Mercato & Cultura: Quanto «Vale» Un Libro?

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Mercato & Cultura: Quanto «Vale» Un Libro? ORIZZONTI 25 mercoledì 30 gennaio 2008 IL CONFRONTO Ferroni, Quondam, Berardinelli, Luperini, Mercato & Cultura: quanto «vale» un libro? Scurati: alla «Sapien- za» l’autocoscienza sempre più asfittico. E, quando ché sversa in spot, usa il linguag- grandi davvero, sennò chi sor- to da Giulio Ferroni (una presen- culturali supponiamo regnino briele Pedullà, Stefano Petruccia- anche ce l’ha, spesso tradisce se gio della pubblicità, come il fa- prende? E l’effetto-boutade va a tazione del quale abbiamo pub- tempi più lenti, meno in debito ni, Francesco Muzzioli, Roma- dei nostri critici lettera- stessa. Perché (succede infinita- moso recensore del magazine farsi friggere. blicato su queste pagine) e da Ro- d’ossigeno, più sontuosi, dove i no Luperini, Armando Gnisci, mente più sovente di quanto il del nostro quotidiano più ven- Questa è la marmellata dove berto Gigliucci, ha permesso di critici-critici, gli storici letterari e Amedeo Quondam, Massimo ri. Quale bussola se- fruitore possa capire) non ubbi- duto, che ogni settimana scopre nuotiamo noi, che di libri scri- cogliere come il disorientamen- i filologi possano ancora usare il Onofri, Alfonso Berardinelli, Ste- disce a un’etica elementare, che «il più grande scrittore italiano» viamo, e voi, che di libri leggete. to permei anche altre stanze: setaccio e vagliare. Il disorienta- fano Jossa, Antonio Scurati, guire per orientarsi cioè il critico abbia letto il libro o il «vero allievo di Proust». Uti- Il convegno che, lunedì, si è svol- l’università appunto, il luogo do- mento è la premessa stessa del- Giorgio Ficara e, spicca come di cui scrive o di cui parla. O per- le dirlo: mai che parli di scrittori to a Roma alla «Sapienza», cura- ve noi affannati quotidianisti l’incontro, cui partecipano Ga- unico nome femminile, Gilda nell’attuale super- Policastro. La questione, come la pone Ferroni, è radicale: non market dei contenuti? può esserci critica letteraria sen- za pensiero critico. E il pensiero ■ di Maria Serena Palieri critico dov’è? Dov’è nel piane- ta? Per vederlo, bisogna spostarsi, nel tempo o nello spazio. Nel tempo («si può giudicare il pre- sente dal punto di vista del pas- sato, non solo il contrario» osser- P va Berardinelli), con la rivisita- artiamo dall’indistinto: un me- zione di alcune figure novecen- gastore di «contenuti», una filia- tesche proposta dal convegno: le di una qualunque delle gran- Giacomo Debenedetti, Theodor di catene, Mondadori o Feltrinel- Adorno, Walter Benjamin. E, li, ma anche Fnac o Barnes & No- nello spazio, finendo nell’altro ble. Dove musica, cinema, libri emisfero, con Gnisci, comparati- condividono lo spazio e, quan- sta, che ne individua l’unica trac- to ai libri, quelli che reggono da cia nella critica alla globalizzazio- tremila anni (Omero) condivi- ne che, da Porto Alegre, viene dono la stanza con i «Valenti- dal Sud del globo. ne» che durano da oggi al 14 feb- In effetti la suggestione più forte braio, ma soprattutto nell’identi- dell’incontro non è in qualche co bancone novità convivono ricetta che se ne ricava, né in un l’ultimo titolo dell’ultimo gene- manifesto stilato. È nell’atmosfe- re di moda (al momento la cosid- ra svecchiata, a-provinciale, che detta «narrativa gastronomica») si respira. Il nome più gettonato con gli scritti postumi di France- è quello dell’intellettuale per de- sco Biamonti, narratore che del- finizione in bilico tra i mondi, il A sorpresa La legge di il nome più Debenedetti gettonato è Un disegno di Guido Scarabottolo per capire se Edward Said un testo nasconda l’intellettuale Per un’estetica della lettura «oro» vero «dei due mondi» consumo), o di chi impugna dente avvelenato nelle flaccide trascendentale», di una da noi, se gli abbiamo o sia fasullo l’estetica del margine come carni degli operatori del «ragione condivisa» il cui sostituito la succedaneità di un Disarmati detonatore sociale, quell’elogio consenso, e in forza di un tramite è l’argomentazione insapore gusto collettivo, è l’accumulo lento e del silenzio lascia il tempo che trova. Alla singolare e affascinante responsabile e retoricamente perché non siamo più avezzi a palestino-americano Edward aveva fatto un’estetica. E, quel lunga, invece di rappresentare paradosso, Onofri celebra in persuasiva delle idee da essere disarmati dalla vertigine Said. E, dietro di lui, del suo mae- che è più stordente, è che è pro- davanti una molla per risvegliare le un bel lavoro, Ragione in comunicare; ma i «valori del bello, alla sua virtù stro Auerbach che, osserva Lupe- babile che alla radice testi così coscienze, può anzi fornire un contumacia. La critica militante condivisibili» incaricati di taumaturgica. Non riesce a rini, dice «la nostra casa filologi- fossero gemellati dall’editore pericoloso alibi al disimpegno ai tempi del fondamentalismo realizzare il migliore dei mondi dirmi granché Harold Bloom ca è la Terra, non può più essere stesso, in una stessa collana. Ec- al bello e alla deresponsabilizzazione. (Donzelli), la liturgia di una possibili - una sorta di quando cerca di convincermi la nazione». Auerbach scriveva co, questo è l’indistinto in cui si Come si deve allora intendere critica intesa come un ponte repubblica maieutica delle della necessità di un canone Mimesis nel ‘46 nel luogo che è muove - compra e legge - il letto- oggi il verbo militare, che si gettato tra la demitizzazione di lettere -, se servono letterario occidentale da cerniera tra due continenti, re-acquirente. E come sceglie? MASSIMO ARCANGELI faccia il mestiere del critico o ogni alterità, disinnescata nelle proficuamente la causa della rivendicare e difendere. Mi Istanbul, e sessant’anni dopo Se è un lettore forte, dipana un quello dello scrittore? In questi sue talora arroganti pretese di militanza critica, non bastano seduce quando sostiene invece sembra che sia il pianeta intero proprio filo: ha letto Yehoshua, os’è la critica militante? ultimi tempi hanno provato a risarcimento, e la riscoperta del a far sì che un critico (o uno la centralità del gusto estetico. a essere così in bilico. gli viene voglia di risalire a uno Romano Luperini, rispondere in molti, alcuni ruolo di un lettore che torna a scrittore) possa esercitare oggi Convinciamocene. Vista da qui, la guerra secon- dei suoi maestri, Faulkner, oppu- C riprendendo a suo approfittando della comoda chiedere alla letteratura - ma la fino in fondo il suo mandato L’illuminismo non ha più do-novecentesca, tutta interna re, se cerca di capire cosa frulla modo le posizioni in materia di sponda offerta da diversi sua, in fondo, è richiesta di civile. L’incontro con il lettore molte frecce al suo arco, e alla critica letteraria, tra conte- in testa alle narratrici trentenni Susan Sontag o di George articoli comparsi sul Corsera, sempre - una qualche risposta può forse avvenire meglio su ancor meno ne possiede il nutisti e non, tra strutturalisti e italiane, esplora Parrella, poi Bal- Steiner, ha fatto sedere anni fa altri schedando ai piccoli e grandi drammi un vecchio - e un tempo realismo. Per tentare di post, si archivia da sola. Mentre lestra. Se è un lettore medio, op- sul banco dei principali diligentemente illustri della sua vita. Gettati alle familiarissimo - campo: quello rianimare la letteratura - e suona singolarmente fresca, e pure occasionale, è facile si lasci accusati dell’insussistenza o esponenti della più battagliera ortiche tutti gli ingombranti del sublime artistico, riossigenare il giudizio critico utile, una delle metafore di De- influenzare dalla pubblicità. Pe- della vacuità di certa critica critica letteraria nostrana. È -ismi novecenteschi dell’ammirazione silenziosa su di essa - forse abbiamo benedetti che ricorda Pedullà. rò la pubblicità palese, dei libri, è letteraria il «microfilologismo quest’ultimo il caso di Filippo (strutturalismo, storicismo, per una bellezza che non ha bisogno, più che di essere In tempi di mercificazione, è poca: costa troppo, valgono spicciolo». Un j’accuse La Porta e Giuseppe Leonelli, ricezionismo, alcun reale bisogno di essere persuasi dagli appelli all’etica una metafora economica: qual un’inserzione solo titoli già for- provvidenziale per iniziare a autori di un saggio uscito per antropocentrismo...), Onofri sostenuta dalla persuasione o della scrittura, di tornare a è il dare e l’avere che il consuma- ti, uno spot al più lo valeva Biagi dire ciò che la critica militante Bompiani (Dizionario della pare aver compreso che l’unico dall’argomentazione. Resistere commuoverci davanti a quel tore-lettore deve e può chiedere (Vespa in tv li ha gratis). La pub- non può oggi permettersi di critica militante. Letteratura e modo, oggi, per essere davvero alle sirene del prodotto che avvertiamo come al libro e al suo autore? «Tu, li- blicità, per i libri, è al 90% occul- essere: un deontologico elogio mondo contemporaneo)che militanti è di sciogliersi in un commerciale come ha fatto il sommamente bello. Se c’è un bro, prendi il mio tempo, in ta. Si annida in quel territorio gri- del particolare (ininfluente) e aspirerebbe a essere, oltreché reciproco abbraccio: soltanto gruppo di Salmon, o smarcarsi sostantivo al quale mi sentirei cambi devi darmi il senso. Al- gio in cui collaborano uffici del minuzioso (pedantesco), un repertorio alfabetico di così l’Io può diventare anche dall’«amicalismo» o dal oggi di abbinare l’aggettivo meno questo, se non la bellez- stampa delle case editrici e gior- che di quel «microfilologismo nomi, un’introduzione storica l’Altro, quell’Altro che, «in fin servilismo dei recensori etico è proprio quello di za. E il senso me lo dai se l’auto- nalismo culturale, in quella ter- spicciolo» sono i più diretti all’argomento a partire dagli dei conti, siamo noi». In tempi conniventi, può essere già bellezza: una «bellezza etica» re ha ubbidito a queste leggi: ra dove convivono interviste, se- eredi, e dell’inutilmente anni Settanta.
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    Capitolo II PER UNA CRONISTORIA DEL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO I DATTILOSCRITTI DEL PREMIO NAZIONALE RICCIONE 1947 1. Romanzo e nevrosi: la riconquista delle cose «Caro Marcello, scusa se son stato zitto tanto tempo. Figurati se metto superbia proprio io! A Riccione se partecipavi vincevi anche tu. Il verdetto della giuria fortunatamente i giornali non l’hanno pubblicato: diceva che non c’era nessun romanzo che valesse gran che, e quei due erano appena appena i meno peggio.»1 Così, in data 26 settembre 1947, quasi a ridosso dell’uscita del Sentiero dei nidi di ragno, l’incipit della lettera al sodale Venturi, l’amico scrittore col quale Calvino intrattiene in questi anni un fitto epistolario. Niente da celebrare, anzi: l’opinione della giuria del Premio Nazionale Riccione, che l’ha premiato ex-aequo con Fabrizio Onofri2, si aggiunge come ulte- riore nota dissonante al già contrastato concerto di giudizi espressi sull’ancora inedito scartafac- cio: «I pareri sul romanzo di chi l’ha letto finora sono molto vari: secondo Pavese è bellissimo, secondo Natalia anche, secondo Ferrata è sbagliato, senza fantasia, scritto in gergo, pieno di con- venzioni e non so cosa altro, secondo Vittorini così così, secondo Balbo il primo romanzo marxista, secondo i miei genitori un insieme di sconcezze che non capiscono come il loro figlio abbia potuto scrivere».3 1 I. CALVINO, Lettere 1940-1985, cit., p. 203. (Le citazioni seguenti dal volume delle Lettere includeranno solo destinatario, data e pagina.) 2 «La giuria del Premio Nazionale Riccione per un romanzo, presieduta da Sibilla Aleramo e presenti i seguenti giudici: Mario Luzi, Guido Piovene, Cesare Zavattini, esaminati i ventotto manoscritti concorrenti non ha potuto riscontrare in nessuno di essi qualità artistiche tali da suscitare il suo deciso consenso.
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