8 FDS 216 ▼ In Copertina • di Mauro Bragagna Le età di

Un viaggio fra Anni Sessanta e Anni Ottanta alla riscoperta dei suoi album più importanti o abbiamo già salutato sull’ul- ciclo della natura seme-pianta-seme. morte di Lou ci ha lasciato un vuoto timo numero, al volo, quando Nella società moderna, come ha os- grosso così. Le sue note ci girano per Fedeltà del Suono stava per an- servato Massimo Fini, la morte è con- la testa mentre mangiamo, mentre Ldare in stampa (già... N.d.R.). Dopo siderata il Grande Vizio, tanto che siamo nel traffico, persino mentre ve- un mese il magone non è passato, non si osa neppure nominarla, come diamo in tivù per l’ennesima volta anzi. Anche se la lettera d’addio pub- si evince dai necrologi: se ne è an- “L’aereo più pazzo del mondo”, che blicata dalla moglie, Laurie Ander- dato, si è spento, ci ha lasciato… nes- ci lascia tristi come il congresso di un son, così piena di energia positiva, ci suno che scriva “è morto”. Posto che partito italiano. Ma come diceva ha ricordato le morti della società la società dei consumi non contem- Zappa, music is the best, non c’è pre-industriale, serene perché consi- pla la morte, perché non sopporta modo migliore di ricordarlo che suo- derate – giustamente – inevitabili, nel l’idea che nulla sia per sempre, la nare i suoi dischi. Il suo ultimo la-

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vano al centro commerciale, tanto bianco, che ci fai in questo quar- con Lou non si sbaglia mai, tolti un tiere?/ stai facendo la corte alla no- paio di album degli Anni Ottanta, se stre donne?/ Scusi signore, non mi si cerca la bellezza anche lungo i sen- passava neanche per la testa/ sto tieri più impervi. Come ci ricorda solo cercando un caro amico (“Wai- Laurie Anderson: “è morto domenica ting for My Man”) mattina guardando gli alberi ed ese- guendo la famosa forma 21 del Tai È opinione diffusa che le opere prime Chi, con le sue mani da musicista che abbiano sempre qualcosa di unico e si muovevano nell’aria. Lou è stato di speciale. È un luogo comune, pen- un principe e un combattente e so sate ai dischi d’esordio di Beatles, che le sue canzoni sul dolore e la bel- Dylan e Rolling Stones, sono ben lezza del mondo riempiranno molte poca cosa rispetto alle meraviglie che persone con la gioia incredibile che hanno pubblicato in seguito. Ma l’al- lui provava per la vita. Lunga vita bum con la banana sì, è proprio alla bellezza che arriva dall’alto un’altra storia, è un piccolo miracolo verso di noi e ci attraversa.” (dai semi cattivi). Anche se all’epoca fu un clamoroso insuccesso nono- “ and stante , autore della ce- ”, 1967. Prodotto da Andy War- lebre copertina, che nella versione hol. originale, e nelle ristampe più chic, prevede la possibilità di sollevare la Ventisei dollari in mano/ all’altezza buccia gialla lasciando intravedere voro, Lulu, lo abbiamo messo in co- di Lexington 1-2-5, mi sento sporco e una polpa insolitamente fucsia. Gra- pertina e anche i titoli della maturità, malato, più morto che vivo/ sto fica a parte, la “produzione” del da Ecstasy a See The Twilight Ree- aspettando il mio uomo/ ehi ragazzo Maestro della pop-art fu solo nomi- ling, dischi che hanno sempre tro- vato posto in queste pagine, meritano di essere riscoperti. Il Lou Reed degli ultimi decenni è un mu- sicista che ha scoperto la perfezione, raggiunta quando non c’è più nulla da togliere, la sua musica si è fatta sempre più essenziale, a volte anche nei live. Pensate al dimenticato - e sottovalutato - Perfect Night/ Live in London del 1998 o alla reinven- zione di Berlin, forse il suo capola- voro solista, portato in tournée nel 2006 e 2007 e raccolto nel bellissimo Live at St. Ann’s Warehouse. Vo- lendo celebrare Lou e la sua musica oggi, ci siamo posti il problema della reperibilità della stessa, parliamo ovviamente di supporti fisici. Dando un’occhiata all’amata/odiata rete, abbiamo così scoperto che il vi- nile di , l’omaggio a Andy Warhol (soprannominato Drella per essere un po’ Dracula e un po’ Cenerentola, cioè Cinderella), si trova a 600 euro, un pazzo prova a venderlo addirittura a 6000 (sei- mila)! Metal Machine Music in vi- nile non si trova a meno di 100 euro, il cd doppio Poetry sta sui 50. La- sciateli lì. La sua musica si può go- dere con pochi spiccioli restando sui titoli più noti, anche quelli che si tro-

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nale, della serie “suonate quello che mate dal Nostro, e non si può pre- volete che io ho mille cose da fare”. scindere dalla sua chitarra nervosa La musica di The Velvet Under- mentre racconta di un ragazzo con i ground and Nico, realizzato nel 1966 soldi in mano in cerca di uno spac- e pubblicato nel 1967, evoca però il ciatore, l’uomo del titolo (Waiting for suo mondo e se pensiamo a quello My Man), chitarra che diventa dis- che si suonava in quei giorni lascia sonante e selvaggia come il jazz più ancora oggi esterrefatti, storditi, sgo- complicato in European Song (hai menti. Per la prima volta un disco di ammazzato il tuo figlio europeo, hai spu- rock’n’roll non ambisce ad essere tato su chi ha meno di 21 anni), omag- solo un oggetto da consumare piace- gio al poeta Delmore Schwartz, volmente, ma ha la pretesa di essere mentre è meno devastante, musical- un’opera d’arte. E’ musica per adulti, mente, l’omaggio al romanzo di von ha sempre insistito molto su questo Sacher-Masoch “Venere in Pelliccia” concetto, Lou Reed, ed è difficile dar- (Venus in Furs, “lucidi stivali di cuoio, gli torto. Questo articolo lo vuole ce- schiocco di frusta di una donna-bambina lebrare, ma certo non possiamo nel buio”). Sì, quello che ha ispirato dimenticare che i Velvet Under- l’ultimo film di Polanski… The ground erano anche altro, a partire Black Angel’s Death Song è così tor- dalla voce decadente di Nico per ar- bida che, quando i Velvet la suona- rivare alla viola distorta del gallese rono dal vivo, furono licenziati dal , musicista colto e raffinato proprietario del locale la sera stessa; vicino ai suoni contemporanei di La della crudezza di Heroin si è già Monte Young, mentre Reed aveva scritto anche troppo, il titolo dice una vocazione per il rock e persino tutto. Il melodico, meraviglioso per il pop, anche se deviante. Rimane brano d’apertura, cantato da un Lou melanconia di fondo che ti entra den- il fatto che tutte le canzoni sono fir- irriconoscibilmente dolce, ha una tro come un bisturi. E’ la celebre Sun- day Morning, che mentre finge di celebrare il giorno di festa ci ricorda che “la domenica mattina sono solo gli anni sprecati, che ti incalzano”. Un disco ispiratissimo, di più: un capo- lavoro che ci mostra la faccia oscura della luna, qualche anno prima dei Floyd.

Lou Reed, “Transformer”, 1972. Pro- dotto da Mick Ronson e .   Holly è arrivato da Miami, in Flo- rida, ha attraversato l’America in       autostop, lungo la strada si è depi- lato le sopracciglia, si è rasato le         gambe ed è diventato una lei (“Walk on the Wild Side”).     

Il suo primo album “solo” era pas-      sato quasi inosservato, mentre i di- schi dei Velvet Underground, che           oggi sono celebrati in tutte le classifi- che dei dischi più belli di sempre, erano stati un insuccesso di pubblico senza se e senza ma. A questo punto la carriera di Lou Reed sembra a un passo dalla fine, pareva pronto a scomparire come uno Sly Stone, ma quando tutto sembra perduto entra in scena un ragazzo inglese che sta

1 2 18:37 JAZZ Preamplificatore q 5SBTQBSFO[BFDDF[JPOBMF q *NNBHJOFTPOPSBQSPGPOEB OBUVSBMFFEFÙOJUB q /VPWJTUBOEBSEJOUFSNJOFEJQSFDJTJPOFFDPOUSPMMP q 4PHMJBEFMSVNPSFVMUFSJPSNFOUFBCCBTTBUB q 5FDOPMPHJBWBMWPMBSFEJVMUJNJTTJNBHFOFSB[JPOF q "MJNFOUB[JPOFFTUFSOBDPONPEVMP/BHSB"$14**BEBMUFQSFTUB[JPOJ

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sconvolgendo Londra, David Bowie, un artista che deve molto a Lindsay Kemp e altrettanto alle canzoni di Lou scritte per i Velvet Under- ground. Così decide di proteggere e valorizzare il suo sfortunato maestro, producendo quello che sarebbe di- ventato l’unico disco di Lou Reed a entrare nella Top-Ten, Transformer, con riferimenti al travestitismo e al- l’ambiguità sessuale evidenti già nella copertina, tanto che in Italia, nelle prime edizioni, fu parzialmente camuffata con effetti comici. È il disco glam di Lou, tutto lustrini e co- lori sgargianti, che sotto la patina ef- fervescente nasconde le ombre ed i vizi del passato. Persino la sua can- zone pop perfetta, e formalmente lo è davvero, è ancora un’ode alle droghe pesanti, Perfect Day (“proprio una giornata perfetta, mi ha fatto dimenticare me stesso”), e in Walk on the Wild Side, caratterizzata da un basso ed un sax da giacca e cravatta, descrive i personaggi che bazzicavano la Fac- tory di Andy Warhol. È la sua can-

zone più celebre, nonostante la pe- santezza delle situazioni descritte ed un gioco di parole sul sesso alla Bill Clinton. Anche Vicious non è male, per gli standard dell’epoca: ”ti calpe- sto le mani e ti stritolo i piedi, non sei il tipo di persona che vorrei conoscere, per- ché sei un vizioso”. Meno fosca l’at- mosfera di Satellite of Love, scritta ai tempi dei Velvet, dove il tema è semplicemente la gelosia di un uomo, descritto mentre osserva il lancio di un satellite alla tv. Memora- bili i cori di David Bowie, bravissimo alla produzione insieme all’insosti- tuibile Mick Ronson, anche se la sua personalità ha forse finito per snatu- rare un po’ la musica, alcuni episodi fra il cabaret ed il vaudeville sono più vicini al glam di Ziggy che alle visioni di Lou Reed, tanto che finì per prenderne le distanze. Ma in que- sta sede non si poteva saltare l’album con la copertina alla Frankenstein, nel bene e nel male rimane una tappa obbligata.

Lou Reed, “New York”, 1989. Pro- dotto da Lou Reed e Fred Maher.

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Pedro vive accanto al Wilshire conquista nell’insieme. Proprio come Hotel/ guarda fuori da una finestra desiderava Lou, che sulle note di co- senza vetri/ i muri sono di cartone/ pertina scrive che è stato pensato per ha dei giornali sotto i piedi/ e suo essere ascoltato nella sua interezza, padre lo picchia perché è troppo 14 canzoni per 58 minuti di musica, stanco per mendicare/ ha nove fra- “stando seduti come se fosse un film telli e sorelle/ cresciuti da sotto- od un libro”. La produzione è splen- messi/ è difficile correre con le gambe dida: la chitarra di Lou esce dal dif- piene di frustate/ Pedro sogna di es- fusore destro e quella di Mike Rathke sere più vecchio e di uccidere suo dal sinistro, il basso è di Rob Wasser- padre. (“Dirty Blvd.”) mann, la batteria di Fred Maher, ma in un paio di tracce c’è la Maureen Storicamente Transformer è il suo “Moe” Tucker dei Velvet Under- album più importante, ma il “vero” ground, a certificare un ritorno alla Lou Reed si nasconde in altri lavori, semplicità degli esordi. Come autore come Street Hassle, Berlin o Magic Lou è in stato di grazia, descrive la and Loss. Oppure nel brillantissimo New York dell’epoca in un affresco a New York, che non ha singoli por- tinte fosche, ma realistiche: anche la tentosi come quelli sopra citati ma Grande Mela descritta da Holly- wood non è quella dei dépliant turi- stici, sembra Gotham City... Il rock’n’roll di Lou Reed è tutto da leg- gere. Il portoricano Romeo Rodri- guez si “fa” Giulietta (Romeo Had Juliet), l’elenco dei morti per Aids si allunga sempre più (Halloween Pa- rade), i reduci del Vietnam sono ab- bandonati a se stessi (Xmas in February), i genitori non sanno edu- care i figli (Beginning of a Great Ad- venture), la società ti schiaccia e devi resistere (Hold On) e avere fede (Bu- sload of Faith) se non vuoi soccom- bere. Anche perché la politica è il trionfo dell’ipocrisia, rappresentata da un Segretario delle Nazioni Unite ex nazista come Kurt Waldheim (Good Evening Mr. Waldheim), e consente a chi manovra milioni di dollari di dimenticarsi degli ultimi (Strawman). E’ un Lou Reed dallo sguardo profondo e distaccato, che dopo aver imparato a tenere a bada i suoi demoni può permettersi di in- ventare vere e proprie parabole mo- rali, evocando simbolicamente la Grande Balena Bianca di melvilliana memoria, il cui ultimo esemplare è ucciso da un riservista che tiene il ba- zooka in salotto (Last Great Ameri- can Whale). E’ un mondo difficile e spietato, quello di New York, ma la bellezza forse ci salverà. L’ultima delle quattordici canzoni è quindi un omaggio a Andy Warhol (Dime Story Mistery), un anticipo dell’al- bum che gli dedicherà insieme a John Cale (Songs for Drella). Uno dei tanti da non farsi mancare, da recu- perare senza fretta: Lou Reed non la- scia eredi.