Operazione Foibe a Trieste
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Claudia Cernigoi Operazione foibe a Trieste come si crea una mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra fredda fino al neoirredentismo Edizioni Kappa Vu Ruggine penna di velluto lecca il livido inchiostro fango rapido colpire la memoria riscrivere la storia... Canzone degli Africa Unite PREFAZIONE Credo che il lavoro di Claudia Cernigoi sia una specie di lezione per la categoria di per- sone che si occupano professionalmente di storia, alla quale appartengo, che tanto scarsa prova di se hanno dato nell’affrontare la questione delle foibe. Mentre infatti paleo e neo revisionisti e fascisti, largamente finanziati da privati e istitu- zioni pubbliche, inviano i loro libercoli propagandistici a magistrati e scuole, dove poi vengono in- vitati - per ignoranza o peggio - a tener lezione sul “genocidio di italiani della Venezia Giulia”, gli storici professionisti “democratici.. (salvo rare e perciò ancor più apprezzabili eccezioni, che pe- raltro non trovano spazio sugli stessi media che ne offrono in abbondanza a Pirina & C.) non si degnano di affrontare seriamente la questione per mettere fine alle strumentalizzazioni, ma si dedicano, nel migliore dei casi, a girare attorno all’argomento e a dotte riflessioni su giorna- li e TV che generalmente giungono a una conclusione comune: quanto fossero cattivi i comunisti, e gli “slavocomunisti” in particolare, e come le masse combinino orrori quando si muovono per modificare a proprio favore equilibri so- ciali ormai insopportabili. E nel fare tutto questo si danno sostanzialmente per buone cifre e tesi presentate dai revisionisti, limitandosi a formulare ipotesi sulle motivazioni dei presunti “massa- cri”. Ma come biasimare gli storici “democratici”, se poi a scatenare l’ultima campagna pro- pagandistica sulle foibe a livello nazionale è stata la “sinistra democratica” ora al governo! Essi in realtà non fanno che adeguarsi (con maggiore o minore convinzione) al clima della “pacifica- zione nazionale” (che partendo dalla comprensione per i fascisti arriva a farne dei martiri dell’”italianità”), finalizzata al ricompattamento politico della borghesia italiana e a fornire un supporto ideologico alla nascente Seconda Repubblica e alle sue mire da potenza regionale. Indi- rizzandosi queste mire in primo luogo verso obiettivi tradizionali, come l’Albania e le regioni con- finarie slovene e croate, ecco rimessi in campo anche gli altrettanto tradizionali strumenti propa- gandistici e di pressione su Slovenia e Croazia, da sempre inscindibilmente legati tra loro: foibe ed esodo. E non si può non accorgersi di come le campagne stampa su questi temi prepari- no il terreno, con l’aizzamento dell’odio nazionale, a un eventuale energico intervento di “ripara- zione dei torti subiti”. Il lavoro di Cernigoi, anche se affronta la questione foibe nel solo territorio della provin- cia di Trieste, era quindi più che necessario. L’autrice non nega la realtà delle foibe, né gli eccessi e le vendette personali, ma attraverso una ricerca rigorosa riporta il fenomeno fuori dal mito, pre- sentandoci sull’argomento un lavoro agile, ma organico e completo. I risultati immediati del lavoro (presentato già in parte sul periodico La Nuova Alabarda) sono tutt’altro che disprezzabili (tenuto conto poi del fatto che i media locali ne hanno costantemente taciuto) avendo infatti costretto Piri- na a ritirare “spontaneamente”dal commercio il suo “Genocidio” per correggerne gli “errori”. Ma è stata anche messa in serissimo dubbio l‘esistenza di infoibati in quella che è la foiba-simbolo di Trieste, quella di Basovizza (lo Šoht), dichiarata monumento nazionale non molti anni fa e sulla quale si svolgono ogni anno celebrazioni, alle quali partecipano autorità e picchetti d’onore milita- ri. I meriti maggiori del libro sono però due: l’aver affrontato la questione di chi e quanti fos- sero gli infoibati nella zona di Trieste e la ricostruzione, breve ma esaustiva, della storia dell’utilizzo propagandistico delle foibe. Il curriculum di squadristi, aguzzini, spie e altro, nonché la presenza tra gli uccisi di diversi sloveni, smentisce nel modo migliore la tesi degli infoibati uccisi solo in quanto italiani e chiarisce i veri motivi del fenomeno foibe. Per quel che riguarda il numero degli infoibati si tratta di ristabilire semplicemente la ve- rità storica - quella di un fenomeno limitato – di fronte alle cifre iperboliche letteralmente inventate dagli ambienti nazionalisti e (neo)fascisti. La ricostruzione delle vicende dell’uso propagandistico del tema foibe dimostra come la cosa venga da lontano e come quella intorno alle foibe sia stata, e sia tuttora, una operazione di vera e propria “dezinformacija”, di guerra propagandistica, e lascia intravedere, per gli ambienti in essa coinvolti (X Mas), collegamenti con altre operazioni (per es. Gladio). E risulta molto più plausibile anche l’ipotesi che la costante riproposizione delle sparate propagandistiche sulle foibe faccia parte di un progetto politico molto più ampio (comprendente per esempio l’insediamento massiccio di esuli a Trieste) per mantenere alta la tensione nazionale in queste terre di confine. Ed è proprio a partire da questo ultimo tema, che indica prospettive di ricerca tutte da percorrere, che vorrei fare alcune considerazioni generali più ampie. Contro il revisionismo, ormai divenuto dottrina semi-ufficiale anche della sinistra di governo, non serve a mio avviso cercare di difendersi, come fanno parte degli ex comunisti locali sulla questione delle foibe, vantando meriti patriottici e scaricando le presunte responsabilità sui comunisti sloveni e croati, facendo così il gioco di chi vuole ridurre tutto a contrapposizione nazionale, A mio avviso la sfida del revisionismo va accettata ritorcendogli contro i suoi stessi argomenti, come ha fatto l’autrice di questo libro, e abbandonando l’impostazione oleografica della Resistenza. La Resistenza non è stata infatti sola- mente lotta di liberazione nazionale, ma anche lotta per il potere da parte della classe operaia e delle altre classi subalterne. Nella Resistenza c’era chi lottava per questi obiettivi e chi (per sua stessa ammissione) c’era entrato per impedire che tali obiettivi si realizzassero, se necessario anche con le armi e con l’aiuto dei fascisti, e riconsegnare il potere nelle mani di quella borghesia che il fascismo lo aveva finanziato e messo al potere. Come dimostra anche la vicenda delle foibe, i connubi con i fascisti sono continuati anche nel dopoguerra, tanto che lo stesso assioma secondo il quale la Repubblica sarebbe nata dalla Resistenza va messo in discussione, viste le persecuzioni dei partigiani comuni- sti e le stragi di operai e contadini attuate da quella stessa Repubblica (con largo ricorso a perso- nale fascista) fin dall’immediato dopoguerra (per non parlare delle successive “Stragi di Stato”). Alla luce di queste considerazioni e di quanto dice questo libro risulterà forse più chiaro come mai ogni anno rappresentanti ufficiali delle istituzioni repubblicane si rechino alla foiba di Basovizza ad onorare la memoria di “martiri dell’italianità” del tipo di quelli che ci descrive Claudia Cernigoi. Ed i primi a sentirsi offesi dal fatto che l’italianità venga rappresentata da “martiri” di tale risma, dovrebbero essere proprio quegli italiani che desiderano rispettare se stes- si ed essere rispettati dai popoli vicini. Trieste, giugno 1997 Sandi Volk ricercatore storico Per l’estensione di questo studio sono state essenziali alcune persone che ritengo giusto ringraziare qui. Innanzitutto Peter Behrens per il suo lavoro di ricerca ma soprattutto per quello, a me terribilmente ostico, di informatizzazione; Samo Pahor per l’indispensabile supervisione storica e Paolo Parovel per avere messo a disposizione i dati delle sue ricerche. Ringrazio inoltre il personale dell’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste, ed in particolare Galliano Fogar per la disponibilità dimostrata; Nerino Gobbo, “comandante Gino” e Milka Čok, “Ljuba”, per le interviste concesse; ed infine tutti coloro che a forza di ripetere che que- ste ricerche dovevano per forza concretizzarsi in un libro, hanno fatto si che questo libro si concre- tizzasse. INTRODUZIONE È da ormai cinquant’anni che l’immaginario reazionario si trastulla con il discorso del “ge- nocidio” delle foibe, ma negli ultimi due anni il problema ha assunto rilevanza nazionale dopo la campagna stampa attivata intorno all'inchiesta sulle foibe condotta dal Pubblico Ministero di Roma Pititto e, più recentemente dall’estate del '96, dopo gli interventi non solo locali ma anche a livello nazionale dei vertici del P.D.S. che, in una malintesa logica di “pacificazione”, hanno raccolto gli inviti delle destre revisioniste che chiedevano, dopo il processo Priebke, anche «giustizia per i cri- mini delle foibe» 1. Dopo questa pubblica “assunzione di colpa”, da parte del partito degli ex- comunisti (si noti però che queste “colpe” il P.D.S. le fa comunque ricadere su altri, non su se stes- so!), anche i dibattiti e le discussioni sulla revisione della storia hanno preso nuovo avvio, ma que- sto problema lo approfondiremo in maniera più organica nell'ultimo capitolo. Lo spunto per questa nostra ricerca ci è stato dato dalle dichiarazioni del PM Pititto, che in- tende chiedere il rinvio a giudizio per “genocidio” di un numero imprecisato di persone, e che ha più volte asserito che una delle “prove” basilari della sua inchiesta sono i libri pubblicati dal porde- nonese Marco Pirina. È appunto partendo da uno di