UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Storia

Tesi di Laurea in Storia dell’Italia contemporanea

LA STORIOGRAFIA SULLA GUERRA DI LIBERAZIONE NELLA DESTRA .

Laureando: Relatore: Andrea Bortolin Prof. Gian Carlo Bertuzzi

Correlatore: Prof.ssa Anna MariaVinci INTRODUZIONE

Questa ricerca si occupa dei testi sulla resistenza nel pordenonese pubblicati fra il 1965 e il 2006, in quanto, prima del 1965 sono stati pubblicati solo alcuni articoli. Il periodo precedente è comunque coperto dal punto di vista bibliografico da una guida pubblicata nel 19791, dall’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Venezia Giulia, curata da Silva Bon e Adriana Petronio e diretta da Enzo Collotti. Attraverso gli indici di questa guida si può risalire anche al territorio cui le opere citate fanno riferimento. Un ruolo importante nello sviluppo della ricerca sulla resistenza è da attribuire all’Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione; questo Istituto, oltre ad aver pubblicato molti volumi sulla guerra di liberazione, dal 1971 pubblica una rivista, “Storia contemporanea in Friuli” che dà ampio spazio gli studi sulla seconda guerra mondiale e alla resistenza. Il presente lavoro è stato strutturato seguendo una suddivisione che riunisce le opere prese in esame, individuando alcune tipologie di approccio storiografico che fa riferimento alle tematiche centrali che caratterizzano diversi lavori. E’ una suddivisione a volte schematica, che permette però una definizione del carattere storiografico predominante degli studi e la loro distribuzione nel tempo. Nel primo capitolo sono analizzati i testi che si occupano principalmente dell’aspetto militare della resistenza e dei problemi di carattere politico che sorsero fra osovani e garibaldini. Nel secondo capitolo sono presi in esame gli studi che si occupano dei rapporti fra resistenza e società locali, studi nei quali ci si sofferma su come la guerra di liberazione influì sulla vita delle comunità della Destra Tagliamento. Il terzo capitolo si sofferma sulle biografie di personalità importanti della guerra partigiana nella Destra Tagliamento. Tali biografie, oltre a delineare le figure di protagonisti della resistenza, ci forniscono interessanti informazioni sia di carattere politico- militare sia di carattere sociale.

1 AA.VV., La Resistenza nel Friuli e nella Venezia- Giulia. Guida bibliografica, RIBIS, , 1979 Il quarto capitolo si occupa delle opere che studiano la resistenza utilizzando strumenti cartografici o prendendo lo spunto dai segni della memoria, come targhe e cippi, presenti nel territorio. Nel quinto capitolo sono considerati i testi che muovono critiche alla resistenza, in modo da dare un quadro completo sia quello che furono le vicende partigiane nel territorio pordenonese, sia sui caratteri e l’evoluzione degli studi ad esse dedicati. TESTI POLITICO MILITARI

La maggior parte dei volumi sulla Resistenza è di carattere politico militare; all’interno di questa categoria vi sono testi strettamente, militari che analizzano l’evolversi del movimento partigiano descrivendo le formazioni, il territorio in cui operarono e le principali azioni militari, opere che studiano la presenza tedesca, analisi politiche dei rapporti fra le varie componenti partigiane e testi in cui vi sono sia analisi politica sia storia militare. L’insieme di questi testi fa capire l’importante apporto dato dalla Destra Tagliamento alla guerra di liberazione. Il primo volume pubblicato sulla Resistenza è opera di G.A. Colonnello; l’autore, che fu tra gli organizzatori delle prime formazioni partigiane nelle zone alpine e pedemontane dei mandamenti di Spilimbergo, Maniago e Pordenone, per la stesura di questo volume si avvale di una serie di documenti di fonte comunista, del C.L.N., e di organi tedeschi e fascisti. 2 Colonnello afferma che il movimento di lotta popolare contro l’invasore fascista, da parecchio in atto in Jugoslavia, e in particolare nelle vicinanze del confine con l’Italia, ha in misura notevole favorito, dopo l’8 settembre 1943, nel Friuli orientale, dapprima, e altrove poi, il sorgere di un movimento partigiano che ebbe a base l’avversione all’impopolare e disastrosa guerra fascista contraria ai sentimenti individuali del popolo italiano e in contrasto con le tradizioni e gli interessi della nazione, nonché l’insofferenza verso il regime che l’aveva imposta e le forze sociali nel cui interesse era condotta3. Colonnello, pone l’accento sul fatto che per salire in montagna e inquadrarsi in reparti armati, l’8 settembre 1943 e successivamente, non ci fu ordine di mobilitazione, la via della lotta e del sacrificio, che definisce quella dell’onore e del riscatto, fu affrontata istintivamente, patriotticamente.

2G.A.COLONNELLO, Guerra di Liberazione. Friuli- Venezia Giulia – Zone Jugoslave, Ed. Friuli, Udine, 1965, p. 19

3 AA.VV., La Resistenza nel Friuli e nelle Venezia Giulia- guida bibliografica, Ribis, Udine, 1979, p. 35 Questo è per l’autore il segno più tangibile che la Resistenza è sorta da una spinta della dignità umana, spinta che risale virtualmente al periodo in cui nacque il fascismo.4 L’autore afferma che il popolo friulano, nella sua stragrande maggioranza, il giorno in cui la vecchia classe dirigente abbandonava il paese, inerme, all’invasione tedesca, cementava la propria unità e la propria volontà di lotta per il riscatto; accusando così in modo netto la classe dirigente italiana.5 In questo volume si parla dei Gap (gruppi armati patriottici) e si spiega la loro importanza;6 i Gap erano nuclei partigiani creati per la guerriglia urbana, dai primi mesi dell’occupazione tedesca, la cui azione fu rivolta al disarmo dei presidi cittadini, nonché al sabotaggio dei mezzi di comunicazione tedeschi e di qualche impianto e ad attentati contro ufficiali tedeschi, dirigenti del Pfr (partito fascista repubblicano), spie e delatori riconosciuti.7 Nel testo compare un elenco delle brigate garibaldine e osovane con l’indicazione della zona in cui operavano, dei comandi e delle principali azioni.8 Colonnello assicura che gli osovani furono tenuti meno in considerazione, dai tedeschi, rispetto ai garibaldini; questo secondo lui sarebbe dimostrato dalla dichiarazione del comandante Globocknik che si diceva disposto a favorire gli osovani se si fossero schierati contro i garibaldini,9 ma allo stesso tempo afferma che il movimento osovano può essere considerato alla pari di quello garibaldino per via di un’onesta e fattiva collaborazione.10 L’autore parla della crisi di Pielungo e racconta che Verdi, comandante delle formazioni gruppo ovest, era ritenuto responsabile di un rovescio, subito a Pielungo il 19 luglio 1944, dovuto secondo le accuse ad incapacità e

4 Ivi, p 20

5 Ivi, p. 22

6 Ivi, p. 38

7 AA.VV., Dizionario della Resistenza vol.2, Einaudi, ,Torino, 2001, pp. 209-210

8 Ivi, pp. 52-71

9 Ivi, p. 154

10 Ivi, p. 155 impreparazione militare. Colonnello afferma che la causa principale del problema fu la mancanza, di continuo sollecitata dalla Garibaldi, di un funzionante comando unico di coordinamento, almeno in senso operativo.11 L’autore parla della Valcellina, raccontando le azioni tedesche contro Barcis e le motivazioni che le hanno causate; nell’estate del 1944 Barcis costituiva una sorta di “distretto militare” partigiano, vale a dire un centro di raccolta, di preparazione e di coordinamento delle forze della libertà ivi confluenti dalle vallate e dalla pianura per inserirsi nelle formazioni osovane e garibaldine;12e proprio per questo fu colpita così duramente. Raccontando gli eventi di Barcis l’autore afferma che gli uomini della X Flottiglia Mas, non furono per nulla inferiori ai tedeschi nella tecnica terroristica e criminale.13 L’autore parla dei cosacchi e di come si insediarono in e in altre zone del Friuli. Hitler aveva promesso il territorio della Carnia ai cosacchi in cambio della loro attività antipartigiana. La connotazione che viene data dei cosacchi è altamente negativa, sono definiti una “cenciosa e anacronistica armata di mercenari” e una “accozzaglia di elementi scacciati dalla rivoluzione di ottobre e di disertori e traditori”.14 In questo testo, l’autore, nel descrivere sono i principali eventi della guerra di Liberazione dà giudizi molto netti sulle questioni politico- militari. Nel 1971, è pubblicato un saggio composto da testimonianze di Gian Pietro Boria e di alcuni ex appartenenti alla V° Brigata Osoppo. Nella prefazione si afferma che questo scritto, pur non essendo esauriente, è stato pubblicato in quanto primo tentativo di

11 Ivi, p. 155

12 Ivi, p. 171

13 Ivi, p.172

14 Ivi, p. 208 ricostruzione delle vicende di una delle più efficienti brigate del Gruppo Divisioni Osoppo Friuli15. Gli autori ripercorrono le vicende della Quinta Brigata Osoppo dalle origini, nel giugno 1944, fino alla liberazione, analizzando i principali eventi di cui la brigata fu protagonista e i rapporti che ebbe con la popolazione, con il clero e con l’autorità civile. All’inizio del testo sono elencati i vari gruppi, che dal periodo immediatamente successivo all’8 settembre, operavano fra la Valcellina, il Piancavallo e la zona di Sacile16; i primi gruppi erano formati soprattutto da studenti ed ex ufficiali. Gli autori affermano che il comando della Osoppo aveva deciso di inviare, nel giugno 1944, un gruppo di trenta uomini, nella zona di Piancavallo in quanto sapeva della presenza di gruppi locali che si trovavano in zona e voleva dargli un indirizzo unitario e maggior consistenza militare17. I rapporti, che le forze partigiane ebbero con la popolazione sono descritti analizzando la situazione nei vari comuni; nel saggio si afferma che i partigiani furono accolti in modo caloroso dagli abitanti di Barcis e Claut, che diedero un grande contributo alla guerra di liberazione18. Gli autori affermano che dopo l’incendio di Barcis la popolazione della Valcellina ebbe un atteggiamento meno favorevole verso i partigiani, per timore di ulteriori rappresaglie sia per l’opera denigratoria compiuta dai commercianti che temevano una riduzione dei loro affari dovuta all’attività partigiana19 Il rapporto fra la Resistenza e il clero è definito discontinuo e incerto20. Dalla descrizione dei comportamenti dei parroci, dei principali centri della Valcellina, si evince che non si compromisero con la Resistenza; nella maggior parte dei casi i parroci non

15 AA.VV., La Resistenza in Valcellina: appunti sull’attività della Quinta Brigata “Osoppo Friuli” in Storia contemporanea in Friuli vol. 1, Istituto Friulano perla Storia del Movimento di liberazione, Udine, 1971, p. 51.

16 Ivi, pp. 51- 52.

17 Ivi, p. 51

18 Ivi, p. 53

19 Ivi, p. 54

20 Ivi, p. 54 espressero le proprie idee ma si preoccuparono soprattutto di salvaguardare i loro paesi dai pericoli della guerra civile21.

Gli autori, parlando del rapporto fra Resistenza e autorità civile, affermano che nei primi giorni della lotta di liberazione i partigiani attaccarono i comandi di carabinieri e guardia di finanza della Valcellina e della Pedemontana, prelevando tutte le armi disponibili e che successivamente le forze partigiane si occuparono della sicurezza della popolazione22. In questo testo è analizzata l’organizzazione della Quinta Brigata Osoppo, dalla sua formazione alla liberazione, descrivendo i cambiamenti che vi furono nella consistenza dei battaglioni e nei comandi nel periodo in cui operò all’interno della brigata unificata Ippolito Nievo e dopo i rastrellamenti dell’autunno 194423. Nel saggio sono elencate in ordine cronologico le operazioni militari, del periodo giugno- ottobre, compiute dalla Quinta Brigata Osoppo, e sono descritti i rastrellamenti tedeschi, analizzando le singole operazioni, con il resoconto delle perdite partigiane e tedesche; sono descritte inoltre le operazioni militari del 1945, fino alla liberazione24. Questo testo ha il pregio di dare un quadro schematico della situazione in Valcellina e far capire l’importanza avuta dalla Quinta Brigata Osoppo per le molte azioni di cui fu protagonista Nel 1975, è pubblicato un testo di Teresina Degan, che prende in esame il periodo che va dal maggio 1921 al maggio 1945. Nella prima parte, sono narrate le principali rivolte che vi furono fino al 1943; si parla delle barricate di Torre in cui molti antifascisti

21 Ivi, p. 54

22 Ivi, p. 55

23 Ivi, p.57

24 Ivi, pp. 60- 65 lottarono per difendere la Casa del Popolo di Torre, a Pordenone, e di proteste di tessili e contadini negli anni ’30 contro il regime.25

La Resistenza nella Destra Tagliamento è analizzata dalla nascita delle prime formazioni partigiane, subito dopo l’8 settembre, fino alla liberazione. L’autrice, descrive la lotta partigiana partendo dal racconto dei primi sabotaggi contro i presidi tedeschi, 26 fino ad arrivare alla creazione della zona Libera della Valcellina. Parlando delle vicende della Valcellina Teresina Degan descrive la nascita della Brigata Unificata Ippolito Nievo A e afferma che fu determinante perché ha evitato divisioni a danno del movimento partigiano, che vi furono altrove.27 In questo volume, sono poste in evidenza le difficoltà che popolazione e partigiani dovettero affrontare attraverso il racconto dell’incendio della Valcellina e di ulteriori eccidi che si verificarono nella Destra Tagliamento28 e la descrizione di torture e impiccagioni di partigiani.29 Nella parte finale di questo testo vi sono le testimonianze di Attilio Gallini, sul rastrellamento di Pordenone del 6 agosto 1944 e di don Rino Perlin sulla lotta partigiana e le condizioni della popolazione nella Valcellina. Attraverso il racconto degli eventi bellici e le testimonianze dirette, l’autrice da una chiara visione di ciò che fu la Resistenza da un punto di vista militare e civile. Un autore che ha composto molti scritti sull’aspetto militare della Resistenza è Mario Candotti, un ex partigiano garibaldino, il quale

25 TERESINA DEGAN, La Resistenza nella Destra Tagliamento, ANPI di Pordenone, Pordenone, 1975, pp. 9-12

26 Ivi, pp. 15-16

27 Ivi, p. 24

28 Ivi, pp. 26- 36

29 Ivi, p. 31 ha scritto saggi che analizzano la presenza partigiana nella varie zone del territorio friulano e per quanto riguarda la Destra Tagliamento si è occupato delle zone prealpine che erano parte della “Zona Libera della Carnia e del Friuli”. Il primo saggio di Mario Candotti analizza l’evoluzione del Battaglione “Stalin”, composto da partigiani sovietici, e le principali azioni che compì. L’autore afferma che si formò un distaccamento di partigiani sovietici, fra la fine di maggio e l’inizio di giugno del 1944, composto da una trentina di elementi fuggiti da campi di prigionia tedeschi, che operò a fianco del battaglione garibaldino “Matteotti”, dando un grosso contributo alla lotta con attacchi ai presidi tedeschi; durante l’estate 1944 ci fu l’afflusso di altri russi, alcuni provenienti dalle armate cosacche e la Divisione Garibaldi Friuli decise di creare un battaglione di partigiani sovietici con comando russo30. L’autore descrive le azioni compiute dal battaglione “Stalin” contro i presidi cosacchi, usando come fonte il diario storico del battaglione, e afferma che le azioni compiute dal reparto russo furono molto rapide e efficaci31. Nel testo sono descritte dettagliatamente le fasi dell’offensiva tedesca, analizzando soprattutto il ruolo svolto dai partigiani russi nella difesa della Zona Libera e citando le perdite avute dal battaglione32. L’autore cita il comandante “Daniel”, capo del reparto sovietico e racconta come arrivò in Val d’Arzino, con altri due russi, sfuggendo da un campo di concentramento; Candotti afferma che con la morte del suo comandante, descritto come un uomo coraggioso e intelligente, il battaglione “Stalin” entrò in crisi e fu trasferito dalla Val d’Arzino alla Val Tramontina33. Nell’epilogo, Mario Candotti afferma che il battaglione “Stalin” combatté eroicamente nella guerra di liberazione e che lasciò un ricordo indelebile nelle popolazioni del Friuli. 30 MARIO MODOTTI, Il Battaglione “Stalin” in Storia Contemporanea in Friuli vol. 6, I.F.S.M.L., Udine, 1975, p. 147

31 Ivi, p. 148

32 Ivi, pp. 149- 165

33 Ivi, pp. 150- 151 Nel saggio pubblicato nel 1977, Mario Candotti, analizza la seconda fase dell’offensiva tedesca contro le forze partigiane operanti nelle Prealpi Carniche occidentali34, che portò alla fine della “Zona Libera della Carnia e del Friuli”. Nel testo, il cui contenuto deriva da una relazione, fatta dall’autore nel maggio 1945, su richiesta del comando del Gruppo Divisioni “Garibaldi- Friuli”, vi è una accurata descrizione delle forze che si confrontarono; l’autore riporta

la composizione delle forze nazifasciste e partigiane e le loro zone di competenza35. La descrizione dell’offensiva è molto attenta, sono riportati dall’autore i movimenti dei vari reparti, anche attraverso carte tematiche, e inoltre sono descritte le discussioni all’interno del movimento partigiano per scegliere le strategie di combattimento36. L’autore, nell’epilogo, afferma che i partigiani furono sconfitti, nonostante aver lottato per mesi con l’appoggio della maggioranza della popolazione carnica e friulana, in quanto le forze tedesche erano nettamente superiori37. Sempre di Mario Candotti, è uno studio dedicato ai rastrellamenti, effettuati dai nazifascisti, nella zona tra Meduna, Arzino e Tagliamento38. Nella prima parte del testo, l’autore descrive il territorio e fa una breve storia di tutti i battaglioni partigiani che vi operarono, dalla loro costituzione all’inizio dei rastrellamenti; per ogni battaglione, Candotti riporta la data in cui si formò, i nomi di chi lo dirigeva, l’organico e l’armamento39. Un capitolo del saggio è dedicato a spiegare le motivazioni che portarono, nell’ottobre 1944, alla creazione di un comando di

34 MARIO CANDOTTI, Seconda fase dell’offensiva tedesca contro la “Zona libera della Carnia e del Friuli”. Operazioni militari nella destra orografica del Meduna, nell’alta Val Meduna e nella Prealpi Carniche occidentali in Storia contemporanea in Friuli vol. 8, IFSML, Udine, 1977

35 Ivi, pp. 203- 217

36 Ivi, pp. 240- 243

37 Ivi, pp. 258 - 259

38 MARIO CANDOTTI, Lotta partigiana tra Meduna Arzino e Tagliamento. I rastrellamenti dell’autunno 1944 in Storia contemporanea in Friuli vol. 12, IFSML, Udine, 1981

39 Ivi, pp. 11- 34 coordinamento unificato fra le formazioni “Osoppo” e “Garibaldi” operanti nella “Zona Libera della Carnia e del Friuli”; l’autore afferma che ci furono molti fattori che portarono ad un unione fra le formazioni partigiane: la convinzione, di capi e gregari, che la guerra partigiana non poteva continuare se non unendo uomini e mezzi sotto una direzione unitaria, la certezza che si stava avvicinando un attacco contro la “Zona Libera” e le pressioni delle missioni alleate, che vincolavano i rifornimenti di armi ed equipaggiamento alla realizzazione del coordinamento unificato. Candotti elenca i comandi di coordinamento che si formarono, riportando i nomi di comandanti e commissari, inoltre riporta i battaglioni che facevano parte del comando di coordinamento “Gruppo Brigate Sud”, che presidiava il territorio di cui si occupa il saggio, indicando per ognuno di essi il compito che doveva svolgere in caso di attacco nemico40. La parte preponderante di questo studio, analizza, in modo dettagliato i rastrellamenti nazifascisti, descrivendo i principali combattimenti e i problemi che affrontarono i battaglioni partigiani41. L’autore, nella parte finale del testo, afferma che fu grave il fatto che il comando di coordinamento fu sciolto nel dicembre 1944, nel pieno dei rastrellamenti42. Un altro testo di Mario Candotti, riguardante la Resistenza nella parte occidentale della “Zona Libera”, è pubblicato nel 198443; in questo saggio, si parla soprattutto dei problemi organizzativi che dovettero affrontare i partigiani, sia per l’ampiezza del territorio in cui operavano sia per i continui attacchi tedeschi. Per quanto riguarda lo sviluppo delle formazioni, l’autore afferma che ci fu un’esplosione del movimento partigiano; i distaccamenti, che all’inizio erano mobili e di organico ridotto diventarono a mano

40 Ivi, pp. 35- 41

41 Ivi, pp. 41- 104

42 Ivi, p. 104

43 MARIO CANDOTTI, Le formazioni armate ”Garibaldi” e “Osoppo” dalla loro origine all’offensiva nemica del 27 novembre- 8 dicembre 1944 nella “Zona Libera della Carnia e del Friuli” in Storia contemporanea in Friuli n° 15, IFSML, 1984 a mano grossi reparti e si trasformarono in battaglioni; in questo periodo ai tre primi battaglioni, “Italia”, “Carnia” e “Garibaldi- Friuli”, se ne affiancarono molti altri44. Candotti afferma che con l’aumentare dei battaglioni si ampliava il territorio liberato ma questo aumentava i problemi logistici, si vennero a creare problemi per la comunicazione e per la complessità sempre maggior delle azioni; per questo nell’agosto 1944 ci fu una ristrutturazione delle formazioni con la creazione di nuove brigate45. Per l’autore, l’esistenza di due formazioni, osovana e garibaldina fu un limite della Resistenza friulana perché Per l’autore, l’esistenza di due formazioni, osovana e garibaldina fu un limite della Resistenza friulana perché portava difficoltà organizzative e di conduzione della lotta contro il nemico46. In questo testo è descritta la zona libera della Carnia e del Friuli e sono spiegate le difficoltà che i partigiani incontrarono per mantenerla libera; la mancanza di armi e munizioni, che impedirono un’azione offensiva da parte dei partigiani, e la penuria di viveri, in quanto i tedeschi bloccarono i rifornimenti alimentari nei comuni interessati dal movimento partigiano47. Candotti afferma che nonostante tutte le limitazioni e le deficienze sul piano organizzativo, la presenza di partigiani nella “Zona Libera della Carnia e del Friuli “ rappresentò una preoccupazione per i tedeschi, infatti, le forze partigiane occupando il territorio della Carnia e delle Prealpi Carniche bloccarono importanti linee di comunicazione nord-sud che erano essenziali collegamenti tra il Reich e l’Italia48. Nel testo sono descritte le principali azioni partigiane, divise per zone, Valcellina e Pedemontana, zona carnica e zona sud- est, in ordine cronologico e le offensive tedesche nelle suddette zone49.

44 Ivi, p. 31

45 Ivi, pp. 31- 32

46 Ivi, p. 33

47 Ivi, p. 36

48 Ivi, p. 37

49 Ivi, pp. £8- 54 L’autore, infine analizza il rapporto fra popolazione e formazioni partigiane e afferma che la popolazione fu protagonista assieme ai partigiani del movimento di liberazione ma che allo stesso tempo vi furono episodi di contrasto per via dei sacrifici che il movimento partigiano impose alle popolazioni in mezzo alle quali operò, e soprattutto perché i tedeschi fecero delle dure rappresaglie per mettere la popolazione contro i partigiani50.

Candotti avvalora la sua affermazione sull’importanza dell’appoggio popolare, assicurando che in Carnia il 90% dei partigiani era della zona e nelle Prealpi il 30%, ed elencando le più dure rappresaglie che la popolazione dovette subire51. Un testo che si occupa dell’attività della brigata “Osoppo”, contenente le testimonianze di alcuni protagonisti della Resistenza osovana, è stato pubblicato nel 1975 dall’associazione Partigiani Osoppo52. La testimonianza più completa appartiene a don Aurelio de Luca “Ascanio”, che fu delegato politico della divisione Osoppo Friuli, il quale racconta le principali azioni in cui fu coinvolto in Val d’Arzino e in Val Tramontina e spiega gli ideali politici degli osovani. L’autore racconta come l’Osoppo nacque dall’unione di gruppi spontanei, con idee politiche diverse ma accomunati dall’antifascismo e dall’avversione verso l’ideologia comunista. Nel testo, sono descritti gli incontri fra i comandanti e i commissari garibaldini e quelli osovani; i primi volevano una fusione delle forze partigiane ma gli osovani si opposero a questa soluzione per le differenze politiche che c’erano fra le due formazioni. In un capitolo della testimonianza è narrato l’attacco tedesco contro il castello Ceconi di Pielungo, sede del comando dell’Osoppo; l’autore raccontando l’episodio, afferma che i comandi osovani furono presi alla sprovvista, per colpa di un distaccamento

50 Ivi, p. 55

51 Ivi, p. 57

52 AA.VV., La Resistenza Osovana nell’Arzino e nella Val Tramontina, Associazione Partigiani Osoppo, Udine, 1975, p. 7 garibaldino che avrebbe dovuto dare l’allarme e dice che liberando dei tedeschi che erano prigionieri nel castello Ceconi riuscì ad evitare la rappresaglia tedesca su Pielungo.53 Gli altri racconti parlano dei principali attacchi tedeschi, facendo capire molto chiaramente le avversità cui i partigiani andarono incontro e i sentimenti che li spingevano alla lotta.54

Un testo molto importante per capire i rapporti fra le diverse componenti del movimento partigiano, è un saggio di Giampaolo Gallo, pubblicato nel 1977; questo saggio è un’analisi politica in cui si analizzano le differenze fra garibaldini e osovani e come si svilupparono i rapporti fra i partiti che componevano la Osoppo. L’autore afferma che il rastrellamento di Pielungo del 19 luglio 1944, contro il comando della brigata Osoppo, fu modesto dal punto di vista militare ma che i fatti che ne scaturirono, permettono di capire aspetti dei problemi interni della Resistenza friulana.55 I due partiti principali che componevano la Osoppo erano Democrazia Cristiana e Partito d’Azione; quest’ultimo aveva una corrente socialista aperta aduna stretta collaborazione con il P.C. e i garibaldini ma ebbe la meglio la corrente democratico-liberale che accettava una posizione subalterna alla D.C.56. Giampaolo Gallo giudica il comportamento della Garibaldi sempre misurato e politicamente corretto, afferma che i garibaldini volevano un’unificazione delle brigate per poter potenziare la lotta contro i tedeschi, ma erano osteggiati in questo dai democristiani, che temevano di perdere il comando della brigata Osoppo57. L’autore afferma che i rapporti fra garibaldini e osovani non furono buoni perché i due movimenti avevano idee diverse su come

53 Ivi, pp. 12- 14

54 Ivi, p. 24 Ivi, pp. 35- 39 Ivi, pp. 45- 49

55 GIAMPAOLO GALLO, La crisi di Pielungo in Storia contemporanea in Friuli n°8, IFSML, Udine, 1979, p. 76

56 Ivi, p. 77

57 Ivi, pp. 76- 77 riedificare l’Italia; i comunisti avrebbero voluto creare, dopo la sconfitta del fascismo, una democrazia socialmente avanzata mentre i moderati volevano tornare alla situazione politica antecedente il fascismo58. Nel testo si afferma che nonostante tutti i problemi, all’interno della Resistenza friulana ci fu sempre una lotta implacabile contro i tedeschi e i fascisti, piena di tribolazioni e pericoli59.

Prima di parlare della crisi di Pielungo, Gallo descrive la zona in cui avvennero i fatti e inoltre descrive i dirigenti della brigata e come sono dislocati i diversi battaglioni.60 Gallo descrive i fatti di Pielungo ma soprattutto le ripercussioni politiche che quest’ultimi causarono. Il 19 luglio alle 6:30 una colonna di tedeschi e fascisti giunge a Pielungo, superando die posti di blocco, e si dirige verso il castello Ceconi, sede del comando della brigata Osoppo. In quest’azione i tedeschi portano via molto materiale bellico e liberano dei loro commilitoni, inoltre saccheggiarono il paese e incendiarono alcune case. Quest’episodio, secondo l’autore, dimostra la disorganizzazione della brigata e l’incapacità del comando.61 Questa tesi è avvalorata da una relazione di Spartaco, rappresentante del partito d’azione, in cui si parla della situazione della brigata Osoppo, in qui i dirigenti sono accusati di non aver dato una corretta impostazione politico- militare alla brigata; Spartaco afferma che la situazione politica è peggiore di quella militare, che nella brigata non si vuole sentir parlare di politica e si fomenta l’anticomunismo62.

58 Ivi, p. 78

59 Ivi, p. 79

60 Ivi, p. 81

61 Ivi, p. 82

62 Ivi, pp. 86- 87 Oltre alla relazione di Spartaco, che era diretta ai compagni di partito, l’autore cita un rapporto fatto al C.L.N. e al C.R.V. dal Comando Brigata Garibaldi contro il comando Osoppo, al quale veniva mossa l’accusa di non aver capito la necessità politico- militare di unificare il comando63. La crisi di Pielungo e il conseguente dibattito fra le formazioni partigiane fa emergere i rapporti fra organi militari e politici, all’interno della resistenza, e soprattutto aiuta a conoscere le scelte dei partiti sia per quanto riguarda la lotta antifascista che per le prospettive politiche per il futuro.

Sempre di Giampaolo Gallo è uno studio di carattere generale sulla Resistenza in Friuli pubblicato nel 198964. Per G. Gallo la guerra di liberazione non è stata un fenomeno di élite, di una minoranza esigua, per lui è stata una guerra di popolo65, in quanto fra coloro che hanno fatto parte della resistenza include chiunque abbia aiutato i partigiani fornendo loro vestiario, viveri, ricovero e gli abitanti di Barcis e Subit, paesi più volte incendiati dai tedeschi, che tuttavia non hanno mai negato un aiuto ai partigiani. L’autore ammette episodi di ostilità e insofferenza ma assicura che senza l’appoggio di gran parte dei cittadini non ci sarebbe stata la lotta armata.66 In questo testo è affermato che la nascita della Resistenza in Italia, unico caso in un paese fascista, è frutto di un processo storico lungo e complesso; sono analizzati dall’autore i presupposti della lotta armata fra i quali l’opposizione alla dittatura nei vent’anni precedenti il 1943, compiuta dai vari partiti antifascisti, e il malcontento delle masse popolari.67 Nel testo è affermato che la lotta armata non può nascere come movimento istintivo, ma che soltanto i partiti grazie alla loro

63 Ivi, pp. 87- 90

64 GIAMPAOLO GALLO, La Resistenza in Friuli 1943- 1945, IFSML, Udine, 1989,

65 Ivi, p. 12

66 Ivi, p. 12

67 Ivi, p. 13 organizzazione e a quadri addestrati riescono a portare la Resistenza fino allo scontro armato.68 Gallo afferma che il Movimento di Liberazione jugoslavo, iniziato dopo l’invasione italo-tedesca della penisola balcanica, ha costituito per gli antifascisti italiani e soprattutto per i comunisti, un punto di riferimento, uno stimolo morale e politico, un esempio operativo che fu raccolto dagli antifascisti friulani e tramite questi da tutta la Resistenza italiana.69 L’autore sostiene che per i comunisti, i socialisti e gli azionisti, il passaggio dall’opposizione politica alla guerriglia fu naturale mentre per i cattolici comportò una totale revisione delle precedenti posizioni;70i papi Ratti e Pacelli, l’episcopato e la maggioranza dei fedeli erano stati favorevoli al fascismo in chiave anticomunista ma dopo la legislazione razziale del regime e l’entrata in guerra dell’Italia i rapporti cambiarono. Questo testo ripercorre i fatti più importanti della lotta partigiana, dalla formazione dei primi gruppi alla liberazione, descrivendo le azioni militari e analizzando il ruolo svolto dai partiti nella creazione dei primi battaglioni e durante tutto il periodo della Resistenza. L’autore, parlando dell’espansione del movimento partigiano, nell’estate 1944, descrive le zone in cui si svolsero le principali azioni ed elenca i battaglioni che vi operarono e i loro comandanti.71 Per quanto riguarda i rastrellamenti dell’autunno- inverno 1944- 1945, Gallo descrive le principali battaglie per la difesa della zona libera raccontando le difficoltà che ebbero i partigiani, per l’inferiorità numerica e la scarsità di munizioni e le perdite che subirono.72 L’autore descrive l’operato del gruppo Brigate Destra Tagliamento, composto da garibaldini, che si formò a partire dal febbraio 1945, e delle forze osovane, che si riorganizzano a partire da marzo. Le

68 Ivi, p. 13

69 Ivi, p. 22

70 Ivi, p. 47

71 Ivi, pp.105- 120

72 Ivi, pp. 185- 197 forze garibaldine, a partire dal 26 aprile eliminarono i presidi tedeschi di Cordenons, S. Vito e Azzano mentre le forze osovane liberarono i comuni della Destra Tagliamento ai confini con la provincia di Venezia. Garibaldini e osovani il 29 aprile convergono su Pordenone occupandola il giorno successivo73. Questo volume parla della Resistenza analizzando tutte le sue componenti dando così un quadro completo del fenomeno sia dal punto di vista militare che politico. Nel 1985, all’interno di un volume sulla Resistenza nel pordenonese, è stato pubblicato un saggio di Vannes

Chiandotto che si occupa del ruolo svolto dai partiti politici, dal settembre 1943 alla liberazione74. Nella prima parte del testo, Vannes Chiandotto analizza la situazione politica nazionale e parla della nascita del C.L.N. (comitato di liberazione nazionale); quest’organismo, nato dopo l’annuncio dell’armistizio, aveva il compito di dirigere e coordinare la lotta di liberazione delle formazioni partigiane nei territori da loro occupati75. La situazione nel pordenonese è analizzata a partire dall’8 settembre; l’autore afferma che nei primi giorni di settembre del 1943 la presenza tedesca nel territorio non era ancora consolidata e questo ha permesso la riuscita di azioni, contro i treni che dovevano portare i soldati italiani nei campi di concentramento76. L’autore descrive i compiti del C.L.N. e i problemi che dovette affrontare sia di ordine civile che militare e inoltre cita coloro che lo componevano77.

73 Ivi, p. 237- 243

74 VANNES CHIANDOTTO, IL C.L.N. e i partiti politici nella Resistenza del pordenonese in Antifascismo e Resistenza nel Friuli occidentale, edizioni della provincia di Pordenone, Pordenone, 1985

75 Ivi, pp. 119- 122

76 Ivi, p. 122

77 Ivi, pp. 124- 129 Nell’ultima parte del testo, sono descritte le trattative fra il comando tedesco e il C.L.N. che portarono alla liberazione di Pordenone e inoltre sono analizzati i problemi della prima giunta comunale postbellica, che dovette affrontare molte difficoltà soprattutto legate alla disoccupazione, dovuta al ritorno dei militari.78 Nel 1995 viene pubblicato un volume, scritto da Arturo Zambon, nel quale l’autore descrive un periodo della sua vita che va dall’8 settembre 1943 alla liberazione; Zambon, con il suo racconto, vuole fare chiarezza su avvenimenti che si svolsero in Valcolvera e Valcellina, di cui fu protagonista. Degli argomenti trattati in questo testo si sono occupate molte ricostruzioni storiche, prima fra tutte quella di Mario Candotti, ma queste, secondo l’autore, si sono basate su fonti che a volte si sono rivelate generiche79.

Il racconto comincia dall’8 settembre, quando Zambon era militare a Bressanone; dopo l’armistizio fu imprigionato e fuggì per non essere deportato in Germania80. Questa parte del testo fa capire il dramma dei militari italiani che, da un giorno all’altro, si sono trovati nemici degli ex alleati tedeschi. Zambon parla del suo lavoro alla Todt, una volta ritornato a casa, e spiega che i tedeschi istituirono questi campi di lavoro per evitare la tensione sociale81; inoltre racconta di come approfittò del suo ruolo nella Todt per portare in montagna ogni cosa utile alla causa partigiana82. Questa parte è molto importante perché fa capire che, nell’attività partigiana, c’erano una serie di difficoltà non solo di tipo militare ma anche organizzativo. In questo libro è spiegato molto chiaramente cosa spinse molte persone ad entrare nella Resistenza: l’occupazione del territorio

78 Ivi, pp. 130- 133

79 ARTURO ZAMBON, Valcellina e Valcolvera 1944- 1945, Uomini e Luoghi, Arti grafiche friulane, , 1995, pp. 17

80 Ivi, pp. 7- 17

81 Ivi, p. 19

82 Ivi, pp. 27- 34 italiano, la privazione delle libertà più elementari e le privazioni dovute alla guerra83. Un capitolo di questo volume è dedicato all’unificazione delle brigate osovana e garibaldina avvenuta in Valcellina ed è affermato che su questo argomento si è molto parlato, anche a sproposito; l’autore ritiene di poter portare una valida testimonianza in quanto protagonista dei fatti e per aver operato, all’interno del comando, con autorevoli esponenti del movimento partigiano84; Zambon cita il saggio di Mario Candotti, apparso nel numero 10 di Storia Contemporanea in Friuli, per obbiettare alcune sue affermazioni. Candotti scrive che la brigata unificata è nata per iniziativa di elementi partigiani di formazione G.A.P. e dei quadri politici del C.L.N. di pianura e che per la fine del comando unificato fu determinante il grande rastrellamento nemico effettuato congiuntamente da reparti tedeschi, repubblichini e della Decima Mas. In questo testo invece si afferma che l’unificazione avvenne grazie alle brigate, garibaldina e osovana, che si unirono per dar vita alla brigata unificata e che la fine della stessa fu dovuta alla mancanza di vettovagliamento, armi, munizioni. Zambon, assicura che ci fu un’iniziale diffidenza fra osovani e garibaldini per le diverse idee politiche, ma questa fu superata subito quando subentrò amicizia e fiducia tra i partigiani, inoltre afferma che l’unificazione fu necessaria perché i vari distaccamenti coprivano una zona molto ampia e se non erano coordinati potevano compiere errori di tattica militare e non essere efficaci nell’affrontare gli attacchi nemici85. L’autore afferma anche che la guerra partigiana doveva essere condotta da reparti con poco organico, per favorire l’effetto sorpresa negli attacchi, al contrario nella lotta partigiana si sono creati reparti

83 Ivi, p. 27

84 Ivi, p. 36

85 Ivi, p. 37 sempre più grandi i quali, secondo Zambon, occuparono zone troppo vaste impossibili da mantenere libere86. Un altro tema affrontato in questo libro è la giustizia partigiana; l’autore afferma che le formazioni partigiane hanno eseguito, in certe situazioni, arresti e punizioni esemplari, non sempre giustificati, portando a situazioni d’attrito con la popolazione e per questo era stato istituito dalla brigata unificata “ Ippolito Nievo A” un tribunale che doveva esaminare i casi di prigionieri tedeschi o repubblichini e di persone compromesse col fascismo per evitare i soprusi87. Questo testo, è una fonte importante per la storia della Resistenza nella Destra Tagliamento, in quanto scritto da un importante esponente osovano, che ha vissuto in prima persona alcuni degli avvenimenti più importanti della lotta di liberazione. Nel 1997 è pubblicato un volume di Bruno Steffè, avente lo scopo di dare una visione complessiva degli eventi bellici nel territorio della provincia di Pordenone88. Questo lavoro riguarda la lotta partigiana nella zona montana delle Prealpi Carniche, nelle vallate dell’Arzino, del

Meduna, del Cellina, e nella pianura, tra i fiumi Tagliamento e Livenza. L’autore ha usato documenti originali, riportandone i tratti essenziali, scegliendoli tra le posizioni più diverse. In questo volume si afferma che in alcune opere sulla Resistenza, furono usate, per parzialità ideologiche, certe forzature nelle descrizioni degli eventi; Steffè afferma che è una forzatura definire la guerra di liberazione guerra di popolo perché è stata combattuta da una minoranza della popolazione, anche se formata essenzialmente dal ceto popolare. Nella prima parte dell’opera l’autore parla del periodo dall’8 settembre 1943 all’inizio della guerra partigiana; descrive l’inizio

86 Ivi, pp. 38- 39

87 Ivi, pp. 41- 46

88 BRUNO STEFFE, La guerra di Liberazione nel territorio della provincia di Pordenone 1943- 1945, Edizioni ETS, Pisa, 1997, p. 10 dell’attività osovana e garibaldina.89 Per quanto riguarda gli osovani descrive molto accuratamente le varie componenti: i militari, il clero e i partiti d’ispirazione cattolica; Steffè afferma che l’opera del clero fu molto importante nella conduzione della Osoppo e che alcuni sacerdoti delinearono la necessità politica della lotta armata contro i tedeschi90. L’attività garibaldina è fatta risalire dall’autore all’attività antifascista, documentata sin dall’inizio del fascismo91. Nel testo sono riportati i diari delle formazioni partigiane, nei quali sono annotati, giorno per giorno, i principali eventi militari; i diari fanno capire il grande lavoro svolto dai partigiani e la sua importanza per la lotta contro il nazifascismo. L’autore analizza, oltre ai problemi militari, i problemi organizzativi: la sicurezza nella clandestinità, la propaganda e i collegamenti fra i vari reparti e l’approvvigionamento; queste descrizioni danno un’idea della varietà di problematiche che i partigiani dovevano affrontare92. Una parte molto interessante del testo è quella in cui si parla dell’influenza degli eventi bellici degli alleati, perché

spiega lo stretto rapporto che c’era fra l’avanzata dell’esercito alleato e l’evolversi della situazione partigiana. Nell’ultima parte del testo l’autore descrive le azioni svolte dai reparti garibaldini e osovani di pianura nell’ultimo periodo della guerra di liberazione. Steffè riporta i diari operativi delle brigate garibaldine di pianura inserite nella divisione Mario Modotti Destra Tagliamento, premettendo che i diari furono redatti a guerra conclusa basandosi sul ricordo dei partigiani e quindi contengono imprecisioni, e una relazione del maggio 1945 redatta da “Leonida” per quanto riguarda l’attività osovana. Queste fonti fanno capire la

89 Ivi, pp. 19- 46

90 Ivi, pp. 19- 31

91 Ivi, pp. 33- 35

92 Ivi, pp. .89- 103 capillarità dell’azione partigiana e anche quanto fu alto il numero dei caduti fino agli ultimi giorni della Resistenza93. Questo testo da un quadro complessivo della situazione nella Destra Tagliamento fino alla liberazione e spiega i principali eventi in modo dettagliato senza prendere una posizione di parte. Nel 2000 è pubblicato un saggio di Pier Paolo Brescancin, direttore scientifico dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel vittoriese, che si occupa del movimento partigiano nel pordenonese dalla nascita fino alla liberazione94. Brescancin suddivide i gruppi di resistenti in due categorie, quelli nati spontaneamente per iniziativa di giovani ufficiali subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e quelli nati per iniziativa di formazioni politiche, fra le quali l’autore definisce il partito comunista il più attivo. Fra i gruppi spontanei sono citati quello nato per iniziativa di Pietro Maset, già ufficiale degli , che operava fra Sacile e la Valcellina, quello di Mario Dal Fabbro, già sottotenente della caserma Slataper di Sacile, operante fra Cordignano e Caneva e quello di Piero Biasin che aiutò a fuggire molti militari della caserma Slataper e della caserma Fiore di Pordenone; inoltre l’autore ricorda le figure del maggiore Attilio Beltrame “Martini” che organizzò le formazioni

Osoppo di Pianura, il capitano Franco Martelli “Ferrini”, che sarà capo di stato maggiore della brigata unificata Ippolito Nievo B e il generale Costantino Cavarzerani che organizzò gruppi di Resistenza a Stevenà di Caneva95. Fra i gruppi nati per iniziativa di forze politiche, l’autore cita la formazione Ferdiani, attiva in Val Mesazzo e i battaglioni Pisacane e Garibaldi che si trovavano nel monte Ciaurlec, nati nel gennaio 1944 e i distaccamenti Bixio, Mazzini 2°, Gramsci e Buzzi, nati, per iniziativa di Mario Modotti “Tribuno” e di Giulio Contin “Riccardo”,

93 Ivi, pp. 209- 262

94 PIER PAOLO BRESCANCIN, Le formazioni partigiane nel pordenonese in Il pordenonese dalla resistenza alla repubblica, Istituto Provinciale di storia del Movimento di liberazione e dell’Età Contemporanea, Pordenone, 2000

95 Ivi, p. 75 nel febbraio- marzo dello stesso anno96, espressione del partito comunista e le formazioni Osoppo nate da un’operazione congiunta del Partito d’Azione e della Democrazia Cristiana che assorbirono le formazioni spontanee di ex ufficiali.97 Nel testo sono descritti gli attacchi partigiani contro il campo d’aviazione di Maniago e le caserme della guardia di finanza di Malnisio e Montereale Valcellina, avvenuti nel giugno del 1944; queste azioni, secondo Brescancin, fanno capire che il movimento partigiano è in crescita e vuole sottrarre ai nazifascisti il controllo del territorio.98 L’autore spiega le relazioni fra l’evolversi della situazione a livello nazionale e locale, spiegando come l’andamento bellico degli alleati abbia influito sulla creazione delle zone libere, sui grandi rastrellamenti di fine estate 1944 e sulla liberazione99, riuscendo così a dare un quadro d’insieme più chiaro degli eventi principali. Nel 2002, è pubblicato un volume di Renzo Biondo, nel quale, l’autore si pone l’obbiettivo di raccontare la vita quotidiana dei partigiani, la nascita delle formazioni e le motivazioni che hanno spinto i giovani accorsi sulle montagne.100

Renzo Biondo col contributo di vecchi protagonisti ha raccontato vicende che altrimenti sarebbero andate dimenticate. Nella premessa l’autore mette in relazione il cambiamento del clima politico con la percezione degli avvenimenti passati; afferma che storici revisionisti smantellano i fondamentali sulla genesi della democrazia in Italia, rivalutando chi combatté per la repubblica di Salò.

96 Ivi, p. 76

97 Ivi p. 76

98 Ivi, p. 78

99 Ivi, pp.80- 91

100 RENZO BIONDO, IL verde, il rosso, il bianco. La V° brigata Osoppo e la brigata osovano- garibaldina “Ippolito Nievo”, CLEUP, Padova, 2002, p. 13. Renzo Biondo prende una posizione chiara affermando che la resistenza fu una scelta di civiltà, fra libertà e servitù, fra nazismo e democrazia, fra campi di sterminio e parità di tutti i cittadini.101 Nel testo, c’è un capitolo in cui vengono descritti i luoghi dove operarono la brigata Osoppo e la Garibaldi Friuli; soprattutto è descritta la zona occidentale della Zona libera delle Prealpi Carniche, dove operò la V° brigata “Osoppo” che insieme a battaglioni garibaldini diede vita alla Brigata mista “Ippolito Nievo”; questa descrizione aiuta a capire l’importanza ai fini bellici della zona, in quanto si trovava in una posizione strategica e per questo motivo i tedeschi si impegnarono per liberarla dalla presenza partigiana. Per Biondo, le tesi revisioniste secondo cui l’apporto partigiano alla vittoria alleata della guerra fu esiguo, sono smontate dal fatto che i tedeschi inviarono delle nuove divisioni modernamente equipaggiate nelle zone dove si trovavano i presidi partigiani; inoltre il proclama di Kesserling, comandante in capo delle forze tedesche in Italia, che da ordini su come comportarsi contro le bande armate, fa capire che i partigiani erano temuti dagli avversari.102 R. Biondo esprime un giudizio sulla Xmas, reparto collaborazionista, affermando che giustificarli in confronto ad altri reparti repubblichini è un falso storico, in quanto hanno compiuto efferati episodi di violenza e omicidi di massa.103 La Xmas voleva creare un solco fra garibaldini e osovani in quanto questi ultimi non volevano l’invasione degli jugoslavi, ma l’antifascismo, comune alle due formazioni partigiane, era più forte di ciò che poteva dividerle.104 E’ spiegato dall’autore che i tedeschi nella zona denominata Litorale Adriatico, che controllavano direttamente, non amavano la presenza di reparti fascisti e per avvalorare questa sua

101 Ivi, p. 19.

102 Ivi, p. 59.

103 Ivi, p. 61

104 Ivi, p. 62 affermazione afferma che i tedeschi preferirono, per occupare la Carnia, inviare i cosacchi.105 R.Biondo afferma che gli autori che hanno scritto prima di lui sulla brigata mista Ippolito Nievo non chiariscono come sia nata e come fu possibile che in Valcellina sia riuscita quell’integrazione che altrove non fu possibile, e afferma che il merito è stato dei tre capi, Maso, Tribuno e Riccardo, che sono riusciti a mantenere la brigata mista grazie al loro prestigio e alla loro esperienza.106 Nella seconda e terza parte del testo, ci sono testimonianze che raccontano le motivazioni che spinsero i giovani alla lotta e ricordi di partigiani sulle loro esperienze nella Resistenza; molto interessante e la testimonianza di Giuseppe Torresin, che racconta com’era vista la resistenza dai giovani di Grizzo e il loro apporto alla guerra di liberazione all’interno della V° brigata Osoppo.107 Questo volume da un quadro completo del periodo della resistenza analizzando i fatti e descrivendo i principali protagonisti. Fondamentale per conoscere i reparti tedeschi che operarono nell’Adriatisches Kustenland è l’opera di Stefano di Giusto, pubblicata nel 2005108. L’autore, nell’introduzione, afferma che il suo libro è nato dalla constatazione che non esistevano precedenti studi sulla struttura militare che i tedeschi utilizzarono, nelle regioni dell’Italia nord- orientale da loro occupati.

Di Giusto, utilizzando fonti d’archivio relative alla Germania nazista e alla Repubblica Sociale Italiana analizza la presenza e l’evoluzione delle forze armate tedesche e collaborazioniste che operarono nell’Adriatisches Kustenland.

105 Ivi, p. 65

106 Ivi, p. 78

107 Ivi, pp. 157- 196.

108 STEFANO DI GIUSTO, Operationszone Adriatisches Kustenland. Udine, , Trieste, Pola, Fiumee Lubiana durante l’occupazione tedesca 1943- 1945, IFSML, Udine, 2005 RELAZIONI TRA SOCIETÀ LOCALI E RESISTENZA

Fra i testi che studiano il periodo della Resistenza nella Destra Tagliamento, ve ne sono alcuni che trattano in particolar modo di come quest’ultima influì sulle società locali. Questi studi, descrivono la vita nelle varie località durante il periodo della guerra di liberazione, soffermandosi su aspetti economici e sociali, e sui problemi causati alla popolazione dalla presenza tedesca, come ad esempio repressioni e deportazioni; i testi di questa categoria chiariscono come la guerra incise su tutti gli aspetti della vita quotidiana di combattenti e civili. Il primo lavoro, riguardante il pordenonese, che si sofferma su temi sociali è un saggio di Flavio Fabbroni, collaboratore dell’istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, che illustra, estrapolando i dati che riguardano l’odierna provincia di Pordenone, i risultati di una ricerca sulla deportazione dalle province di Udine, Pordenone e Gorizia. L’autore vuole spiegare il meccanismo attraverso il quale, durante il periodo della Resistenza, migliaia di persone sono state deportate in Germania e scoprire quanti furono i deportati e quanti non fecero più ritorno alle loro case, in quanto ritiene che i numeri sono fondamentali per capire il peso sociale delle deportazioni109. Per introdurre l’argomento principale di questo saggio, l’autore fa delle considerazioni sui campi di sterminio, affermando che non furono frutto della guerra, in quanto nacquero prima, ma essa rappresentò il momento più favorevole per il loro sviluppo110. Per avvalorare la sua tesi, Fabbroni cita un’opera di Vittorio Emanuele Giuntella studioso dell’ideologia della deportazione111. L’autore per spiegare la deportazione dall’odierna provincia di Pordenone, descrive per prima cosa l’apparato repressivo tedesco analizzando le forze che lo componevano112; inoltre nel testo sono presenti tabelle con il quadro complessivo dei rastrellamenti nella Destra Tagliamento113.

109 FLAVIO FABBRONI, La deportazione dal Friuli occidentale nei campi di sterminio nazisti in Antifascismo e resistenza nel Friuli occidentale, Edizioni della provincia di Pordenone, Pordenone, 1985, p. 215

110 Ivi, p. 215

111 VITTORIO EMANUELE GIUNTELLA, IL nazismo e i lager, Ed. Studium, Roma, 1979

112 Ivi, p. 217

113 Ivi, pp. 218- 219 Nella parte finale del testo, per dare l’idea di cosa significò la deportazione sul piano psicologico, è riportata una testimonianza che racconta il trasporto verso il campo di Dachau114. Sempre di Fabbroni, è un volume, pubblicato nel 2000, che riguarda la Resistenza nei comuni di: Sacile., Brugnera, Budoia, Caneva, Fontanafredda, Polcenigo115. Questo libro, pensato per gli studenti delle scuole medie, vuole spiegare il perché delle stragi, dei bombardamenti, del fascismo e della guerra di liberazione. L’autore della presentazione, Salvatore Biasotto, presidente dell’ANPI di Sacile, afferma che questo libro può dare ai giovani spunti di riflessione sulla convivenza, sulla solidarietà e sulla pace116. Nella premessa, l’autore afferma che per spiegare l’importanza della resistenza per la storia italiana, bisogna riflettere su cosa significarono vent’anni di fascismo sul piano della politica interna e della nostra collocazione internazionale;117sul piano interno il fascismo fece le leggi speciali che hanno dato il via al regime totalitario e le leggi per la difesa della razza che hanno introdotto in Italia il razzismo; in politica estera ci fu la conquista dell’Etiopia l’invasione dell’Albania, e la partecipazione alla guerra civile spagnola in violazione di trattati; tutto questo non poteva che dare un’immagine negativa dell’Italia alle potenze democratiche, l’immagine di un paese aggressore e responsabile con la Germania della guerra. Secondo Fabbroni, la Resistenza ha avuto il merito di dimostrare che una cosa era il fascismo un’altra il popolo italiano, proponendo valori esattamente contrari a quelli del regime118. L’8 settembre viene definito da Fabbroni, grande tragedia nazionale; è descritta la situazione che si creò alla notizia dell’armistizio: una grande gioia, perché era giunta la pace e i

114 Ivi, p. 222

115 FLAVIO FABBRONI, La Resistenza nei comuni di Brugnera, Budoia, Caneva, Fontanafredda, Polcenigo e Sacile Strumenti per un’unità didattica, ANPI sezione di Sacile, Sacile, 2000, p. 7

116 Ivi, p. 7

117 Ivi, p. 9

118 Ivi, pp. 9-12 militari sarebbero tornati dai vari fronti, seguita da inquietudine e paura della popolazione alla notizia dell’arrivo dei tedeschi.119 Nel testo ci sono testimonianze, di partigiani e parroci, che chiariscono il dramma dei militari italiani, i quali dopo l’armistizio, erano caricati su vagoni e deportati in Germania120; da queste testimonianze si nota la solidarietà della popolazione nel nascondere i soldati che erano riusciti a sfuggire alla cattura. Fabbroni descrive l’incertezza dei giovani, quando nel febbraio e poi nel luglio 1944, uscirono i richiami alla leva per le classi tra il 1914 e il1926 e spiega che ci furono vari fattori che indirizzarono i giovani, la situazione sociale, economica, familiare. Alcuni optarono per la scelta collaborazionista perché il distretto militare di Sacile assisteva con denaro le famiglie di chi si arruolava, altri scelsero la lotta clandestina, soprattutto per tradizione familiare.121 L’autore descrive le forze tedesche, la loro organizzazione e consistenza e i luoghi dove avvenivano interrogatori e torture per estorcere informazioni.122 Nel Litorale Adriatico, territorio di cui la Destra Tagliamento faceva parte, vi era un comando militare a cui si affiancava la polizia (SS); le SS erano divise in “Polizia segreta di stato”(GESTAPO), Polizia criminale (CRIPO) e il servizio di sicurezza (SD); dipendevano inoltre dalle forze tedesche la Milizia per la Difesa Territoriale (MDT) e il battaglione fascisti friulani. I luoghi più temuti, da coloro che erano arrestati dai nazifascisti, erano il carcere di Pordenone e il centro di repressione di Roveredo in Piano diretto dal tenente tedesco Dornenburg; per farne capire la ferocia l’autore riporta un passo del diario di don Alberto Cimarosti in cui si racconta che il tenente tedesco bruciava le case dei partigiani e di chi simpatizzava per loro.123 Una parte del testo racconta le attività partigiane dal periodo in cui la Resistenza raggiunse il suo apice, l’estate 1944, fino alla liberazione, ci sono molte testimonianze di partigiani che raccontano i sabotaggi verso le forze tedesche e le azioni per

119 Ivi, p. 17

120 Ivi, pp. 18-21

121 Ivi, p. 26

122 Ivi, pp. 47-48

123 Ivi, p. 48 recuperare materiale bellico. Sono descritte in modo schematico le forze partigiane, come si presentano dopo la ristrutturazione dovuta al grande afflusso di combattenti, spiegando, zona per zona, quali battaglioni operavano e com’erano composti.124 L’autore descrive molto attentamente i grandi rastrellamenti dell’autunno 1944, raccontando le principali battaglie e le perdite partigiane.125 Nell’ultima parte del testo è raccontato come, nei giorni immediatamente seguenti al 25 aprile, furono liberate Pordenone e gli altri centri principali della Destra Tagliamento126. Nel 1985, oltre al volume di Fabbroni è pubblicato uno studio di Marco Puppini, che prende in esame la composizione sociale della Resistenza e l’evolversi dei suoi rapporti con la popolazione fra il 1943 e il 1945. L’autore si chiede se esistano classi sociali che più di altre alimentano il movimento partigiano e per rispondere usa ricerche su singole zone; secondo uno studio di Aldo Moretti, Faustino Nazzi e Valentino Pravisano sul Friuli occidentale, condotto sugli elenchi dei caduti, militari , civili e partigiani dell’ultima guerra, gli operai danno il più alto numero di caduti alla causa partigiana.127 Nel secondo capitolo l’autore analizza le varie componenti sociali che parteciparono alla Resistenza. Nel saggio si afferma che la massiccia presenza operaia all’interno della Resistenza è il risultato di un impegno antifascista che gli operai mantennero durante tutta la durata del regime; l’autore per avvalorare questa tesi cita gli studi di Teresina Degan sull’antifascismo nel pordenonese. Parlando delle altre categorie sociali l’autore afferma che non sono molti gli artigiani e i contadini che assunsero ruoli di rilievo nella Resistenza ma che quei pochi furono molto attivi e preparati militarmente128.

124 Ivi, pp. 48-53

125 Ivi, pp. 81-90

126 Ivi, p. 111

127 MARCO PUPPINI, La popolazione nella Destra Tagliamento, fra occupazione nazista e Resistenza in Antifascismo e Resistenza nel Friuli occidentale, Edizioni della provincia di Pordenone, Pordenone, 1985, p. 181

128 Ivi, p. 185 Puppini, asserisce che la questione delle relazioni tra esercito di liberazione e contadini è un problema che accomuna molte esperienze storiche del passato, dalla guerra civile in Spagna alle resistenze europee; la Resistenza italiana ha scelto di cercare un accordo con contadini e grandi proprietari terrieri, ad eccezione dei fascisti, per coinvolgerli nella guerra di liberazione129. Nel saggio si afferma che il rapporto fra popolazione e partigiani cambiò durante la guerra in quanto col prolungarsi del conflitto la situazione sempre più drammatica fece nascere critiche verso il movimento partigiano130. Secondo l’autore un importante elemento di frattura fra combattenti e partigiani furono le repressioni attuate dai tedeschi, le quali sono presentate come risposta alle azioni partigiane; nel testo sono riportati alcuni episodi rappresentativi della violenza nazifascista verso la popolazione131. Questo saggio oltre a spiegare la composizione sociale della Resistenza spiega in modo chiaro tutte le difficoltà che i partigiani dovettero affrontare per rapportarsi con la popolazione in una situazione che era drammatica per entrambi. Un’opera che fa capire chiaramente il peso della guerra sulla popolazione è l’elenco dei caduti del pordenonese nella seconda guerra mondiale; questo volume, frutto di anni di ricerche su fonti edite e presso numerosi archivi storici, contiene i dati anagrafici dei caduti, l’arma dell’esercito o la formazione partigiana cui appartenevano e le circostanze della loro morte132. Nella presentazione, gli autori descrivono come si è arrivati alla stesura di questo volume, raccontando le motivazioni che hanno spinto i ricercatori e le difficoltà incontrate a causa di fonti a volte contraddittorie e incomplete, inoltre sono spiegati i criteri usati nel raccogliere i dati133.

129 Ivi, p. 187

130 Ivi, p. 189

131 Ivi, p191

132 AA.VV., Caduti, dispersi e vittime civili della seconda guerra mondiale nei comuni della regione Friuli- Venezia Giulia, vol. 2° Pordenone, IFSML, Udine, 198

133 Ivi, pp.7- 8 Gli autori affermano che da quest’opera si possono ricavare informazioni sulle vicende belliche e resistenziali che sono preziose per gli studiosi. Nel 1994 è pubblicato un volume scritto da Aldo Colonnello nel quale è ricostruito l’incendio di Barcis, una delle rappresaglie più cruente fra quelle avvenute nella Destra Tagliamento; il testo, uscito in prima pubblicazione nel 1994, in occasione del cinquantesimo anniversario dell’incendio di Barcis è stato ristampato nel 2004 per il sessantesimo anniversario. Nella prima parte del testo c’è un saggio di Mario Candotti, sulla lotta partigiana in Valcellina inserita nel contesto della Zona Libera della Carnia e del Friuli134; la seconda parte del volume è composta da testimonianze di cittadini di Barcis che danno una lettura degli eventi sotto più punti di vista, del periodo estate- autunno 1944. Il saggio di Candotti, si apre con una descrizione del paesaggio, in quanto per l’autore la Resistenza in Valcellina è stata facilitata dalla posizione geografica.135 L’autore analizza l’evoluzione dei vari gruppi che si formano dal settembre 1943; descrive la nascita del battaglione Ferdiani che da piccolo distaccamento divenne poi una divisione136; il racconto delle azioni di questo battaglione fa capire i risvolti che le attività partigiane ebbero sulla popolazione, infatti se da una parte provocarono la reazione tedesca con duri rastrellamenti, dall’altra ebbero positivi risvolti psicologici e portarono all’arruolamento di molti giovani.137 Candotti assicura che uno dei fatti più significativi della Resistenza nel pordenonese fu l’unificazione fra le forze osovane e quelle garibaldine che ha dato al movimento partigiano maggior forza e coesione contro il nemico138. Nel testo, si afferma che per arrivare a

134 MARIO CANDOTTI, La lotta partigiana in Val Cellina in Storia contemporanea in Friuli vol. 10, I.F.S.M.L., Udine, 1979

135 ALDO COLONNELLO, Dies Irae Valcellina. L’incendio nazista di Barcis, Ed. Comune di Barcis, Pordenone, 2003, p. 15.

136 Ivi, p. 18

137 Ivi, p. 18- 19

138 Ivi, p. 33 un comando unico ci furono molte discussioni e questo fa capire le differenze di vedute fra i due gruppi.139 Questo saggio, raccontando in modo dettagliato gli avvenimenti, azioni delle formazioni partigiane e rappresaglie, fa capire la difficoltà dei partigiani per tenere libera dai tedeschi la zona della Valcellina soprattutto per l’inferiorità di uomini e mezzi. Nelle testimonianze orali, gli intervistati raccontano i loro ricordi dell’incendio e di altre rappresaglie compiute dai tedeschi a Barcis. Nel 1996 è pubblicato uno studio di Enzo Marigliano e Giuseppe Mariuz, che si occupa della situazione sociale nel pordenonese fra il 1943 e il 1945; il testo è diviso in due parti, la prima, scritta da Enzo Marigliano, s’intitola “ La situazione economico- sociale e le condizioni di vita della popolazione di Pordenone e della Destra Tagliamento fra il 1943 e il 1945” e la seconda, scritta da Giuseppe Mariuz, s’intitola “ 8 settembre 1943- 30 aprile 1945 la guerra in casa: come sopravvivere. Lo scritto di Marigliano, oltre a parlare dei drammi legati alla guerra e della lotta di Liberazione, parla d’altre questioni che furono fondamentali per la popolazione durante il periodo 1943-1945, come i prezzi e i modi per evitare la coscrizione obbligatoria140. Jacopo Mazzolin, nell’introduzione afferma che questo testo vuole colmare una lacuna, in quanto i volumi sulla lotta di liberazione hanno trattato argomenti socioeconomici solo in via indiretta e che questi aspetti sono importanti perché furono alla base degli scioperi del 1944 e del malcontento popolare che contribuì ad accelerare la caduta del fascismo141. Enzo Marigliano, afferma che i tedeschi volevano operare il massimo sfruttamento delle terre annesse, in quanto sapevano di essere giunti alle fasi conclusive della guerra e volevano resistere il più possibile a spese dei territori annessi od occupati dal Reich142. L’autore, asserisce che nel pordenonese c’è un processo d’impoverimento già a partire dagli anni ‘30 che peggiora dopo

139 Ivi, p. 36

140 ENZO MARIGLIANO- GIUSEPPE MARIUZ, La guerra in casa: come sopravvivere. 1943- 1945 Destra Tagliamento, Edizioni La gazzetta dei lavoratori, Udine, 1996, p. 7.

141 Ivi, p. 9

142 Ivi, p. 17 l’entrata in guerra dell’Italia143; nel triennio 1943-.1945 ci fu una crescita esponenziale dell’inflazione, con una conseguente diminuzione del potere d’acquisto e questo peggiorò ulteriormente la situazione sociale144. Marigliano parla anche di un altro problema che dovette affrontare la popolazione del pordenonese, il reclutamento obbligatorio, di tutti gli uomini della Destra Tagliamento, dai 15 ai 50 anni, nella Difesa Territoriale, deciso dal maggiore Schliemann145. In occasione dell’emissione di questo bando si crea una forte corrente di solidarietà popolare fra le famiglie che dovevano nascondere uomini; vi era però, anche chi decise di schierarsi con l’occupante nazista e scelse la strada della delazione146. IL saggio di Mariuz, “La guerra in casa: come sopravvivere 1943- 1945 Destra Tagliamento”, comincia asserendo che la guerra che Mussolini aveva voluto cominciare affianco alla Germania, dal 10 giugno 1940 alla metà del 1943, aveva avuto esiti disastrosi; per quanto riguarda il Friuli, la popolazione era venuta a conoscenza delle disfatte militari, attraverso i racconti di migliaia di reduci alpini che raccontavano le sconfitte, dell’impreparazione militare e del disprezzo e l’abbandono da parte dei tedeschi e questo aveva dato la consapevolezza di un’imminente sconfitta del nostro paese147. L’autore analizza i problemi economici legati alla situazione militare; le restrizioni dei consumi interni, la perdita del potere d’acquisto dei salari e la crisi dell’industria cotoniera e di altre industrie della zona148. Queste informazioni fanno capire come la guerra creò una serie di problemi correlati fra loro, anche in ambito locale, non solo di tipo militare. Mariuz, parlando del 25 luglio, data della destituzione di Mussolini, afferma che in quella data era caduto il regime fascista e non lo stato fascista e lo dimostra riportando una circolare emanata il 27 luglio in cui si afferma che ogni perturbazione dell’ordine pubblico,

143 Ivi, pp. 17- 18

144 Ivi, p. 21

145 Ivi, p. 28

146 Ivi, p. 29

147 Ivi, p. 67

148 Ivi, p. 67 anche minima, avrebbe portato a gravi conseguenze; questo, secondo l’autore, dimostra l’avversione del governo Badoglio verso i moti popolari149. In questo testo, il comunicato con cui il governo italiano annuncia l’armistizio con gli alleati, è giudicato ambiguo e si afferma che lasciò la popolazione senza direttive e le forze armate senza ordini150. Questo, fa capire chiaramente la situazione d’incertezza, in cui gli italiani si trovarono nei giorni immediatamente successivi all’armistizio soprattutto a causa del comportamento del governo. In un capitolo intitolato “come sottrarsi alla coscrizione dei nazifascisti” si spiega come si sviluppò l’occupazione tedesca, subito dopo l’8 settembre. I giovani di leva furono costretti a fuggire, per non essere deportati e inoltre i tedeschi affissero volantini che vietavano assembramenti e intimavano la riconsegna del materiale bellico pena la fucilazione151. L’autore definisce fallimentari gli esiti della chiamata alle armi della popolazione; nel febbraio 1944 è emesso un bando da parte dei tedeschi che prevede la pena di morte per i disertori, che però non ottiene il risultato che i tedeschi si erano prefissati, nascono in questo periodo delle formazioni di volontari a sostegno del nazifascismo ma nonostante siano ben pagate incontrano poche adesioni152. Mariuz afferma che migliaia di persone fuggite alla coscrizione vissero grazie alla solidarietà popolare, infatti, nei primi mesi dopo l’8 settembre, la lotta partigiana non è ancora molto diffusa e organizzata militarmente; afferma inoltre che grazie ai primi patrioti ma anche a ferrovieri e a donne coraggiose ci furono sabotaggi ai binari e tentavi di liberare uomini caduti in mano ai tedeschi che stavano per essere deportati nei campi di concentramento153. Questo fa capire come gran parte della popolazione fu coinvolta nella Liberazione anche senza combattere in prima linea.

149 Ivi, p. 68

150 Ivi, p. 70

151 Ivi, p. 73

152 Ivi, p. 74

153 Ivi, p. 74 Questo volume ha il pregio di raccontare il periodo della Resistenza analizzando sia i problemi militari sia quelli economico- sociali, dando cosi un quadro più completo della situazione. Nel 2001 è pubblicato un volume scritto da Don Narciso Luvisetto, parroco di Chievolis durante la Resistenza, nel quale, l’autore parla del periodo 1943- 1945 raccontando i fatti più importanti che si svolsero nel suo paese e nelle zone limitrofe e i rapporti che ebbe con alcuni capi partigiani. L’autore all’inizio del volume afferma che la notizia dell’armistizio dell’8 settembre 1943 fu accolta con giubilo dagli abitanti di Chievolis, ma poi subentrò la preoccupazione per la mancanza di notizie dei militari chievolani che erano impegnati in vari fronti in Italia e all’estero.154 Don Luvisetto sostiene che la lotta partigiana inizia per vari motivi, fra i quali il lento procedere degli alleati e l’immediata occupazione da parte dei tedeschi e che un motivo che spinse molti giovani alla vita clandestina fu il richiamo alle armi per le classi 1923- 1924- 1925.155 Il primo incontro che don Luvisetto ebbe con le forze partigiane fu con i garibaldini che arrivarono a Chievolis nel gennaio 1944; l’autore racconta i suoi incontri con Mario Lizzero “Andrea” e successivamente con il comandante “Guerra”, due dirigenti garibaldini e le discussioni che intrattenne con loro, dalle quali si denota una differenza di vedute fra il parroco e i due partigiani.156 Nella parte del testo riguardante le brigate Osoppo l’autore riporta giudizi di due autorevoli esponenti osovani, Pietro Biasin “Leonida” e don Aldo Moretti, i quali affermano che gli osovani avevano un metodo di lotta diverso dai garibaldini, più attento ai pericoli di rappresaglia per la popolazione157; inoltre l’autore parla del battaglione “Patria”, descrivendo le principali azioni e descrive l’attacco tedesco al castello di Pielungo, sede del comando osovano, riportando la testimonianza di don Aurelio de Luca in quale si attribuisce il merito di aver salvato Pielungo da una dura 154 Don Narciso Luvisetto, Diario di un parroco di montagna nella bufera. 1943- 1945, ed. Provincia di Pordenone, Maniago, 2001, p. 15

155 Ivi, p. 16

156 Ivi, pp. 21- 27

157 Ivi, p. 41 rappresaglia, liberando i prigionieri tedeschi rinchiusi nel castello, e afferma che ci fu una negligenza da parte di alcuni garibaldini che avevano l’incarico di segnalare i movimenti tedeschi e non lo fecero.158 Nel testo è riportato un rapporto di Mario Lizzero, nel quale si parla dell’importanza di Chievolis; l’autore del rapporto afferma che a Chievolis non c’erano pericoli di delazioni e i partigiani potevano trovare viveri, inoltre la popolazione diede un grande aiuto ai combattenti.159 Don Luvisetto descrive l’offensiva tedesca del novembre 1944 riportando le principali battaglie e la situazione che dovette affrontare la popolazione.160 In appendice l’autore traccia un profilo di alcune figure significative della Resistenza osovana fra le quali Franco Martelli “Ferrini”, Pietro Maset “Maso” e Del Din Renato “Anselmo”.161 Nel 2003 viene pubblicato uno studio di Sigfrido Cescut, riguardante il comune di Aviano durante la Resistenza. L’autore, all’inizio del testo, spiega l’importanza avuta dalla zona di Piancavallo nella lotta di liberazione sia per la sua posizione strategica che per la presenza di baite dove i partigiani trovarono rifugio162. Cescut racconta che in Piancavallo si formarono per primi il “Battaglione Bixio” della divisione Garibaldi e il “Battaglione Piave” della divisione Osoppo e afferma che i giovani e i veterani che salirono in montagna lo fecero per cercare di liberarsi dalla condizione di servi dei tedeschi dovuta alle tragiche scelte politico- militari delle alte gerarchie fasciste163; da quest’affermazione si capisce l’alta considerazione che ha l’autore della scelta partigiana. Cescut afferma che molti avianesi, durante l’occupazione nazista, dovettero lavorare per la Todt per far sopravvivere le proprie

158 Ivi, p. 55

159 Ivi, p. 61

160 Ivi, pp. 77- 100

161 Ivi, pp. 219 - 230

162 SIGFRIDO CESCUT, Dal “Cavallo” alla pianura. “Resistenza all’occupazione nazista di Aviano, Istituto Provinciale per la Storia del Movimento di Liberazione e dell’Età Contemporanea, Roveredo in Piano, 2003, p. 8

163 Ivi, p. 9 famiglie senza però diventare collaborazionisti, mentre altri, un esigua minoranza, furono collaborazionisti e causarono con le loro delazioni morti e deportazioni164. Per raccontare gli eventi avvenuti ad Aviano durante l’occupazione tedesca, Sigfrido Cescut, si avvale del diario di don Pietro D’Andrea che in delle note racconta i fatti senza retorica e giudizi politici; annota le vittime partigiane uccise dai tedeschi e civili uccisi dai partigiani perché ritenuti delatori e inoltre le vittime dei bombardamenti165. Gli scritti del parroco d’Aviano sono molto importanti in quanto raccontando le vicende senza giudizi permettono ad ognuno di farsi un’idea su quello che è avvenuto e inoltre fanno capire chiaramente le difficoltà della vita quotidiana, per chi combatteva in montagna e per i civili. Nella parte finale del testo l’autore riporta un elenco in cui compaiono gli avianesi, partigiani, civili e militari, morti in loco o altrove durante la lotta di liberazione166. IL testo più recente, pubblicato nel 2006, è una raccolta di testimonianze e articoli che riguardano il periodo della guerra di liberazione nel territorio di Spilimbergo. Le testimonianze presenti in questo volume sono molto varie; ci sono racconti di partigiani che spiegano come sono entrati nella Resistenza e raccontano le principali azioni alle quali hanno partecipato167, ricordi di civili riguardanti l’occupazione tedesca, rastrellamenti nei paesi, rappresaglie, deportazioni168 e ricordi di aneddoti legati alla vita quotidiana all’interno dei reparti partigiani169. Fra gli articoli ripresi in questo volume, c’è né uno di Flavio Fabbroni, sulla presenza dei cosacchi, che evidenzia molto chiaramente la durezza della vita nei paesi in cui questa

164 Ivi, p. 11

165 Ivi, pp. 12- 17

166 Ivi, p. 29- 30

167 Ivi, pp., 33- 35 Ivi, pp., 43- 49 Ivi, pp., 51- 59

168 Ivi, pp., 85-86 Ivi, pp., 141- 142 Ivi, pp., 151- 159

169 Ivi, p. 61 Ivi, p. 113- 128 popolazione s’insediò170; i cosacchi, che collaborarono con i tedeschi nella lotta antipartigiana, sono definiti da Fabbroni un flagello, in quanto nelle zone da loro occupate scacciarono i proprietari dalle loro case e compirono innumerevoli violenze contro i civili. 171 Questo testo, grazie alla varietà di testimonianze e articoli di cui è composto, fa conoscere, in ogni suo aspetto, il periodo delle Resistenza nella zona di Spilimbergo.

BIOGRAFIE

Dal 1972 al 2005 sono state pubblicate dieci biografie riguardanti partigiani che hanno combattuto nella Destra Tagliamento distinguendosi, per coraggio ed impegno, nella lotta di liberazione. Le biografie riguardano otto partigiani cui è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, alla fine della guerra e uno cui è stata conferita la medaglia d’argento.

170 Ivi, p. 85- 88

171 Ivi, p. 86 Le medaglie d’oro sono: Pietro Maset “Maso”, Franco Martelli “Ferrini”, Virginia Tonelli “Luisa”, Terzo Drusin “Alberto”, Giannino Bosi “Battisti, Danjil Avdeev Varfolomeievic “Daniel”, Eugenio Candon “Sergio” e Giuseppe del Mei “Pantera”; la medaglia d’argento è stata conferita a Mario Modotti “Tribuno”. Le biografie dei partigiani che hanno combattuto nella Destra Tagliamento hanno il pregio, oltre che di far conoscere figure esemplari di combattenti, di far capire l’importante apporto che questa terra ha dato alla lotta di liberazione, motivo per il quale la provincia di Pordenone è stata insignita della medaglia d’oro per la Resistenza; le biografie, inoltre, danno un quadro geografico, politico e sociale delle varie realtà locali del territorio. La prima biografia riguardante la lotta partigiana nella Destra Tagliamento è un’opera di Mario Lizzero, uno dei più importanti dirigenti politici della sinistra friulana, che fu commissario di tutte le formazioni partigiane garibaldine del Friuli, dedicata alla figura di Virginia Tonelli “ Luisa”172. Questo testo narra la vita di Virginia Tonelli dalla nascita, fino alla morte nella risiera di S.Sabba, campo di sterminio nazista, situato a Trieste. Virginia Tonelli, nata a Castelnuovo nel 1903, dopo l’adolescenza trascorsa nel paese nativo si trasferisce per lavoro a Venezia, dove svolge la professione d’infermiera in un ospedale per bambini handicappati. Nel 1933 emigra in Francia, dove rimane fino al 1943; dal ritorno in Italia entra nella Resistenza organizzando i Gruppi di Difesa della Donna, gruppi di donne che supportano i partigiani, con mansioni sanitarie e di propaganda, oltre a curare i collegamenti fra i vari reparti partigiani. “Luisa” è attiva nella lotta di liberazione, fino al suo arresto, a Trieste nel settembre 1944; dopo la carcerazione nel carcere triestino fu trasferita alla risiera di S.Sabba dove fu uccisa il 29 settembre 1944. IL racconto della vita di Virginia Tonelli comincia dalla descrizione della sua famiglia e della situazione economica della stessa, l’autore afferma che dopo lo scoppio della prima guerra mondiale in Friuli era quasi impossibile trovare cibo e quindi la famiglia Tonelli

172 MARIO LIZZERO, Virginia Tonelli “ Luisa”. Partigiana, a cura del comitato regionale dell’A.N.P.I. del , Tricesimo, 1972. dovette affrontare lunghi viaggi per il proprio sostentamento; secondo Lizzero le fatiche dell’infanzia lasciarono tracce, sia nel fisico sia nella formazione morale di “Luisa”173. L’autore descrive, in uno dei primi capitoli del testo, l’antifascismo a Castelnuovo e nella zona dello spilimberghese, citando gli antifascisti condannati dal tribunale speciale; questa parte del testo è utile per capire l’ambiente in cui è cresciuta Virginia Tonelli e l’influenza che ebbe nella sua scelta resistenziale174. Mario Lizzero ricostruisce attentamente gli anni in cui “Luisa” visse in Francia, descrivendolo come un periodo di difficoltà economiche e di intensa attività politica175. La fonte principale usata dall’autore per raccontare il periodo trascorso da Virginia Tonelli in Francia è un volume scritto da G. Pajetta sull’emigrazione antifascista in Francia, Douce France, nel quale sono citati molti esponenti del P.C.I. che entrarono in contatto con “Luisa”. Nel testo per chiarire ulteriormente il ruolo svolto da Virginia Tonelli in Francia è riportata una testimonianza di Ange Onesti, membro dello stato maggiore dei Franc Tireurs Partisans, organizzazione attiva in Francia in azioni di sabotaggio e guerriglia, che la conobbe a Tolone, il quale afferma che essa svolse attività molteplici nella regione in cui abitava: partecipava al trasporto delle armi e munizioni usate dalla Resistenza francese e inoltre partecipava all’attività politica delle donne e dirigeva l’opera di solidarietà verso i compagni incarcerati.176 Nella seconda parte del testo è raccontato il periodo in cui Virginia Tonelli operò nella Resistenza italiana, dal suo rientrò in Italia nel maggio 1943 fino all’arresto nel settembre 1944; l’autore descrive la sua attività di staffetta fra il comando garibaldino del monte Ciaurlec, nelle prealpi della Destra Tagliamento, e la federazione friulana del P.C.I. e all’interno dei Gruppi di Difesa della Donna e inoltre riporta ricordi di partigiane che la conobbero, le quali testimoniano il suo impegno e le sue qualità177.

173 Ivi, pp. 8-9

174 Ivi, p. 13- 17

175 Ivi, pp. 18- 23

176 Ivi, pp. 23

177 Ivi, pp. 25- 39 Nell’ultima parte del testo, Mario Lizzero parla della Risiera di S.Sabba, luogo in cui morì “Luisa”, spiegando le motivazioni che portarono alla creazione di un campo di sterminio a Trieste e facendo una stima delle persone che vi furono uccise178. In appendice al testo sono riportati, le motivazioni che portarono alla concessione della medaglia d’oro alla memoria a Virginia Tonelli e i versi del poeta Tito Maniacco presenti sulla sua lapide179. Dedicato alla figura di “Luisa” è anche un volume scritto nel 2000 da Ines Domenicali, ricercatrice dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di liberazione, nel quale la storia di Virginia Tonelli, come affermato dall’autrice, è inserita nel contesto più ampio della partecipazione femminile al movimento resistenziale friulano180; nella presentazione del testo, l’allora assessore alla cultura del comune di Pordenone, Luigi Gandi, afferma che quest’opera vuole essere un riconoscimento alle donne che con le loro azioni contribuirono alla conquista di diritti e valori che hanno fondato la Repubblica Italiana181. Nilde Jotti, nella prefazione oltre a parlare delle particolari difficoltà che vi furono nella Resistenza friulana, dovute all’annessione del Friuli al Reich, si sofferma sull’importanza dell’Apporto delle donne nella Resistenza, inoltre afferma che la lotta di liberazione fu un movimento di popolo che unì ceti e classi prima di allora divisi, facendo in modo che uomini e donne di idee diverse si confrontassero182. L’autrice, nel primo capitolo, racconta gli anni trascorsi da Virginia Tonelli a Castelnuovo, descrivendo la situazione sociale nel paese dopo la nascita del fascismo e lo svilupparsi del movimento antifascista e inoltre vi è un quadro più generale della situazione nella Destra Tagliamento e sono analizzati alcuni episodi di resistenza al fascismo nel pordenonese183.

178 I) vi, pp. 44- 49

179 Ivi, p. 55

180 INES DOMENICALI, “Oscura parlò, convinse, lottò”. Virginia Tonelli medaglia d’oro della Resistenza friulana, Il Poligrafo, Padova, 2000

181 Ivi, p. 7

182 Ivi, pp. 9- 10

183 Ivi, pp.25- 42 Nel testo, è descritto il periodo passato da “Luisa “ in Francia, analizzando la sua attività nella Resistenza francese, e si accenna alla situazione politica in Francia dopo l’occupazione di parte del paese a opera dell’esercito tedesco184. La parte più dettagliata del testo riguarda il periodo che va dal rientro in Italia di Virginia Tonelli, alla fine del 1942, fino al suo arresto nel settembre 1944.; l’autrice descrive l’evolversi della situazione nella lotta di liberazione nella Destra Tagliamento e al contempo analizza l’opera compiuta da Virginia Tonelli nel curare i collegamenti fra i reparti partigiani e nel coordinare le donne necessarie come apporto al movimento partigiano.185 Nel capitolo finale del testo, l’autrice parla degli ultimi giorni della vita di “Luisa”, raccontando come fu arrestata e successivamente uccisa nel campo di sterminio della Risiera di S. Sabba; l’autrice afferma che Virginia Tonelli fu determinata nel percorrere una scelta di vita maturata da ragazza186. In appendice sono riportati documenti riguardanti l’attività di Virginia Tonelli e un elenco di donne, della provincia di Udine e dell’odierna provincia di Pordenone, cadute durante la lotta partigiana187. La prima biografia della collana dedicata dal comune di Pordenone alle sue medaglie d’oro è un’opera di Vannes Chiandotto incentrata sulla figura di Franco Martelli “ Ferrini”188; in questo volume si racconta la vita di martelli dalla nascita, a Catania il 30 dicembre 1910, fino alla morte, avvenuta per fucilazione il 27 novembre 1944 a Pordenone. Martelli, dopo il diploma conseguito a Roma entra all’accademia militare di Modena189; il 19 dicembre 1937 è trasferito a Pordenone, nel reggimento “Cavalleggeri di Saluzzo”.190Dopo l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania, Martelli è inviato in Croazia, dove

184 Ivi, pp. 36- 42

185 Ivi, p. 65

186 Ivi, pp. 91- 95

187 Ivi, p. 91- 95

188 VANNES CHIANDOTTO, Franco Martelli un combattente per la libertà, Comune di Pordenone, Pordenone, 1985

189 Ivi, p. 10

190 Ivi, pp. 12- 13 è impiegato nel rastrellamento di elementi partigiani191. Dal febbraio 1944 entra nella Resistenza dove gli furono affidati compiti via via più importanti, fino a diventare Capo di Stato Maggiore della brigata unificata ”Ippolito Nievo B”, operante nella pianura pordenonese192. Nel novembre 1944 è arrestato e dopo un breve processo fucilato193. Chiandotto all’inizio del volume, descrive brevemente i primi anni di vita di Martelli, analizzando il suo ambiente familiare, e la carriera militare fino all’armistizio, per poi soffermarsi sul periodo nel quale operò nella Resistenza. Nel testo, sono analizzati i motivi che spinsero “Ferrini” alla scelta partigiana e i suoi primi contatti con il movimento resistenziale e inoltre sono descritte molto accuratamente le sue idee politiche e sociali194. La descrizione che l’autore fa delle retate compiute a Pordenone dai fascisti, fa capire la situazione di pericolo in cui vivevano Martelli e tutti i partigiani che restarono in città e allo stesso tempo chiarisce come operavano le “Brigate Nere”, un gruppo di collaborazionisti che svolgeva attività antipartigiana nel territorio pordenonese195. Nell’ultima parte del testo sono raccontati gli eventi che portarono all’arresto di Martelli, il processo che subì e la sua esecuzione; questa parte del testo aiuta a comprendere la personalità di Martelli, infatti, l’autore afferma che durante il processo mantenne un comportamento esemplare e che accettò la morte in modo dignitoso e sereno196. In appendice sono riportati documenti riguardanti la brigata Osoppo: lettere, direttive predisposte da Martelli, testimonianze e verbali di interrogatori; fra le lettere ne è riportata una particolarmente significativa, scritta da Geisthardt Fritz, segretario del comandante tedesco Schlieben, alla vedova di Martelli, nella quale afferma che il comportamento di quest’ultimo durante il

191 Ivi, pp. 16- 20

192 Ivi, pp. 21- 31

193 Ivi, pp. 35- 45

194 Ivi, pp. 24-26

195 Ivi, p. 29

196 Ivi, pp. 35- 46 processo e la dignità dimostrata provocarono ammirazione fra i tedeschi197. Nel 2003, è stata pubblicata, dal comune di Pordenone, un’altra opera riguardante Martelli scritta da Fabio Tafuro198, nella quale, sono raccontati gli episodi salienti della vita di Martelli e inoltre è descritta la situazione politica nel pordenonese negli anni della lotta di liberazione. L’autore descrive la costituzione dell’Adriatisches Kustenland (Zona d’operazioni Litorale Adriatico), e riporta un proclama tedesco, affisso a Pordenone nei giorni successivi all’armistizio, in cui si avvisava la popolazione della nascita di questa nuova entità statale199. L’autore spiega le motivazioni che portarono i tedeschi ad annettere al Reich il territorio del Litorale Adriatico, e descrive i provvedimenti politico- amministrativi che i tedeschi assunsero per gestire questo territorio200. Nel volume si afferma che nell’Adriatisches Kustenland si attuò, da parte nazifascista, una propaganda anti – italiana, nei confronti dei fascisti e dei nuclei partigiani, attraverso la divulgazione di documenti che invitavano la popolazione a schierarsi dalla parte dei tedeschi201. In un capitolo del testo è analizzata la Resistenza nel pordenonese, dal periodo immediatamente successivo all’armistizio fino alla fine del 1944; Fabio Tafuro, descrive lo sviluppo del movimento partigiano analizzandone l’organizzazione e i problemi che dovette affrontare sia di tipo politico sia militare202. Nella parte del testo dedicata all’attività di Franco Martelli, l’autore parla del ruolo svolto da quest’ultimo nella Resistenza, in qualità di comandante delle forze osovane, e di come fu organizzato il movimento osovano nella pianura della Destra Tagliamento.

197 Ivi, p. 91

198 FABIO TAFURO, Franco Martelli. Storia di un protagonista della Resistenza pordenonese Comune di Pordenone, Pordenone, 2003

199 Ivi, pp. 24- 25

200 Ivi, pp. 28- 29

201 Ivi, pp. 29- 34

202 Ivi, pp. 35- 50 Nell’ultima parte del testo sono descritti l’arresto e la condanna di Franco Martelli e inoltre è riportata una lettera, scritta dal segretario del maggiore Schlieben alla vedova di Martelli, in cui si parla del comportamento di Martelli davanti al plotone d’esecuzione e delle dispute che nacquero all’interno del comando tedesco a condanna avvenuta203. In appendice è riportata una copia della sentenza di condanna a morte e delle cronache sugli ultimi giorni di vita di Martelli, redatte da testimoni204. Nel 1987 è stata pubblicata la biografia di Terzo Drusin “Alberto”, secondo volume della collana sulle medaglie d’oro del pordenonese, scritto da Antonio Pavanello, insegnante di Pordenone205. Nella prefazione, Antonio Pavanello, afferma che ricostruire la storia di Terzo Drusin non è stato facile, in quanto sono rimasti pochissimi documenti scritti che lo riguardano e anche le testimonianze sono esigue206. Nella prima parte del testo l’autore racconta l’infanzia di Drusin, a Manzano, descrivendo la condizione economica della sua famiglia, e l’incidente che ebbe nell’adolescenza, che gli fece perdere una gamba e lo portò a continuare gli studi207. Pavanello, parlando del periodo che Terzo Drusin trascorse all’università, descrive la situazione politica all’interno dell’università cattolica di Milano208. Pavanello afferma che i comunisti friulani capirono la necessità della Resistenza armata prima dell’8 settembre e che il loro obiettivo era creare una politica d’unità nazionale, con cattolici e socialisti, inoltre spiega come si formò il primo battaglione partigiano, il distaccamento Garibaldi, nelle prealpi Giulie, e gli aiuti che furono dati a questo gruppo dalla Resistenza jugoslava209. Nel volume è spiegato molto attentamente come Drusin, da segretario

203 Ivi, pp. 56- 61

204 Ivi, pp. 68- 79

205 ANTONIO PAVANELLO, Terzo Drusin “Alberto”, Comune di Pordenone, Pordenone, 1987

206 Ivi, p. 10

207 Ivi, pp. 11- 16

208 Ivi, pp. 19- 21

209 Ivi, pp. 31- 32 del fascio di Manzano passo alla Resistenza; l’autore afferma che la svolta fu dovuta a ciò che successe dopo l’8 settembre con l’occupazione tedesca e l’internamento in Germania dei soldati italiani210. Nel testo è analizzatala situazione della Resistenza nella Destra Tagliamento, nel periodo in cui vi arrivò Terzo Drusin ed è descritto il suo ruolo di propagandista211. L’autore, raccontando la vita di Terzo Drusin, analizza lo sviluppo della lotta partigiana fino alla liberazione e pone l’accento sulle motivazioni che portarono alla nascita della brigata unificata “Ippolito Nievo B” e sui successivi eventi che portarono alla sua dissoluzione212. Il testo, si chiude con il racconto delle torture che subì Terzo Drusin dopo l’arresto da parte dei nazifascisti, e della sua morte e inoltre sono riportate le motivazioni per le quali fu scelto di conferirgli la medaglia d’oro al valor militare213. Il terzo volume della collana sulle medaglie d’oro della Destra Tagliamento, scritto da Giuseppe Toffolutti, è dedicato alla figura di Eugenio Candon “Sergio”214. Sergio Candon, Nasce a Valeriano il 19 settembre 1921; nel 1927, rimasto orfano di madre, raggiunge il padre emigrato in Francia; a 16 anni diventa segretario della gioventù comunista di Villejuif e l’anno dopo entra nella segreteria regionale del partito. Nel 1939, è arrestato per la sua attività politica e resta in carcere fino al 1942; successivamente è consegnato alle autorità italiane, che dopo un breve periodo d’incarcerazione nella prigione di Udine, lo inviano al confino nelle isole Tremiti, dove rimane fino all’agosto del 1943. Dopo l’8 settembre, entra in contatto con l’antifascismo friulano e nel maggio 1944, il partito comunista di Udine lo destina ai reparti partigiani di montagna. Muore il 5 dicembre 1944, durante un’offensiva tedesca contro la Zona Libera del Friuli215.

210 Ivi, p. 32

211 Ivi, pp. 47- 49

212 Ivi, pp. 61- 76

213 Ivi, pp. 77- 83

214 GIUSEPPE TOFFOLUTTI, Eugenio Candon “Sergio”, Comune di Pordenone, Pordenone, 1989

215 Ivi, p. 10 L’autore, nella prefazione, afferma che Eugenio Candon è uno dei personaggi più rappresentativi dell’odierna provincia di Pordenone e che la sua figura dà lustro al Friuli occidentale216. Giuseppe Toffolutti, descr4ivere la figura di Candon, riporta i ricordi di Mario Lizzero “Andrea”, commissario politico dei reparti garibaldini; “Andrea” racconta gli incontri che ebbe con “Sergio” e l’impressione positiva che ne ebbe217. Nella parte finale del testo l’autore parla dei rastrellamenti dell’autunno 1944, in cui trovò la morte Eugenio Candon; raccontando questo periodo, Toffolutti cita “Battisti”, che guidò con Sergio la Divisione Garibaldi “Sud Arzino Fratelli Roiatti”, e Daniel, comandante del battaglione “Stalin”, anch’essi caduti nello stesso periodo218. Il testo, è corredato da foto di Eugenio Candon in varie fasi della sua vita e nell’ultima parte del volume è riportato un particolare del suo monumento funebre. Nel 1991 è stata pubblicata la biografia di Giuseppe Del Mei “Pantera”, giovane partigiano di S.Vito al Tagliamento, morto a vent’anni durante uno scontro a fuoco con militari tedeschi219; l’autore, Giuseppe Mariuz, collaboratore dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, in questo volume, oltre a parla re della vita di “Pantera” fa un quadro della società sanvitese nel periodo fascista. Nella prefazione, l’autore afferma che Giuseppe Del Mei, essendo stato ucciso a soli vent’anni, non svolse azioni di rilievo e non ricoprì un ruolo importante nella lotta partigiana, ma rappresenta un esempio della sua generazione220. Giuseppe Mariuz analizza la situazione politico- sociale a S. Vito, nel periodo in cui si sviluppò il movimento fascista e afferma che il fascismo fu visto, dalla borghesia più reazionaria, come una forza di pressione da usare contro popolari e socialisti, che in quegli anni si

216 Ivi, p. 13

217 Ivi, pp. 35- 41

218 Ivi, pp. 44- 48

219 GIUSEPPE MARIUZ, “Pantera” il ribelle. Vita di Giuseppe Del Mei (1924- 1944) medaglia d’oro della Resistenza , Comune di Pordenone, Pordenone, 1991

220 Ivi, p. 11 battevano per migliorare le condizioni lavorative di operai e contadini221; l’autore analizza la composizione sociale del fascismo sanvitese citandone i principali esponenti222. Nella parte del testo in cui si parla degli studi di Giuseppe Del Mei è spiegato come il fascismo condizionò l’istruzione dei giovani della sua generazione, cambiando i programmi scolastici e facendo propaganda all’interno delle scuole223. Mariuz descrive attentamente l’attività di “Pantera” all’interno della Resistenza, nell’estate 1944, e l’evolversi della lotta partigiana224. Nell’ultima parte del testo è descritta la morte di Del Mei, ucciso mentre tentava di disarmare un presidio tedesco e inoltre sono raccontate le azioni compiute dal suo battaglione fino alla liberazione225; Mariuz afferma che l’ultima azione di Giuseppe Del Mei, dal punto di vista militare, fu ingenua, ma considerando l’aspetto ideale, rappresenta il sacrificio di un giovane per la liberazione della propria terra226. Livio Vanzetto, direttore dell’istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea della Marca trevigiana, è l’autore della biografia dedicata alla figura di Pietro Maset227 ; in quest’opera la fonte principale sono le lettere scritte da Maset alla fidanzata. L’autore afferma che le lettere sarebbero potute essere aperte dalla censura militare e questo può indurre il mittente a forme di autocontrollo, ma nelle lettere Maso esprime apertamente le sue opinioni, anche critiche, nei confronti dei superiori e della situazione del paese228. Pietro Maso nasce a Scomigo il 12 marzo 1911229, nel 1939, poco prima dell’invasione italiana dell’Albania, e richiamato alle armi e

221 Ivi, pp. 15- 23

222 Ivi, pp. 29- 33

223 Ivi, pp. 35- 53

224 Ivi, pp. 93- 100

225 Ivi, pp. 111- 119

226 Ivi, p. 121

227 LIVIO VANZETTO, Maso l’alpino, il poligrafo, Padova, 1993, pp. 33- 34

228 Ivi, p. 17

229 Ivi, p. 19 resterà nell’esercito fino all’armistizio, combattendo in Grecia e in Russia con gli alpini della divisione “Julia”230, già dal settembre 1943 entra in contatto con i primi gruppi resistenziali231, dal 1944 opera nella montagna pordenonese, dove sarà Capo di Stato Maggiore della brigata unificata “Ippolito Nievo A”232, muore il 12 aprile 1945 durante un attacco tedesco233. Nella prima parte del testo l’autore analizza la vita di Maset dalla nascita alla chiamata alle armi, descrivendo la situazione sociale che c’era a Scomigo durante la sua adolescenza. Del Periodo della guerra, Vanzetto racconta i principali eventi in cui Maset fu coinvolto nella sua esperienza militare, descrivendo l’ambiente in cui operò. Analizzando le lettere scritte alla fidanzata da Maset, l’autore ricostruisce, il carattere di Maso e le sue idee e riesce a chiarire il percorso che lo portò alla Resistenza. Vanzetto afferma che nella corrispondenza di Maso compaiono spesso temi propri del fascismo, come la superiorità razziale e il nazionalismo militaresco; questo fa capire l’influenza che ebbe in Maso il clima politico- culturale del ventennio e la difficoltà della sua scelta resistenziale234. Nel testo, per quanto riguarda il periodo in cui Maso operò in Valcellina, dalla primavera 1944 alla morte, è descritto il rapporto che mantenne con gli esponenti osovani, descrivendo molto attentamente il comportamento che tenne riguardo alla crisi di Pielungo235, con i garibaldini della brigata unificata e con la popolazione. Nell’ultima parte del volume, è riportata la motivazione della medaglia d’oro alla memoria che fu assegnata a Maso236. In appendice al testo sono riportati vari documenti, riguardanti l’apporto della Valcellina alla guerra di liberazione, con un elenco dei caduti e una relazione sulle principali operazioni militari

230 Ivi, p. 25

231 Ivi, p. 54

232 Ivi, p. 67

233 Ivi, p. 80

234 Ivi, p. 41

235 Ivi, p.67- 73

236 Ivi, p. 80 compiute dalla Quinta Brigata Osoppo e altri documenti riguardanti la figura di Maso e La situazione in Valcellina237. Questo testo ha il pregio di descrivere molto accuratamente la figura di Maso, riuscendo a mettere in evidenza le sue idee politiche e il suo carattere. Nel 2004 è pubblicata un opera scritta da Sigfrido Cescut, riguardante la morte di Maso238. Nella premessa si afferma che uno dei motivi per cui è stato scritto questo libro e rispondere a chi ha denigrato la memoria di Maso e la lotta di resistenza, attraverso la testimonianza di alcuni superstiti di allora. Cescut, che racconta i fatti di Malga Ciamp del 12 aprile 1945, per sgomberare il campo da equivoci, cita le testimonianze sulla morte di Maso raccolte da Candotti, comandante garibaldino e ufficiale alpino pluridecorato. L’autore afferma che dagli scritti di Candotti traspare ammirazione per Maso ma anche per gli altri due comandanti garibaldini, Mario Modotti “Tribuno” e Giulio Quinto Contin “Richard” e afferma che furono protagonisti dell’evento di maggior rilievo della Resistenza in Friuli, la creazione della brigata unificata “Ippolito Nievo”. Candotti scrive per fare chiarezza sulla morte di Maso, per smentire argomentazioni da lui ritenute, sulla base di interviste a partigiani presenti al fatto, fasulle, le quali affermavano: a) Maso è stato ucciso dai garibaldini in un'altra zona del Piancavallo e portato al mattino presto nei dintorni di Malga Ciamp; b) Maso è stato fatto fuori durante un combattimento contro i tedeschi a tradimento dal partigiano osovano Quinto, cui Maso aveva tolto il comando di un distaccamento pochi giorni prima; c) Maso era stato eliminato per mandato di certi gruppi che temevano quello che lui avrebbe potuto dire una volta finita la Lotta di Liberazione239.

237 Ivi, pp. 85- 116

238 SIGFRIDO CESCUT, Maso e i partigiani di Malga Ciamp, Istituto Provinciale per la Storia del Movimento di Liberazione e dell’Età Contemporanea, Pordenone, 2004

239 Ivi, p. 18 In appendice ci sono le testimonianze dei partigiani che erano con Maso, a Malga Ciamp, quando fu ucciso; tutte le testimonianze concordano sul fatto che Maso è stato ucciso dai tedeschi240.

Nel 1995 è pubblicata un’opera di Alberto Buvoli, riguardante la vita di Giannino Bosi “Battisti”241.Nella presentazione di Mario Lizzero si parla delle singolarità della Resistenza friulana. L’autore afferma che sbaglia quando scrive che la Resistenza ha inizio con lo sfascio dell’esercito regio-fascista, dopo l’8 settembre 1943, infatti, in Friuli già dal 1942 operava la Resistenza jugoslava e il primo distaccamento Garibaldi nasce nel marzo 1943; Lizzero afferma che il grande sviluppo della Resistenza friulana è da attribuire alla sua nascita anticipata rispetto al resto d’Italia242. Nella prefazione Alberto Buvoli assicura che la Resistenza, dal punto di vista della partecipazione popolare, e rispetto alla storia nazionale precedente, fu un avvenimento rivoluzionario243. L’autore, si chiede come si debba proporre l’immagine di “Battisti”, in un periodo in cui sono diventate incomprensibili e misconosciute le ragioni di così grandi sacrifici e di una lotta cosi grande moralmente e afferma che un libro come questo, nel periodo in cui viviamo non serve a molto ma andava comunque scritto per la memoria di Giannino Bosi244. Buvoli racconta la vita di “Battisti”, soprattutto il periodo che va dalla sua scelta di diventare partigiano alla sua uccisione e attraverso la sua vita analizza i fatti più importanti della Resistenza in Friuli. Giannino Bosi nacque a Piacenza nel 1920, dove rimase fino alla fine del liceo; nel 1939 si iscrisse all’università a Milano ma nel 1942, chiamato alle armi, dovette interrompere gli studi; dal 1° settembre 1943 fu di stanza a Cividale e da questa località, iniziò la sua attività di partigiano245. Dopo un breve periodo d’attività nel Friuli orientale Battisti fu inviato nel Friuli occidentale, dove a partire 240 Ivi, pp. 35- 53

241 ALBERTO BUVOLI, Il partigiano “ Battisti”. Giannino Bosi Medaglia D’Oro della Resistenza friulana, IL Poligrafo, Padova, 1995

242 Ivi, p. 7

243 Ivi, p. 13

244 Ivi, p 14.

245 Ivi, p. 18 dal maggio 1944 gli fu dato l’incarico di vicecomandante della brigata Garibaldi Friuli246. Nel dicembre 1944 muore in uno scontro a fuoco contro un reparto repubblichino247. Buvoli analizza le formazioni garibaldine operanti nelle prealpi della Destra Tagliamento e le loro principali azioni e inoltre, per completare il quadro della presenza partigiana nelle zone prealpine delle valli Tramontina, d’Arzino e Cellina, parla della Brigata Osoppo che nasce in questa zona all’inizio del 1944. Buvoli riconosce alla Brigata Osoppo il merito di aver permesso un maggior coinvolgimento popolare, anche di coloro che non si riconoscevano nelle posizioni dei dirigenti comunisti della Garibaldi, e di aver permesso che buona parte del clero si schierasse con la Resistenza creando cosi un maggior consenso attorno al movimento resistenziale248. A partire dal 1944 c’è un grande sviluppo del movimento garibaldino, la Brigata Garibaldi diventa Divisione in tre Brigate e aumenta l’organico delle brigate; l’autore afferma che la presenza garibaldina impegnò fortemente il nemico tedesco e repubblichino che si vide costretto a raddoppiare il numero dei presidi a difesa d’installazioni, ponti, industrie e campi d’aviazione, dimostrando in questo modo l’importanza del movimento partigiano249. L’autore descrive molto attentamente la nascita della Zona Libera della Carnia e del Friuli, soffermandosi sulle difficoltà che dovettero affrontare i partigiani per liberare il territorio dalla presenza nazifascista250. Nell’ultima parte del testo, è descritta l’offensiva tedesca dell’autunno 1944, e sono raccontate le difficoltà che incontrarono i partigiani per la scarsità di munizioni e per la mancata collaborazione delle forze osovane durante l’offensiva tedesca251; in appendice al testo e riportata una lettera del comando Brigate Sud, inviata ai comandi osovano e garibaldino e alla missione inglese, in

246 Ivi, p. 47

247 Ivi, p. 90

248 Ivi, pp. 53- 54

249 Ivi, pp. 54- 55

250 Ivi, pp. 67- 68

251 Ivi, p. 81 cui si afferma che molti reparti osovani non hanno obbedito agli ordini del comando di coordinamento Osoppo- Friuli252. Questo testo, descrive molto chiaramente i principali eventi militari e allo stesso tempo i problemi di carattere politico che vi furono all’interno della resistenza. Nel 2000 è uscita una biografia, scritta da Luigi Raimondi Cominesi, che ripercorre la vita di Mario Modotti “Tribuno”, dall’infanzia fino alla fucilazione avvenuta nelle carceri di Udine il 9 aprile 1945253. Prima della guerra Modotti lavora ai cantieri navali di Monfalcone, dove si avvicina alla politica.254 Subito dopo l’8 settembre è tra i fondatori del battaglione Garibaldi e ne diventa comandante.255 Dal novembre 1943 opera nella Destra Tagliamento; in un primo momento si occupa di creare collegamenti fra gruppi spontanei di patrioti, che dovevano essere coordinati e di intessere rapporti con esponenti della società politica ed economica del pordenonese, poi opera in Piancavallo e nella Valcellina dove diventa comandante della Brigata unificata “Ippolito Nievo A”.256 Dopo i violenti rastrellamenti dell’autunno 1944, “Tribuno” è costretto a scendere in pianura.257 Tradito da una spia è catturato dai tedeschi e condannato a morte.258 Attraverso la vita di Modotti, l’autore racconta i fatti più importanti della Resistenza nella Destra Tagliamento; la nascita della Brigata Mista Garibaldi – Osoppo “Ippolito Nievo A”, , le operazioni che essa compì nella Valcellina e le reazioni tedesche. Descrivendo la nascita della brigata “Ippolito Nievo A”, e le sue azioni nella Valcellina, l’autore spiega le diverse vedute che c’erano

252 Ivi pp. 112- 113

253 LUIGI RAIMONDI COMINESI, Modotti Mario “Tribuno”. Storia di un comandante partigiano, I.F.S.M.L., Udine, 2002

254 Ivi, p. 25

255 Ivi, p. 30

256 Ivi, pp. 43-47

257 Ivi, p. 93

258 Ivi, p. 100 fra garibaldini e osovani e i rapporti che intercorrevano fra gli esponenti più importanti delle brigate Osoppo e Garibaldi.259 Raimondi Cominesi descrive attentamente le offensive nazifasciste dell’autunno 1944 e l’incendio di Barcis, mettendo in evidenza i grossi problemi che vi furono per la popolazione e per i reparti partigiani.260 La figura di “Tribuno”, è delineata attraverso le testimonianze di partigiani che operarono con lui nella brigata “Ippolito Nievo A”, sono riportati ricordi di Renzo Biondo “Boscolo” e Arturo Zambon “Comici” che descrivono il carattere di Modotti e il suo comportamento come comandante partigiano261. Altro lavoro di Alberto Buvoli è la biografia di Danjil Avdeev Varfolomeievic “ Daniel”; questo testo ripercorre l’esistenza del comandante Daniel dalla sua nascita, nella Russia orientale, fino alla morte in Val d’Arzino. “Daniel” nasce, in un paese a circa mille chilometri da Mosca, nel 1917; nel 1936 entra nella scuola militare di Leningrado da dove esce nel 1940.262 Terminati gli studi fu destinato ad un reggimento posto in prima linea. Durante la guerra è catturato una prima volta dai tedeschi nel 1941, riesce a scappare ma tornato in patria é degradato e inviato prima in un campo di lavoro e poi in un reggimento punitivo.263 Nel 1942 è catturato una seconda volta ma, dopo un periodo d’internamento in campi di prigionia riesce a riparare in Svizzera.264 Dopo circa nove mesi decide di entrare nella Resistenza, per tornare a combattere contro il nazismo, e nel maggio 1944 arriva in Val d’Arzino. In Friuli diviene comandante del battaglione “Stalin”, composto da suoi connazionali.265 Muore in battaglia il 19 ottobre 1944.266

259 Ivi, pp. 53- 58

260 Ivi, pp. 73- 94

261 Ivi, p. 50

262 ALBERTO BUVOLI, Comandante Daniel. Un ufficiale russo nella Resistenza Friulana, Comune di Pordenone editore, Pordenone, 2005, pp. 13- 16

263 Ivi, pp. 22- 27

264 Ivi, p. 36

265 Ivi p. 70

266 Ivi, p. 94 Per descrivere la figura di “Daniel” l’autore fa ricorso alle testimonianze di partigiani che combatterono con lui, che ci descrivono le principali azioni cui partecipò dai primi sabotaggi delle vie di comunicazione fino alla morte, avvenuta mentre combatteva per difendere il suo battaglione.267 Attraverso il racconto della vita di “Daniel” e delle azioni del battaglione “Stalin”, l’autore ripercorre le vicende più importanti delle Resistenza nelle prealpi della Destra Tagliamento, dal trasferimento di forze garibaldine dal Friuli orientale al monte Ciaurlec, sopra Meduno, dovuto a un violento rastrellamento dei tedeschi, fino alla Liberazione.

STORIOGRAFIA DEI CRITICI DELLA RESISTENZA

Fra i volumi che riguardano la Resistenza ve ne sono alcuni che esprimono posizioni critiche riguardo alla stessa; questi testi mettono in discussione alcuni giudizi condivisi dalla maggior parte degli studiosi che hanno affrontato l’argomento e non fanno distinzione fra le parti che si fronteggiavano nella guerra di

267 Ivi, pp. 53- 54 Ivi, pp. 57- 53 Ivi, p. 95 liberazione. Per quanto riguarda la Destra Tagliamento gli autori che rappresentano questa categoria sono Marco Pirina e Pier Arrigo Carnier. Marco Pirina, presidente del centro di ricerche storiche “Silentes Loquimur di Pordenone, ha scritto due volumi riguardanti il pordenonese fra il 1943 e 1945, nei quali sono raccontati i principali eventi legati alla Resistenza avvenuti nei comuni del territorio268; le fonti usate in questa ricerca sono relazioni alla prefettura e altri documenti sia di parte tedesca sia partigiana. Nei due volumi compaiono testimonianze sulla morte delle figure più rappresentative della Resistenza e di militi della R.S.I., inoltre per ogni comune, l’autore riporta gli eventi più rilevanti e una lista con i caduti. Il saggio di Pier Arrigo Carnier sulla presenza dei cosacchi nella Pedemontana, pubblicato in una raccolta di studi sulla Destra Tagliamento, si apre con una breve descrizione della zona di cui si tratta e delle brigate partigiane che vi operarono.269 Secondo i dati raccolti dall’autore nel territorio preso in esame operavano 2900 partigiani di cui 1700 garibaldini e 1200 osovani. L’autore cita anche la brigata mista “Ippolito Nievo”, operante nella zona più occidentale della Destra Tagliamento, e afferma che fu uno degli esempi più importanti della Resistenza270. Nel testo sono spiegati alcuni aspetti dell’occupazione tedesca, citando i reparti che si occupavano di attività antipartigiana e raccontando due azioni in cui furono coinvolti, l’incendio di Barcis dell’agosto 1944 e l’attacco che subì il castello Ceconi, sede del comando osovano, il 19 luglio 1944. Per quanto riguarda quest’ultimo avvenimento l’autore definisce le accuse di tradimento, mosse ai garibaldini dopo l’attacco, il frutto di un montaggio271.

268 MARCO PIRINA, All’ombra della svastica. Pordenone 1943- 1945, Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”, Pordenone, 1996 MARCO PIRINA, Era lunga la notte… Pordenone 1943- 1945, Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”; Pordenone 1997

269 PIER ARRIGO CARNIER, La presenza dei cosacchi in Pedemontana in Il pordenonese dalla Resistenza alla repubblica, Istituto provinciale di storia del movimento di liberazione e dell’età contemporanea, Pordenone, 2000, pp. 93- 94

270 Ivi, p. 94

271 Ivi, p. 101 L’autore analizza molto dettagliatamente la presenza cosacca in Pedemontana spiegando dove s’insediarono le varie truppe cosacche inoltre cita gli insediamenti in Val d’Arzino, Val Colvera, Montereale, Aviano e in località della pianura pordenonese descrivendo i fatti più rilevanti legati all’occupazione272. Nel saggio, si afferma che le forze cosacche furono dislocate in Friuli per svolgere attività antipartigiana e garantire la sicurezza del traffico sulle vie di comunicazione verso il terzo reich273. Carnier, citando note diaristiche lasciate da parroci, parla del rapporto che s’instaurò fra i cosacchi e la popolazione locale; nel suo diario, don Luvisetto affermò che con i cosacchi riusciva a mettersi d’accordo su molte cose274. L’autore afferma che i cosacchi cercarono di andare d’accordo con la popolazione ma ammette che accaddero episodi spiacevoli275. Secondo l’autore, per i cosacchi, l’alleanza con i tedeschi fu l’unica scelta possibile per riavere la libertà e le loro proprietà.

CONCLUSIONE

272 Ivi, pp. 104- 106

273 Ivi, p. 103

274 Ivi, pp. 109- 110

275 Ivi, p. 111 Dall’analisi della bibliografia sulla resistenza nel pordenonese, si evince che vi sono rappresentate tutte le categorie storiografiche anche se alcune hanno più peso di altre. Le ricostruzioni più precise delle azioni partigiane e della situazione politica all’interno del movimento resistenziale sono uscite nei primi vent’anni del periodo preso in esame, ad opera nella maggioranza dei casi, di ex partigiani. Negli anni ottanta, pur continuando gli studi politico- militari, sono predominanti le opere che si occupano delle relazioni fra società locale e resistenza. Un ruolo importante della bibliografia sulla resistenza nel pordenonese è rivestito dalle biografie; la prima biografia è stata pubblicata nel 1972 ma in seguito non compaiono testi di questo genere fino al 1985. La maggior parte delle biografie è stata scritta fra il 1985 e il 1995. La storiografia che muove critiche alla resistenza ha avuto un ruolo marginale, in quanto solo una minima parte degli studi sulla guerra di liberazione rientra in questa tipologia; studi di questo genere, per quanto riguarda la Destra Tagliamento, compaiono a partire dal 1996. Uno sviluppo recente negli studi è rappresentato dai lavori di sintesi sulla guerra partigiane elaborati utilizzando lo strumento cartografico. Il primo di questi è stato pubblicato nel 2000. Questo genere di testi è uno strumento importante per chi si avvicina allo studio della resistenza in quanto risultano chiari e semplici da consultare. La bibliografia sulla resistenza nel pordenonese, con la sua varietà di testi e i molti studiosi che vi hanno contribuito, dimostra l’importanza di tale territorio nella lotta di liberazio BIBLIOGRAFIA

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