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RABBIA DI PASOLINI

Nei saggi ideologici ci metto il mio senso comune: solo per quelli poetici, oh Tetis, il mio acume. (P. P. Pasolini, Descrizioni di descrizioni)

impolitiche; e che alla letteratura invece tocca essere sleale e irriducibile sino in fondo:

. (S. Mannuzzu, Un Dodge a fari spenti)

Tetis è, in una misteriosa invenzione linguistica di Pasolini, parola che, in greco antico, starebbe a indicare il «sesso, sia maschile che femminile»(1). Da dove nasca tale errore immaginaria e volontaria o da un refuso mentale inconsciamente propagato, resta un mistero, su cui alcuni pure si sono interrogati(2). Tale entità, sul limitare della sua opera, in Petrolio, sarà il nume tutelare del personaggio ancipite, Carlo, nella metà ferina, istintuale di quel doppio. Sin qui, a aprire la prima edizione di Descrizioni di descrizioni ineludibile, ci si approssima una questione: quella sulle modalità di convivenza degli opposti.

La rabbia: «La mia ambizione è stata quella di inventare un nuovo genere cinematografico. Fare un saggio ideologico e poetico con delle sequenze nuove»(3). Nel catalogo del saggio, forma centrale nella sua produzione, Pasolini aveva già incluso un titolo esemplare come Passione e ideologia: laddove, avvertimento ideo e poi ma poi a una situazione speculare, in posizione magari chiastica, dove il sostantivo passione poetico occupano le caselle estreme di questa sorta di equazione retorica. Ecco che , questo film letteralmente eccezionale, sarebbe un saggio ideologico ma poi poetico. Come possa nascere, nel corpo della pellicola, un saggio, e in che modo questo possa essere poetico sarà la domanda al centro di queste pagine, alle quali credo sia opportuno accludere una noterella storiografica. La rabbia è infa pure non mancano altri esempi di film-saggio o di genere spurio): e a far eccezione sono la tipologia di lavoro filmico e la fonte delle immagini a cui Pasolini ha attinto. Ma anche per il contesto in cui studiosi, ritengo giusto richiamare brevemente(4). Nel 1962 Gastone Ferranti, un piccolo produttore cinematografico che, nel decennio passato, aveva prodotto e curato un cinegiornale di grande popolarità, Mondo libero, concepisce il progetto di un film che parta dai materiali di repertorio del rande successo commerciale di Mondo cane, pensava a un film bizzarro, magari spettacolare, pur senza curarsi del

icende di alcuni marziani che, discesi sulla terra, (5). Nelle intenzioni del produttore, si sarebbe trattato di un film collettivo, con Pasolini tra le firme (insieme, tra gli altri, proprio a Gualtiero Jacopetti, regista di Mondo cane). Le cose, evidentemente, andarono diversamente, e il progetto 25 novantamila metri di pellicola) di fatti filmati per lo più in maniera rozza o convenzionale , intravvede immediatamente le potenzialità dalla scelta personale del titolo, dove, a un lungo e faticoso lavoro di sottrazione e taglio sul repertorio delle immagini(6), viene aggiunta la parte scritta, affidata a due voci, distinte con alcune deroghe in prosa e poesia: rispettivamente quella di Renato Guttuso e quella di Giorgio Bassani. A progetto già avviato il produttore, angustiato dal rischio certo di un insuccesso commerciale, decide di rimodellare la composizione del film. Dando vita a una sorta di contraddittorio stilistico e ideologico, sotto

Giovannino Guareschi una seconda parte. Dopo averla vista e ritenendola un lavoro qualunquista e reazionario Pasolini è tentato di ritirarsi; ma alla fine il film prenderà vita, previo uno scambio cfr. CI I, pp. 412-413 e CI II, pp. 3073-3074). «una sorta di cine monstrum bicefalo»(7), che comunque non salva il film dal temuto insuccesso commerciale. Qui si ferma la prima parte di questo piccolo memento; mentre La rabbia trascurabile o mal riuscita anche dai critici più attenti(8). La seconda appartiene invece alla storia recente dove, grazie anche alla sempre crescente mole critica di studi su Pasolini, si assiste a una rinascita di questo film. Innanzitutto con il restauro della pellicola, nel 2007, da parte della Cineteca

La rabbia di Pasolini. Qui si impone un altro piccolo passo ind di tagliare una consistente fetta della pellicola di Pasolini, che fu così costretto a rinunciare a tutta la parte iniziale, già scritta, del suo film. Di questa, perciò, restò testimonianza soltanto in

Bertolucci ha recuperato i materiali di Mondo libero selezionati da Pasolini e, seguendo gli impulsi culminata nella distribuzione, a fine 2008, di questo film effettivamente nuovo. Si tratta, se ci pensiamo, di una felicissima operazione di filologia impossibile, o utopica ipotesi, appunto, di un film che si può solo immaginare. Un testo utopico che non ha altra destinazione se

guardare con maggiore attenzione a questo film eccentrico. Ma chiuso il preambolo storiografico, non resta che tornare alla domanda iniziale: in che modo possiamo considerare La rabbia alla a,

- epistemologico, è infatti uno dei temi più vivi negli studi cinematografici contemporanei(9). Grazie

intentio auctoris creare, attraverso questo saggio ideologico e poetico, un nuovo genere cinematografico. Restiamo, per il momento, sul testo(10) detto, tra voce in prosa e voce in poesia, appare una «voce ufficiale»: laddove in colonna sonora sia mantenuto il commento dello speaker ai brani di Mondo libero scelti e rimontati. Va da sé che, considerata la natura del mezzo a cui son rivolte, spesso si tratta di discorsi superficiali o corrivi. In che modo interviene la nuova voce, quella poetica o prosastica di Pasolini? Per meglio capire la dialettica di questo innesto, soffermiamoci su una scena non inserita nella prima Rabbia, costretti dunque a concentrarsi sul solo ata di Bertolucci). Siamo alla sequenza numero XVI in sceneggiatura, significativamente intitolata «Televisione»:

26

Voce ufficiale Il sogno di Verne e di Robid assistere a quello che avviene nel mondo standosene comodamente a casa sta per diventare rea

Voce in prosa

possiamo essere soddisfatti, nunc est bibendum, come diresti tu, voce del cattivo latino! Infatti una nuova arma è stata i

Voce ufficiale

Voce in prosa Sperimentano modi per dividere la verità e per porgere la mezza verità che rimane attraverso

voce che contrappone gli scherzi alla Tragedia, la voce che contrappone il buon senso degli assassini agli eccessi degli uomini miti.

Voce ufficiale Per ora solo quattromila abbonati hanno il telecinema in casa: tra un anno si conteranno a decine di migliaia

Voce in prosa -67).

In un passo ternario, il fatuo ottimismo della voce ufficiale è sistematicamente schiacciato dagli

ore delle Ceneri di Gramsci: la polemica contro il fatuo ottimismo di un progressismo deteriore; immediatamente che nella televisione troverà uno dei principali idoli negativi atti a riflettere le sue idee sulla contemporaneità: i modi per dividere la verità e per porgere la mezza verità probabilmente non tra gli elementi più ricorrenti in Pasolini, ma che quando compare dà luogo a passaggi sempre assai significativi (e comunque sempre pronta a mutarsi in sarcasmo: penso alla Ricotta o, inaspettatamente, a certi spunti in Salò o in Petrolio): nunc est bibendum, come diresti tu; della prospettiva da cui la si solo a livello di retorica testuale, della Rabbia(11): voce del cattivo latino), ovvero nella chiusa sentenziosa: . Altrove, si rilevano ancora effetti stilistici dati da finezze di montaggio visivo e sonoro: nel cuore di un lavoro sul found footage che, come si capisce anche dal brano appena analizzato, tende alla voce ufficiale. Ancora, per parafrasare il «cattivo latino» di cui sopra, la voce della cattiva letteratura:

Voce ufficiale Il divin numero di una cascata industriali, anche gli uomini che misurano persino i fenomeni naturali in cifre e li fanno schiavi dei dividendi, diventano poeti(12)

ale segue il contrappunto 27 della voce in prosa segue immediatamente una nuova seque è accompagnato da tre piani, che riprendono altrettanti quadri astratti, in riproduzioni a colori: probabilmente presi da altro repertorio preesistente rispetto a quello di Mondo libero, che non è dunque la sola fonte di composizione visiva. Anche qui il dettato in prosa è incrinato da una tenue intonazione poetica: cosa che giustifica parzialmente la deroga alla regola che lo vedrebbe assegnato alla voce di Guttuso anziché, come qui accade, a quella di Bass dintorni di ciò che stiamo vedendo, leggendo e ascoltando: e ripartiamo dalla sceneggiatura. In un Empirismo eretico, Pasolini sosteneva e come dargli torto una sorta di irriducibile vanità della sceneggiatura privata del suo complemento, È però allo stesso tempo patente, insieme ad alcuni casi esemplari (penso al volume che raccoglie i testi per film di Ingmar Bergman, nel quale assieme a capolavori di scrittura cinematografica, abbiamo tra le mani drammi che non ci stancheremo mai di leggere), una possibile vita autonoma della Rabbia, alimentata proprio dalla natura spuria, incrinata, di un genere labile ma preciso come il prosimetro. La rabbia, dunque, mostra il proprio carattere ancipite già allo stadio in

integrazione figurale (cfr. EE, p. 188) che lavoro pasoliniano: prettamente stilistico. Ma ne dirò più avanti. Per ora si tenga presente che anche in questo superficialmente, principio del found footage , possiamo trovare tutti i caratteri di un possibile La rabbia è un film che si guarda con le orecchie(13). Di musicale, va a fondo Laura Rascaroli, nelle pagine dedicate a questo film nel volume al quale già abbiam fatto riferimento(14). Si resti per un momento sulla forma fluens, per dirla con Ruggero Pierantoni, che nella Rabbia tende là dove la forma si trascolora, restando però aderente alla sua essenza. Siamo alla sequenza della visita alla pinacoteca sovietica, con la voce in poesia che quasi doppia il cicerone che illustra i quadri sospensione, come di chi stia cercando le parole per dire qualcosa di scomodo. La scena è quella di una visita guidata in una sala museale. Il piano del montaggio letterario-visivo-sonoro è percorso puro stile

a voi così pieni di desiderio di sapere, / dovrei

èpos, è accompagnata da una canzone corale russa, simile a quei brani a Rossa che si sentiranno, un anno più tardi, nel Vangelo secondo Matteo. Quello che parrebbe essere un banale tappetino sonoro è in realtà una transizione, un elemento di montaggio interno verso il rovesciamento dato dalla voce titubante, umanissima che Bassani presta al cicerone: «Guardate come sono ben eseguiti / questi nostri compagni minatori, / queste nostre compagne suo dovere come ai giorni di Stalin!» Il

(15) do e

28 fine del film, e come in molti altri passi la voce lirica arretra nelle fila generali della critica politica, errore di cui si parla è quello, rappresentativo, messo in atto dalla scuola del nuovo realismo sovietico: laddove la realismo sterile che si accompagna alla normalizz forza di rottura, una volta stinti i suoi urli contro la forza schiacciante del Capitale, viene assimilata, borghese (voce degli industriali). Ecco allora che, in una tenue climax della voce di Bassani,

o la quale, sola, Pasolini sa sopravvivenza oltre il tempo rivoluzionaria che, libera da sofismi, si immerge col rischio cosciente di annegare nelle contraddizioni della storia. E la voce del cicerone della pinacoteca si anima in uno di quegli adagi così peculiari tra i versi di Pasolini: « segno è disperato, / e il colore stridente, e le figure / si contorcono come i cremati di Buchenwald, / é non è finita la lotta di classe» (CI I, pp. 386-7 per questa e le precedenti citazioni). E qui, ripeto, si torna

per parafrasare un passo del saggio sul cinema di poesia espressione media del capitalismo industriale, con le possibilità ma insieme i rischi che ciò comporta(16). E in virtù di questa polemica assume ora, a corredo dei versi appena citati, certe opere dello stesso Guttuso, come simbolo di un nuovo slancio verso il domani, contrapposto tanto a un realismo (quello sovietico) che, dopo heria, dopo Stalin, ha smesso di parlare al presente, quanto a un avanguardismo che, pura forma ormai rivoluzionariamente sfiatata, diventa motivo di legittimazione di un potere economico autodefinitosi democratico. Lo stesso potere che, nel frattempo, è capace di inglobare quella bellezza che, in un precedente stato di innocenza, era capace di sottrarvisi: pensiamo alla struggente ode a Marilyn (CI I, pp. 397- à figura appata, annegata nella reificazione dei corpi innocenti in Salò. Più che in

on un passo ternario di intensità crescente il segno disperato, il colore stridente, le figure contorte che si risolve nel tremore della bandiera rossa, in primo piano la gamma cromatica, con un impatto enormemente icastico. Accompagnato, per di più, al montaggio sulle opere di Guttuso, riprodotte rigorosamente a colori, in una scala dalla dominante vividamente purpurea. Siamo nello stesso clima di intensità ideologica ed emotiva, lo accennavo prima, di altri passi pasoliniani: tra tutti, eiterazione formulare Stupenda e misera città nel Pianto della scavatrice; ma soprattutto, attraverso la forma sopravvissuta e morente delle bandiere, la chiusa di un altro testo chiave, Le belle bandiere, dalla sezione Una disperata vitalità in Poesia in forma di rosa, laddove il tono altamente espressivo

sventolio / delle bandiere rosse. Dio!, belle bandiere / degli Anni che traspariva con la fulgida miseria / delle coperte di seta, dei bucati delle famiglie operaie / e col

Sulla scorta del metodo longhiano un metodo che, attraverso la breccia conoscitiva della prosa, si fa equivalenza dello stile 29 come se si trovasse di fronte a un quadro, e preso nota dei dettagli che incrinano del dettato. Dettato che nei brani citati dalla Rabbia e da Poesia in forma di rosa opere uscite nel corso del biennio 1963-4 mostra simili tratti e decisiva affinità, dalla concitata emozione dei punti esclamativi alla dominanza di elementi cromatici, per non dire degli elenchi aggettivali ordinati in sequenze di climax ascendente o discendente. Solo che ora, con la mescolanza tra poesia e au la propria integrazione. Abbiamo detto, raccogliendo la suggestione di un saggio ormai classico di un quadro(17) divide lo sguardo sul reale dalla parola che lo connota. Il lavoro sui materiali di Mondo libero è però ancora diverso. La realtà come peraltro nei film , la realtà, dicevo, è ridotta a equazione di quadri filmici. Ma non vi è più spazio (profilmico) da plasmare o ricreare, né attori-uomini che debbano ripetere davanti al velo le azioni che scandiscono le loro giornate (). Vi è, più semplicemente, una di squarciare tale fonte: la parola scritta e detta, con i suoi accenti critici, va a riplasmare riplasmare, dunque, la realtà, che si trova abitata da nuovi significati. In tal senso, per usare ancora le parole di Siti, «il ci

Ecco la realtà preesistente dico preesistente perché era già stata catturata da altri obbiettivi viene catturata nuovamente dai cataloghi della più corriva banalità estetica e ideologica e, attraverso la parola, forata mescolanze stilistiche, che il regista della Ricotta desume dal bagaglio stilcritico di Erich Auerbach e riusa in funzione di una sua adesione non illustrativa alla rappresentazione della realtà. In Accattone ciò accadeva attraverso un turbinio di conflitti stilistici che, nel contrasto tra colonna sonora e visiva e anche all vedevano convivere il sublime della musica di Bach con il volgare del dialetto, la selva di riferimenti pittorici di ispirazione religiosa con azioni terragne o violente, ma allo stesso tempo tragiche, magari di classica compostezza; per cui una chiara Madonna con bambino è in realtà una donna sottoproletaria che, col figlio neonato in braccio, assiste a una comune scazzottata ipso facto mutata in una lotta tra eroi o dalle lamiere rugginose delle baracche. Nella Rabbia, invece, tutto inizia dal contrasto, almeno ideale, tra testo e immagine; tra il tono elevato o sostenuto della voce poetica, ad esempio, e la convenzionalità o la rozzezza di alcuni piani di cinegiornale; eppure, Pasolini stesso già avvertiva in fase di progettazione del film, in qualsiasi clic: un volto, un dettaglio strisciante o celato, un gesto, fosse magari il semplice «sorriso di uno sconosciuto», o quello, di tartaruga, di un Papa Roncalli appena eletto (CI II, p. 3067). A quel punto la mescolanza stilistica diviene interna allo stesso found footage nota vocale, di far emergere certi armonici altrimenti inaudibili. Si aggiunga poi che, in questa tendenza alle contaminazioni entra anche la mescolanza dei generi e delle ton alla scena XX in sceneggiatura, CI p. 368) insiste in un modo che va al di là di una semplice ricorrenza retorico- iata la Controrivoluzione. // Nere perdonano». E ancora, poco oltre: . Le ricorrenze sono innumerevoli, se ne contano quasi in ogni sezione (sequenza). Per ora restiamo su questa, centrale sia per la sua posizione in apertura che per il tema cruciale, quello della repressione a ed europea, e 30 alla successiva necessità di ripensare la propria posizione politico-culturale(18). Siamo subito oltre i Adagio in sol minore (lo pseudo-Albinoni, per timo cartello e il primo fotogramma del film attacca il violino, con la celebre, struggente melodia che così tanto ricorda quella di un altro adagio, il movimento finale del quintetto per archi «K 516» di Mozart, che Pasolini utilizzerà in una delle sequenze più belle e misteriose del suo repertorio, quella delle marionette morenti di fronte al cielo, da esse visto per la prima volta, in Che cosa sono le nuvole? (1967). Questa prima immagine non è, però, un filmato. La rabbia si apre infatti su una serie di fotografie che documentano le azioni militari a Budapest, la prima delle quali ritrae un cadavere, supino in una pozza di sangue, trucidato incorniciato di Lenin, caduto dal muro ma rimasto in verticale e visibile, tra le braccia contratte che montaggio delle fotografie, sulle quali tro Longhi nel suo critofilm sul Carpaccio (1950) però la macchina da presa compie i suoi movimenti (è il caso qui alcune esperienze del film sperimentale e del film-saggio di quegli anni: prima tra tutte, La jetée (1962) di Chris Marker, interamente costruito sullo scorrere di immagini fotografiche accordate a fonti: alla borghesia moderna a contrappuntare una voce in prosa (ancora affidata a Bassani, anziché a

La tragedia è scongiurata. Tira il tuo sospiro di sollievo, voce della quotidiana volgarità» (CI I, p. 376, passo in corsivo non presente nel film). Questo in un un taglio di montaggio che vira d'improvviso dalle scene di festeggiamenti per la vittoria a Cuba, con relativa musica rivoluzionaria (que viva Fidel, vivan los barbudos lette ancora da Bassani, un brano di jazz orchestrale che si accompagna alle successive scelte tratte da Mondo libero e Ciampino, Sofia Loren che, in una pausa del set di La donna del fiume di Mario Soldati, assiste alla cattura e alla lavorazione delle anguille in una peschiera del Polesine ecc. Ecco che assistiamo Rabbia. Notiamo innanzitutto un microscopico dettaglio, magari casuale, ma di un certo impatto stilistico: se è vero che la voce

«Ava Gardner ama molto il nostro paese: e tutte le occasioni sono buone Ciampino. Ava!» (CI I, p. 377) , come a pretelevisiva, in urto con le potenzialità i che, nella ripetizione di un membro linguistico sia in funzione di soggetto o vocativo , mostra combinazioni di lettura diverse, capaci di approfondire criticamente o di illuminare altri dettagli. ad esempio, può essere accompagnata da una sorta di anafora visiva (gruppi iconografici che si ripetono, come il teschio a cui accennavo)(19); ma, soprattutto, assurge, nella sua ossessiva cadenzatura, a una vera e propria reiterazione formulare, tipica della sfera stilistica del sacro (i salmi, ma anche le scritture evangeliche), da Carla Benedetti ricondotta invece, con analisi che non nega ma integra tale sfera, a quella del tragico(20) mondo futuro / era rimasta solo la bellezza, e tu, / povera sorellina minore, / quella che corre dietro i tua anima di figlia di piccola gente, / non ha mai saputo di averla, / perché altrimenti non sarebbe 31 stata bellezza» (CI I, pp. 397-8). Queste pagine, scritte per la morte di Marilyn Monroe, tra le poche

Pasolini, al pari della celebre Supplica a mia madre. Due cose, ora, ci possono colpire: innanzitutto piana e sottilmente commossa di Bassani, ma che, se così si può dire, è tutto già dentro la prosodia di quei versi; in secondo luogo, ancora la reiterata traduzione formulare di quella bellezza perduta sparita come , come su cui è innervato il canto elegiaco: perdita(21) che allo stesso tempo vede, nella lettura data da Sandro Bernardi, la sopravvivenza del Metamorfosi(22), la termine.

In definitiva, abbiamo registrato la consueta tendenza pasoliniana alla mescolanza: elegia? Tragedia? Poesia? Saggio polemico o ideologico? Uso, in senso estetico e etnologico, del concetto dell polarizzare toni e forme in tale espressione, utilizzando il materiale che si ha davanti, il materiale del reale e il materiale del reale filtrato attraverso il linguaggio. Siamo insomma di fronte a una saggio ideologico e poetico, con le sue fonti imprescindibili di materiale preesistente. Mi viene da pensare a una delle angolazioni attraverso le quali il giovane Lukács ci parla del critico, del saggista, della forma del saggio: «Negli scritti del critico la forma è la realtà, la voce con cui rivolge le sue esperienza, solo come in ogni manifestazione diretta, sensibile della vita»(23). E poco oltre: «il saggio parla sempre di qualcosa che è già formato o almeno di qualcosa che è già esistito una volta; è proprio della sua

to ad

Il regista- dalla prospettiva più defilata possibile, guardandola attraverso materiali già girati da altri, anche se fossero i più volgari che esis alcuni accenti critici in versi o invettive o acuminate pagine ironiche in prosa. È un vero rimo momento voce poetante porta le osservazioni a un altro livello di acume critico, attraverso le armi dello stile e -verbale ecc.). «Ronza / nel

/ Ah Francia, la viltà!» (p. clima tragico che però non si risolve, nelle cui maglie resta impigliato come i corpi dei sottoproletari ed eroi greci di Accattone, avvinghiati nella lotta. Vi è in questi due momenti la differenza tra rivoluzionario e arrabbiato, su cui Pasolini si è diverse volte soffermato, alla base di -Huberman(24). Rischio del rivoluzionario, una volta sovvertito il potere, è quello di farsi a sua volta potere. La rabbia invece è figura di una critica permanente, sublimemente incarnata, secondo Pasolini, da Socrate: quello stesso Socrate di cui potrebbe corrispondere al desiderio, alla Sehnsucht, a quella ricerca del dettaglio del montaggio come connessione di dettagli 32

Il saggio ideologico diventa dunque saggio poetico. Ma in un turbinio di stili, di immagini filmate da altri, interpolazioni di fotogrammi fissi e dipinti fotografati, nella rifrazione pendolare del senso tra immagine e parola: qui il poetico torna a essere ideologico, per poi cambiarsi ancora in poetico. Le istanze convivono, si annientano, si conciliano, rinascono. Lo dimostra perfettamente, così mi a sorta di punctum fluens(25), che ritorna cioè mascherato in altri fotogrammi, in altre sequenze: un ragazzo che urla con bandiera rossa tipico soggetto di Guttuso vo, il cui grido refrain della voce in poesia e una bandiera rossa ha il tremore di , la cui rabbia rivoluzionaria si contamina garzoncelli pasoliniani di Ragazzi di vita o delle Ceneri di Gramsci, eredi diretti di quelli caravaggeschi, modelli di quadri celebri (penso al giovane morso

Su tutto, i realtà» (PO II, p. 1288). Mi pare che un passo che sunteggia il breve, ma intensissimo, scritto pasoliniano sulla musica da film possa da sé chiosare sulle diverse istanze le abbiamo sintetizzate, ideologia e poesia che si alternano, si scambiano, si annullano e convivono dentro La rabbia (in CI II, p. 2795, corsivi miei):

La funzione principale [della musica del film] è generalmente quella di rendere esplicito, chiaro, fisicamente presente il tema o il filo conduttore del film. Questo tema o filo conduttore può essere di tipo concettuale o di tipo sentimentale. Ma per la musica ciò è indifferente: e un motivo musicale ha la stessa forza patetica sia applicato a un tema concettuale che a un tema sentimentale. Anzi, la sua vera funzione è forse quella di concettualizzare i sentimenti (sintetizzandoli in un motivo) e di sentimentalizzare i concetti. La sua è quindi una funzione a ambiguità della funzione della musica è dovuta al fatto che essa è didascalica e emotiva, contemporaneamente. Ciò che essa aggiunge alle immagini, o meglio, la trasformazione che essa opera sulle immagini, resta un fatto misterioso, e difficilmente definibile.

Alessandro Cadoni

Note. (1) EE, p. 69. Per quanto riguarda le citazioni da opere di Pasolini, in questo testo verranno utilizzate le seguenti sigle: CI: Per il cinema, a cura di Walter Siti e Franco Zabagli, Milano, Mondadori, 2001, 2 voll; EE: Empirismo eretico, pref. di Guido Fink, Milano, Garzanti, 2003 (19721); PO: Tutte le poesie, a cura e con uno scritto di Walter Siti, Milano, Mondadori, 2003; RA: , La rabbia, a cura di Roberto Chiesi, Bologna, Edizioni Cineteca di Bologna, 2009; SLA: , a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Milano, Mondadori, 1999, 2 voll. (2) Si veda, ad esempi, Hervé Joubert-Laurencin, Cucina della strega. Petrolio e il cinema, «Parol», anno XXVII, n. 22, luglio-dicembre 2012, pp. 100-107, spec. pp. 100-02. (3) uscita il 14 aprile del 1963, riportata nelle Note e notizie sui testi prima dimenticato o ingiustamente liquidato tra le opere minori e non riuscite. (4) Dopo un oblio più che quarantennale sul film, considerato in coda alla filmografia pasoliniana, diversi studi ne hanno portato alla luce la genesi e analizzato vari tratti. Tra i vari, specialmente per la ricostruzione storiografica, si rimanda principalmente a Roberto Chiesi, La rabbia. La genesi del , «Studi pasoliniani», 3, 2009, pp. 13-26. (5) Ivi, p. 14. La banalità di questo assunto - - può però trovare sorprendente risonanza nella forma del saggio, nelle sue radici; pensiamo infatti non tanto alle Lettere persiane di Montesquieu, quanto a un loro possibile antecedente in una pagina dei Saggi nella quale, rovesciata la prospettiva di osservazione, Montaigne rivanga un suo incontro, a Rouen nel 1562, con tre 33 indios della Francia antartica, trovatisi sotto precisa domanda a dover esprimere la propria opinione sui costumi dei colonizzatori. (6) «Ho lavorato per settimane e mesi; è stato un lavoro massacrante, perché la moviola è un lavoro terribile di per sé» (CI II, p. 3067). (7) Marco Bertozzi, , Venezia, Marsilio, 2008, p. 181. (8) Tra tutti, faccio gli esempi di Adelio Ferrero, Il cinema di Pier Paolo Pasolini, Marsilio, Venezia, 2005 (19771) e di Antonio Tricomi, , Roma, Carocci, 2005, p. 312. Tra le eccezioni, invece, possiamo annoverare Hervé Joubert-Laurencin, Pasolini. Portrait du poète en cinéaste, Paris, Cahiers du cinéma, 1995, pp. 137-49 e Silvestra Mariniello, Pier Paolo Pasolini, Madrid, Cátedra, 1999pp. 209-16. (8) Alla varietà degli studi inclusi in Suzanne Liandrat-Guigues Murielle Gagnebin, (a cura di), essai et le cinéma, Seyssel, Champ Vallon, 2004 vanno recentemente ad aggiungersi due importanti volumi: Timothy Corrigan, The Essay Film. From Montaigne, After Marker, New York, Oxford University Press, 2011; Laura Rascaroli, How the Essay Film Thinks, New York, Oxford University Press, 2017. (10) Leggibile, come si è detto, in CI I, pp. 353-404 (da dove saranno tratte le citazioni), e poi nel bel volume del 2009 curato da Roberto Chiesi per i tipi della Cineteca di Bologna (RA). (11) Come hanno notato anche Roberto Chiesi, , cit., e Maria Rizzarelli, Un blob su , in Autori, lettori e mercato nella modernità letteraria, a cura di Alberto Zava, Ilaria Crotti, Enza Del Tedesco, Ricciarda Ricorda, Pisa, ETS, 2011, pp. 267-276 (pp. 274-5). (12) V. CI I, p. 378 (p. 379 la successiva citazione). Le omissis segnalano direttamente il taglio operato nel montaggio finale del film, i corsivi (miei) leggerissime varianti (divino > divin) dalla sceneggiatura al film. (13) Zsuzsa Baross, In praise of La rabbia, «La Rivista», n. 4, 2015, pp. 82-92 (cfr. p. 92). (14) V. L. Rascaroli, How the Essay Film Thinks, cit., pp. 124-41. (15) tormentato, cit., p. 22. (16) Cfr. EE, spec. pp. 186-7. Si pensi, a tal proposito, anche a una pagina del Lukács maturo: «Ciò che bisogna assolutamente evitare è proprio ciò che svolge solitamente la parte principale nella teoria borghese- tecnica letteraria, nella formulazione immediatamente tecnica. Ciò procura bensì una chiarezza a buon moderno antiquato à à oscura proprio i problemi formali decisivi ed essenziali, confonde la dialettica essenziale interna dei trapassi. La polarizzazione apparentemente chiara che risulta da un siffatto modo di vedere, determina una falsa fissazione di trapassi come poli, e oscura i principi che determinano le vere opposizioni», György Lukács, Le ia, in Id., Arte e società, Roma, Editori Riuniti, 1977 (19721), pp. 115-156 (questa cit. pp, 115-16; questo saggio già in Id., Il significato attuale del realismo critico, Torino, Einaudi, 1957, 115-16). (17) Il sole vero e il sole della pellicola, o sull , «Rivista di letteratura italiana», VII, 1, 1989, pp. 97-131 (v. pp. 104 e ss.). (18) Come si vede dalle successive sequenze, Pasolini nel vero senso della parola inizia proprio in questi io raggio e decentrare la propria posizione, attraverso uno sguardo rivolto Pasolini, Fanon e , «Studi pasoliniani», 7, 2013, pp. 49-62. (19) Cfr. ancora Maria Rizzarelli, , cit., p. 275. (20) C. Benedetti, La rabbia forma tragica, «Arabeschi», n. 6, luglio-dicembre 2015, pp. 40-53, cfr. p. 43 e passim. (21) nuance stilistica, prende piede quasi sempre, almeno nella modernità, dalla categoria esperienziale della perdita, cfr. John B. Vickery, The Prose Elegy, Louisiana State University Press, 2006. (22) Ma su come il concetto, non soltanto warburghiano, di sopravvivenza agisca più a fondo in Pasolini, si veda Gian Luca Picconi, , in Le tradizioni popolari nelle opere di Pier Paolo Pasolini e Dario Fo, a cura di L. El Ghaoui e F. Tummillo, Pisa, Fabrizio Serra Editore, 2014, pp. 69-78, spec. p. 77. (23) György Lukács, , trad. e nota di Sergio Bologna, con uno scritto di Franco Fortini, Milano, SE, 2002 (19721, Sugar), p. 24; cit. successiva p. 27. 34

(24) Rabbia poetica. Nota su Pier Paolo Pasolini, «Carte Semiotiche» ,Ottobre 2013, pp. 79-9. (25) Cfr. Antonio Bisaccia, Punctum fluens, Milano, Meltemi, 2017.

35

APPENDICE

triali, anche gli uomini che misurano persino i fenomeni naturali in cifre

36

2. e li fanno schiavi dei dividendi, diventano poeti

37

, voce degli industriali, voce della finta imparzialità

38

4. essi diventano poeti,

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5. pu ,

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, dovrei insegnare le glorie della pittura sovietica

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7. Guardate come sono ben eseguiti questi nostri compagni minatori, queste nostre compagne

onario che fa il suo dovere come ai giorni di Stalin!

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8. Ma -

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9. Giovani donne nella pinacoteca

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10. Giovani uomini nella pinacoteca

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,

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, e il colore stridente,

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13. e le figure si contorcono come i cremati di Buchenwald,

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14 .

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16. Noi non siamo a Mosca o a Leningrado, ma nelle fabbriche dove si combatte la lotta di classe...

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17. Madonna (sottoproletaria) con bambino (Corete, s'ammazzeno)

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18. Eroi sottoproletari (tragici) lottano nella polvere

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19. ... un volto, un dettaglio strisciante o celato, un gesto, fosse magari il semplice «sorriso di uno sconosciuto» ... gente di dell'uomo)

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20. Incipit (attacco con ingresso del violino)

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21. Que viva Fidel vivan los barbudos...

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22. Voce dell'umorismo sciocco (teschio)

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24. Ragazzo morso da un ramarro