Piersanti Mattarella Scritti E Discorsi
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PIERSANTI MATTARELLA SCRITTI E DISCORSI ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA PIERSANTI MATTARELLA nato a Castellammare del Golfo (Tp) il 24 maggio 1935, assassinato a Palermo il 6 gennaio 1980, gior- no dell’Epifania. Ha ricoperto importanti incarichi diocesani, regiona- li e nazionali nella gioventù di azione cattolica, della cui presidenza ha fatto parte per cinque anni. Consigliere comunale di Palermo dal 1964 al 1967. Componente della direzione regionale, del Consiglio nazionale e della direzione centrale della Democrazia cristiana. Deputato regionale eletto per la D.C. nel collegio di Palermo nella sesta (11 giugno 1967), settima (13 giugno 1971) e ottava legislatura (20 giugno 1976). Nella sesta legislatura è stato componente delle Commissioni legislative permanenti per gli affari interni e per la pubblica istruzione, della giunta di bilancio, della Commissione per il regolamento interno, della Commissione speciale per la riforma burocratica e della Commissione speciale per la rifor- ma urbanistica. Nella settima legislatura ha ricoperto ininterrotta- mente la carica di Assessore alla Presidenza, delegato al bilancio, carica nella quale è stato riconfermato nel primo governo della ottava legislatura. Dal 16 marzo 1978 era Presidente della Regione. ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA XIII LEGISLATURA SCRITTI E DISCORSI di PIERSANTI MATTARELLA VOLUME SECONDO 2 QUADERNI DEL SERVIZIO STUDI LEGISLATIVI DELL’A.R.S. – NUOVA SERIE – SCRITTI E DISCORSI DI PIERSANTI MATTARELLA Introduzione di LEOPOLDO ELIA VOLUME SECONDO ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA Il ruolo delle regioni meridionali per una nuova politica economica dello Stato (*) Palermo, 31 gennaio 1971 Il problema principale da affrontare e risolvere al fine di pervenire ad una nuova politica meridionalistica è eminentemente quello politico della creazione di una forza di pressione nel Sud capace di controbilanciare le spinte e le sollecitazioni che sull’apparato politico-buro- cratico riesce ad esercitare la struttura socio-finanziaria del Nord. Il Mezzogiorno ha visto in questi anni dei progressi certamente rilevanti, anzi i più rilevanti della sua storia; essi, però, non avendo eliminato i suoi squilibri, sono (*) Dal 29 al 31 gennaio 1971 si celebrò a Palermo, per volontà una- nime dell’Assemblea regionale, espressa con un ordine del giorno unita- rio, la conferenza delle regioni dei Mezzogiorno. Fu il primo di una serie di incontri (Cagliari 1972, Napoli 1975, Catanzaro 1977) con i quali si prendeva atto della circostanza che il nascere delle regioni ordinarie mu- tava i termini della questione meridionale e poneva fine all’isolamento delle due regioni a statuto speciale del Mezzogiorno, Sicilia e Sardegna. La conferenza di Palermo registrò un notevole successo politico non solo per le qualificate presenze di parlamentari di grande prestigio, ma anche per l’acquisizione del concetto della «centralità» della questione del Mezzgiorno, intorno a cui ruotò negli anni successivi la battaglia po- litica meridionalista. Gli atti della conferenza sono stati pubblicati, nel luglio 1971, a cura dell’Assemblea regionale siciliana. L’intervento qui riprodotto fu pronunziato da Piersanti Mattarella, allo- ra semplice deputato regionale, nella giornata conclusiva della conferenza. – 543 – Piersanti Mattarella inadeguati ed insoddisfacenti e tali resteranno fino a che saranno il prodotto residuale di un sistema dominato dal- la volontà e dalla logica propria delle parti economica- mente e socialmente più avanzate e quindi politicamente più forti e incidenti. Che il problema principe per il Sud sia quello della ca- pacità di assumere una forte e pressante iniziativa unita- ria risulta dalla verifica storica di questi venti anni di po- litica meridionalistica, durante i quali le forze politiche e in prima fila la Democrazia cristiana, con le sue scelte de- gli anni cinquanta, hanno elaborato per il Mezzogiorno linee di intervento straordinario che avrebbero dovuto gradualmente modificare le situazioni di dislivello eco- nomico esistenti fra Nord e Sud. Ma tali linee di inter- vento non hanno avuto alcuna conseguenza pratica di ri- lievo per la capacità che ha avuto il Nord di riprendersi, attraverso interventi specifici o settoriali o di tipo con- giunturale e nelle ripartizioni delle somme del bilancio ordinario, più di quello che proporzionalmente gli era stato sottratto. A svuotare ogni capacità di incentivazione della legi- slazione speciale per il Mezzogiorno ha contribuito quel- l’insieme di leggi e leggine di carattere settoriale e costi- tutive di fondi speciali che hanno rappresentato e rappre- sentano l’esternazione di benefici analoghi a quelli per il Mezzogiorno che essendo destinati a settori di produzio- ne erano e sono estesi quindi a tutto il Paese. La storia economica dell’Italia post-resistenziale in- fatti si snocciola ed è accompagnata da una serie di inter- venti dello Stato volti a puntellare, aiutare, finanziare le strutture industriali in massima parte presenti nel Nord; – 544 – Scritti e discorsi dall’attività di tipo ospedaliero dell’IRI fino a tutto l’arco degli anni cinquanta, all’attività dell’IMI a quella dell’ex FIM, per poi continuare, con gli interventi di carattere con- giunturale, e con la cosiddetta « cassetta per il Nord», che predisponendo per le zone depresse del Nord incentivazio- ni analoghe a quelle previste per il Mezzogiorno, ha con- sentito che le grandi e medie imprese del Nord program- massero la loro espansione aziendale nelle zone vicine, classificate depresse, e peraltro rese ancora più prossime dalla ragnatela di autostrade costruite nella valle Padana. A questo si è accompagnata la sperequazione nella destinazione delle risorse del bilancio ordinario dello Stato che sono andate in larga misura a favore delle zone del Nord in modo da far risultare gli interventi previsti dalla legislazione speciale per il Mezzogiorno non già aggiuntivi, come pure era stabilito che fossero, ma sosti- tutivi di quelli ordinari. Una recente indagine sulla destinazione territoriale degli stanziamenti ordinari del bilancio ‘70 ha consenti- to di verificare quantitativamente ciò che tutti peraltro sapevano circa la capacità del Nord di calamitare la mag- gior parte degli stanziamenti del bilancio. Ed ancora va ricordato come gli enti economici pubblici, in particola- re l’IRI e l’ENI, abbiano fatto registrare il mancato ri- spetto delle quote di investimento da destinare al Sud e stabilite per legge. Il problema allora è capire perché ciò avviene. Abbiamo già accennato, ed è peraltro intuitivo, che tutto quanto sopra sottolineato accade malgrado, ed a volte contro, la volontà dei politici i quali addirittura si propongono obiettivi diametralmente opposti. – 545 – Piersanti Mattarella La verità è che in un sistema così composto e così complesso quale quello delle economie di mercato, pro- prie delle democrazie occidentali, risulta obiettivamente arduo intestare ai protagonisti della politica un così gros- so obiettivo quale quello del riscatto del Sud, che com- porta la capacità di resistere, e perfino sottrarre risorse, a quella metà del Paese che ha le maggiori armi per impor- re le proprie ragioni. In un Paese che ha prodotto una legislazione com- plessa e articolata, il tipo di società che avanza è quel ti- po di assetto sociale che presenta le maggiori sfaccetta- ture e le maggiori articolazioni le quali tutte hanno dei protagonisti capaci di attingere ai benefici previsti da quella legislazione. Laddove esiste in prevalenza una massa inerte e iner- me di sottoproletariato indistinto, l’unico composto le- gislativo che riesce ad attirare dal basso è quello di tipo assistenziale e di sopravvivenza. Il problema principe, pertanto, del Mezzogiorno sotto questa angolazione è certamente quello relativo alla creazione dei protagonisti nel settore della industrializ- zazione del Sud. Approntare incentivi e creare e attrezza- te aree di industrializzazione in attesa di messianici ope- ratori non solo non serve, ma risulta a volte controprodu- cente perché immobilizza inutilmente dei mezzi finan- ziari che potrebbero essere destinati più vantaggiosa- mente. Non c’è alcun dubbio che la regionalizzazione dello Stato è già una scelta che implicitamente può crea- re nel Sud una struttura politico-burocratica capace di elaborare, ma il vantaggio è appena avvertibile conside- rato che tutte le regioni italiane si trovano a poter raffor- – 546 – Scritti e discorsi zare le proprie capacità di pressione e soprattutto le re- gioni del Centro Italia che attraversano un periodo di evoluzione economica. Il problema, pertanto, va affrontato con altre soluzio- ni. E la soluzione, direi, è quasi obbligata. Poiché infatti è impensabile che la società meridiona- le, che attualmente consuma più di quanto produce, pos- sa essere capace di investire risorse che non ha e diventa- re autonomamente protagonista del decollo industriale, non rimane che puntare sul protagonista pubblico per raggiungere gli obiettivi che fino ad oggi non è stato pos- sibile raggiungere. Ecco da dove nasce la proposta delle regioni meridio- nali e dei sindacati di destinare al Sud il 100% degli in- vestimenti per la creazione di nuove iniziative industria- li degli enti economici pubblici e il 60-70% degli inter- venti globali delle partecipazioni statali. Aqueste proposte sono state opposte resistenze colos- sali. Riusciamo ad intuire e non a giustificare le obiezioni e le resistenze dei dirigenti degli enti economici pubblici i quali, evidentemente, avranno fatto osservare che, vin- colando questi ad operare nel