COME RONDINI NEL CIELO”

L’EPOPEA DELL’AVIAZIONE CIVILE ITALIANA (1926 – 1940)

MUSEO STORICO DELLA COMUNICAZIONE

PRESSO IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DI ROMA EUR

2 - 24 MAGGIO 2013

Le rondini nel cielo evocano senza dubbi la primavera; e – questa mostra – racconta infatti la primavera dell’aviazione commerciale in Italia.

Una stagione – quella che scorre tra il 1926 e il 1940 – breve, ma intensa, piena di proposte e di entusiasmi, di iniziative industriali e di intuizioni ingegnose. Un periodo che – almeno sino a qualche anno fa – è stato incomprensibilmente trascurato dalla nostra storiografia ufficiale a differenza di quanto fatto in altre nazioni come Francia e Regno Unito. Da noi, infatti, si è preferito celebrare i primati aviatori - che pure ci sono stati, taluni ancora imbattuti, o i raid individuali a dimostrazione dei picchi di eccellenza umana e ideativa espressi dall’Italia di quel periodo - ma anche un po’ illusori perché hanno mascherato il progressivo venir meno delle spinte propulsive e

degli adeguamenti costruttivi e tecnologici – particolarmente significativo quello in campo motoristico - necessari ad un settore dove chi si ferma – in realtà – sta andando indietro.

Ciò nulla toglie al fatto che il periodo qui raccontato possa venire comunque celebrato come quello dell’epopea dell’aviazione civile italiana.

Una fase non nata all’improvviso, ma intesa a utilizzare il patrimonio di uomini professionalmente qualificati e di esperienze lasciato dalla Guerra Mondiale, favorita dall’istituzione del Ministero dell’Aeronautica avvenuta nell’agosto del 1925 e dalla legge 31 gennaio 1926 con la quale si stabilivano le norme per la “Concessione dei servizi di trasporto esercitati con aeromobili”, nonché da un generale clima di fiducia nel Progresso (con la P maiuscola) – che il mezzo aereo ben rappresentava - e di cui si erano fatti cantori e sostenitori vari esponenti del movimento futurista con testimonianze di aeropittura e aeropoesia.

Tra il 1926 e il 1931 vengono fondate nove Società per l’esercizio di attività di volo, talune – come la Nord Africa Aviazione e la Adria Aero Lloyd – con base di armamento all’estero (rispettivamente Bengasi e ). Tali compagnie, sebbene al loro inizio utilizzassero quasi tutte aeromobili stranieri o costruiti su licenza in Italia come i Dornier Wal prodotti dalla CMASA di Marina di Pisa – dettero comunque impulso anche alle fabbriche nazionali potenziando la richiesta di aeroplani sia alla FIAT – che già impiegava i suoi G12 e G18 nella A.L.I. Avio Linee Italiane di cui era proprietaria – sia ai Cantieri dell’Adriatico fornitore della serie CANT alla S.I.S.A. degli armatori Cosulich che il 1° aprile 1926 effettuò il primo volo di linea italiano collegando Trieste con Venezia, Pavia e Torino. A queste due fabbriche e alla Caproni che sin dal 1910 realizzava a Cascina Malpensa e poi a Vizzola Ticino i geniali progetti del suo fondatore e che si distinse per la riconversione produttiva post- bellica si aggiunsero presto altri costruttori nazionali quali Macchi, Breda e – soprattutto – SIAI Marchetti.

Ciò ha comportato che, a partire dal 1934 quando per volontà del Sottosegretario all’Aviazione Italo Balbo ebbe inizio il processo di razionalizzazione che portò alla confluenza graduale di tutti i vettori operanti in Italia (ad esclusione dell’A.L.I.) dapprima nella SAM e poi nell’ – prima compagnia di bandiera italiana - la nostra flotta aerea commerciale era formata soltanto da aeromobili (un centinaio fra terrestri e idrovolanti) progettati e costruiti in Italia. Una circostanza che – oltre all’indotto commerciale e di immagine – provocò delle ricadute in campo culturale e scolastico. Risalgono infatti a quegli anni sia il rafforzamento delle prime cattedre universitarie di Ingegneria Aeronautica – a somiglianza dell’Ecole Superieur d’Aeronautique di Parigi - sia la nascita di scuole specializzate per la formazione di personale qualificato da impiegare nelle fabbriche con la fondazione dei primi istituti tecnici aeronautici, segnatamente quello di Torino per le esigenze della Fiat e di Udine per le richieste dei CRDA di Monfalcone.

Gli aeromobili impiegati, nella loro quasi totalità, sono idrovolanti; ciò si spiega con la posizione geografica dell’Italia ricca di coste e quindi di siti naturali già idonei all’ammaraggio e con elevate distanze disponibili per l’involo, sia con la relativa affidabilità dei motori dell’epoca che consigliava di volare sul mare o vicino a fiumi pronti ad accogliere un velivolo in difficoltà. Accanto ai vari porti marittimi da Trieste a Genova, da Palermo a Brindisi dal Lido di Venezia a quello di Roma nascono i

primi idroscali per il transito e la sosta dei vettori commerciali. Milano – il cui traffico aereo è pertanto obbligato ad utilizzare l’aerostazione di Pavia, sul Ticino - in base ad una legge del giugno 1927 ottiene l’autorizzazione alla costruzione in una località compresa tra il comune di Segrate e quello di Peschiera Borromeo del suo idroscalo che sarà inaugurato nell’ottobre del 1930. Da rilevare che il progetto di quell’idroscalo venne affidato all’ing. Gino Utili, tecnico della società Caproni, e quindi specifico conoscitore delle esigenze e delle prestazioni degli aeromobili che lo avrebbero utilizzato.

I collegamenti iniziali sono prevalentemente nazionali; fanno eccezione la Transadriatica dei fratelli Renato e Mario Morandi che vola da Venezia a Klagenfurt e Vienna (e, successivamente, Berlino) utilizzando aeroplani terrestri per l’attraversamento delle Alpi – particolarmente impegnativo durante la stagione invernale – e l’ che unisce Brindisi con Atene e Costantinopoli. Ma, in pochi anni la rete aerea commerciale delle società italiane, sostenuta da sussidi chilometrici statali, si estende a coprire l’intero settore mediterraneo.

Anche se il primo volo postale, in Italia, è avvenuto con il doppio collegamento del 3 e 10 giugno 1917 tra Torino e Roma (Centocelle) di un monomotore biplano Pomilio pilotato dal collaudatore della Società omonima, Mario de Bernardi (come ci documenta la pagina della Tribuna Illustrata donata dalla figlia Fiorenza a questo Museo) e per il quale venne emesso il primo francobollo di posta aerea al mondo con la sovrastampa “Esperimento Posta Aerea- Maggio 1917” il trasportato di quelle nostre aerolinee nate sul finire degli anni Venti riguarda soprattutto la posta che – con le merci ed i giornali – assicurava il principale fattore di carico.

Tuttavia – in parallelo alla crescente confidenza col mezzo aereo – aumenta anche il numero di viaggiatori, rispetto ai 3.991 registrati nel 1926, desiderosi di sperimentare l’emozione del volo.

All’inizio degli anni Trenta nascono anche i primi voli charter; vengono proposti come “crociere per turisti” e i loro proventi inseriti in bilancio alla voce “servizi liberi”.

Nel 1939 – con il notevole contributo dell’Ala Littoria – viene costituita la LATI (Linee Aeree Trascontinentali Italiane) – che porterà i nostri aerei a collegare l’Italia al Brasile con la traversata dell’Atlantico Meridionale effettuata dall’Isola del Sale – il cui aeroporto, stazione radio e meteorologica erano stati costruiti a tempo di record da maestranze italiane – a Natal per poi proseguire fino a .

Nello stesso anno – mentre si sta affermando l’impiego dei velivoli terrestri per i collegamenti continentali (gli idrovolanti avranno ancora qualche anno di gloria per i voli oltremare) - la graduatoria delle aerolinee europee vede l’Ala Littoria – malgrado la sua nascita tardiva rispetto alle realtà industriali di altre nazioni - al quinto posto nel mondo (dopo gli Stati Uniti, la sovietica Aeroflot, e British Airways) con 176.000 passeggeri trasportati e 13milioni e 500mila chilometri volati verso 21 destinazioni nazionali, 14 per l’Africa Orientale Italiana, 18 europee e 10 per il Nord Africa e Medio Oriente.

Ci si augura che questa Mostra – oltre al significativo contributo culturale e alla rievocazione storica di grande rilievo che ci ha offerto – possa costituire anche stimolo per le analisi e gli approfondimenti scientifici tuttora carenti di un periodo e di un’attività industriale che aveva visto l’Italia competere fra i primi nel mondo.

Adalberto Pellegrino

Presidente ANPAN (Ass. Naz. Personale AeroNavigante)