“70” Parlare Di Pier Paolo Pasolini, Personaggio Alquanto Controverso
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Negli anni “70” parlare di Pier Paolo Pasolini, personaggio alquanto controverso sia per la sua grande versatilità, sia per la sua ostentata omosessualità e le sue vicende giudiziarie, era pressoché un tabù per noi giovani del paesello, assai bigotti e lontani dal fermento di quella meglio gioventù alla quale appartenevamo ma che non vivevamo con uguale intensità. Dopo aver casualmente potuto apprezzare la poesia “Supplica alla madre”, che ho precedentemente scritto nel mese di Maggio nel nostro “Salotto di Poesia”, mi è rinato il desiderio di conoscere più da vicino questo grande artista in tutti i suoi aspetti. Quindi, insieme alle mie allieve- colleghe del Corso, ho intrapreso un viaggio nel variegato mondo di Pier Paolo Pasolini. Artista a tutto tondo, si è dedicato con uguale passione al lavoro poetico, che si è poi intrecciato con quello narrativo, per divenire in seguito attività cinematografica ed infine giornalistica. Il suo punto di partenza è stata la raccolta “La meglio gioventù”, scritta in dialetto friulano,luogo di origine della madre, ma da lui molto amato perché vi trascorse gli anni giovanili , quelli durante la guerra e anche quelli dopo, come insegnante nella scuola media, dalla quale venne allontanato per uno scandalo a sfondo sessuale. In tale raccolta il poeta si esprime in dialetto con coraggio, pur avendo precedenti illustri nazionali e rifacendosi anche al grande Romancero spagnolo, in quanto considera il dialetto la lingua del mondo contadino da cui proviene. Nella raccolta “L’Usignolo della Chiesa Cattolica”, letterariamente molto elaborata, troviamo poesie- litanie che contengono la confessione della sua omosessualità dichiarata, ma vissuta con i sensi di colpa inculcati da un’educazione cattolica che lo porta a vivere in maniera spesso contraddittoria. Nel sottofondo delle sue opere è sempre evidente la sua propensione religiosa, il suo impegno politico e la sua visione marxista, che avrà Gramsci come simbolo dominante. Incriminato per corruzione di minorenni, messo alla gogna dai cattolici e radiato dal partito comunista, si trasferirà a Roma e qui scoprirà il mondo dei degradati delle borgate e dei vicoli in cui pullula il vizio, che si compiacerà di dipingere non solamente nelle sue poesie ma anche nei suoi romanzi. Sarà Sergio Citti ad introdurlo al dialetto romanesco e alla vita delle borgate che saranno poi lo sfondo dei suoi primi romanzi e dei suoi primi film. Con la notorietà letteraria hanno inizio gli attacchi giornalistici e la persecuzione giudiziaria. La pubblicazione di “Ragazzi di vita” nel 1955, gli costa l’incriminazione per”contenuto pornografico”, ma sarà assolto grazie alle testimonianze a suo favore di Carlo Bo e Ungaretti. Nel 1957 vince il premio Viareggio per la raccolta “Le ceneri di Gramsci”, scrive i testi della “Religione del mio tempo”e collabora con Fellini alla sceneggiatura di “Le notti di Cabiria”. Dopo aver girato il suo primo film “Accattone”, accolto con grandi polemiche a Venezia, nel 1962 gira “Mamma Roma” e l’anno dopo “ La ricotta”, per cui sarà accusato di vilipendio alla Religione di Stato e condannato a quattro mesi di reclusione. Ma la sua attività di poeta, scrittore, regista ha un lungo seguito, dimostrando sempre più quanto sia un personaggio eclettico. Nel 1964 pubblica la raccolta “Poesia in forma di rosa” e gira il film “ Il Vangelo secondo Matteo” che gli fa vincere il premio dell’Organizzazione cattolica e gli permette di avere i giusti riconoscimenti in tutta Europa. Continua la sua attività di poeta, scrittore di romanzi e anche di teatro e si dedica con sempre più passione alla scrittura di una serie di film che lo annoverano tra i massimi rappresentanti del nostro Cinema. Nel giugno del 1968, all’indomani degli scontri tra studenti e polizia a Valle Giulia, pubblica sull’Espresso la poesia “Il Pci ai giovani!”, in cui prende le difese dei poliziotti, figli del proletariato, contro gli studenti, figli di papà. La mattina del 2 Novembre 1975, il suo corpo straziato viene ritrovato su uno sterrato dell’Idroscalo di Ostia e a tutt’oggi l’inchiesta sulla sua morte è aperta. Selezionare delle poesie è stato sicuramente arduo, ma come dico spesso nelle nostre serate, scelgo sempre quelle che mi emozionano maggiormente e contengono dei messaggi ancora attuali. Ritengo che quelle che seguono siano veramente efficaci in questo momento storico in cui i nostri giovani stanno vivendo in una nazione corrotta che non si preoccupa del loro futuro e li porta a dover resistere, quando vengono emarginati per le loro diversità e spesso li costringe a cercare in altri paesi il giusto apprezzamento per le loro eccellenze. La meglio gioventù Un poco ubriachi cantano, alla mattina presto, coi fazzoletti rossi stretti intorno alla gola, poi comandano rauchi quattro litri di vino e caffè per le ragazze, che ormai tacciono piangendo. Venite, treni, caricate questi giovani che cantano coi loro blusoni inglesi e le magliette bianche. Venite, treni, portate lontano la gioventù a cercare per il mondo ciò che qui è perduto. Portate, treni, per il mondo, a non ridere mai più, questi allegri ragazzi scacciati dal paese. La crocifissione Tutte le piaghe sono al sole ed Egli muore sotto gli occhi di tutti: perfino la madre sotto il petto, il ventre, i ginocchi, guarda il Suo corpo patire. L’alba e il vespro Gli fanno luce sulle braccia aperte e l’Aprile intenerisce il Suo esibire la morte a sguardi che Lo bruciano. Perché Cristo fu ESPOSTO in Croce? Oh scossa del cuore al nudo corpo del giovinetto... atroce offesa al suo pudore crudo... Il sole e gli sguardi! La voce estrema chiese a Dio perdono con un singhiozzo di vergogna rossa nel cielo senza suono, tra pupille fresche e annoiate di Lui: morte, sesso e gogna. Bisogna esporsi (questo insegna il povero Cristo inchiodato?), la chiarezza del cuore è degna di ogni scherno, di ogni peccato di ogni più nuda passione... (questo vuol dire il Crocifisso? sacrificare ogni giorno il dono rinunciare ogni giorno al perdono sporgersi ingenui sull’abisso). Noi staremo offerti sulla croce, alla gogna, tra le pupille limpide di gioia feroce, scoprendo all’ironia le stille del sangue dal petto ai ginocchi, miti, ridicoli, tremando d’intelletto e passione nel gioco del cuore arso dal suo fuoco, per testimoniare lo scandalo. ti aspettasse il lavoro paziente, Serata romana da cui a quest'ora gli altri rincasano? E' il primo dopocena, quando il vento, sa di calde miserie familiari, Dove vai per le strade di Roma, perse nelle mille cucine, nelle, sui filobus o tram in cui la gente, lunghe strade illuminate, ritorna? In fretta, ossesso, come, su cui più chiare spiano le stelle. dei caldi platani. Lastre d'una smorta, Nel quartiere borghese, c'è la pace, sequenza, sull'altra sponda, empiono, di cui ognuno dentro si contenta, il cielo di lavato, plumbei, piatti, anche vilmente, e di cui vorrebbe, gli attici dei caseggiati giallastri. piena ogni sera della sua esistenza. E io guardo, camminando per i lastrici, Ah , essere diverso - in un mondo che pure, slabbrati, d'osso, o meglio odoro, è in colpa - significa non essere innocente... prosaico ed ebreo - punteggiato d'astri, Va, scendi, lungo le svolte oscure, invecchiati e di finestre sonore del viale che porta a Trastevere: il grande rione familiare: ecco, ferma e sconvolta, come, la buia estate lo indora, dissepolta da un fango di altri evi, umida, tra le sporche zaffate, a farsi godere da chi può strappare, che il vento piovendo dai laziali, un giorno ancora alla morte e al dolore, prati spande su rotaie e facciate. ha ai tuoi piedi Roma... E come odora, nel caldo, così pieno, Scendo, attraverso Ponte Garibaldi, da esser esso stesso spazio, seguo la spalletta con le nocche, il muraglione, qui sotto: contro l'orlo rosicchiato della pietra, da ponte Sublicio fino sul Gianicolo, il fetore si mescola all'ebbrezza, della vita che non è vita. Impuri segni che di qui sono passati, vecchi ubriachi di Ponte, antiche prostitute, frotte di sbandata, ragazzaglia: impure tracce, umane che,umanamente infette, son lì a dire, violente e quiete, dura nel tepore che la notte, questi uomini, i loro bassi diletti teneramente fiata, sulla volta, innocenti, le loro misere mete. La Resistenza Così giunsi ai giorni della Resistenza senza saperne nulla se non lo stile: fu stile tutta luce, memorabile coscienza di sole. Non poté mai sfiorire, neanche per un istante, neanche quando l'Europa tremò nella più morta vigilia. Fuggimmo con le masserizie su un carro da Casarsa a un villaggio perduto tra rogge e viti: ed era pura luce. Mio fratello partì, in un mattino muto di marzo, su un treno, clandestino, la pistola in un libro: ed era pura luce. Visse a lungo sui monti, che albeggiavano quasi paradisiaci nel tetro azzurrino del piano friulano: ed era pura luce. Nella soffitta del casolare mia madre guardava sempre perdutamente quei monti, già conscia del destino: ed era pura luce. Coi pochi contadini intorno vivevo una gloriosa vita di perseguitato dagli atroci editti: ed era pura luce. Venne il giorno della morte e della libertà, il mondo martoriato si riconobbe nuovo nella luce... Quella luce era speranza di giustizia: non sapevo quale: la Giustizia. La luce è sempre uguale ad altra luce. Poi variò: da luce diventò incerta alba, un'alba che cresceva, si allargava sopra i campi friulani, sulle rogge.. Illuminava i braccianti che lottavano. Così l'alba nascente fu una luce fuori dall'eternità dello stile... Nella storia la giustizia fu coscienza d'una umana divisione di ricchezza, e la speranza ebbe nuova luce. Alla mia nazione Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico ma nazione vivente, ma nazione europea: e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, governanti impiegati di agrari, prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino! Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti, tra case coloniali scrostate ormai come chiese.