’erano mai: era come se la notte l’unico a credere che potesse farcela ero io. se li portasse via e io dovessi ricominciare daccapo. Alle tre del pomeriggio sono così stanco che mi ad- Nel corso degli anni ho pensato spesso all’immagine dormento sulla sedia pieghevole. Quando nonno mi di nonno che alle sette di sera apre i miei barattoli sveglia sono quasi le cinque e ha già caricato tut- e segue il volo di chi ce l’ha fatta perdersi nella luce to in macchina. Dai miei occhi capisce che due ore della sera, e che vuota nel vaso dei gerani i barattoli di sonno non sono bastate per rimettermi in sesto. con dentro i corpi accartocciati degli insetti morti. Così mi carica sulle spalle e inizia a cantarmi un mo- Nonno guarda l’orto e pensa a cosa dovrà fare do- tivetto. Le sue mani sono strette sulle mie ginocchia mani; nonno cerca le montagne all’orizzonte, e non e mi tengono ancorato a lui. Quando andavamo a le trova. Poi nonna lo chiama e gli dice che la cena fare delle passeggiate nonno mi portava sempre sulle è pronta: nonno entra in casa con i barattoli vuoti. spalle. Il primo giorno di scuola papà mi aveva fatto Era ormai un’ora buona che aspettavamo che le tro- promettere che l’avrei evitato, perché nonno invec- te abboccassero. Nonno ogni tanto prendeva un sor- chiava e aveva male alla schiena. Sapevo bene che so dalla bottiglia di whiskey e mi faceva l’occhiolino quella sarebbe stata l’ultima volta. perché non voleva che nonna lo sapesse. Le monta- Mi stringo al suo collo e mi addormento di nuovo. gne, gli alberi e il nonno erano disegnati sulle nuvole bianche che coprivano il cielo. L’acqua era limpida e di tanto in tanto si vedeva qualche trota avvicinarsi Dal primo cancello al secondo sono cinque chi- ai nostri ami. Stavo seduto ed ero distratto. Nonno lometri: lascio la macchina dove una volta c’era il al contrario continuava a guardarmi e solo ora im- parcheggio. Si alza il vento e c’è aria di pioggia. magino quanto per lui fosse importante: quel giorno Con me ho i bicchieri a doppio fondo e il latte che era al fiume con suo nipote. A un certo punto nonno devo posizionare esattamente dove Orlandi mi ha mi ha detto: «Stai attento!». La trota dà un primo indicato. Mi sono portato anche la sedia pieghevole assaggio, poi un secondo. Ancora un terzo qualche che ho trovato in offerta da Decathlon, la canna secondo dopo. Poi abbocca e inizia a tirare. La mia da pesca che usava il nonno e la sua cassetta degli

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attrezzi, in cui ero certo di trovare tutto quello che tutto nuovo di Decathlon, con gli occhi lucidi come mi serviva. In paese ho comprato un etto di camole la corrente e come la pioggia che inizia a venire giù da usare come esche. piano. Seguo con gli occhi il profilo delle montagne e sen- Sento due strattoni e con le mani ancora più fred- to il vento che passa sotto la maglietta. Vorrei che de stringo l’impugnatura: ora sono grandi quasi fosse qui con me. Mi piacerebbe vederlo di nuovo come quelle del nonno, ma meno callose e meno sulle sue gambe, che si muove a passi lenti e guar- forti. Con la destra inizio a fare gioco col mulinello da le nuvole. Gli racconterei di tutto quello che ho e sento che il pesce dà strattoni sempre più forti. fatto in questi anni senza di lui; gli parlerei dei pini Poi abbocca: inizio a riavvolgere la lenza e in pochi e delle formiche, del perché devo mettere il latte nei secondi una trota molto più grande di quella del barattoli e di come poi prosegue l’esperimento. Po- nonno è appesa al mio amo, con dietro le nuvole tremmo bere insieme il whiskey, e lui mi raccon- bianche e la pioggia che gli batte sopra, per poi tor- terebbe della guerra, dei partigiani e di nonna da nare all’acqua del torrente. Muove la pinna caudale giovane. Mi parlerebbe delle cazzate che papà e la e i fianchi. Arriva dritta nelle mie mani: la tengo zia facevano alla mia età; io riderei, lui sorriderebbe ferma come aveva fatto nonno. I suoi muscoli late- abbassando lo sguardo verso le sue mani. Sarebbe rali si contraggono a scatti e gli occhi sono fissi nel lui a addormentarsi sulla sedie pieghevole e non lo nulla, e devo scegliere. sveglierei. Andrei al fiume e ci immergerei le mani. Poi lo accompagnerei a casa in macchina. Lui mi ringrazierebbe per la giornata, sarebbe fiero di me, Nonno spezza la colonna vertebrale del pesce. Non- si commuoverebbe: forse una lacrima gli righerebbe no apre il barattolo e la vespa vola verso il prato. la guancia e non proverebbe a nasconderla. Mi ba- Forse la notte che se n’è andato neanche lo ricor- sterebbe questo. dava, lui che si dimenticava dove avesse messo gli Prendo la sterrata, poi il sentiero nella pineta, di cui occhiali, e poi li aveva in testa. O forse, quando mi non rimane che una piccola traccia di terra scura, ha guardato negli occhi l’ultima volta e mi ha stretto con attorno ciuffi d’erba irregolari. Posiziono un la mano, pensava proprio a questo, e a tutti gli altri bicchiere e nel fondo ci lascio del latte: saranno i momenti che abbiamo passato insieme, in monta- dottorandi di Orlandi a fare il resto. Dopo pochi gna, in giardino, in casa. metri la traccia si interrompe e sono costretto a se- Nel tardo pomeriggio mi addormento sulla sedia guire il rumore della corrente. Raggiungo il fiume, pieghevole e quando mi sveglio sta già per fare buio: che rispetto a quanto ricordavo è solo un piccolo devo ancora piazzare gli ultimi bicchieri prima di torrente, ma l’acqua è profonda e scorre forte. Lo tornare al paese. I barattoli in veranda ora sono costeggio per qualche metro: poi individuo l’isolet- aperti: sul vetro ci sono ancora zampette e antenne ta e so che il praticello è vicino. E infatti una volta spezzate, emolinfa versata e piccoli escrementi. Ma sull’isoletta lo vedo, con dietro il pino, che ricorda- sono tutti vuoti. Io sono stanco, e ancora spero che vo molto meno alto. Lo raggiungo e poso la sedia nonno abbia già caricato tutto in macchina e che stia pieghevole. Gli alberi e le montagne sono ancora tornando a prendermi. disegnati sulle nuvole. Con le mani gelate monto la canna e lancio dove l’acqua è più profonda. Tiro fuori il whiskey dal sacchetto di plastica del super- mercato: ne bevo un sorso a canna e mi brucia la Marco Granata è nato nel 1995 e vive a Caselette, gola. Lo lascio nell’acqua bassa. Mi siedo e immagi- in Val di Susa. È iscritto al secondo anno di Scienze no gli animali della valle – carabi, salamandre, cervi biologiche. Ha iniziato a scrivere racconti l’ultimo e lupi – che mi guardano pescare in casa loro, vestito anno di liceo.

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rs_mag16.indd 5 08/06/2016 12:11:35 rs_mag16.indd 6 08/06/2016 12:11:35 Io non ho niente contro questa b-literature, come non ho niente contro un panino McDonald. giorgio ficara

≠ Come nasce il giornale più bello del mondo Giulia Zoli, internazionale.it, primo maggio 2016 9 ≠ È meglio essere Coelho o è meglio essere Kafka Alessandro Piperno, «La Lettura del Corriere della Sera», primo maggio 2016 13 ≠ Mi metto scomodo. E scrivo Serena Danna, «La Lettura del Corriere della Sera», primo maggio 2016 16 ≠ Il romanzo mette i social nel motore Paolo Di Paolo, «La Stampa», primo maggio 2016 19 ≠ , nel nuovo libro la stagione dell’indulgenza Paolo Giordano, «Corriere della Sera», 2 maggio 2016 20 ≠ «Come Chaplin, vi svelo cos’è davvero il lavoro» Maurizio Crosetti, «la Repubblica», 3 maggio 2016 22 ≠ Il fantasma Del Giudice Andrea Fiamma, rivistastudio.com, 5 maggio 2016 24 ≠ Dove sono i visionari Roberta Scorranese, «Corriere della Sera», 6 maggio 2016 27 ≠ Thomas Mann, torna Doctor Faustus. La nuova traduzione del capolavoro Giorgio Montefoschi, «Corriere della Sera», 6 maggio 2016 29 ≠ Don DeLillo: «Cerco di inventare, ma alla fine scrivo di me» Antonio Monda, «la Repubblica», 7 maggio 2016 32 ≠ «Vero, noi siamo grandi. Ma gli altri sono nani con enormi appetiti» Silvia Truzzi, «il Fatto Quotidiano», 7 maggio 2016 34 ≠ Maria Teresa Rodari: «Diceva che i ricordi sono patetici ma a me manca il passato con Gianni» Antonio Gnoli, «la Repubblica», 8 maggio 2016 38 ≠ Nabokov alla ricerca di una ninfetta berlinese Mario Caramitti, «Alias del manifesto», 8 maggio 2016 42 ≠ Libri cartacei e ebook: ormai mercati divergenti? Gino Roncaglia, illibraio.it, 9 maggio 2016 45 ≠ Repetti e Cesari: «Stile Libero, i nostri vent’anni da cannibali» Gregorio Botta, «la Repubblica», 9 maggio 2016 49 ≠ How Improved My English Tim Parks, nybooks.com, 10 maggio 2016 52

rs_mag16.indd 7 08/06/2016 12:11:35 ≠ Online non si leggono solo contenuti brevi Camilla Pelizzoli, giornaledellalibreria.it, 11 maggio 2016 55 ≠ Il genio di Laxness Gianluigi Ricuperati, rivistastudio.com, 13 maggio 2016 56 ≠ La caccia nel tempo profondo che trasformò l’uomo in animale metafisico Guido Vitiello, «Il Foglio», 14 maggio 2016 58 ≠ L’obiettività dei generi letterari Armando Massarenti, «Il Sole 24 Ore», 15 maggio 2016 60 ≠ La fine dell’outsider Emanuele Trevi, «La Lettura del Corriere della Sera», 15 maggio 2016 62 ≠ «Gli scrittori italiani? Producono soltanto letteratura di serie b» Luigi Mascheroni, «il Giornale», 17 maggio 2016 65 ≠ «Per criticare il mondo mi basta descriverlo» Anais Ginori, «la Repubblica», 19 maggio 2016 68 ≠ Profeta Dick, fratello Dick Stefano Montefiori, «La Lettura del Corriere della Sera», 22 domenica 2016 69 ≠ Investire su identità e qualità per restare il centro del «Monde» Paola Peduzzi, 24ilmagazine.ilsole24ore.com, 23 maggio 2016 72 ≠ Lost in translation – conversazione sull’intraducibile Adriano Ercolani, minimaetmoralia.it, 25 maggio 2016 75 ≠ Monsieur Henri Beyle, uno spaccone innamorato di sé stesso Giuseppe Marcenaro, «Il Foglio», 28 maggio 2016 77 ≠ Chi era Gianni Sassi? Font e sentimenti di un innovatore anti Maurizio Giufrè, «Alias del manifesto», 29 maggio 2016 81 ≠ Patetiche provocazioni da ex giovane Zerlina, «Il Sole 24 Ore», 29 maggio 2016 83 ≠ Åsne Seierstad: «Vi racconto Breivik a sangue freddo» Andrea Bajani, «la Repubblica», 30 maggio 2016 86 ≠ Abbiamo chiesto a 6 professionisti com’è davvero fare il traduttore in Italia Eugenia Durante, vice.com, 31 maggio 2016 88

Raccolta di articoli pubblicati da quotidiani, periodici e siti internet tra il primo e il 31 maggio 2016. Impaginazione a cura di

rs_mag16.indd 8 08/06/2016 12:11:35 Come nasce il giornale più bello del mondo Giulia Zoli, internazionale.it, primo maggio 2016

La lezione di italiano è il lunedì. Andrea, l’insegnan- dalla lezione scusandosi 10 minuti prima della fine, te, un ragazzo alto di 37 anni originario di Catania per andare a vedere l’Elisir d’amore alla Metropoli- e trapiantato negli Stati Uniti, arriva sorridente e tan opera house. Opera a parte, l’italiano gli piace. abbronzatissimo nel suo piumino azzurro, alle 6 in E poi le lingue sono fondamentali per il suo lavo- punto. È appena tornato a New York da una vacan- ro. Nick fa parte della squadra di 18 fact checker za di un mese nella Repubblica Dominicana, con i che tutti i giorni dalla redazione del «New Yorker» suoi anziani genitori arrivati dalla Sicilia. La classe verificano ogni affermazione che il giornale pub- si riunisce nella North conference room, una stanza blica, sulla carta e sul web, passando al setaccio gli al 38º piano del One world trade center, il nuovo articoli riga dopo riga e controllando tutto: nomi, grattacielo dove dalla fine di gennaio del 2015 si è dimensioni, età, distanze, date, formule, citazioni, trasferita la redazione del «New Yorker». Dietro la dichiarazioni, descrizioni di luoghi, persone o avve- parete di vetro si vedono i tetti di Manhattan. nimenti, dall’attualità politica alla storia medievale, Intorno a un tavolo moderno di legno chiaro pren- dalla musica pop alle neuroscienze, da Manhattan a dono posto Anna, Maria, Aldo, Nicola e Rebecca: si Kabul, dai titoli alle didascalie, perfino le afferma- sono dati dei nomi italiani perché durante la lezione zioni contenute nelle poesie. di Andrea è bandita qualunque parola inglese, anche Quella dove lavorano i fact checker, con i loro tele- i nomi propri. Più che una lezione, è una conver- foni e le cuffie con il microfono, è l’unica parte della sazione. A turno Andrea chiede ai suoi studenti di redazione in cui non regna il silenzio assoluto. Si raccontare qualcosa che hanno fatto nelle ultime 4 sente parlare inglese, urdu, arabo, cinese, spagnolo. settimane, mentre lui era in vacanza. Conoscere una lingua a volte può permetterti di in- Nicola, sguardo vispo, occhiali di tartaruga e una terpellare direttamente una fonte risparmiandoti ore ciocca di capelli castani sulla fronte, parla per primo, di ricerche su internet o decine di email e messaggi snocciolando una parola alla volta e correggendosi di a intermediari lontani. Soprattutto perché il tempo continuo. Che è un tipo irrequieto si capisce da come è poco. Il ritmo non è più quello di una volta: i fact dondola sulla sedia. Di recente è stato in Europa, pri- checker lavorano in due, a volte tre, su un articolo, ma in Irlanda dalla sorella, poi in Svizzera dal padre. per una o due settimane, poi il pezzo deve andare Il vero nome di Nicola è Nicolas Niarchos, ma tutti in stampa. Il 5 novembre 2010 a Roma pioveva? Il lo chiamano Nick. Ha 26 anni e fa il fact checker al C4A è un gene? Quanto dista Ben Gardane, in Tu- «New Yorker» da quando ne aveva 23. Laureato in nisia, dal confine libico? letteratura inglese a Yale, ha cominciato a lavorare I ragazzi di Peter Canby, il capo del dipartimento, nei giornali a Londra, con uno stage al «guardian». uno che ha cominciato a fare il fact checker al «New Ha collaborato con l’«Independent» e l’«Huffington Yorker» ai tempi della guerra in Vietnam, quando Post», poi il master alla scuola di giornalismo della a volte per verificare un fatto si doveva prendere un Columbia gli ha aperto le porte di «The Nation» pri- aereo, sono tutti giovanissimi, brillanti, curiosi, sve- ma e del «New Yorker» poi. gli, collaborativi. E stressati. Lavorano d’intesa con l’autore dell’articolo, spulciano i suoi bloc-notes di Giovani e stressati appunti presi a mano, si fanno dare da lui contatti Nick mastica un po’ di francese, un po’ di russo e e indicazioni, e poi consultano database, istituzioni, un po’ di greco, la lingua di suo padre. Andrà via cittadini comuni, cercano riscontri su internet e nei

rs_mag16.indd 9 08/06/2016 12:11:35 libri. Nick ama il suo lavoro: «M’interessa la verità» Mary smentisce il luogo comune del copy editor dice candidamente. Anche scrivere gli piace. Per il intransigente e giudicante, lo scrittore fallito e fru- sito del «New Yorker» recensisce regolarmente i nuo- strato che vorrebbe imporre il suo stile agli altri. Co- vi bar della città e ogni tanto anche qualche poeta. nosce alla perfezione la grammatica e le regole di Appena Nick finisce di parlare, la parola passa a scrittura del «New Yorker», ma al di là della corret- Maria. tezza, le interessa «fare in modo che l’autore possa Quando parla italiano, Maria – gli occhi azzurri sor- essere apprezzato al meglio». Se una sua proposta ridenti e i capelli grigi lunghi fino alle spalle – non si di modifica viene respinta, Mary si fa una delle sue ferma troppo a cercare le parole. Prevale la voglia di fragorose risate e si rimette al lavoro. dire, e ogni tanto le esce una frase incomprensibile. L’anno scorso ha pubblicato Between you and me. Andrea la corregge e lei si entusiasma quando in una Confessions of a comma queen, un libro intelligente, parola italiana riconosce la radice greca o latina. Ori- utile e molto divertente in cui parla di grammati- ginaria di Cleveland, classe 1952, Maria racconta che ca, della sua vita e del «New Yorker». L’idea è nata a metà febbraio è volata a Vancouver, in Canada, per quando un suo post sulle virgole ha attirato un nu- tenere una Ted conference sul copy editing. mero record di lettori sul sito del giornale. Poi il «New Yorker» ha lanciato online la rubrica Comma La regina della virgola queen, una serie di video in cui Mary parla di gram- Il suo vero nome è Mary Norris e fa la copy editor al matica, lessico e stile. «Dopo questa esperienza avrò «New Yorker», dove lavora dal 1978: ha cominciato la certezza di conoscere definitivamente la gramma- ai tempi della macchina da scrivere – come quella tica» dice senza falsa modestia. Siccome non ama che troneggia in bella vista nel suo ufficio – come stare davanti alla telecamera, quando registra le aiutante nell’archivio, poi è diventata correttrice di puntate Mary parla a braccio. bozze e via via è cresciuta fino a guadagnarsi il ti- «E tu, Rebecca, cosa hai fatto di bello?». Andrea si tolo di ok’er, una specie di super copy editor. Mary, rivolge a una ragazza bruna seduta dall’altra parte infatti, è una delle 5 persone in redazione che super- del tavolo. visionano la lavorazione degli articoli – dalla prima In un italiano inizialmente incerto e poi via via più bozza alla versione definitiva – e hanno la responsa- scorrevole, Rebecca racconta che la settimana scorsa bilità di dare l’ok finale al testo dopo aver inserito le ha partecipato a una seduta spiritica al civico 27 di ultime modifiche. Jane Street, nel Greenwich Village, dove secondo la Questo avviene al termine di un meticolosissimo leggenda dal 1804 si aggira il fantasma di Alexander lavoro di revisione e correzione che dura settimane Hamilton, uno dei padri fondatori e primo segreta- e che coinvolge almeno l’autore, l’editor, i fact che- rio al tesoro degli Stati Uniti. cker, un avvocato, uno o due copy editor, uno o due rilettori che verificano la fedeltà delle modifiche e Una buona storia una serie di correttori di bozze che rileggono l’arti- Rebecca – che in realtà si chiama Becky Cooper, colo a vari stadi della lavorazione. ha 28 anni ed è l’editorial assistant del direttore del Prima di venire alla lezione di italiano, Mary ha pas- «New Yorker», David Remnick – non è un’appas- sato alcune ore china su 6 fogli stampati e ha segnato sionata di spiritismo, ma sta indagando sul fantasma a matita alcune proposte di modifica al racconto di di Hamilton per la prossima puntata di New Yorker Ian McEwan che uscirà sul «New Yorker» la pros- Radio Hour, un programma radiofonico prodotto sima settimana. È specializzata in narrativa: nella dal «New Yorker» e dalla Wnyc, la radio pubbli- sua carriera ha rivisto i testi dei più grandi scrittori ca più popolare della città. Dal novembre del 2015 contemporanei, da John McPhee a Philip Roth a ogni settimana Remnick, che a quanto pare non ha George Saunders. mai abbastanza da fare, si intrattiene per un’oretta

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con giornalisti, scrittori, collaboratori e artisti del suo giornale per parlare di attualità, costume, poli- Story and situation, fatti e tica e cultura. Becky lavora con Remnick da un anno e mezzo, ma circostanze, sono gli ingredienti il suo rapporto con il «New Yorker» risale ai tempi imprescindibili di una buona storia, dell’università, quando studiava letterature compa- spiega Becky. rate a Harvard e faceva l’assistente di Adam Gop- nik, una delle firme più brillanti del settimanale. In seguito, grazie a una tesi di laurea su David Foster Anna è Ann Goldstein. Dirige il dipartimento dei Wallace, è diventata l’assistente di D.T. Max, che copy editor del «New Yorker», ma è conosciuta so- stava scrivendo la biografia dello scrittore scomparso prattutto per aver tradotto in inglese i libri di Ele- nel 2008. na Ferrante. Il successo della tetralogia dell’Amica Nel 2013 Becky, che parla anche francese, ha pub- geniale negli Stati Uniti e nel resto del mondo an- blicato un libro di mappe su Manhattan ispirato alle glofono ha travolto un po’ anche lei, che improvvi- Città invisibili di Calvino. Ma più ancora della lette- samente è diventata il volto e la voce di una scrit- ratura, è stata la cucina a farla innamorare dell’Italia trice che tutti vorrebbero conoscere e intervistare. e della sua lingua, che ha imparato anche facendo la La settimana scorsa, dopo l’annuncio della candi- pasticcera in Umbria e la contadina in un agriturismo datura dell’Amica geniale nella sezione internaziona- nelle Cinque Terre. le del Man Booker international prize e dopo che Quando non è in giro a caccia di fantasmi, o a re- sul «New York Times» sono rimbalzate le ultime censire bar come il suo collega Nick, Becky assiste il speculazioni sull’identità di Ferrante, Ann è stata direttore nel lungo processo di scelta, assegnazione e chiamata per commentare le due notizie prima nella programmazione degli articoli: legge, vaglia, catalo- redazione newyorchese della Bbc e poi al telefono ga e riferisce proposte e idee. Ogni settimana Rem- da una radio neozelandese. nick incontra 3 firme del suo giornale, a rotazione, Fino a un paio di anni fa nella sua vita lavorativa per ascoltare i loro suggerimenti e i loro progetti, c’erano meno imprevisti. La sua carriera di tradut- che nelle settimane successive potranno essere scar- trice è cominciata ufficialmente nel 1992, quando tati, accantonati oppure affidati a un giornalista e a aveva 42 anni e quasi per gioco si mise alla prova su un curatore. Story and situation, fatti e circostanze, un capitolo di Checov a Sondrio di Aldo Buzzi, e il sono gli ingredienti imprescindibili di una buona «New Yorker» lo pubblicò. Da allora Ann non ha storia, spiega Becky. più smesso di tradurre: dallo Zibaldone a Ragazzi di Ma naturalmente non bastano. E nessuno lo sa me- vita, da Ferrante a De Cataldo, da Baricco a Primo glio di Anna. Levi, la cui opera completa è uscita negli Stati Uniti Quando è il suo turno, Anna parla a voce bassa e l’anno scorso grazie al lavoro di una squadra di tra- non sbaglia una parola. Il suo italiano non ha la duttori coordinati da lei. scioltezza di chi lo pratica ogni giorno, ma è pre- Su una parete dell’ufficio di Ann, che affaccia su una ciso e meditato. Racconta del premio che il Jewish delle due vasche del memoriale dell’11 settembre, è book council, un’organizzazione statunitense che incorniciato un grande poster con la Divina Com- incoraggia e sostiene la letteratura ebraica, le ha as- media scritta in caratteri piccoli piccoli. Tutto è co- segnato per il suo lavoro di curatrice e traduttrice minciato da Dante, e da un gruppetto di redattori di The complete works of Primo Levi. Ebrea cresciuta del «New Yorker» che nell’autunno del 1986 decise senza alcuna educazione religiosa, Ann non è par- di prendere lezioni di italiano e di leggere e studia- ticolarmente fiera del riconoscimento: lo trova più re l’intera opera dantesca. Sono passati tanti anni, che altro divertente. gli insegnanti e gli allievi si sono avvicendati, ma la

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rs_mag16.indd 11 08/06/2016 12:11:36 tradizione della lezione di italiano non si è persa, e righe ridondanti, le fact checker non hanno niente Ann continua ad andarci anche oggi che è una tra- in contrario, l’autore approva, Ann concorda, segna duttrice famosa. con la matita, si va avanti. Pagina 4, 5 e via così. Eppure in redazione il lavoro non le manca davve- Senza perdere il ritmo, con la massima concentra- ro. Stamattina sulla sua scrivania è arrivato l’articolo zione, mai una parola di troppo. Sembra la scena più importante del prossimo numero, un reportage di un film, una sceneggiatura ben scritta. Con un di 10 pagine sulla Tunisia. Non è l’unico che dovrà cameo quando David Remnick apre la porta senza rivedere questa settimana, ma è il più impegnativo. preavviso, fa capolino, butta lì una battuta, richiude Avrà qualche giorno per rileggerlo, ma dovrà far- e se ne va. lo più volte, fino a conoscerlo perfettamente. Non I closing meetings possono essere lunghi e carichi di sarà l’unica copy editor dell’articolo, ma sarà lei a tensione, ma questo procede senza intoppi: in poco chiuderlo, al termine di una riunione che si svolgerà più di mezz’ora è tutto finito. Ann torna nel suo uf- fra 3 giorni e in cui saranno proposte e discusse le ficio con i fogli pieni di segni a matita e si mette ultime modifiche: il closing meeting, lo chiamano al al lavoro. Domani sera tutto il giornale sarà pronto «New Yorker». per la stampa, la versione digitale, il sito. La setti- mana di Ann, però, non finisce il venerdì. Da anni Tutta d’un fiato le traduzioni occupano tutti i suoi weekend, i ritagli Il closing meeting dell’articolo sulla Tunisia si svolge un di tempo e le ferie, che trascorre il più possibile in giovedì pomeriggio, meno di 24 ore prima dell’invio in Italia. tipografia, in una stanza simile a quella della lezione di L’ultimo a prendere la parola alla lezione di italiano italiano, ma nell’ala opposta della redazione. Oltre ad è Aldo, un signore anziano con gli occhiali spessi. Si Ann partecipano due dei tre fact checker che hanno esprime con fatica, ma si fa capire. Racconta che due lavorato sul pezzo e l’editor, cioè il curatore dell’artico- settimane fa ha trascorso una serata a casa di amici lo. L’autore non è presente: è a Kabul, in Afghanistan, per seguire in diretta tv la cerimonia degli Oscar. dove al momento della riunione sono le due del matti- Anche i suoi amici ogni anno proclamano un vin- no. La sua voce esce da un iPhone in modalità vivavoce citore, che naturalmente è chi indovina il maggior posato al centro del tavolo. Anche lui, come gli altri, numero di Oscar. Aldo è arrivato ultimo, e la cosa ha davanti agli occhi una copia in pdf del suo articolo lo diverte molto. impaginato. Il suo vero nome è Alan, e a differenza dei suoi com- Pronti, via: la riunione comincia e va avanti tutta pagni di classe non lavora al «New Yorker» né ci ha d’un fiato, a ritmo serratissimo. Si parla a turno, mai lavorato. Ma ormai in redazione è di casa. Ha sempre nello stesso ordine, e si scorre il pezzo dall’i- chiesto di partecipare alla lezione 4 anni fa, quando nizio alla fine. Pagina 1: una fact checker chiede di ne ha sentito parlare da una giornalista che conosce cambiare un numero al terzo paragrafo della secon- e che lavora qui. da colonna, l’altra di inserire una precisazione tre È stato accolto ed è rimasto, e ogni lunedì si presenta righe più sotto, l’autore vuole spiegazioni, l’editor lo in questo ufficio ipermoderno al 38º piano del quar- rassicura, Ann non ha obiezioni. Richiesta accolta: to grattacielo più alto del mondo, nella redazione di Ann la segna con la matita al margine della sua co- un giornale illustre che vende più di un milione di pia e il giro riparte. copie, per chiacchierare in italiano con due ragazzi Al secondo sfoglio è lei a correggere un’incongruen- che potrebbero essere suoi nipoti, una traduttrice za, poi è l’autore a chiedere di sostituire un agget- di successo, l’autrice di un libro sulla grammatica tivo, una fact checker si oppone, è giusto così. Ri- inglese e un italiano doc, che a 37 anni è felice di chiesta respinta. Pagina 3: l’editor vuole tagliare due andare in vacanza con mamma e papà.

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rs_mag16.indd 12 08/06/2016 12:11:36 È meglio essere Coelho o è meglio essere Kafka A una certa età ci si può anche rilassare, ma un aspirante narratore può chiedersi se valga la pena scrivere romanzi così così che leggono tutti o capolavori assoluti che rimangono senza pubblico. E infatti l’aspirante narratore se lo chiede e ce lo chiede. Esiste però un’altra possibilità, incarnata da Gustave Flaubert

Alessandro Piperno, «La Lettura del Corriere della Sera», primo maggio 2016

Un mio laureando piuttosto bravo, un po’ snob e Comunque, dopo essere caduto nella trappola del dalle smaccate ambizioni letterarie mi ha chiesto: mio laureando, ho tirato un sospiro di sollievo: «Che dice, è meglio essere Kafka o Coelho?». avendo superato da un pezzo l’età delle grandi do- Trovando la questione frivola e insensata ho mani- mande e delle sfrenate ambizioni, ho il privilegio di festato la mia difficoltà a immedesimarmi sia nell’u- sapere che non sarò mai un genio come Kafka né un no che nell’altro. E visto che insisteva l’ho invitato riccone come Coelho. La cosa, ben lungi dall’angu- a non perdere tempo con certe sciocchezze e a sbri- stiarmi, mi rilassa. Del resto, ho di che esser fiero: garsi a consegnare la tesi. mi vanto di non aver mai firmato un appello e di Nei giorni seguenti il suo dilemma ha iniziato a ron- non aver mai scritto un verso. zarmi in testa, sedimentando in modo subdolo: for- se perché Kafka e Coelho, per ragioni diverse, godo- Né geni né milionari no della mia ammirazione. Come non apprezzare il D’altronde, non c’è nulla di esemplare nella parabo- genio per gli affari di Paulo Coelho? Ripensavo alla la artistica di Kafka, tanto meno nell’ascesa impren- volta in cui una ragazza con cui uscivo (una sua fan ditoriale di Coelho. La maggior parte degli scrit- entusiasta) mi portò a una presentazione. La sardo- tori che leggiamo non sono né geni né milionari; nica serenità di quell’uomo era così contagiosa che conducono, o hanno condotto, esistenze qualunque: mi domandai se non derivasse dall’affetto di milioni bollette da pagare, matrimoni, divorzi, alimenti, di lettori, un’esperienza preclusa a Kafka. figli da crescere, editori da compiacere o tenere a Il che spiega retrospettivamente la domanda del mio bada, e tanti rospi da mandare giù. Ciò che li di- studente: è meglio scrivere libri così così che leggo- stingue da qualsiasi altro borghese in circolazione è no tutti o capolavori assoluti senza lettori? che per campare hanno scelto di scrivere, e scrivere Per amor di verità occorre dire che i lettori sono ar- come diceva Simenon è «una vocazione all’infelici- rivati anche per Kafka, ma con che ritardo! «Postu- tà». Gli avvocati che conosco non stanno sempre lì a mo» è uno degli aggettivi più strazianti della nostra chiedersi se sono – o se potranno mai essere – i più lingua. L’idea che Kafka non sapesse di essere Kafka grandi avvocati del mondo. Svolgono la professione non smette di angustiarci, malgrado non ci sfugga forense al meglio, godendone i frutti e la cosa finisce che parte della grandezza di essere Kafka consista lì. I pochi scrittori che frequento sono animati dalla nel non saperlo. Possiamo solo immaginare la gioia smania vanagloriosa di prevalere su tutti gli altri, e creatrice di scrivere La metamorfosi, così come confi- annichiliti dal sospetto della propria mediocrità che diamo che Coelho abbia più di una ragione per gioi- con l’età diventa una certezza. re del suo alchimista, motivi più concreti di quelli di Il santo patrono di questo tipo di scrittore non è Kafka, uomo peraltro di proverbiali insoddisfazioni. certo Kafka, tanto meno Coelho, bensì Gustave

rs_mag16.indd 13 08/06/2016 12:11:36 Flaubert. È lui il nostro agente all’Avana. Era uno consolazione fosse per lui avere un libro da scrivere sbarbatello, non aveva ancora pubblicato una riga (Bouvard e Pécuchet). Lo aspettavano anni di solitudi- che già stava lì a lagnarsi della sua mancanza di ta- ne (aveva un debole per le stanze silenziose e ben scal- lento, di ciò che lo divideva dai Grandi: «Quello che date); lunghe laboriose ore da dedicare a ciò che aveva mi manca è enorme, anzitutto la spontaneità di ciò di più caro; una media di 80 pagine l’anno vergate con che è innato, poi la perseveranza del lavoro». Ecco lo la meticolosità di un miniaturista giapponese. scrittore per antonomasia, eternamente insoddisfat- to e tuttavia sempre e comunque indomito. Lascia che i libri invecchino con te Turgenev racconta che Flaubert poteva intrattenerti Che personaggio Flaubert! per ore sul motivo che lo aveva spinto a cassare quel «Si arriva allo stile unicamente con un travaglio atro- pronome relativo o a ripristinare una certa virgola. ce, con un’ostinazione fanatica e devota». Così scri- Un tempo leggevo certe testimonianze con entu- veva Flaubert il Ferragosto del 1846 alla sua amante siasmo, enfatizzandone soprattutto i lati patologici. Louise Colet. Aveva più o meno l’età del mio laure- Che carattere! Che caparbietà! Che solerzia! mi di- ando e la testa piena di domande non meno oziose. Il cevo pieno di ammirazione. Oggi mi chiedo se un dado era tratto: sarebbe diventato scrittore. Un paio pronome relativo e una virgola ripristinata possano di anni prima, tornando da Deauville, aveva avuto davvero cambiare le sorti di un romanzo. E se i mo- la celebre crisi (epilessia? attacco di panico?) che gli tivi accampati da Flaubert per giustificare una simile aveva permesso di abbandonare gli studi, inducendo pedanteria (la ricerca della parola giusta, della frase i genitori ad acquistare la grande casa di Croisset. I perfetta) non fossero pretestuosi. signori Flaubert erano abbastanza ricchi e lungimi- Di recente Stephen King, noto per la sua straordi- ranti per garantire al loro secondogenito una carrie- naria prolificità (quasi un libro all’anno), si chiedeva ra di scrittore a tempo pieno, privilegio ancora oggi per quale ragione alcuni suoi colleghi (pensava so- concesso a pochi. Avrebbe impiegato una decina prattutto a Donna Tartt) impieghino almeno 10 anni d’anni a pubblicare il suo primo libro (Madame Bo- per scrivere un libro e perché la critica giudichi tale vary), passando attraverso penosissime crisi: su tutte lentezza con rispetto e considerazione. King faceva la stesura di La tentazione di Sant’Antonio, che i suoi notare en passant come le biblioteche abbondino di amici Maxime Du Camp e Luis Bouilhet gli con- capolavori scritti in poche settimane e di schifezze ri- sigliarono provvidenzialmente di dare alle fiamme. masticate per una vita intera. Per esempio ricordava Borges sostiene che si deve a Flaubert la creazione di come Roth abbia impiegato meno di due anni a scri- un tipo umano persino più immortale della Bovary: il vere Pastorale americana. Stendhal ci mise un mese e personaggio Flaubert. Che paradosso per un tipo così mezzo a redigere La certosa di Parma e Dostoevskij ossessionato dalla privacy e dall’impersonalità. Borges ancor meno a scrivere Il giocatore. Per non dire dei ritiene che Flaubert abbia inventato «l’uomo di lettere mostruosi tour de force di Balzac e Dickens. Non è come sacerdote, come asceta e quasi come martire». detto che un libro iper-revisionato sia meglio di un Senza di lui non avremmo avuto anacoreti dell’arte libro scritto di getto. Tuttavia King sottovaluta che narrativa come Kafka, Salinger e Pynchon. C’è chi molto spesso i narratori indugiano per loro esclusi- dice che se Flaubert avesse messo nei romanzi un po’ vo diletto. C’è chi ama invecchiare accanto al pro- dello spirito appassionato che trasuda dal suo epistola- prio libro, come si fa con un coniuge amato. Forse la rio, avrebbe scritto libri migliori. Su questo non so che lentezza di Flaubert non dipendeva solo dall’odio per dire, ma è difficile nascondere il numero di proseliti i pronomi relativi e le virgole sbagliate. Forse i tem- generati dalle concezioni artistiche flaubertiane. Alla pi lunghi rispondevano a necessità più urgenti della fine della sua vita, avendo perso una parte cospicua mera impeccabilità formale. Forse lui desiderava che del patrimonio, Flaubert confidò a un’amica quale ciascun romanzo rappresentasse un pezzo della sua

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esistenza, come se il tempo speso a scriverlo contas- se più del libro stesso. «La vita di Flaubert» ricorda Quale altro scrittore, prima di Henry James «è quasi esclusivamente la storia della sua fatica letteraria, tanto che parlare dei suoi cinque Flaubert, ha fatto dello scrivere il solo o sei romanzi, significa darne press’a poco l’intero re- scopo della sua vita e della sua vita soconto». Quale altro scrittore, prima di Flaubert, ha l’occasione propizia per scrivere? fatto dello scrivere il solo scopo della sua vita e della sua vita l’occasione propizia per scrivere? Non aveva mai voluto sposarsi, inorridiva alla sola idea di pro- Voglia di tenerezza creare, coltivava un nichilismo tetro e derelitto: «La Eppure anche il flaubertiano più entusiasta finisce vita è una cosa atroce. Come un piatto di minestra su prima o poi per esprimere qualche perplessità. C’è cui galleggino dei capelli umani. Ma bisogna rasse- chi trova il suo stile troppo legnoso; chi lo accusa gnarsi a mandarla giù». Poco prima di morire confidò di essere artefatto; chi gli rimprovera l’imperizia nel a George Sand di aver sempre avuto paura della vita. cucire una scena all’altra: troppo preso dalla singola I suoi libri erano allo stesso tempo uno strumento di immagine, incapace di staccarsene, eccolo indugiare tortura e di piacere. Stare su un romanzo, non mol- voluttuosamente sul dettaglio a scapito della fluidi- larlo, lo rendeva più felice che raccogliere i consensi e tà e della naturalezza della narrazione. In effetti ti i proventi della pubblicazione. Tutto qui. basta una pagina di Jane Austen per renderti conto di ciò che manca a Flaubert. Non certo, come più Grida di felicità volte è stato detto, la gioia, ma se possibile qualcosa Un altro mito flaubertiano ritrae Gustave che sot- di ancora peggiore, qualcosa che riesco a mettere a topone le pagine iper-rifinite alla cosiddetta prova fuoco soltanto oggi. della guelade. Era solito recarsi in un viale di tigli All’età del mio laureando conferivo parecchia im- a ridosso della casa di Croisset, allo scopo di leg- portanza al dolore, al risentimento e all’indigna- gere le sue frasi a voce alta, o per essere più precisi zione. Vivevo nella certezza livida che per scrivere di strillarle come un ossesso. Vargas Llosa (altro qualcosa di buono occorresse affliggersi e odiare. Mi impenitente flaubertiano) ritiene che affidasse dolevo ogni volta che sospettavo di non aver soffer- all’orecchio il compito di dirgli «se aveva colto nel to abbastanza o di non aver trovato niente degno segno o se doveva continuare a cercare vocaboli e della mia ostilità. Flaubert faceva decisamente al frasi fino a raggiungere la perfezione artistica». Ho caso mio. La fatica che gli era costata ogni frase e sempre trovato buffa l’immagine di questo gigan- l’astio che provava per qualunque cosa: se stesso, i te normanno che nella solitudine della campagna suoi personaggi, la vita, il mondo intero. Al posto recita con tono stentoreo le scene in cui Emma dell’ironia, gelide secchiate di sarcasmo. Nessuna cede a Rodolphe o Frédéric confessa il suo amore comprensione, solo disprezzo. Forse è questo ciò a Marie Arnoux. Eppure, accanto al ridicolo, come che impedisce all’aria di fluire liberamente nelle su- non vedere anche gioia, fuoco, orgoglio? Flaubert blimi pagine flaubertiane. Lui, che desiderava tanto cercava ciò che Proust avrebbe definito «la canzone svanire nelle sue pagine, non sapeva dove nasconde- dello stile», la melodia intima e solenne delle gran- re la rabbia. Giudicava tutti. di pagine di narrativa. E possiamo immaginare che George Steiner ha scritto che chi non avverte che se ne compiacesse. Si sottovaluta l’aspetto edoni- Tolstoj e Flaubert giocano in campionati diver- stico dell’ossessione flaubertiana. È vero, scrivere si non ha orecchio per la letteratura. Quando les- lo rendeva infelice, gli provocava spaventose emi- si questa frase apodittica e oltraggiosa m’indignai: cranie, complessi di inferiorità, ma era la sola via oggi non posso che sottoscriverla. Ciò che manca a d’accesso alla gioia. Flaubert è la tenerezza.

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rs_mag16.indd 15 08/06/2016 12:11:36 Mi metto scomodo. E scrivo Una stanzetta da studente, tanti gufi, niente chiacchiere. Le leggi della creazione se- condo Jeffrey Eugenides. Il romanziere apre a «La Lettura» la sua casa di Princeton. «Middlesex? Oggi non lo scriverei, si parla troppo di identità di genere. Ma il futuro della letteratura è femminile. L’università? Un lavoro come un altro, tipo l’idraulico

Serena Danna, «La Lettura del Corriere della Sera», primo maggio 2016

La casa di Jeffrey Eugenides, una villetta di 3 piani deve mai essere troppo carino o confortevole. Nella nell’area dell’università di Princeton, New Jersey, è vecchia casa la stanza dove lavoravo aveva una gran- piena di gufi. Sulla libreria, sui tavoli, appesi ai muri, de porta a vetri da cui si vedeva il giardino: era un disegnati. Ha iniziato a collezionarli a Berlino alla disastro. Per scrivere ho bisogno di operare in un fine degli anni Novanta mentre, con grande diffi- ambiente di privazione. coltà, provava a scrivere il libro per cui avrebbe vinto il Pulitzer: Middlesex. Durante una delle sue notti Per quale motivo? inquiete lo scrittore nato a Detroit nel 1960 sognò È un modo per tornare a quella fase della vita in cui un enorme gufo stilizzato alla maniera di Klimt che scrivevo solo per il piacere di farlo, prima di diven- piombava dall’alto, afferrava le sue braccia con gli tare uno scrittore professionista, prima delle inter- artigli e gli soffiava alito caldo nella bocca. Il mes- viste, delle recensioni, delle telefonate degli agenti. saggio era chiaro: il gufo – animale sacro ad Atena, Con il primo libro (Le vergini suicide, da cui Sofia dea della saggezza – era sbucato all’improvviso per Coppola ha tratto nel 1999 un film, ndr) è cambiato infondergli la forza per finire il libro. E così fu. tutto. Ricreare le condizioni delle origini mi fa bene. Da allora non esiste scrittura senza la vigilanza di almeno un gufo. Stare a contatto con giovani aspiranti scrittori, grazie al suo lavoro di docente all’università di Princeton, la aiuta? Sta scrivendo in questo momento? Non prendo mai storie o spunti dall’università. La Scrivo ogni giorno, dalla mattina appena mi sveglio mia vita si esaurisce nella scrittura e nel pensiero al pomeriggio: la continuità è fondamentale per il compulsivo di essa. L’insegnamento non c’entra mio lavoro. Dai 18 ai 40 anni non facevo altro che nulla con questo, è solo un mestiere come un altro, leggere perché non sapevo nulla e dovevo impara- come fare l’idraulico. La letteratura è molto distante re tutto: a quei tempi leggevo molto più di quanto dal mondo pratico e dalle attività quotidiane: si nu- scrivessi. Adesso le cose si sono piuttosto invertite. tre di isolamento.

Scrive a casa o ha un ufficio? È stato sempre così? Ho quasi sempre lavorato in casa, solo a Chica- C’è stato un momento nella mia vita, uno solo, in go avevo un ufficio. All’ultimo piano c’è una pic- cui ho avuto una fase «Parigi anni Venti». Quando cola stanza con il tetto spiovente, tipo garage, che vivevo a Berlino avevo molti amici, per di più artisti mi riporta indietro al college, ai primi tempi della visivi, con cui condividevo pensieri e uscivo spesso. mia carriera. Leonardo diceva che le stanze piccole Era la fine degli anni Novanta, la città intorno a noi aiutano la concentrazione. Il luogo dove scrivo non era in trasformazione, la vita costava poco, c’erano

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caos e vita dappertutto: è stato un periodo meravi- glioso. Adesso confesso che non mi importa molto delle idee delle altre persone o delle conversazioni intellettuali. Preferisco trovare ispirazione per stra- «Dai 18 ai 40 anni non facevo altro da, passeggiando: nei negozi, negli ospedali. Cam- che leggere perché non sapevo nulla mino e vedo che cosa succede. e dovevo imparare tutto: a quei tempi Nelle strade di Princeton succedono molte cose? leggevo molto più di quanto scrivessi.» Certo non è un posto terribilmente interessante, però sono convinto che più tempo passi in un luogo, più lo diventa. Tutti i luoghi hanno un potenziale. Solo re- centemente, per esempio, ho scoperto l’esistenza di un meno timore. Oggi non scriverei Middlesex perché centro di recupero per tossicodipendenti qui in città. sarebbe un tema troppo scontato: tutti parlano di Quando pensi a Princeton immagini una ricca città identità di genere, il discorso è ovunque e sarebbe carina piena di studenti, soltanto passando qui molto molto difficile delineare il personaggio con tutti tempo capisci che invece ci sono tante storie diverse… questi condizionamenti. Invece Calliope è venuta Prenda Alice Munro, forse la mia scrittrice preferita fuori un po’ alla volta, tra letture, ricerche, memo- in assoluto. Non si è mai mossa dall’Ontario, le sue rie personali: da adolescente pensavo molto a questi storie sono tutte ambientate lì. Credo che sia riuscita temi, grazie a David Bowie, a Oscar Wilde, ai libri a trovarle proprio perché era fissa lì, come Elena Fer- sulla sessualità degli anni Settanta. rante che probabilmente è sempre rimasta a Napoli. Come nascono i suoi personaggi? Come gestisce una dimensione così totalizzante, e alie- Attraverso il processo della scrittura. Inizi a scrive- nante, della scrittura con l’essere padre? re, fai delle prove, metti insieme memorie e perso- Mia figlia ha 17 anni e sa prendersi cura di sé. Io ne che conosci, e piano piano iniziano a prendere devo cucinare ed essere presente. Quando era picco- consistenza. All’inizio i personaggi cambiano mol- la la madre ha fatto molto più di quanto abbia fatto tissimo, perché devono avere senso e contempora- io. All’epoca scrivevo Middlesex, ero molto concen- neamente innescare reazioni. Poi però ci sono cose trato sul lavoro. Certo, la mia testa è sempre stata che succedono da sole, non prevedibili, e a cui i focalizzata sui suoi bisogni: medicinali, insegnanti, personaggi devono rispondere. È un progetto co- beni di necessità. Ma non basta: un figlio richiede stante di creazione. È come programmare un robot di essere sempre connesso con lui e con la comunità affinché cammini per strada. Anche se lo program- che gli ruota intorno. Questo per me è meraviglioso mi alla perfezione, succederanno cose in strada che perché mi costringe a stare lontano dal mio egoi- non puoi prevedere e a cui lui dovrà reagire. Cadrà smo. Il mio è un lavoro che ti porta a essere egoista. e tu lo dovrai rimettere in piedi. Così accade con i personaggi: devi continuamente rimetterli a posto. L’identità di genere è al centro di Middlesex, in cui il protagonista, Calliope detta Cal, è un ermafrodito: un C’è qualcuno che la aiuta in questo processo? tema attuale nel dibattito pubblico. Dovrei chiedere più aiuto ma sono sempre troppo Quando è uscito Middlesex nessuno parlava di que- imbarazzato e preoccupato per farlo. Tendo a far ste cose, infatti all’inizio il libro non andò bene: le leggere le bozze solo alle persone più vicine. recensioni erano buone, ma il pubblico aveva pau- ra della storia. Il Pulitzer mi ha aiutato tantissimo: Da tempo si parla di un suo libro di racconti in arrivo. dopo il premio le persone hanno iniziato ad avere A che punto è?

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rs_mag16.indd 17 08/06/2016 12:11:36 È quasi finito. Scrivere racconti è molto difficile, più esprimono lo stesso tipo di disagio: la distribuzio- difficile dello scrivere romanzi, perché devi lasciare ne del denaro e del potere. Il prossimo presiden- fuori troppe cose senza perdere la densità narrativa te, come i futuri romanzieri, dovrà tenere conto di e il significato. queste pulsioni.

Che idea si è fatto della nuova generazione di scrittori? Trump la preoccupa? Se dovessi basarmi sui miei studenti – tra i quali il Dipende dalle settimane, ma cerco di non essere rapporto donne-uomini è ormai 8 a 1 – direi che il preoccupato. Hillary Clinton vincerà le elezioni e futuro della letteratura è senza dubbio femminile. ha davanti a sé decisioni cruciali: la riforma sanitaria Per quanto riguarda i contenuti, le nuove genera- deve essere estesa o ridotta? Il congedo di maternità zioni sono molto «confessionali», ma credo che a e paternità diventerà la norma? Istanze come queste, breve inizieranno a relazionarsi con il potere, le spinte dalla crisi del 2008, hanno trovato una gran- élite, la diseguaglianza. I temi usciti fuori dal bino- de cassa di risonanza nella campagna elettorale. Il mio Sanders-Trump che, con le ovvie differenze, prossimo presidente dovrà dare a esse una direzione.

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rs_mag16.indd 18 08/06/2016 12:11:36 Il romanzo mette i social nel motore Paolo Di Paolo, «La Stampa», primo maggio 2016

Stavolta si può quasi gridare al miracolo. Un roman- Se abbiamo un problema, è tutto lì. Non tanto nel zo molto bello, con una scrittura di rara forza e di più fatto che in testa alla top ten ci siano romanzi fa- rara sobrietà, entra in classifica. Si guadagna il terzo cili, scritti con lo stampino, libretti evanescenti di posto nella narrativa straniera e l’undicesimo in quella youtuber e cantanti. Bando agli eccessi di snobi- generale, senza vetrine in libreria, senza l’apparizione smo: niente di male, o meglio, niente di strano. dell’autore in un talk show, senza rientrare nel novero D’altra parte, l’eterna lotta tra alto e basso è de- fortunato dei romanzi cosiddetti «di genere». Perdi- stinata a infrangersi – sempre e comunque – con- più, a pubblicarlo è un piccolo e raffinatissimo edito- tro l’inappellabile muro del gusto personale, della re, L’Orma. Il romanzo s’intitola Il posto, l’ha scritto capacità di far diventare esperienza, o emozione, una grande autrice francese: Annie Ernaux. anche la storia più ovvia e mal scritta. C’è da pre- Come è stato possibile che le stagnanti acque dell’e- occuparsi piuttosto quando i libri in vetta si so- ditoria italiana si siano mosse all’improvviso? Il migliano tutti, sembrano tutti usciti dalla stessa merito è di una community di lettori social, Billy mano: le Cinquanta sfumature di ieri e il pornosoft il vizio di leggere, che conta quasi 11mila iscritti. di Silvia Day oggi, Ann Todd che richiama legioni I due animatori del gruppo, Angelo Di Liberto e di lettori (solitamente recalcitranti) sedicenni e le Carlo Cacciatore, hanno lanciato la sfida: ma se per sue emule anche italiane, il potere del riordino, le entrare in classifica occorre che un libro venda più o diete e le ricette, le ricette e le diete – e nient’altro. meno tot in una settimana, perché non proviamo a Quando il paesaggio diventa tutto uguale, quando spingere noi lettori, dal basso, un titolo alternativo? non c’è un solo dettaglio che stacca, il rischio è Dopo una discussione sulle proposte e una sorta di finire per credere che sia tutto così, che non esista primarie, si è arrivati a una cinquina e poi a un vin- altro. E invece altro c’è, eccome! Non è meglio citore. Quasi 2400 lettori hanno preso sul serio la né peggio in termini assoluti, ma è – appunto – scommessa, ritagliando a forza, in classifiche sem- diverso. Quando rimuginava sui danni prodotti pre più piatte e prevedibili, uno spazio per un libro dall’industria dell’intrattenimento, David Foster diverso. Sono corsi in massa, nella stessa settimana, Wallace faceva l’esempio delle caramelle. Sono nelle librerie e hanno comprato Il posto. Un semplice buone, diceva, rendono più dolci le giornate. E va gesto, moltiplicato dal passaparola su Facebook, ha bene. Ma se ti nutri di sole caramelle, va a finire fatto la differenza. Forse la parola chiave è proprio che muori. In un senso profondo, diceva, va a fi- questa: differenza. nire che muori.

Quando il paesaggio diventa tutto uguale, quando non c’è un solo dettaglio che stacca, il rischio è finire per credere che sia tutto così, che non esista altro. E invece altro c’è, eccome!

rs_mag16.indd 19 08/06/2016 12:11:36 Elizabeth Strout, nel nuovo libro la stagione dell’indulgenza

In Mi chiamo Lucy Barton (Einaudi), Elizabeth Strout tenta di superare i conflitti famigliari con la forza delle semplici parole. Anche se nessuno si conosce per davvero

Paolo Giordano, «Corriere della Sera», 2 maggio 2016

Il penultimo romanzo di Elizabeth Strout, I ragazzi distolta dal tornare nella regione della sua infanzia; Burgess, si apriva con un prologo in prima persona. infine aveva semplicemente smesso di pensarci, e di La narratrice alludeva al rapporto scostante con sua desiderarlo forse. È così, racconta Strout, che si crea madre. Incapaci di condividere un’intimità e parlare una distanza di anni e chilometri fra persone vicine, di sé stesse, le due donne, rimaste vedove entrambe, fra i famigliari, succede e basta, per indolenza e per deviavano spesso il discorso sulle conoscenze in co- l’incapacità di superare certi imbarazzi, e perché è mune del passato, sul destino di questo e di quello, sempre più facile non affrontare il passato irrisolto. e in particolare sulla famiglia Burgess. Il prologo si I rapporti umani inciampano sull’invisibile, s’inca- chiudeva con una sentenza icastica: «Nessuno co- strano, e molte volte ciò accade a dispetto delle mi- nosce mai veramente qualcuno», quindi il romanzo gliori intenzioni. I personaggi di Strout, anche quel- proseguiva in terza persona, dimentico di chi stesse li delle opere precedenti, sbagliano quasi sempre nel raccontando. tentativo di perseguire il bene, ma in Mi chiamo Lucy A 3 anni di distanza Elizabeth Strout sembra esse- Barton il bisogno dell’autrice di indulgenza, di ac- re tornata a quella stessa voce che aveva esplorato cantonare una volta per tutte la rabbia troppo feroce con tanta parsimonia in I ragazzi Burgess, per vedere dei figli contro i genitori raggiunge il suo apice. fino a dove essa può davvero condurla. Mi chiamo E sì che Lucy ne avrebbe di motivi per non perdonare Lucy Barton (Einaudi) è il resoconto dei 5 giorni che la madre né il padre. Quando era bambina ha vissuto una madre e una figlia trascorrono insieme in una in una miseria estrema, dentro un garage senza il ri- stanza di ospedale, al cospetto del Chrysler Building scaldamento, sporca, schivata dai coetanei. Suo padre che, incorniciato dalla finestra, le studia freddamen- aveva accessi di rabbia imprevedibili, così terrificanti te, impacciate e ritrose come sono. Lucy è stata sot- da non poterli rievocare per intero. Una volta chiuse toposta a una semplice appendicectomia, ma ci sono Lucy dentro il furgone in compagnia di un serpen- state delle complicazioni postoperatorie, una febbre te e un’altra costrinse il fratello a camminare per le persistente e misteriosa, quindi l’astenia. La sua de- vie della cittadina vestito da donna, per mortificarne genza finisce per durare parecchie settimane e a un le tendenze femminee. La madre era schierata inva- certo punto la madre compare, inattesa, senza alcun riabilmente dalla sua parte, si dedicava truce al suo preavviso. La loro relazione era interrotta da tempo, lavoro di cucito e sputava poche parole taglienti. De- spezzata in due fra New York City, dove Lucy vive cenni dopo Lucy non ha dimenticato tutto questo, con il marito e le figlie, e l’America rurale, Amgash, ma nemmeno sembra essersi posta il problema del Illinois, dove i suoi genitori e fratelli abitano ancora. perdono. La vita, per quanto la riguarda, è più con- Lucy si era allontanata dapprima per il college, poi la traddittoria di così. Ci sono infatti altri momenti che carriera incipiente di scrittrice e la famiglia l’avevano ricorda dei suoi genitori, attimi di amore e protezione

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racchiusi in piccoli gesti. Per esempio suo padre che mangia al suo posto una mela caramellata che lei ave- «Ciascuno di voi ha una sola storia. va chiesto e poi non era stata in grado di mordere. Scriverete la vostra unica storia in Questi dettagli non pesano sul suo cuore meno dei molti modi diversi. Non state mai soprusi. Perciò Lucy è raggiante dentro di sé quando, risvegliandosi, trova la madre seduta al proprio ca- a preoccuparvi, per la storia. pezzale. «Ero così contenta. Oh, ero così contenta di Tanto ne avete una sola.» parlare in quel modo con mia madre!». Ma come si riallaccia un dialogo muto da anni? quel modo obliquo e fulmineo che caratterizza tut- Accade come in I ragazzi Burgess: è il pettegolez- to il libro. «Mi ricordai di essere stata a una festa zo a venire in soccorso. Lucy chiede alla madre di con un tale che la conosceva. Parlava dei suoi libri raccontarle «qualcosa, una storia qualunque», per e diceva che scriveva bene, ma non riusciva a evi- esempio che cosa ne è stato di Kathie Nicely. «Ah, tare una “tendenza al pietismo” che lo innervosiva, già, Kathie Nicely,» risponde lei «santo cielo, che perché indeboliva, secondo lui, la sua scrittura. A brutta fine ha fatto». me, comunque, i suoi libri piacevano. Mi piacciono Il romanzo alterna questa chiacchiera lenitiva ai ri- gli scrittori che si sforzano di raccontare qualcosa cordi remoti di Lucy e ad altri più recenti, sulla sua di vero. […] E poi mi resi conto che nemmeno lei, vita matrimoniale e sulla sua carriera di scrittrice. Ri- nei suoi libri, raccontava esattamente la verità, che si flessioni e singole scene giustapposte, che intrecciano teneva sempre alla larga da qualcosa». tuttavia con il procedere delle pagine una trama unita- Sarah insegna a Lucy che è necessario affrontare le ria. Il risultato è che Mi chiamo Lucy Barton racchiude parti deboli dei racconti, affondarci i denti «prima che in appena 160 pagine non soltanto la vita intera della possa accorgersene il lettore». Le raccomanda l’umil- narratrice, dall’infanzia al primo matrimonio, fino al tà e la compassione illimitata, un autore deve esserne secondo, ma anche i grani grezzi di molte altre, grazie capace, ma al tempo stesso deve essere capace della a quello «sparlare» che Elisabeth Strout ha reso un più immonda spietatezza: «Se mentre scrive si ac- fondamento della propria poetica fin dal principio. corgerà che sta proteggendo qualcuno, si ricordi: c’è Kathie Nicely lasciata dal marito, Annie Appleby che qualcosa che non va». Infine le esplicita un assioma è diventata famosa e triste, l’attraente vicino di casa che molti scrittori conoscono nel proprio intimo, ma Jeremy, l’amica svedese Molla che detesta la madre, il tengono per sé per vergogna e timore: «Ciascuno di povero fratello che legge ancora i libri di quando era voi ha una sola storia. Scriverete la vostra unica storia bambino… Ancora una volta, proprio come fece in in molti modi diversi. Non state mai a preoccuparvi, Olive Kitteridge, Strout costruisce una piccola contea per la storia. Tanto ne avete una sola». di relazioni allacciate, ognuna delle quali è una via di Ebbene, se è così come Sarah Payne dice, la storia fuga possibile dalla vicenda personale della protago- che Elizabeth Strout continua a raccontare in modi nista e meriterebbe un libro tutto per sé. sempre diversi e sorprendenti è quella delle reticen- Un giorno, «in uno di quei negozi di abbigliamen- ze ostinate fra una madre dura e una figlia che ha to per cui New York è famosa», Lucy incontra una tradito la provincia per la città, dei conflitti stupidi donna che la incuriosisce. È una scrittrice, schiva e e inevitabili con i genitori e i fratelli, di matrimoni angustiata, si chiama Sarah Payne. Lucy ha letto i che s’incrinano. E ciò che ci rammenta, come for- suoi libri e, una volta iniziata la propria carriera nelle se ha fatto Sarah Payne con lei, è sempre la stessa lettere, decide di seguire un suo seminario in Arizo- disarmata verità: che non si può conoscere nessun na. È Sarah Payne, forse, il personaggio più inedi- altro per davvero. Proprio per questo, non possiamo to del romanzo. Attraverso di lei, Strout si concede smettere di ipotizzare, di «fare pettegolezzi», di nar- per la prima volta di parlare di scrittura, seppure in rare ancora le storie altrui e infinite volte la nostra.

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rs_mag16.indd 21 08/06/2016 12:11:36 «Come Chaplin, vi svelo cos’è davvero il lavoro»

Intervista a Vitaliano Trevisan, che in Works racconta i mille mestieri di un Nordest tutto bulloni e fatica: «Siamo ancora a Tempi Moderni»

Maurizio Crosetti, «la Repubblica», 3 maggio 2016

Cade tra noi all’improvviso un grande libro da un lon- al wi-fi e scaricare le mail e qualche volta i giornali, tanissimo altrove. Precipita da un luogo che si chiama per vedere la Juve, per comprare su Amazon libri e contrà Molino di Campodalbero, dove la provincia vestiti». Mostra la giacca inglese da caccia con inser- di Vicenza abbandona i capannoni e s’arrampica sui ti di daino sulle spalle. «In casa non ho televisore né monti Lessini. Un grumo di case con appena 3 abi- internet, mi scaldo con la legna. Meglio essere soli tanti e uno è lui, Vitaliano Trevisan, scrittore, dram- in montagna che in pianura». maturgo, attore e contenitore di altri mestieri. Infatti Ed è dai margini apparenti, lontanissimo dalla so- è proprio di questo che parla Works (Einaudi Stile cietà culturale e dalle sue confraternite, che la voce Libero), meteorite di 652 pagine appena uscito. Parla di Trevisan ha limato questo blocco di parole. Let- di lavoro. È il diario di numerose vite appartenute alla teratura come necessità. Repertorio (parziale) dei stessa persona, perché lavoro vuol dire tanto: paesag- mestieri svolti dall’autore: saldatore di gabbie per gio umano e fisico, luoghi, nomi, colleghi, superio- quaglie, stampatore a pressa di lamiere, operaio co- ri, attrezzi ma anche attese, vuoti, ansia, abbandoni, mune, scaricatore, muratore, manovale semplice, precarietà. Così Works è soprattutto una geografia ladro di giubbotti, pusher di fumo, disegnatore tec- psichica, «una collezione di false partenze» e un de- nico, venditore di mobili, portiere di notte. posito di materia, c’è l’odore di olio lubrificante e la malta impastata col badile, ci sono il profilato d’al- Scusi, Trevisan. Anche ladro? Spacciatore? Tra un ca- luminio di un armadio e la tenebra di un albergo nel pitolo e l’altro, come se pure questo fosse scritto nel suo quale fare la guardia mentre tutti dormono. Il corpo singolare libretto di lavoro. delle cose, insieme all’evanescenza di un dolore in pe- Ho rubato giubbotti quando andavo (per poco) renne sottofondo, indistinto ma conficcato nel cuore. all’Università di Padova o magari no, leggete l’ulti- La faccia di Vitaliano Trevisan è quella di Primo ma riga del libro. Amore di Matteo Garrone, il cranio pelato e gli oc- chi inquietanti dell’uomo che pretende la sua donna Lo facciamo, non svela il finale: «Tutto ciò che po- sempre più magra fino al delirio di entrambi. «Reci- trebbe incriminarmi è frutto d’invenzione». Forse tare, uno dei miei mestieri, sì». Occhi celesti profon- che sì, forse che no. di. Si rolla una sottile sigaretta al Bar Trego, dove siamo seduti nel freddo che c’è fuori e che scende E il fumo? ancora dalla montagna spruzzata di neve. «Poi sa- Ci sono occupazioni meno rispettabili, tipo l’immobi- liamo su, ti porto a vèdere». La cadenza veneta, gli liarista che ha circuito mio zio e gli ha sottratto la casa. accenti ogni tanto cascano all’indietro. Un lieve tre- molio della testa. «Vengo qui al bar per collegarmi Perché Works?

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Vuol dire lavori e anche opere. L’ho proposto io, faggi, frassini, carpini e pioppi neri. «Un bosco gio- come tutti i miei titoli. Non ho editor, solo corret- vane, senti che odore». I tornanti si fermano davanti tori di bozze. Il primo romanzo è rimasto fermo per a una casetta bianca su tre livelli in faccia al torrente 4 anni perché volevano impormi un editing, alla fine Chiampo, che allargandosi forma il lago dei Poareti, ho vinto. Quello che scrivo è solo mio. dei poveretti. «Non a quest’ora, ma qui io vengo a vedere le trote che saltano». Solitudine e singolarità Il lavoro non è di moda in nessun posto, purtroppo nem- come in Works che è pieno di luoghi mai sentiti che meno in fabbrica, figurarsi nei libri. Ma lei ci ha speso 5 si chiamano Cavazzale, Sandrigo, Poianella, Lupia, anni per parlarne: perché? e a volte gli uomini Bortolo, Pericle, Adone (e lui, Ci pensavo da almeno 10. Se non lo faccio io, mi comunque, Vitaliano). dicevo, chi mai? Scrivo con lentezza, una o due pa- gine al giorno. Tutti si riempiono la bocca di lavoro Works è un libro anche felice, anche ironico, seppure in- ma non più le mani, è caduta la compenetrazione triso di un forte sentimento di perdita. Cosa resta, alla tra classi, i cosiddetti comunicatori non hanno più fine di una storia di lavoro? niente a che fare col lavoro. Non lo conoscono, e Lo spaesamento, le occasioni buttate via. Anche gli meno lo conoscono più ne parlano. errori e i pentimenti. Restano i dintorni, cioè il ter- ritorio che frequento. Cos’è diventato il profondo Nordest? Nel suo libro crol- lano i miti e resta il dolore. Non il mondo ufficiale delle lettere, si direbbe. I morti lavorando sono in crescita, e davvero c’è chi Lì non conosco nessuno, non chiedo niente. Né finisce in manicomio anche se li hanno chiusi. Qui nel santi in paradiso né diavoli in terra. Io non c’entro, Veneto abbiamo l’ansia di tornare indietro, di essere di un autore rimane e conta solo l’opera. di nuovo tragicamente poveri: i nipoti che retrocedono all’epoca della polenta dei nonni. E quante bugie dalla E di un lettore? politica, ancora e sempre democristiana. Il sindacato I classici, i libri davvero formativi. Per me Thomas smantellato, a volte anche giustamente. Sembra che il Bernhard, Sciascia, Conrad, Beckett, Quintiliano, lavoro manuale debba riguardare solo gli immigrati: Machiavelli su tutti. La narrativa di trama non mi non è così. Degli italiani poveri non si parla più. prende, meglio le biografie e i saggi. E gli italiani contemporanei non li leggo proprio, i più premiati Il libro è pieno di bulloni, tondini, carta millimetrata, inseguono una ricerca strabica dell’effetto, scrivono tormenti, denaro nero, cattiverie. E d’improvviso, l’or- male o non sanno scrivere in assoluto. Non faccio goglio del lavoro artigiano. recensioni, ma quando leggo parole come «narrazio- Qui, sgobbare è ancora Tempi Moderni ma è anche ne» o «storytelling» vorrei urlare. La chiave a stella, è il talento innato della meccanica che sale dal basso. Ecco, Primo Levi lavorò davvero Piove. Si ridiscende al Bar Trego. Locandina del e poteva scriverne così. I nuovi contratti sono tutti a «Giornale di Vicenza» appesa fuori: «Trovate bom- termine, il nero in agricoltura e nella ristorazione è be nella bara del partigiano Toni Giuriolo». La vita all’80 percento. Ora ci sono i voucher, solo una scu- come un pezzo d’acciaio montato su un perno asim- sa per aggirare tasse e contributi. Le piccole aziende metrico. «A scuola finivo il mio tema in mezz’ora, poi venete chiudono in continuazione ma non fanno avevo il tempo di scriverne almeno altri due che ven- massa, muoiono invisibili. devo ai compagni. Più o meno quello che faccio ades- so». Vitaliano si rolla ancora una sigaretta sottile ed Saliamo sulla jeep nera di Trevisan, dopo marmisti estrae l’ultima frase come un sussurro. «È triste essere e concerie ci si arrampica nella foresta di Giazza tra un osservatore, rende malinconici. Anche viceversa».

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rs_mag16.indd 23 08/06/2016 12:11:36 Il fantasma Del Giudice

Scrittore poco celebrato, prima schivo poi reso invisibile da una malattia che si fa fatica a nominare: ora in libreria i suoi racconti

Andrea Fiamma, rivistastudio.com, 5 maggio 2016

«Anche se è stato un sonno breve, come questo di di consulente editoriale per Einaudi, a scoprire il ma- mezz’ora, dopo bisogna ricominciare tutto da capo», noscritto di Lo stadio di Wimbledon (1983), il primo è un incipit che vale doppio perché è la prima riga romanzo di Del Giudice. Del Giudice e Calvino co- del primo romanzo di . Del stituiscono le facce ambivalenti della letteratura ita- Giudice è uno scrittore la cui potenza è indiretta- liana del Novecento: li accomuna una duplice com- mente proporzionale alla sua fama e che è tornato ponente fantastico-matematica – si pensi alla fanta- da poco in libreria con I racconti, raccolta che esce scienza umoristica di Ti con Zero e alla commistione per Einaudi con un titolo che sembra azzardato, vi- tra il rigore geografico e la divertita descrizione del sto che i racconti sono percepiti come veleno per le comportamento dei pinguini in Orizzonte mobile – la vendite. I suoi primi due libri, Lo stadio di Wimble- tecnicità, lo sguardo (l’occhio, grande fulcro in Calvi- don e Atlante occidentale, furono successi di critica e no, diventa soggetto in Il museo del Reims di Del Giu- pubblico e il corpo di opere, pur limitato (6 su carta dice, in cui il protagonista si reca a vedere i dipinti in e una teatrale nell’arco di 26 anni, anche se c’è molto un museo prima di diventare cieco, o nel continuo inedito), ha mantenuto una qualità costante fino alla «vedere» scientifico di Atlante occidentale) e gli iden- fine. Eppure non è un nome conosciuto, i materiali tici obiettivi: la ricerca dell’oggetto «racconto», come su di lui non abbondano. Se compare nelle antologie esso si strutturi e influisca nella vita del narratore e, in scolastiche lo fa in funzione di critico, relegato alle ultima analisi, del lettore stesso. sezioni di approfondimento. Non abbastanza dirompente da fare capitolo a sé, «Il fatto è che sfugge alle categorie» dice Roberto non abbastanza rappresentativo dell’angst adolescen- Ferrucci, scrittore e amico di Del Giudice da lungo ziale di Tondelli, Busi, De Carlo e Palandri (men tempo. I due si sono conosciuti a metà degli anni che meno del «cannibalismo» degli anni Novanta) Ottanta in una libreria di Mestre, Ferrucci gli aveva da essere inserito in una tendenza. O, nella maniera dedicato un capitolo della sua tesi e da lì sono di- più semplice, il suo essersi sottratto ai radar mediati- ventati amici. «Come lo incaselli? Sì certo, puoi dire ci lo ha reso invisibile agli sguardi altrui. A pensarci “calviniano”, ma Calvino è il meno incasellabile di bene, nessuno decennio era pronto per Del Giudi- tutti. Lo spiega Del Giudice stesso in un suo saggio: ce, la cui poetica pare fatta su misura per questi anni per Calvino ogni libro era un nuovo progetto, un Dieci, composta com’è da oggetti e feticci. La nostra nuovo esperimento avulso dal precedente». modernità ha smaterializzato i saperi e poi, con una è stato un punto di partenza con cui consequenzialità abbastanza banale, li ha rifusi tutti Del Giudice ha dovuto immediatamente misurarsi insieme nell’oggetto che ognuno tiene in tasca. Ecco perché, oltre a rappresentare una pietra di paragone allora che nei suoi racconti la fiducia tra i personaggi nel contesto nazionale, era stato proprio lui, in veste passa sempre attraverso una confidenza non intima

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ma relativa a un oggetto, gli sguardi devono conver- particelle, che sottintende, alla base delle proprie te- gere su «una cosa messa a fuoco in comune», come orie, non solo un diverso uso dell’oggetto, ma anche scrive nell’introduzione a I racconti. una sua ridefinizione da parte dell’uomo. Il mondo Dagli oggetti scaturiscono le storie, confluiscono, subatomico non ha immagine, solo formalizzazione vengono sfiorate; spesso non sono l’elemento cen- numerica. Pierpaolo Antonello nel saggio La verità trale del racconto, ma ne sono testimoni: una mac- degli oggetti afferma che i nuovi oggetti della società china fotografica (Lo stadio di Wimbledon), gli aerei descritta da Del Giudice non siano fatti d’altro che di (Staccando l’ombra da terra, Atlante occidentale) o le luce – comunicazioni, commerci – e questa configu- opere d’arte (Nel museo di Reims). Avvicinati, asse- razione pretende dalla società una diversa percezio- condati, rispettati. Oggetti, non cose, perché Del ne degli oggetti: vanno guardati con occhio nuovo e Giudice ha bisogno di una precisione che evoca e fa nuova deve essere la prospettiva sui sentimenti uma- sentire (o almeno fa sembrare) che dietro alla scrit- ni. Il romanzo è un esperimento del «vedere ai mar- tura c’è competenza: in Atlante occidentale, gli aerei gini dell’invisibile», si situa in realtà nel sentire, nel non sono generici mezzi di trasporto con le ali, ma provare questi nuovi sentimenti: «Alla fine dovrebbe Piper, Cessna, Dornier, Lyncoming, e le persone lasciare al lettore l’impressione di un assoluto allarga- sono rappresentate attraverso le macchine che usa- mento della percezione: una disponibilità a percepire no: il lep, l’acceleratore di 27 chilometri di diame- un’epoca dove le cose non saranno più come prima», tro, una Fiat 131 blu. Lavori pratici e conoscenze dice in un’intervista con Angelo Mainardi. tecniche diventano canoni stilistici, tanto da far scri- Raccontare per Del Giudice significa guardare nel vere a Del Giudice come «i manuali [siano] libri di «cono d’ombra delle cose», come scrive Teresa Sbar- formazioni, raccontavano che cosa bisognava fare e ra, nell’articolo «Daniele Del Giudice. Dove sono come andava fatto. Che libro trova Marlow in Cuore le storie?». Il reale significato di una parola è in ciò di tenebra risalendo il fiume Congo? Non la Bibbia che la parola tace, che la parola nasconde, lì lavora né Shakespeare, ma un libretto dal titolo Indagine su il narratore, facendo emergere l’invisibile dal visi- alcuni aspetti dell’arte marinaresca». bile. Non è diverso dalle monomanie che dipinse Uno dei personaggi dei suoi libri rivela così l’origine Thèodore Géricault tra il 1818 e il 1822: 10 ritratti delle proprie storie: «Lei forse pensa che un visiona- di alienati monomaniacali, figure umane segnate da rio sia qualcuno che vede mostri, che vede un ponte una dipendenza, da una malattia o da una psicosi tendersi ad arco e scoppiare, non uno che sente la po- che non viene mostrata nei dipinti. I quadri ritrag- rosità del suo cemento senza toccarlo: io sono un vi- gono i malati intenti a scrutare un punto impreci- sionario di ciò che esiste». Il personaggio in questio- sato dell’orizzonte. Non si da dove vengano, dove ne è Ira Epstein, il protagonista di Atlante occidentale. vadano, né dove siano, essendo circondati da uno Nel libro Epstein, scrittore vicino al Nobel che sem- spazio buio, solo immaginabile. bra essere pago di vita, stringe amicizia con Pietro Nei libri di Del Giudice è presente questo grande Brahe, fisico impegnato nei laboratori Cern di Gine- paradosso di qualcosa che non può essere visto ma vra. Uscito nel 1985, Atlante occidentale racconta fatti può essere raccontato o, al contrario, di una storia che che sono successi solo due anni fa e che Del Giudice si può solo guardare senza poter dire. Bobi Bazlen, aveva previsto – o quantomeno intuito – vedendo i figura storica attorno alla quale si sviluppa Lo stadio disegni del progetto dell’acceleratore di particelle. di Wimbledon, è uno scrittore che non ha mai scrit- È un romanzo di rottura nel panorama della lettera- to, che non ha mai raccontato, eppure nella sua non- tura italiana anche per l’inedito contesto in cui cala storia si sviluppa la letteratura italiana dei primi del l’oggetto e per le sue tematiche proiettate in un futu- Novecento, e nel suo silenzio è da ricercarsi la radice ro «quale momento di grande unificazione che pro- più coriacea del romanzo. Allo stesso modo, lo scrit- duce la nascita di nuovi oggetti», come la fisica delle tore Ira Epstein, «visionario di ciò che c’è» di Atlante

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rs_mag16.indd 25 08/06/2016 12:11:36 occidentale, non crea, non inventa dal nulla, le storie Doppiozero parlando dell’impegno di Del Giudice che narra esistono indipendentemente dalla sua vo- come organizzatore culturale, la tocca piano. Così lontà e il flusso spontaneo di narrazione sembra addi- come fanno tutte le recensioni o gli articoli, proce- rittura impedire qualsiasi tipo di contemplazione di- dendo per eufemismi anche di difficile scioglimento sinteressata («Prima vedevo le storie raccontando, le («è andato a vivere nella città di Isidora» scriveva su vedevo nel momento in cui le scrivevo, adesso le vedo «la Repubblica» Paolo Mauri). C’è il rispetto verso guardando, vedo una storia compiutamente dall’ini- l’intimità della persona, c’è la volontà di non scadere zio alla fine semplicemente guardando»). in facili pruderie. Ma c’è anche un silenzio doloroso. E se i lettori di lui avranno l’impressione di un tipo Nel libro Farina tenta di fare luce ma riceve solo terso e distaccato, per i conoscenti era un «vero ami- il rifiuto della moglie e del fu Cesare Segre, la cui co» – come lo definisce Ferrucci – uno che era so- testimonianza evoca «qualcosa che non può essere lito fare scherzi come introdurre Antonio Tabucchi né esibito né addolcito». Non restano che 5 pagine spacciandolo per un amico postino. O, quand’era in cui ogni frammento di informazione è ingigantito giovane leva del «Paese Sera», scrivere una recen- fino alla sgranatura. Ed è evidente che ora non ci sione al falso romanzo del mitteleuropeo Anton sia più nulla da dire, forse qualcosa sarebbe potuto Ganzfalsch (Ganz Falsch in tedesco significa «tutto trapelare prima, per non dover lasciare come ultimo falso»), suscitando perfino l’interesse di un critico ricordo un pallido video di premiazione. Sarebbe che lo contattò perché non riusciva a trovare il libro stato utile raccontare, come fa Farina per tanti per- da nessuna parte. sonaggi del libro, l’esperienza della malattia come Diviso tra Roma e Venezia – nella seconda ha in- forma di esorcizzazione. Ma la vita di Del Giudice segnato letteratura italiana e teatrale allo Iuav (per resta chiusa tra le mura della sua Venezia. il teatro ha anche scritto: I-TIGI Canto per Ustica Cercando e parlando di lui non riesco a togliermi di con ); per la prima ha scelto, in giura dosso il rimando a Richard Yates, anche lui scrittore con altri nomi illustri, il progetto di Zaha Hadid per scrittori, autore che veniva idolatrato da Raymond per il museo Maxxi – Del Giudice è sempre stato Carver e David Foster Wallace e che ha trovato nuo- sulla soglia dell’invisibile, come le sue opere. Invi- va fama dopo la morte, la grande indulgenza plenaria, sibile lo è anche adesso che non scrive più, perché vidimatrice di ogni interesse. Si spera che I racconti sia affetto dal morbo di Alzheimer. Le sue condizioni il primo segnale di un’apertura verso Del Giudice e i sono sempre state celate dal riserbo. Michele Fa- suoi lavori. Per ora nessuno sembra interessato a voler rina ne ha parlato nel suo libro Quando andiamo a celebrare il suo nome. Sembra che la gente smetta di casa?, in cui racconta le testimonianze di persona- interessarsi al discorso appena lo si nomina. Sembra lità più o meno famose affette dalla malattia. Una il ripetersi di un cerchio, Del Giudice che cercava le malattia che ha bisogno di essere raccontata perché risposte alla ritrosia di Bazler, che poteva scrivere ma è anche una malattia sociale. Anche Stefano Bar- non ha voluto, noi che cerchiamo Del Giudice, che tezzaghi, che di recente gli ha dedicato un pezzo su voleva scrivere ma non ha potuto.

«Prima vedevo le storie raccontando, le vedevo nel momento in cui le scrivevo, adesso le vedo guardando, vedo una storia compiutamente dall’inizio alla fine semplicemente guardando.»

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rs_mag16.indd 26 08/06/2016 12:11:36 Dove sono i visionari

Il xxix Salone del Libro si apre a Torino il 12 maggio. Il grande critico letterario Carlo Ossola parte dall’autore di Palomar per riflettere su una qualità, oggi rarefatta, che sapeva sublimare la provincia in una dimensione universale

Roberta Scorranese, «Corriere della Sera», 6 maggio 2016

La Rimini di Tondelli, trasfigurata al punto da sem- Il suo è stato un progetto politico-etico fino a Palo- brare la provincia americana dipinta da Hopper; la mar, quell’acuto scrutatore in cui lo sguardo si spin- Malo (Vicenza) di , in cui il tra- ge al punto di osservare la propria morte. passo dalla cultura contadina a quella capitalista si potrebbe definire universale. E la Sicilia di Sciascia? Tornando alla provincia: Calvino, pur partendo dal Non è forse planetaria la rassegnazione di Bellodi patrimonio più «particolare» e identitario (la fiaba), che chiude Il giorno della civetta, quando – di fronte arriva a una letteratura che non ha città né lingua: è al muro di omertà, politica corrotta e fatalismo – globale. dice a voce alta: «Mi ci romperò la testa»? Io lo paragono a Marco Aurelio, a uno stoico: vol- Una delle caratteristiche dei grandi «visionari» le costruire tenacemente una visione interiore, una (tema del Salone 2016) della letteratura italiana del propria coerenza staccandosi dal reale per osservarlo secondo Novecento è stata proprio quella di aver su- meglio. Anche nelle aporie: pensiamo a La giornata blimato la provincia in un messaggio apolide, non a d’uno scrutatore. caso ancora oggi molto amato all’estero: una ricerca dell’agenzia 7BrandsInc. dice che il «toscanaccio» Racconto ambientato a Torino, ma potrebbe essere (secondo Pietro Pancrazi) Pinocchio di Collodi è il ovunque. Quanto è diversa questa provincia da quella secondo libro più tradotto al mondo, dopo Il Piccolo di Andrea Vitali, che è al Salone, o da quella veneta di Principe. Ma forse il visionario più universale di tutti Parise? è stato lui, Italo Calvino, filosofo oltre che scrittore, Goffredo Parise, ma anche Luigi Meneghello o come chiosa il filologo e critico letterario Carlo Os- Antonio Barolini, per non parlare della Asiago di sola, che al Salone porta il suo Italo Calvino. L’invi- Mario Rigoni Stern. Una costellazione straordina- sibile e il suo dove (Vita e Pensiero). ria che oggi è una lezione a quei tentativi di forzato localismo tipico dei leghisti: quella provincia parlava Professore, quanto bisogno abbiamo oggi di visioni, spe- una lingua che, sì, nasceva da un posto, ma poi si di- cie di quelle di Calvino? mostrava capace di superarlo, era una provincia che Sono necessarie per rendere il futuro abitabile. Es- si confrontava con temi europei. sere visionari è anche rappresentare la società nei suoi valori simbolici e Calvino lo ha fatto con generi Curioso che oggi, anche a causa della crisi economica, si e registri diversi. Penso alla fiaba, certo, ma vede, lui riscoprano i cosiddetti «cantori del lavoro in fabbrica», aveva un rovello che confidò a Maria Corti: per Cal- come Volponi e Ottieri. vino nessuno degli scrittori (a parte qualche pagina Ma oggi quella capacità di vedere al di là delle di- di Fenoglio) ha saputo rappresentare la Resistenza. namiche del lavoro e della produzione non può

rs_mag16.indd 27 08/06/2016 12:11:36 ripetersi: manca un soggetto collettivo, un «noi» che In questo viaggio nei «visionari della provincia» possia- guidava nella lettura di romanzi come La macchina mo inserire anche Silone? mondiale di Volponi. Questa è l’epoca dei singoli. A pieno diritto: anzi, mi meraviglia che l’Italia che Come Palomar di Calvino, appunto. oggi ammira papa Francesco non ricordi le temati- che di umanità «concreta» che informavano l’opera Visionarie sono state anche alcune donne della nostra dell’abruzzese. Che ci ha restituito un vissuto let- letteratura, come Natalia Ginzburg, alla quale il Salo- terario vigoroso, senza elementi estetizzanti come ne rende omaggio per il centenario della nascita. D’Annunzio. Credo che la triade Morante-Ginzburg-Ortese, con la poetessa Amelia Rosselli, sia stata una delle prove In conclusione, oggi gli autori visionari sono finiti? meglio riuscite della letteratura europea del secondo Senza generalizzare, né fare nomi: forse si nascon- Novecento. Vede, oltre alla capacità di interpretare dono dietro l’ansia da classifica o da vendita. Anche il proprio tempo, queste donne come gli scrittori di i cosiddetti epigoni di Pasolini: non credo che ci sia cui abbiamo parlato avevano una visione etica e civi- un nuovo Pasolini né un nuovo Calvino. Eppure le. Cosa che oggi, nel mondo letterario, faccio fatica abbiamo tanto bisogno di visioni. Ma bisogna rifor- a ritrovare. mare la società per rifondare il romanzo.

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rs_mag16.indd 28 08/06/2016 12:11:37 Thomas Mann, torna Doctor Faustus. La nuova traduzione del capolavoro

Il romanzo dello scrittore tedesco pubblicato nei Meridiani Mondadori nella traduzione di Luca Crescenzi: il patto col diavolo di un musicista sterile e ambizioso

Giorgio Montefoschi, «Corriere della Sera», 6 maggio 2016

«Vengo a parlare d’affari» dice il diavolo a Adrian È la scena culminante e terribile (altre, terribili, se- Leverkhun, protagonista del Doctor Faustus – il guiranno) del più grande e meraviglioso libro sulla romanzo di Thomas Mann che oggi rileggiamo hybris – la parola greca intraducibile, nella quale si nella magnifica nuova traduzione di Luca Cre- concentrano la superbia, la sfida, l’ardire, l’arrogan- scenzi – quando, improvvisamente, si materializ- za dell’uomo – che sia stato scritto nel Novecento. za sul divano della casa di Palestrina nella quale il «Il mio proposito» rivela Thomas Mann nellaGenesi giovane musicista tedesco si è ritirato per concen- del Doctor Faustus (anch’essa inclusa nel Meridiano) trarsi nel lavoro, insieme all’amico poeta Rudiger «era scrivere il romanzo della mia epoca travestito Schildknapp. È un ometto basso, cereo (simile a da storia di una esistenza precaria e sommamente quello che compare sulla panchina del Maestro e peccaminosa». L’epoca è la metà del secolo scorso: Margherita), coi capelli rossicci, un naso ricurvo, quella delle due guerre mondiali, e della catastrofe un berretto sportivo, scarpe gialle, una ridicola tedesca che si concluderà «nel nulla, nella dispera- giacca a quadri. La sabbia nella clessidra che mi- zione, in una bancarotta senza precedenti, in una sura il tempo della tua vita – spiega a Adrian con vera discesa all’inferno, circondata da una ridda di quella sua voce articolata da attore che accompa- fiamme assordanti». Adrian Leverkhun è l’uomo gna il gelo – ha incominciato a scorrere. La nostra che denuncia sé stesso per denunciare il Faust che è offerta è il tempo. Noi vendiamo tempo. Diciamo, in ognuno di noi; l’artista sterile e follemente ambi- 24 anni di suprema illuminazione creativa, di sfre- zioso che, per vincere la sua pochezza, si consegna natezza intellettuale, di potenza, di trionfo, e in al demonio. «Quanta atmosfera della mia vita» rive- aggiunta di ammirazione per ciò che realizzerai. la ancora Mann «è contenuta nel Faustus. In fondo La tua ispirazione sfonderà i limiti, le convenzio- è una confessione radicale. Leverkhun è una figura ni e le rigidità della cultura; avrai il coraggio della ideale. Ero innamorato di lui, in ansia per lui, im- barbarie; sarai rapito dal brivido del sublime; verse- pazzivo per la sua freddezza, per il suo cuore dispe- rai fiumi gioiosi di lacrime. In cambio, non dovrai rato, e per la sua convinzione di essere dannato». amare nessun essere umano. L’amore – se accet- Sono i medesimi sentimenti che muovono Serenus ti il nostro patto – dovrà essere escluso dalla tua Zeitblom, il mite insegnante di materie classiche, vita. Ma questa è la sola esistenza possibile per una amico fin dall’infanzia di Adrian, al quale – nel solco mente superba e orgogliosa come la tua, desiderosa fondamentale dell’ambiguità e del doppio registro di raggiungere l’estasi. Adrian è sconvolto. «Quello che, come nota Luca Crescenzi, attraversa in ogni che mi preparate su questa terra» chiede all’ometto sua piega tutto il romanzo – l’autore affida, con la che, intanto, ha mutato sembiante due volte, «non distanza indispensabile a non soccombere, il peso è un anticipo dell’inferno?». Poi, perde i sensi. del racconto.

rs_mag16.indd 29 08/06/2016 12:11:37 Il racconto – al quale Zeitblom comincia a metter Ha studiato Monteverdi, ha orchestrato brevi brani mano mentre la dittatura nazista è vicina al tracollo per pianoforte di Schubert e Beethoven; ha ascoltato – si apre con una stupenda luce infantile e antica: il Fidelio («Quasi una imitazione di Dio»), Mahler quella della fattoria di Buchel in cui Adrian nasce e Brahms; si è sperimentato nel lied. L’idea che ha alla fine dell’Ottocento, con le stanze foderate di nella mente e sente di voler seguire (una idea per la legno, l’odore della pipa fumata dal padre appassio- quale Mann si è ispirato, come è scritto in calce nel nato dei misteri della natura, il cortile quadrato al libro, a Schönberg, frequentato insieme ad Ador- centro del quale sorge il maestoso tiglio; quella della no e Stravinskij nell’esilio americano) ha la sua base piccola città di Kaisersaschern, nella quale Serenus nella polifonia e nella dissonanza. «La dissonanza è e Adrian frequentano la scuola, con le travature a l’indice della sua dignità polifonica. Quanto più dis- vista degli edifici gotico-rinascimentali, le torri, le sonante è un accordo, quante più note contrastanti e chiese e, nell’aria, il retaggio dell’isteria medievale di diverso effetto esso contiene, tanto più è polifoni- che induce a credere nei fantasmi e nelle streghe; co». Sarà la musica delle sue opere maggiori, l’Apo- quella dell’università di Halle, dominata dai severi calypsis cum figuris e il Lamento dr. Fausti, nelle quali professori luterani, nella quale Adrian frequenta la la più grande beatitudine coinciderà con il massimo facoltà di teologia; quella delle montagne della Ba- dell’orrore, e i cori angelici non saranno altro che viera, teatro delle scampagnate studentesche che di «echi di risate infernali». notte si concludono, a candele spente, con infinite Ora, il musicista è un adulto. Conserva la predispo- discussioni sul Bene e sul Male, sulle tentazioni del- sizione a un riso liberatorio che aveva da bambino, la carne e sul peccato, sul cosmo e su Dio. È la luce ma sempre più i suoi occhi (che hanno una tinta in- della Germania millenaria; dei suoi miti; delle sue definibile: fra il grigio, il verde e l’azzurro) scrutano foreste. Non passeranno molti anni, e questa luce si in lontananza, e il loro crepuscolo si colma di «om- trasformerà nel buio di una prima, fatale sconfitta; bre più profonde». A Lipsia, per uno sciocco scher- nel grigio cupo del rancore e della rivalsa; nei chia- zo, è entrato in un bordello. Una donna bruna, con roscuri dell’ansia. Finché, a quella che erroneamente una grande bocca, gli occhi a mandorla, Esmeralda, sarà considerata dai tedeschi una rinascita popolare, gli ha carezzato una guancia. Lui è fuggito sconvol- al presunto nuovo inizio purificatore, si mescolerà to. Quindi è tornato a cercarla e siccome non l’ha una quantità spaventosa di «selvaggia rozzezza, di trovata si è fatto dare l’indirizzo; profittando della volgarità aggressiva, di lurida brama dell’oltraggio». prima esecuzione della Salome di Strauss a Graz, è E la colossale ebbrezza, di cui il popolo tedesco si andato a trovarla nel paesino ungherese in cui si è ubriacherà, dovrà essere scontata con l’umiliazione ritirata ammalata; nonostante i suoi ammonimenti, e la fine. si è lasciato infettare. È la malattia, da cui nascono le Adrian, nel frattempo, ha abbandonato la teologia e, creazioni del genio che pretende di sfiorare l’Eterno, con la guida dell’organista Wendell Krettzschmar, preparata dal diavolo per arruolarlo nelle sue schiere si è letteralmente gettato nelle braccia della musica. e, dopo 24 anni di estasi, distruggergli il cervello.

«L’amore – se accetti il nostro patto – dovrà essere escluso dalla tua vita.»

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«Vado in cerca di un luogo in cui possa seppellirmi malattia incalza fino a costringerlo a fuggire la luce. dinnanzi al mondo e conversare indisturbato con la E il suo padrone mena l’ultimo colpo. A Pfeiffering mia vita e il mio destino», confida Adrian a Serenus. arriva il nipote, il piccolo Nepomuk, di 6 anni. È un Questo luogo – una fattoria a Pfeiffering simile a bambino bellissimo: un angelo sceso dall’alto. Lo zio quella dell’infanzia – può anche esistere. Quella che se ne innamora. Ma ha dimenticato il patto: non può è sparita, se mai ne è transitata nella sua anima una amare nessuno. E il diavolo glielo toglie. Nepomuk si scintilla, è la pace. Adrian, ammirato e ricercato, è ammala e muore: «Prenditelo, mostro!», grida Adrian costretto a vivere nel mondo, a frequentare i concerti, davanti a Serenus Zeitblom. a dividere con tutti i personaggi maschili e femmini- Siamo così alla fine. Adesso il compito di Serenus li che lo assediano, il suo tempo (e questa è la parte è quello di raccontare la morte, mentale e poi fisica, diciamo così «borghese» del romanzo, con quei salot- dell’amico che ha sfidato Dio. Intanto, la Germania ti decorosi, quei tram di Monaco di Baviera, quegli è allo stremo; le città sono un cumulo di macerie; altri veleni sparsi attorno a lui dal demonio, che più i topi ingrassano con i cadaveri. E i tedeschi sono amiamo). Si illude persino di potersi sposare, inoltra obbligati sfilare nei lager e a vedere coi loro occhi una goffa proposta di matrimonio, ed è respinto. La l’abisso.

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rs_mag16.indd 31 08/06/2016 12:11:37 Don DeLillo: «Cerco di inventare, ma alla fine scrivo di me»

Il grande autore americano racconta il nuovo romanzo Zero K e le inquietudini del suo paese: «I presidenti deludono sin dal giorno del loro insediamento. Ma guai a non sperare ancora»

Antonio Monda, «la Repubblica», 7 maggio 2016

Dei 4 grandi scrittori americani che nel canone di percorso, e sono temi che dovrebbe avere a cuore Harold Bloom compongono il pantheon della nar- ognuno: viviamo al cospetto della nostra fragilità e rativa contemporanea, Philip Roth, Thomas Pyn- della nostra finitezza». chon, Cormac McCarthy e Don DeLillo, quest’ul- timo è colui che appare maggiormente interessato a Il libro parla anche di thinness, «sottigliezza», dell’e- questioni sociali e politiche. Ogni suo libro nasce da sistenza. una necessità etica che diventa spesso una riflessione Ne parla uno dei personaggi, Ben Ezra, che riflette spirituale – DeLillo è stato allevato dai gesuiti – e esattamente quello che penso, aggiungendo che in che in questo suo ultimo, magnifico romanzo, usci- questa sottigliezza, fragilità e mortalità dell’esisten- to negli Stati Uniti con il titolo Zero K, si traduce za riesco a scorgere anche meraviglia e incanto. in una speculazione sul senso ultimo dell’esistenza (Einaudi lo pubblica in autunno). Ancora una volta Lei rifiuta sempre le identificazioni autobiografiche. DeLillo rivela un’imprescindibile tensione morale e Cerco di inventare sapendo che forse è un’illusione. uno sguardo eclettico, oltre a un sentimento dolo- Posso però confidare che il finale di questo roman- rosamente anarchico: «Gli scrittori hanno l’obbligo zo racconta una scena alla quale ho assistito qualche morale di opporsi al sistema» ha dichiarato pochi anno fa in un autobus a New York. E che in Un- anni fa. «È importante scrivere contro il potere, le derworld tutti i momenti relativi al quartiere italo- corporazioni, lo Stato e l’intero meccanismo di pia- americano del Bronx sono legati a esperienze perso- ceri debilitanti e decadenti. Ritengo che gli autori nali: non ho inventato nulla. per loro natura debbano opporsi a qualunque potere cerchi di imporsi su di noi». Perché ha deciso di parlare di preservazione crionica? Alla soglia degli ottant’anni, ora DeLillo racconta È difficile negare che si tratti di un modo per riflettere di un miliardario che ha investito in una misteriosa di vita e morte. L’elemento scatenante è nato quan- tecnologia che consente di preservare i corpi affin- do un grande giocatore di baseball, Ted Williams, ché possano essere riportati in vita quando la scienza ha dichiarato di voler essere preservato in un centro lo consentirà. «Chi parla con me in questi giorni» specializzato in Arizona. Ho scoperto l’esistenza di mi racconta nella sua nuova casa dell’Upper East questa realtà inquietante e ho cominciato a riflettere Side «mi dice più o meno garbatamente che que- sull’anelito umano all’immortalità, declinato ai tempi sto è il romanzo di una persona anziana, che sente nostri: solo i più ricchi possono partecipare a questo l’avvicinarsi della fine: è innegabile che il libro parli progetto. All’interno di questa realtà ho parlato di co- dell’idea di mortalità, come è innegabile la mia età. loro che desiderano essere conservati pur non essendo Ma si tratta di temi ricorrenti sin dall’inizio del mio vicini alla morte: questo è ancora più inquietante.

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Lei scrive: «Nasciamo senza averlo scelto». Dobbiamo centralità di un tempo. Questi movimenti «anti-si- anche morire nella stessa maniera? Non fa parte della stema», peraltro non diversi da altri in diverse parti gloria umana rifiutare di accettare un certo destino? del mondo, diventano più sorprendenti in un paese Non ho alcuna simpatia per questi esperimenti: non lo che ha nei suoi geni l’idea di promessa, e nascono farei neanche se sapessi di avere due settimane di vita. per rispondere all’idea di ripristinare – con ricette Tuttavia questa affermazione fa parte di una riflessione opposte – quella centralità. che porto avanti da molti anni e in molti libri. La politica delude sempre? Sembra che lei abbia paura della morte quanto ne abbia Sì: in America qualcosa muore già nel giorno del di- della vita. scorso inaugurale del nuovo presidente, basta vedere La pensano così i miei personaggi, non aggiungo la distanza dalle promesse elettorali. Ma guai a non altro. sperare e ad abdicare.

Pensa che la scienza sia in grado di spiegare tutto? Paul Auster ha in cantiere un libro di mille pagine. No, affatto. Ci sono aspetti della nostra mente, della Tanti romanzi americani usciti negli ultimi tempi sono nostra interiorità, che rimangono inspiegati, e a mio lunghissimi. Cosa ne pensa? avviso sarà sempre così. Per questo si usa spesso la Ogni scrittore ha storia, necessità e ambizioni per- parola «anima». sonali, ma i romanzi sono intrappolati dai rispettivi temi e personaggi: devono seguirli, e non credo sia Ritiene che tutto quello che è possibile sia anche lecito? qualcosa di impostato dall’inizio, sarebbe sbagliato. No, è sempre fondamentale porre dei limiti mora- Esistono capolavori brevi e libri inutilmente lunghi. li. Quello che la scienza riesce ad ottenere diviene Io sapevo che il mio non sarebbe stato lungo, anche quello che si deve ottenere, con conseguenze spesso se ci ho messo 4 anni: avevo bisogno di tutto quel inquietanti. tempo per utilizzare parole da scartare prima di tro- vare quelle giuste. Lei ha dichiarato il dovere di uno scrittore di opporsi al sistema: il suo paese sta vivendo un’ondata anti-siste- C’è qualcosa che la accomuna agli scrittori indicati da ma, a destra con Trump… Harold Bloom? Sembra che il paese mostri crepe in passato im- L’ambizione di riflettere su temi imprescindibili, e pensabili, che mettono in crisi bisogni e speranze. di realizzare qualcosa di dimensioni grandi, a volte Si vive la sensazione che gli Usa non abbiano la attraverso volumi piccoli.

«Quello che la scienza riesce ad ottenere diviene quello che si deve ottenere, con conseguenze spesso inquietanti.»

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rs_mag16.indd 33 08/06/2016 12:11:37 «Vero, noi siamo grandi. Ma gli altri sono nani con enormi appetiti»

Il vicepresidente di Mondadori libri per la prima volta parla di Rcs: «Non chiamateci Mondazzoli»

Silvia Truzzi, «il Fatto Quotidiano», 7 maggio 2016

La porta si apre con un’avvertenza, cortese ma fer- Mercati dove le concentrazioni si fermano a quote infe- ma. «Vietato dire Mondazzoli». Gian Arturo Fer- riori alla vostra: in Spagna Planeta ha il 24 percento, rari, il padrone di casa, spiega che è questione di in Inghilterra Penguin-Random House il 26 percento, forma e sostanza: «È una parola orrenda, che ha una in Francia Hachette il 21. Voi siete sopra. sfumatura dispregiativa. Oltretutto non ha riflessi Di poco: 31 percento, senza Marsilio e Bompiani. nella realtà: esistono una Mondadori libri e una Riz- zoli libri, di cui ho l’onore di essere il presidente». Il Le dispiace per Adelphi? Ha un bel catalogo e avrebbe cane India scodinzola, si comincia. dato prestigio al gruppo. Adelphi è una casa editrice con una personalità mol- È trapelato un po’ di rammarico per i rimedi dell’An- to connotata, è l’opera del suo fondatore Luciano titrust, soprattutto per l’imposizione della vendita di Foa, proseguita poi da Roberto Calasso. Quanto al Marsilio e Bompiani. prestigio, Mondadori non ha bisogno di Adelphi La decisione dell’Authority, con forte valenza poli- per acquisirne. Non ci abbiamo mai pensato, è sta- tica, era prevedibile. Il loro ragionamento, durante to subito chiaro che i soci di minoranza avrebbero l’istruttoria, è stato fatto su valori relativi, cioè su esercitato la prelazione. quote di mercato. Prescindendo dal fatto che la vi- talità di un gruppo editoriale non dipende da valori Il mondo dell’editoria va nella direzione delle aggrega- relativi, ma da valori assoluti. In Italia il discrimine zioni: Stampa-Repubblica, Gruppo Cairo-Corriere… è la dimensione, estremamente ridotta, del mercato: Ci sono grosse differenze. E grosse somiglian- un miliardo di euro, un terzo di quello francese, un ze. Le ultime sono dettate dal fatto che i mer- sesto di quello tedesco. La logica con cui abbiamo cati dell’editoria tradizionale oggi sono statici o pensato questa operazione è riuscire a raggiungere in recessione. In tutto il dopoguerra, il mercato una massa critica che ci consenta di fare gli investi- dei libri è cresciuto – poco: un punto, due pun- menti necessari. La decisione dell’Antitrust è anco- ti percentuali all’anno – ma è sempre cresciuto. rata a una correttezza formale che non tiene asso- Era un mercato in espansione. Questo è cessato: lutamente conto della situazione reale del settore. abbiamo visto un periodo di recessione, poi l’an- Hanno spezzettato i segmenti in maniera infinite- no scorso una piccola crescita. Uno zero virgola, simale: ma le puntine da disegno, gli illustrati per come direbbe Renzi. È un mercato stabile, ma dire, non sono un mercato, non so se mi spiego. La non più espansivo. Questo fenomeno accomu- ratio dell’analisi è ispirata ai modelli dell’Antitrust na anche quotidiani e periodici. La differenza è europeo, che però si occupa di mercati molto più che i libri si sono rivelati molto più resistenti. Le grandi di quello italiano. concentrazioni sono determinate dal fatto che di

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fronte alla recessione bisogna razionalizzare il più possibile sui costi. Per i libri le aggregazioni ser- «Per i libri le aggregazioni servono vono a investire: il problema nostro è il nanismo, le imprese editoriali sono minuscole. a investire: il problema nostro è il nanismo, le imprese editoriali Mica si può pensare al monopolio come antidoto. sono minuscole.» Le grandi dimensioni fanno paura: tutti dicono «l’orribile mostro che sbrana, trangugia e divora». Il guaio è che in verità gli editori in Italia sono dei nani, seppur dotati di robusti appetiti. Ci sono troppi fraintendimenti. Non c’è nessuna ra- gione coercitiva perché gli autori accorrano a frotte Obiezione: il mercato italiano è piccolo perché necessa- in Mondadori. Sul potere d’acquisto degli autori noi riamente domestico a causa della lingua. stiamo facendo una politica di contenimento dei costi. Non credo. Le ragioni sono altre: in Italia si legge Cerchiamo di diminuire costi e sprechi e quindi anche poco. Noi non abbiamo avuto le guerre di religio- i write off, cioè il passaggio a perdita degli anticipi de- ne, che hanno caratterizzato il 1600, un secolo du- gli autori. Siamo molto più equilibrati e saggi rispetto rante il quale le persone si sono uccise, sbudellate, ad anni passati. Quanto ai librai, cioè agli sconti, non torturate per quello che stava scritto sui libri. In abbiamo alcun interesse a cambiare qualcosa. Italia no, come in Spagna. Questa cosa ha avuto una conseguenza. E dire che nel 1400 l’Italia era Fanta-editoria: se fosse stata Rcs a comprarsi Monda- il paese d’Europa in cui si leggeva di più: c’erano dori ci sarebbe stata la stessa levata di scudi? addirittura le biblioteche pubbliche, prima dell’in- Ovviamente no. Se poi fosse stata, per esempio, venzione della stampa a caratteri mobili. Poi, con Gems ci sarebbero stati inni di gioia. A questo livel- la Controriforma, c’è stato un blocco: all’indice, in lo di discussione il mondo è diviso in buoni e cattivi: Italia, è stata messa la Bibbia in volgare. Non era noi facciamo la parte dei cattivi, ma siamo contenti vietato leggerla, se la leggevi e ti beccavano finivi così. Negli anni Novanta, politicamente molto più molto male. L’altra ragione è geografica: dal punto complicati, ce la siamo cavata benissimo. di vista della lettura di libri, l’Italia è fatta di un pezzo di Europa centrale incollata a un pezzo di È vero che v’importava soprattutto dei marchi di scola- Europa mediterranea. stica di Rcs? C’importa egualmente del trade e della scolastica, Lucia Annunziata ha detto: la fine del berlusconismo che comunque non è il Bengodi. E non è un merca- politico ha scongelato il mondo dell’editoria. Vero? to semplice. Non è un mercato diretto, perché oltre Non saprei: mi sono sempre occupato di libri e mai al produttore e al venditore c’è un terzo che media di altre forme di editoria. Nel mondo dei libri il ber- ed è in sostanza lo Stato. È un business più regolare lusconismo non è stato una variabile significativa. e generalmente più profittevole, anche se il rischio E non ha avuto nessuna influenza reale, diretta, sul imprenditoriale è lo stesso. mondo e sul mercato dei libri. Nel 2011 il Pdl parlò di una commissione d’inchiesta sui Provi a convincere – ma sono vietati gli slogan sull’in- manuali di Storia «troppo di sinistra». dipendenza – quelli che criticano il nuovo gigante edi- Io di scolastica non mi sono mai occupato. Però l’i- toriale, in grado per esempio di contendere gli autori con dea che si possa pensare che abbiamo comprato i anticipi più sostanziosi, marketing aggressivi e «ricatti» marchi di scolastica per riscrivere i manuali di Storia ai librai. è veramente una barzelletta.

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rs_mag16.indd 35 08/06/2016 12:11:37 Si dice che lei sia rientrato in Mondadori per guidare la sabbia e in mezzo trovavano, se erano fortunati, l’acquisizione di Rcs. Vero? una pepita. Ora ogni granello di sabbia deve diven- No. Quando Ernesto Mauri mi ha chiesto, lette- tare redditizio. Questa ricetta richiede un immenso ralmente, di «tornare a dargli una mano» sui libri sviluppo delle tecnologie, che non riguardano, come Mondadori, io non sapevo nulla dell’operazione. tutti tendono a credere, solo i formati, cartaceo o di- Ero contento perché ho passato praticamente tutta gitale. Bisogna capire come utilizzare i mezzi digitali la vita a fare questo mestiere a Segrate. Ho avuto la per un nuovo marketing. L’industria dei libri ha un fortuna di vedere 3 diverse fasi dell’editoria libraria. livello di dispersione altissimo: dobbiamo far arrivare Quella in cui ho mosso i primi passi da Boringhieri: i libri a chi è interessato a comprarli. un’editoria classica, contegnosa, che aveva grande rispetto dei valori intellettual-accademici. Le case Qualcuno ha osservato che i naufraghi della Nave di editrici erano guidate da consulenti, il modello era Teseo, capitanati da Elisabetta Sgarbi e da Umber- l’Einaudi di Giulio. La seconda fase è stata quella to Eco, sono stati intempestivi: se avessero aspettato in cui ho trascorso la maggior parte della mia vita avrebbero, potuto comprare Bompiani. professionale. Questo modello ha avuto un precur- Così una casa editrice è stata smembrata inutilmen- sore, Mario Spagnol, che fece di Rizzoli una casa te. Non esprimo un giudizio di valore, sono proprio editrice aggressiva, puntata sui bestseller: uno, due i fatti. titoli forti che tenevano su il resto della baracca. Poi Vittorio Di Giuro da Bompiani aprì decisamente L’unità del catalogo non è un miraggio: Mondadori è all’intrattenimento. Tiziano Barbieri, il fondatore obbligata a disfarsi di Bompiani e potrebbe darla a loro. della nuova Sperling&Kupfer, capì che oltre a po- Davvero? Non ci abbiamo mai pensato. derosi volumi sulla Rivoluzione d’ottobre c’era am- pio spazio per titoli che spiegavano come una bella Sono in molti a volere Bompiani. ragazza si poteva far strada a New York. Portò a Non molti: tutti. compimento questo lavoro Leonardo Mondadori, una delle figure più sottovalutate dell’editoria: fu un Avete già deciso? grande innovatore. La base di tutto fu il marketing No. Ma abbiamo le nostre opinioni al riguardo: fino – sconti, campagne, comunicazione – e il paperback a prova contraria abbiamo diritto ad averne. Peraltro che bisognava stravendere. Si lavorava sull’alto e sul sono facili da capire: si formano specularmente, sul- basso: Leonardo prese García Márquez e fece gli la base di quelle che gli altri hanno di noi. Pare che Harmony, io presi Calvino e feci i Miti e Ramses. viviamo ancora in un’economia di mercato. Nei primi 10 anni del Duemila imbroccammo una serie impressionante di successi. Questo modello – All’inizio di tutto si diceva: è chiaro che vogliono com- poi copiato da tutti – stava in piedi con un mercato prare Rcs e poi vendere a un grosso editore straniero. in espansione. Quando c’è stata la recessione, tutta Io non sono la proprietà, che naturalmente è libera di la zavorra di quel modello ci è caduta addosso. fare ciò che crede. Ma ho una sensazione, sulla base di ciò che vedo e che mi viene detto, ed escluderei questa E adesso? possibilità. La presidente s’interessa tanto dell’azienda, Adesso stiamo cominciando a costruire un nuovo direttamente, le piace molto ma non interferisce nelle modello molto più ispirato a un adeguamento dei co- scelte editoriali: siamo sempre stati liberissimi… sti di ogni titolo rispetto a quanto può effettivamente vendere. I libri di media dimensione sono diventa- …lo ripetete in continuazione, ma ci credono in pochi. ti il centro. Prima il modello era quello della ricer- Come dire: la verità si cela nella determinazione con la ca dell’oro: un setaccio nel fiume, tiravano su tutta quale la si vuole negare.

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L’Einaudi è un esempio lampante. La gente non ci Come la mettiamo con il premio Strega? Qualche copia crede perché nessuno, a parte gli addetti ai lavori, ancora vale e negli ultimi anni l’alternanza Monda- sa come funziona una casa editrice. Che è davvero dori-Rizzoli tra i vincitori è una costante. Se continua difficile da controllare: il gruppo pubblicherà due- così diventa un premio della casa. mila novità all’anno. Ho avuto molti padroni: libera In primo luogo non esiste la «casa»: ci sono molte di non credermi, ma la attuale proprietà è la meno e diverse nostre case editrici che anche qui com- ingerente. petono. In secondo luogo, ancor più importan- te, la leggenda dei pacchetti controllati dalle case La più invadente? editrici onnipotenti è sempre più una leggenda, Gli Agnelli quando avevano la Rizzoli, dove ho pas- anche in virtù del nuovo sistema di voto da un sato due anni meravigliosi, in cui credo di aver com- lato, e dell’allargamento della base dei votan- prato i libri migliori della mia carriera. Volevano ti dall’altro. Insomma, una leggenda sempre più sapere, essere informati in maniera puntuale. Non leggendaria. volevano che fosse toccato un mondo che ruotava attorno alla famiglia, intendo interessi industriali, Torniamo a oggi: su Stampa-Repubblica non si è mossa rapporti personali. Una vera dinastia. foglia. Senta, noi sappiamo benissimo che in questa E De Benedetti, quando era in Mondadori? commediola facciamo la parte dei cattivoni. Ri- Mai occupato di libri. Se gli chiedevamo un aiuto, cordo un articolo di Goffredo Fofi sull’«Unità» interveniva. L’ha fatto con Márquez che temevamo nei primi anni Novanta intitolato «Boicottiamo che potesse seguire Leonardo Mondadori quando i grandi editori», che poi eravamo noi. All’epo- fondò la sua casa editrice. Con Berlusconi pratica- ca non perdemmo molti autori. Sandro Veronesi, mente la stessa cosa. Ogni tanto mi chiamava: «Ho che ora se ne è riandato da Bompiani, in modo di fronte a me il signor tal dei tali che ha scritto un coerente. E Veltroni che aveva un contratto per libro. Mi raccomando». E io sapevo che quando mi un libro, mi scrisse quando Berlusconi diventò diceva «ho di fronte a me il signor» era un modo per presidente del Consiglio per dire che non l’avreb- rassicurare il signore lì di fronte, ma poi non succe- be fatto. Ripeto: non ci affliggiamo. Se va come deva niente. in passato tutta la campagna che c’è stata in occa- sione della recente acquisizione è un buonissimo Non ha risposto: non vi credono. presagio per il futuro. Cosa devo dire? C’è stata una ventennale campagna contro la casa editrice. Visto che siamo riusciti a non dire mai «Mondazzoli»?

«Prima il modello era quello della ricerca dell’oro: un setaccio nel fiume, tiravano su tutta la sabbia e in mezzo trovavano, se erano fortunati, una pepita. Ora ogni granello di sabbia deve diventare redditizio.»

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rs_mag16.indd 37 08/06/2016 12:11:37 Maria Teresa Rodari: «Diceva che i ricordi sono patetici ma a me manca il passato con Gianni»

La vedova del grande scrittore nasce a Modena il 7 ottobre 1927. Lavora in una fabbrica di mattonelle e poi per il Fronte popolare democratico. Negli anni Cinquanta si trasferisce a Roma insieme al marito

Antonio Gnoli, «la Repubblica», 8 maggio 2016

Come tutte le vedove, anche quella di Gianni Ro- Gianni cominciò a lavorava prima al «Pioniere» e dari è mossa dal desiderio del ricordo intangibile. poi per «Paese Sera». Col tempo stabilì un rapporto Da difendere in una lotta contro il tempo e contro molto buono con la casa editrice Einaudi. Divenne il relativo appannamento delle parole. Chi è stato uno scrittore affermato. Ci lasciammo alle spalle le quell’uomo che 36 anni fa morì stanco, deluso e ristrettezze economiche. Ma non gradiva la crescita forse anche lievemente irritato in una clinica roma- tumultuosa del paese. O meglio la osservava con una na? Sono nella casa di Maria Teresa Ferretti Roda- certa indifferenza. ri. Un viso che non lascia rimpiangere la grazia di un tempo. Sediamo nello studio dove lo scrittore Come vi eravate conosciuti? lavorava, soprattutto la notte. Una scrivania co- Nel periodo in cui era funzionario di partito e gior- struita su misura. Qualche libreria alle pareti e un nalista all’«Unità». Lavorava alla redazione milanese. armadietto a vetri colmo delle prime edizioni dei Io ero a Modena, dove sono nata. A 16 anni comin- tanti libri che Rodari ha scritto. La signora ricor- ciai a lavorare come aiutocontabile in una fabbrica da di quando il gatto si andava a sdraiare accanto di mattonelle. Poi, durante la guerra, la fabbrica fu alla macchina da scrivere: «Ogni tanto allungava bombardata. E persi il lavoro e anche la casa. Ho la zampetta sul rullo, soffiava sul foglio. Gianni lo ancora nelle orecchie il rumore delle fortezze volan- aveva chiamato Agostino. Non visse a lungo. Morì ti. Il 1944 fu l’anno terribile. Ci riparavamo nelle a causa della nafta sversata da qualcuno in strada. cantine. Ricordo le candele accese, l’odore di sego, Agostino ci finì dentro e cominciò a leccarsi. Du- il rumore dei rosari simile a quello delle nacchere e rante la notte lo sentimmo gemere. E poi subentrò la gente che pregava. Sembravamo già morti. Soffri- la paralisi. Morì un giorno non lontano dal Natale. vo di claustrofobia e non potevo stare nei rifugi: mi Era forse il 1965 o il 1966. L’Italia elettrizzata dal mancava l’aria, mi veniva il panico. Paradossalmente boom. La moltiplicazione delle macchine e le scin- questo mi salvò la vita. tillanti vetrine sparsero nell’aria il mito di un falso benessere. Quella piccola tragedia domestica passò Gliela salvò come? inosservata». Una sera sentimmo il rombo degli aerei, ci avver- tirono di rifugiarci nel tunnel. La gente in strada Suo marito come reagì? correva a perdifiato. Corsi anch’io. Ma davanti alla Amava i gatti. E Roma ne era la patria. bocca di entrata non ce la feci. Tornai indietro. Poi l’esplosione e tutto, attorno al rifugio, crollò in mil- A Roma arrivaste in che anni? le pezzi. Chi era all’entrata ci rimise la vita. Io mi Ci trasferimmo nei primi anni Cinquanta, quando salvai.

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Non conosceva ancora Rodari? intendeva dar vita a un fumetto che fosse una ver- Con Gianni ci vedemmo la prima volta nel 1947. Mi sione di sinistra del più celebre «Corriere dei Picco- raccontò che per un breve periodo era stato maestro li». Nel 1950 nacque «Il Pioniere», la redazione era elementare. Poi, tra il 1943 e il ’44 scelse la clande- a Roma e Pajetta chiese a Gianni di affiancare Dina stinità. I giorni che precedettero la Liberazione fu- Rinaldi nella direzione. rono duri. Come partigiano fu addetto al controllo dei lasciapassare. Diversi fascisti avevano falsificato i Perché fu scelto? documenti per cercare la fuga in posti più tranquilli. Per puro intuito. Tra l’altro Pajetta era molto in- Una mattina fermò un signore che passeggiava con curiosito dalla sua intelligenza. Però la verità è che un cane. Gli chiese i documenti. Gianni cominciò a occuparsi seriamente del mon- do dell’infanzia dagli anni del «Pioniere», prima era Chi era? soltanto un’attrazione epidermica, un bisogno che lo L’uomo disse di essere Mario Sironi. «Il pittore delle rimandava a quel mondo favolistico fatto di scoperte periferie e dei gasometri?» chiese Gianni. Era com- improvvise e di letture appassionanti. battuto tra la grandezza dell’artista e il fatto di esse- re stato comunque un protagonista del regime. Alla Come fu la sua infanzia? fine gli firmò il lasciapassare. Gli anni della clande- La mia abbastanza normale, quella di Gianni certa- stinità non l’avevano indurito. Conservò sempre la mente più complessa. Il padre era fornaio, morì nel duttilità del giudizio e la consapevolezza che a volte 1929, nell’anno della grande crisi, ancora giovane. le persone sono meglio di come appaiono. Quando lo conobbi sapevo solo che era un giornalista. E la madre? Toccò a lei occuparsi dell’educazione del figlio. Gian- Lei cosa faceva? ni era un bambino chiuso, a volte impacciato. Silen- Lavoravo per il Fronte democratico popolare, una zioso. Da Omegna, in Piemonte, dove era nato, si federazione politica che raccoglieva diverse forze di trasferì con la mamma a Gavirate, non lontano da sinistra. Togliatti e Nenni ne erano i leader. Pensa- Varese. La donna molto cattolica lo mandò in semi- vano che quell’unione fosse il solo modo possibile per nario. Aveva 11 anni, ne uscì a 14. Mi disse che il se- ostacolare l’avanzata democristiana. Ma visti i risul- minario non aveva risolto i suoi dubbi esistenziali. E tati sfavorevoli al Fronte, si sbagliarono. Tra il 1948 che trovava umiliante la disciplina che vi veniva im- e il 1953 vivemmo anni tumultuosi. Ricordo l’eccidio partita. Mi raccontò che, sul piano educativo, fu mol- di Modena del 1950. Fu durante il periodo di Scelba, to meglio l’incontro con un muratore, che gli spiegò ministro degli Interni, che le forze dell’ordine spara- cosa era stata la nascita del fascismo. Credo che per la rono nel corso di una manifestazione di lavoratori. prima volta si avvicinò a certi ideali di sinistra. Morirono una decina di persone. Con la macchina della federazione andammo a raccogliere i feriti per Educazione a parte chi vedeva, chi frequentava? trasportarli in ospedale. Furono anni cruenti e duris- Aveva soprattutto due amici, due coetanei che sareb- simi. Anni di lutto. Eravamo usciti da un ventennio bero morti giovani: Nino Bianchi e Amedeo Marvel- di vessazioni. Ma non sapevamo quanto tempo sa- li. Due caratteri estroversi. Due intelligenze curiose. rebbe occorso per ritrovare la perduta libertà. Passavano i pomeriggi interi a discutere di filosofia. E quando entrambi morirono, in circostanze diverse, nel Rodari lavorava a Milano, vi conosceste a Modena. corso della Seconda guerra mondiale, fu grande il do- Come fu il rapporto all’inizio? lore. Senza le presenze amiche gli sembrava di girare Non pensavamo minimamente di innamorarci, a vuoto. Progettò perfino di emigrare in Brasile. Poi accadde dopo. Gianni mi raccontò che il partito la guerra e la scelta partigiana ebbero il sopravvento.

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rs_mag16.indd 39 08/06/2016 12:11:37 Come nacque il suo rapporto con l’infanzia? Le parlò Nel dopoguerra Rodari era stato per un certo pe- mai delle sue letture? riodo funzionario del Pci a Milano. È in quel cli- Non era molto loquace. So che aveva amato molto ma conobbe alcuni personaggi di riferimento: Da- Verne e letto in ritardo Salgari. Trovava un capola- vide Lajolo, Sibilla Aleramo e Elio Vittorini. Con voro distorto ed equivoco il libro Cuore di De Ami- quest’ultimo allestirà una fugace collaborazione con cis, la cui retorica aveva distorto la realtà. Mentre il «Politecnico» recensendo un paio di libri di filoso- considerava Collodi un grande classico. Mi ricordo fia. Poi cominciò a scrivere per «l’Unità» e per «Vie che in una delle prime lettere a Calvino, dei primis- Nuove», chiamato da Pietro Ingrao. Ogni tanto simi anni Cinquanta, Gianni annunciava l’intenzio- componeva qualche filastrocca che suscitò la curio- ne di voler scrivere un lungo saggio su Pinocchio. sità di Lajolo e di Pajetta. Ma sto divagando. Come reagì il partito all’offensiva cattolica? Dovrei rispon- Perché quell’interesse? derle che reagì con cautela togliattiana. Era il mondo del bambino rivisitato alla luce dell’a- dulto che lo interessava. Aveva cominciato a scrivere Ossia? libri per ragazzi e il modello Collodi ‒ con quella Nilde Jotti, sulle colonne di «Rinascita», scrisse un favola che considerava una delle prove letterarie più lungo articolo nel quale pur respingendo il tentativo straordinarie ‒ era ai suoi occhi il perfetto equilibro democristiano di impedirne la pubblicazione, attac- tra realtà e fantasia. cò la funzione diseducativa del fumetto. Rodari re- plicò sempre su «Rinascita» sostenendo che fumetto Perché si rivolse a Calvino? e libro assolvevano funzioni diverse, entrambe legit- Sia perché Calvino lavorava per Einaudi, ma anche time. Toccò a Togliatti chiudere la polemica e lo per una certa aria di famiglia che Gianni avvertiva. fece inclinando sulle posizioni della Jotti. Calvino aveva pubblicato da poco Il visconte dimez- zato, stava per raccogliere Le fiabe italiane. Insomma Come cambiò la vostra vita dopo il successo internazio- tra i due c’erano parecchie affinità. Tra l’altro, alcuni nale dei suoi libri? esponenti della cultura di sinistra, come Carlo Sali- Non cambiò di molto. Lui era spesso in giro, io nari, avevano manifestato forti riserve nei riguardi di ho sempre detestato la mondanità. Ogni tanto in Calvino scrittore per ragazzi. Mentre l’assenza di or- questa casa comparivano i suoi amici: Lele Luzzati, todossia era per Gianni un merito e non un difetto. Mario Lodi, Bruno Munari. A volte veniva a trovar- ci Cesare Zavattini, una sera dimenticò un ombrello Del resto la stessa sinistra non era così ideologicamen- che ancora conservo. Il tono delle conversazioni era te propensa a esaltare o difendere il lavoro di Rodari leggero, perfino surreale. Tutti avevano in comune scrittore. l’idea che il gioco, la fantasia, l’amore erano compo- Ci furono delle incomprensioni. In particolare, si nenti fondamentali per lo sviluppo di un bambino. scatenarono dopo l’avvio del «Pioniere». Ma bisogna tenere conto di che cosa fu l’Italia di quegli anni. «Il Rodari scrisse forse uno dei libri più belli su questo ar- Pioniere» cominciò a uscire nel 1950 e dopo un po’ gomento, La grammatica della fantasia. Che ricordo si scatenò un attacco pesante da parte dei movimenti ne conserva? cattolici e della Chiesa che consideravano il fumetto Credo che al di là di tutto, quel libro ha rivelato il quanto di più diseducativo si potesse offrire alle gio- grande interesse di Gianni per l’assurdo e il nonsen- vani generazioni. se. L’amore per il surrealismo, per Palazzeschi, per la comicità astrusa di Zavattini o per Lewis Carroll. Fu il Partito comunista a volere quel giornalino. Come Tutte cose che messe insieme trasformavano uno reagì di fronte all’offensiva cattolica? scrittore per l’infanzia in uno scrittore tout court.

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Com’era il Rodari casalingo? terra con un bastone la tesi, l’antitesi e la sintesi. Fu Lavorava tantissimo anche in casa. Ci sposammo un uomo di storie piccole e legate al mondo quoti- nel 1953. Scelse la data del 25 aprile. Così, disse, mi diano. Le montava e smontava come fossero giocat- sentirò libero di andarmene. Siamo restati insieme toli. In questo fu straordinario. L’ultimo anno di vita tutta la vita. Negli ultimi anni sentiva crescere un viaggiò lungamente in Russia. Si stancò tantissimo. senso di oppressione. Credo che gli pesasse il lavoro Cominciò a dolergli una gamba. Non volle ricove- giornalistico e i tanti viaggi all’estero. Non amava rarsi laggiù. Tornò a Roma malandato e sofferente. pensare al passato. A volte pensava che i ricordi fos- Gli fu diagnosticata una occlusione alla gamba sini- sero solo il lato patetico della memoria. Una volta stra. Un aneurisma. Sembrò potercela fare. Quella disse di sé: «Sono un uomo senza passato». In re- sera del 1980 distrutta dalla fatica tornai a casa. Pre- altà era stato un uomo con un grandissimo passa- si un calmante e dormii. Morì in una notte di aprile. to. Quello che poteva sembrare una chiusura verso Credo che non mi sia stato perdonato. Non potevo tutto ciò che era stato, improvvisamente si ravviva immaginare che la situazione sarebbe precipitata. quando si calava nel mondo fantastico dei bambini. Quando ancora oggi vado nelle scuole a parlare di Allora poteva diventare sorprendente. lui penso alla mia vita come a un prolungamento della sua. Una catena leggera che mi lega a lui e al In che modo? nostro passato. Non so se avrebbe gradito che se ne Una volta che eravamo in campagna spiegò a no- parlasse. Ma per me è una forma di responsabilità e stra figlia Paola la dialettica hegeliana. Disegnò sulla di rispetto verso l’uomo che ho amato.

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rs_mag16.indd 41 08/06/2016 12:11:38 Nabokov alla ricerca di una ninfetta berlinese

Passioni, tradimenti, malvagità: il futuro autore di Lolita già insegue il best- seller quando, nel ’38, autotraduce in inglese il suo Kamera Obskura, ora nella versione Adelphi, Una risata nel buio

Mario Caramitti, «Alias del manifesto», 8 maggio 2016

Un cieco in poltrona, che crede di essere solo, e un di Otcajanie (Disperazione) è una traduzione che ri- uomo nudo appollaiato sul davanzale a fissarlo e a visita soprattutto il tessuto stilistico, snellendolo e fargli le linguacce. Il cieco a tavola con la sua ama- ammorbidendolo, per Kamera Obskura, scritto nel tissima donna-bambina e di fronte l’uomo nudo che 1932, Nabokov opta per un rifacimento integrale solleva le posate in perfetta sincronia con lui. L’uo- dei congegni dell’intreccio, inserendo, oltre ad alcu- mo nudo che gli sfiora i capelli, gli solletica la fronte ni capitoli scritti ex novo, un’intera serie di dettagli e le labbra, e il cieco prova a scacciare una mosca. rivelatori, arguzie e finezze in punta di penna, va- Una satanica presenza, invisibile ma visibilissima, riando virtuosisticamente la gamma dei modi della che realizza il proprio sogno di farsi regista di una narrazione e dando vita a un libro del tutto autono- grottesca e per lui esilarante caricatura della vita. Da mo che esce a Londra nel 1938 come Laughter in the qui la sua risata, prima muta, poi sinistramente eva- Dark. Fondatissima quindi la decisione di Adelphi nescente. Una risata nel buio. di riproporre, a più cinquant’anni dalla precedente Per realizzare questa incomparabile e lancinante te- (edita da Mondadori), una nuova versione tratta an- atralizzazione della vita (c’è anche il sipario traspa- cora dal testo inglese, affidata a Franca Pece: Una rente del pianterreno di uno chalet di montagna), risata nel buio (pp 225, euro 20). che condensa secoli di riflessione sulla tragicità Passioni incontrollabili, tradimenti, abissi di malva- dell’umorismo, il tardo Nabokov russo, in procinto gità, vendetta e morte, nel miglior spirito dei me- di trasformarsi nel Nabokov americano della matu- lodrammi della nascente industria cinematografica rità, ha avuto bisogno di scrivere un romanzo intero, erano certo un buon viatico per far carriera oltreoce- spassandosela a tracciare i fili e le partiture che con- ano. Ma il rifacimento non ha affatto l’obiettivo di ducono a questa chiusa. semplificare o ottimizzare le dinamiche dell’intrec- Ancor più divertente – e comunque occasione più cio. Al contrario. Vuole ulteriormente accentuarne e unica che rara per tornare sulla propria produzione denudarne la convenzionalità, lasciar intendere che recente con fortissime motivazioni esistenziali e cre- tutte le porte che si chiudono o chiudono dentro ative – deve essere stato per il nobile russo raffina- qualcuno, gli incontri fortuiti per le scale, o all’altro tissimo e snob, bilingue inglese dalla culla, cittadino capo d’Europa, tutti gli indizi e indirizzi scoperti e europeo da quando, a vent’anni, era emigrato prima occultati sono solo quinte di cartapesta del gran gio- in Germania e poi in Francia, rimettere in gioco i co che è la narrazione e la creazione artistica, e che fondamenti linguistici e culturali dei due romanzi la ribellione del protagonista alla sua confortevole che meglio potessero aprirgli la strada del grande prigione familiare di altissima borghesia è a tutti gli pubblico internazionale, anche in prospettiva di un effetti specchiata nella fuga sugli alberi della scim- preventivabile trasferimento in America. E se quella mietta di un ambulante in un parco di Berlino. Così

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come l’intero testo è ulteriormente specchiato nella sottoproletaria Margot, incarnazione della sensualità dimensione cinematografica e teatrale, metatestua- istintiva uscita da un quadro di Bernardino Luini, in- le e non. Con una sottigliezza, però, e con una sa- dolente e arrampicatrice sociale, che inganna e sfrutta pienza compositiva che nulla tolgono alla fruizione Albinus, ma comincia a trarre la linfa dell’autentica dell’avventura, delle passioni, della tragicità in sé. malvagità solo dalla ricomparsa del suo primo aman- Cosa spetti fare al lettore partecipe è già trasparente te, che l’aveva crudelmente traviata, il geniale, cinico davanti al più esplicitante e spiazzante degli incipit: e spietato artista puro Axel Rex, ora regista di una «C’era una volta un uomo che si chiamava Albinus, farsa tragica (cui va addebitata anche la perdita della il quale viveva in Germania, a Berlino. Era ricco, vista di Albinus in un incidente provocato dalla gelo- rispettabile, felice; un giorno lasciò la moglie per sia) di beffa e cornificazione ininterrotta. un’amante giovane; l’amò; non ne fu riamato; e la Stupisce l’inamovibilità di questo triangolo farsesco, sua vita finì nel peggiore dei modi». Di qui in poi che è calato da Nabokov come un giogo, una cappa ognuno segua la sua traccia: il testo è una vorticosa sulle anime, rinsaldato dall’imperscrutabile ma sin- caccia al tesoro di rimandi incrociati, allusioni crip- cera affinità di sentimento che unisce i due cinismi tate, prefigurazioni dissimulate e scatole che con- di Axel e Margot, ma soprattutto dai legami testuali tengono altre scatole. disgiunti che Albinus intrattiene con Rex e con Mar- Già nel momento in cui il protagonista coglie lette- got prima che i due ex amanti si incontrino di nuovo. ralmente dall’oscurità, ossia dal buio della sala cine- Sembra una delle tantissime esasperazioni ininfluenti matografica, l’oggetto della sua passione (la masche- per l’intreccio, e invece è il fondamento delle archi- ra! con la sua lampadina tascabile: e tutto il romanzo tetture profonde testo-vita sulle quali tutto poggia. sarà alternanza di luce e tenebra) si rende tangibile In quanto congegno narrativo articolatissimo e raf- l’evidenza dei due climax tragici della narrazione: finato, ma comunque inscrivibile nelle dinamiche di sullo schermo «una ragazza indietreggiava fra mobi- genere e commerciali (avrà anche una trasposizione li rovesciati davanti a un uomo mascherato e armato cinematografica nel 1969),Una risata nel buio è testo di pistola» (nel suo caso la maschera sarà la cecità, lo esemplare di una fase della produzione nabokoviana si deduce già dal nome del cinema, Argus) e, ancor che, in un modo o nell’altro, verte sulla costruzio- prima di entrare, sulla locandina «un uomo con lo ne del bestseller. Sono lasciati temporaneamente da sguardo rivolto in alto, verso una finestra in cui era parte gli abissi della metatestualità, le intricatissime inquadrato un bambino in camicia da notte» (qui, narrazioni a cornice e l’ibridazione estrema di tem- nonostante la camicia da notte, la traduttrice non po e spazio dei romanzi russi più apprezzati dalla ha avuto la lungimiranza di risolvere l’ambiguità di critica (Il dono, La difesa di Luzin, Invito a una deca- «a child» scegliendo bambina»): è la figlia del pro- pitazione), che riemergeranno nei capolavori inglesi tagonista, che nella vana speranza di vedere il padre della maturità (Fuoco pallido, Ada o ardore). Vengono apre la finestra in una notte gelida e si procura la rielaborati alcuni motivi ossessivi, tutti, in sostan- polmonite che le sarà fatale. za, fondati sulla proiezione distorta della realtà sulla Una alla metà, l’altra alla fine del libro (ovviamen- psiche propria e altrui. te sarà il protagonista, non la cattiva, a soccombere), Torna qui il triangolo, squilibrato per età, porta- queste due morti incorniciano strati di azioni in sur foglio e moralità, protagonista di Re, donna, fante, place, falsi movimenti, rocambolesche vicissitudini, il romanzo russo che ha maggiori affinità con Una che nulla cambiano in un conflitto reso tremenda- risata nel buio (da notare il dettaglio dell’invito a mente statico da un vortice di consanguineità mala- pranzo che arriva ad Albinus da parte di quelli che ta: l’agiatissimo critico d’arte Albinus, colto ma del erano i protagonisti dell’altro romanzo, i coniugi tutto privo di talento, viene travolto da incontenibi- Dreyer), o l’autoannientamento attraverso l’uccisio- le passione per la diciottenne (sedicenne in russo!) ne di un finto sosia, che compare in Disperazione.

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rs_mag16.indd 43 08/06/2016 12:11:38 Motivi che troveranno il loro coagulo ideale in Lo- singoli frammenti di viale alberato, selciato, faccia- lita, della quale la giovanissima Margot è premessa ta, funzionali puramente al testo. E così il rigoroso non meno dell’ossessione per il rivale occulto che alternarsi delle stagioni non dà alcun colorito locale, porterà Humbert Humbert a uccidere Quilty. ma solo sfondi pervasivi di pioggia e neve e paesaggi Se l’intreccio, in ultima analisi, è e resta un gioco, il estivi italiani, francesi o svizzeri, su cui si appiccica- vero cardine della narrazione in Una risata nel buio no etichette toponomastiche di pura fantasia: Solfi, sarà il ritmo, che varia continuamente, vibra sulla Rouginard, Brigaud (con il secondo, che rappresenta pagina, poi scorre placido e suadente, poi si fa sof- la frastornante pienezza di colore rosso/rosa sempre focante. Nei capitoli iniziali si muove a lenti cerchi frapposta fra luce e tenebra, materializzato all’epilogo concentrici, che seguono fedelmente la sfera percet- in una vera etichetta sulla valigia accanto al cadavere). tiva, emotiva ed espressiva dei vari personaggi; l’ap- Tutto congiura a far emergere la vuotezza assoluta parente realizzazione del sogno di Albinus genera degli sforzi con cui i personaggi manipolano altri per- torpore, saturazione, solarità, resi con sorprendente sonaggi, e Rex tutti quanti gli altri, perché tutti, Rex densità del flusso verbale; le pagine in cui viene de- in primis, sono a loro volta manipolati dal dispiegarsi scritta la morte della figlia sono un capolavoro di interamente autonomo del testo, che in apparenza si- laconismo pittorico; da quel punto c’è una discesa mula, ma in realtà bandisce il fato. Certo, va chiama- senza freni verso il primo epilogo (l’incidente), con to in causa l’autore, per quanto mai come qui il nar- alcuni capitoli che appaiono meno levigati degli al- ciso Nabokov ricorra a un marcato understatement. tri; poi il muro percettivo, quasi materico, dell’oscu- Resterebbe e resta la poetica del vuoto e del silenzio, rità assoluta, e infine i fuochi d’artificio e gli stilemi certo molto consona all’autore. pienamente teatrali della sceneggiata con Rex muto e C’è però una forza, sottesa al libro intero, che smon- nudo (quasi battute e didascalie). Un discorso a parte tando costruisce, frugando tra gli strati della significa- riguarda le sequenze ostentatamente filmiche, nelle zione. È l’umorismo: sottile, discreto, ma pervasivo e quali gli oggetti sono srotolati nello spazio dalla te- onnicomprensivo. Ce ne dà un ottimo esempio il gran lecamera a mezzo di semplici enumerazioni (come favolatore Rex, sul quale Nabokov proietta autoironi- nella scena finale), o danno il via a corse in taxi che camente le riflessioni sull’arte che gli sono meno di- sono gallerie di stereotipi e sincopature. stanti. Partendo da uno zio che «finge» di rubare l’ar- L’ultima di queste, che snocciola nella mente del cie- genteria per divertire i bambini, arriva al «sillogismo co, strada per strada, tutto il percorso verso casa, ci hegeliano dello humour. Tesi: lo zio si è travestito da rammenta per antifrasi che fino a quel momento l’a- ladro (per divertimento dei bambini); antitesi: era un zione avrebbe potuto svolgersi in una qualsiasi capitale ladro (per divertimento del lettore); sintesi: si trattava europea, tale è il grado di astrazione con cui Nabokov sempre dello Zio (che prende in giro il lettore)». rappresenta la sua poco amata Berlino, scorporando È la maiuscola la chiave di volta: leggiamo una storia di tradimenti e tragedie, ne smascheriamo compiaciuti l’integrale convenzionalità, ma in real- C’è però una forza, sottesa al libro tà nella creazione letteraria c’è una forza superiore intero, che smontando costruisce, a noi e all’autore stesso che genera vera Tragedia; Rex prova ad attuare il suo programma ontologico frugando tra gli strati della di caricaturizzazione dell’esistenza, noi lo vediamo significazione. È l’umorismo: attraverso la vetrata dello chalet (con gli occhi del sottile, discreto, ma pervasivo cognato di Albinus che interrompe la farsa) come e onnicomprensivo. uno scimmione peloso, eppure la prossima volta che una mosca ci si poserà sul naso, non mancheremo di lanciare un’occhiata oltre la spalla.

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rs_mag16.indd 44 08/06/2016 12:11:38 Libri cartacei e ebook: ormai mercati divergenti? Il mercato degli ebook è in crescita, si è fermato o sta addirittura ripiegando? E in quali direzioni si muovono i rapporti di forza fra cartaceo e digitale? Come conferma l’analisi di Gino Roncaglia per ilLibraio.it, non è semplice rispondere a queste domande

Gino Roncaglia, illibraio.it, 9 maggio 2016

Il regno dei numeri dovrebbe offrire per sua natura Ci si aspetterebbe però che almeno su alcuni dati una qualche garanzia di oggettività: dove abbiamo macroscopici (il mercato dei libri elettronici è in dati numerici, ci aspetteremmo anche di trovare – al crescita, si è fermato o sta addirittura ripiegando? posto di mere opinioni e interpretazioni soggettive In quali direzioni si muovono i rapporti di forza fra e divergenti – analisi pacate, razionali e soprattutto cartaceo e digitale?) un minimo di consenso ci fosse. condivise. Disgraziatamente, però, nella realtà su Ebbene, non è così. poche cose ci si accapiglia più volentieri che sui dati Una discussione particolarmente vivace ha riguar- numerici. I risultati di una tornata elettorale dovreb- dato, nell’ottobre scorso, l’articolo del «New York bero fornire un’indicazione indiscutibile sulle opi- Times» che – sulla base di dati della Association of nioni dell’elettorato, ma prima ancora che quei dati American Publishers – parlava di una diminuzio- siano definitivi scopriamo che gli stessi numeri sono ne di circa il 10 percento nelle vendite di ebook nei interpretati in modo opposto dagli opposti schiera- primi 5 mesi del 2015. A questa stagnazione o ad- menti. I dati di bilancio di una società dovrebbero dirittura diminuzione nella quota di mercato degli dirci qualcosa sul suo stato di salute, ma sugli stessi ebook corrisponderebbe da un lato una ripresa delle dati un analista finanziario raccomanderà di com- librerie indipendenti, dall’altro una risalita sia delle prare azioni, un altro suggerirà di venderle. vendite di libri su carta, sia degli investimenti degli I dati del mercato editoriale, ovviamente, non fanno editori su infrastrutture legate alla filiera «fisica». eccezione. Con l’aggravante che in questo caso – e Nei giorni successivi, però, l’articolo e l’analisi del in particolare per quanto riguarda l’editoria digitale «New York Times» sono stati sottoposti a un fuoco – spesso non abbiamo neanche dei dati attendibili di fila di critiche (per fare solo un esempio, si veda e univoci sui quali esercitare la nostra indiscutibile l’articolo di Mathew Ingram su «Fortune»). Alla capacità di produrre interpretazioni divergenti. base delle critiche, un problema di grande rilievo: Come è noto, Amazon – cioè il singolo soggetto più quando si parla di digitale, quanto sono affidabili i importante a livello di vendita – non fornisce quasi dati dell’Association of American Publishers (e più in mai dati, e quando li fornisce, spesso non si trat- generale, non solo negli Usa: quanto sono affidabili ta dei dati che ci interesserebbe di più conoscere. Il i dati dei grandi editori)? È il mercato del libro elet- mercato del self-publishing è per sua natura difficile tronico che sta arretrando, o ad arretrare è la quota di da mappare esattamente. I grandi editori seleziona- quel mercato occupata dai grandi editori tradizionali? no a loro volta accuratamente i dati da diffondere Questa domanda è da tempo al centro dell’interesse all’esterno, e hanno talvolta la tendenza a trasfor- di una figura diventata quasi mitica nel campo de- mare il loro specifico punto di vista nella «situazione gli ebook: Data Guy. Di lui, nonostante l’apparizio- di mercato». ne pubblica in occasione del convegno Digital Book

rs_mag16.indd 45 08/06/2016 12:11:38 World del marzo 2016, non si conosce ufficialmente circa il 18 percento le vendite degli ebook per Kindle, il nome: ha scelto infatti di usare uno pseudonimo (e e diversi analisti hanno criticato alcuni aspetti delle l’avatar di un ragno) con l’intento dichiarato di met- sue metodologie (qui un esempio del maggio 2015, tere al centro dell’attenzione i dati e la loro analisi, e qui un esempio più recente, interessante anche per i non la persona di chi li elabora e li interpreta. Sap- commenti, e qui una sintesi complessiva delle discus- piamo però che collabora direttamente con uno fra i sioni suscitate dall’ultimo report disponibile, quel- più noti autori emersi dal mondo del self-publishing, lo del febbraio 2016). Inoltre, queste metodologie Hugh Howey (il suo bestseller fantascientifico Wool, si basano inevitabilmente su alcune assunzioni non inizialmente autopubblicato, è ora distribuito su carta sempre ovvie, fra cui la correttezza dei (pochi) dati da Simon & Schuster; i diritti cinematografici sono che Amazon effettivamente fornisce, inclusi quelli stati acquisiti da 20th Century Fox e il libro è stato sulle classifiche di vendita, e una stima tutt’altro che tradotto in numerosi paesi; in Italia l’ha pubblicato scontata dell’impatto di Kindle Unlimited, l’offerta Fabbri Editori). Insieme, Howey e Data Guy gesti- di abbonamento a pacchetto introdotta da Amazon scono il sito Author Earnings, che raccoglie infor- nel luglio 2014. Infine, nonostante il ruolo indubbia- mazioni sul mercato editoriale visto dal punto di vista mente dominante di Amazon nel mercato dell’edi- degli autori e che pubblica (a scadenze non proprio toria digitale statunitense, è chiaro che soprattutto regolari) gli Author Earnings Reports. in alcuni settori (ad esempio l’editoria scientifica e di Come suggerisce il nome, Data Guy è un esperto di ricerca) i dati relativi ad Amazon non raccontano af- analisi statistiche (ha dichiarato di aver comincia- fatto l’intera storia. to a lavorare occupandosi delle analisi delle vendite Non entrerò qui nel dettaglio né delle analisi di di videogiochi). Il suo lavoro consiste nel cercare di Data Guy né delle obiezioni dei suoi critici. Va del estrapolare, usando un apposito spider (un program- resto sottolineato che i dati di cui parliamo sono re- ma di estrazione automatica dei dati che analizza lativi al mercato statunitense: dati interessantissimi le pagine pubbliche dei libri in vendita su Amazon: anche dal nostro punto di vista, giacché si tratta del da qui la scelta del ragno come avatar) e partendo mercato più rilevante sia in termini di peso sia nella dai dati che Amazon fornisce, in particolare quelli capacità di anticipare e in parte influenzare le linee relativi alle classifiche dei libri più venduti, alcuni di tendenza del resto del mondo, ma certo non im- dei famosi dati che Amazon ufficialmente non for- mediatamente proiettabili sulla situazione europea, nisce. Per farvi un’idea dei suoi metodi e della sua e tantomeno su quella italiana. analisi, potete ascoltare il suo intervento via Google Vorrei piuttosto soffermarmi sulla conclusione ge- Hangout allo Science Fiction & Fantasy Marke- nerale che Data Guy ha presentato nel già ricordato ting Podcast: è del febbraio scorso e lo trovate qui. intervento di marzo al Digital Book World (le slide L’obiettivo dichiarato di Data Guy è ricostruire complete dell’intervento, interessantissime, sono di- un quadro complessivo delle tendenze del merca- sponibili qui; per una sintesi delle reazioni all’interven- to editoriale statunitense (e in particolare di quello to, complessivamente favorevoli, si veda questo post). digitale) considerate dal punto di vista degli autori. Di quale conclusione si tratta? Data Guy parte da Un quadro che, almeno secondo i suoi estimatori, è una constatazione: da un lato, i grandi editori ri- più completo e affidabile di quello fornito non solo levano una diminuzione delle vendite di ebook; dai dati «di parte» di singoli attori della filiera, e in dall’altro, i negozi online continuano a parlare di particolare della Aap, ma anche di quello fornito da vendite in aumento. Ebbene, a suo avviso tutti e due società specializzate «indipendenti» come Nielsen. i soggetti hanno ragione: è vero che i grandi edito- Va detto subito che le estrapolazioni di Data Guy sono ri vedono diminuire le vendite di ebook, ma questo tutt’altro che universalmente accettate. In passato, lo succede in primo luogo perché la loro quota di mer- stesso Data Guy ha ammesso di aver sovrastimato di cato sta a sua volta scendendo a favore dei cosiddetti

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autori «indie» e del self-publishing. I dati comples- digitale appannaggio dei grandi editori e quota lega- sivi mostrano effettivamente un rallentamento della ta ad autori indipendenti e self-publishing. crescita (che Data Guy chiama plateau e che io ho I grafici tratti dal report di febbraio rappresentano altrove chiamato «scalino»), ma non un suo arresto visivamente questo fenomeno, evidentissimo se si completo: piuttosto, si assiste a un forte rimescola- considerano i dati relativi al numero di copie vendu- mento interno dell’equilibrio fra quota del mercato te, ma ben chiaro anche sui dati relativi al fatturato:

Diminuzione nella quota dei grandi editori e aumento nella quota degli autori indie nel Report Author Earnings del febbraio 2016: dati relativi al numero di titoli venduti

Diminuzione nella quota dei grandi editori e aumento nella quota degli autori indie nel Report Author Earnings del febbraio 2016: dati relativi al fatturato

Se è certo possibile dissentire da Data Guy sulla di- – almeno per il momento – si manifesta soprattutto mensione reale di questo fenomeno, è assai difficile e in primo luogo nel mercato digitale. negare che il fenomeno esista. Così come è diffi- Le ragioni che possono spiegare questa tendenza cile non ritenere che si tratti di un fenomeno che sono diverse, e includono indubbiamente gli errori

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rs_mag16.indd 47 08/06/2016 12:11:38 fatti da molti fra gli editori tradizionali nell’affron- digitale come a un fattore che ne abbassa la qualità tare le sfide del digitale: errori relativi alle politiche complessiva e ne diminuisce la forza di attrazione. dei prezzi, ai modelli di vendita, ai meccanismi di I mercati divergenti, per loro, hanno l’effetto tutto protezione… in sintesi, alla scarsa capacità di com- sommato positivo di far emergere una sostanziale prendere un mercato assai diverso da quello al quale differenza di qualità fra il «vero» mercato editoriale, erano abituati. Ma quello delle responsabilità degli che rimane quello tradizionale, e un mercato digi- editori è un tema complesso, che sarà meglio discu- tale percepito ancora come potenzialmente perico- tere in un’altra occasione. loso, assai meno redditizio, e che è preferibile veder Il punto che ci interessa qui è la conseguenza di rinchiuso in una sorta di ghetto, anche a costo di questa tendenza. L’impressione è che stiamo assi- qualche sacrificio. stendo, almeno in questa fase, a una divergenza pro- Il problema è che tutti e due questi atteggiamen- gressivamente più marcata fra il mercato editoriale ti hanno un qualche fondamento e, nel contempo, digitale e quello tradizionale. Il primo caratterizza- rischiano di risultare assai miopi sul lungo periodo. to, almeno per quanto riguarda gli ebook, da una Personalmente, non credo che affatto che questo tipo presenza via via più forte del self-publishing e degli di divergenza sia una buona notizia, né per i grandi autori indipendenti (che praticano prezzi in media editori né per i nuovi soggetti del mercato editoriale assai più bassi di quelli dell’editoria tradizionale) e digitale. Diverso sarebbe il discorso se la divergenza da una maggiore presenza della narrativa di genere fosse legata a una effettiva, maggiore capacità di spe- (romanzi rosa, romanzi storici, gialli, fantascienza e rimentazione di soluzioni editoriali nuove e di nuovi fantasy…). Il secondo caratterizzato da prezzi me- formati da parte del mercato digitale. Ma non è di diamente più alti, da un ruolo maggiore della grande questo che si parla: di sperimentazioni davvero inno- editoria e da una presenza minore della narrativa di vative e interessanti per ora se ne vedono decisamente genere, con la conseguenza di una possibile diminu- poche, il self-publishing e gli autori indipendenti che zione del ruolo dei paperback. scalano le classifiche di Amazon lo fanno con testi Curiosamente, tutti e due gli schieramenti sembrano che sono nella maggior parte dei casi deprimenti imi- guardare a questa evoluzione con un certo favore. I tazioni di successi editoriali e di modelli che vengono fautori della nuova editoria digitale e della sua indi- dall’editoria tradizionale. pendenza sono più che soddisfatti di veder diminui- Il rischio è di costruire davvero, progressivamente, re la quota di mercato dei grandi editori, e ritengono un’immagine del mercato digitale come mercato di che la tendenza che si manifesta oggi nel digitale sia serie b, e di costruire nel contempo un mercato carta- destinata quasi automaticamente ad allargarsi in un ceo che sceglie di proporsi come qualitativamente su- futuro non lontano anche al mercato cartaceo (che periore e più esclusivo, ma che nel farlo resta incapace considerano peraltro destinato comunque a perde- di assorbire la lezione di innovazione e flessibilità che re progressivamente rilievo). In questa prospettiva, viene dal digitale, perde capacità attrattiva verso le il fenomeno dei mercati divergenti è dunque visto giovani generazioni, si illude di aver fermato l’avan- come una sorta di avvicinamento a tappe alla nuo- zata del digitale e di aver raggiunto un equilibrio di va frontiera di un mercato prevalentemente digitale lungo periodo, rinchiudendosi di fatto in una bolla nel quale i grandi gruppi editoriali saranno pesante- artificiale fatta di sicurezze tutt’altro che ben fondate. mente ridimensionati. Come risultato, gli equilibri attuali (il «gradino») D’altro canto i grandi editori tendono a considerare potranno certo durare un po’ più a lungo, ma è bene in primo luogo il mercato tradizionale, che cono- tener presente che prima o poi tutte le bolle scop- scono meglio e che è oggi quello economicamente piano, e che più ci si affida a protezioni artificiali, più rilevante, e guardano alla diffusione del self- più rischi si corrono quando queste protezioni ven- publishing e dell’editoria indipendente nel mercato gono meno.

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rs_mag16.indd 48 08/06/2016 12:11:39 Repetti e Cesari: «Stile Libero, i nostri vent’anni da cannibali»

La collana Einaudi che ha cambiato l’editoria italiana raccontata dai fondatori: «Che le classifiche dei libri contengano anche youtuber e diete è un segno di maturità. Questa è l’epoca del mainstream globale»

Gregorio Botta, «la Repubblica», 9 maggio 2016

Sono la strana coppia dell’editoria italiana, gli ex ra- Repetti: «È vero, siamo come il giorno e la notte. gazzi terribili che violarono il sacro tempio dell’Ei- Severino ha il cellulare quasi sempre spento, io se naudi con giovani scrittori, disc-jockey, epistolari non ricevo 30 chiamate al giorno mi deprimo. Lui amorosi rubati alla rete, videocassette, comici, persi- ha un rapporto profondo con gli autori e con i testi, no con «Striscia la Notizia». Sono passati vent’anni, è il custode della casa, la vestale del tempio. Io sono mille titoli pubblicati, 17 milioni di copie vendute. quello che esce a procacciare la selvaggina. Ma nelle Paolo Repetti e Severino Cesari, direttori editoriali scelte editoriali Severino è spericolato quanto me». di Stile Libero, possono legittimamente festeggia- re. Il primo è conosciuto per essere un aggressivo D’accordo, siete il gatto e la volpe. Partiamo proprio manager, smaliziato stratega della comunicazione, dalla spericolatezza che vi ha unito. Galeotta fu Theo- un surfista dei social, tanto estroverso da aver scrit- ria, la casa editrice dove vi incontraste: era destinata a to un libro sulla sua leggendaria ipocondria. L’altro fallire, ma fu un po’ la culla di Stile Libero. è invece un riservato, sottile intellettuale, di solito Repetti: «Sì. Era il periodo dei giovani scrittori: schivo e silenzioso, che iniziò il mestiere curando erano diventata una categoria estetica. Ma eravamo la Cultura del «manifesto» e pubblicando un libro- stanchi di vederceli soffiare man mano che raggiun- intervista con Giulio Einaudi: un «geologo della let- gevano un minimo di successo: sembravamo l’Ata- teratura». lanta della Juve».

La domanda è: come diavolo avete fatto a restare affia- E così vi chiamò Einaudi. tati per vent’anni, in un mestiere che di solito è un’asso- Severino: «Avevamo preparato una lista: accanto luta monocrazia? ai giovani scrittori volevamo lanciare anche libri di Cesari: «La verità è che siamo complementari. Io saggi e varia che tracciassero una mappatura con- non potrei mai fare alcune cose che fa Paolo: non temporanea dei nuovi saperi. In realtà era solo un voglio avere nulla a che fare con i soldi, per esempio, fogliettino: Ammaniti, Vinci, Lucarelli e qualche darei qualsiasi cifra a tutti. E poi non abbiamo mai altro. Il primo a chiamarci, in verità, fu Ferrari, alla litigato, mi fido di lui. Nella vita è un indeciso cro- Mondadori, ma alla fine preferimmo l’Einaudi: per nico (basta vederlo davanti a un menù al ristorante), noi era il mito, l’adoravamo». ma non lo è sui libri. Quando discutiamo a un certo punto lui scarta di lato e propone una scelta inaspet- Non foste accolti con grandi applausi. tata. In quel momento cambia persino voce: sembra Severino: «Ancora sento il gelo di quella riunione al abitato da un daimon. E in questo mestiere bisogna famoso tavolo ovale. Ci fu un certo silenzio, qual- essere ispirati». cuno chiese: “Ah, Lucarelli chi?”. Ma avevano una

rs_mag16.indd 49 08/06/2016 12:11:39 ricerca di mercato che diceva che il loro lettore stava long-seller letto a scuola, e siamo orgogliosi che sia invecchiando. E ci fu data fiducia. Giulio Einaudi ci successo anche grazie a noi». appoggiava assolutamente, anche se silenziosamen- te. E poi Ernesto Franco, Giorgio Cavagnino e più D’accordo, però qualche titolo di cui vergognarsi l’avete tardi Enrico Selva Coddè ci hanno sempre sostenu- pubblicato… to e ci hanno lasciato tutta la libertà che volevamo». Repetti: «Vergognarsi no, ma diciamo che del libro del dj Albertino (1997) non vado fierissimo. E fa- Gli presentaste un progetto culturale un po’ irriverente… cemmo anche errori clamorosi: per esempio abbi- Repetti: «Noi sentivamo un cambiamento nell’a- nare al saggio di Antonio Ricci sulla tv, che era una ria. Sapevamo – anche se allora non era così chia- chicca, una videocassetta con il meglio di Striscia la ro come ora – che la crisi del Moderno riguardava Notizia. Una follia. Però è vero che giocavamo an- anche l’editoria. Era finita l’autorevolezza delle élite che con l’effimero: pubblicammo un epistolario d’a- e della tradizione letteraria. E di conseguenza della more uscito sul web tra due ragazzi. Molti storsero critica. Il canone novecentesco cadeva e con esso la il naso. Paolo Fossati ci disse: bene, siamo passati da pedagogia e la cattedra dell’autore. La nuova scrittu- Jacopo Ortis a «Norman e Monique». E anche con ra si presentava come una forma di surf onnivoro sul Gioventù cannibale ci dissero che esageravamo. Ma presente, libera dall’ossequio per i padri del passato. confesso che avevamo deciso di approfittare anche L’enciclopedia di riferimento dei giovani autori era delle levate di scudi. Le polemiche ci facevano gio- eclettica: si erano formati sui classici, certo, ma nel co: era saggio cavalcarle». loro universo c’erano anche fumetti, tv, cinema, vi- deogiochi». Sì, sappiamo che Stile Libero padroneggia bene il mar- Severino: «Il libro – e dunque l’editore – non era keting. E «gioventù cannibale» fu un grandissimo slo- più centrale nella trasmissione del sapere. Una vol- gan. Ma dietro c’era qualcosa di reale? Non ne è rimasto ta era l’albero da cui discendeva tutto. Ma già allo- molto… ra non c’era più, c’erano una serie di cespugli, una Repetti: «Nego nel modo più assoluto: non era struttura rizomatica. Noi abbiamo cominciato a fare un’operazione di marketing, era pura editoria. È editoria percependo questa linea di faglia. Il nostro nella logica delle antologie segnalare una ten- programma era trovare l’energia di questa frontie- denza: che poi non tutti gli autori rimangano a ra, cercare un lettore nuovo, figlio di questa rottura. galla è fisiologico. Quella raccolta è stata un suc- Cercavamo libri possibili che ancora non c’erano. cesso perché raccoglieva la narrazione di un’an- Barthes diceva che il signore sta nei trivi e nei qua- tropologia inedita, squinternata, borderline, che drivi: noi cercavamo là. Ammaniti ha iniziato scri- si affacciava per la prima volta sulle pagine di vendo Fango, e noi sentivamo in lui una potenza in- un libro, ma corrispondeva a qualcosa di reale». novativa fortissima oltre a un dominio della forma. Severino: «Pensa che all’inizio la raccolta dove- Era un cannibale, oggi è diventato un classico, un va chiamarsi «Spaghetti splatter», ma con quel titolo quanti lettori avrebbe avuto? Solo quando trovammo il nome «gioventù cannibale», che era «Cercavamo libri possibili che ancora una citazione di Andrea Pazienza, decidemmo di uscire. Ecco, in fondo il marketing fu tutto non c’erano. Barthes diceva che il qui». signore sta nei trivi e nei quadrivi: noi cercavamo là.» Stile Libero è decollata con loro, assieme ai comici e alla saggistica. Poi c’è stata la fase delle videocassette, con il clamoroso successo della Smorfia, di Benigni, il Vajont di

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Paolini, il teatro di Dario Fo e tanti altri. Infine è arrivata Quando siete nati, a maggio di vent’anni fa, nella top la fase del noir. Che oggi domina le classifiche: possibile che ten, guidata da Baricco con Seta, figuravano persino la letteratura esista solo nel segno della crime story? due libri di poesia (Kavafis e Leopardi). È vero che Repetti: «È vero, su 10 libri di letteratura 5 sono legati c’erano anche Giobbe Covatta e Maria De Filippi, ma al noir. Siamo nella fase della definitiva affermazione erano gli unici due intrusi, tutto il resto era pura lette- del crime italiano, che ha raggiunto una sua maturità ratura. Oggi abbiamo due autori youtuber e due libri di e originalità. È facile capire perché: la nostra storia è diete: i non-libri sono raddoppiati. Sugli scaffali regna- piena di misteri irrisolti, siamo giocoforza appassiona- no titoli leggeri e pop. Avete vinto, la vostra profezia ha ti di complotti. Il noir racconta un pezzo importante trionfato. Fin troppo. della nostra storia e del nostro paese. Così si spiega il Repetti: «Io trovo questo un elemento di maturi- successo di autori come de Giovanni, De Cataldo. Per tà dell’industria culturale italiana. Le classifiche non parlare di Carofiglio. O di Nesbø, per gli stranieri. dell’estero sono, se non peggio, come le nostre. Però abbiamo grandissimi risultati anche con la non Dobbiamo capire che è cambiato tutto. C’è un fiction: basta pensare a Open di Agassi o a Così è la conformismo del gusto che trionfa e cresce. Un vita di Concita De Gregorio. La ricerca letteraria è tempo c’erano i grandi bestseller mondiali. Ma molto più difficile oggi: ma non è certo un motivo per oggi sono nati i gigaseller: fenomeni come Harry rinunciare alla qualità di autori come Giorgio Falco o Potter, le Sfumature. Siamo in un altro mondo. Vitaliano Trevisan. Il nostro è un mestiere alchemico: Oggi vince il mainstream dell’intrattenimento bisogna miscelare ricerca e mercato». globale».

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rs_mag16.indd 51 08/06/2016 12:11:39 How Italy Improved My English Tim Parks, nybooks.com, 10 maggio 2016

It has become commonplace, in this age of global- with England, and again because, having failed to ization, to speak of novelists and poets who change secure a publisher for any of my first 4 novels, I language, whether to find a wider audience or to needed to get away from friends and family who adapt to life in a new country. But what about those were pressing me to settle on a decent career before writers who move to another country and do not it was too late. I knew no Italian. I had no desire change language, who continue to write in their to leave England. Indeed, I was extremely anxious mother tongue many years after it has ceased to be about losing touch with English. Two years pre- the language of daily conversation? Do the words viously, I had abandoned a Ph.D. at Harvard be- they use grow arid and stiff? Or is there an advan- cause I wanted to be in England to write about the tage in being away from what is perhaps only the English, not the Americans. So this new move felt flavor of the day at home, the expressions invented a little like a failure. My hope was that I’d be back today and gone tomorrow? Then, beyond specifical- in a couple of years bringing a publishable nov- ly linguistic concerns, what audience do you write el with me. What changed my mind was learning toward if you are no longer regularly speaking to Italian. people who use your language? It was a huge effort. I had never been good at lan- The most famous candidate for a reflection on this guages, at least orally. At school I regularly failed situation would be James Joyce, who left Ireland in the oral side of German and French exams, and at 1904 aged 22 and lived abroad, mainly in Trieste Cambridge chose Latin for my language require- and Paris, until his death in 1941. Other writers ment precisely to avoid the oral. Also, I love to one could speak of would be W.G. Sebald, writ- talk; not knowing the language is a big privation ing in German while living in England, Dubravka for me. Added to which, my wife spoke 4 languag- Ugrešić writing in Croatian while living in Holland, es fluently, so there was quite a shift in the rela- or Aleksandr Solzhenitsyn and , tionship as I found myself obliged to rely on her. I who went on writing in Russian after being forced was floundering. into exile in the United States. One could go back We had chosen to live in Verona because my wife’s and look at Robert Browning’s fifteen years in Italy, brother was studying there. There was not a large or Italo Calvino’s 13 years in Paris. There are many English community in the city at the time, and any- others. Yet the easiest example, the only one I can way we did our best to avoid it so that I could learn write about with some authority, and, frankly, one Italian. For 4 or 5 years, aside from the language of the most extreme, for length of time away and lessons I taught to make ends meet, I spoke little level of engagement with the foreign language and English and read even less, concentrating entirely foreign country, is myself. What has happened to on Italian fiction, Italian newspapers, Italian histo- my English over thirty-five years in Italy? How has ry books, checking every word I didn’t know in the this long expatriation—I would never call it exile— dictionary. It was exhausting. There was no radio changed my writing? in English, no satellite TV, no Internet. I was im- One’s age at the time of leaving home and reasons mersed in Italian in a way that I think has become for doing so are important. I left London in 1981 difficult today. at 25, in part because my wife, who was Italian I say I was learning Italian, but in fact I was learn- and whom I had met in the States, wasn’t happy ing English too. Relearning it. Nothing makes

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I say I was learning Italian, but in fact I was learning English too. Relearning it. Nothing makes you more aware of your own language, its structure and strategies, than the differences of a new one.

you more aware of your own language, its struc- something that was neither Ginzburg nor the old ture and strategies, than the differences of a new me. I began to understand that I could use my im- one. And very soon I had my first major pay-off mersion in Italian to become a different writer in from all this effort. I had been reading the work of English. Natalia Ginzburg—È stato così; La strada che va in Translation helped. I had started to translate at a città; Caro Michele. I had chosen Ginzburg mere- commercial level after a couple of years in Italy, ly because friends advised that she was the easi- and shortly after my thirtieth birthday, the very est Italian writer for foreigners. But something in same week that Tongues of Flame was finally ac- the laconic colloquial voice meshed with my own cepted for publication, I was given my first «lit- writing. Trying to imagine how that voice and erary» translation, ’s La cosa, or downbeat storytelling style might work in English Erotic Tales as it was to become. Over the next ten I wrote two short novels, Tongues of Flame and years I translated more Moravia, as well as Anto- Loving Roger, in rapid succession. Oddly, though nio Tabucchi, Italo Calvino, Roberto Calasso, and I had taken both voice and, to an extent, structure others. In each case, the closeness to fine writers, from Ginzburg, these would be the most English the awareness of how differently they wrote, from of all my novels, acts of pure memory of places and each other and from myself, a difference I always people: my family in the first book, an office where strove to preserve, was the best possible school for I had once worked in the second. Though both writing. Again and again, one had to ask, how can books were rejected dozens of times, I felt confi- this voice, this peculiar tone, this way of moving dent that I had got it right. Five years later both into a story be made to work in English? And once were published and won prizes. one had found a solution it became natural, on In a previous piece I mentioned that early on in starting a story of my own, to wonder, how would Italy I wrote a novel in Italian. This came immedi- Tabucchi do this? What would this story sound ately after Tongues of Flame and Loving Roger and like if Calasso were writing it? My novel Shear, in this too was influenced by Ginzburg. The curious particular, couldn’t have been written without the thing was how differently influence plays out when rather bizarre combined influence of my regular you are writing in the same language and when you translation of a trade magazine for the stone quar- are transferring to another. In the same language, rying business and the 450 pages of Calasso’s The influence can look dangerously like imitation. My Marriage of Cadmus and Harmony. Writers whose Italian book was hopelessly derivative. This had work I felt wouldn’t be helpful in this way—Ori- been true too of my earlier love affairs in English ana Fallaci, , Pier Paolo Pasolini, in his with Henry Green and with Beckett. The writing last novel Petroleum—I simply refused to translate. was too obviously hankering after its model. But The commercial work provided enough money to transferring Ginzburg, whom I doubt I understood live on. And where I was open to an author’s influ- perfectly at the time, into my English world, lin- ence, there was always the abyss between his or her guistic and cultural, made something new happen, Italian and my English to prevent me from falling

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rs_mag16.indd 53 08/06/2016 12:11:39 into imitation. I remember 7 or 8 intensely fertile for British and American papers. In 1995 I wrote years. my first piece for The New York Review. As a result, But how long would my English hold up against the I found myself reading mostly in English again, as daily attrition of Italian? a reviewer now rather than a translator. With the I worried about this. Going home for holidays I no- Internet came radio and television in English. One ticed that buzzwords had come and perhaps already was no longer «isolated in Italy». Gradually, I could gone—nerd, dink—without my ever using them. feel part of an English-speaking community again, Editors were forever picking up Italianisms in my without ever leaving my Italian home. It’s hard to writing. Setting a new story in England I began to express how uncanny this seemed at the time, and feel vulnerable. Often Italian expressions came to how radically it changed expat existence. mind when what I needed was English. Even Ital- Also, this was a community one could write toward. ian situations. Often English expressions came to That is, writing in English, in Italy, I wasn’t really mind that quite likely no one was using any more. writing toward my old life, England and London, Nothing is more normal than for the expat’s vision any more. I was writing to all the people out there of his home country to remain anchored in the past. who read English. So I needn’t worry that my En- Ulysses we remember, published in 1922, was set in glish was no longer an idiomatic British English. 1904, immediately before Joyce left Dublin. For me, with my Italian experience long consolidat- I began to write non-fiction, about Italy, to draw ed, this could not have happened at a better time. this experience into my writing. Where fiction was There is a formative period in a writer’s life when in- concerned, I looked for a different kind of story- fluences are crucial, when to go and live in another telling that didn’t involve an intense contempora- country, read in another language, discover this or neity, or was set outside the UK. A novel like Euro- that author, will matter intensely. And there is a time pa, where foreign language teachers working in an when, while still open to novelty and experiment, it Italian university travel together to the European can no longer blow you away, or revolutionize your parliament to present a petition, was a deliberate at- approach. For a writer to go to a foreign country as tempt to turn this displacement from England into a young man, like Sebald, who went to England in drama. Now I consciously played with Italianisms his twenties, is quite a different matter than to go in English, to see what effects might be achieved when most of one’s major work is accomplished, as that way. In Destiny, the disturbed son of an Ital- was the case with Solzhenitsyn’s move to the States. ian mother and English father constantly provokes For Sebald there was mostly gain, for Solzhenitsyn, his father by introducing Italian idioms in English much later in life, mostly loss. sentences. Looking back, I have no idea what kind of writer I Just when it seemed I had pushed these strategies to might have become had I stayed in the UK. Perhaps the limit if not beyond, changes in my circumstanc- I would never have got published at all. Or perhaps es and indeed in technology came to my aid. The I would have found my way to the center of London fact is that no two writers abroad are ever in quite literary life, though that was never an ambition. All in the same situation. Had I come to Italy as a Korean, all, I feel immensely lucky to have gone to Italy when or a Norwegian, languages people rarely use or need I did and experienced for a decade or so the relative here, I wonder if it would have been possible or sen- linguistic isolation that made me focus so intensely sible to go on using my mother tongue in the same on language, writing, and translation. But equally way. And had I arrived 20 years earlier I could not lucky to be able to send this piece to New York by have had the career that eventually offered itself to email, and to be part of that now global community me in the late nineties. First the fax, then email, then that shares its thoughts, on literature and other mat- the Internet, opened the way to working regularly ters, online, regardless of where we live.

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rs_mag16.indd 54 08/06/2016 12:11:39 Online non si leggono solo contenuti brevi Camilla Pelizzoli, giornaledellalibreria.it, 11 maggio 2016

Con l’ascesa degli smartphone, molti si sono chie- Parsely), «quel che più conta è la differenza relati- sti in che direzione si sarebbero sviluppati i testi, e va che emerge tra storie in long- e short-form.­ E se gli schermi più piccoli e l’enormità di spunti e qui la conclusione è attraverso il dataset è costan- stimoli disponibili a un tap di distanza non fossero te: le persone spendono più tempo sulle storie più destinati a far estinguere i testi lunghi – come re- lunghe rispetto a quelle più corte, suggerendo che portage, articoli d’approfondimento, inchieste svi- il coinvolgimento può aumentare per andare in- luppate su più pagine – soppiantati da notizie brevi contro alle difficoltà di un pezzo più approfondito». e immediatamente fruibili. In parole povere, se l’argomento è d’interesse, il let- In ambiente anglosassone, dove questo tipo di scrittu- tore dedicherà il proprio tempo e i propri sforzi alla ra giornalistica ha una lunga e riconosciuta tradizione lettura di un articolo sul proprio telefono. Tant’è (basti pensare al valore dei Pulitzer negli Stati Uniti), che il tempo medio impegnato nella lettura di arti- queste riflessioni hanno portato non solo a una di- colo, se osservato relativamente al numero di parole scussione «sul metodo», attraverso contributi teorici del testo, conferma la tendenza a dedicare un’atten- e sviluppi pratici di nuove forme di articolo long- e zione più approfondita agli articoli man mano che short-form, ma anche a molte ricerche riguardanti aumenta il numero di parole. il comportamento dei lettori, dal tempo passato su E a proposito di app, la ricerca ha analizzato anche un singolo articolo al numero di visite. Uno dei più le differenze nelle visite provenienti da Facebook recenti e dei più approfonditi è quello pubblicato il e Twitter, andando così a creare anche un profilo 5 maggio dal Pew Research Center (tra le principa- dell’utente-lettore tipo delle due piattaforme. Face- li realtà di ricerca degli Stati Uniti), in associazione book attira più click, anche per il maggior nume- con la John S. and James L. Knight Foundation, che ro di iscritti, ma Twitter richiama un pubblico che ha analizzato il comportamento dei lettori di articoli tende a passare più tempo sullo stesso contenuto, e online partendo dalle metriche fornite da Parsely, che questo distacco si mantiene inalterato sia per quanto analizza i dati riguardanti più di 170 top media com- riguarda i contenuti brevi che quelli lunghi. pany. Il fattore su cui si sono concentrate le analisi, in Altro dato interessante è che, benché le notizie più particolare, è stato quello temporale: ovvero quanto brevi portino un traffico totale maggiore, data anche tempo rimangono gli utenti su un articolo, a seconda la loro maggiore quantità, quelle lunghe hanno lo che sia breve o più articolato. I risultati confermano stesso tasso d’accesso dal telefono; tuttavia, nel con- che, nonostante tutte le previsioni poco ottimistiche, siderare questo dato, va anche detto che non sempre gli articoli lunghi hanno ancora ragione d’essere e gli utenti sanno quanto sarà effettivamente lungo il sono ancora letti. pezzo che vanno a leggere, nel momento in cui lo I dati evidenziano come i lettori passino circa il dop- aprono sul browser o da una app. pio del tempo su un articolo lungo (identificato con Per capire esattamente cosa ci dicono queste stati- un testo di più di mille parole) rispetto a uno corto: stiche bisognerà aspettare di avere uno storico più rispettivamente, 123 secondi contro 57. Al di là dei corposo; tuttavia, rimangono informazioni che sono giudizi di valore su una sessione di tempo che, in da tenere in conto nello sviluppo di contenuti e piat- entrambi i casi, è oggettivamente piuttosto breve (e taforme per i lettori di oggi e domani, non solo per in parte sottostimata, secondo gli stessi ricercato- quanto riguarda l’ambito giornalistico, ma anche ri, a causa delle modalità di raccoglimento dati di quello editoriale in genere.

rs_mag16.indd 55 08/06/2016 12:11:39 Il genio di Laxness

Islandese, vincitore di un Nobel, dimenticato e ripubblicato da Iperborea, tra le molte cose scrisse un racconto perfetto su una spedizione italiana fascista a Reykjavik

Gianluigi Ricuperati, rivistastudio.com, 13 maggio 2016

Da qualche tempo mi innamoro soprattutto delle precedenti: 10 anni importanti, nei quali l’Europa opere che fanno venir voglia di creare altre opere. I s’è infiammata a morte, l’America s’è irrobustita a film per registi possibili, le installazioni per artisti dovere, e in mezzo – tra il dovere capitalistico e la possibili, i romanzi che instillano la voglia di aggiun- morte nazifascista – restava l’Islanda: isola brutale gere qualcosa a tutto ciò che già è stato aggiunto. Da pacifica distante e occupata da tutti. qualche settimana è in libreria una raccolta di raccon- Tutti i racconti di Sette maghi sono magistrali, de- ti che appartiene a questa categoria. Il suo autore ha gni di essere usati come testi necessari nelle scuole vinto il premio Nobel per la Letteratura nel 1955, ma di narrazione: ma ce ne sono due che non potete io non lo conoscevo. Lo pubblica la migliore casa edi- non leggere se volete ricominciare a vivere con gli trice italiana, Iperborea: è uno scrittore islandese. Si occhi di scrive un testo perfetto: il primo s’intitola chiama Haldorr Laxness, ha vissuto quasi un secolo «Il pifferaio», ed è tecnicamente il miglior tentativo e il suo lavoro è stato l’argomento dell’ultimo articolo che abbia mai letto di raccontare un sogno o un’al- scritto da Susan Sontag prima di morire. lucinazione dopo Strade perdute di Lynch e «Un La raccolta di racconti s’intitola Sette maghi, e pos- luogo chiamato Kindberg» di Cortàzar. Il secondo è siede almeno 3 qualità che ritornano in altri romanzi «La sconfitta dell’aviazione italiana a Reykjavik nel di Laxness, che appare al lettore contemporaneo ita- 1933», ed è un capolavoro di un genere per me stra- liano come un miracoloso improbabile misto, sospe- ordinario: la comicità involontaria volontaria. È una so tra Philip Roth e : totale controllo storia ambientata durante il mezzogiorno di fuoco delle forme e delle strutture, strabiliante capacità di del fascismo italiano, quando un gruppo di aviatori, passare da un genere all’altro rimanendo sé stesso, per dimostrare la forza dell’aeronautica mussolinia- una voce distinta, irriverente, comica, bassa, a volte na, organizzò un periglioso e ridicolo tour islandese, stranamente onirica, comunitaria, magica, sospesa con esiti privi di ogni cliché. nell’incredulità di far parte del mondo. I suoi titoli Per restituire l’impressione e la potenza di questo più noti e classici, Gente indipendente e La base ato- autore, vorrei evidenziare alcuni passaggi nei quali mica, sono divertenti, commoventi, pieni di idee, e si sublima la potenza di «La sconfitta dell’aviazione per questo hanno attratto la stima e i commenti en- italiana a Reykjavik» rendendo a mio parere chiare tusiastici di Jonathan Franzen e Alice Munro. – a chi volesse cercarle – alcune delle qualità che I «sette maghi» del titolo sono in verità 7 protago- mi hanno incantato nella prosa di Halldor Laxness. nisti lunatici dei racconti, mentre la splendida ban- Cominciamo con l’incipit: assolutamente fuori dal della ci insegna che l’ottavo potrebbe essere proprio proprio tempo, potrebbe essere un Richard Brau- lui, l’autore: la raccolta risale al 1942, ma i testi tigan o un Philip Roth degli anni Sessanta, mentre risalgono a un arco temporale di almeno 10 anni invece siamo nel 1934:

rs_mag16.indd 56 08/06/2016 12:11:39 La rassegna stampa di Oblique | maggio 2016

L’Islanda è l’unica nazione al mondo a non avere un esercito, ecco perché questi poveri isolani non hanno mai Il genio di Laxness sta nel non essere conosciuto lo splendore glorioso che emana dalle divise, come dai titoli e dai gradi che questi strani capi d’abbi- ovvio, mai, in nessun romanzo gliamento rappresentano. e nessun racconto – proprio non ce la fa… Poi, grazie a uno zoom-in entomologico, il narra- tore ci informa di un dettaglio sublime: è sempre bello conoscere i gradi di un sistema, 50 milioni di ce la fa – e quindi anziché diventare lacrimevole col sfumature di grigio burocratico: povero portiere picchiato dal gerarca in tour, mette in scena la legittima difesa del ragazzo, ed è una cosa …è stata introdotta in Islanda la carica di garzone che leggerla fa bene alle vene: d’albergo, che da noi ha un nome italiano, piccolo, e con- templa l’uso di una splendida divisa, senza però godere Non appena il gerarca Pittigrilli ebbe vibrato la prima di un prestigio maggiore di altri titoli quassù… bastonata su Stefàn Jònsson, il ragazzo gli balzò ad- dosso e ingaggiò un corpo-a-corpo con lui. Questa rea- In seguito lo zoom-in cambia orizzonte geopolitico e zione colse alla sprovvista il gerarca, dal momento che descrive in un paio di pagine con mirabile esattezza in Italia i garzoncelli d’albergo non hanno l’usanza di gli usi e costumi degli italiani, non solo sotto il Fascio: balzare addosso agli alti papaveri del Paese.

In Italia è tutto diverso. Laggiù si è rispettati solo se si La bellezza, la sottigliezza, la raffinatezza di questo ma- ha una divisa, e il più riverito è chi porta i vestiti più gnifico apologo morale sta proprio nella chiusura, in- stravaganti… Secondo certe persone erudite, il patri- tinta nella più lieve sprezzatura, e senza alcuna morale monio nazionale degli italiani si sta esaurendo a causa esplicita: per il giovane dominato islandese la reazione è della loro passione per questi buffi travestimenti pieni di già dimenticata, mentre l’offesa diplomatica e spirituale orpelli e falpalà, e della loro cieca smania di guerreggiare – l’affondo nell’orgoglio – sta solo nello sguardo di chi in deserti remoti. E invece no, quelli sono nientemeno vuole dominare: «​L’indomani c’era bel tempo e i fascisti che i fascisti, gli amanti del deserto, … nonostante la volarono via con le loro uniformi per non tornare mai plateale ridicolaggine del loro abbigliamento. più in Islanda. Al mattino, Stefàn Jònsson andò al la- voro, indossò la sua divisa e il berretto sulle ventitrè, e Infine giunge l’affondo narrativo, quasi favolistico, in albergo era tutto come doveva essere, nessuno aveva ma sempre con il tono di distacco di chi osserva il preso alcun provvedimento. Se qualcuno gli avesse detto lato grottesco del precipizio storico: che il giorno prima l’aviazione italiana era stata sconfitta a Reykjavìk, non avrebbe capito un fico secco». Uno dei Paesi a cui era toccata una tale fortuna era l’I- L’ultima – ma non ultima – notizia relativa alla dove- slanda, un’intera flotta di aerei fascisti italiani era at- rosa riscoperta di Laxness ha a che fare proprio con il terrata nei Vatnagaroar e in ognuno c’erano come mini- Premio Nobel. Spesso si guarda con sufficienza alle li- mo due uniformi appena confezionate… furono presi da ste di vincitori di decenni fa, ma studiando e leggendo tale gioia ed entusiasmo che anche fra perfetti sconosciuti l’autore islandese ho capito che la qualità della mappa- si gettarono l’uno nelle braccia dell’altro per le vie della tura sulle possibilità della letteratura mondiale – uno capitale, baciandosi e piangendo. dei punti forti del premio, evidentemente – è più forte del nostro snobismo postumo. Provate anche con altri Il genio di Laxness sta nel non essere ovvio, mai, in nomi perduti e misteriosi, a volte anche assenti dalla nessun romanzo e nessun racconto – proprio non programmazione editoriale. Stockholm rocks!

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rs_mag16.indd 57 08/06/2016 12:11:39 La caccia nel tempo profondo che trasformò l’uomo in animale metafisico

La via per andare al di là della società nell’ultimo libro di Roberto Calasso. Tra mito, eros e poesia classica

Guido Vitiello, «Il Foglio», 14 maggio 2016

Alberi, driadi, animali, cacciatori in varie posture come per prepararsi a un ballo, a un corteggiamento adornano gli affreschi nel salone del ristorante di di bestie gelose e schive. Ma è bene che i due àmbi- uno dei luoghi più elusivi della letteratura occiden- ti, così pericolosamente prossimi, si rispecchino l’un tale, l’albergo dove Humbert Humbert possiede per l’altro senza osare sfiorarsi: le esplosioni catastrofiche la prima volta Lolita. Il nome sibillino che Nabokov prodotte dalla mescolanza incestuosa di eros e caccia volle dare all’albergo – The Enchanted Hunters, i sono attestate in mille favole antiche – Atteone sbra- Cacciatori Incantati – è un invito cifrato a leggere nato dai cani, Adone che offende Venere preferendo Lolita come un piccolo trattato di eros metafisico correr dietro ai cinghiali, Dafne che si divincola da in forma di romanzo, forse la sola forma oggi pos- Apollo, Narciso che si riposa alla fonte dopo la caccia sibile. Pochi hanno risposto al corno da richiamo di e finisce preda di un’immagine – e d’altronde un’im- Nabokov setacciando fino ai margini più bui il ter- magine mentale, un simulacro, una statua, un feticcio reno di caccia che era così offerto alle incursioni, e è la posta in gioco degli amori metafisici. tra quei pochi Roberto Calasso, che al romanzo del La spedizione di Calasso è quasi tutta rivolta al predatore divenuto preda della sua preda dodicenne tempo profondo – la preistoria, i primi popoli di ha dedicato alcune delle sue pagine più felici. cacciatori, lo sciamanesimo, l’Egitto, la Grecia – Di Lolita non si fa neppure il nome in Il Cacciatore dove si distinguono orme dalla strana forma di Celeste (altra insegna niente male per un motel del animali estinti, reali o favolosi, la cui fisionomia Midwest), ma se Calasso avesse voluto assecondare originaria si può solo congetturare, disegnandovi la sua inclinazione ai titoli monosillabici – da Ka a intorno miti e storie. La prima di queste impronte K. – avrebbe potuto chiamare il libro semplicemente è la costellazione di Orione. Raramente Calasso si *wen, radice indoeuropea su cui per qualche ragio- volta indietro, ossia in avanti, anche se queste oc- ne mi arrovello da anni e da cui discendono Venus, chiate occasionali sono spesso fulminanti (il letto- venari e venerari, la triade della venerazione, della re troverà, fra l’altro, una definizione di Himmler caccia e della possessione amorosa. L’inglese venery come «massaia suprema» del tinello germanico). È tuttora tiene assieme lussuria e arte venatoria. cacciando che gli uomini diventarono animali me- «Gli animali che si cacciano sono come donne che tafisici; e la caccia è la matrice di tutti gli sdoppia- civettano» è uno degli antichissimi aforismi cita- menti – l’uomo e l’animale, il predatore e la preda, ti nelle prime pagine di Il Cacciatore Celeste; e se ne l’osservatore e l’osservato nel teatro della mente possono invertire senza rischio i termini, perché tutto – dunque di tutte le vie di ricomposizione. Ma quel che si dice del sesso vale per la caccia, e tutto perché compendiare 400 pagine in poche righe, quel che si dice della caccia vale per il sesso. Il cac- prestandosi a quel noioso esercizio di agricoltura ciatore compiuti i suoi atti di devozione si profuma intensiva che siamo soliti chiamare recensione? La

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La caccia nel tempo profondo che giornata è buona per una piccola escursione ve- tutto sembra ricapitolarsi nel grande ciclo mitologico natoria nella direzione opposta. E anche se l’eros dell’unicorno catturato dalla Dama. Qualche passo trasformò l’uomo in animale metafisico metafisico è solo uno dei molti sentieri battuti nel ancora sullo stesso sentiero ed ecco la seconda grande libro, seguiamolo per qualche passo ancora, quanti stagione dell’eros metafisico, quella cinquecentesca, bastano per vederci cadere ai piedi una constata- che vide la fortuna di trattati erotico-cinegetici come zione inaggirabile: tutte le grandi rinascenze amo- La Vénerie di Jacques du Fouilloux e il nuovo splen- rose dell’Occidente, o se vogliamo le cicliche rin- dore donato da Giordano Bruno al mito di Diana e verdite dell’eros metafisico, sono state segnate da Atteone, il «gran cacciator» divenuto caccia. un’insistenza vicina all’ossessione per le immagini Ma è già tempo di rientrare. Ottava parte di un’o- legate alla caccia. pera inaugurata nel 1983 da La rovina di Kasch, Il Per non perderci Calasso nei boschi preistorici fac- Cacciatore Celeste si chiude dove quell’esordio si apri- ciamo una tacca sul tronco di Ovidio (in Il Cacciatore va. Se nel Kasch un sillogismo perentorio e sognante Celeste gli è dedicato un capitolo), che prese alla let- portava a dedurre che la società stessa è la rovina, Il tera la metafora della caccia d’amore e la consegnò Cacciatore si conclude evocando «la via per andare al al Medioevo. È questa la stagione in cui l’eros me- di là della società», ossia i Misteri eleusini. E a Eleusi tafisico si carica di nuovo in spalla la faretra, scatena è destinata a tornare anche la mia caccia di frodo nei cani, falconi e altri uccelli da preda, si rende quasi terreni dei medievisti, prima che mi sbranino (sono indiscernibile dalla caccia. A inaugurare la partita è le iene gli antenati dei filologi, suggerisce malizioso un anonimo poema francese del tredicesimo secolo, Calasso). A congedarsi dalla società e dal mondo, a Li dis dou cerf amoreus, dove la Dama diventa cervo non altro era servita l’ascesi degli amanti cortesi; e d’amore. Il Tristano di Gottfried von Strassburg in- l’idea che una «luce da Eleusi» avesse proteso i suoi segna l’arte della caccia agli uomini del re ma diventa ultimi raggi nella Provenza dei trovatori era stata la preda di Isotta, presentata in versi magnifici come stella polare di Ezra Pound, ancorché segnata sul- il «falcone della Minne» appostato su un ramo per le effemeridi poco affidabili di spiriti bizzarri come tendergli la trappola fatale dello sguardo; anche Erec Rossetti e Péladan. Questa però è materia per un al- e Enide sono falcone e cervo, predatore e preda; e tro libro, e per un’altra battuta di caccia.

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rs_mag16.indd 59 08/06/2016 12:11:39 L’obiettività dei generi letterari

Giorgio Manganelli, il più estroso e ironico dei consulenti editoriali, aveva idee rigorose per riformare la cultura italiana

Armando Massarenti, «Il Sole 24 Ore», 15 maggio 2016

Estrosità rigorose di un consulente editoriale è un libro che sottende alla varietà manganelliana, e ritrovare impegnativo ma di piacevolissima lettura sia per la quindi il rigore di questa mente magmatica e im- proverbiale estrosità dell’autore, tra i più ironici e prevedibile, è utile attingere, a conferma delle tesi divertenti della nostra letteratura – basti pensare ai sostenute da Nigro nella sua illuminante postfazio- deliziosi, insieme tragici ed esilaranti, microromanzi ne, a un’altra preziosa fonte: lo splendido dialogo che compongono Centuria, ma anche all’opera d’e- radiofonico con Paolo Terni Una profonda invidia sordio che ha un titolo che è già tutto un programma, per la musica (da poco pubblicato da Orme editore, Hilarotragoedia –, sia soprattutto per il rigore e la se- con cd audio, a cura di Andrea Cortellessa). rietà con cui Giorgio Manganelli si dedicò al lavoro «Chi ascolta con una certa attenzione e per un certo di consulente per le maggiori case editrici italiane, periodo di tempo il quartetto del Settecento» osserva Garzanti, Einaudi, Rizzoli, Adelphi. In realtà, come Manganelli «fino ad arrivare a Beethoven, fino ad ar- geniali microromanzi capaci di spalancare mondi rivare poi ai romantici, si accorge che esiste una storia in poche righe vanno letti anche molti dei brevi te- specifica del genere quartetto o del genere trio, che sti qui raccolti da Salvatore Silvano Nigro. Schede e non è assolutamente confondibile con la storia di altri proposte di lettura, risvolti di copertina, lettere più o generi che gli stessi musicisti possono avere pratica- meno impertinenti a editori, redattori e direttori di to». Attraverso questo modo di ascoltare la musica, collane, osservazioni su traduzioni e curatele, sintesi e Manganelli mette in atto una strategia di «verifica» critiche fulminanti, scritte sul filo di ossimori geniali simile a quella da lui svolta sistematicamente in àm- e originalissimi («Un libro amabile, inconsueto e ra- bito letterario, ma che porta a esiti ben diversi: «la gionevolmente demente» è il giudizio, per esempio, musica ha conservato e custodito gelosamente una per Il terzo poliziotto di Flann O’Brien; e per Summer continuità retorica che dalla letteratura è venuta Will Show di Sylvia Townsend Warner: «Roman- molto prima ad essere messa in discussione, in dub- zo lesbico-trotskista, molto educativo e nobilmente bio. C’è uno scambio straordinario di esperienze tra progressista. Al diavolo»): tutto ciò costituisce un ag- Haydn e Mozart che è difficilmente comprensibile glomerato apparentemente disordinatissimo che ci fa nei termini della storia della letteratura». Così nella pensare all’impossibilità perechiana di sistemare i li- storia della poesia si possono individuare, per esem- bri, non solo fisicamente negli scaffali di una libreria, pio nel petrarchismo, «alcuni moduli stilistici che non ma in questo caso anche mentalmente. vengono adoperati come opere di un autore, ma come Ma è solo un’impressione, perché in tanti barocchi- esempi di quel genere» e che in buona parte si sono smi, virtuosismi verbali e pluralità di stili e di espres- persi proprio perché il petrarchismo è «uno dei casi sività, un bandolo della matassa non è così diffici- più puri di applicazione di un criterio formale total- le trovarlo. Per individuare il principio ordinatore mente – direi – matematico, descrivibile in termini

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quasi puramente astratti, alla creazione di poesia». tonnellaggio di carta», si sottolinea con efficacia il «Così» aggiunge Manganelli «quando io metto sulla carattere antidesanctisiano e anticrociano di Man- stessa serie l’Orlando innamorato del Boiardo, l’Orlan- ganelli. Gli epigoni di De Sanctis e Croce hanno do furioso di Ariosto, la Gerusalemme liberata, faccio cristallizzato nelle scuole «una lettura moralistica, un discorso unitario che non sarebbe più unitario se impegnata, sentenziosa» della nostra storia letteraria pretendessi, ad esempio, di unire al linguaggio epico- che ha esiliato tutto ciò che non si presti «ad un uso narrativo dell’Ariosto anche le sue commedie che romantico e virtuoso». A questi schemi, affascinanti seguono un altro itinerario, completamente diverso. ma riduttivi, Manganelli oppone una strategia volta Ora questo, nel caso della musica, si è conservato – e a mettere in primo piano le opere, non gli autori, direi che si conserva tuttora – e mi sembra una delle soprattutto quelle che (come lui diceva) «non stanno qualità più affascinanti». ferme sotto gli occhi», con criteri che ricordano la C’è dunque un «senso della obiettività del lavoro mu- Crestomazia leopardiana. sicale: un’obiettività che, ad esempio, nella letteratura «Una nuova collana di classici italiani» scrive nel italiana trovo vissuta e adoperata in modo consape- progetto per la Bembo «deve proporsi di restitui- vole, forse per l’ultima volta, nella Crestomazia del- re alla letteratura italiana certi caratteri che le sono la prosa di Leopardi, in cui i brani degli autori sono propri: in primo luogo la letterarietà. Dunque, oc- presentati unicamente secondo il tipo, il genere cui corre il recupero di autori, di correnti, di secoli interi appartiene il brano e con assoluta indifferenza a delle che sono stati umiliati e allontanati dal piacere let- classificazioni per autore. Cioè l’autore non esiste». terario. Ecco il barocco, e tutto il Seicento; ecco gli Ecco dunque come ragiona il più estroso dei con- umanisti che hanno scritto in latino; e gli scrittori sulenti editoriali. E si trova una chiara eco di questa religiosi delle origini; e i testi con cui la letteratura riflessione nella sezione «Disegnare, integrare, vestir italiana ha pensato se stessa, i documenti teorici e i collane», per esempio in una scheda sul Morgante del testi delle polemiche; e ancora i testi della letteratu- Pulci oppure, per venire al discorso contemporaneo, ra dialettale, spesso assolutamente letteraria; i docu- nel risvolto del libro di Cesare Mazzonis, La vocazio- menti di una letteratura di viaggi, donde risulta la ne del superstite (Einaudi 1973), definito «un reperto- vocazione esotica di gran parte della nostra cultura; i rio di situazioni classiche, anzi di frammenti di generi testi di una cultura non di lingua italiana, ma legati e figure retoriche nobilmente tradizionali: incontria- in modo ancora da esplorare alla nostra cultura: si mo l’autobiografia, in un senso più celliniano che me- pensi ai poeti arabi di Sicilia. Dunque, una collana morialistico, il contrasto della città e della campagna, critica, che abbia un significato preciso, che uni- la fine del mondo […] e l’utopia». E altro ancora «si sca testi trascurati o dimenticati a testi noti letti in potrà rinvenire in questa arcaica arca di generi salvati modo nuovo, che restituisca la congruità letteraria e insieme afflitti da mutazioni mostruose: una mu- intera della nostra letteratura». tazione che investe lo stesso vascello, la letteratura, Quanto al «vestir collane», in riferimento alla grafica glorioso delle proprie inaudite deformità». einaudiana, ecco cosa scrive a Giulio Einaudi dopo Ancor più sistematicamente ritroviamo il discorso l’uscita del primo titolo della Ricerca letteraria (con sui generi in due scritti sui Classici riferiti alla colla- Alice Ceresa, nel 1967): «Ciò è rigoroso e severo; na Einaudi e alla Biblioteca di Scrittori Italiani della ma vivendo noi in tempi di rapido deterioramento Fondazione Pietro Bembo (Guanda), dove si leg- della compagine cosmica, di fatiscenza degli stili, ge: «È notevole come in Italia gli scrittori abbiano ahimè, non dovremmo noi chiederci se sia il caso di assai scarso commercio con la letteratura italiana, a tener, sia pur moderato, conto dell’enorme, informe differenza di quel che accade in paesi in cui lo scrit- massa dei biofili. Dei frettolosi lettori di titoli. Dei tore ritiene di doversi misurare con i testi della sua fatui recuperabili. Forse il fato ci vuole missionari, stessa lingua». Nel saggio di Nigro, intitolato «Quel educatori, in una parola “amici”».

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rs_mag16.indd 61 08/06/2016 12:11:39 La fine dell’outsider L’intuizione venne all’inglese Colin Wilson nel 1954, che campava a Londra quasi come un barbone ma immerso nella lettura di testi importanti. Scrisse un libro nel quale si chiedeva come sia possibile continuare a vivere dopo aver concepito con certezza l’irrealtà dell’esistenza

Emanuele Trevi, «La Lettura del Corriere della Sera», 15 maggio 2016

Probabilmente non c’è essere umano dotato di un L’umanità può permettersi solo una sparuta mi- minimo di coscienza che non abbia provato, anche noranza di individui dotati di una «seconda vista», solo per una manciata di secondi, il sentimento acu- non importa se compatiti come pazzi o venerati tissimo dell’irrealtà della realtà. Un evento esterio- come poeti o perseguitati come corruttori. Questa re, l’insorgere di un ricordo confuso, un malessere minoranza, inoltre, è composta da uomini solitari, che non sapremmo attribuire con certezza al corpo sempre più soli via via che percorrono il loro sentie- o alla mente: basta molto poco, infatti, per farci in- ro di conoscenza. Raramente si conoscono fra loro. tuire che il nostro patto con il mondo, come quello Ben presto concepiranno la sensazione di essere gli di quasi tutti i nostri simili, è una specie di abitudi- unici a vedere in un mondo di ciechi. Ecco defini- ne ereditaria, di convenzione prolungata. Deve pur to l’outsider, colui che rimane fuori, e che fa della esistere un livello di verità più vasto, corrispondente sua differenza l’elemento centrale del suo destino. a nuova libertà, a un grado di pienezza della vita al Quando Colin Wilson, la notte di Natale del 1954, quale l’umanità sembra aver rinunciato a in conse- concepì l’idea di un libro intitolato L’outsider, non guenza di una maledizione, di un oscuro sortilegio immaginava che avrebbe avuto un successo tale da Eugenio Montale, con tutta l’ironia e l’irriverenza farne uno dei saggi più influenti e suggestivi del suo dei grandi poeti, arrivò a formulare una specie di secolo. Wilson, che era nato a Leicester 23 anni contabilità della frustrazione esistenziale. Nutriva, prima, qualcosa del punto di vista dell’outsider do- com’è noto, la sensazione di avere vissuto «al cin- veva averlo sperimentato vivendo a Londra in con- que percento». Ma se il sentimento fugace di essere dizioni non molto diverse da quelle di un barbone, stati defraudati fin dalla nascita è tutt’altro che raro, che nella bella stagione dormiva nei parchi in un bisogna subito aggiungere che la stragrande mag- saccoapelo e di giorno viveva in una sala di lettura gioranza dell’umanità non mostra di patire eccessi- del British Museum, leggendo avidamente e disor- vamente questa limitazione. L’abitudine e la neces- dinatamente i romanzi di Dostoevskij, Kierkegaard sità non fanno che intonare il loro canto di sirene: e Nietzsche, I sette pilastri della saggezza di T.E. la vita che viviamo è l’unica vita reale, e si svolge Lawrence, le poesie di William Blake, e un’infini- nell’unico (se non il migliore) dei mondi possibili. tà di altre testimonianze sul problema che gli stava Se sospettassimo in maniera sistematica delle appa- tanto a cuore. Che si potrebbe riassumere in una renze, la nostra stessa capacità di esistenza sarebbe domanda di sapore prettamente esistenzialista: una minata nelle fondamenta. È già abbastanza difficile volta che si è concepita la certezza dell’irrealtà del- vivere per mettere in conto una seconda nascita che la vita, com’è possibile continuare a vivere? Quali ci metta in grado di accedere a qualche tipo di verità sono le vie d’uscita disponibili per non soccombere nascosta. alla disperazione?

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Pubblicato nel 1956, L’outsider divenne rapida- mente un bestseller, dando l’avvio a una carriera di scrittore sbalorditiva per quantità e varietà, dai saggi «esercitare la libertà in un mondo sull’occultismo ai romanzi di fantascienza (si trova irreale è impossibile quanto saltare proprio in questi giorni nelle edicole, ristampato nei Classici Urania, il suo titolo più famoso, I vampiri mentre si sta cadendo.» dello spazio). Ma quel libro d’esordio, così brillante e disordinato, doveva rimanere il titolo più famoso di Wilson, morto nel 2013. Stranamente, in Italia Questa sintesi di Wilson mi suona attualissima, come ebbe scarsa risonanza, nonostante una traduzione se fosse stata scritta oggi. Nello stesso tempo, fra il molto tempestiva, firmata da Enzo Siciliano e Aldo 1956 e il 2016 si è verificato un cambiamento radicale Rosselli. Probabilmente, gli nocque un titolo fuor- e forse irreversibile, che non è meno interessante e viante come Lo straniero. La nuova edizione italia- rivelatore. Consideriamo i 3 «eroi», i 3 perfetti esem- na (Edizioni di Atlantide) però non è una semplice plari del tipo dell’outsider che emergono dal libro, operazione archeologica. A sessant’anni esatti di così affollato di presenze, di Wilson. Uno scrittore- distanza, questo classico della controcultura e della soldato come T.E. Lawrence, van Gogh e la sua ama- filosofia underground è ancora capace di allargare le ra filosofia distillata nelle lettere al fratello, e Vaclav prospettive, e di suscitare ulteriori domande. Più di Nižinskij, l’astro della danza moderna che prima di questo, cosa si può chiedere a un saggio? affondare nella follia si lasciò dietro uno sconvolgente Certo, se lo giudichiamo dal punto di vista accademico, diario mistico. Possiamo ammirare Wilson e le sue il metodo di Wilson non è inappuntabile, certi giudizi straordinarie capacità di empatia; ma arriva anche il sono poco ponderati, certe letture risultano frettolose. momento di chiedersi: come è continuata questa sto- Ma Wilson non voleva fare un’opera di critica lettera- ria? Chi sono oggi gli uomini come Lawrence d’Ara- ria o filosofica. Ed è qui il segreto del fascino resistente bia, van Gogh, Nižinskij? della sua opera. Quello che sta a cuore a Wilson non L’esistenza dell’outsider non è certo un’invenzione di è un argomento tra gli altri della storia della cultura, Wilson, e corrisponde a qualcosa di profondamente ma il problema dei problemi, che è quello della libertà, radicato nella natura umana. Di sicuro, ogni genera- e di come la libertà si configura all’interno della vita, zione produce i suoi outsider. Devono esistere anche non in una teoria. I libri che interpreta (romanzi, saggi oggi, chiusi nelle loro stanze, o perduti nella folla di filosofici, diari…) non valgono in sé, ma sono tracce una città, mentre esercitano il privilegio e soffrono i di altrettante esperienze, di vite condotte sul crinale tormenti di una seconda vista, svegli in un mondo strettissimo che separa l’illuminazione e il fallimento. addormentato. Ma come si esprimono? Aggiornare Perché questa è la vita dell’outsider, di colui che vede il libro di Wilson in realtà è un’impresa molto ardua. ciò che gli altri non vedono e non attribuisce valore a Per lui era naturale pescare i suoi argomenti nei ro- tutto ciò che per gli altri ha valore. Ma è una vita dif- manzi, nelle poesie, nelle opere filosofiche di Sartre ficile, una porta stretta. Wilson individua alla perfe- e di Camus. Oggi il sistema delle arti e del pensiero, zione il paradosso che l’outsider deve affrontare. Lotta nel suo complesso, sembra disertato dagli outsider. per affermare la sua libertà, e nello stesso tempo non Questo non significa che non esistano artisti eccelsi ha fede nella realtà del mondo, così come gli altri la e anche supremi. Ma in questi sessant’anni la diva- accettano passivamente. Ma la libertà si può affermare ricazione tra l’arte e l’esperienza vissuta si è talmente solo nella realtà. L’outsider rischia sempre di rimanere ingigantita che si può dire che l’una non abbia più da imprigionato in una condizione impossibile, poiché molto tempo notizie dell’altra. Un romanzo, un qua- «esercitare la libertà in un mondo irreale è impossibile dro, un film ci danno l’impressione di provenire da quanto saltare mentre si sta cadendo». qualunque tipo di esistenza, perché tutte le esistenze

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rs_mag16.indd 63 08/06/2016 12:11:39 sono uguali. Sempre di più, l’arte è una cerimonia, Significativamente, Philip Dick ha influenzato una prestazione sociale legata al profitto economico moltissimi artisti, in ogni campo di espressione, ma e al consenso. Questo può produrre dell’ottima arte, non ha avuto nessun vero erede, ha chiuso un’epoca ma difficilmente in un romanzo, o in un film di oggi, invece di aprirne una nuova. Perché la sua è stata troviamo la testimonianza di un percorso visionario, un’autentica esperienza di vita, un’esperienza da di una metamorfosi interiore nel senso così affasci- mistico e visionario, un’esperienza da outsider inte- nante in cui ce ne parla Wilson. grale travestita dall’umile mestiere dello scrittore di Se avesse scritto il suo libro qualche decennio più fantascienza. Oggi è rimasto solo il mestiere, senza tardi, difficilmente avrebbe sottovalutato l’opera, radici nella sostanza interiore più profonda. Forse ancora così intrecciata alla vita da risultarne indi- per sempre, forse temporaneamente, l’outsider ha stinguibile, di Philip Dick. Io sono vivo, voi siete abbandonato la maschera dell’artista visionario. Ed morti è il titolo scelto da Emmanuel Carrère per la oggi è molto difficile riconoscerlo nella folla dei falsi sua bellissima biografia di Dick, ed è come il motto profeti e degli imbonitori di salvezze e improbabili che potrebbe riassumere la vita di tutti gli outsider. purezze.

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rs_mag16.indd 64 08/06/2016 12:11:40 «Gli scrittori italiani? Producono soltanto letteratura di serie b»

Il critico Ficara: «Domina una lingua sciatta, il paragone col passato è improponibile»

Luigi Mascheroni, «il Giornale», 17 maggio 2016

Perché quando leggiamo i Malvaldi, i Carofiglio, Sempre più spesso, da un po’ di tempo, vedo che in le Elena Ferrante, i Corona, i Volo – e tutti gli quella cosa che chiamiamo letteratura entrano ele- scriventi che riempiono le classifiche di vendita menti che letterari non sono: una lingua giornalisti- dei libri e molti incontri al Salone – anche se non ca, gerghi, pure se Gadda diceva che servono anche capiamo bene perché, sentiamo che non c’entra- i nitriti di cavallo. Quello che leggiamo oggi non no nulla con la letteratura? Perché, anche se non ha più nulla a che fare con la letteratura di Pasolini, siamo critici o storici della letteratura, percepia- Calvino, Zanzotto o Parise… Non c’è più alcuna mo che tra i padri del nostro Novecento (Svevo, continuità tra quegli scrittori e, con poche eccezioni, Landolfi, Soldati, Tobino…) e la quasi totalità dei quelli di oggi: li separa lo stile, la lingua, la coscienza romanzi pubblicati oggi c’è un abisso incolmabile, del passato e della tradizione, che i primi avevano e e così continuiamo a rimpiangere i primi e a sop- i secondi no. portare i secondi? Perché Gadda e Montale o La Capria e Arbasino non sono equiparabili con gli Qualcuno sosterrebbe che è un falso problema il suo. autori che vediamo vincere lo Strega e il Campiel- Cambiati i tempi, cambiati gli autori e quindi la lo, o che ascoltiamo da Fazio o ai festival? E non letteratura. si tratta di alto e basso; si tratta di percepire che Ma così, senza la coscienza di questa discontinuità i primi sono libri che continuano una tradizione tra i maestri di ieri e i giovani scrittori italiani, ci letteraria italiana, i secondi sono libri molto leg- si convince che la letteratura è sempre stata quella gibili, spesso di successo, ma che sono comunque dei Baricco o degli Ammaniti e che la Mazzantini si «un’altra cosa». può mettere sullo stesso piano di Charlotte Brontë. Bene. Le risponde le dà Giorgio Ficara, con la pa- Invece non è vero. catezza piemontese dell’italianista all’università di Torino (spesso ospite degli atenei americani) e la Vuol dire che prima c’era solo buona letteratura e ora spietatezza del critico letterario allenato da lunghe cattiva letteratura? e trasversali letture, il quale a chiusura del Salone No, voglio dire che buona e pessima letteratura pos- del libro ha presentato il suo pamphlet Lettere non sono stare assieme, e lo hanno sempre fatto, anche italiane (Bompiani): spiegando a frequentatori della in epoca classica: ma lo facevano all’interno di uno fiera in cerca di libri quanti pochi siano i libri veri in stesso orizzonte condiviso. Dentro uno stesso modo circolazione. di intendere e definire la letteratura. Oggi non sap- piamo più cos’è letteratura. Professore, lei dice che in giro c’è ben poca letteratura italiana «biologica». È tutta roba «tarocca». Quale è la definizione di letteratura che abbiamo perso?

rs_mag16.indd 65 08/06/2016 12:11:40 Pontiggia diceva che la letteratura è critica del lin- È la distinzione fra letteratura da una parte e narrati- guaggio. Montale che è una stregoneria, un linguag- va di intrattenimento dall’altra… gio di cui non è possibile risalire alla composizione, No, è qualcosa di più. Un tempo si assistevano a ma che comunque non ha niente a che fare con il felici coincidenze tra queste due cose, pensi a Di- linguaggio dell’informazione. Che è appunto un’al- ckens o a Dumas. Cioè: potevo soddisfare il bisogno tra cosa. Ecco. Oggi la lingua dell’informazione primario che l’uomo ha di ascoltare storie con opere prevale su quella letteraria. Peggio: la lingua dell’in- che erano anche letterarie. Oggi invece non succede formazione, confondendo il lettore, viene trasferita più: mi chiedo se non sia più semplice e più remu- nella letteratura come se fosse essa stessa una lingua nerativo, cioè più appagante, soddisfare questo biso- letteraria. Invece la lingua letteraria italiana è emar- gno di storie guardando House of Cards che leggendo ginata, quasi sparita… un pessimo romanzo.

Quasi, appunto. Mi parlava di eccezioni. Lei parla di b-literature, La Capria una volta ha par- Mah… ad esempio Francesco Biamonti o Sergio lato di «alieni» riferendosi ai giornalisti, presentatori, Atzeni, morto troppo presto. Tra i vivi, Arbasino attori e politici che scrivono romanzi, altri parlano di e La Capria, che ora hanno 86 e 93 anni… Arrivo «libroidi», cioè non-libri… fino a Affinati che col suo romanzo L’uomo del futu- Io non ho niente contro questa b-literature, come ro su don Milani porta dentro la non-fiction novel non ho niente contro un panino McDonald. Posso non solo un bisogno di verità ma anche di etica, e anche nutrirmene. Ma devo sapere che sono qual- poi Antonio Franchini, tra i poeti cosa di truccato. Come il secondo non è alta cuci- e Patrizia Cavalli… Le loro opere, con tutte le dif- na, così la prima non è letteratura. Io, come critico ferenze dei singoli casi, sono ancora scritte in lingua e studioso, sento il dovere di proporre delle mappe, italiana. di indicare mondi di riferimento, ho il compito di dire: attento lettore, quello è giornalismo, maga- Gli altri? ri ottimo, ma non letteratura, così come direi, at- Gli altri scrivono in un altro italiano, più simile alla tento quel panino è saporito, ma non è biologico. traduzione da un succinto inglese che da quella lin- Devo dirlo. Perché il lettore, che poi naturalmente gua altrettanto perfetta quanto immensa di cui par- legge quello che vuole, da tempo non distingue più lava Leopardi. I romanzi che vanno in classifica e un Biamonti o un Meneghello da un Malvaldi o che si presentano qui in giro al Salone sono scritti un Camilleri. in una non-lingua, omologata, piatta, una lingua che guarda soprattutto ai b-movies americani. In- Da quando succede? Lei cita Umberto Eco… fatti io parlo di b-literature… Insomma se Gadda Infatti. Ora semplifico, ma per spiegare: prima, quando scrive La cognizione del dolore guarda anco- pur nelle differenti grandezze, c’era un continuo, ra a Manzoni, pur non essendo Manzoni, un Paolo per dire, tra Manzoni e Gadda, entrambi stavano Giordano quando scrive i suoi romanzi non guarda dentro la letteratura. Con Eco le cose cambiano. È né a Tozzi, né a Pratolini, ma neanche a Quaran- come se si facesse un trucco per confondere le car- totti Gambini… Semmai guarda, come tutta la sua te. Rimane il fatto che tra Gadda e Eco non c’è più generazione, al mondo dell’informazione, alla cine- alcuna continuità. Non tanto perché uno sia Lite- matografia americana, al linguaggio della tv, che è ratur e l’altro Trivialliteratur, ma perché sono due un linguaggio che ha una sua importanza, eccome. grandezze non equiparabili. Si ricorda vero quel Ma la letteratura, che esige un contatto elettrico con critico che diceva di Umberto Eco che sa tutto e il linguaggio, sta altrove. non sa cosa scrivere?

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rs_mag16.indd 66 08/06/2016 12:11:40 «Per criticare il mondo mi basta descriverlo»

Michel Houellebecq presenta la sua mostra «Rester Vivant» a Parigi. Foto, video e installazioni sul «vero pericolo: la vita ordinaria». «L’Europa? Già qualche anno fa si capiva che sarebbe finita male»

Anais Ginori, «la Repubblica», 19 maggio 2016

«Per criticare il mondo è sufficiente descriverlo il mostra dove troneggia il suo amato cane Clément, più obiettivamente possibile». Michel Houellebecq già personaggio in La possibilità di un’isola, al quale racconta la sua ermeneutica con una semplicità di- è ora dedicata una sala intera con foto ricordo e una sarmante. «Qualcuno crede che io faccia una paro- canzone di Iggy Pop. Houellebecq esamina, verifica dia delle situazione, non è vero. Poso il mio sguardo gli ultimi dettagli del percorso che sarà inaugurato sulla realtà, senza pregiudizi. Il vero pericolo è nella tra poco più di un mese. È uno degli eventi artistici vita ordinaria». Dal turismo sessuale all’eugenetica, dell’anno perché lo scrittore francese più famoso al dalla mercificazione del corpo allo scontro di reli- mondo ha centellinato le apparizioni dopo la pub- gione, l’opera di Houellebecq è un «banale lavoro blicazione del suo romanzo che parla di una Fran- di osservazione», secondo le sue stesse parole, con cia nell’anno 2022 governata da un partito islamico, accenni profetici come si ritrovano anche nella mo- uscito in concomitanza con gli attentati di «Charlie stra Rester Vivant presentata ieri a Parigi al Palais Hebdo». Da allora Houellebecq è stato messo sotto de Tokyo: un percorso di oltre duemila metri quadri scorta, la sicurezza è rafforzata nel museo con la sua che riassume il suo universo creativo attraverso foto- presenza. grafie, video, installazioni. Per il romanziere è anche un ritorno alle origini. Le polemiche degli ultimi tempi, con la pubblica- Rester Vivant è stato il primo libro di Houellebecq, zione di Sottomissione, sembrano lontane nel museo «una serie di ingiunzioni a un poeta», pubblicato nel di arte contemporanea anche se Houellebecq non 1991 dalle Editions la Différence specializzata nei rinuncia a qualche graffio sull’attualità come quando libri d’arte. Perché restare vivi? «Ci vuole un po’ di mostra la fotografia scattata nel 1996 a Calais, ter- presunzione per considerare che siamo meglio del ra di frontiera oggi simbolo della crisi dei profughi. mondo che vuole distruggerci» risponde. La mostra Sull’immagine si vede la scritta in cemento euro- offre un percorso multidisciplinare tra fotografia, pe, nome di un centro commerciale nella città por- letteratura, cinema. Il confine tra realtà e finzione si tuale, sopra a un parcheggio senza automobili. Un dissolve lentamente. paesaggio desolato. «Già allora si poteva immagina- Con la fotografia lo scrittore ha un legame anti- re che l’Europa non sarebbe andata tanto bene» iro- co, menzionato spesso nei suoi romanzi. All’in- nizza lo scrittore che vent’anni fa ha anche fotografo gresso il visitatore è posto davanti a una scelta: il tunnel sotto la Manica oggi diventato una fortezza «Il est temps de faire vos jeux», è il momento di dove alcuni migranti sono morti tentando di passare fare i vostri giochi, un verso scritto su cielo cupo, nel Regno Unito. preceduto da un suono «vagamente inquietante». Il romanziere arriva al Palais de Tokyo con il suo im- Segue un giardino rigoglioso, che rappresenta il mancabile zaino, osserva da fuori il manifesto della «pericolo vegetale», e altre fotografie scattate in

rs_mag16.indd 67 08/06/2016 12:11:40 Francia, orizzonti urbani di miseria dove si ritrova L’aspirazione massima è avvicinarsi a una seconda il confronto tra l’uomo e la natura. «Una partenza dimensione, continua, che risulta «incompatibile con plumbea, non sprovvista di radicalità, attraverso il filo della temporalità, irraggiungibile dunque nei l’immersione irremissibile nel reale» commenta limiti della nostra arte». L’equilibrio tra piani narrati- Houellebecq che anche in questo caso rivendica vi più o meno dominanti talvolta si può capovolgere la sua «apparente neutralità». come succede nella poesia definita da Houellebecq Andando avanti nelle sale si ritrovano molte del- con la bella espressione «apriscatole universale». le idiosincrasie del romanziere, come il turismo di Houellebecq si confessa sulle donne che ha amato massa, con immagini scattate sulle spiagge in Spa- con una serie di ritratti femminili e il cortometrag- gna o nei parchi di animali della Thailandia. Poi ci gio di erotismo saffico da lui girato, La Rivière. È sono risonanze magnetiche, esami medici che Hou- uno Houellebecq meno politico e più intimo quello ellebecq ha dovuto fare negli ultimi due anni. La che affiora. La fine della mostra diventa «evanescen- sequenza è aleatoria, si presta a divagazioni, eser- te, una spirale di scomparsa individuale». Appare il cizio più arduo in letteratura. «Spesso ho pensato verso di una poesia: «Nous habitons l’absence», abi- di introdurre biforcazioni, opzioni narrative, in un tiamo l’assenza. Dall’insieme, conclude lo scrittore, romanzo. Non sono il primo ad aver tentato, né ad dovrebbe sprigionarsi una «romanticismo crepusco- aver fallito». lare intrusivo».

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rs_mag16.indd 68 08/06/2016 12:11:40 Profeta Dick, fratello Dick Nel 1993 il narratore francese scrisse la biografia di un maestro della fantascienza che credeva di essere controllato dalla Cia e dai sovietici o persino di essere il sogno di qualcun altro: ora che quel testo sta per tornare in libreria, rievoca un’antica, attuale fascinazione

Stefano Montefiori, «La Lettura del Corriere della Sera», 22 domenica 2016

Prima di Eduard Limonov e di Jean-Claude Ro- alla realtà e la rimpiazzi, la abolisca completamente. mand (L’Avversario), Emmanuel Carrère ha rac- In una quarantina di romanzi e centinaia di racconti contato un’altra vita tormentata: quella di Philip si è formata una visione «dickiana» del mondo che K. Dick, lo scrittore visionario che nella California è una delle griglie di lettura più giuste, pertinenti e della controcultura immaginava gli universi di Blade vertiginose che esistano. Runner, Minority Report e Total Recall, l’uomo sot- to anfetamine perseguitato dal fisco che viveva nel Leggendo la sua biografia si vede un Philip K. Dick im- dubbio perenne di essere controllato dall’Fbi, dalla merso nella cultura positivista degli anni Settanta, ma Cia, dall’Unione Sovietica, o di essere solo il sogno lui non condivideva affatto quell’atteggiamento da «la imperfetto, il residuo di coscienza di qualcun altro tecnologia ci salverà». posto in stato di ibernazione. Al contrario era uno scrittore molto pessimista. Una La biografia Io sono vivo, voi siete morti (Adelphi, persona nevrotica ai confini della malattia mentale, traduzione di Federica Di Lella e Lorenza Di Lel- ma anche molto lucido sul proprio caso. la) torna in libreria e Carrère spiega a «La Lettura» come Dick ha influenzato la sua opera, e la cultura Anche in questo Dick è attuale? Noi viviamo ormai in contemporanea. un’epoca al confine tra la fiducia estrema nelle novità tecnologiche e uno sguardo problematico sull’intelligen- Quando è nata la sua passione per Philip K. Dick? za artificiale e sui robot. Ho cominciato verso i 16 anni, negli anni Settan- Oggi sentiamo che la tecnologia non rende necessa- ta, lo si leggeva al liceo. È un gusto che non mi ha riamente il mondo più sicuro. Ci sono autori di fan- mai lasciato. Non solo ho passato due anni della mia tascienza, senza avere centrato in modo esatto, let- vita, 25 anni fa, a scrivere la sua biografia, ma oggi terale, le loro previsioni, hanno comunque compre- quando rimetto il naso in un romanzo di Dick ho so qualcosa di profondo. Penso per esempio a Dick l’impressione di caderci dentro. L’effetto è sempre e a Ballard. Come Dostoevskij aveva capito in pieno più forte, come se la sua visione con il tempo si sia le questioni fondamentali del secolo: sul terrorismo dimostrata vera in modo ancora più evidente. la cosa più profonda mai scritta resta I demoni.

Come le profezie di Dick hanno trovato un legame con Nel libro lei definisce «goffo» lo stile di Dick. la realtà? Sì, e adesso penso che non sia molto giusto, tutto In tutto ciò che è mondo virtuale, un concetto che si sommato. È un cliché dire che Dick scriva male, è sviluppato enormemente dopo la sua morte. L’idea e di questo genere di rimprovero bisogna diffidare che la rappresentazione della realtà si sovrapponga sempre. È quel che diceva Nabokov di Dostoevskij:

rs_mag16.indd 69 08/06/2016 12:11:40 un pessimo scrittore, pesante e laborioso. Ma alla che sia diventato un po’ matto o sia finito nel pen- fine Dostoevskij mi importa più di Nabokov, che tolone delle sue visioni, come Obelix con la pozione considero un po’ pedante, scritto meravigliosamente magica. bene d’accordo, ma qualche volta non c’è molto al- tro. Dick ha una prosa abbastanza piatta, senza ele- In che senso va preso sul serio? ganza, non arty, ma in fondo solida, efficace. Nel suo modo di interrogare la sua esperienza c’è qualcosa di molto appassionante. Anni dopo, scri- Come epigrafe lei ha scelto un passaggio del discor- vendo Il Regno, ho pensato che la figura di San Paolo so pronunciato in Francia, a Metz, nel 1977, l’unica abbia qualcosa a che vedere con Dick: la differenza volta che Dick viaggiò fuori dagli Stati Uniti. «Siete è che San Paolo ha contribuito a creare una religio- liberi di non credermi» dice Dick «ma credete almeno ne, quindi ha acquisito una rispettabilità culturale a questo: non sto scherzando. Molte persone dicono di immensa. Ma quando ancora non si sapeva se quella ricordarsi di vite anteriori; io mi ricordo di un’altra religione avrebbe funzionato o no, San Paolo non vita presente». era così diverso da un agitato geniale come Dick. E Dick ha avuto un’esperienza religiosa che lui stesso Dick era cosciente di questo: se aveste ascoltato San non sapeva come interpretare: si domandava se fosse Paolo all’epoca, diceva, non gli avreste creduto più vera, se dipendesse dalla paranoia o se gli scienziati di quanto non crediate a me. sovietici stessero sperimentando qualcosa su di lui. Nella famosa conferenza di Metz, Dick si presenta La morte della gemella Jane, poche settimane dopo la come una specie di profeta degli universi paralleli. nascita, ha condizionato tutta la vita di Dick. Era af- Ormai si è messo a credere che tutto quel che rac- fetto dalla sindrome del sopravvissuto? contava nei suoi libri era letteralmente vero, e scruta Di sicuro quell’evento ha giocato un ruolo impor- la sua opera passata per cercare di comprenderne il tante. Mark Twain aveva un fratello gemello, Bill, senso. Un editore francese, Patrice Duvic, consi- e si assomigliavano a tal punto che per distinguerli derava Ubik come uno dei 5 libri più importanti di venivano loro annodati al polso dei nastri colorati. tutti i tempi, e non accanto a romanzi ma assieme Un giorno li lasciarono senza sorveglianza nella va- alla Bibbia, al Daodejing o al Libro tibetano dei morti. sca da bagno e uno dei due annegò. I nastri si erano Dick gli credeva volentieri. sciolti. «E non si è mai saputo chi fosse morto, se Bill o io», diceva Twain. Dick interpretava la storia Ma la conferenza di Metz fu un disastro. di sua sorella un po’ in questo modo. Magari era Gli avevano detto che in Francia avrebbe trovato un Jane a essere davvero in vita, non lui. A partire da pubblico di ammiratori, ed era vero, allora lui pensò questa fragilità psichica ha costruito una straordina- che fosse l’occasione buona per uscire allo scoperto ria interrogazione metafisica sulla realtà, una grande e presentarsi come un profeta: ci sarebbe stato un opera letteraria e profetica». prima e un dopo la rivelazione di Dick, nella storia dell’umanità. Non ha funzionato, perché quegli am- Alla fine del libro c’è la scena commovente del padre che miratori erano dei gauchisti post-sessantottini che lo seppellisce nella stessa tomba della sorella Jane. Tutto giudicavano fascista qualsiasi cosa legata alla religio- era già pronto, anche la lapide. Restava da incidere la ne. Quando lui si è presentato con la croce al collo data della morte. e gli occhi da invasato e ha cominciato a parlare da Come se per 52 anni Philip avesse atteso di rag- redentore, prima si sono detti «sta scherzando», poi giungere la sorella Jane nella tomba. È quel che fa di che era diventato matto. È una storia molto sor- Dick uno scrittore impressionante e potente, ma an- prendente quella degli ultimi anni di Dick, e si è che commovente. Ho passato due anni in una specie obbligati a prenderlo sul serio: non si può dire solo di intimità quotidiana con lui, con la sua opera, il

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che è pericoloso perché ci si può stufare in fretta. E Quanto ha influenzato la cultura popolare? Dick nella vita era insopportabile, faticoso, ma non Ci sono film come Blade Runner ispirati alla sua ho mai smesso di avere dell’affetto per lui. Un per- opera in modo dichiarato e altri che non lo citano, sonaggio infantile, disarmato, privo di cinismo e di ma Matrix, per esempio, è totalmente Dick, come sicurezza di sé. anche The Truman Show, che amo molto. Qualche anno fa mi indignavo quando uscivano questi film, C’è anche un lato da «beautiful loser»: Philip K. Dick perché non riconoscevano il loro tributo a Dick, muore qualche giorno prima dell’uscita di Blade ma adesso in fondo penso che vada bene così, vuole Runner, il film tratto dal suo romanzo Ma gli an- dire che ha vinto lui, non c’è più bisogno di dirlo, il droidi sognano pecore elettriche?, che lo avrebbe mondo di Dick è diventato il mondo tout court. È consacrato. certamente l’autore che ha avuto più influenza nella Non si è reso conto delle dimensioni che avrebbe cultura popolare del xx secolo. preso la sua gloria, ha avuto solo un piccolo assaggio della notorietà. Ma anche il successo sarebbe stato Compresa questa cosa un po’ da film horror per cui non un motivo di angoscia, avrebbe pensato di essere vit- c’è mai una vera fine, arriva sempre un livello successivo. tima di una manipolazione dell’impero. O avrebbe Esattamente: Dick non riusciva a concludere. Come finito per convincersi che non era più da tempo il se avesse terrore del momento fatale in cui la pallina vero Philip K. Dick, ma una specie di replicante. della roulette cade sul rosso, o sul nero.

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rs_mag16.indd 71 08/06/2016 12:11:40 Investire su identità e qualità per restare il centro del «Monde»

Il direttore Jérôme Fenoglio è convinto che i giornali di carta che resteranno compe- titivi saranno «belli, belli da vedere, belli da sfogliare, con storie scritte bene, anche lunghe, perché non è vero che bisogna essere sintetici per conquistare il pubblico»

Paola Peduzzi, 24ilmagazine.ilsole24ore.com, 23 maggio 2016

Il «Monde» è un giornale bellissimo. Ordinato, ele- procedere alla ricapitalizzazione), hanno messo a di- gante, raffinato, il diamante dell’editoria francese. sposizione fondi consistenti per sostenere il rilancio. Dici «l’ho letto sul “Monde”» e ti senti chic, interna- Sul digitale i risultati sono buoni, sulla carta meno, zionale, autorevole. Puoi detestare le opinioni e l’at- ma il 2015 è stato il primo anno in cui il quotidia- teggiamento dei suoi 400 giornalisti, l’aria divertita e no è risultato profittevole, così hanno dichiarato i superiore con cui alcuni di loro ti osservano quando manager del gruppo, e il 2016 nelle previsioni sarà entri nel palazzo di boulevard Auguste-Blanqui nel ancora meglio. Nel 2013 il «Monde» aveva per- xiii arrondissement di Parigi, e ostenti il rispetto so circa due milioni di euro, nel 2014 uno, mentre riservato a un luogo di culto sbirciando di nascosto tra il 2001 e il 2011 perdeva anche 10 milioni ogni ogni angolo, nella speranza di trovare il segreto di anno. «Qualità» è la parola che più ricorre quando tanta bravura e rubarlo – ma il giornale no, non puoi si parla con i giornalisti del «Monde». Il direttore detestarlo, il giornale è bellissimo. Jérôme Fenoglio è convinto che i giornali di carta Certo, il «Monde» è snob. Ha il vezzo di andare che resteranno competitivi saranno «belli, belli da in edicola nel primo pomeriggio – con la data del vedere, belli da sfogliare, un giornalismo di qualità, giorno successivo, poi – pur nella frenesia da brea- storie scritte bene, anche lunghe, perché non è vero king news permanenti, e s’ostina a dedicare spazio che bisogna essere sintetici per conquistare il pub- e rilevanza ai temi internazionali, anche i più ostici, blico. È la qualità, il racconto articolato con buone paginate sulla crisi del Burundi o sui pericoli delle fonti, che conquista». I giornali costeranno un po’ di ultime violenze nel Nagorno-Karabakh. Ma que- più – il «Monde» ha già aumentato il proprio prezzo sto approccio non è figlio di una posa radical chic dal 2013 a oggi: partiva da 1 euro e 80, ora costa 2 imperturbabile, noi stiamo nella nostra torre d’avo- euro e 40 – perché saranno «oggetti di gamma alta», rio e voi là fuori adattatevi o scomparite, «je m’en uno status symbol lussuoso, che entrerà a far parte fous»: da anni il «Monde» combatte per sopravvive- «del look anche dei più giovani». I giornali «come re, esattamente come tutti gli altri media del mon- esperienza». do, ma invece che perdersi troppo in esperimenti Non tutti i giornali potranno permettersi quest’e- «acchiappaclic», ha deciso di investire sulla propria voluzione, e «qualcuno scomparirà», dice Fenoglio, natura, su quello che è già. I suoi proprietari – Pier- qualcuno è già scomparso: ci vogliono molti soldi e re Bergé, Xavier Niel, Matthieu Pigasse –, quei 3 molta convinzione per presentarsi al pubblico con un megaimprenditori che quando arrivarono nel 2010 prodotto costoso, quando l’informazione è percepita scatenarono un caos politico di cui si chiacchiera an- come un bene gratuito e le edicole scompaiono (in cora oggi, con la redazione atterrita dall’assalto dei Francia, secondo Presstalis, principale distributore padroni (ottennero il minimo dei voti necessari per di quotidiani e riviste nel paese, chiude ogni anno il

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4-5 percento delle edicole). Ma per il direttore del della pensione di alcuni giornalisti storici e ha al- «Monde» non ci sono alternative: i lettori, «soprat- lungato l’orario di lavoro (le 35 ore non sono più un tutto quelli giovani», sono disposti a pagare soltanto tabù!), ma in totale oggi ci sono più giornalisti di per la qualità. quanti ce ne fossero nel 2011. Il «Monde» investe in due direzioni: sull’integrazio- I dati del 2015 forniti da Odj/Acpm dicono che la ne tra «papier et numérique», la carta e il digitale, e diffusione totale è sotto alle 300mila copie (288.517) su nuovi prodotti editoriali pensati per il fine setti- al giorno, in calo del 2 percento rispetto all’anno mana, «quando c’è più tempo da dedicare alla lettu- precedente. Gli abbonamenti al cartaceo, che sono ra». La redazione è unica, i contenuti digitali sono oltre i centomila, sono altrettanto in calo, del 3 per- di due tipi: gratuiti e a pagamento. Sono i giornali- cento. Il digitale invece è in crescita, è la formula sti che di volta in volta decidono quali articoli sono che funziona meglio, come conferma anche il diret- gratuiti e quali no, e il criterio utilizzato è ancora tore: a fine marzo gli abbonamenti erano 98mila, il una volta la qualità. Gli approfondimenti, le inter- 25 percento in più rispetto all’anno precedente, e il viste e i reportage sono a pagamento; l’attualità e traffico sul sito e sul mobile, sempre a marzo, è stato la ricostruzione dei fatti che aiutano a comprendere di 138 milioni di visite, il 17 percento in più rispetto quel che accade con rapidità sono gratuite. «L’infor- a febbraio, con una crescita anno su anno stimata dal mazione in tempo reale non può essere a pagamen- 2014 a oggi del 18 percento. to» dice Fenoglio, altrimenti si rischia di perdere il Da qualche anno il «Monde» investe su sé stesso: passo con la concorrenza – che in Francia, sul mo- l’anno prossimo si trasferirà in un’altra sede, sempre bile, rincorre il «Monde», mentre il quotidiano di nel xiii arrondissement (in provincia mai), proget- stampo conservatore «Figaro» è primo nelle vendite tata dallo studio norvegese Snøhetta che ha vinto in edicola. l’appalto con un «palazzo-ponte» a vetri che ospi- Il «Monde» applica un sistema d’abbonamento «nel terà i circa 1.400 dipendenti del gruppo. Intanto il merito», ogni tipologia di contenuto ha un suo va- «Monde» studia e lancia nuovi progetti editoriali. lore, «è un metodo diverso da quello del “New York Fenoglio spiega che il consumo dell’informazione Times” che, dopo un certo numero di articoli gra- varia molto tra la prima e la seconda parte della set- tuiti, inserisce un paywall». La quantità non conta, timana: «Nella prima metà, i lettori cercano brea- conta quello che si legge. L’investimento sul digitale king news e approfondimenti rapidi, con infografi- ha permesso di creare un’edizione su mobile alle set- che che permettono di comprendere una notizia in te del mattino a pagamento – «La Matinale» – con breve tempo». Tra il mercoledì e il giovedì «inizia la aggiornamenti sull’attualità e articoli che saranno ricerca di articoli lunghi e più originali», l’esperien- presenti nell’edizione pomeridiana. «Da sempre ci za del giornale come bene di lusso comincia così. Il chiediamo» spiega Fenoglio «se continuare a essere magazine «M» è stato il primo prodotto del nuo- un giornale del pomeriggio, ma ora abbiamo capito vo «Monde». Lanciato nel 2011, ha preso il posto che il nostro ritmo è funzionale sia alle nostre abitu- degli ibridi sperimentati nella decade precedente, dini sia a quelle del pubblico: di fatto ora facciamo posizionandosi nella «haute couture» del giorna- due edizioni, una al mattino completamente digitale lismo, arte, design, lusso, cercando di intercettare e una dopo pranzo, quella tradizionale». Per arrivare gli investimenti pubblicitari più remunerativi. Con a questa svolta, gli editori hanno dovuto ristruttu- circa una trentina di redattori, «M» è il regno in- rare il giornale, in una logica di gruppo che com- contrastato di Marie-Pierre Lannelongue, che si è prende tra gli altri i magazine «La Vie», «L’Obs», il formata a «Elle» e ha poi lavorato in altri magazi- «Courrier internationale Télérama». Il «Monde» ha ne, e che dice di ispirarsi all’edizione americana di rinunciato alle sue tipografie storiche e ora stampa «Vanity Fair» per il longform, a «T» del «New York assieme a «Les Echos» e al «Figaro», ha approfittato Times» per i contenuti innovativi e a «Bloomberg

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rs_mag16.indd 73 08/06/2016 12:11:40 Businessweek» perché unisce temi seri a grafica ir- quotidiani celebri e tentativi di fusioni societarie resistibile. Per realizzare il settimanale patinato che per razionalizzare i costi, il «Monde» ha lanciato rientra nella categoria «lifestyle», la Lannelongue ha due nuovi prodotti editoriali per arricchire l’offer- cercato fuori dalla redazione del «Monde» soprat- ta del weekend. Si comincia con «Idées», che esce tutto i responsabili della grafica e delle immagini, nello stesso giorno di «M», una decina di pagine ottenendo un magazine che è la quintessenza dell’e- di dibattito su temi di grande respiro, dalla fine leganza snob francese. dell’Europa alla politica come professione, ac- I risultati di «M» sul mercato non sono pubblicizza- compagnati da interviste, approfondimenti e da ti, ma alcuni esperti sostengono che «l’operazione di inchieste sociali. E si finisce con l’«Époque», che marketing» funziona, mentre molti lettori polemiz- è forse il prodotto più rivoluzionario di tutti, per- zano perché, in questa sua versione il «Monde» di- ché, come dicono al «Monde», «entra nel persona- venta un po’ meno rigoroso, e spesso non si capisce le». Parla di vita quotidiana, di come purificarsi ri- la differenza tra contenuti pubblicitari e no (quando spettando due ore di silenzio ogni giorno, di come è stata interpellata, la redazione ha difeso la purez- adattarsi a lavori «idioti» ma socialmente ricono- za e la trasparenza del proprio approccio: questo è sciuti, o più semplicemente s’interroga sul perché il posto in cui, se sbirci sui muri, trovi dei grafici siamo tutti tanto impegnati e non produciamo mai che spiegano, redazione per redazione, quanti sono nulla. Con questo inserto agile e godibile sembra gli assunti, quanti sono i regolarizzati e quanti sono che il «Monde» voglia provare a mostrare il suo ancora i precari, segnati in rosso con dei punti in- volto umano, molta competenza sugli oligarchi terrogativi per tenere alto l’allarme interno. Non si kazaki ma anche dimestichezza con le diete disin- scherza con la trasparenza). tossicanti e la frugalità. In questo inizio 2016 in cui si sono diffuse no- L’obiettivo è chiaro, lo vedi scritto su tutti i muri tizie poco rassicuranti sullo stato dei media, con della redazione: è farci perdere la testa, è illuderci l’«Independent» britannico che ha rinunciato alla che il «Monde», bellissimo e altero, è anche dotato versione cartacea, buchi enormi nei bilanci di di un cuore.

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rs_mag16.indd 74 08/06/2016 12:11:40 Lost in translation – conversazione sull’intraducibile Adriano Ercolani, minimaetmoralia.it, 25 maggio 2016

Lost in Translation di Ella Frances Sanders è stato uno y marcos per l’argomento e a un anno di distanza ne dei libri più apprezzati dalla critica negli ultimi mesi. abbiamo parlato insieme al Salone del libro di Tori- Il motivo è semplice: si tratta di un incantevole gio- no nell’àmbito di Autore invisibile, il ciclo di incontri co metalinguistico, in cui l’autrice decide di illustra- dedicati alla traduzione letteraria. re una serie di parole intraducibili, tratte da diverse lingue, provando così a superare le barriere lingui- Uno dei punti di grande interesse del libro, che coinvolge stiche e il necessario impoverimento apportato da in particolare il tuo ruolo, è mostrare il superamento dei qualsiasi traduzione. limiti del linguaggio. Come ti sei trovata a tradurre un Per l’appunto, dando corpo grafico a quella percen- libro di parole intraducibili? tuale di significato ulteriore, implicito, intraducibile Credo che tradurre un libro su parole intraducibili che viene necessariamente smarrito nella traduzio- incarni un rebus e una sfida per un traduttore, come ne: Lost in translation. ho detto in alcune presentazioni del libro. È come Oltre ad evocare il celebre film di Sofia Coppola con se in queste 50 parole fosse condensato ciò che si Bill Murray e Scarlett Johansson, il libro (edito in ritrova sistematicamente disseminato in ogni tradu- Italia da marcos y marcos) è un prontuario di aper- zione, ovvero l’intraducibilità. Ho tradotto i testi di tura mentale, un antidoto ai pregiudizi culturali, una Ella esclusivamente dall’inglese, ma mi sono trova- guida divertente e graziosa ad applicare nel quoti- ta a dialogare necessariamente con culture diverse, diano il bellissimo concetto esemplificato da una tutte quelle da cui sono tratte le parole del libro. È delle parole intraducibili: Ubuntu, «io posso essere stato un viaggio, diverso forse da quando ho tra- io solo attraverso voi e con voi». dotto romanzi o saggi, nel senso che il contatto in Abbiamo rivolto alcune domande alla traduttrice questo caso era con varie lingue e varie culture. La del libro, Ilaria Piperno. pluralità linguistica e il confine tra ciò che è trasmis- sibile da una lingua all’altra, da una cultura all’altra, Come è nato il progetto di questa traduzione? è in sé l’oggetto del libro. Lost in Translation mette È nato nel modo migliore, direi il più desiderabile in luce quella costellazione di concetti, immagini, per un traduttore… Leggere un libro che appassio- gesti che appartengono indissolubilmente a un uni- na, ti fa ridere e commuovere, poi trovare un editore co universo proponendoci di usarle anche nel no- che pensa lo stesso, crede nel libro ed è disposto a stro. Sfogliando l’introduzione di Ella trovai l’idea pubblicarlo nella tua lingua madre. È stata una cate- commovente, nel senso di un antidoto alla maledi- na fortunata, e non credo di sbagliare se dico che ca- zione della Torre di Babele, dove la diversità non pita di rado. Raramente il percorso di un libro è line- è incomunicabilità ma ricchezza e scambio. Credo are, armonioso, ma per Lost in Translation è andata che ogni traduttore percepisca «fisicamente» questo così. La versione originale americana è arrivata nelle concetto mentre traduce e che sia intrinsecamente mie mani grazie a un’amica, mi sono innamorata del legato alla sua funzione. Certo, poi c’è la questione libro e ho pensato di proporlo a un editore. Ho con- della «perdita» in relazione al tradurre, e questo è tattato l’autrice negli Stati Uniti tramite il suo blog il cuore del problema: Ella propone una «soluzione ed Ella mi ha immediatamente risposto con sincera creativa», ovvero andare oltre e usare parole di altre disponibilità, così l’ho proposto a un editore. Cono- lingue che non sono la nostra, ma che ci aiutano ad scevo l’interesse della direttrice editoriale di marcos esprimerci.

rs_mag16.indd 75 08/06/2016 12:11:40 Qual è la parola, tra quelle tradotte, a cui sei più legata? vogliamo. La mia traduzione ha riguardato soltanto i Ho diverse «parole preferite» tra quelle racchiuse in testi, ovviamente, e lei stessa ha ricreato graficamente Lost in Translation, ma quella a cui sono più legata è le definizioni in italiano, che l’editore le ha inviato sicuramente Ubuntu. È una parola molto nota, anche negli Stati Uniti. Mentre traducevo ho cercato di te- per l’importanza pubblica che Nelson Mandela le ha nere conto del peso delle illustrazioni e del rapporto attribuito, ma indica un concetto talmente profondo con il testo italiano, ho tentato di evitare eventuali e vicino al mio personale modo di sentire che l’avverto effetti stridenti parola/illustrazione e di ricreare una molto vicina. Nei miei ringraziamenti personali ho vo- forte armonia fra i due piani anche nella versione ita- luto dedicare questa parola a due sorelle, per me molto liana, così come era in quella originale. importanti, che nella loro vita hanno praticato Ubuntu pur non essendone «linguisticamente consapevoli». Pensi che ci sarà un seguito, un Lost in Translation #2? Ella ha già scritto sul suo blog e sui social che sta Qual è stata la parola che è stato più difficile tradurre? lavorando a un nuovo libro e noi siamo in contatto, Domanda difficile! Ne ho più di una: la parola galle- so che il binomio linguaggio/illustrazioni continua se hiraeth, goya in lingua urdu e in parte luftmensch, ad appassionarla… in yiddish, di cui ho discusso variamente con perso- ne di origine tedesca e italiana, ebraica e non, perché Qual è secondo la te situazione dei traduttori in Italia non riuscivo a risolvere la dualità tra «persona per in questo momento? E cosa si può fare per migliorarla? aria, fra le nuvole», che in italiano ha un significato Credo che la tematica della traduzione stia riscuoten- ben preciso, e «persona d’aria» che è altro. Devo dire do sempre più attenzione negli ultimi anni, tra festival che anche il confronto con la redazione è stato con- tematici, premi, indagini e articoli su riviste anche non tinuo e proficuo durante tutto il corso del lavoro, e specializzate. Nel corso delle presentazioni del libro non solo nella fase di revisione finale. mi ha molto colpita quanto e come sia cresciuto negli anni l’interesse per la traduzione anche fra i non ad- Quali sono le parole italiane che erano presenti nella detti ai lavori. Per quanto riguarda la figura del tradut- versione originale e che non hai inserito nell’edizione tore editoriale, nel nostro paese esistono alcune «fragi- nostrana? lità», se così vogliamo chiamarle, che spesso rendono Una parola soltanto, «commuovere», nel senso di difficile accedere a prassi di trattamento economico qualcosa che fa commuovere. La decisione è stata ‒ e non solo ‒ che in altre paesi sono consuete, come condivisa e presa con la casa editrice, abbiamo deci- ad esempio l’inclusione delle royalties nel contratto di so di eliminarla nella versione italiana perché non ci traduzione o la citazione del nome del traduttore in sembrava rappresentativa, da diversi punti di vista. copertina o nelle recensioni dei libri. Ci sono editori sensibili e rispettosi di buone prassi, che riconoscono In Lost in Translation i testi e le immagini hanno lo da vari punti di vista il ruolo e il valore del traduttore stesso peso nel mettere in luce una parola e l’autrice è editoriale, e ne esistono altri che le praticano meno anche l’illustratrice. Cosa puoi dirci del nesso testo/im- rigorosamente… Un grandissimo passo in avanti è magini in relazione alla tua traduzione? stato fatto proprio di recente con il Protocollo d’inte- In Lost in Translation il rapporto testo-immagini è sa strade-slc-odei, siglato tra strade-Sin- fortissimo, è vero, e peculiare, diverso da quello esi- dacato Traduttori Editoriali, in particolare grazie al stente per esempio nelle graphic novel o nella lettera- gruppo di volontari interni che si è occupato di seguire tura per l’infanzia. Ella ha pensato alle immagini come il lungo percorso, e odei-Osservatorio Editori Indi- se dovessero esprimere autonomamente la parola, an- pendenti. Condividere buone prassi con gli editori è che in assenza del testo. Si potrebbe dire che l’autrice senza dubbio un punto fondamentale per migliorare ha realizzato «un’autotraduzione intersemiotica», se le condizioni di lavoro del traduttore di libri.

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rs_mag16.indd 76 08/06/2016 12:11:40 Monsieur Henri Beyle, uno spaccone innamorato di sé stesso

Aveva ottenuto qualche incarico nella burocrazia militare e si dava alla bella vita tra la Francia e l’Italia, finché non lo prese il demone della scrittura. Ritratto dell’autore di Il Rosso e il Nero da giovane: le sue lettere ora anche in italiano

Giuseppe Marcenaro, «Il Foglio», 28 maggio 2016

Qualche anno dopo, nel 1820, quando morì, ne par- Breme, Casa Roma, nella milanesissima via Borgo- lerà con cattiveria. «È morto per la rabbia di non gnona, immenso e fastoso edificio in decadenza, dai essere niente e per uno sbocco di sangue al petto». portici enormi, dalle antiche pietre annerite. Chissà perché ce l’aveva in questo modo. Eppure Fino a quel tempo, Beyle ha cercato di arrampicarsi avrebbe dovuto essergli riconoscente, se non altro sui rami dell’esistente. Ha rincorso un’occupazio- perché l’aveva ricevuto nella sua casa. Introdotto, lui ne. Il vento, per lui, sembrava però soffiare altrove. povero e sconosciuto, nell’«intellighenzia» milanese. Eppure gli eventi storici e politici parevano essergli E gli aveva fatto incontrare Monti, Pellico, Borsie- favorevoli. Aveva ottenuto qualche incarico nell’àm- ri, Berchet… i vertici del movimento romantico e bito della burocrazia militare, protetto com’era liberale. Era il luglio 1816 e Henri Beyle, nei suoi dall’intendente, il cugino Martial Daru. Girava al- vagabondaggi, era ritornato a stabilirsi nella per lui lora avanti e indietro tra la Francia e l’Italia. E si mitica Milano. Nella ex capitale del Regno d’Italia. dava alla bella vita: con Angela Pietragrua, l’amante In quella città dove, per la prima volta, era arrivato italiana, «la mia puttana italiana», come la chiama, nel maggio 1800, diciassettenne, sottufficiale di ca- che prende e lascia. Si fa prendere e si fa lasciare. «Io valleria, al seguito della Grande armée. Era tornato, non credo che voi abbiate delle ragioni di sparlare con la memoria piena dei miti napoleonici ormai di me come si vuol far credere» scriveva a Beyle la tramontati. La storia aveva voltato pagina. Milano Pietragrua, firmando Luigia Cerami o Gina, usando occupata dagli austriaci. Fu Carlo Guasco, un gio- pseudonimi all’uso stendhaliano, «e vi credo abba- vane avvocato torinese, a presentarglielo. Conobbe stanza onesto per non essere capace di farlo senza così l’abate Ludovico Arborio Gattinara di Breme, ragione. Quanto di prestar fede a queste dicerie già cappellano di Eugéne de Beauharnais al tempo metto in opera il consiglio che mi deste nell’ultima del regno italico, figlio di un ministro degli Interni vostra lettera: verificate prima di credere! Si è sem- del passato regime, scrittore e poeta, amante infe- pre irritati quando si è abbandonati senza ragione. lice, celebre personaggio dell’aristocrazia milanese. Questo è il mio caso, non il vostro». Ed è comunque Incontrando l’abate Di Breme, di cui sempre ricor- noto quanto Beyle fosse un solenne pasticcione nel- derà il volto austero e malinconico, Beyle «vide» per le questioni amorose. Basterebbe rievocare per un la prima volta un suo celebre personaggio. «Vide» attimo la folle corte con cui aveva assediato Matilde colui che la sua penna avrebbe idealizzato e fatto Dembowski. Lei, per fargli sbollire la passione, e vivere nella Certosa di Parma. «Vide» colui che sa- rinfrescare anima e corpo, in certe sere di partico- rebbe stato Fabrizio Del Dongo. Vide la sua ombra, lari ardori, lo mandava a farsi quattro passi attorno anni dopo vagheggiata con gli occhi della mente nel al Duomo di Milano. Altro tormentava la mente chiaroscuro delle magnifiche scale del palazzo Di di Beyle. Da qualche mese si sentiva perduto. Con

rs_mag16.indd 77 08/06/2016 12:11:40 rabbia e dolore aveva appreso della disfatta di Wa- Grande Louvre imperiale, dei vari castelli e dei beni terloo e dell’avvento della seconda Restaurazione. della Corona olandese. Beyle, un uomo sempre alla ricerca del senso della Beyle è furibondo di gloria. In più continuamente in- sua esistenza. Sempre più perplesso a causa della sua foiato. Un irrefrenato appetito di femmine gli allaga vita, che giudica complicata e senza ragione. Quando l’animo. A modo suo un vero e proprio libertino. A torna a Milano, a poco più di trent’anni, è a modo un certo punto ha un’amante fissa. La esibisce come suo un reduce. Senz’alcuna prospettiva. Aveva par- «il mio piccolo angelo». Si chiama Angéline Bereyter, tecipato alla campagna di Russia. Assistito all’incen- cantante all’Opéra bouffe. La storia della «fidanzata dio di Mosca. Illuso di potervi lavorare, aveva recato ufficiale» non dura molto. Contemporaneamente, in con sé le pagine di una vagheggiata e tentata Histoire segreto, contraddicendosi, confessandolo per iscritto, de la peinture en Italie. Un saggio storico, critico e nel tentativo di un «Journal», nascondendosi addirit- letterario a un tempo. Aveva cominciato a scriverlo tura con sé stesso sotto un groviglio di trucchi, di su- l’anno avanti con la memoria piena di bellezza, di av- perbe palle «letterarie», di frasi in codice, di alibi e di venture femminili, musica…«sconvolto» e «attratto» pseudonimi, forse per volersi proteggere dalla propria dall’arte italiana. Ciò cui ambiva, un autentico central paralizzante timidezza, come un «cortigiano innamo- problème, era una sinecura per stare il più possibile rato della regina», Beyle fa la corte alla moglie del suo in Italia, il «paese più bello del mondo». Lo avrebbe protettore, la contessa Daru. Mai si saprà se Beyle è sintetizzato in una lettera alla sorella Pauline che vo- innamorato. Se lei lo abbia ricambiato. Lui alimenta leva intraprendere un viaggio nella penisola: «Avvisi la più singolare delle sue passioni gonfiando e inter- alle teste leggere che vanno in Italia. Quali sono i pretando indizi o segnali. Forse inesistenti. Certo è piaceri d’un viaggio in Italia? i Respirare un’aria dol- che, con un aggrovigliato logogrifo, a un tempo ine- ce e pura; ii Vedere paesaggi superbi; iii To have a stricabile e palese, nel diario «inventarierà» la contessa bit of a lover; iv Vedere bei quadri; v Sentir buona Daru tra le donne «che ho avuto». Doveva raccontare musica; vi Vedere belle chiese; vii Vedere belle sta- palle su di sé anche a sé stesso. Sono anni trascorsi tra tue». Con quei pensieri per la testa era, al momento, l’Italia e la Francia. Alla ricerca ossessiva di qualco- comunque e soltanto un militare. Con aspirazioni di sa che neppure Beyle, c’è da crederlo, sa esattamente carriera. Aspettava sempre una decorazione o una cosa sia. Certo un po’ di piacere dalla vita, tanto sesso promozione. L’animo onusto di segrete ambizioni se possibile, l’esaltazione della musica… Nella realtà che non sarebbero mai state soddisfatte: nessuna non ha niente da fare, le sue ore sono vuote e parla prefettura, nessun titolo baronale. Nulla. Grande di sue giornate indaffaratissime. Sono settimane di stanchezza fisica e morale. Dopo tanto insistere, fi- inesistenti lavori, di amori immaginari, della illusoria nalmente un incarico: intendente di Sagan in Slesia. vita brillante di un dandy che frequenta con lusso e Poco più di un magazziniere militare. In quei giorni, molta vanità salotti e teatri. Si indebita e si annoia. attraversando con un convoglio la Sassonia, fa so- Quando Napoleone «cade» anche i suoi sia pur labili sta in una città che gli sarà fatale, almeno nel nome: incarichi decadono. Svaniscono per avvenute infun- Stendal. Vive l’incarico di intendente come una re- gibilità. Tenta di salvare, nascondendoli, alcuni di- trocessione nella carriera della vita. Pensa con no- pinti del Louvre. L’ultimo atto di un fedele al proprio stalgia alla nomina di uditore del Consiglio di Sta- impegno. Fino all’estremo. Chissà se la storia è vera. to ottenuta l’anno avanti a Parigi. Aveva 27 anni, 6 Si congeda dall’esercito. Torna a Grenoble e ha l’in- mesi e 3 giorni. Gli era sembrato un avvio folgoran- genuità di controfirmare De Beyle, assieme al titolo te, di toccare il cielo con un dito, così come quando di uditore al Consiglio di Stato, un proclama ufficiale. da lì a poco era stato assegnato alla Casa imperiale, La «nuova» autoaristocrazia di Beyle è occasione di con l’incarico del controllo dei beni mobili. Si doveva diffusa ironia nella sua città. Vive aggredito da stan- occupare dell’inventario del Museo napoleonico, dal chezza, febbre, dissenteria. Totale insofferenza per la

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città natale. Facendo forza su sé stesso riesce a scri- ii Che è, a questo proposito, la necessità di difen- vere e a far pubblicare a sue spese le Lettres écrites de dersi, il più possibile, dal piacere di fare delle frasi di Vienne en Autriche sur le célèbre compositeur J. Haydn, venti righe; suivies d’une vie de Mozart, et de Considérations sur iii Che bisognava cercare delle nuove parole per le Métastase et l’état présent de la musique en France et en idee nate dopo il xv secolo. Italie, che firma con lo pseudonimo Louis-Alexan- dre-César Bombet. A modo suo adesso Beyle è uno Le solite polemiche italiane sulla forma che non tro- scrittore, anche se il suo libro risulterà un clamoroso va esito in nessuna sostanza, sia pur ricercata». plagio compiuto su un’opera del noto musicologo ita- liano Giuseppe Carpani. Alla fine di quel per lui magico settembre 1816, gli Comunque… plagio o non plagio, fortuna sua e dei capiterà tra le mani e leggerà per la prima volta un suoi futuri lettori, il dèmone della scrittura sembra si numero della «Edinburgh Review». Deve la scoperta sia impossessato di lui. Henri Beyle torna a Milano. della rivista ad alcuni inglesi di passaggio a Milano, Per la prima volta dopo tanto tempo, assolutamente incontrati «nel mondo» di Di Breme. Conosce allora il sconosciuto, grazie a Di Breme riesce a essere am- celebrato Lord Brougham, grande personalità dell’op- messo in un «consesso» di letterati. Forse, momen- posizione britannica. Per Beyle una rivelazione. Leg- taneamente, è appagato di vivere quelle atmosfere. gendo sulla rivista i commenti al Corsair e al poema L’Europa intera allora si trovava fisicamente e mo- The Bride of Abydos apprende dell’esistenza di Byron. ralmente a Milano. I dibattiti e le idee avevano un Si rende conto che il romanticismo è una realtà. Ab- taglio radicale e perentorio. Beyle avrebbe scoperto bagliato dal fenomeno in cui è calato e che sconvol- e ribadito verità inattaccabili e definitive. Ha avuto ge le sue idee, cade in una profonda crisi di identità. la fortuna di incontrare Di Breme, l’ispiratore del Quanto aveva fatto e perseguito fin a quel momen- «Conciliatore», il periodico dove si sostenevano con to sembra non avere più senso. Anche se fin a quel vivacità le nuove idee romantiche. Di Breme, uomo momento non aveva praticamente scritto alcunché di di primo piano nel Risorgimento italiano, aveva rilevante. Si affretta a modificare alcuni passaggi e le compreso che la crisi vissuta dall’Italia coinvolgeva conclusioni della Histoire de la peinture, quasi volesse moralmente tutta la nazione, sostenendo che per rispondere alla sfida delle idee provenienti da Oltre- rinnovare la cultura italiana era necessario essere manica. In questo ambiente si risveglia dall’apatia in partecipi dell’universalità dello spirito europeo. In- cui era caduto. Parla, si diverte. Diventa un fecondo tese il Romanticismo come affrancamento da ogni conversatore. è deliziato dal successo che la sua ciar- costrizione letteraria, politica e culturale, e vide in liera personalità riscuote presso questa élite europea, esso l’apice dell’impulso creativo. Per Beyle la «ri- presso questi «uomini di prim’ordine per onorificen- voluzione» delle proprie idee. «Crisi estetica» che ze e per testa» che frequentano il palco di Di Breme più tardi affiorerà, come memoria, in Rome, Naples alla Scala. Una sera, per l’esattezza il 16 ottobre 1816, et Florence: «… Ecco tutte le dispute che, sotto il di ritorno da una gita ai laghi, Beyle fa il suo ingres- nome di romanticismo, attizzano i nostri letterati: so nel palco di Di Breme. Avverte immediatamente i Fiorentini, partigiani delle vecchie forme, sono i un’atmosfera sospesa a metà tra il rispetto e il disagio. classici; i Lombardi tengono per il romanticismo. I In teatro veniva eseguito un sestetto di un’opera di- signori Di Breme, Borsieri, Berchet, Visconti, Pel- menticata di Mayer. Nella penombra del palco, non lico, pretendono: conosciuto, Beyle intravede un uomo dal profilo an- gelico, piuttosto basso, gli occhi straordinari. Di Bre- i Che bisogna essere chiari e sovente preferire, nelle me avvicinandolo gli dice: «Signor Beyle, le presento frasi, la costruzione diretta; bisogna evitare la chia- Lord Byron». Sorpreso e smarrito, preso da ammira- rezza unicamente perché i francesi l’hanno adottata? zione e timidezza, Beyle contempla in quell’uomo la

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rs_mag16.indd 79 08/06/2016 12:11:41 personificazione della nuova poesia e della ribellione, condotta a termine. Quella sera, il 16 ottobre 1816, l’uomo della sfida all’ordine costituito. al Teatro alla Scala, nel palco di Di Breme avvenne Byron era reduce dal lago di Ginevra dove a Mon- l’incontro tra due orgogliosi amor propri, i più singo- talègre, a villa Diodati, aveva trascorso un’estate di lari dell’epoca, i due più intransigenti e fanatici di sé estetizzante esaltazione in compagnia di Mary e Per- che si fossero manifestati in quel tempo. L’uno nobi- cy Shelley, che in un cottage poco lontano trascorre- le, ricco, poeta celeberrimo, eccentrico riconosciuto, vano l’ennesima luna di miele. Costretti in casa dal ribelle, inquietante e folle d’orgoglio. L’altro un oscu- tempo poco clemente, per noia, avevano inventato ro viaggiatore francese, sprovvisto di tutto, disperso un gioco: ognuno avrebbe immaginato un racconto tra i notabili, furibondo di gloria e di riconoscimenti. dell’orrore. Shelley scrisse The Assassins, Byron The Il giorno dopo Di Breme invitò a cena, a casa pro- Burial, mai compiuto. Il dottor William Polidori, al- pria, in via Borgognona, Byron e il suo seguito. Per tro amico che passava da quelle parti, si dilettò con onorare l’illustre e superchiacchierato poeta inglese The Vampire, inserendovi elementi di Glenarvon, un fu convocata tutta la società milanese. Ovviamente romanzo di Caroline Lamb in cui Byron è modello quella «giusta», agli occhi del padrone di casa. In una del personaggio centrale: assassino delle sue amanti, lettera che resoconta la serata, Di Breme cita il nome rapito dal diavolo e trasformato in uno spettro delle di tutti gli invitati. Non però quello di Beyle. Una di- vittime. Mary Shelley, coinvolta nell’orrorifico gio- menticanza? Invitato certamente anch’egli, «inutile» co, iniziò Frankenstein, tra le quattro l’unica opera rammentarlo, privo com’era di titoli e di fama.

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rs_mag16.indd 80 08/06/2016 12:11:41 Chi era Gianni Sassi? Font e sentimenti di un innovatore anti

L’omaggio della Fondazione Mudima a un protagonista della cultura grafica milane- se. Le prime copertine provocanti di Battiato, gli Area e John Cage, «Milano-poesia» e «Alfabeta»: la grafica e gli amici come forma di militanza politica

Maurizio Giufrè, «Alias del manifesto», 29 maggio 2016

C’è stato un ventennio a Milano, tra fine anni Ses- Celebre il manifesto in cui un giovane Franco santa e primi Novanta, nel quale la produzione cul- Battiato con parrucca e occhiali, il viso coperto di turale riuscì ancora a concepire forme originali di Ducotone bianco, stava seduto su un divano della spettacoli, innovative ricerche nell’àmbito delle arti Busnelli. visive e musicali, singolari esperimenti nel mondo La provocazione, per Sassi non era mai il fine però, della comunicazione, dell’editoria e della pubbli- ma sempre il mezzo che mette in corto circuito i lin- cità, fuori dalle rigide leggi del mercato, in modo guaggi, le forme stereotipate della comunicazione, il indipendente e autogestito. Gianni Sassi è stato perbenismo dei comportamenti. È sufficiente scor- l’incontrastato protagonista di quella stagione, pri- rere le copertine degli album editi dalla cramps ma che la città fosse anestetizzata dal conformismo Records, la casa discografica che produceva le ten- generando solo «rovine», come ha denunciato un denze musicali più all’avanguardia: Battiato, appun- lustro fa su queste pagine Giovanni Agosti. to, con gli lp Fetus e Pollution, dagli effetti provoca- Il valore dell’impresa di Sassi è stato recentemente tori (un feto) e stranianti, Eugenio Finardi, Alberto celebrato dalla Fondazione Mudima con una mostra Camerini, gli Skiantos e soprattutto il gruppo degli a via Tadino e un documentatissimo libro-catalogo Area di Demetrio Stratos. (Gianni Sassi, uno di noi) affidati al racconto di chi con Il rapporto con la musica merita un’attenzione par- lui ha condiviso ogni passaggio: Sergio Albergoni, il ticolare perché Sassi è stato forse l’unico ad avere socio di mille imprese, Gino di Maggio, gallerista e il coraggio, sorretto da inconfondibile intuito, di critico d’arte, il fotografo Fabio Simion; e poi Monica amalgamare segno grafico e performance artistica, Palla, la sua segretaria, Jean-Jacques Lebel, Aldo Co- testi musicali (quelli per gli Area firmati con Al- lonetti, i poeti Arrigo Lora Totino e Nanni Balestrini, bergoni, alias Frankenstein) e poesia visiva e sonora il fotografo Roberto Masotti e Marco Maria Sigiani. (quest’ultima raccolta nei box di Futura). Le loro testimonianze ci permettono di avere de- Con la creazione delle collane diverso e Nova scritta fedelmente una avventura culturale e d’im- Musicha, Sassi estende i suoi interessi alla musica presa davvero multiforme. Albergoni ricorda per contemporanea, raccogliendo le incisioni di Juan esempio il «bel giochino» dell’Al.Sa, la prima agen- Hidalgo e Walter Marchetti – insieme nel 1980 in zia di comunicazione di Sassi, che all’inizio degli 24h?Satie, esecuzione no-stop di tutto il pianoforte anni Settanta realizzava campagne pubblicitarie del compositore francese –, gli sperimentali Alvin anti-convenzionali per marchi come Politoys, Iris, Lucier, Horacio Vaggione, Petr Kotik, il gruppo Mapei e Moët & Chandon, nella «ricerca spasmo- degli «improvvisatori» di Nuova Consonanza e De- dica della sporcatura, del graffio, della sproporzio- rek Bailey, Steve Lacy musicista di jazz sperimenta- ne»: in una parola, réclame controcorrente. le, Martin Davorin Jagodic dalle singolari partiture

rs_mag16.indd 81 08/06/2016 12:11:41 grafiche, il poliedrico Paolo Castaldi, infine David della carta stampata: inventivo nell’ideare riviste d’arte Tudor e John Cage. («Bit»), house-organ («Caleidoscopio» della Busnelli, Le fotografie di Masotti ritraggono la serata che Cage «Humus» per Iris Ceramiche) e nel disegnare mensili tenne al Teatro Lirico di Milano nel dicembre del come «Alfabeta», «Se» e «La Gola». «Alfabeta», edita 1977 eseguendo Empty Words (Parte III): la recita del dal 1979 all’88 per iniziativa di Balestrini, nasce nel- Journal di Henry David Thoreau trasformato, median- lo stesso anno in cui inizia la repressione del Movi- te la sottrazione di fonemi sul modello dell’oracolare mento, che costringe lo stesso Balestrini a riparare in I-Ching, in una performance di suoni e silenzi, che Francia. La rivista per questa ragione si autogestisce suscitò vivaci proteste perché – come scrisse Duilio – ha scritto Carlo Formenti – «con umiltà artigianale Courir sul «Corriere della Sera», – lasciava «poche spe- e spirito militante degni dei redattori di un foglio di ranze di essere compresa» a chi non si abbandonasse quartiere». Il comitato è composto, oltre che da Sassi «al flusso estatico e affascinante del discorso musicale». e Di Maggio, da Umberto Eco, Maria Corti, Fran- Seguì, sempre con il compositore statunitense, Il ceso Leonetti, Antonio Porta, Pier Aldo Rovatti, treno di John Cage: «viaggio di sperimentazione» da Mario Spinella e . «Irritata e irritante,» Bologna a Rimini che – ricorda Di Maggio – si col- ancora Formenti «caustica, indignata, cattiva, provo- loca sul finire degli anni Settanta, quando ormai si catoria fino alla petulanza», «Alfabeta» ebbe il merito esaurisce anche il «lavoro propulsivo» della casa di- di rappresentare un riferimento politico e culturale scografica. L’ultimo capitolo è costituito in pratica essenziale per chi non si rassegnasse alla normalizza- dalla «Woodstock all’italiana», il festival della rivista zione, svolta con l’assenso della sinistra storica. underground «Re Nudo» al Parco Lambro, nel quale Anche la grafica partecipava del carattere anticon- si esibirono diversi autori della cramps, oltre agli formista del mensile: l’iconografia del tutto autono- Area (Demetrio Stratos morirà a New York due anni ma rispetto ai testi; il Times New Roman carattere dopo per una leucemia). In un decennio Sassi e i suoi, tipografico dominante, con le sue «grazie», come «quelli di piazzale Martini», consumano una quantità prima lo era stato per i dischi quello a macchina-da- d’iniziative culturali. È una stagione piena di avveni- scrivere; le illustrazioni pescate in un vasto reperto- menti violenti, prodotti prima dallo stragismo di Sta- rio dal Surrealismo a Fluxus. Tutto doveva provoca- to, poi dalla deriva terroristica. Reagire a questo stato re sempre un’emozione visiva. Con «La Gola» l’esu- permanente di tensioni voleva dire, allora, riflettere beranza grafica sarà ancora più marcata e si legherà sui meccanismi dell’industria culturale, sui suoi pro- ai temi della cultura materiale. dotti e consumi; ma, soprattutto, sui modi per esserne Come scrive Alberto Capatti, «la parola food non quanto più indipendenti, se non assolutamente liberi. circolava ancora, unendo cibo, poesia, arte e grafi- Ogni iniziativa di Sassi, che morirà nel 1993 a soli 55 ca…»: Sassi è stato così il primo a comprendere il anni, è all’insegna dell’avventura estetica e imprendi- valore identitario della produzione alimentare per toriale: dalla galleria d’arte Breton, che spazia da Ma- i nostri territori, fuori dal mondo accademico e levich a Mambor fino agli schermi in vetro dei flipper dall’industria. Jean-Jacques Lebel, suo «inseparabile (Tilt), al ricco e composito impegno discografico (del fratello», ricorda come al «tempo di Gianni», du- quale si è detto), passando per l’organizzazione di rante la settimana di Milano-Poesia e per ogni altro rassegne culturali, come il festival internazionale Mi- suo evento, «la capitale più mercantile che spirituale lano-Poesia (1984-’92) o la mostra (con Di Maggio) della Lombardia» si trasformasse «in uno dei cen- Ubi fluxus ibi motus, curata da Achille Bonito Oliva tri nevralgici della cultura universale in progress», alla xliv Biennale d’Arte di Venezia (1990). prima di diventare «una città spettrale, una città di Sassi, «abituato a produrre cantanti famosi e a con- merda, come tante altre». Insieme ai suoi Sassi ha durre campagne pubblicitarie» (Lora Totino), è sta- svelato, in fondo, in che modo la creatività, vivendo to però, in particolare, un formidabile art director nel sociale, può farsi politica e sentimento.

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rs_mag16.indd 82 08/06/2016 12:11:41 Patetiche provocazioni da ex giovane Zerlina, «Il Sole 24 Ore», 29 maggio 2016

«Questo non è un libro oppure lo è a morsi. A strap- è che non si fa scrivere i testi da me»), per Mau- pi. A sequenze di lacerazioni», in un primo momen- rizio Crozza («È l’espressione di come il letamaio to, abbiamo pensato che Aldo Nove, nel presentare in cui viviamo si autoalimenti»), per l’11 settem- il suo ultimo lavoro Anteprima Mondiale (La nave di bre («Un comunismo dell’orrore mondiale»); ma Teseo, Milano, pp 190, euro 18), alludesse a un ap- anche per Mario Monti e Antonio Banderas, per proccio metaforico, sottolineasse come la struttura Tinky Winky il presunto gay dei Teletubbies, del volume – una raccolta di racconti e saggi brevi per i taccuini della Moleskine («Hanno prezzi – prevedesse una fruizione a spizzichi e bocconi, una esorbitanti ma fanno tanto scrittore»), e per un lettura disordinata dove ciascuno possa trovare un infinito elenco delle migliori pornostar della sto- frammento di suo gusto. Dopo averlo letto, abbia- ria, ognuna con la sua specificità, illustrata nei mo radicalmente cambiato idea. minimi dettagli. Non si tratta, cari lettori, di un invito alla casualità, Che schiaffo, che azzardo, che oscenità! Questo sì con l’aggiunta di un ammiccamento alla Gioven- che è materiale scottante, questa sì che è trasgres- tù Cannibale che consacrò alla notorietà Nove un sione! Un po’ come quella volta che abbiamo scel- ventennio fa: si tratta di un’oggettiva e universale to gli gnocchi invece del semolino. Il prosimetro reazione che si prova a conclusione del libro. La politematico di Nove si nutre di continui rimbalzi voglia, insomma, di trasformarlo in un’opera d’arte tra la riflessione sociologica («I laureati andreb- contemporanea di squisito gusto, incidendo sulla bero iscritti nel registro degli indagati degli assas- quarta di copertina il solco unico e irripetibile della sini seriali di speranza») e l’affondo poetico («Il nostra dentatura. vomito. Le viscere. Le viscere di chi. A saperlo. L’ideale seguito di Woobinda si configura come una Capire chi sono. Questi che fuoriescono dai muri. estenuante e deprimente carrellata dei luoghi comu- E lanciano soldi. E noi li prendiamo») senza mai ni dell’oggi, virati in quella che una volta si sarebbe perdere di vista la pregnanza dell’attualità («Una definita «salsa pulp» e che oggi risulta ridondante, manciata di secondi sprecati in un accumularsi di caricaturale, e soprattutto, con buona pace dell’ani- coriandoli di pensieri per il carnevale del presente mo provocatorio e punk sbandierato dall’Aldo: vec- assente»). chio. Vecchio oltremisura. Geriatrico. Il momento più toccante si raggiunge verso la con- L’ex giovane Nove guarda al mondo attuale come clusione del volume, con l’elenco – più lungo di il regno del virtuale e dell’effimero (sono scoperte quello delle pornostar – delle paure degli italiani che danno le vertigini, ma è così), chiama gli adulti («Della vecchiaia, della giovinezza, degli incidenti, «etruschi» perché incapaci di godere appieno dei dei vicini, degli stranieri, dei mostri che sono in benefici dell’èra di internet, ovvero farsi un giro di noi, ecc»). «prada: prestatori anonimi di ascolto su Facebo- Ricordate cosa abbiamo detto all’inizio? Eseguia- ok», o dotarsi di pannolone per poter guardare per mo alla lettera le prescrizioni dell’autore: a morsi, a ore e ore le serie tv senza dover fare pause pipì. strappi, a sequenze di lacerazioni. Il peggio che po- In Anteprima Mondiale c’è spazio per le canzoni trà capitarci sarà aggiungere all’inventario la paura di Battiato («L’unica cosa che non apprezzo di lui per il conto salato del dentista.

rs_mag16.indd 83 08/06/2016 12:11:41 Åsne Seierstad: «Vi racconto Breivik a sangue freddo»

Esce il libro in cui la giornalista norvegese ricostruisce la storia e la psicologia del terrorista di Utoya. Un’indagine alla Truman Capote: scambi epistolari con l’attentatore in carcere e voci di superstiti e testimoni

Andrea Bajani, «la Repubblica», 30 maggio 2016

Prima di scrivere Uno di noi. La storia di Anders storia di sistematica esclusione, dalla famiglia, dal Breivik e del massacro in Norvegia (Rizzoli), Åsne partito progressista, dalla comunità dei writers di Seierstad ha provato a entrare in contatto con lui. cui cercò di fare parte. Åsne Seierstad cerca tracce Gli ha mandato una lettera nel carcere dove sta di Breivik nel corpo della società, come se il «co- scontando la massima pena prevista dalla legge mandante del movimento anticomunista norvege- norvegese per aver compiuto quello che lui stes- se» fosse una bomba esplosa, e le schegge fossero so ha definito «l’attentato più sofisticato e spetta- conficcate in tutta la Norvegia. colare che ci sia stato in Europa dopo la Seconda guerra mondiale». La storia è nota: il 22 luglio del Quando ha deciso di provare a mettersi in contatto con 2011, Breivik fa saltare in aria il quartiere governa- lui? tivo con un furgone pieno di esplosivo. Muoiono Ho aspettato le perizie psichiatriche. Prima volevo 8 persone ma non l’allora primo ministro, che era capire se si trattava di un pazzo o se poteva esse- l’obiettivo. Poi, armato e travestito da poliziotto, re ritenuto responsabile di quella strage. Quando raggiunge l’isola di Utoya, dove è in corso il radu- è arrivato il verdetto, ho deciso di scrivergli. Mi no della Gioventù Laburista. Lì uccide 69 ragaz- ha risposto soltanto un anno dopo, ma per lui io zi. Quindi chiama la polizia: «Buongiorno, il mio ero una rappresentante del nemico. Ha comunque nome è comandante Anders Behring Breivik del voluto negoziare, voleva che scrivessimo un libro movimento anticomunista norvegese». Al proces- insieme, voleva usare il mio libro per lanciare un so rifiuterà di considerarsi colpevole: si è trattato, messaggio al mondo. Naturalmente mi sono ri- dirà, di un atto di difesa. Ha difeso il suo paese fiutata, e la corrispondenza non ha avuto molto dall’invasione musulmana provando a sterminare seguito. la nuova generazione di «multiculturalisti», troppo morbidi verso l’islam e le sue minacce. Quindi non l’ha più sentito, direttamente? Quarantaseienne giornalista norvegese, Åsne Se- In verità sì, non ha veramente smesso. L’ultima let- ierstad a quella lettera ricevette risposta soltanto tera l’ho ricevuta nel novembre scorso, cioè solo 7 un anno dopo. Non conteneva però una disponi- mesi fa. Sono 3 o 4 pagine dattiloscritte. bilità vera e propria a collaborare. A sangue freddo, di Truman Capote, il faccia a faccia con il mostro, Cosa le scriveva? restava tra le letture del passato. Da lì un lavoro Lui scrive moltissimo, in generale. Anche prima monumentale, la ricostruzione attraverso le testi- della strage, il suo problema è sempre stato quello monianze di decine e decine di persone, tra i su- di non essere letto. Utoya è stato il lancio per il suo perstiti, familiari, testimoni. Ne è venuta fuori una libro, l’unico modo per farsi leggere, e lui lo sapeva.

rs_mag16.indd 84 08/06/2016 12:11:41 La rassegna stampa di Oblique | maggio 2016

Nelle lettere, così come nel suo manifesto, si preoc- cupa di portare avanti i suoi progetti politici. Ora gli interessa dare forma al Nordic Fascist Party, come lo chiama: dà indicazioni sulla struttura del parti- «Utoya è stato il lancio per il suo to, sui membri da nominare. Oppure indica i rime- di per difendere la razza norvegese minacciata dal libro, l’unico modo per farsi leggere, mondo musulmano. e lui lo sapeva.»

Quali sono? Per esempio costruire nuovi ospedali per permettere alle donne norvegesi di riprodursi e fare molti figli. autorizzato a pronunciare il mio nome in sua pre- senza, ha detto. Nel libro parla delle tante lettere che riceveva. Molte ammiratrici, qualche seguace. E scrive che la corrispon- Che poi, rovesciata, è la strategia che era stata usata denza, sia in entrata che in uscita veniva emendata di contro lui: non usare mai il suo nome proprio, chiamarlo ogni contenuto politico. Come mai la lettera che ha in- solo il Terrorista. È ancora così? viato a lei non è stata censurata? Sì. È una specie di tabù. Da questo punto di vista non ci sono limitazioni: ai giornalisti può mandare quel che vuole. Non ci sono In questo periodo, però, con la crisi siriana e l’esodo in filtri carcerari. Tanto sanno che il filtro lo applichia- massa anche in Norvegia, pare ritorni sulle bocche delle mo noi, che non pubblicheremmo mai una lettera persone, nelle strade. intera di Breivik sul giornale. È vero. Ma non si può dire che abbia dei seguaci. Non qui di certo. Potrebbe avere qualche emu- Breivik le spedisce le lettere all’indirizzo del giornale? lo in Russia, oppure nell’Europa dell’Est, dove No, qui. A casa. l’esodo è più forte e dove non a caso crescono a dismisura i simpatizzanti della destra. In Norve- E come fa ad avere il suo indirizzo? gia, però, no. Nessun politico, su nessun giornale, Abbiamo abitato nella stessa via per 3 anni, dal 2003 ha mai messo in relazione il nome di Breivik con al 2006. Lui l’isolato dopo. Io non lo conoscevo, lui i musulmani che stanno chiedendo asilo da noi forse conosceva me. Comunque l’indirizzo gliel’ho come dovunque in Europa. Lo Stato, su questo, lasciato la prima volta che gli ho scritto. Gli ho al- è compatto. legato la busta già affrancata con sopra scritto il mio recapito. È così che mi è arrivata la sua lettera: con E però proprio lo Stato è uscito sconfitto nell’ultimo la mia grafia scritta sulla busta. Quando l’ho vista processo, pochi giorni fa. Breivik si è lamentato per le nella buca e l’ho presa in mano, mi ha fatto un po’ condizioni della sua detenzione. E quello stato che pro- impressione. prio lui ha colpito al cuore, è risultato in difetto nei suoi confronti. Non le sembra una specie di boomerang della Questo era prima che lei scrivesse il libro. Poi il libro è democrazia, il segno di un baco nel sistema? uscito. Ora si andrà in appello, non è ancora detto. C’è E lui si è rifatto vivo. Mi ha scritto per chiedermene qualcosa di troppo, in questo verdetto, mi sembra. una copia. E infatti anche i familiari delle vittime, che fino a oggi erano stati in silenzio, questa volta sono in- Le ha poi mandato una sua recensione? sorti. Vediamo, che succederà in appello, che cosa No. Ma non gli è piaciuto. Nessuno era più diranno le autorità carcerarie.

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rs_mag16.indd 85 08/06/2016 12:11:41 Abbiamo chiesto a 6 professionisti com’è davvero fare il traduttore in Italia

Eugenia Durante, vice.com, 31 maggio 2016

«Ah, fai la traduttrice? Mio cugino ha lavorato per matteo colombo, 39 anni 3 mesi a Londra: puoi dargli qualche dritta, così tira Ho conseguito un diploma universitario in tradu- su qualche soldo per arrotondare?» è solo una del- zione, e ho cominciato a lavorare prima della fine le tante domande assurde che mi vengono poste in degli studi. Al mestiere sono approdato apparente- quanto traduttrice. mente per caso, salvo poi ricordarmi anni dopo che Nonostante ci ritroviamo ogni giorno a scontrarci da bambino cancellavo i balloons di Batman con il con gli effetti di traduzioni disastrose, infatti, il mio bianchetto per poi riempirli, dizionario alla mano, è un mestiere su cui si hanno ancora idee troppo con- della mia traduzione. Traduco libri da circa 15 anni, fuse. Spesso si pensa che basti aver guardato qualche e sono specializzato in narrativa angloamericana serie tv in originale o aver vissuto per qualche mese contemporanea. all’estero per potersi definire traduttori. Del resto, è Quella sottolineata dal «Corriere» è una realtà, il un problema comune a molti lavori nel cosiddetto che non significa che mi piaccia. Per ragioni stret- «àmbito creativo»: sono tantissimi gli amatori pronti tamente economiche, non sempre la qualità delle a definirsi professionisti del settore, svalutando l’in- traduzioni richieste è alta, per cui sì, può essere un tera categoria e causando non pochi problemi a chi, «lavoretto smart» (una moratoria istantanea sull’ag- con quel mestiere, ci paga le tasse. Ma cosa succede gettivo «smart»!). se è un quotidiano nazionale a diffondere quest’idea Oltre a essere pagato pochissimo, se si parla di edi- distorta? toria, quello del traduttore è il mestiere dietro le Qualche giorno fa, un post su Facebook pubbli- quinte per eccellenza: in certa misura ha senso che cato dal «Corriere della Sera» ha fatto infuriare i tale rimanga, ma in parte sono le case editrici che traduttori italiani, compresa la sottoscritta. «Dare non vogliono darci visibilità. Ciò viene giustificato ripetizioni, baby sitter, traduttore: ecco i lavori (in con motivazioni surreali, ma serve ad arginare ri- versione 2.0) più smart e meglio pagati», recita- vendicazioni legittime come il nome in copertina. va, causando anche qualche risata isterica per quel La mia esperienza è un po’ diversa: ho lavorato alla «meglio pagati». Per aggiungere al danno la beffa, nuova traduzione di Il Giovane Holden, grazie a cui l’articolo parlava di «un lavoretto per arrotondare ho ottenuto una visibilità anomala e scoperto un in- e pagarsi qualche sfizio durante gli studi». Nessun teresse per la traduzione di cui mai avrei sospettato accenno agli anni di studi che invece sono necessari l’esistenza. per esercitare la professione con cognizione di causa, Perché molti credono che basti masticare una lingua alla formazione continua, ai software di traduzione e per definirsi traduttori? Perché siamo un paese di alle imposte da pagare. mitomani, nel quale la mitomania viene spesso coc- Per cercare di capire se sono solo io ad averla presa colata e incoraggiata. male o esiste un reale scollamento tra traduttori ita- liani e percezione comune, ho chiesto a 6 traduttori antonella barbieri, 30 anni con specializzazioni diverse di raccontare la propria Mi sono avvicinata al mondo della traduzione su esperienza. consiglio di un amico. L’idea mi era sempre piaciuta,

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Spesso si pensa che basti aver guardato qualche serie tv in originale o aver vissuto per qualche mese all’estero per potersi definire traduttori.

anche se non sapevo da dove cominciare – comun- I rischi di una traduzione non curata forse sono que, di lì a poco mi arrivò il primo testo da tradurre: meno evidenti di quelli di una prestazione di bassa un articolo scientifico. Mi sono laureata in lingue e qualità in un altro settore, ma basta dare un’occhiata letterature moderne europee alla Federico ii di Na- alle gallery di insegne esilaranti o di tatuaggi sgram- poli e ho conseguito un Master in Traduzione pro- maticati come «Nothing last’s forever», per capire fessionale e mediazione linguistica per la comunica- che gli errori linguistici sono molto più permanenti zione d’impresa. Lavoro come traduttrice dal 2012 di quanto sembri! con specializzazione nell’àmbito del marketing me- Credo che il problema principale espresso dall’ar- dico-farmaceutico e delle tecnologie informatiche. ticolo del «Corriere» sia a monte: in Italia si tende Chiaramente non è stato piacevole leggere l’articolo a ridurre i lavori intellettuali e creativi a hobby, e del «Corriere», ma bisogna ricordare che esistono presentare le professioni legate alle parole come la- traduzioni e traduzioni. Un cliente ben informa- voretti contribuisce ad alimentare la concezione di to conosce la differenza: non affiderebbe mai, per questi mestieri come di qualcosa di improvvisabile. esempio, un manuale sulle emergenze nucleari e ra- Dispiace doppiamente che a veicolare questa conce- diologiche a uno studente. In realtà non penso che zione sia uno dei maggiori quotidiani nazionali, che ci sia così tanta disinformazione ovunque sul nostro invece dovrebbe valorizzare le professioni legate alla mestiere: la nostra figura è molto ben valutata in al- parola scritta – settore a cui appartiene esso stesso. E cuni mercati/settori. Non tutti lo sanno – ma questo anche le piattaforme dedicate ai freelance non aiuta- è un altro discorso. Ho avuto cattive esperienze con no, perché mettono in atto un meccanismo di asta al clienti che hanno svalutato il mio lavoro o molte ribasso e i clienti si abituano a prezzi più bassi. volte hanno creato problemi coi pagamenti, ma non mi sono mai trovata in una situazione estrema, an- doppioverso – barbara ronca e chia- che perché sono del parere che clienti del genere sia ra rizzo meglio perderli che trovarli. Entrambe abbiamo una formazione tangenziale ri- spetto alla traduzione. Siamo laureate in Lettere, alice casarini, 34 anni con indirizzi che ci sono stati utili ai fini della no- Sono partita da una laurea in letteratura nordame- stra specializzazione: Barbara ha studiato critica let- ricana e da periodi di studio negli Stati Uniti e in teraria e ha un master in Comunicazione e cultura Inghilterra, per poi approdare a una seconda laurea del viaggio, Chiara è laureata in Teorie e tecniche con tesi di traduzione letteraria, un master e un dot- del linguaggio giornalistico. Lavoriamo entrambe torato di ricerca in traduzione audiovisiva. Mi divi- da una decina d’anni, dall’inglese all’italiano. Col- do fra l’insegnamento della lingua e della traduzione laboriamo come Doppioverso su progetti specifici, dall’inglese all’italiano presso la SSML Carlo Bo di ma come traduttrici abbiamo mantenuto un’identità Bologna e il lavoro da traduttrice, principalmente professionale distinta. nei settori della narrativa per ragazzi e degli audio- La figura del traduttore, soprattutto nell’àmbito visivi. editoriale, è legata a un’idea romantica: il traduttore

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rs_mag16.indd 87 08/06/2016 12:11:41 sarebbe un hobbysta di lusso, un missionario della diventare traduttori: esistono mille generi e sotto- cultura. Così la professionalità si perde, o quanto- generi diversi di traduzione e ognuno richiede un meno passa in secondo piano. C’è una concezione elevato grado di specializzazione, conoscenza di tec- poco pragmatica, per cui gli stessi aspiranti colleghi niche specifiche e della lingua di partenza e di arri- magari appena usciti dall’università faticano a farsi vo. Ortografia e grammatica, sì, ma anche cultura e un’idea chiara degli strumenti e delle competenze aspettative del committente e del cliente finale sono effettive che poi dovranno padroneggiare in corso aspetti da considerare per una buona traduzione, d’opera, soprattutto in termini di contratti, com- altrimenti ci ritroviamo davanti a orrori come una pensi, diritti. sagra gastronomica dedicata alle cime di rapa che Il più delle volte, poi, l’oggetto del nostro lavoro ‒ la magicamente diventa un festival del clitoride grazie lingua ‒ viene inteso come fine e non come sempli- a un errore di Google Translate. ce strumento. Per i non addetti ai lavori, la lingua Il problema della professionalità del traduttore è spesso incarna tutta l’essenza della nostra professio- evidente anche dalle piattaforme dedicate a questa ne, mentre in realtà è solo uno dei fattori in gioco. categoria: io ho provato a usare piattaforme come Freelancer ed Elance, ma quasi sempre le mie of- martina russo, 27 anni ferte sono respinte perché altri candidati (che ma- È il 2009 quando qualcuno mi parla dell’esistenza di gari non lo fanno di lavoro) si autoproclamano una facoltà di traduzione e interpretariato. È colpo traduttori per un giorno e offrono di fare lo stesso di fulmine e mi iscrivo. Nel frattempo lavoro come lavoro per il 10 percento di quanto chiedo io. Ov- hostess di terra. Tra un check-in e l’altro, un passeg- viamente non ci pagano le tasse, non hanno idea gero tedesco mi dà un biglietto da visita e mi dice di cosa sia un cat tool (strumento di traduzione che è sempre alla ricerca di traduttori, così inizio a assistita), e così via. E vogliamo parlare dei crite- muovere i primi passi in questo mondo. Sono spe- ri con cui queste piattaforme definiscono la nostra cializzata in traduzioni di marketing e pubblicità, professionalità? Ottenere un punteggio superiore turismo e viaggi, telecomunicazioni e audiovisivo. al 60 percento con un paio di domande a risposta Ovviamente, non basta un Erasmus di 6 mesi in multipla è garanzia della mia professionalità? Vi Spagna o aver studiato francese alle elementari per lascio immaginare i risultati.

«La figura del traduttore, soprattutto nell’àmbito editoriale, è legata a un’idea romantica: il traduttore sarebbe un hobbysta di lusso, un missionario della cultura.»

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