Ebrei E Fascismo a Bologna

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Ebrei E Fascismo a Bologna La storia della Comunità israelitica di Bolo- gna si perde nella notte dei tempi. Secondo San- t'Ambrogio gli ebrei abitavano a Bologna già nel 200 dopo Cristo. Vi sarebbero arrivati dopo il Mille, se non addirittura verso il 1300, secondo altra versione. Pur subendo dure persecuzioni, vi abitarono sino al 1593 quando una Bolla pa- pale ne ordinò l'espulsione. Tornarono nel 1796, al seguito delle truppe napoleoniche e vi restarono — ma senza diritti civili — anche dopo la restaurazione del 1815. Solo nel 1859, quando Bologna entrò nel regno d'Italia, riacquistarono piena libertà civile e reli- giosa. Ma fu una breve parentesi. Nel 1938 gli ebrei furono colpiti da una nuova terribile persecuzio- ne, quando il regime fascista li giudicò "razza inferiore". I dipendenti degli enti pubblici furono cac- ciati dai posti di lavoro e i professionisti espulsi dagli ordini. Solo all'università dovettero lascia- re l'insegnamento una cinquantina di docenti. Ma il peggio venne dopo l'8 settembre 1943, con l'occupazione tedesca. La repubblica sociale fascista li considerò come "appartenenti a na- zionalità straniera". Catturò quelli che potè e li consegnò alle SS. Finirono tutti ad Auschwitz. Grazie alla solidarietà dei bolognesi la maggior parte degli ebrei non finì nelle camere a gas. Fu- rono 114 gli ebrei bolognesi — o catturati a Bo- logna, pur essendo di altre città — che pagarono con la vita la colpa di essere ' 'diversi' '. Non po- chi caddero combattendo nelle file della Resi- stenza. Prima edizione: marzo 1989 In copertina: una veduta di Bologna Incisione di Giuseppe Maria Mitelli del 1660 Riproduzioni iconografiche di Massimo Valletta © copyright by GRAFICA EDITRICE Via Chiesaccia, 14 - 40056 Crespellano (BO) Tel. 051/73.93.05 Stampa: Grafica Lavino - Crespellano (BO) Fotocomposizione: Head-Line - Bologna Nazario Sauro Onofri Ebrei e fascismo a Bologna Editrice Grafica Lavino Abbreviazioni e indicazioni archivistiche ABUB, Archivio Biblioteca universitaria di Bologna ACDEC, Archivio Centro documentazione ebraica contem- poranea ACIB, Archivio Comunità israelitica bolognese ACNDB, Archivio Consiglio notarile distrettuale di Bologna ACS, Archivio centrale di stato AOAB, Archivio Ordine avvocati di Bologna AOMB, Archivio Ordine medici di Bologna ASB, Archivio di stato di Bologna ASBMBR, Archivio storico Banca del monte di Bologna e Ra- venna AUCII, Archivio Unione comunità israelitiche italiane Prefazione Sapevo — quando ho deciso di scrivere questo saggio — che non sarebbe stato facile raccogliere un'adeguata documentazione perché gli archivi bolognesi sono messi piuttosto male, a comincia- re da quello statale dove esiste un vuoto totale per il ventennio fa- scista. Mi era pure noto che le carte della federazione fascista sono sparite — sia per il periodo precedente che per quello successivo all'8 settembre 1943 — e che quelle del Comitato di liberazione nazionale di Bologna sono andate parzialmente disperse. Sapevo anche che poco resta nell'archivio della Comunità israe- litica bolognese, la cui sede fu distrutta durante un bombardamen- to aereo nell'ottobre 1943. Ma queste difficoltà non mi davano ec- cessivo pensiero perché ero convinto di poter trovare egualmente un'adeguata documentazione, facendo ricorso ad archivi privati e alla "memoria storica" di qualche amico ebreo conosciuto in anni lontani. Non avendo avuto compagni di scuola o di gioco ebrei, ho co- nosciuto questo piccolo mondo nel settembre-ottobre 1943 quando confezionai un certo numero di carte d'identità false per intere fa- miglie israelite. Mi si permetta l'immodestia, ma erano più vere di quelle autentiche. L'incarico mi era stato affidato da mio padre Gino, il quale l'aveva avuto dal Partito d'azione. Dopo la Liberazione — nonostante la mia famiglia fosse stata invitata — non andai alla manifestazione organizzata dalla Comu- nità bolognese per ringraziare quanti si erano adoperati per salvare gli ebrei dalle persecuzioni nazifasciste. Ritenni di interpretare così il pensiero di mio padre il quale, come tanti altri compagni di lotta, non vide la fine della dittatura e non potè gioire per la riconquista- ta libertà. 5 Mi aveva detto e ripetuto che il bene va fatto, a patto di scordar- sene subito dopo. Era un protestante metodista, animato da un pro- fondo senso religioso. Negli anni seguenti — per via del mio lavoro — ho avuto occa- sionali contatti con la Comunità israelìtica e non sempre, ma per colpa mia, sono riuscito a coltivare vecchie amicizie. Nel dicembre 1987, quando ho ristabilito un contatto diretto con la piccola "nazione ebrea" bolognese per preparare questo li- bro, ho avuto un approccio almeno singolare. Alcuni — gli anziani, in particolare, ma non tutti — mi hanno detto: "Perché non pensa ad altro e ci lascia vivere in pace?". Do- ve, secondo me, quel "vìvere" stava per "dimenticare". Assoluta- mente contrario è stato il loro parere quando ho prospettato l'ipote- si di pubblicare gli elenchi nominativi degli ebrei bolognesi compi- lati dalla polizia nel 1938 e nel 1942. Mi hanno detto seccamente: "Non vogliamo essere schedati e ghettizzati un'altra volta". Altri mi hanno detto: "Scriva quello che vuole, ma non ci fac- cia passare tutti per fascisti". Questa posizione mi ha sorpreso più dell'altra. L'ho considerata un tentativo — nobile e perbenista a un tempo — non di influenzare il mio lavoro, ma teso a salvare la reputazione di un gruppo razziate-religioso perseguitato dura- mente da un regime al quale aveva dato un larghissimo consenso. "Scrìva tutto senza dimenticare nulla", mi hanno detto altri, per i quali la verità va sempre detta, qualunque sia. Di raccontarla tutta mi ci sono provato, ma non è stato facile. Più volte ho avuto la tentazione di mettere da parte questo lavoro per riprenderlo più avanti. Nel 2008, per l'esattezza, perché solo allora sarà possibile vedere tutte le carte conservate negli archivi pubblici. Essendo trascorsi i canonici cinquant'anni dal 1938, pensavo che fossero caduti tutti i divieti in materia. Invece no. Per le carte che riguardano persone i termini sono prolungati di vent'anni. Ec- co perché sia all'archivio statale di Bologna che a quello nazionale di Roma non ho potuto vedere i fascicoli personali né le schede che la polizia compilò per ogni ebreo nel 1938 e aggiornò negli anni seguenti. Per il periodo fascista — come ho detto — esiste poco o nulla all'archivio di stato di Bologna. Da questa impiegabile sparizione di documenti si sono salvate 25 buste con materiale relativo alle persecuzioni razziali: 14 della prefettura e 11 della questura. Dopo un lungo iter burocratico ho potuto vederne quattro della prefettura, mentre per le altre sono stato invitato a ripassare dopo il 2008. La prima cartella contiene un elenco nominativo degli ebrei bolognesi — non utilizzabile perché privo di data — replica- to in decine di copie. Le altre erano state abbondantemente scre- mate. Più fruttuosa la ricerca fatta nell'archivio del Centro di docu- mentazione ebraica contemporanea di Milano. Il materiale su Bo- logna non è abbondante, ma in compenso ordinato. Nell'archivio dell'Unione delle comunità israelitiche italiane, a Roma, ho potu- to leggere e fotocopiare alcuni documenti. Ad altri mi è stato con- cesso solo di "dare un'occhiata". Più ricco del previsto è risultato l'archivio della Comunità bolognese nel quale ho potuto lavorare liberamente, anche se è in fase di riorganizzazione. Gli ordini professionali dei medici, degli avvocati, dei notai e dei giornalisti hanno messo a mia disposizione quanto resta nei lo- ro archivi, mentre nulla esiste in quelli degli architetti, ingegneri, farmacisti e commercialisti. Nell'archivio della Banca del Monte di Bologna e Ravenna ho trovato alcuni documenti relativi alla requisizione dei beni ebraici, ma solo per il periodo 1943-45. Al Credito fondiario della Cassa di risparmio di Bologna, il cui archivio è stato recentemente riordi- nato, non esiste un solo foglio in merito. L'Intendenza di finanza ha lasciato senza risposta una mia richiesta scritta di consultare le carte relative alle requisizioni dei beni ebraici. Negli archivi del Comune di Bologna non sono stati trovati gli elenchi degli ebrei compilati nel 1938, nel 1942 e nel 1945. Che questi elenchi siano stati fatti non esistono dubbi perché copia di quelli del 1942 e del 1945 li ho trovati nell'archivio di stato. Dove sia finito questo e altro materiale, che dovrebbe trovarsi nell'archi- vio comunale, nessuno lo sa. Con l'autorizzazione della Sovrintendenza archivistica del- l'Emilia-Romagna ho potuto controllare — presso l'ufficio anagra- fe del comune bolognese — l'esattezza dei cognomi degli ebrei con- tenuti nell'elenco del 1942, il più completo. Ma non avendo trova- to anche quello del 1938 è caduta l'ipotesi di pubblicarli e di con- frontarli per accertare il numero degli ebrei all'inizio delle persecu- zioni razziali e nel 1942. Quanti nel frattempo erano morti o si erano trasferiti e quanti erano arrivati a Bologna. Il confronto dei due elenchi avrebbe consentito non solo di conoscere la composi- zione sociale della Comunità, ma soprattutto di verificare le varia- zioni intervenute tra il 1938 e il 1942, quando molti ebrei riusciro- no a intestare ad altri le loro proprietà, per non incorrere nei rigori della legge. Se, nonostante queste difficoltà, ho deciso di terminare il libro, senza attendere il 2008, non è stato perché ho il timore di non poter arrivare a quel lontano appuntamento, ma perché lo ritengo valido. Per facilitare l'approccio del lettore, alla descrizione delle per- secuzioni razziali in epoca fascista ho premesso una breve storia della "nazione ebrea" a Bologna attraverso i secoli, dalla quale risulta che sotto le Due torri i provvedimenti antiebraici non sono una novità. Il quadro degli avvenimenti accaduti a Bologna tra il 1938 e il 1945 — mentre ho dato per scontati molti di quelli nazionali — mi sono sforzato di ricostruirlo in tutti i suoi risvolti e spero di ave- re ricreato anche lo spirito di quegli anni.
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