Capitolo II PER UNA CRONISTORIA DEL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO I DATTILOSCRITTI DEL PREMIO NAZIONALE RICCIONE 1947

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Capitolo II PER UNA CRONISTORIA DEL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO I DATTILOSCRITTI DEL PREMIO NAZIONALE RICCIONE 1947 Capitolo II PER UNA CRONISTORIA DEL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO I DATTILOSCRITTI DEL PREMIO NAZIONALE RICCIONE 1947 1. Romanzo e nevrosi: la riconquista delle cose «Caro Marcello, scusa se son stato zitto tanto tempo. Figurati se metto superbia proprio io! A Riccione se partecipavi vincevi anche tu. Il verdetto della giuria fortunatamente i giornali non l’hanno pubblicato: diceva che non c’era nessun romanzo che valesse gran che, e quei due erano appena appena i meno peggio.»1 Così, in data 26 settembre 1947, quasi a ridosso dell’uscita del Sentiero dei nidi di ragno, l’incipit della lettera al sodale Venturi, l’amico scrittore col quale Calvino intrattiene in questi anni un fitto epistolario. Niente da celebrare, anzi: l’opinione della giuria del Premio Nazionale Riccione, che l’ha premiato ex-aequo con Fabrizio Onofri2, si aggiunge come ulte- riore nota dissonante al già contrastato concerto di giudizi espressi sull’ancora inedito scartafac- cio: «I pareri sul romanzo di chi l’ha letto finora sono molto vari: secondo Pavese è bellissimo, secondo Natalia anche, secondo Ferrata è sbagliato, senza fantasia, scritto in gergo, pieno di con- venzioni e non so cosa altro, secondo Vittorini così così, secondo Balbo il primo romanzo marxista, secondo i miei genitori un insieme di sconcezze che non capiscono come il loro figlio abbia potuto scrivere».3 1 I. CALVINO, Lettere 1940-1985, cit., p. 203. (Le citazioni seguenti dal volume delle Lettere includeranno solo destinatario, data e pagina.) 2 «La giuria del Premio Nazionale Riccione per un romanzo, presieduta da Sibilla Aleramo e presenti i seguenti giudici: Mario Luzi, Guido Piovene, Cesare Zavattini, esaminati i ventotto manoscritti concorrenti non ha potuto riscontrare in nessuno di essi qualità artistiche tali da suscitare il suo deciso consenso. […] la giuria ha però constatato che un terzo delle opere sottoposte al suo esame erano degne di considerazione per la com- mossa partecipazione dimostrata dai concorrenti alle recenti vicende della nostra vita nazionale, e segnala […] tra questi per migliori qualità letterarie i romanzi di Italo Calvino e di Fabrizio Onofri, tra i quali la giuria ha deliberato di dividere ex-aequo il premio.» (Archivio della Fondazione Premio Riccione, Collocazione: b 2 1947, fascicolo 2, Segreteria; citato per intero in A. DINI, Calvino al Premio Riccione 1947 cit.). Curiosamente, Calvino riecheggia le parole che Sibilla Aleramo aveva scritto sul proprio diario il 15 agosto, giorno della premiazione, in merito alla qualità letteraria del Sentiero, «libro che non è neppur esso un capolavoro, ma è indubbiamente assieme a quello di Onofri quanto di meno peggio è stato mandato al concorso» (S. ALERAMO, Diario di una donna. Inediti 1946-1960, cit., p. 152). 3 A Silvio Micheli, 20 giugno 1947, p. 194. D’altro canto, il romanzo era stato apposta concepito come «un bocco- ne un po’ amaro da ingoiare per palati conservatori e benpensanti» e non certo come cosa da «passare sotto silenzio» (A Marcello Venturi, 19 gennaio 1947, p. 177). Le reazioni discordanti finita la lettura era quasi date per scontato, per questo testo «molto scabroso e difficile» (A Marcello Venturi, 5 gennaio 1947). 217 Dopo la bocciatura ottenuta nei primi mesi del ’47 al Premio Mondadori4, con il deciso niet di Giansiro Ferrata5, cui aveva fatto invece da pendant l’entusiasmo di Cesare Pavese che, lettore per Einaudi nel gennaio, lo aveva raccomandato per la collana «Narratori contemporanei»6, il Sentiero colleziona poi il tiepido assenso di Elio Vittorini in maggio7, per trovarsi di nuovo sotto mira a Riccione in agosto8, suo malgrado vincitore (ma alla pari). Consolazione postuma, un più veloce 4 «[…] Pavese lo incoraggia a scrivere un romanzo; lo stesso consiglio egli riceve a Milano da Giansiro Ferrata che è nella giuria d’un concorso per un romanzo inedito, indetto dalla casa Mondadori come primo sondaggio dei nuovi scrittori del dopoguerra. Il romanzo che Calvino finisce appena in tempo per la scadenza del 31 dicembre 1946 […] non piacerà né a Ferrata né a Vittorini e non entrerà nella rosa dei vincitori (Milena Milani, Oreste Del Buono, Luigi Santucci)» (I. CALVINO, Nota introduttiva a Gli amori difficili, in Romanzi e racconti, t.2, cit., pp. 1282-1299. La citazione è a p. 1283). Un breve profilo della cronistoria del romanzo in merito alla genesi si trova in B. FALCETTO, «Il sentiero dei nidi di ragno», in I. CALVINO, Romanzi e racconti, t.1, cit., p. 1243-1250 e in F. SERRA, «Gli esordi difficili» cit. (in particolare le pp. 44-48: Serra fa meritoriamente ampio uso dell’episto- lario calviniano, generoso di scambi sui mesi successivi la scrittura, per cui si rimanda anche a I. CALVINO, Lettere 1940-1985, cit., pp. 162-214 passim). 5 A Marcello Venturi, 23 aprile 1947, p. 188: «Ferrata me l’ha stroncato per M[ondadori]; mi ha scritto una lettera con una completa stroncatura del lavoro, definendolo mancante d’invenzione, troppo «tranche de vie», scritto in gergo. Tutte ragioni che non mi convincono affatto: posso benissimo capire che il mio romanzo sia da stron- care, ma le ragioni addotte da F[errata] mi sembrano quanto mai peregrine». A pubblicazione ottenuta, Calvi- no riannoderà il dialogo con una lettera del 6 dicembre: «Caro Giansiro, tanto che non ci scriviamo. […] Il sentiero si vende, c’è chi ne dice bene, chi così così, e chi lo stronca. Nessuno mi convince del tutto. La più fiera stroncatura rimane la tua, e non nego che tu possa aver ragione. Ma so anche che non c’intenderemmo mai in un romanzo e che per ora certo non riuscirò a scrivere meglio» (p. 207). Si cfr. anche la lettera a Elsa Morante del 3 settembre 1948, p. 230: «[Ferrata] incoraggiò e lodò i primi racconti, poi stroncò il romanzo con ragioni che non m’hanno mai persuaso». 6 «È senz’altro da stampare nei N. C.» (C. PAVESE, in B. FALCETTO, «Il sentiero dei nidi di ragno», cit., p. 1244). Su questa collana, ecco quanto indica l’editore stesso: «Realizzata nel 1941 e confluita nel 1947 nei “Coralli’, que- sta iniziativa si proponeva di “raccogliere senza alcun pregiudizio di scuola, narrazioni autentiche e impegna- tive’» (Cinquant’anni di un editore. Le edizioni Einaudi degli anni 1933-1983, Torino, Einaudi, 1983, p. 567). Il romanzo non si sottrae comunque alle attente cure dello scrittore piemontese: lo spazio dei «Coralli», che lo accoglie, sarà altrettanto «fortemente segnato»dal suo impegno (Ibidem., p. 579). 7 «Caro Calvino, ho dato a Einaudi parere favorevole per il tuo libro. Però non sono del tutto d’accordo, tu sai già come e perché, ormai ci conosciamo […]» (E. VITTORINI, Gli anni del «Politecnico». Lettere 1945-1951, cit., p. 121.) Scelto anche come giudice per il concorso riccionese, Vittorini non partecipa ai lavori, anche se invia da Sarzana, il 16 agosto, un telegramma per la giuria in soccorso a Calvino («Voto pro Italo/ Calvino Saluti/ Vittorini») che non viene però menzionato dall’Aleramo o in altri documenti a Riccione come decisivo per l’ex- aequo. La riproduzione fotografica del telegramma appare nell’articolo di Pier Vittorio Tondelli, Cabine! Cabi- ne! Immagini letterarie di Riccione e della riviera adriatica, in AA.VV. Ricordando fascinosa Riccione. Personaggi, spet- tacolo, mode e cultura di una capitale balneare, a c. di G. Capitta e R. Duiz, Bologna, Grafis Edizioni, 1990, p. 139, riprodotto ora in AA.VV., Pier Vittorio Tondelli. Riccione e la Riviera vent’anni dopo, a c. di Fulvio Panzeri, Guaral- di, Rimini, 2005, p. 122. Brevi notizie sulla cronaca del Premio si trovano anche in S. PIVATO, Provincia e non provincia. Le origini del Premio Riccione e la cultura in Romagna nel secondo dopoguerra, cit., pp. 9-21 (cfr. in partico- lare pp. 15-17). 8 Oltre al giudizio dell’Aleramo, riportato sul diario edito nel 1978 (cfr. qui n.2), l’unico altro parere scritto del Premio Riccione 1947 è un telegrafico appunto di Mario Luzi: «Italo Calvino / Il sentiero dei ragni [sic] / Segn[alato] da Aleramo. Abbastanza abil[mente] approfitta della tecnica oggi diffusa da Vitt[orini] a Pratolini. Non manca qualcosa di buono, di vivace. Ma il racconto risulta un po’ immobile» (in A. DINI, Calvino al Premio Riccione 1947 cit., p. 47) 218 approdo tipografico: «Il romanzo uscirà tra pochissimo. Il premio ha accellerato la pubblicazione. Sarà un “corallo”, collana che io odio, per come si presenta. Avrà un brutto disegno di Morlotti appiccicato sopra»9. Numero 11 della serie, il libro di Calvino è preceduto da Pavese con Il compa- gno e da Natalia Ginzburg di È stato così – che inaugura la serie; tra gli stranieri, al n. 9 da La disfatta di Fadeev, cioè dall’archetipo russo corrispettivo del Sentiero10 e da calibri come Hemingway (Ave- re e non avere) e Sartre del Muro (cui farà seguito al n. 13, nel 1948, La nausea). Il vincitore del Premio Viareggio 1946 Silvio Micheli 11 e Pier Quarantotti Gambini fanno anche parte del catalogo 1947, rispettivamente con Un figlio ella disse e L’onda dell’incrociatore. La collocazione di un esordiente in questa galleria di talenti, complice il (relativo) chiasso del Premio attribuitogli12, è una intuizione editoriale che il mercato non smentisce. Quanto la strada per arrivare alla pubblicazione è stata costellata da brusche frenate, tentennamenti e piccole ama- rezze, tanto la ricompensa giunge repentina. Accompagnato dalla laudatio pubblica di Pavese che lo colloca in evidenza nel panorama lette- rario («il più bel racconto che abbiamo sinora sull’esperienza partigiana», scrive l’amico-maestro),13 9 A Marcello Venturi, 26 settembre 1947, p. 203. L’antipatia per la collana era già stata ribadita nella lettera a Micheli del 27 luglio (p.
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