Biologia Volume 28 Numero 1 Ambientale Aprile 2014

SOMMARIO

LAVORI ORIGINALI Brighenti S., Bona F. - Impronta idrica a scala di bacino: il caso studio dell’alta Valle 3 Naldi M., Fagioli L., Lovo S., Paesanti F., Turolla S., Viaroli P. - Potenzialità e limiti della digestione anaerobica delle biomasse derivanti dalle fioriture macroalgali nella Sacca di Goro 15 Salmaso F., Quadroni S., Romanò A., Compare S., Gentili G., Crosa G. - Definizione dello stato ecologico secondo il D.M. 260/2010 in due fiumi di pianura (Adda e Ticino) interessati dal Deflusso Minimo Vitale 25 Forneris G., Merati F., Pascale M., Perosino G.C. - Riflessioni sull’applicazione degli indici di valutazione dello stato delle comunità ittiche in Piemonte 39 Gippoliti S. - Animali esotici negli zoo e valutazione del loro benessere: un approccio olistico 57

INFORMAZIONE & DOCUMENTAZIONE

Camerini G. - Impatto dell’illuminazione artificiale sugli organismi viventi 65 Dutto M., Rinaudo S., Moino G., Mori E. - Primi dati sulla presenza di Hystrix cristata Linnaeus, 1758 (Mammalia, Rodentia, Hystricidae) nel Piemonte sud-occi- dentale (nord-ovest Italia) 90 Dutto M. - Considerazioni su alcuni casi di infestazioni domestiche sostenute da coleotteri carabidi (Coleoptera, Carabidae) in Piemonte (nord-ovest Italia) 94

Visione notturna della pianura lombarda, ripresa dai primi contrafforti collinari Foto di copertina dell’Oltrepo Pavese (foto G. Camerini, 2013) IMPRESSO NEL MESE DI APRILE MMXIV DALLA «LINOGRAF MAURI LUCIANO» - CREMONA Biologia Ambientale, 28 (1): 3-14, 2014

Impronta idrica a scala di bacino: il caso studio dell’alta Valle Arroscia Brighenti Stefano 1,2*, Bona Francesca 2 1 Libero professionista, via Ponzoni 40 – 18026 (IM) 2 DBIOS Università degli Studi di Torino, via Accademia Albertina 13 – 10123 Torino * Referente per la corrispondenza: [email protected] Pervenuto il 6.9.2013; accettato il 6.10.2013

Riassunto La gestione sostenibile delle risorse idriche a scala di bacino è indicata dalla DIR 2000/60 come una priorità di interesse comunitario. Gli strumenti tradizionali di studio consistono in valutazioni puntiformi degli elementi biologici per analisi di qualità ecologica, oppure nel censimento delle derivazioni e captazioni secondo un’ottica ingegneristica ed antropocentrica che tralascia considerazioni di carattere ambientale. Il presente lavoro ha come scopo la presentazione della metodologia di impronta idrica, utilizzabile in differenti contesti ai fini del raggiungimento degli obbiettivi della DIR 2000/60 e per la transizione verso un’economia sostenibile, riconosciuta a livello internazionale ma in Italia ancora poco nota e inapplicata. Il metodo analizza secondo un approccio ecocentrico i volumi d’acqua dolce che le attività umane sottraggono al ciclo idrologico tramite prelievi e inquinamento. L’impronta idrica ha un grande potere riassuntivo e divulgativo. Inoltre permette, attraverso una contestualizzazione alla realtà locale, una stima della sostenibilità idrica delle attività economiche. Viene qui presentata una prima applicazione al bacino dell’alta Valle Arroscia (), territorio scarsamente popolato interessato da coltivazioni e pastorizia tradizionali e da una limitata attività industriale.

PAROLE CHIAVE: impronta idrica / bacino idrografico / sostenibilità ambientale

Water Footprint within the Arroscia valley Sustainable water management at the river basin level is stated by the Water Framework Directive 2000/60/EU as a priority of European interest. The conventional tools of analysis consist in point evaluation of biological elements for the assessment of environmental quality, or in the census of water abstractions and derivations, with an engineering and anthropocentric outlook neglecting environmental considerations. With the present work we display a new methodology, suitable to fulfill the targets of the Water Framework Directive 2000/60/EU in different contexts and to transition to a sustainable economy, so far unknown and unused in despite international recognition. Water footprint calculation analyzes, from an ecocentric standpoint, the freshwater volumes appropriated by human activities from the water cycle through utilization, abstractions and pollution. This method has a strong summarizing and educational power. Furthermore it allows, through the contextualization to the local situation, a sustainability analysis of human activities. Here we present a first application to the upper Arroscia river basin (Liguria region), a scarcely populated area where the main human activities are traditional agriculture and livestock rearing, and scarce industrial activities.

KEY WORDS: water footprint / river basin / environmental sustainability

INTRODUZIONE Le problematiche legate all’inquinamento e allo sfrut- Sempre maggiore a livello internazionale è l’atten- tamento dell’acqua dolce sono temi sempre più attuali, zione rivolta alla cosiddetta “governance dell’acqua”, in un mondo caratterizzato da una crescente espansio- definita dalla Global Water Partnership come “la varie- ne demografica e da una progressiva occidentalizza- tà dei sistemi politici, sociali, economici ed ammini- zione degli stili di vita. La gestione sostenibile delle strativi messi in atto per sviluppare e gestire le risorse risorse idriche è tra le principali sfide del nuovo millen- idriche, e la fornitura dei servizi idrici, ai differenti nio (UNEP, 2012). livelli della società” (Rogers et Hall, 2003). È necessa- 4 BRIGHENTI e BONA - Impronta idrica Valle Arroscia rio superare il concetto di “gestione” per abbracciare quattro livelli: processo, settore, unità amministrativa, un approccio più olistico, perché le tematiche legate scenario globale. A livello di processo Chapagain et al. alle risorse idriche si intrecciano indissolubilmente con (2006) hanno calcolato ad esempio la WF della produ- quelle dell’utilizzo del territorio, dell’uso del suolo, zione del cotone. A livello di prodotto, Mekonnen e della pianificazione paesaggistica, dei cambiamenti cli- Hoekstra (2011) hanno stimato la WF di 126 colture in matici, dello sviluppo demografico, del consumo e tutto il mondo per il periodo 1996-2005, con un’eleva- della produzione economica, della salute pubblica, del- ta risoluzione spaziale. Sono stati anche sviluppati la gestione ambientale, del mercato internazionale, del- calcoli di impronta relativi alla pasta e alla pizza in Italia le politiche, della cooperazione allo sviluppo e della (Aldaya e Hoekstra, 2009) e al consumo di te e di caffè sicurezza nazionale (Hoekstra, 2011). (Chapagain e Hoekstra, 2007). A livello di settore La fase di ricarica a terra del ciclo dell’acqua è il Aldaya et al. (2010) hanno calcolato per la Spagna la bacino idrogeologico, dal momento in cui in esso WF dei settori domestico, industriale ed agricolo. A vengono costantemente riciclate le disponibilità idri- scala nazionale sono state indagate le impronte di Cina che che possono essere utilizzate dall’uomo. Il baci- (Liu e Savenije, 2008; Ma et al., 2006), Indonesia no viene dunque assunto come unità di riferimento (Bulsink et al., 2010), Olanda (Van Oel et al., 2009), per il monitoraggio, la gestione e l’allocazione delle Regno Unito (Chapagain e Orr, 2008), e Francia (Er- risorse idriche. L’obbiettivo della sostenibilità è fare cin et al., 2012). A livello globale, la WF dei servizi e in modo che a tale livello le esigenze dell’economia in dei beni consumati dalle varie nazioni è stata quantifi- termini di prelievi ed inquinamento non compromet- cata da Hoekstra e Chapagain (2007) e da Hoekstra e tano quelle della società (attuale e futura) e dell’am- Mekonnen (2012). biente, e che vi sia un equilibrio tra i tre sistemi che, convivendo nello stesso territorio, utilizzano la stessa L’impronta idrica a scala di bacino risorsa vitale. Nonostante l’abbondanza di letteratura in materia di impronta idrica, pochi studi sono stati condotti sinora L’impronta idrica a livello di bacino (UNEP, 2011). In Spagna Aldaya e L’economia è responsabile dell’inquinamento e del- Lamas (2008) hanno indagato la WF del bacino del lo sfruttamento dell’acqua dolce a scala di bacino, Guadiana, mentre Rodriguez-Casado et al. (2009) quella perchè determina quali prodotti vengono immessi sul del Guadalquivir. Uscendo dai confini comunitari, mercato e in che modo questi vengono realizzati. Brown et al. (2009) hanno analizzato la WF della valle Esiste dunque una connessione tra il consumo delle del basso Fraser e del bacino dell’Okanagan (Canada), merci e lo sfruttamento dell’acqua dolce che è stato Zeitoun et al. (2010) quella del bacino del Nilo, mentre necessario per produrle. Questo dato di fatto è stato Zeng et al. (2012) quella dell’Heite (Cina). concettualizzato con l’ideazione del termine di “acqua La maggior parte di questi studi si è focalizzata virtuale” (Allan, 1996), definita come l’acqua totale principalmente sull’acqua virtuale in ingresso e in usci- necessaria per produrre un bene o un servizio. Impor- ta e sul rapporto tra commercio, efficienza idrica e tando prodotti dall’estero, i Paesi importano virtual- risorse locali. Solamente i lavori di Rodriguez-Casado mente anche quell’acqua che è stata necessaria per (2009) e Zeng et al. (2012) si sono soffermati anche produrli, riducendo in questo modo le pressioni sulle sull’allocazione dell’acqua nei differenti settori econo- proprie risorse idriche ma incrementando al contempo mici all’interno del bacino, contestualizzando l’im- quelle sulle risorse dei Paesi esportatori. Hoekstra (2003) pronta idrica alla disponibilità effettiva della risorsa nel ha implementato il concetto di “virtual water”, introdu- bacino ed effettuandone una valutazione di sostenibilità cendo quello di “water footprint” (WF) o impronta ambientale (Zeng et al., 2012). idrica: essa, riferita ad un prodotto o un servizio, è il La Spagna, anche a causa di evidenti necessità volume totale di acqua dolce sfruttata per la sua produ- legate alla scarsità idrica, è il Paese europeo che mag- zione, lungo tutte le fasi del processo di produzione giormente sta prestando attenzione al tema della WF a (Hoekstra et al., 2011). Lo sfruttamento dell’acqua scala di bacino, a tal punto che tale tipologia di valuta- dolce non compete solo ai produttori ma anche ai zione è stata inserita nelle linee guida per la pianifica- consumatori i quali, tramite i prodotti che acquistano zione idrologica a livello sia nazionale (ORDEN ARM/ ed i servizi di cui si avvalgono, lasciano sulle risorse di 2656/2008) sia regionale (Ley 9/2010). In attesa di un acqua dolce del Pianeta un’impronta più o meno eleva- incremento di pubblicazioni spagnole innescato dal- ta. l’importante innovazione legislativa, è chiaro come Il numero di applicazioni del concetto di impronta anche in un Paese altrettanto mediterraneo come il idrica sta rapidamente crescendo (Hoekstra et al., nostro, in cui la scarsità idrica è una priorità anche a 2011), anche se gli studi principali sono focalizzati su livello comunitario (EEA, 2012a) debba essere alta

Lavori originali BRIGHENTI e BONA - Impronta idrica Valle Arroscia 5 l’attenzione nei confronti di questo nuovo metodo, Le risorse idriche principali sono date da numerose come del resto indicato anche dalle linee guida del- sorgenti e dal torrente Arroscia ed i suoi due principali l’Unione Europea (EEA, 2012b). affluenti, l’Arogna ed il Giara di , che determina- Il presente lavoro si inserisce proprio in questo no i due sottobacini principali. quadro di riferimento, ed ha come oggetto lo studio L’economia valliva è caratterizzata prevalentemente dell’impronta idrica interna all’alta Valle Arroscia (Li- dalle produzioni agricole (Provincia di , 2009), guria), al fine di valutare l’allocazione delle risorse scarsamente remunerative ed organizzate prevalente- idriche nei differenti settori produttivi dell’economia e mente secondo i tipici terrazzamenti liguri, che occu- di determinarne la sostenibilità ambientale attraverso il pano il 10% circa del territorio. Vi è una preponderan- metodo descritto da Hoekstra et al. (2011). za di uliveti (72%) e vigneti (14%), seguiti da colture Il lavoro, il primo di questo tipo a livello nazionale, agrarie (12%), frutteti e vivai (2%). Di minore impor- presenta delle novità rispetto ai lavori analoghi svolti tanza economica sono il settore della zootecnia esten- sinora a scala di bacino. Innanzitutto la scala molto siva e quello industriale. piccola alla quale si è lavorato (253 km2 contro, ad esempio, i 67000 km2 del Guadiana, i 57527 km2 del L’impronta idrica Guadalquivir, i 10200 km2 dell’Okanagan ed i 13300 L’impronta idrica (WF) all’interno di un territorio è km2 della valle del Fraser). Si è inoltre calcolata l’im- data dalla somma delle impronte di ciascun processo pronta idrica grigia, definita nella sezione “Materiali e produttivo, ed è composta di tre sottoimpronte: blu, metodi”, che negli studi pregressi a scala di bacino è verde e grigia (Fig. 2). stata invece tralasciata. In ultimo vi è il tentativo di L’impronta idrica blu (WFblue) è un indice di sfrut- includere nei calcoli tutte le attività produttive che tamento delle acque superficiali o sotterranee (acque insistono sulla valle, e non solo quelle principali ma blu), che possono essere sottratte al bacino tramite: comprendendo ad esempio anche gli orti famigliari che evaporazione, traspirazione, incorporamento nei pro- sono una parte fondamentale dell’economia locale. dotti, prelievi non restituiti o restituiti in un periodo dell’anno differente da quello di prelievo. L’impronta MATERIALI E METODI idrica verde (WFgreen) è un indice di sfruttamento di quell’acqua di precipitazione che non va ad alimentare Area di studio il deflusso o la falda, ma che viene stoccata nel suolo o Il bacino del torrente Arroscia (Provincia di Impe- rimane temporaneamente nella porzione superficiale ria, 2003) è situato nel ponente ligure e fa parte di del terreno o sulla vegetazione (acqua verde), e che quello più ampio del fiume . L’area di studio (Fig. può essere sottratta al bacino tramite l’evaporazione e 1) ne rappresenta la porzione imperiese (253 km2), che la traspirazione. occupa il tratto medio-alto della Valle Arroscia e com- L’impronta idrica grigia (WFgrey) è un indice dell’in- prende i territori amministrativi di 14 comuni, con una quinamento provocato, ed è calcolato come il volume popolazione complessiva di 5000 abitanti (Provincia di di acqua dolce necessario per diluire gli inquinanti fino Imperia, 2009). Con un territorio collinare-montano alle concentrazioni stabilite dagli standard di qualità tipico dell’entroterra ligure, il bacino è caratterizzato esistenti. da un clima mediterraneo montano, con una transizio- Oggetto dello studio è il calcolo dell’impronta idrica ne verso la continentalità all’aumentare della quota e annuale dell’alta Valle Arroscia (WFArr), ottenuta dalla della distanza dal mare (Provincia di Imperia, 2003). somma delle impronte di ciascun settore produttivo ricadente al suo interno (Tab. I).

Alessandria Piacenza Impronta dell’agricoltura L’impronta dell’agricoltura (WFagr) ha come com- ponenti verde (WFagr,green) e blu (WFagr,blue) i valori di

Genova evapotraspirazione (ET) dai campi coltivati. Sono per- tanto stimate per ogni tipologia di coltura l’evapotra- Savona Massa-C spirazione annuale dell’acqua verde (ETgreen) e di quel- La Spezia la blu (ETblue), calcolate tramite il metodo FAO Pen- man-Monteith come descritto da Allen et al. (1998),

Imperia attraverso il programma di calcolo CROPWAT 8.0 (FAO, 2010), e seguendo il metodo descritto da Hoek- stra et al. (2011). Fig. 1. Il contesto territoriale. In tratteggio l’alta Valle Arroscia. Il foglio elettronico di lavoro è impostato con le

Lavori originali 6 BRIGHENTI e BONA - Impronta idrica Valle Arroscia

IMPRONTA VERDE IMPRONTA BLU

IMPRONTA GRIGIA

Fig. 2. Dimensioni dell’impronta idrica in relazione al bilancio idrico a scala di bacino.

Tab. I. Impronta idrica della Valle Arroscia suddivisa per tipologia e settore produttivo.

SETTORE Attività IMPRONTA VERDE IMPRONTA BLU IMPRONTA GRIGIA

Oliveti Acqua piovana evapotra- Acqua irrigua evapotraspi- Acqua teorica di diluizione Vigneti spirata dalle coltivazioni rata dalle coltivazioni dei fitofarmaci che raggiun- Agricoltura Frutteti gono i corpi idrici Colture agrarie Impronta idrica dell’agricoltura

Acqua piovana evapotra- Acqua bevuta dagli animali Acqua teorica di diluizione Vacche da latte spirata per la produzio- Acqua per i servizi al be- dell’azoto che dalle deiezio- Allevamento Vacche da carne ne del foraggio stiame ni raggiunge i corpi idrici Pecore Impronta idrica dell’allevamento

Acqua inglobata nelle merci Imbottigliamento acqua Acqua di processo non re- Industria Produzione calcestruzzo stituita Taglio materiali e roccia Impronta idrica dell’industria

Acqua persa dalla rete Acqua teorica di diluizione Approvigionamento Settore Trasferimenti interbacino dell’azoto immesso con i re- idrico domestico flui urbani Trattamento reflui Impronta idrica del settore domestico

TOTALE ATTIVITÀ NEL BACINO IMPRONTA IDRICA DELL’ALTA VALLE ARROSCIA

Lavori originali BRIGHENTI e BONA - Impronta idrica Valle Arroscia 7

opzioni ‘Crop Water Requirement’ (CWR), ‘single L’impronta grigia dell’agricoltura (WFagr,grey) è data crop coefficient’. CROPWAT 8.0 viene utilizzato per dalla somma dei valori di impronta grigia di ciascun stimare l’utilizzo idrico annuale di ciascuna coltura tipo di uso del suolo agricolo (WFcrop,grey), dove: (CWU, in m3/ha), calcolato a partire dall’evapotraspi- 3 razione ET. Conoscendo il numero di ettari (A) inte- WFcrop,grey [q] = (AR · α · A) / (cmax - cnat) [m /anno] ressati alla coltivazione di ciascuna coltura [q], da CWU si ottiene la sua impronta idrica (WFcrop): AR (kg/ha) è il tasso di applicazione di pesticidi e/o fertilizzanti, α è la frazione dell’inquinante che subisce 3 3 WFcrop,green [q] = A · CWUgreen = A · 10 · ETgreen [m /anno] deflusso superficiale o sotterraneo, cmax (kg/m ) la concentrazione massima ammissibile per il corpo idri- 3 3 WFcrop, blue [q] = A · CWUblue = A · 10 · ETblue [m /anno] co ricevente, cnat (kg/m ) la sua concentrazione natu- rale, A la superficie coltivata (ha) con la coltura [q]. Si CWUgreen rappresenta l’acqua piovana totale eva- utilizzano come indicatori gli agrofarmaci. I dati su potraspirata da ogni ettaro di terreno durante la sta- tipologie e tassi di applicazione sono ricavati da intervi- gione vegetativa lgp, mentre CWUblue ne rappresenta ste ai contadini e al direttore dell’ufficio agricoltura la frazione irrigua. Non avendo a disposizione i reali della Comunità Montana dell’Alta Valle Arroscia e volumi di irrigazione, si assume che tutta l’acqua dell’Olivo. Per i vigneti è utilizzato come indicatore il necessaria alle piante venga fornita dagli agricoltori, e Methomyl, il più persistente tra quelli applicati (APAT, che ETblue corrisponda all’acqua di irrigazione. Per le 2006). Dato che AR varia di anno in anno, a seconda colture in cui è effettivamente conosciuto il periodo della diffusione e virulenza dei patogeni, viene conside- in cui avviene l’irrigazione (vigneto, frutteto, colture rato un valore medio tra i due estremi di applicazione agrarie) si ricava ETblue considerando solo tale arco massima e minima. Le cmax sono riferite alla legislazio- temporale. ne vigente, ovvero al DM 56-2009 per i fitofarmaci e al I dati meteoclimatici relativi alle tre stazioni ricadenti Dlgs. 152/2006 per quanto concerne il rame (idoneità nel bacino (Pieve di Teco, Pornassio, Ranzo) sono delle acque alla vita dei pesci). Si considera una frazio- forniti dall’ARPAL-CMIRL. A ciascuna stazione sono ne di deflusso dell’1% (α = 0,01), in riferimento a riferiti i dati necessari per i calcoli relativi ai campi Dabrowsky et al. (2009). coltivati ad essa più vicini. WFcrop,green e WFcrop,blue sono ottenuti dalla media dei valori di impronta su tre Impronta dell’allevamento anni consecutivi (2008, 2009, 2010), gli unici con un Le più significative tra le specie allevate sono indica- dataset completo per tutte e tre le stazioni di riferimen- te dal PTCP (Provincia di Imperia, 2009) come i to. I dati relativi alle ore di sole sono stimati tramite il bovini (Vacca Piemontese) e gli ovini (Pecora Briga- programma di calcolo NEW_LOCCLIM (FAO, 2005). sca), sui quali lo stesso documento fornisce il numero I dati relativi ai parametri delle colture sono ricavati di capi allevati per ciascun comune. Le informazioni su da Allen et al. (1998) e dalle linee guida della FAO tipologie e modalità di allevamento sono ricavate da (Doorenbos e Kassam, 1979). L’inizio e la fine della interviste ai pastori. I parametri relativi alle razze alle- stagione vegetativa sono ottenuti (vite ed olivo) dai vate e alle loro caratteristiche sono forniti dal Portale bollettini fenologici regionali (CAAR, 2011) e da inter- Agricoltura della regione Liguria (Agriligurianet, 2011). viste ai contadini locali (colture agrarie e frutteti). Si ricavano da Mekonnen e Hoekstra (2010a) i volumi Sono considerate le quattro principali tipologie di di acqua utilizzati per i servizi al bestiame (WFserv), di coltura, indicate dal PTCP (Provincia di Imperia, 2009) quella bevuta dagli animali (WFdrink) e l’impronta del come differenti classi di uso del suolo agricolo: oliveto, foraggio (WFfeed). L’assunzione giornaliera di cibo è vigneto, frutteto e colture agrarie. Queste ultime rap- ottenuta da Rasby (2006) per le vacche, da BOA presentano i tipici orti a conduzione famigliare, carat- (1987) per le pecore. terizzati da un’enorme varietà di piante coltivate, diffe- L’impronta grigia legata agli allevamenti (WFall,grey) renti per composizione e stagionalità nella valle. Questa è calcolata come l’apporto medio di azoto dalle deie- eterogeneità è riassunta ai fini dei calcoli in un unico zioni (Nd). Viene considerato solo il periodo di pascolo tipo di coltura, caratterizzata per ogni parametro ne- (8 mesi), in quanto le deiezioni prodotte durante la cessario al modello dalla media pesata di tutte le varietà stagione in stalla sono utilizzate per la concimazione in coltivate. I dati sulla distribuzione, la stagionalità e campo agricolo. Nd è ottenuto (Tab. II), come sugge- l’importanza di ciascuna varietà all’interno degli orti è rito dallo studio effettuato dalla Provincia di Livorno ricavata tramite interviste ai contadini. Un procedi- (ARSIA, 1998), moltiplicando tra loro il peso medio di mento analogo è seguito per la caratterizzazione dei ogni capo (a), un fattore di correzione caratteristico frutteti. per ogni razza (b) e la quantità media di azoto nelle

Lavori originali 8 BRIGHENTI e BONA - Impronta idrica Valle Arroscia deiezioni (c). Viene assunto che vi sia una lisciviazione Valutazione di sostenibilità di azoto del 20,5% rispetto agli apporti, come indicato La valutazione di sostenibilità ambientale di impron- da Scotton et al. (2005). ta blu all’interno di un bacino viene effettuata, come WFall,grey è ricavata per ciascuna tipologia di animale indicato da Hoekstra et al. (2011), confrontando la allevato [q] tramite la formula: WFblue incidente al suo interno con la disponibilità di acqua dolce (WAblue), dove: 3 WFall,grey [q] = L / (cmax - cnat)[m/anno] WAblue = Rnat - EFR Dove L è il carico totale lisciviato, corrispondente agli apporti azotati di tutti i capi presenti in valle. Le concentrazioni di azoto massime per i corsi d’acqua Tab. II. Dati degli allevamenti utilizzati per i calcoli di impronta. riceventi sono desunte dal Dlgs. 152/2006, mentre le Pecore Vacche concentrazioni naturali sono riferite al valore misurato nella Giara di Rezzo, che si considera come il torrente Numero 1293 813 più incontaminato del bacino. Peso medio (a) 60 kg 550 kg Consumo di cibo (sostanza secca) 1,5 kg/die 11 kg/die Impronta dell’industria e del settore domestico Fattore di conversione (b) 14,67 14,67 L’impronta idrica del settore industriale (WFind) è Frazione azotata delle feci (c) 0,008 0,004 ottenuta dalla somma dell’acqua inglobata all’interno delle merci prodotte con quella di processo non resti- tuita. La raccolta dei dati è avvenuta tramite interviste dirette a rappresentanti delle aziende (Tab. I). L’impronta idrica del settore domestico (WFciv) è ottenuta dalla somma dell’impronta grigia dovuta agli scarichi reflui urbani (WFciv,grey), da quella blu (WFciv,blue) connessa alle perdite lungo la rete di distri- buzione comunale dell’acqua potabile e alle captazioni idriche a scopo potabile destinate all’adiacente bacino del torrente Impero (Provincia di Imperia, 2009). Le caratteristiche degli impianti di depurazione per il cal- colo di WFciv,grey sono ricavate a livello comunale dal PTCP (Provincia di Imperia, 2009). Le portate e le concentrazioni di inquinanti in corrispondenza dei pun- ti di immissione in alveo vengono stimati tramite il modello indicato dalla Provincia di Torino (1982), utilizzando come indicatore l’azoto totale.

Agricoltura Fig. 4. Composizione di WFagr,grey Allevamento Industria Settore domestico / ha 3 m 5 10

Impronta verde Impronta blu Impronta grigia

Fig. 3. Composizione dell’impronta idrica complessiva del baci- no dell’Arroscia (WFArr). Fig. 5. WFcrop,grey per ciascuna tipologia di coltura.

Lavori originali BRIGHENTI e BONA - Impronta idrica Valle Arroscia 9

Rnat (Run-off naturale) rappresenta la disponibilità Impronta dell’agricoltura di acqua dolce in assenza di intervento umano, mentre Analizzando i dati disaggregati per settore produtti- EFR sono le richieste ambientali di flusso, che l’uomo vo, si osserva che l’impronta idrica dell’agricoltura 3 ha il dovere di non intaccare (Richter, 2010). Quando (WFagr ) è pari a 152,8 Mm /anno, di cui il 95,6% è WFArr,blue eccede WAblue, si ha una situazione di inso- costituito dalla componente grigia (WFagr,grey) seguita stenibilità ambientale. Rnat è ottenuto dal Piano di Baci- da quella verde (3,3%) e da quella blu (1,1%). In no (Provincia di Imperia, 2003) considerando la porta- figura 4 si può osservare come la componente grigia ta naturale mensile del torrente Arroscia alla sezione di sia legata prevalentemente alla somministrazione di chiusura. Si considera l’approccio cautelativo di Hoe- fitofarmaci ai vigneti, seguita dai trattamenti degli kstra (2011), che suggerisce di considerare EFR come oliveti e da quelli dei frutteti e delle colture agrarie. Il l’80% di Rnat, e lo si confronta con i valori del Deflus- vigneto risulta anche la coltura con una maggiore so Minimo Vitale in corrispondenza della sezione di impronta grigia per ettaro, come si può notare in chiusura (Provincia di Imperia, 2003). Il DMV rappre- figura 5. senta infatti l’unica limitazione alle derivazioni indicata Se si considerano le impronte verde e blu a parte dal Piano di Bacino. (Fig. 6), si osserva come gli oliveti diano un forte contributo all’impronta verde agricola. Il contributo RISULTATI maggiore all’impronta blu è dato invece dalle colture WFArr per il periodo 2008-2010 ammonta a 231,1 agrarie. Mm3/anno, ed è dovuta in massima parte alla com- Analizzando tramite lo stesso ragionamento le diffe- ponente grigia (96,1%). In figura 3 la composizione renze tra ciascun ettaro coltivato (Fig. 7), si può percentuale delle varie componenti (verde, blu e notare come le coltivazioni più intensive dal punto di grigia), suddivise al loro interno secondo ciascun vista idrico siano le colture agrarie ed il frutteto, segui- settore produttivo. L’impronta grigia è dovuta per la te dall’oliveto irrigato, dal vigneto e dall’oliveto non maggior parte all’agricoltura, in misura minore al irrigato (che caratterizza circa il 90% degli oliveti del settore domestico e all’allevamento. L’impronta ver- territorio). de, che contribuisce al 2,7% del totale, è dovuta in massima parte all’agricoltura e per il 9,4% all’alle- Impronta dell’allevamento vamento. L’impronta blu contribuisce solo all’1,7% L’impronta idrica dell’allevamento (WFall) è pari a di quella totale ed è suddivisa in parti pressoché 29,5 Mm3/anno. È costituita per la quasi totalità (98,2%) uguali tra agricoltura e settore domestico a cui si dalla componente grigia (WFall,grey), legata in prevalen- aggiunge una piccola percentuale da parte dei settori za (74,3%) agli allevamenti bovini. Si osservi l’impor- industriale e zootecnico. tanza relativa delle componenti blu e verde aggregate

41,0 %

41,6 %

0,7 %

99,3 % 41,6 %

Fig. 6. Composizione di WFagr secondo le componenti blu e verde, per tipologia di uso del suolo agricolo.

Lavori originali 10 BRIGHENTI e BONA - Impronta idrica Valle Arroscia

su WFall totale (Fig. 8) e su ogni capo allevato (Fig. 9). L’impronta dell’industria (WFind) ammonta a 51114 m3/anno. È composta totalmente dalla componente blu ed è dovuta prevalentemente all’imbottigliamento di acqua minerale (97,1%), a cui fa seguito la produzione di calcestruzzo (2,9%) e la lavorazione e taglio di materiali e roccia (0,001%). / ha 3 L’impronta del settore domestico (WFciv) ammonta a 48,8 Mm3/anno, ed è costituita per il 96,5% dalla m componente grigia (WFciv,grey) e per il 3,5% da quella blu (WFciv,blue). WFciv,blue è legata per la quasi totalità (99,9%) ai prelievi da sorgente destinati al Comune di Imperia e per la restante parte alle perdite lungo le reti di distribuzione di acqua potabile (222 m3/anno).

Fig. 7. WFcrop,blue e WFcrop,green per ciascun ettaro coltivato. Valutazione di sostenibilità Come si può osservare in figura 10, per l’impronta blu i confini della sostenibilità (EFR) non sono mai superati, né considerando l’approccio cautelativo dell’80%, né tantomeno utilizzando i dati del DMV. Da tenere in considerazione il fatto che WA è sicuramente 3,2 % sottostimato, dal momento in cui rappresenta unica- 1,5 % 96,8 % mente la portata naturale del torrente Arroscia alla 98,5 % sezione di chiusura e non la totale disponibilità di acqua dolce. I mesi dell’anno in cui l’impronta blu è maggiore (giugno-settembre) sono anche quelli in cui la disponi- bilità idrica è minore. Tuttavia le caratteristiche esten- sive dell’economia valliva mantengono sempre WFArr,blue entro i limiti della sostenibilità. 2,8 % I risultati ottenuti possono essere utilizzati per effet- 97,2 % tuare previsioni sull’evoluzione dell’impronta in segui- to a scelte gestionali e di settore. Ad esempio, è noto che l’irrigazione dell’oliveto ne aumenta la resa. Si può Fig. 8. Importanza delle componenti blu e verde di WF dunque assumere che in un futuro l’irrigazione si all espanda per rendere più produttivi i terreni. Anche se le previsioni economiche stimano un ulteriore abban- dono dei campi coltivati (Provincia di Imperia, 2009), si può immaginare una potenziale impronta secondo lo scenario in cui tutto il territorio attuale ad oliveto venga convertito all’irrigazione. Come si può notare in figura 11, se questo avvenisse potrebbero essere violati i limiti di sostenibilità (EFR2) nei mesi caldi dell’anno (luglio-settembre), durante i quali vi è una minore disponibilità idrica. Ad aggravare la situazione potreb- / anno bero subentrare i mutamenti climatici che secondo le 3 previsioni (EEA, 2012b) potranno ridurre ulteriormen- m te le disponibilità idriche locali a causa dell’instaurarsi di condizioni più aride.

DISCUSSIONE La netta preponderanza dell’impronta grigia su quel- le blu e verde testimonia che la criticità principale del territorio è rappresentata dall’inquinamento, in preva- Fig. 9. WFall,blue e WFall,green per ciascun capo allevato.

Lavori originali BRIGHENTI e BONA - Impronta idrica Valle Arroscia 11 lenza quello diffuso di origine agricola. L’utilizzo dati relativi alle concessioni per i prelievi idrici, suddi- degli agrofarmaci nei calcoli di impronta grigia agri- videndole per destinazione (Tab. III). cola è tuttavia inusuale, dal momento in cui la mag- L’industria ha un’impronta blu corrispondente a gior parte degli studi sinora pubblicati (e.g. Mekon- circa il triplo dei volumi concessi. Quella del settore nen e Hoekstra, 2010b; Mekonnen e Hoekstra, 2011) domestico corrisponde invece a poco meno di un terzo ha utilizzato come indicatore l’azoto dei fertilizzanti. delle concessioni nel settore. Le concessioni a scopo Hoekstra et al. (2011) sottolineano comunque come irriguo integrate lungo la stagione vegetativa (giugno- tra gli inquinanti prodotti debbano essere utilizzati settembre) ammontano a 1,68 Mm3, che è esattamente quelli ai quali corrisponde un valore di impronta mag- il volume di WFagr,blue. L’impronta blu, dal momento in giore, che nel presente lavoro sono risultati i fitofar- cui è per definizione minore o uguale alle derivazioni, maci. Anche per i calcoli sull’allevamento si è scelto indica dunque prelievi maggiori rispetto a quelli con- di superare i metodi comunemente utilizzati, che non cessi (captazioni illegali) oppure un utilizzo assai razio- stimano il carico di inquinanti provenienti dagli alleva- ne della risorsa. Del resto è possibile anche che si sia menti ma considerano l’impronta grigia analizzando giunti ad una sovrastima di WFagr,blue, che può derivare solamente la fase di produzione del foraggio (Mekon- dalle caratteristiche intrinseche del modello utilizzato nen e Hoekstra, 2010a). Se si fosse scelta tale meto- dologia anche per il presente studio, essa sarebbe stata nulla. Nei risultati si sono aggregate ed analizzate separa- tamente l’impronta verde e quella blu, dal momento in cui rappresentano lo sfruttamento dell’acqua in quanto “sorgente” per i prelievi. L’agricoltura contribuisce

alla maggior parte dell’impronta verde della valle, e 3

rappresenta anche una buona percentuale dell’impron- Mm ta di ciascun tipo di uso del suolo agricolo. Basti pensare all’impronta degli oliveti, in cui WFcrop,green rappresenta la quasi totalità dei volumi e quindi permet- te, allo stato attuale, di raggiungere le richieste dei campi senza compromettere i limiti di sostenibilità. Si noti l’importanza strategica dell’acqua verde, che ha un minore costo di opportunità di quella blu (Aldaya et Fig. 10. Confronto tra impronta blu mensile (WFArr,blue), dispo- al., 2008). Il suo sfruttamento può comportare quindi nibilità idrica (WAblue) e richieste ambientali (EFR) per la valuta- una diminuzione delle pressioni sugli ecosistemi ac- zione di sostenibilità ambientale. WAblue1 è calcolata utilizzando quatici e sulle falde. Soprattutto nella produzione del i dati del DMV, mentre WAblue2 tramite l’approccio cautelativo cibo, migliorare la gestione dell’acqua verde ed incre- dell’80%. mentare la sua produttività può essere uno strumento utile per una gestione sostenibile delle risorse idriche (Zeng et al., 2012). Si vuole ora confrontare l’impronta blu con i para- metri tradizionali sui prelievi idrici a scala di bacino. Il Piano di Bacino (Provincia di Imperia, 2003) fornisce i 3 Tab. III. Confronto tra concessioni per i prelievi idrici a livello di bacino (Provincia di Imperia, 2003 mod.) ed impronta idrica blu Mm relativa. Concessioni Concessioni Impronta Destinazione (L/s) annuali blu (Mm3) (Mm3)

Potabile 119 3,7 1,72 Fig. 11. Valutazione di sostenibilità ambientale dell’impronta blu Igienica 32 1 1,72 secondo le previsioni di incremento dell’irrigazione dell’ulivo. Irrigua 160 5 1,68 Seguendo l’approccio di Hoekstra et al. (2011) i limiti della so- stenibilità sono superati nei mesi secchi di luglio, agosto e set- Industriale 0,3 0,09 0,05 tembre.

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(che esclude fattori limitanti l’evapotraspirazione) e/o tamento dell’acqua dolce disponibile. dall’imprecisione dei dati iniziali. A prescindere dai limiti di scala e di affidabilità dei In ultima analisi si vuole notare come i consumi dati, è dunque chiaro come l’impronta idrica e la sua della città di Imperia, che costituiscono ingenti volumi valutazione di sostenibilità ambientale possano risultare d’acqua sottratti al bacino, non solo rappresentino il efficaci strumenti per la pianificazione territoriale e di 99% dell’impronta blu del settore domestico, ma an- settore, da poter inserire nei piani di bacino ed in quelli che il 50% di quella della valle, superando di poco di tutela delle acque. Il raggiungimento dell’utilizzo l’agricoltura. Il dato è peculiare, dato che il settore sostenibile delle risorse potrebbe essere ricercato af- agricolo è a livello mondiale quello nettamente più fiancando agli attuali strumenti di pianificazione terri- idrovoro dell’economia (Chapagain e Hoekstra, 2004). toriale un efficace metodo di eccezionale valore rias- suntivo e divulgativo, utile sia a livello di analisi e CONCLUSIONI pianificazione sia a quello di partecipazione ed educa- La carenza e l’imprecisione di numerosi dati ne- zione della cittadinanza. cessari per i calcoli, prevalentemente dovute alla sca- L’impronta idrica ha il vantaggio di riassumere in la di indagine e allo scarso interesse economico del che termini l’economia sfrutta le risorse idriche. Ri- territorio, hanno reso necessaria l’adozione di alcune durre l’impronta significa ridurre gli impatti sulle risor- approssimazioni. Queste hanno riguardato in partico- se idriche di bacino, ed incrementare la porzione verde lare l’analisi dei dati meteoclimatici, che ha preso in a scapito di quella blu può essere un utile strumento considerazione tre anni consecutivi, non essendo di- per diminuire le pressioni sulle risorse di acqua dolce, sponibili serie locali sul lungo periodo; la semplifica- le quali vengono condivise con gli ecosistemi e pertan- zione della modellazione sull’evapotraspirazione per to hanno un valore aggiunto ma anche un elevato costo la classe di uso del suolo “colture agrarie”; la man- di opportunità (Aldaya et al., 2008). canza di quelli relativi all’immissione di inquinanti Come prospettive future, è auspicabile estendere lo dagli impianti di depurazione. Tuttavia la precisione studio all’intero bacino recettore (il Centa), sottoposto assoluta del risultato finale (caratteristica che viene a impatti più intensi e vari rispetto all’area qui indagata. comunque persa nella modellizzazione di sistemi com- Sarebbe inoltre di grande interesse mettere in relazione plessi) non è l’obbiettivo dello studio, che è piuttosto i dati sull’impronta idrica con quelli sullo stato ecologi- quello di analizzare in che termini ciascun settore co delle acque valutato attraverso i principali indicatori produttivo ricadente nel bacino contribuisce allo sfrut- biologici previsti dalla direttiva 2000/60.

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Lavori originali Biologia Ambientale, 28 (1): 15-24, 2014

Potenzialità e limiti della digestione anaerobica delle biomasse derivanti dalle fioriture macroalgali nella Sacca di Goro

Mariachiara Naldi1, Luigi Fagioli2, Stefano Lovo3, Francesco Paesanti4, Saverio Turolla3, Pierluigi Viaroli1*

1 Dipartimento di Bioscienze, Università degli Studi di Parma, Parco Area delle Scienze 11A – 43124 Parma 2 Laboratorio Analisi Agroalimentari, via Conca 85 – 44123 Ferrara 3 P.O. Acque Costiere ed Economia Ittica, Provincia di Ferrara, via Isonzo 105/a – 44121 Ferrara 4 Biologo Libero professionista, via G.Carducci 16 – 44020 Goro (FE) * Autore per la corrispondenza: [email protected] Pervenuto il 5.9.2013; accettato il 16.10.2013

RIASSUNTO Le fioriture di specie macroalgali dei generi Ulva e Gracilaria rappresentano una seria minaccia per l’integrità ambientale e per lo sviluppo dell’allevamento della vongola verace nella Sacca di Goro (Delta del Po). Fino ad oggi la crescita delle macroalghe è stata in parte controllata mediante la raccolta delle biomasse prodotte che sono state smaltite prevalentemente in discarica. In questa nota è valutata la possibilità di impiegare le biomasse per produrre biogas. L’analisi dei dati disponibili per la Sacca di Goro ha dimostrato che le biomasse algali sono disponibili solo stagionalmente con quantitativi mediamente variabili tra 3000 e 6000 t di biomassa fresca. Il materiale algale presenta caratteristiche chimiche e biochimiche che ne dimostrano l’idoneità per l’uso proposto, con un limite, già rilevato nella letteratura internazionale, dovuto all’alto contenuto di ceneri e di zolfo. In considerazione della disponibilità temporale e della qualità, le biomasse derivanti dalle fioriture macroalgali nella Sacca di Goro possono essere impiegate in co-generazione, miscelate con altri materiali disponibili in loco: sottoprodotti agricoli e della pesca, materiale vegetale da sfalcio, deiezioni animali (es. pollina). Su questi aspetti sono in corso prove pilota per verificare la resa in metano di diverse miscele.

PAROLE CHIAVE: lagune costiere / eutrofizzazione / uso biomasse algali / biogas

Macroalgal blooms in the Sacca di Goro lagoon: feasibility and limits of biomass uses for biogas production. The macroalgal blooms of Ulva and Gracilaria species represent a serious threat to the ecosystem health and clam farming in the Sacca di Goro lagoon (Po river delta). To date, the macroalgal growth has been managed by biomass harvesting and disposal mainly in landfill. In this paper the possibility of using biomass to produce biogas is assessed. The analysis of the data available for the Sacca di Goro has shown that algal biomass is only available seasonally, with quantities between 3000 and 6000 tonnes of fresh biomass. The chemical and biochemical composition of the harvested biomass is suitable for anaerobic digestion, with some restrictions due to the high ash and sulfur content. Due to its timing and quality, we suggest to use the macroalgal biomass in co-generation, mixed with other materials available on site: agricultural and fishery by-products, plant residues and manure. Pilot tests are ongoing to verify the methane yield of different mixtures.

KEY WORDS: coastal lagoons / eutrophication / algal biomass uses / biogas 16 NALDI et al. - Biogas da biomasse di fioriture macroalgali

CONTROLLO E USO DELLE BIOMASSE et al., 2007; Viaroli et al., 2010). In particolare, i DELLE FIORITURE MACROALGALI molluschi filtratori esercitano una pressione di pascolo NELLE LAGUNE COSTIERE sul fitoplancton e rigenerano i nutrienti inorganici mo- A partire dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso, dificandone la stechiometria: in tal modo le macroalghe le lagune dell’Alto Adriatico sono state interessate da possono essere favorite a svantaggio del fitoplancton una crescente diffusione di fioriture di macroalghe (Bartoli et al., 2001; 2003). efemerali (Sfriso e Facca, 2007; Abbiati et al., 2010). Per prevenire i danni derivanti dalle fioriture, negli Nella laguna di Venezia il fenomeno ha avuto il massi- anni sono state avviate campagne di raccolta delle mo sviluppo dal 1975 al 1985, quando è stata stimata macroalghe, in genere nel momento di massima cre- una produzione annua netta di alghe verdi del comples- scita e con risultati non sempre positivi. Il problema so Ulva pari a ~3 x 106 t di biomassa fresca, con un dei costi e dei benefici attesi dalla raccolta delle bio- picco di standing crop pari a ~0.8 x 106 t nella tarda masse macroalgali è stato studiato con l’ausilio di primavera (Sfriso e Facca, 2007). Dal 1990 in poi, la modelli bio-economici con l’obiettivo di fornire un proliferazione di Ulva nella laguna di Venezia si è supporto scientifico alle decisioni (De Leo et al., 2002; notevolmente ridimensionata, mentre è comparsa in Cellina et al., 2003; Mocenni et al., 2009). In partico- modo massiccio nelle lagune del delta del Po, in parti- lare si è avuta la riprova che per ottenere un controllo colar modo nella sacca di Goro, dove ha avuto il effettivo delle fioriture nei momenti di massimo svilup- massimo sviluppo fino al 1998 (Viaroli et al., 2006) e, po i tassi di raccolta devono essere nettamente supe- di nuovo, tra il 2005 e il 2008 (Abbiati et al., 2010). riori a quelli di crescita della biomasse. In tal modo Il picco di biomassa si presenta in genere tra maggio però si ha un grande accumulo di biomassa putrescibi- e giugno, quando gli specchi d’acqua sono completa- le che deve essere smaltita in tempi rapidi. In alternati- mente coperti da più strati di talli con uno spessore di va, si può procedere alla raccolta delle biomasse nelle diverse decine di cm (Fig. 1). In queste condizioni, le prime fasi di crescita, controllando le zone da cui si concentrazioni dell’ossigeno subiscono ampie varia- sviluppa successivamente la fioritura. In tutti i casi si zioni giornaliere, passando da valori di saturazione di pone il problema dello smaltimento delle biomasse. oltre il 200% nelle ore di massimo irraggiamento alla Fino ad oggi si è proceduto prevalentemente allo smal- completa anossia nelle ore notturne (Viaroli et al., timento in discarica, con costi particolarmente elevati. 2010). L’aumento delle temperature e l’accumulo di L’impiego agronomico diretto è stato escluso per i così elevate quantità di biomassa possono infine inne- possibili rischi di salinizzazione dei suoli. A livello scare intensi processi di decomposizione microbica sperimentale sono stati sviluppati progetti per l’essic- che portano alle cosiddette crisi distrofiche, ovvero cazione delle biomasse e per la produzione di carta. alla comparsa di condizioni di anossia che possono Queste ultime iniziative, che hanno un notevole valore persistere per più giorni nell’intera massa d’acqua. I simbolico, non sono però sostenibili per gli elevati danni al biota acquatico derivanti dalla carenza di ossi- costi energetici e per l’impatto ambientale ad essi geno possono essere ulteriormente aggravati dall’in- correlati. Negli ultimi anni, con lo sviluppo delle ener- sorgenza di processi anaerobici, quali la solfato-ridu- gie alternative, ha ripreso quota l’uso energetico che zione, che producono sostanze tossiche come l’acido aveva avuto un notevole impulso tra il 1970 e il 1980, solfidrico (Viaroli et al., 2010). in occasione della prima grande crisi energetica. Le fioriture macroalgali sono particolarmente dan- nose per l’ecosistema acquatico che va incontro a LE BIOMASSE MACROALGALI processi degenerativi con la perdita delle componenti COME POSSIBILE FONTE DI ENERGIA biologiche più pregiate. La formazione dei letti macro- La possibilità di utilizzare le macroalghe marine per algali e le frequenti crisi distrofiche hanno inoltre un la produzione di energia è stata studiata a partire dalla impatto rilevante sull’allevamento dei molluschi, una grande crisi energetica dagli anni ’70 del secolo scorso delle componenti fondamentali dell’economia locale. (Habig et al., 1984; Ryther et al., 1984; Bird et al., Le cause della crescita abnorme delle macroalghe 1990). Tali studi dimostrarono come la prospettiva vanno ricercate nei carichi di azoto e fosforo che migliore fosse rappresentata dalla produzione di meta- provengono soprattutto dal Po di Goro e dal Po di no, mentre risultò poco conveniente la conversione in Volano (Viaroli et al., 2006) e dalla disponibilità di biocarburante (bioetanolo e biodiesel), a causa del microelementi che possono stimolare la produttività basso contenuto di lipidi delle macroalghe. Il trasferi- fotosintetica (Viaroli et al., 2005; Naldi e Viaroli, 2012). mento dei risultati di laboratorio alla scala di impianto La diffusione e lo sviluppo delle macroalghe possono reale non ebbe però esiti positivi e gli studi furono però dipendere anche dalla gestione degli allevamenti abbandonati (Bruhn et al., 2011). L’uso di queste delle vongole e della sacca nel suo complesso (Nizzoli biomasse per la produzione di metano ha ricevuto

Lavori originali NALDI et al. - Biogas da biomasse di fioriture macroalgali 17 nuovo interesse negli ultimi anni come conseguenza per la digestione anaerobica (Nielsen et al., 2012). Le degli studi sulle fonti energetiche rinnovabili e in ragio- macroalghe marine hanno infine un contenuto eccessi- ne dell’eccessiva proliferazione di macroalghe, quali vo di zolfo e di ceneri che interferiscono con l’applica- Ulva e Gracilaria, in ambienti acquatici eutrofizzati, zione alla scala industriale (Peu et al., 2011). per esempio nella Laguna di Venezia (Cecchi et al., 1993) e sulle coste della Bretagna, in Francia (Briand e DISPONIBILITÀ DELLE BIOMASSE Morand, 1997). Ad esempio si citano alcuni progetti MACROALGALI NELLA SACCA DI GORO di ricerca finanziati a livello europeo: Aquafuels (http:/ /www.aquafuels.eu/), BioMara (http://www.biomara Tassi di crescita e variazioni .org/), BioWALK4biofuels (http://www.biowalk4 stagionali delle biomasse biofuels.eu/). La vegetazione acquatica della Sacca di Goro è I nuovi studi hanno ulteriormente dimostrato come dominata da poche specie di macroalghe bentoniche le biomasse prodotte da macroalghe marine a rapida appartenenti prevalentemente ai generi Ulva (Chlo- crescita siano un materiale interessante per la produ- rophyta) e Gracilaria (Rhodophyta). Il sopralluogo zione di biogas (Wei et al. 2013); restano tuttavia i più recente, effettuato nel 2009, ha rilevato cinque problemi del trasferimento alla scala industriale e della specie di Ulva (U. compressa, U. curvata, U. linza, U. gestione delle biomasse, già evidenziati negli studi pre- prolifera, U. rigida), tra le quali prevale Ulva rigida cedenti. Una sintesi dei vantaggi e dei limiti della con- che dalla fine degli anni ’80 è sempre stata la specie versione delle biomasse macroalgali in biogas è ripor- dominante la comunità macroalgale. L’altra specie im- tato nella tabella I. portante, per abbondanza e copertura, è Gracilaria Alcuni dei limiti dell’uso di Ulva e Gracilaria in vermiculophylla. Questa specie alloctona di origine impianti di produzione di biogas possono essere superati asiatica, segnalata per la prima volta nel 2008 in alcune con la co-digestione con altre matrici a disponibilità lagune del delta del Po Veneto, nella Sacca di Goro ha costante o più ricche di carbonio: frazione organica dei completamente sostituito la rodoficea autoctona Gra- rifiuti solidi urbani (Cecchi et al. 1993), residui di cilaria verrucosa (Sfriso et al., 2010; 2012). lavorazione del latte (Matsui e Koike, 2010), liquame di Le specie del genere Ulva crescono principalmente allevamenti di suini (Nielsen e Heiske, 2011, Peu et al. nella zona orientale (Valle di Gorino) e nel periodo di 2011), fanghi di depurazione (Costa et al., 2012), sedi- massima diffusione possono estendersi fino a centro menti lagunari (Migliore et al., 2012) e oli esausti (Park Sacca (Viaroli et al., 2006). Gracilaria, in precedenza e Li, 2012). Restano aperti altri problemi legati alla limitata alla zona centrale e settentrionale della laguna, stagionalità della disponibilità della biomassa macroalga- occupa attualmente anche la Valle di Gorino (Viaroli et le e del contenuto di azoto dei talli che, in certi momenti al., 2006; Sfriso et al., 2012). del ciclo di crescita, aumenta portando il rapporto C:N a La biomassa delle principali specie macroalgali ha valori inferiori a 20-30, al di sotto della soglia ottimale uno sviluppo stagionale con minimi invernali e massimi

Tab. I. Vantaggi e limiti della produzione di biogas da macroalghe (Briand e Morand, 1997; Morand e Briand, 1999; Bruhn et al., 2011). vantaggi limiti

Elevati tassi di crescita. La disponibilità di biomassa non è costante, ma concentrata in un periodo Buon contenuto di polisaccaridi, necessari per un’efficiente relativamente breve dell’anno (anche se le macroalghe sono presenti tutto produzione di metano. l’anno, la raccolta non è conveniente al di sotto di una certa soglia di biomassa). Non necessitano di consumo di suolo agricolo o acqua, quin- di non c’è competizione con le colture agricole destinate Elevato contenuto di acqua (circa l’85-90% del peso fresco). all’alimentazione umana. Elevato contenuto di ceneri, compreso tra il 20 e il 50 % del peso secco Possibilità di utilizzo nell’acquacoltura integrata per il trat- (metalli, in particolare alcalini quali Na e K), che comportano problemi di tamento degli scarichi di impianti di allevamenti ittici. fouling del digestore. Elevato contenuto di zolfo che causa la formazione di H S. Durante la Depurazione “naturale” dei corpi idrici soggetti ad elevati 2 combustione del biogas H S viene trasformato in H SO con danni alle carichi di nutrienti: le alghe assimilano i nutrienti in eccesso 2 2 4 e la produzione di biogas rappresenta una valida alternativa parti metalliche. allo smaltimento in discarica delle biomasse che devono es- I pre-trattamenti necessari per migliorare la resa del processo (risciacquo sere raccolte da spiagge e lagune costiere. con acqua dolce per eliminare sabbia, detriti e sali, essiccamento) fanno aumentare notevolmente i costi.

Lavori originali 18 NALDI et al. - Biogas da biomasse di fioriture macroalgali

tardo-primaverili o estivi (Fig. 1). risultati inferiori a quelli di Ulva (0,6 - 5 % d-1). Al Per Ulva i valori massimi di biomassa (come so- momento non sono disponibili dati sui tassi di crescita stanza secca) possono arrivare ad oltre 1000 g m-2. di G. vermyculophylla nella Sacca di Goro, ma in Negli anni ’90 G. verrucosa raggiungeva in genere letteratura sono riportati valori compresi tra 1 e 8% d-1 biomasse attorno ai 200 g m-2. Attualmente G. vermi- per un ampio spettro di condizioni ambientali dal Mar culophylla è presente con popolamenti molto abbon- Baltico (Weinberger et al., 2008; Nejrup e Pedersen, danti, soprattutto nella Valle di Gorino. I primi risultati 2010) al Portogallo (Abreu et al., 2011). di una ricerca iniziata nel 2013 hanno evidenziato come I tassi di crescita dipendono da temperatura, radia- la crescita di questa specie sia molto più invasiva della zione luminosa, disponibilità dei nutrienti e densità delle precedente. Nel mese di maggio 2013 ha infatti rag- biomasse algali. Nell’arco dell’anno, l’andamento sta- giunto una copertura pari a circa il 90% in tutta la Valle gionale dei tassi di crescita di Ulva è guidato principal- di Gorino, con densità mediamente comprese tra 500 e mente dalle variazioni di temperatura e radiazione lumi- 2500 g m-2 (come biomassa secca). nosa. La disponibilità di nutrienti (azoto, fosforo e In diverse occasioni, tra il 1994 e il 1998, sono stati metalli) stimola direttamente la capacità di crescita determinati in campo i tassi di crescita di Ulva e quando luce e temperatura sono favorevoli, mentre Gracilaria (Viaroli et al., 1996; 2005). L’incubazione l’accumulo di biomassa deprime l’ulteriore accresci- dei talli di Ulva in gabbie sospese nella colonna d’ac- mento delle macroalghe (limitazione da densità). I tassi qua per circa una settimana ha permesso di calcolare di crescita riportati in tabella II sono da considerarsi tassi di crescita di Ulva compresi tra 5 e 15% d-1 nel potenziali, in quanto le densità iniziali in ogni esperi- periodo primaverile (Tab. II). I tassi di crescita di mento erano molto basse (pochi grammi di sostanza Gracilaria sono stati misurati solo nel 1995 e sono secca per gabbia).

ab

Fig. 1. a: variazioni delle biomasse di Ulva nella Valle di Gorino negli anni di maggiore crescita (1992 e 1998). Dati riprodotti da Viaroli et al. (2005, 2006). b: zone della Sacca di Goro interessate dalle fioriture di Ulva e Gracilaria negli anni 1992 e 1997 (Viaroli et al., 2006) e dalla crescita di Gracilaria vermiculophylla nel 2013. Le aree in grigio rappresentano le concessioni degli allevamenti di vongole.

Tab. II. Tassi giornalieri di crescita massimi di Ulva e Gracilaria determinati con incubazioni in gabbie sospese nella colonna d’acqua nella Sacca di Goro. Dati da Viaroli et al. (1996, 2005) e dati non pubblicati. Per ogni data sono riportati i valori medi e le deviazioni standard (d.s.) di cinque repliche. Ulva rigida Gracilaria verrucosa anno periodo tasso di crescita (% d-1) tasso di crescita (% d-1) media d.s. media d.s.

1994 Maggio 8,21 1,20 1995 Luglio 10,93 0,83 2,80 3,59 1997 Aprile 15,45 4,68 1998 Aprile 11,73 1,25

Lavori originali NALDI et al. - Biogas da biomasse di fioriture macroalgali 19

Stima della biomassa potenzialmente si tra 3.250 e 6.500 t di peso fresco, con un picco di utilizzabile per la conversione in biogas 13.000 t. I dati simulati con i modelli sono coerenti con La biomassa macroalgale potenzialmente disponi- i valori di biomassa effettivamente raccolti in occasio- bile per la digestione anaerobica è stata valutata con i ne delle fioriture algali (Tab. IV). Tali valori possono modelli elaborati da De Leo et al. (2002) e Cellina et ragionevolmente rappresentare la quantità minima di- al. (2002; 2003) per ottimizzare la raccolta di Ulva sponibile nel caso di fioriture di Ulva. Si può pertanto nella Sacca di Goro. Questi modelli valutano la soglia ritenere che con la gestione corrente della sacca si di sicurezza oltre la quale è bene raccogliere Ulva, potrebbero rendere disponibili fino a circa 10.000 t di minimizzando così il rischio di collasso dei letti algali, biomassa algale fresca per un periodo di circa due con conseguente crisi distrofica, e i costi di raccolta mesi l’anno, a grandi linee tra aprile e giugno. e smaltimento della biomassa. Entrambi i modelli La simulazione della raccolta è stata fatta imponen- indicano in 100 g m-2 (come biomassa secca) il valore do la condizione che si debba iniziare l’intervento soglia da non superare per avere un rapporto costi prima di arrivare a densità superiori a 100 g m-2. Nel benefici ottimale. In particolare, il modello di Cellina caso in cui si volesse aumentare la quantità di bio- et al. (2002) propone una valutazione costi/benefici massa da avviare alla digestione anaerobica bastereb- della decisione di raccogliere le biomasse macroalgali be alzare la soglia a 150-200 g m-2. Si deve tuttavia per prevenire il rischio della crisi distrofica. A partire considerare che, se è vero che nella Sacca di Goro da biomasse di 50 g m-2 (come peso secco), la sono state osservate densità macroalgali anche mag- raccolta meccanica con i battelli in uso nella sacca giori di 300 g m-2 ben prima dell’insorgenza delle crisi richiede uno sforzo di 1 battello per 1,25 km2 in una superficie che è pari a quella abitualmente occupata Tab. III. Previsione del raccolto annuale di biomasse algali sulla dalle macroalghe nel momento di massimo sviluppo base dei modelli di De Leo et al. (2002) e Cellina et al. (2002; (circa il 50% della superficie della sacca). Nell’ipote- 2003). si di sfruttare la biomassa raccolta per la produzione Biomassa totale raccolta (t peso fresco) di biogas, i costi di smaltimento non rappresentereb- Densità Superficie Copertura bero più un problema, ma resta la necessità di racco- (peso secco) 50% 100% gliere la biomassa a densità inferiori a 100 g m-2 che garantiscano la prevenzione della crisi anossica. Per- 50 g m-2 6,5 km2 1625 3250 tanto, è possibile calcolare, sia pure con ampi margini 13 km2 3250 6500 di incertezza, la biomassa che può essere potenzial- -2 2 mente raccolta per la produzione di biogas. Il calcolo 100 g m 6,5 km 3250 6500 è stato fatto sulla base delle seguenti assunzioni: 1) i 13 km2 6500 13000 battelli raccolgono le macroalghe quando la densità è compresa tra 50 e 100 g m-2 come peso secco; 2) l’area interessata varia tra 6,5 e 13 km2; 3) la coper- Tab. IV. Dati relativi alla quantità di biomassa di Ulva raccolta tura macroalgale, nell’area interessata, varia tra il 50 nella Sacca di Goro dal 1991 al 2010 (dati Provincia di Ferrara) e e il 100%; 4) il rapporto peso secco/peso fresco è 1/ alla corrispondente produzione potenziale di metano, assumen- do un contenuto di solidi volatili pari al 75% del peso secco. 10. Nella tabella III sono riportate le tonnellate di peso fresco raccolte che si ottengono dalle possibili raccolto biomassa fresca produz. potenziale di metano (m3·103) combinazioni di questi fattori. I valori così ottenuti (t) min max rappresentano la biomassa presente sulla superficie 1991 1100 30 40 lagunare ad un dato momento. Questi valori rappre- sentano la massima quantità di biomassa utilizzabile 1997 3200 80 130 nell’ipotesi che la raccolta sia effettuata tutta nello 1998 12000 290 490 stesso giorno. Si tratta ovviamente di un’ipotesi non 1999 4500 110 180 realistica, in quanto l’attività dei battelli è possibile 2001 3000 70 120 solo nelle ore di luce e con marea medio-alta, per cui 2004 500 10 20 gli interventi sono ripetuti in più giorni e/o settimane. 2005 6000 140 240 In tal caso la biomassa raccolta aumenta in quanto la 2006 1650 40 80 biomassa residua continua a crescere. I valori così 2007 6000 140 240 calcolati rappresentano pertanto un limite inferiore 2008 5000 120 200 delle quantità che sono potenzialmente disponibili. 2009 4000 100 160 Considerando i vari scenari riportati nella tabella III, si può notare come i valori più frequenti sono compre- 2010 3000 700 120

Lavori originali 20 NALDI et al. - Biogas da biomasse di fioriture macroalgali anossiche (es. 1992 e 1997, Fig. 1), in altri anni le Composizione elementare di Ulva e Gracilaria crisi si sono verificate con biomasse non superiori ai Nella tabella V è riportato il contenuto medio di 200 g dw m-2 (1991, 1994, 1995). La raccomanda- carbonio, azoto, fosforo e sostanza organica di Ulva e zione di rispettare la soglia dei 100 g dw m-2, e se Gracilaria raccolte nella Sacca di Goro tra il 1989 e il possibile iniziare la raccolta a biomasse addirittura 1998 in occasione di campionamenti e campagne spe- inferiori, riveste quindi una fondamentale importanza rimentali. Dato l’elevato numero di campioni analizzati, per evitare l’insorgenza delle crisi anossiche (Cellina in particolare per Ulva, i valori riportati possono esse- et al., 2003). re considerati rappresentativi della composizione me- È importante osservare che questo tipo di raccolta dia, nonché dell’intervallo di variazione, delle macroal- è fortemente stagionale e che avviene necessariamen- ghe della laguna. te in un arco di tempo breve, in modo da ridurre al La composizione elementare dei talli delle macroal- minimo il rischio che le biomasse vadano incontro a ghe presenta variazioni stagionali più o meno ampie, a decomposizione causando l’anossia. Nell’ipotesi quindi seconda dell’elemento considerato. Il contenuto medio che le biomasse riportate nella tabella III rappresenti- di carbonio è attorno al 30 % del peso secco per no il totale annuale, esse corrispondono a una resa entrambe le macroalghe e non presenta variazioni sta- annuale di 2,5 – 10 t ha-1 di sostanza fresca (pari a gionali significative, fatta eccezione per i valori minimi circa 0,25 – 1 t ha-1 di sostanza secca). Questi valori osservati durante le fasi di collasso della biomassa al sono nettamente inferiori alle rese per ettaro di coltu- termine della stagione di crescita. Azoto e fosforo re per le produzioni bioenergetiche o degli scarti di presentano invece una più marcata variabilità. In parti- altre coltivazioni vegetali (Bruhn et al., 2011). Si colare, Ulva ha un contenuto massimo di azoto totale stima che agli inizi di giugno 1997, poco prima del del 4-5 % in inverno, quando la disponibilità in acqua verificarsi della crisi distrofica, fossero presenti in di azoto inorganico disciolto è massima e i tassi di circa la metà della superficie lagunare da 50.000 a crescita sono limitati dalle condizioni sfavorevoli di 70.000 tonnellate di biomassa fresca, che dall’inizio luce e temperatura (Viaroli et al., 2005). Contenuti degli studi nella Sacca di Goro rappresentano il pro- elevati di azoto totale indicano in genere un alto conte- babile limite massimo raggiunto dallo standing crop di nuto proteico, ma Ulva è in grado di accumulare azoto Ulva (Fig. 1, Viaroli et al., 2006). In questo caso, la anche in forma nitrica fino a raggiungere il 15 % resa annuale di circa 4-6 t ha-1 di sostanza secca, è di dell’azoto totale (Naldi e Viaroli, 2002). Le riserve di gran lunga inferiore alle rese delle coltivazioni di Ulva nitrato si esauriscono nella tarda primavera, quando la e Gracilaria che possono variare da 27 a 88 t ha-1 crescita è massima e la disponibilità di azoto nitrico come sostanza secca (Bruhn et al., 2011). nell’acqua è pressoché nulla.

Tab. V. Valori minimi, massimi, mediani e medi del contenuto di carbonio, azoto, fosforo, ceneri e di alcuni metalli in campioni di Ulva e Gracilaria raccolti in Sacca di Goro dal 1991 al 1997. Tutti valori sono espressi come % o μg/g di sostanza secca. d.s. = deviazione standard; n = numero di campioni analizzati; n.r. = non rilevabile. %C %N %P % ceneri Fe Mn Cu Zn Cr Ni Pb Cd (μg/g) (μg/g) (μg/g) (μg/g) (μg/g) (μg/g) (μg/g) (μg/g)

Ulva min 21,15 1,50 0,08 14,59 268 40 0,06 15,40 0,64 3,89 0,40 0,06 max 36,00 5,05 0,43 45,85 7026 4541 23,66 269,20 27,80 27,90 13,00 0,62 mediana 30,25 3,22 0,19 23,16 963 426 3,91 70,60 3,50 14,60 3,50 0,12 media 29,61 3,17 0,21 24,37 1479 681 6,96 92,83 5,76 14,31 3,84 0,17 d,s, 3,18 0,66 0,08 5,71 1524 862 7,96 68,01 6,26 6,18 3,37 0,16 n 97 108 109 109 34 34 20 32 22 22 21 10

Gracilaria min 26,58 2,85 0,09 17,60 204 49 4,42 29,30 0,51 3,34 0,20 n,r, max 34,39 4,51 0,43 41,80 3497 14384 17,30 185,70 10,80 29,30 13,00 n,r, mediana 30,75 3,34 0,26 25,73 1295 3996 9,48 52,80 2,70 12,28 8,50 n,r, media 30,57 3,57 0,25 26,86 1536 3745 9,42 65,05 3,75 13,88 7,27 n,r, d,s, 1,96 0,50 0,08 6,66 923 3326 3,87 40,31 2,71 6,51 4,81 n 2727322121212121212118

Lavori originali NALDI et al. - Biogas da biomasse di fioriture macroalgali 21

Entrambe le macroalghe hanno un contenuto medio base dei dati di letteratura possiamo quindi concludere di ceneri compreso tra il 24 e il 27%, con massimi fino che le macroalghe presenti nella Sacca di Goro sono al 40-45%. Anche il contenuto di metalli può essere potenzialmente idonee alla produzione di biogas e che elevato, in particolare quello di Fe e Mn in Gracilaria possono dare rese confrontabili con le principali coltu- (Tab. V). re da bioenergetiche. Occorre però precisare che gli Il contenuto di carboidrati, proteine e lipidi di Ulva e studi fin qui condotti hanno riguardato macroalghe Gracilaria può variare per l’effetto delle condizioni di appositamente coltivate per la produzione di energia crescita (intensità della radiazione luminosa, disponibi- (Bruhn et al., 2011). L’impiego delle biomasse deri- lità di azoto e fosforo). In letteratura sono disponibili vanti da fioriture macroalgali non presenta problemi di numerosi dati sui contenuti elementari e macromole- idoneità per la digestione anaerobica (Briand e Mo- colari delle macroalghe, ma raramente sono presentati rand, 1997; Morand e Briand, 1999), ma piuttosto è database completi accompagnati da dati ambientali di reso difficile dalla gestione (disponibilità, raccolta e contorno quali temperatura dell’acqua, nutrienti di- trattamento) delle biomasse prodotte in condizioni non sciolti, biomassa presente (importante per dedurre il controllate. grado di auto ombreggiamento e quindi di limitazione Sulla base delle rese stimate da Braun (2007) e da della fotosintesi). I dati relativi ad alcune specie di Bruhn et al. (2011) è stata fatta una valutazione della Ulva sono riportati nella tabella VI. produzione potenziale di biogas a partire dalle quantità Mentre il contenuto di lipidi raramente supera il 5% di biomassa di Ulva effettivamente raccolta in laguna del peso secco, il contenuto di carboidrati è più impor- tra il 1991 e il 2010: si osserva una grande variabilità tante e generalmente compreso tra il 20 e il 30% del con un minimo di 10.000 m3 ed un massimo di circa peso secco (Peña-Rodríguez et al., 2011; Satpati e 490.000 m3 (Tab. IV). Pal, 2011; Yaich et al., 2011). Tra i carboidrati, in Ulva una frazione importante è rappresentata dall’ul- CONSIDERAZIONI DI SINTESI: vano, un polisaccaride della parete cellulare ad elevato POTENZIALITÀ DELLA DIGESTIONE contenuto di zolfo (Robic et al., 2009). ANAEROBICA DELLE BIOMASSE Ulva e Gracilaria possono dare una resa in metano MACROAGALI DELLA SACCA DI GORO compresa tra 160 e 400 m3 t-1 di solidi volatili (Tab. Nella Sacca di Goro, le frequenti fioriture macroal- VII). Gracilaria ha una resa maggiore di Ulva. Sulla gali costituiscono un grave rischio per gli allevamenti di vongole. I danni maggiori sono causati dalle crisi anossiche che accompagnano il collasso e la decom- Tab. VI. Contenuto di proteine, lipidi, ceneri e zuccheri in specie del genere Ulva (Briand e Morand, 1997) posizione dei letti macroalgali. Danni non marginali possono derivare anche dalla deposizione di spessi Ulva Composiz. degli zuccheri di Ulva (%) strati di macroalghe sui banchi dei molluschi allevati. La crescita e la diffusione incontrollata delle ma- Proteine (%) 10-17 ramnosio 36-41 croalghe dipende in larga misura dalla disponibilità di Lipidi (%) 1,8-3,5 acidi uronici 19-21 azoto e fosforo, per cui la soluzione del problema Zuccheri (%) 41-61 xylosio 7-9 richiede interventi preventivi, sulle sorgenti di questi Ceneri (%) 17-35 glucosio 10-16 nutrienti. Zolfo (%) 3-4 galattosio 3-4 In occasione delle fioriture macroalgali, al fine di ridurne l’impatto, sono necessari interventi di rimozio- ne delle biomasse prodotte. La raccolta delle alghe Tab. VII. Resa in biomassa e in biogas di Ulva e Gracilaria presenta anzitutto problemi tecnici, dovuti alla disponi- (Bruhn et al., 2011) e di alcune delle più comuni colture bioener- bilità di mezzi adatti ad operare in fondali poco profon- getiche (Braun et al., 2010). La biomassa è espressa come sostan- di. I problemi maggiori sono però costituiti dai costi, in za secca con un contenuto medio di solido volatile del 75%. particolare da quelli che coprono le spese di trasporto e Resa in biomassa Resa in metano smaltimento del materiale raccolto. Tali oneri possono t ha-1 a-1 m3 t-1 di biomassa compromettere la sostenibilità economica dell’alleva- (come solido volatile) mento dei molluschi che rappresenta uno dei cardini Ulva 45-74 160-270 dell’economia locale. La possibilità di trovare un impiego produttivo delle Gracilaria 40-87 280-460 biomasse macroalgali rappresenta pertanto una grande Mais 40-50 210-450 opportunità per ridurre i costi e, nel contempo, può Orzo 12-24 350-660 contribuire alla sostenibilità complessiva della gestione Paglia 7-13 240-320 dell’ecosistema lagunare.

Lavori originali 22 NALDI et al. - Biogas da biomasse di fioriture macroalgali

In considerazione della composizione delle biomas- zione che è, tra l’altro, accompagnata dalla perdita di se prodotte, che in genere sono costituite da più spe- circa il 50% dei carboidrati. cie, e del possibile accumulo di metalli e sostanze Le biomasse macroalgali raccolte con mezzi mec- chimiche di sintesi sono stati esclusi gli usi che preve- canici sono frammiste a quantità spesso significative dono l’estrazione di sostanze da destinare alle industrie di sedimento che determina un netto aumento del alimentare e farmaceutica. L’impiego agronomico come contenuto di ceneri. Prima dell’uso le biomasse vanno ammendante è stato escluso in ragione della salinità del dunque lavate per rimuovere il detrito inorganico, con materiale raccolto. È stato pertanto considerato il solo possibili costi aggiuntivi. uso energetico per la produzione di biogas. In ultima analisi, in considerazione della disponibilità Le valutazioni generali delle potenzialità e dei limiti di temporale e della qualità, le biomasse derivanti dalle questa opzione sono già stati richiamati nella tabella I. fioriture macroalgali nella Sacca di Goro possono es- L’analisi dei dati disponibili per la Sacca di Goro ha sere impiegate in co-generazione, miscelate con altri dimostrato che le biomasse algali sono generalmente materiali disponibili in loco: sottoprodotti agricoli e disponibili per un breve periodo di tempo, in genere da della pesca, materiale vegetale da sfalcio, deiezioni aprile a giugno. Osservazioni e indagini recenti hanno animali (es. pollina). Su questi aspetti sono in corso però dimostrato che la specie invasiva G. vermicu- prove pilota per verificare la resa di diverse miscele. lophylla, presente in sacca da circa cinque anni, tende Più in generale, anche un impiego parziale delle a persistere più a lungo, soprattutto nella parte più biomasse raccolte ha un notevole valore euristico in orientale (Valle di Gorino). In tutti i casi, ad una prima quanto ha l’obiettivo di promuovere una gestione inte- valutazione sia su base modellistica che con riferimen- grata del sistema lagunare e del territorio circostante. to ai dati della raccolta effettiva svolta dal 1991 ad In prospettiva, si potrebbe addirittura ipotizzare di oggi, potrebbe essere mediamente garantita una dispo- gestire le biomasse macroalgali per ridurre il carico dei nibilità di 3.000-6.000 t di biomassa fresca in un arco nutrienti che arrivano alla laguna, sfruttando l’approc- di tempo di circa tre mesi. cio delle poli-colture o, entro certi limiti, dei sistemi Il materiale algale presenta caratteristiche chimiche estensivi di fitodepurazione. e biochimiche che ne dimostrano l’idoneità per l’uso proposto, con un limite, già rilevato nella letteratura RINGRAZIAMENTI internazionale, dovuto all’alto contenuto di ceneri e di Questo lavoro è stato svolto nell’ambito del progetto SEA-R, zolfo. Questo materiale è inoltre ricco d’acqua e non è Energia sostenibile nelle Regioni dell’Adriatico: Conoscenza per pertanto idoneo allo stoccaggio. Prove preliminari di investire, progetto europeo realizzato nell’ambito del program- conservazione in cumuli delle biomasse appena raccol- ma di cooperazione transfrontaliera IPA Adriatico e coordinato te e lavate hanno evidenziato la tendenza alla putrefa- dalla Provincia di Ferrara.

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Definizione dello stato ecologico secondo il D.M. 260/2010 in due fiumi di pianura (Adda e Ticino) interessati dal Deflusso Minimo Vitale

Francesca Salmaso 1*, Silvia Quadroni 1, Andrea Romanò 2, Stefania Compare 2, Gaetano Gentili 2, Giuseppe Crosa 1

1 Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate, Università degli Studi dell’Insubria, Via JH Dunant, 3 – 21100 Varese 2 GRAIA srl - Gestione e Ricerca Ambientale Ittica Acque, Via Repubblica, 1 – 21020 Varano Borghi (VA) * Referente per la corrispondenza: [email protected]

Pervenuto il 24.9.2013; accettato il 8.10.2013

Riassunto La Direttiva Quadro sulle Acque ha introdotto un nuovo approccio di tipo ecosistemico per la valutazione e la classificazione della qualità dei corsi d’acqua, basato sull’analisi della struttura tassonomica delle loro principali comunità biologiche. Tale approccio ha posto gli Stati Membri di fronte alla necessità di elaborare dei metodi di analisi e degli indici biologici idonei a giudicare lo stato dei singoli bioindicatori. Per quanto riguarda l’Italia il nuovo sistema di monitoraggio, riportato nel D.M. 260/2010, presenta tuttora delle criticità sia di carattere operativo che interpretativo. Nonostante queste criticità, ad oggi risulta il principale riferimento tecnico-normativo nazionale anche per la valutazione sperimentale dei Deflussi Minimi Vitali (DMV) definiti a livello regionale. In tale contesto si inserisce questo lavoro, in cui sono presentati e discussi i risultati di un’indagine triennale effettuata su due grandi fiumi di pianura, Adda e Ticino sublacuali, nell’ambito di due progetti di sperimentazione del DMV. Lo studio condotto ha consentito un’analisi delle criticità tecniche e scientifiche delle metodiche nazionali di monitoraggio dei corsi d’acqua e delle conseguenti difficoltà di interpretazione dei risultati. Il commento ai dati relativi alle sperimentazioni si pone anche l’obiettivo di testimoniare scientificamente una fase del processo di implementazione delle Direttive europee in tema di gestione dei corpi idrici che, nel prossimo futuro, vedrà ulteriori sviluppi in seguito all’introduzione del concetto di flusso ecologico.

PAROLE CHIAVE: WFD / fiumi di pianura / DMV / stato ecologico / monitoraggio

Ecological status definition according to D.M. 260/2010 in two lowland rivers (Adda and Ticino) characterized by minimum flow The Water Framework Directive has introduced a new ecosystem approach for the evaluation and classification of watercourses quality, based on the taxonomic structure analysis of main lotic communities. This approach has forced the Member States to urgently develop analytical methods and biological indices suitable for evaluating the status of each bioindicator. Referring to Italy, the new monitoring system, reported in D.M. 260/2010, still shows some criticisms, both of operational and interpretative character. Nevertheless, today it represents the most important national technical-normative reference also for the experimental evaluation of minimum flows defined at regional scale. In this context this paper shows and discusses the results of a three years survey carried out in two large lowland rivers, Adda and Ticino, within two projects dealing with the minimum flow experimentation. This study allowed a critical analysis of the national watercourses monitoring methods and of the consequent problems concerning the results interpretation. Comments about minimum flow experimen- tations also aim to scientifically report one step of the implementation process of the European Directives about waterbodies management, that, in the near future, will be involved in further developments following the introduction of the environmental flow concept.

KEY WORDS: WFD / lowland rivers / minimum flow / ecological status / monitoring 26 SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati

INTRODUZIONE La Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE, WFD alle sue finalità di controllo dello stato ecologico com- – Water Framework Directive) ha portato sostanziali plessivo dei corpi idrici, anche sulla base dell’esperien- cambiamenti nei criteri di monitoraggio e classificazio- za acquisita durante questi primi anni di applicazione, a ne della qualità dei corpi idrici superficiali e, con maggior ragione particolare attenzione deve essere l’introduzione del concetto di stato ecologico, la sem- posta quando l’attività di monitoraggio è finalizzata alla plice valutazione chimica della matrice acquosa è stata valutazione di specifici elementi perturbativi o di inter- superata da un approccio ecosistemico. venti di mitigazione degli stessi. In questa ottica, nella determinazione dello stato In relazione a queste premesse, il presente lavoro ecologico degli ambienti fluviali è stato dato particola- riporta le principali risultanze di due progetti che hanno re rilievo alla valutazione delle quattro principali com- avuto come oggetto la sperimentazione di potenziali ponenti biologiche: 1) diatomee, 2) macrofite, 3) fauna DMV nei tratti sublacuali dei fiumi Adda e Ticino. È macrobentonica e 4) fauna ittica. Il raggiungimento intenzione degli Autori presentare e commentare i ri- dell’obiettivo finale di un buono stato ecologico (GES sultati alla luce delle recenti considerazioni critiche – Good Ecological Status) previsto dalla Direttiva per emerse nel contesto scientifico internazionale. In parti- tutti i corsi d’acqua è vincolato quindi all’analisi di tali colare, i commenti sono rivolti a) in generale a verifi- componenti biologiche, la cui qualità deve essere care i possibili elementi di criticità nell’applicazione dei espressa come Rapporto di Qualità Ecologica (RQE), metodi di monitoraggio previsti dalla normativa in due ossia come scostamento della comunità campionata da contesti di particolare rilevanza naturalistica e produtti- una condizione di riferimento imperturbata. va e b) nello specifico a valutare quanto i risultati che Questa concezione ha portato alla ricerca di specifi- emergono dall’applicazione degli strumenti di monito- ci indici per l’analisi delle comunità biologiche, che raggio introdotti dal D.M. 260/2010 siano informativi sono stati definiti dai singoli Stati Membri ed intercali- sui reali effetti dell’alterazione delle portate naturali. brati a livello europeo. Come evidenziato da diversi Autori in ambito nazio- MATERIALI E METODI nale e internazionale (Rossi, 2010; Hering et al., 2010), le nuove modalità di monitoraggio ambientale, intro- Area di studio dotte in Italia con il D. Lgs. 152/2006 e il D.M. 260/ I dati utilizzati per il presente studio sono stati 2010, hanno presentato e presentano tuttora alcune raccolti in 11 stazioni lungo il corso sublacuale dei difficoltà di applicazione, soprattutto per le comunità il fiumi Adda e Ticino (Fig. 1). cui studio non ha una lunga tradizione. Queste criticità, Le stazioni di monitoraggio, per le quali si fornisco- che portano in ultima analisi ad una difficoltà nella no alcuni descrittori in tabella I, sono attribuibili a lettura del contenuto informativo dei risultati delle atti- cinque differenti corpi idrici (definiti in base a quanto vità di monitoraggio, nascono sostanzialmente dal fat- stabilito dalla WFD e recepito dal D.M. 131/2008) e to che la maggior parte degli indici biologici adottati è sono caratterizzate da situazioni ambientali differenti, carente di un chiaro significato ecologico per diverse sia per le loro caratteristiche naturali che per gli impatti ragioni: campionamenti non esaustivi dei diversi tipi di antropici a cui sono sottoposte. L’andamento delle habitat presenti (per alcuni le acque marginali non sono portate è caratteristico del regime pluvio-nivale, con considerate), classificazioni operate su base tassono- due periodi di morbida, uno primaverile e uno autunna- mica piuttosto che funzionale, fattori di correlazione le; entrambi i corsi d’acqua hanno una regolazione dei piuttosto che causali (Moss, 2008; Demars et al., deflussi già poco dopo l’incile del lago dal quale si 2012a). È inoltre da segnalare l’inabilità di molti indici originano. a discriminare tra diverse pressioni antropiche o tra Il fiume Adda, nei suoi 48 km di corso tra la prima e queste e condizioni naturali limitanti; a titolo di esem- l’ultima stazione di campionamento, attraversa una pio, indici basati sulle macrofite tendono a riflettere prima zona a carattere pedemontano (corrispondente variazioni in parametri come l’alcalinità delle acque alle stazioni ADS1 e ADS2), parzialmente in forra, con piuttosto che la presenza di nutrienti (N e P) (Demars e substrato a granulometria grossolana e morfologia molto Thiebaut, 2008). Nonostante tali criticità, questi indici variabile. In quest’area i carichi inquinanti in ingresso sono spesso utilizzati anche per l’analisi di specifici risultano limitati, mentre sono presenti ingenti deriva- fattori perturbativi; ad esempio la loro applicazione è zioni a scopo principalmente idroelettrico; tra le princi- esplicitamente prevista nei progetti di studio per la pali opere di derivazione sono da segnalare le dighe di definizione sperimentale dei Deflussi Minimi Vitali Robbiate, di Paderno e di Concesa. L’andamento an- (DMV) a livello locale. Se dunque l’impianto di moni- nuo delle portate in questo tratto è caratterizzato da toraggio può e dovrà essere perfezionato in relazione periodi prolungati di presenza in alveo del solo DMV

Lavori originali SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati 27 che si manifestano generalmente dall’inverno alla fine superiori al DMV per quasi tutto l’anno. Da segnalare della primavera. la presenza di importanti infrastrutture che incidono, Un secondo tratto, che si sviluppa nell’alta Pianura oltre che sugli aspetti idrologici, anche sulle caratteri- Padana (stazioni ADS3 e ADS4), è caratterizzato da stiche morfologiche: tra queste il “Traversino” (per la substrato prevalentemente a ciottoli e dalla presenza di derivazione del canale Muzza) e le dighe di S. Anna e aree fortemente antropizzate. In questo tratto i prelievi Rusca. idrici sono finalizzati sia all’irrigazione che alla produ- Nel tratto finale (ADS5, ADS6 e ADS7), la presenza zione di energia idroelettrica ma, nonostante queste di aree destinate all’agricoltura intensiva e alle attività derivazioni, gli apporti di acqua dalla falda ed il rilascio zootecniche genera un carico inquinante diffuso che si da parte delle opere di derivazione di acqua a favore somma a quello puntiforme dovuto ai reflui civili. Le delle concessioni presenti più a valle, in alcune sezioni derivazioni che interessano questo tratto sono princi- (ADS4) garantiscono la presenza in alveo di portate palmente a scopo irriguo (canale Vacchelli), quindi più

Fig. 1. Mappa delle 11 stazioni di monitoraggio sui fiumi Adda e Ticino. Oltre ai siti di campionamento, sono indicate le grandi derivazioni (linee orizzontali) e gli ingressi dei reflui provenienti dai principali depuratori (cerchi).

Tab. I. Caratterizzazione geografica delle 11 stazioni di monitoraggio dei fiumi Adda e Ticino. corso d’acqua codice stazione comune distanza dal lago (km) codice corpo idrico ADS1 Medolago (BG) 19 N00800110lo ADS2 Vaprio d’Adda (MI) 31 ADS3 Fara Gera d’Adda (BG) 38 N00800111lo Adda ADS4 Rivolta d’Adda (CR) 47 ADS5 Comazzo (LO) 56 N00800112lo ADS6 Boffalora d’Adda (LO) 65 ADS7 Montanaso L. (LO) 67 TIC1 Somma Lombardo (VA) 16 TIC2 Vizzola Ticino (VA) 23 N0080982ir Ticino TIC3 Lonate Pozzolo (VA) 29 TIC4 Turbigo (MI) 54 N0080983ir

Lavori originali 28 SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati intense nel periodo estivo, durante il quale, tuttavia, la valori di riferimento generici relativi all’area geografica presenza del solo DMV in alveo è stata registrata Centrale, macrotipo fluviale C (D.M. 260/2010) e per generalmente per brevi periodi. il calcolo dell’ISECI la lista faunistica relativa alla Per quanto riguarda il fiume Ticino, il tratto studiato Regione Padana, zona zoogeografico-ecologica II è quasi interamente sotteso a un’unica sezione da cui si (zona dei Ciprinidi a deposizione litofila) (Zerunian et diramano più derivazioni (tra cui il canale Villoresi e il al., 2009). canale Industriale), che nel periodo di studio hanno determinato un andamento delle portate caratterizzato RISULTATI E DISCUSSIONE da lunghi periodi di solo DMV intervallati a periodi con portate superiori, spesso coincidenti con le morbide Diatomee (ICMi) (TIC1, TIC2 e TIC3). La stazione TIC4 è localizzata a Le comunità diatomiche rinvenute nei due corsi valle della derivazione a carico del Naviglio Langosco. d’acqua hanno mostrato valori di ricchezza elevati Il territorio in cui sono inseriti i tratti di studio è (39±8 specie nel fiume Adda, 30±6 nel fiume Ticino), caratterizzato prevalentemente da aree boscate. Si se- tipici del tratto intermedio dei corsi d’acqua (Molloy, gnala tuttavia lo scarico del depuratore di Somma 1992). Le specie generalmente dominanti sono Ach- Lombardo, a monte della stazione TIC1. nanthidium minutissimum (Kützing) Czarnecki, Coc- Entrambi i tratti dei corsi d’acqua studiati sono coneis placentula Ehrenberg, Reimeria sinuata (Gre- oggetto di pesca dilettantistica, con conseguenti possi- gory) Kociolek Stoermer e Mayamaea atomus var bili alterazioni quali-quantitative della comunità ittica permitis (Hustedt) Lange-Bertalot. naturale dovute a prelievo alieutico, ripopolamenti e Il numero di specie, soprattutto nel fiume Adda, è introduzione di specie esotiche. risultato minore nei campioni raccolti in giugno-luglio Per entrambi i corsi d’acqua, l’intero tratto oggetto (33±6) rispetto a quelli di agosto-settembre (43±6), di studio ricade all’interno di aree protette; per quanto probabilmente in relazione al maggiore sviluppo della riguarda l’Adda: il Parco Adda Nord, il Parco Adda comunità col protrarsi della stagione estiva e con Sud, oltre ai Siti d’Importanza Comunitaria (SIC) Bo- l’allontanarsi dai periodi di morbida primaverili. Que- schi e Lanca di Comazzo e Spiagge Fluviali di Boffa- st’aumento di ricchezza è accompagnato da un gene- lora; sul fiume Ticino: il Parco Lombardo della Valle rale cambiamento della struttura tassonomica della del Ticino, il Parco Naturale Valle del Ticino, oltre alla comunità. Dai dati raccolti è emerso che, nei corsi ZPS Boschi del Ticino, ai SIC Ansa di Castelnovate e d’acqua studiati, caratterizzati da una forte stagionalità Turbigaccio, Boschi di Castelletto e Lanca di Bernate dei regimi termici e idrologici, la struttura delle comu- e al SIC e ZPS Valle del Ticino. nità differisce maggiormente tra campioni raccolti du- rante lo stesso anno in periodi differenti che tra cam- Campionamenti e analisi dei dati pioni raccolti in anni differenti durante lo stesso perio- Durante gli anni 2010-2012 in tutte le stazioni loca- do (Fig. 2a). lizzate in entrambi i fiumi sono stati raccolti mensil- Nonostante il D.M. 260/2010 preveda l’esecuzione mente campioni d’acqua per le analisi chimico-fisiche, di più campionamenti durante l’anno per cogliere tali stagionalmente campioni di macroinvertebrati, all’ini- differenze e per descrivere con accuratezza le struttu- zio e alla fine dell’estate campioni di diatomee e macro- re delle comunità diatomiche, i valori dell’indice ICMi fite; sono stati inoltre condotti annualmente rilievi della nei due periodi di campionamento non presentano una fauna ittica. significativa variazione (Fig. 2b). Questo fatto, se da Per quanto riguarda le macrofite acquatiche e i un lato garantisce l’indipendenza dell’indice da fattori pesci non è stato talvolta possibile condurre i campio- di disturbo naturali, dall’altro può riflettere una bassa namenti secondo le frequenze previste dal D.M. 260/ sensibilità del metodo a rilevare modifiche anche im- 2010 a causa delle elevate portate in alveo. Per le portanti della struttura tassonomica delle comunità modalità di campionamento e analisi dei campioni sono dovute a una modifica del regime idraulico. stati applicati i protocolli APAT (2007). Ai fini di una corretta definizione dello stato dei Gli indici per la definizione dello stato ecologico corsi d’acqua è fondamentale l’adeguatezza al conte- sono stati calcolati in accordo con le indicazioni fornite sto locale delle liste floristiche utilizzate per il calcolo nel D.M. 260/2010 (Mancini e Sollazzo, 2009; AN- dell’indice. Nel presente studio sono state registrate 13 FOR, 2003; Minciardi et al., 2009; Buffagni et al., specie (Tab. II) non incluse nella lista floristica di 2008; Zerunian et al., 2009). Poiché i fiumi a valle dei riferimento (Mancini e Sollazzo, 2009). La presenza di grandi laghi sono ad oggi privi di specifici riferimenti una o più di queste specie è stata rinvenuta in diversi relativi alle loro condizioni naturali, per il calcolo degli siti, talvolta anche con abbondanze rilevanti. Ad esem- indici ICMi, IBMR e STAR_ICMi sono stati utilizzati i pio nel tratto di fiume Adda poco a valle del Lago di

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Como (ADS1) la presenza di Cyclotella comensis (Gru- quella predisposta all’interno del programma Omnidia now), specie tipica di ambienti lentici (Marchetto e (Lecointe et al., 1993). Questa banca dati, infatti, Bettinetti, 1995), è risultata abbondante, fino a rappre- sebbene di grande utilità, non rappresenta un riferi- sentare il 51% della comunità nell’agosto 2011. È mento attualmente previsto a livello normativo. evidente come la non inclusione di tale specie nel Premesse alcune criticità nella sua applicazione, calcolo dell’indice ICMi in questo caso abbia portato a l’indice ICMi ha portato alla definizione di uno stato una valutazione parziale della reale condizione della elevato per le comunità diatomiche dei fiumi Adda e comunità, in quanto non è stata considerata la specie Ticino nell’80% dei casi. Con riferimento alla specifi- dominante. cità di questa metrica a rilevare situazioni di alterata È pertanto auspicabile un adeguamento delle liste trofia delle acque, è da osservare che nell’Adda, nono- floristiche, integrando le informazioni mancanti con stante la concentrazione dell’azoto totale (1,71 ± 0,52 quelle presenti in letteratura e in banche dati come mg/L) rispecchi uno stato generalmente eutrofico delle

(a) (b) Fig. 2. Variabilità della struttura della comunità diatomica in Adda e Ticino tra diversi anni e tra diverse stagioni di campionamento (inizio estate vs fine estate), valutata tramite il valore dell’indice di Bray-Curtis (a); variabilità nei valori dell’indice ICMi tra diverse stagioni di campionamento (b).

Tab. II. Specie di diatomee rinvenute nelle 11 stazioni di monitoraggio non incluse nella lista per il calcolo dell’ICMi (+ = specie osservata, ma non rientrante nei conteggi).

Specie n° di campioni % in cui è stata rinvenuta massima Aulacoseira islandica (O.Müller) Simonsen 2 + Aulacoseira granulata (Ehremberg) Simonsen 1 0,5 Cyclotella comensis Grunow 31 50,9 Cyclotella cyclopuncta Håkansson e J.R.Carter 3 1,0 Cymbella affiniformis Krammer 1 0,2 Cymbella excisa Kützing 22 5,9 Encyonema ventricosum (Agarth) Grunow 4 0,2 Encyonopsis subminuta (Krammer e Reichardt) 1 0,2 Gomphonema insigne Gregory 1 0,2 Navicula caterva Hohn e Hellermann 1 1,9 Navicula rotunda Hustedt 1 0,5 Navicula submolesta Hustedt 1 0,5 Nitzschia perminuta (Grunow) M Peragallo 3 1,4 Placoneis gastrum (Ehremberg) Kutzing var gastrum 2 0,5

Lavori originali 30 SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati acque (Dodds et al., 1998), di probabile origine antro- pica, l’indice diatomico (0,89 ± 0,13) segnala una qualità perlopiù elevata. Sia la possibile inadeguatezza delle liste floristiche a specifiche condizioni locali che una generale tendenza dell’indice a sovrastimare lo stato ecologico erano già state evidenziate e approfondite da Falasco et al. (2012) in diversi macrotipi fluviali. Infine, è necessario evidenziare l’elevato grado di preparazione in materia di determinazione tassonomica necessario per l’analisi al microscopio dei campioni algali, dovuto anche alla frequente revisione delle unità tassonomiche. Ciò rende questo indicatore uno stru- mento poco idoneo all’applicazione diffusa e alla rapi- da valutazione dello stato di qualità. Fig. 3. Ambito di copertura macrofitica in aree caratterizzate prevalentemente da ciottoli di medie e grandi dimensioni e in aree Macrofite (IBMR) caratterizzate da ghiaia grossolana e ciottoli di medie dimensioni. Le comunità macrofitiche rinvenute nei fiumi Adda e Ticino sono risultate composte prevalentemente da macroalghe filamentose, appartenenti ai generi Cla- 45%, sono risultate generalmente confinate alle aree dophora, Spirogyra e Oedogonium e da fanerogame, laterali o a tratti fluviali con tirante idraulico costante- sia strettamente idrofite, principalmente appartenenti a mente basso. La dominanza da parte di pochi generi specie del genere Ranunculus e a Vallisneria spiralis algali è stata osservata anche da Bolpagni et al. (2012) L., che non, come Rorippa amphibia (L.) Besser e per il fiume Oglio sublacuale. Questi Autori hanno alcune graminoidi (Poaceae e Cyperaceae). Lo svilup- evidenziato come la banalizzazione della comunità ma- po della componente muscinale è risultato ridotto e crofitica possa essere spiegata da un’elevata disponibi- ristretto solo ad alcuni tratti del fiume Adda in cui è lità di nutrienti; tuttavia, nei fiumi Adda e Ticino, stata rinvenuta prevalentemente Fontinalis antipireti- caratterizzati da una migliore qualità delle acque, appa- ca Hedw. In termini generali lo sviluppo, la struttura e re determinante il ruolo svolto dall’instabilità fisica la ricchezza delle comunità sono risultate variabili sia a degli habitat acquatici. Nei casi studiati, la limitazione livello spaziale che temporale. In particolare, ridotte dello sviluppo delle comunità dovuta a tale instabilità è coperture sono state osservate in corrispondenza di risultata tanto rilevante da non consentire di condurre aree caratterizzate dai substrati più movibili (ghiaia e in tutti i tratti entrambi i campionamenti annuali previsti piccoli ciottoli; Fig. 3) e da un idrogramma particolar- dalla metodica (all’inizio e alla fine dell’estate; APAT, mente variabile (sul fiume Adda da ADS4 ad ADS7). 2007). In particolare, la copertura macrofitica sull’Ad- Uno scarso sviluppo della vegetazione è stato osserva- da è risultata sempre inferiore al 5% nella prima parte to, come prevedibile, nei campionamenti eseguiti suc- dell’estate (dopo le morbide primaverili); questo anda- cessivamente ai periodi di morbida; gli effetti di tali mento, osservato anche sul fiume Ticino nel 2010 e eventi idrologici sono stati osservati anche a distanza nel 2012, è risultato disatteso nel 2011, anno in cui di alcune settimane (Fig. 4). L’importanza di fattori l’arrivo ritardato delle morbide ha favorito lo sviluppo quali la velocità della corrente (e la sua variabilità) e la di una copertura mediamente maggiore nella prima granulometria del substrato (e quindi la sua mobilità) parte dell’estate rispetto alla seconda (Fig. 4). È inte- nella determinazione delle biocenosi macrofitiche è già ressante notare come, a fronte di una copertura preva- stata evidenziata in diversi ambiti territoriali sia a livello lentemente condizionata dalle dinamiche della portata nazionale (Minciardi et al., 2010) che internazionale in alveo, la ricchezza tassonomica della comunità vari (Clarke e Wharton, 1998; Biggs, 1996). maggiormente in relazione alla stagione, con un au- La forte dominanza delle alghe (90±22%) e, tra mento del numero delle unità sistematiche rinvenute queste, la presenza di unità sistematiche generaliste (soprattutto per quanto riguarda le fanerogame) tra il come Cladophora sp. e Spirogyra sp. (Dodds e Gud- primo e il secondo campionamento (Fig. 4). der, 1992; Cambra e Aboal, 1992) all’interno della A causa della scarsa copertura (inferiore al 5%), comunità macrofitica mette in luce l’inospitalità delle dovuta alle condizioni idromorfologiche limitanti, in tipologie fluviali campionate per organismi che richie- molti casi l’indice IBMR non è risultato applicabile, dono stabilità idraulica e di substrato. Le fanerogame, impedendo di fatto l’utilizzo del bioindicatore data la rinvenute sempre con coperture relative inferiori al mancanza di continuità nei dati.

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(a) (b)

(c)

Fig. 4. Sviluppo della comunità macrofitica (media + ds) sul fiume Ticino dal punto di vista della copertura (a) e della ricchezza in taxa (b) nel 2011, prima e dopo le portate di morbida (c).

Anche nei casi in cui la copertura ha superato la stagionali della densità dei gruppi tassonomici campio- soglia minima del 5%, l’utilizzo di questa componente nati, riconducibili in parte ai naturali cicli vitali di biologica ai fini della determinazione dello stato ecolo- alcune specie, ad esempio di Chironomidae e Simulii- gico del corso d’acqua è apparso poco idoneo in dae (Gendron e Laville, 1992; Werner, 2003). I valori quanto da un lato l’effetto negativo dato dalla mobilità più elevati di densità generalmente sono stati rilevati a del substrato non segnala necessariamente uno scosta- fine inverno-inizio primavera e sono da imputare all’in- mento da una condizione di naturalità, dall’altro l’effet- cremento di alcune famiglie come Chironomidae o to positivo indotto sullo sviluppo di queste comunità Ephemerellidae. biologiche da parte di portate costantemente basse, in Tali variazioni a carico della struttura delle comunità relazione ai prelievi idrici in atto, non può essere inter- non vengono rilevate dall’indice STAR_ICMi, che pre- pretato come una condizione per il buono stato ecolo- senta valori simili in campioni caratterizzati da densità gico del corso d’acqua. differenti anche di un ordine di grandezza. Questo indice tiene infatti poco conto della densità complessi- Macroinvertebrati bentonici (STAR_ICMi) va della comunità bentonica, in quanto tutte le met- Sia nel fiume Adda che nel Ticino le comunità di riche che lo compongono fanno riferimento al numero macroinvertebrati bentonici sono risultate tassonomi- di famiglie o all’abbondanza relativa, non all’abbondanza camente ricche e composte principalmente da indivi- assoluta, fatta eccezione per il sottoindice dui appartenenti alle famiglie Chironomidae, Hydrop- log10(sel_EPTD+1). Poiché la densità è fortemente sychidae, Ephemerellidae (Ephemerella) e Baetidae influenzata dalle condizioni idrauliche determinate dalle (Baetis), con locali e temporanee densità elevate di portate fluenti (Jowett, 2003), lo STAR_ICMi risulta altre unità sistematiche. poco adatto a rilevare i principali effetti ambientali In tutte le stazioni sono state osservate variazioni determinati dalle variazioni di portata, siano esse di

Lavori originali 32 SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati origine naturale o antropica. Questo da un lato garan- rate, spesso con frequenza e densità molto basse, tisce che lo stato di qualità della comunità macroben- anche in stazioni caratterizzate da una buona naturalità tonica non risulti mascherato dagli effetti indotti dalle complessiva (es. TIC3). Questo aspetto determina naturali variazioni di portata, dall’altro comporta un’ampia variabilità nei valori della metrica, che in un’incapacità nel rilevare alcuni fenomeni di perturbazi- alcuni casi può risultare pari a zero, influendo negati- one che determinano come risposta variazioni di densità vamente sul valore finale dello STAR_ICMi. L’assenza (come il drift catastrofico legato al trasporto di materi- di alcune famiglie nei tratti campionati potrebbe essere ale solido in sospensione o a fenomeni di hydropeaking, determinata in parte dalla natura del metodo di campio- Suren e Jowett, 2001; Mochizuki et al., 2008). namento multihabitat proporzionale (APAT, 2007), Per come è strutturato, lo STAR_ICMi è idoneo a che trascura microambienti percentualmente poco ri- rilevare specifiche alterazioni della qualità chimica delle levanti dal punto di vista spaziale, ma importanti per la acque, in quanto l’indice di tolleranza all’inquinamento diversità complessiva della comunità bentonica, come organico ASPT riveste il peso maggiore (33,3%) tra le le zone litorali lentiche, a sedimento fine e con abbon- sei sottometriche che lo compongono. Scarso peso è dante vegetazione: ad esempio, la famiglia dei Bra- dato invece al grado di equiripartizione della comunità: chycentridae potrebbe non essere mai stata rilevata in l’unica metrica che ne tiene conto è Shannon-Wiener, quanto strettamente associata alla componente macro- con un peso dell’8,3%. fitica dei corsi d’acqua (Buffagni et al., 2000), che, Anche la metrica log10(sel_EPTD+1), con un peso come descritto precedentemente, è presente solo in un del 26,6% sul giudizio finale di qualità, presenta delle arco temporale limitato nel corso dell’anno e con criticità: solo metà delle 14 famiglie considerate per il percentuali quasi sempre al di sotto della soglia del suo calcolo è stata rinvenuta nelle 11 stazioni monito- 10% prevista dal protocollo.

Fig. 5. Andamento della densità, del numero di famiglie, dell’EPT e dello STAR_ICMi nelle sette stazioni dell’Adda da monte a valle.

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I valori relativi alle metriche n° di famiglie ed EPT, to un abbassamento del giudizio di qualità anche di una così come la densità, seguono un gradiente longitudi- classe. nale nel fiume Adda (Fig. 5); ciò è in parte giustificato Sarebbe quindi opportuno standardizzare i metodi di dalla naturale articolazione strutturale delle comunità smistamento al fine di assicurare la comparabilità dei macrobentoniche (così come descritto dal river conti- dati e la loro rappresentatività nei confronti delle co- nuum concept, Vannote et al., 1980). L’utilizzo degli munità campionate. A tale proposito, la metodica AQEM stessi valori di riferimento nel caso di queste ultime (AQEM Consortium, 2002) può essere considerata un due metriche, non tenendo conto di questa forte varia- buon compromesso tra i diversi approcci in uso. bilità, appare quindi inadeguato per il contesto speri- mentale in studio. La debole diminuzione dei valori Fauna ittica (ISECI) dell’indice STAR_ICMi (Fig. 5) lungo l’asta sottolinea Nei tratti studiati dell’Adda e del Ticino sono state lo scarso peso di queste due metriche. rilevate comunità ittiche generalmente caratterizzate da Un’ultima considerazione riguarda il protocollo di un buon numero di specie, fino a un massimo di 30. campionamento: sebbene la natura quantitativa dell’in- Per limitare la sottostima dell’abbondanza delle specie dice STAR_ICMi preveda la definizione di un numero e degli stadi vitali più elusivi, la definizione delle strut- esatto di individui raccolti, a livello nazionale le tecni- ture delle comunità è avvenuta tramite la combinazione che di smistamento non sono ancora omogenee tra i dei risultati ottenuti da più campionamenti semiquanti- diversi laboratori, prevedendo talvolta la conta totale tativi eseguiti con diverse tecniche (elettropesca e (adottata in questo studio), talvolta sistemi di stima o osservazioni subacquee). Dai censimenti è emersa una subcampionamento di vario tipo. Eventuali differenze comunità ittica composta principalmente da Ciprinidi di valutazione tra le diverse tecniche adottate possono reofili, quali soprattutto vairone (Leuciscus souffia portare a definire comunità caratterizzate da abbon- Risso), sanguinerola (Phoxinus phoxinus L.), caveda- danza e ricchezza differenti, con variazioni significati- no (Leuciscus cephalus L.) e barbo (comune e d’oltral- ve per le famiglie caratterizzate da pochi individui pe – Barbus plebejus Bonaparte, B. barbus L.) e da (definite come drift nell’Indice Biotico Esteso – APAT, specie bentoniche di piccola taglia, quali ghiozzo (Pa- 2003). Ciò influisce sul valore di metriche quali n° di dogobius martensii Gunther), cobite (Cobitis bilineata famiglie, EPT e log10 (sel_EPTD+1) e di conseguen- Canestrini) e scazzone (Cottus gobio L.). Nell’Adda, za sul valore finale di STAR_ICMi, come rappresenta- tra le specie di maggiore interesse dal punto vista to in figura 6. In alcuni casi, non considerando le naturalistico e conservazionistico (Allegato II della famiglie costituite da un solo individuo è stato osserva- Direttiva Habitat 92/43/CEE), si segnala la presenza

Fig. 6. Scostamento dei valori relativi a n° di famiglie, EPT e STAR_ICMi rispetto al valore calcolato per l’intero campione, rimuovendo artificiosamente le famiglie composte da bassi numeri di individui (da 1 a 10 individui/m2). Analisi condotta su campioni del fiume Ticino (sito TIC1).

Lavori originali 34 SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati abbondante e pressoché ubiquitaria del vairone, signi- avviare il percorso tecnico-amministrativo, previsto ficativa dello scazzone e della trota marmorata (Salmo dal D.M. 260/2010, per rivedere le comunità ittiche di trutta marmoratus Cuv.), sporadica dello storione co- riferimento. bice (Acipenser naccarii Bonaparte), della lasca (Chon- Occorre infine sottolineare il peso fortemente nega- drostoma genei Bonaparte), del pigo (Rutilus pigus tivo dato dall’ISECI alla presenza di individui, puri o Lacepède) e della savetta (Chondrostoma soetta Bona- ibridi, appartenenti a specie esotiche: questa scelta, da parte), mentre il barbo comune risente in modo pesan- un lato meritevole di prendere in considerazione te della diffusione del barbo d’oltralpe. Nel Ticino, l’“inquinamento biologico”, dall’altro porta spesso a all’interno del tratto studiato, è stata invece rilevata declassare lo stato complessivo di tratti di corsi d’ac- l’assenza di Salmonidi e della lasca e la ridottissima qua unicamente per la presenza di queste entità (anche presenza di specie autoctone dall’elevato valore fauni- se rappresentate da un basso numero di individui). Nel stico quali la savetta e il pigo. caso dei tratti di Ticino e Adda campionati questo è Circa un quarto delle specie catturate risulta di avvenuto in 4 casi su 11 (Tab. III). origine alloctona e tra queste le più abbondanti sono Dalle criticità sopra esposte risulta evidente come, rodeo amaro (Rhodeus sericeus amarus Bloch), barbo nel caso in studio, l’ISECI non sia uno strumento europeo, gardon (Rutilus rutilus L.) e siluro (Silurus idoneo per il monitoraggio degli effetti indotti sulla glanis L.). Nella maggior parte dei tratti indagati, circa fauna ittica dalle variazioni artificiali delle portate; ana- metà delle specie autoctone rilevate non sono conside- lisi su singole popolazioni di specie sensibili alle condi- rate nella lista faunistica utilizzata per il calcolo dell’in- zioni idromorfologiche forniscono in tal senso infor- dice ISECI. Ciò ha portato quindi a un’evidente sotto- mazioni maggiormente significative. stima del valore naturalistico potenzialmente esprimibi- le dai popolamenti ittici studiati. Come già evidenziato Parametri fisico-chimici (LIMeco) da altri Autori (Forneris et al., 2010; Zerunian, 2012), Il giudizio di qualità derivante dall’applicazione del- uno dei principali limiti di applicabilità dell’indice è l’indice LIMeco è risultato generalmente superiore a legato infatti agli elenchi di specie di riferimento per quello definito dagli indici biologici ad eccezione del- singola comunità attesa forniti dal D.M. 260/2010. Nei l’ICMi (in questo caso solo nel 18% dei casi il valore corsi d’acqua studiati la lista trascura specie di rilevan- medio annuo dei due indici ha portato a giudizi di te valore ecologico e naturalistico native dei fiumi qualità differenti). Lo stato di qualità definito per i due sublacuali della Pianura Padana. Questi fiumi, posse- corsi d’acqua a livello medio annuo è risultato elevato dendo caratteristiche ambientali molto eterogenee, con- per tutte le stazioni monitorate e per tutti gli anni di sentono la presenza non solo delle specie incluse nella studio ad eccezione di tre casi. zona dei Ciprinidi a deposizione litofila (utilizzata per il Come nel caso dell’ICMi, si ritiene che tale indice calcolo dell’indice in questo ambito), ma anche alcune sovrastimi l’effettivo stato di qualità; ciò è probabil- di quelle tipiche della zona a Salmonidi (temolo – mente dovuto sia all’assenza nel suo calcolo di impor- Thymallus thymallus L.– e scazzone) e della zona dei tanti descrittori (quali BOD5 e COD, presenti invece Ciprinidi fitofili (savetta, pigo, alborella –Alburnus al- nel precedente LIM) che alla scelta di limiti inadeguati burnus alborella De Filippi–, storione cobice). Queste per le classi di qualità. considerazioni portano a ritenere che, con lo stato Per quanto concerne la misura del deficit di ossige- attuale delle liste faunistiche di riferimento, l’utilizzo no, bisogna sottolineare che, ad eccezione di situazioni dell’ISECI in contesti fluviali come quelli studiati risulti fortemente compromesse, raramente il suo valore me- ad oggi poco appropriato e sottolineano la necessità di dio giornaliero risulta allontanarsi più di 20 punti rispet-

Tab. III. Stato ecologico delle 11 stazioni dei fiumi Adda e Ticino: i giudizi di qualità di ciascun indicatore corrispondono al valore medio ottenuto dai campionamenti eseguiti su tre anni consecutivi (2010-2012) (bianco = stato elevato; grigio chiaro = stato buono; grigio scuro = stato sufficiente). ADS1 ADS2 ADS3 ADS4 ADS5 ADS6 ADS7 TIC1 TIC2 TIC3 TIC4 ICMi 0,97 0,91 0,87 0,95 0,97 0,83 0,72 1,09 1,14 1,18 1,09 IBMR 0,79 0,90 0,85 1,12 0,94 0,73 0,77 0,81 0,82 0,82 0,82 STAR_ICMi 0,93 0,94 0,84 0,84 0,81 0,76 0,74 0,85 0,81 0,84 0,82 ISECI 0,59 0,64 0,68 0,81 0,68 0,55 - 0,63 0,63 0,55 0,55

LIMeco 0,82 0,72 0,65 0,74 0,75 0,69 0,68 0,82 0,79 0,82 0,73 Stato sufficiente buono buono buono buono sufficiente sufficiente buono buono sufficiente sufficiente ecologico

Lavori originali SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati 35 to alla saturazione (facendo così rientrare il parametro in parte alla presenza di gradienti di qualità non facil- nel livello 3). Tale scostamento è stato misurato solo mente imbrigliabili in una visione discretizzata del si- temporaneamente in estate, nei momenti che rappre- stema fluviale (si pensi allo scadimento derivante dalla sentano gli estremi del ciclo circadiano dell’ossigeno, presenza di carichi inquinanti diffusi). cioè durante la notte (valore minimo) e nel pomeriggio (valore massimo). A tal proposito risulta interessante CONCLUSIONI notare l’assenza di indicazioni ufficiali sugli orari in cui I corsi d’acqua oggetto di studio sono strategici a eseguire le misure ai fini del calcolo dell’indice. Data la livello nazionale per la produzione di energia idroelettri- forte variabilità circadiana di questo parametro, so- ca e per l’irrigazione di vaste aree agricole del nord prattutto nel periodo estivo, il giudizio conseguente Italia; nondimeno derivazioni idriche non regolamenta- può infatti variare. I dati utilizzati nel presente studio te operate per queste finalità possono risultare in con- sono stati quindi raccolti, come appare raccomandabi- flitto con la valenza naturalistica degli ambienti fluviali, le, sempre durante la mattinata, in condizioni che si collocati in aree protette, e gli obiettivi di qualità posti possono considerare intermedie tra quelle che possono dalla Direttiva Quadro europea. Per superare tale criti- essere osservate nelle 24 ore. cità, nella redazione dei Piani di Bacino sono state individuate soglie di derivazione che possono essere Stato Ecologico dei corsi d’acqua oggetto di ridefinizioni sito-specifiche in seguito ad In tabella III è riportato lo stato ecologico delle 11 opportune sperimentazioni. In questa ottica sperimen- stazioni monitorate sui fiumi Adda e Ticino, corrispon- tale, risulta fondamentale che gli strumenti di monito- dente al peggiore tra i giudizi di qualità relativi ai diversi raggio adottati siano realmente adeguati alla valutazio- indici. ne degli effetti ambientali dei deflussi proposti, al fine In molti casi l’IBMR o l’ISECI hanno determinato il di rispettare gli obiettivi di qualità della WFD. giudizio finale, il quale risulta quindi influenzato dalle In tale contesto il presente lavoro ha permesso di problematiche specifiche di questi due indici, già pre- evidenziare alcune criticità del sistema di monitoraggio cedentemente esposte. È inoltre emersa spesso un’in- definito dal D.M. 260/2010, applicato in un ambito congruenza tra i giudizi definiti dai diversi indici, anche sperimentale particolarmente articolato dal punto di quelli formulati per rilevare perturbazioni di natura vista dei rilasci ed inserito in un contesto ambientale similare (ICMi, IBMR e LIMeco). eterogeneo e soggetto a pressioni multiple. Come già sottolineato in ambito internazionale e Nella valutazione dei dati raccolti è emersa la neces- nazionale (Hering et al., 2010; Nardini et al., 2008), il sità di riconsiderare alcuni degli indici associati agli criterio adottato dalla WFD del caso peggiore per la indicatori previsti dalla WFD. Per fare ciò è necessaria definizione dello stato ecologico appare critico, in par- anzitutto una riflessione sull’adeguatezza dell’approc- ticolare in questo momento in cui gli indici adottati non cio adottato per rispondere alla richiesta finale della sono ancora in grado di dare valutazioni del tutto WFD: il mantenimento/raggiungimento del GES. Lo corrette. Un suo utilizzo in contesti caratterizzati da stato ecologico di un sistema è legato, infatti, oltre che pressioni ambientali multiple può creare una distorsio- alle sue strutture biologiche e fisiche, alla sua funzio- ne nella comprensione del sistema in studio e portare nalità (definita dai processi e dalle interazioni che inter- ad allocare in modo errato le risorse destinate alla corrono tra le diverse componenti biotiche e abiotiche riqualificazione ambientale. ambientali del corpo idrico). Per tenere in considera- Riteniamo che la proposta metodologica Fluvial Eco- zione entrambi gli aspetti è possibile seguire due diversi system Assessment (FLEA, elaborata da Nardini et approcci: (i) uno studio approfondito delle componenti al., 2008), basata su un sistema di aggregazione degli strutturali biologiche, per le quali sono note le implica- indicatori integrato e ponderato (criterio di compensa- zioni funzionali sull’ecosistema delle modificazioni a zione), sia un buon esempio dei possibili criteri da loro carico o (ii) lo studio diretto della funzionalità utilizzare per superare le criticità segnalate. fluviale talvolta definita come metabolismo fluviale Un’ultima considerazione riguarda la valutazione dello (Gessner e Chauvet, 2002; Young et al., 2008). stato per singoli corpi idrici: alcune delle 11 stazioni Poiché la WFD si è indirizzata sullo sviluppo del campionate in questo studio fanno parte del medesimo primo tipo di approccio, risulta quantomeno necessa- corpo idrico (Tab. I). Tuttavia, i giudizi sullo stato ria l’individuazione di un quadro di indicatori e relativi ecologico ad esse assegnati all’interno di uno stesso indici realmente esaustivo dello stato ecologico del corpo idrico sono talvolta differenti (Tab. III). Questo corso d’acqua. Relativamente a questo aspetto si sot- fatto, di cui è utile tenere conto nella valutazione dello tolinea come il rapporto tra struttura delle comunità ed stato ecologico dei singoli corpi idrici, potrebbe essere implicazioni funzionali sull’ecosistema risulti attual- legato in parte ad una suddivisione ancora migliorabile, mente documentato nella letteratura internazionale li-

Lavori originali 36 SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati mitatamente alle macrofite (Demars et al., 2012a) e ai cazione acritica degli strumenti di monitoraggio previ- macroinvertebrati bentonici (Extence et al., 1999; Ar- sti dalla normativa può portare talora ad attribuire manini et al., 2011; Demars et al., 2012b). Dall’espe- giudizi poco realistici a determinati tratti di corsi d’ac- rienza sperimentale eseguita per Adda e Ticino e come qua, impedendo di individuare le azioni di risanamento osservato anche da altri Autori (i.e. Codarin et al., più adeguate ad ogni situazione locale. 2012) è possibile rilevare come gli indici biologici Un’altra rilevante criticità per i grandi fiumi di pia- previsti dalla normativa siano più indirizzati a segnalare nura riguarda la mancanza di una definizione delle alterazioni di tipo chimico, rispetto alle alterazioni di condizioni di riferimento specifiche per il calcolo degli tipo idraulico o morfologico, spesso rilevanti se non RQE. Tali condizioni, in assenza di siti privi di altera- prevalenti all’interno di molti corpi idrici nazionali. È zione di origine antropica, potrebbero essere stabilite a da notare che anche nel caso di componenti biologiche partire dallo studio delle comunità rilevate nei siti meno per le quali è riconosciuta in ambito scientifico una impattati, privilegiando quindi la scelta di siti apparte- particolare sensibilità alle condizioni idrauliche, come nenti alla medesima tipologia fluviale rispetto a quella di nel caso delle macrofite, il loro utilizzo così come siti perfettamente imperturbati ma geograficamente formulato da molti indici sviluppati a livello internazio- poco comparabili con quelli oggetto di studio. nale non ne permette un uso in tal senso (Demars et I problemi e le criticità nell’attuazione della WFD al., 2012a). rilevati sui fiumi Adda e Ticino rappresentano esempi Il sistema di monitoraggio previsto dal D.M. 260/ eclatanti della necessità di perfezionare il sistema di 2010 nell’ambito delle sperimentazioni del DMV nel monitoraggio, anche per renderlo informativo e di complesso si è rivelato inadeguato, sia per l’impianto indirizzo per la messa in opera, dove necessario, di generale stabilito dalla WFD, la cui finalità non è specifiche azioni di recupero dello stato ecologico. l’individuazione di specifiche pressioni ambientali, bensì dello stato ecologico complessivo del corpo idrico, RINGRAZIAMENTI così come emerge dall’insieme delle perturbazioni in Questa ricerca è stata realizzata nell’ambito di due progetti di atto, che per i già citati limiti degli indici nel rilevamen- sperimentazione del DMV sui fiumi Adda e Ticino, finanziati, to di alterazioni idrologiche. L’esperienza acquisita rispettivamente, dal Consorzio dell’Adda e dal Consorzio del durante il presente studio porta a rilevare che un’appli- Ticino.

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Lavori originali SALMASO et al. - Monitoraggio (D.M. 260/2010) in fiumi di pianura regolati 37

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Lavori originali

Biologia Ambientale, 28 (1): 39-56, 2014

Riflessioni sull’applicazione degli indici di valutazione dello stato delle comunità ittiche in Piemonte

Gilberto Forneris1, Fabrizio Merati2, Massimo Pascale3, Gian Carlo Perosino3 1 Dip. di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia dell’Università di Torino. Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (To). 2 Studio Idrobiologico Lombardo. Via Einstein, 24 – 20083 Gaggiano (Mi). 3 C.R.E.S.T., Centro Ricerche in Ecologia e Scienze del Territorio. Via Caprera, 15 – 10136 Torino. * Referente per la corrispondenza: [email protected] Pervenuto il 27.8.2013; accettato il 23.10.2013

Riassunto In Piemonte sono state recentemente effettuate importanti campagne di monitoraggio dell’ittiofauna, insieme a quelle finalizzate alla classificazione della qualità dei corsi d’acqua ai sensi del D.Lgs. 152/99 fino al 2008 e del D.Lgs. 152/06 a partire dall’anno 2009. Si dispone quindi di un ricco insieme di dati per effettuare efficaci analisi sui metodi di valutazione di stato dell’elemento EQB “pesci” previsto dalla Direttiva 2000/60/CE. In particolare sono state applicate le metodologie dell’Indice dello Stato Ecologico delle Comunità Ittiche e dell’Indice Ittico, nelle loro più recenti versioni, sulla base degli esiti dei campionamenti dell’ittiofauna effettuati, nel 2009, su 428 stazioni delle nuove reti regionale e provinciali. Sono risultate evidenti difficoltà nell’applicazione di tali metodi, in particolare per i corsi d’acqua montani, popolati unicamente da salmonidi di immissione e per gli ambienti dominati dalle specie alloctone. Ulteriori problemi sono emersi in relazione ai recenti aggiornamenti della sistematica dei Pesci.

PAROLE CHIAVE: indici ittici / torrenti montani / fauna alloctona / sistematica dei pesci

Considerations about the application of the indexes of assessment of the state of ichthyic communities in Piedmont (NW-Italy) In the frame of the monitoring campaigns recently undertaken in Piedmont for the classification of the water rivers quality, according with D.Lgs. 152/99 upon 2008 and D.Lgs. 152/06 starting from the 2009, several ichthyofauna monitoring campaigns has been also carried out. A rich database has been collected to effectively analyze the methods of assessment of the state of the element EQB “fish”, in accordance with 2000/60/EC Directive. Last revision of the Ecological Status of Ichthyic Communities Index and Ichthyological Index (I.I.) methodologies has been applied on the results of the ichthyofauna monitoring campaign undertaken in the 2009 which involved 428 sampling stations belonging to the new regional and provincial sampling net. The application of those methods presented several criticalities, particularly referring to the mountain rivers exclusively populated by injected salmonides and to the environments dominated by allochtonen species. Further difficulties arose due to the recently revision of the Fish systematic.

KEY WORDS: Ichthyological Index / mountain rivers / allochthonous fauna / systematic fish. 40 FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte

INTRODUZIONE fometrici, pluviometrici ed idrologici), mentre per quan- Il primo monitoraggio dello stato dell’ittiofauna in to riguarda l’ittiofauna i rilievi hanno permesso di Piemonte fu effettuato nel biennio 1988/89 su 287 siti acquisire le seguenti informazioni1: della rete di stazioni predisposta nell’ambito della “Car- – specie e relativi valori intrinseci (V = AD) attribuiti ta Ittica Relativa al Territorio della Regione Piemonte- secondo i criteri proposti da Forneris et al. (2011a), se” (Regione Piemonte, 1992). Un secondo monito- positivi per le specie ittiche autoctone (AU) piemon- raggio fu effettuato nell’anno 2004 su 201 siti della tesi (Tab. I) e pari a -1 per quelle alloctone (AL); è rete di stazioni predisposta dalla Regione Piemonte anche considerata la lampreda (Lampetra zanan- (2002) ai fini della redazione del Piano di Tutela delle dreai); Acque (PTA), ai sensi del D.Lgs. 152/99 (Regione – ibridi tra individui indigeni e alloctoni per i generi Piemonte, 2006). indicati da Zerunian et al. (2009); con il monitoraggio Con il D.Lgs. 152/06, in recepimento della Direttiva 2009 sono stati rinvenuti unicamente ibridi Salmo 2000/60/CE, la Regione Piemonte ha predisposto una [trutta] marmoratus X Salmo [trutta] fario; nuova rete di 197 stazioni individuate secondo i criteri – numero totale delle specie autoctone (AU); previsti dalla Direttiva stessa. Sono state confermate – numero totale delle specie autoctone (AUr) riferibili 142 stazioni della vecchia rete, al fine di consentire alle comunità di riferimento (sottoinsieme di AU); confronti con il pregresso per il 70% delle stazioni di – numero totale delle specie alloctone (AL); quella nuova. – numero totale delle specie (AT = AU + AL); Con la predisposizione del “Piano regionale per la – LIM (Livello Inquinamento Macrodescrittori), IBE tutela e la conservazione degli ambienti e della fauna (valore Indice Biotico Esteso) e SECA (Stato Ecolo- acquatica e l’esercizio della pesca” (in attuazione della gico del Corso d’Acqua) dell’anno 2008 per le L.R. 37/2006) è stato organizzato un sistema di reti di stazioni della rete di monitoraggio predisposta ai sensi monitoraggio per l’ittiofauna finalizzato alla redazione del D.Lgs. 152/99 (Forneris et al., 2010); delle carte ittiche regionale e provinciali. In questo – LIMeco (Livello Inquinamento Macrodescrittori per ambito è stata definita una rete di monitoraggio regio- lo stato ecologico), STAR_ICMi (Indice Multimetri- nale per l’ittiofauna coincidente con quella nuova pre- co di Intecalibrazione per il macrobenthos), ICMi disposta ai sensi del succitato D.Lgs. 152/99 (197 (Indice Multimetrico di Intecalibrazione per le diato- stazioni). Ad essa si aggiungono le reti a livello provin- mee), IBMR (Indice Biologico Macrofitico) e Stato ciale per un totale di 428 siti di campionamento (Fig. Ecologico degli anni 2009 e 2010 per le stazioni della 1). Per l’individuazione dei siti delle stazioni delle reti rete di monitoraggio predisposta ai sensi del D. Lgs. provinciali si è tenuto conto della necessità di recupe- 152/06 (Fiorenza et al., 2010; Fiorenza, 2011). rare tutte le stazioni delle reti oggetto dei precedenti Per ciascuna popolazione delle specie ittiche rinve- monitoraggi. nute in fase di campionamento, sono disponibili indica- Nell’anno 2009 è stato effettuato il monitoraggio zioni semiquantitative riguardanti l’abbondanza e la sulle 428 stazioni di campionamento del nuovo sistema struttura. I parametri considerati sono l’indice di Moy- delle reti regionale e provinciali, ottenendo quindi un le e Nichols (1973) e l’indice di abbondanza (Forneris aggiornato quadro complessivo dello stato dell’ittio- et al., 2011a). L’utilizzo di tali parametri secondo le fauna in Piemonte (con l’esclusione dei laghi e delle procedure descritte dai succitati Autori portano alla acque stagnati in generale). I campionamenti effettuati valutazione degli indicatori “condizione biologica” (p2,1) su un così elevato numero di siti hanno fornito una per l’ISECI e “indice di rappresentatività” (Ir) per l’I.I. notevole quantità di dati che sono stati utilizzati per (Tab. II). sperimentare, con buona efficacia, l’Indice dello Stato Sulla base degli esiti dei campionamenti effettuati Ecologico delle Comunità Ittiche (ISECI; Zerunian et con i criteri sopra descritti, si sono valutati gli stati al., 2009) e l’Indice Ittico ambientale (I.I.a; Forneris delle comunità ittiche per tutte le 428 stazioni delle reti et al., 2011). Sono emersi alcuni problemi inerenti i corsi d’acqua montani, gli ambienti con forte presenza 1 Tutti i dati relativi ai parametri ambientali ed ai risultati dei di alloctoni e le revisioni della nomenclatura scientifica campionamenti sono disponibili sui siti web della Regione di numerose specie e quindi dei loro areali naturali di Piemonte e del C.R.E.S.T.: distribuzione. – http://www.regione.piemonte.it/caccia_pesca/dwd/17062011/ istruzioni.pdf; MATERIALI E METODI – http://www.regione.piemonte.it/caccia_pesca/dwd/2012/ Per tutte le stazioni di campionamento si sono valu- tabella_dati_riassuntiva.pdf; tati numerosi parametri degli ambienti fisici dei bacini – http://:www.crestsnc.it/natura/media/testoistruzioni.pdf; sottesi e dei relativi tratti fluviali (essenzialmente mor- – http://www.crestsnc.it/natura/media/tabella.xls.

Lavori originali FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte 41

Fig. 1. Stazioni (Q) delle reti di monitoraggio regionale e provinciali sul reticolo idrografico piemontese individuate dal Piano Ittico Regionale redatto ai sensi della L.R. 37/2006. Sono esclusi gli ambienti ad acque stagnanti. Nel bacino del Po Forneris et al. (2005a, 2007) hanno individuato le aree Z1 (pertinenza alpina) e Z2 (pertinenza appenninica), a loro volta divise, nella porzione occidentale, nelle subaree Z1.1, Z1.2 e Z2.1.

Lavori originali 42 FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte di monitoraggio regionale e provinciali mediante i suc- valutazione dello Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua ai citati metodi nelle loro più recenti versioni: ISECI sensi della Direttiva Europea 2000/60/CE) che ha com- (Zerunian et al., 2009) e I.I. (Forneris et al., 2011a). portato un’analisi delle conoscenze attuali e pregresse A tale proposito molta attenzione si è posta alla deter- sulla fauna ittica piemontese al fine di individuare le minazione delle comunità di riferimento. In particolare comunità ittiche di riferimento reali (o meglio le più merita citare il programma di lavoro coordinato dal- probabili). l’Area Ambiente della Regione Piemonte e dal Diparti- Si è ritenuto di procedere ad una classificazione più mento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecolo- “fine” delle tipologie ambientali (zone ittiche) rispetto a gia dell’Università di Torino (nell’ambito delle attività quelle proposte da Forneris et al. (2011a) e da Zeru- di ricerca finalizzate alla sperimentazione dei sistemi di nian et al. (2009) come illustrato nelle tabelle III ÷ V.

Tab. I. Lista delle specie ittiche autoctone del Piemonte elencate secondo le tassonomie vecchie (Gandolfi et al., 1991; Zerunian, 2002, 2004) e nuove (Kottelat e Freyhof, 2007; Bianco e Delmastro, 2011). Fattore AD delle specie secondo Forneris et al. (2011a; Tab. X) ed in funzione delle dimensioni degli areali di distribuzione coerenti con le nuove denominazioni. Su sfondo grigio i nuovi endemismi (e).

Famiglia Nome volgare Vecchie denom. scientifiche AD Nuove denom. scientifiche AD

Storione cobice Acipenser naccarii 3 (e) Acipenser naccarii 3 (e) Acipenseridae Storione comune Acipenser sturio 1 Acipenser sturio 1 Storione Ladano Huso huso 1 Huso huso 1 Anguillidae Anguilla Anguilla anguilla 1 Anguilla anguilla 1 Alosa agone 3 (e) Clupeidae Agone / cheppia / alosa Alosa fallax 2 Alosa fallax 1 Alborella Alburnus alburnus alborella 3 (e) Alburnus alborella 3 (e) Barbo canino Barbus meridionalis caninus 3 (e) Barbus caninus 3 (e) Barbo Barbus plebejus 2 (e) Barbus plebejus 2 (e) Lasca Chondrostoma genei 3 (e) Protochondrostoma genei 3 (e) Savetta Chondrostoma soetta 3 (e) Chondrostoma soetta 3 (e) Gobione Gobio gobio 1 Gobio benacensis1 3 (e) Cyprinidae Cavedano Leuciscus cephalus 1 Squalius squalus 2 (e) Vairone Leuciscus souffia muticellus 2 (e) Telestes savigny 2 (e) Sanguinerola Phoxinus phoxinus 1 Phoxinus phoxinus 1 Triotto Rutilus erythrophthalmus 3 (e) Rutilus erythrophthalmus2 3 (e) Pigo Rutilus pigus 3 (e) Rutilus pigus 3 (e) Scardola Scardinius erythrophthalmus 1 Scardinius hesperidicus 2 (e) Tinca Tinca tinca 1 Tinca tinca 1 Cobite Cobitis taenia bilineata 2 (e) Cobitis bilineata 2 (e) Cobitidae Cobite mascherato Sabanejewia larvata 3 (e) Sabanejewia larvata (e)3 (e) Gadidae Bottatrice Lota lota 1 Lota lota 1 Gasterosteidae Spinarello Gasterosteus aculeatus 2 Gasterosteus gymnurus 2 Blenniidae Cagnetta Salaria fluviatilis 2 Salaria fluviatilis 2 Gobiidae Ghiozzo padano Padogobius martensii 3 (e) Padagobius bonelli (e)3 (e) Percidae Persico reale Perca fluviatilis 1 Perca fluviatilis 1 Esocidae Luccio Esox lucius 1 Esox cisalpinus3 o flaviae4 2 (e) Salmonidae Trota marmorata Salmo [trutta] marmoratus 3 (e) Salmo marmoratus 3 (e) Thymallidae Temolo Thymallus thymallus 1 Thymallus thymallus 1 Cottidae Scazzone Cottus gobio 1 Cottus gobio 1

1. Romanogobio benacensis secondo Kottelat e Freyhof (2007). 2. Rutilus aula secondo Kottelat e Freyhof (2007). 3. Nuova specie endemica, come recentemente proposto da Bianco e Delmastro (2011). 4. Nuova specie endemica, come recentemente proposto da Lucentini et al. (2011).

Lavori originali FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte 43

Quindi si è proceduto alla determinazione più precisa Cuneo, 2002; Provincia di Torino, 2000, 2005a, 2005b; delle comunità di riferimento per ciascuno degli ambien- Provincia di Vercelli, 2007). Si è inoltre fatto ampio uso ti fluviali delle succitate 428 stazioni, facendo riferimen- della letteratura ittiologica riguardante il territorio pie- to ai risultati dei campionamenti effettuati con il monito- montese (Cortese, 1997, 1999, 2000, 2002; Delmastro, raggio del 2009 ed a quelli dei monitoraggi pregressi 1982; Delmastro et al,. 1990, 2007; Forneris, 1989; (Regione Piemonte, 1992, 2006; C.R.E.S.T., 1995, 1997, Forneris et al., 2005b; Badino et al., 2002; AA, 2000). 2000, 2005; Provincia di Biella, 2002; Provincia di La maggior parte delle stazioni presentano comunità di

Tab. II. Valutazione delle condizioni biologiche delle popolazioni delle specie ittiche utilizzata con i campionamenti dell’ittiofauna sulle reti di monitoraggio regionale e provinciali del Piemonte (428 stazioni) effettuati nell’anno 2009 (Forneris et al., 2011a).

0 Assente. 1 Sporadica. Pochissimi individui, anche un solo esemplare. 2 Presente. Pochi individui, ma in numero probabilmente sufficiente per l’automantenimento. 3 Abbondante. Molti individui, senza risultare dominante. 4 Molto abbondante. Moltissimi individui, spesso dominanti. a Presenti almeno il 30 % di giovani (immaturi) o il 20 % di adulti (maturi) della popolazione. a 1 a2 Presenti giovani in netta prevalenza; adulti rappresentati per meno del 20 % della popolazione.

b1 Adulti in netta prevalenza; giovani per meno del 30 % della popolazione.

Indice di abbondanza (Ia) b b2 Presenti esclusivamente individui giovani. c Presenti esclusivamente individui adulti.

Numero minimo “N” di individui per Ia = 2 e 2N per Ia ≥ 3. Valori dell’indice “Im” di Ia =2 Ia = 3 Moyle-Nichols (1973). NIm2NIm Barbo, lasca, cavedano, alborella, rovella, vairone, ghiozzo padano. ≥ 30 3 ≥ 60 ≥ 4 Barbo canino, scardola, sanguinerola, triotto, gobione, savetta. ≥ 25 3 ≥ 50 ≥ 4 Agone/cheppia/alosa, temolo, panzarolo, cobite, lavarello, bondella, gambusia e pseudorasbora. ≥ 20 2 ≥ 40 ≥ 3 Pigo, tinca, persico reale, salmonidi, persico sole, persico trota, Ictalurus spp., cagnetta, scazzone, ≥ 15 2 ≥ 30 ≥ 3 carpa, carpa erbivora, Carassius spp., aspio, gardon, rodeo amaro, abramide, barbo d’oltralpe. Cobite mascherato, spinarello, acerina e misgurno. ≥ 82 ≥ 15 ≥ 2 Anguilla, storioni (comune, cobice e ladano), bottatrice, luccio, siluro e lucioperca. ≥ 51 ≥ 8 ≥ 2

Indice di abbondanza (Im) di Moyle-Nichols (1973). Im = 1 ÷ 5 in funzione N 1 ÷ 2 3 ÷ 10 11 ÷ 20 21 ÷ 50 > 50 del numero (N) di individui rapportati ad un tratto fluviale di 50 m. Im 1 2 3 4 5

Valori degli indicatori Ir (per l’I.I.) e p2,1 (per l’ISECI) della condizione biologica delle popolazioni ittiche in funzione dell’Indice di abbondanza Ia (con integrazione dell’Indice di Moyle-Nichols).

Ia Consistenza demografica Struttura Indicatore Ir (I.I.) Indicatore p2,1 (ISECI) 1c scarsa destrutturata 0,4 0,2 1b scarsa mediamente strutturata 0,4 0,2 1a scarsa ben strutturata 0,4 0,2 2c intermedia destrutturata 0,5 0,2 3c pari a quella attesa destrutturata 0,6 0,4 2b intermedia mediamente strutturata 0,6 0,5 3b pari a quella attesa mediamente strutturata 0,8 0,7 2a intermedia ben strutturata 0,8 0,8 3a pari a quella attesa ben strutturata 1,0 1,0 4 popolazione dominante (molto abbondante) 1,0 1,0 - Per Ia = 4 si assegna il valore dell’indicatore pari a 1 ritenendo inutile la valutazione sulla struttura.

- Per anguilla e lampreda vale Ir = 0,6 e p2,1 = 0,4 per Ia = 1, Ir = p2,1 = 0,8 per Ia = 2 e Ir = p2,1 = 1,0 per Ia = 3.

- Alle specie cobite mascherato, spinarello, acerina, misgurno, storioni, bottatrice, luccio, siluro e lucioperca si assegna Ir = 0,6 e p2,1 =

0,5 per tutti gli indici di abbondanza 1a/b/c, 2c e 3c (si escludono i valori Ir < 0,6 e p2,1 < 0,5).

Lavori originali 44 FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte

Tab. III. Comunità di riferimento delle diverse tipologie ambientali Alpina inferiore (Ai), Salmonicola (S), Mista (M) e Ciprinicole superiore (Cs) e inferiore (Ci) del Piemonte nelle aree e sub-aree Z1 e Z2.1. In corsivo sono le specie endemiche e sub-endemiche secondo Zerunian et al. (2009). Le specie evidenziate con l’asterisco sono quelle di maggiore importanza ecologico-funzionale secondo Zerunian et al. (2009). Quelle sottolineate sono incerte.

ZONA DEI SALMONIDI ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA Z1 Z1 Z1 e Z2.1 Z1 e Z2.1 Ai S M Cs Ci T. marmorata* T. marmorata* T. marmorata* Scazzone Scazzone Scazzone Temolo* Temolo* Barbo canino Barbo canino Barbo canino Vairone Vairone Vairone Vairone Sanguinerola Sanguinerola Sanguinerola Barbo Barbo Barbo Cavedano Cavedano Cavedano Lasca Lasca Lasca Anguilla Anguilla Anguilla Gobione Gobione Gobione Cobite Cobite Cobite Ghiozzo Ghiozzo Ghiozzo Alborella Scardola Tinca Triotto

Tab. IV. Comunità di riferimento delle diverse tipologie ambientali Salmonicola (S), Mista (M) e Ciprinicola (C) del fiume Po (Z1). In corsivo sono le specie endemiche e sub-endemiche secondo Zerunian et al. (2009). Le specie evidenziate con l’asterisco sono quelle di maggiore importanza ecologico-funzionale secondo Zerunian et al. (2009). Quelle sottolineate sono incerte.

ZONA DEI SALMONIDI ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA SMC confl. Croesio p.te Martiniana confl. Ghiandone confl. Maira confl. Sangone confl. St. Casale p.te Martiniana confl. Ghiandone confl. Maira confl. Sangone confl. St.Casale confl. Scrivia T. Marmorata* T. Marmorata* T. Marmorata* T. Marmorata* Scazzone Scazzone Scazzone Scazzone Temolo* Temolo* Temolo* Barbo canino Barbo canino Barbo canino Barbo canino Barbo canino Vairone Vairone Vairone Vairone Vairone Vairone Sanguinerola Sanguinerola Sanguinerola Sanguinerola Sanguinerola Barbo Barbo Barbo Barbo Cavedano Cavedano Cavedano Cavedano Lasca Lasca Lasca Lasca Anguilla Anguilla Anguilla Anguilla Gobione Gobione Gobione Gobione Cobite Cobite Cobite Cobite Ghiozzo Ghiozzo Ghiozzo Ghiozzo Alborella Alborella Alborella Scardola Scardola Tinca Tinca Triotto Triotto Luccio* Luccio* Luccio* Luccio* Savetta Savetta Savetta Persico reale* Persico reale* Persico reale*

Lavori originali FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte 45

Tab. V. Comunità di riferimento del fiume Ticino (Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila - tipologia Ciprinicola “C” in Z1). In corsivo sono le specie endemiche e sub-endemiche secondo Zerunian et al. (2009). Le specie evidenziate con l’asterisco sono quelle di maggiore importanza ecologico-funzionale secondo Zerunian et al. (2009). Quelle sottolineate sono incerte. T. Marmorata* Vairone Lasca Ghiozzo Triotto Scazzone Sanguinerola Anguilla Alborella Luccio* Temolo* Barbo Gobione Scardola Savetta Barbo canino Cavedano Cobite Tinca Persico reale* riferimento identiche a quelle genericamente indicate, ittiche è pari a 4,41 (insufficiente/pessimo). Su 16 nelle tabelle III ÷ V. Altre presentano una o due specie stazioni per le quali sono disponibili le classificazioni in più o in meno in funzione delle situazioni attuale e SECA e/o dello Stato Ecologico risulta (Tab. VII): pregresse effettivamente riscontrate. – tutti i livelli ISECI sono significativamente inferiori a quelli ottenuti dal SECA e/o dallo Stato Ecologico; SITUAZIONI NELLA TIPOLOGIA – 13 stazioni (l’80 %) sono in quinta classe (stato ALPINA SUPERIORE (AS) pessimo) secondo l’ISECI; nessuna stazione risulta Più volte abbiamo sostenuto che la tipologia Alpina in tale condizione secondo le valutazioni SECA e/o non è adatta per l’individuazione di specifiche comuni- dello Stato Ecologico; tà di riferimento, in quanto rappresentativa di ambienti – risulta un livello medio pari a 2,0 per il SECA per le quasi sempre popolati da salmonidi (in genere allocto- 10 stazioni per le quali tale dato è disponibile, mentre ni) conseguenza di immissioni per fini alieutici e la cui il valore medio dell’ISECI per le stesse stazioni è pari condizione naturale è probabilmente l’assenza di ittio- a 4,7 cioè oltre due livelli in meno; fauna (Forneris et al., 2006a-b, 2007, 2011a). Inoltre i – risulta un livello medio pari a 2,3 per lo Stato risultati dei campionamenti sono influenzati dalle mo- Ecologico per le 15 stazioni per le quali tale dato è dalità di gestione dei ripopolamenti e dai prelievi alieuti- disponibile, mentre il valore medio dell’ISECI per le ci in misura ben maggiore rispetto alle condizioni stesse stazioni è pari a 4,9; di nuovo oltre due livelli ambientali dei corsi d’acqua. Tuttavia, ad un’analisi in meno. più accurata, risulta che alcuni ambienti nei tratti più a Rispetto alle 62/428 stazioni As considerate, sei valle della tipologia Alpina sono popolati (o potrebbero sono risultate prive di ittiofauna, quindi con valore esserlo, almeno potenzialmente, se non alterati) da ISECI non determinabile. Una di esse (Chisone a Pra- comunità costituite da almeno due specie (trota mar- gelato) è stata classificata con Stato Ecologico suffi- morata e scazzone). Sono comunità povere, ma suffi- ciente nel 2009. Dalle note trascritte dagli ittiologi che cienti per tentare valutazioni di stato. Per tale motivo si hanno effettuato i campionamenti sulle altre cinque è ritenuto di suddividere la tipologia Alpina (A) in stazioni non risultano segnalazioni significative di alte- superiore (As), nella quale non è effettivamente possi- razioni ambientali. bile descrivere comunità autoctone naturali ed inferio- Lo Stato Ecologico viene determinato dal peggiore re (Ai), nella quale è invece possibile descrivere comu- dei livelli LIMeco ed EQB (macrobenthos, diatomee, nità autoctone naturali, seppure povere (o molto pove- macrofite e pesci). Con l’applicazione di tale criterio re) in numero di specie (2-3). risulta evidente che gli ambienti As verrebbero classifi- Al fine di esaminare in maggior dettaglio tale que- cati nel quinto livello (pessimo) nella maggior parte stione si è ritenuto opportuno considerare, rispetto al delle situazioni, con alcuni casi nel quarto livello (in- totale dei 428 siti oggetto di monitoraggio dell’anno sufficiente) e molto rari nel terzo (sufficiente), co- 2009, esclusivamente le 62 stazioni classificate nella munque sempre inferiori all’obiettivo “buono” ai sensi tipologia As (Tab. VI) dove, oltre alla descrizione degli del D.Lgs. 152/06. stati dell’ittiofauna, sono riportate le classificazioni Rispetto alle 62/428 stazioni As considerate, ben 17 SECA del 2008 (ai sensi del D.Lgs. 152/99) e dello appartengono alla nuova rete di monitoraggio regiona- Stato Ecologico del 2009 e del 2010 (ai sensi del le, cioè il 9 % del totale di 197. Per esse, nel caso D.Lgs. 152/06). Non è stato determinato l’Indice Itti- dell’applicazione acritica della valutazione dello Stato co, in quanto tale metodo, per tali ambienti, non viene Ecologico nei termini succitati, l’obiettivo “buono” ritenuto applicabile. Invece è stato applicato l’ISECI non potrà essere conseguito, indipendentemente dalle considerando le comunità di riferimento indicate da reali condizioni ambientali dei corsi d’acqua. Zerunian et al. (2009). Zerunian (2012) ha ipotizzato la possibilità di consi- Il punteggio medio dell’ISECI è pari a 0,29, mentre derare parautoctona la trota fario (Salmo [trutta] trut- la media dei livelli di qualità di stato delle comunità ta). Tale idea è stata poi ripresa da Agostini et al.

Lavori originali 46 FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte

Tab. VI. Elenco delle stazioni facenti parte del sistema delle reti di monitoraggio regionale e provinciali del territorio piemontese, con tipologia classificata nell’Alpina superiore (As) presenti nelle sub-aree Z1.1 (di pertinenza alpina occidentale sul versante padano) e Z1.2 (di pertinenza alpina centrale sul versante padano) ed oggetto di campionamenti relativi all’ittiofauna effettuati nel 2009. Per ogni stazione sono indicati gli Indici di abbondanza (Ia) delle specie campionate, l’eventuale presenza di ibridi (X) ed i numeri totali “AT” delle specie autoctone (AU) ed alloctone (AL). Vengono quindi riportati i valori (ed i relativi livelli di qualità) ottenuti dall’applicazione dell’ISECI e gli esiti dei monitoraggi sulla qualità delle acque effettuati negli anni 2008 (D.Lgs. 152/1999), 2009 (D.Lgs. 152/2006) e 2010 (D.Lgs. 152/ 2006). Sintesi in Tab. VII.

Stato ittiofauna 2009 Monitoraggi qualità delle acque ISECI Ib N specie 2008 2009/2010

Corso d’acqua Codice Prov Comune m s.l.m. Z AU AL Trota marmorata Scazzone Trota fario Trota iridea Presenza ibridi (AU+AL) AT LIM IBE SECA LIMeco STAR_ICMi Diatomee Macrophyta Stato Ecologico Valore Livello

Po 001015 CN Crissolo 1.384 1.1 4 1 1 1 1 1 12 2 0,20 5 Po CN005 CN Oncino 846 1.1 4 1 1 0,20 5 Lenta CN045 CN Oncino 825 1.1 4 1 1 0,20 5 Croesio CN050 CN Paesana 552 1.1 4 1 1 0,20 5 Pellice TO105 TO Bobbio Pellice 1.430 1.1 1 1 1 0,20 5 Chisone 029001 TO Pragelato 1.580 1.1 1 3 1 3 ? ? Chisone 029002 TO Pragelato 1.463 1.1 1 1 1 2 3 3 13 3 0,20 5 Chisone TO140 TO Usseaux 1.344 1.1 1 1 1 0,20 5 Chisone TO145 TO Perosa Arg. 616 1.1 3a X 1 1 0,10 5 Chisonetto 671050 TO Pragelato 1591 1.1 2b 1 1 1 3 3 0,20 5 Germanasca TO150 TO Prali 926 1.1 1 1 X 1 1 2 0,32 4 Germanasca Mas. TO155 TO Prali 946 1.1 2b 1 1 0,20 5 Varaita CN060 CN Casteldelfino 1.271 1.1 1 1 1 0,20 5 Varaita CN065 CN Sampeyre 846 1.1 1 4 X 1 1 2 0,32 4 Varaita Chianale CN075 CN Casteldelfino 1.336 1.1 4 1 1 0,20 5 Gilba CN080 CN Brossasco 602 1.1 2a 4 1 1 2 3 0,50 3 Maira CN085 CN Acceglio 1.178 1.1 3a 1 1 0,20 5 Marmora CN095 CN Prazzo 886 1.1 4 1 1 0,20 5 Elva CN100 CN Prazzo 900 1.1 1 2a 2a X 2 1 3 0,52 3 Sangonetto TO415 TO Coazze 746 1.1 2b 3a X 1 1 2 0,41 3 Ripa 235050 TO Sauze Cesana 1.541 1.1 2b 1 1 1 3 3 0,20 5 Dora Riparia TO505 TO Cesana 1.348 1.1 2a 1 1 0,20 5 Dora Riparia 038001 TO Cesana 1.232 1.1 1 1 1 2 2 2 13 3 0,20 5 Dora Riparia TO510 TO Oulx 1.068 1.1 2a 1 1 0,20 5 Dora Riparia 038330 TO Salbertrand 995 1.1 1 1 1 2 2 2 14 4 0,20 5 Thuras TO530 TO Cesana 1.452 1.1 1 1 1 0,20 5 Piccola Dora TO535 TO Cesana 1.406 1.1 ? ? D.Bardonecchia TO537 TO Bardonecchia 1.259 1.1 2c 1 1 0,20 5 D.Bardonecchia 236020 TO Oulx 1.060 1.1 1 1 1 2 3 3 13 3 0,20 5 Rochemolles TO538 TO Bardonecchia 1.285 1.1 ? ? Cenischia TO540 TO Susa 512 1.1 2b 1 1 0,20 5 Rocciamelone TO545 TO Bussoleno 461 1.1 2b 1 1 0,20 5 Gravio Villarfoc. TO550 TO Villarfocchiardo 410 1.1 3b 1 1 0,20 5 Gravio Condove TO555 TO Condove 391 1.1 ? ? Stura Ala TO605 TO Balme 1.130 1.1 2a 3a X 1 1 2 0,50 3 Stura Viù TO635 TO Usseglio 1.237 1.1 3a 1 1 0,20 5 Orco 034040 TO Ceresole Reale 1.590 1.1 3a 4 2 2 1 1 1 11 1 0,20 5 Piantonetto TO820 TO Locana 706 1.1 2b 3a X 1 1 2 0,41 3

Lavori originali FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte 47

Stato ittiofauna 2009 Monitoraggi qualità delle acque ISECI Ib N specie 2008 2009/2010

Corso d’acqua Codice Prov Comune m s.l.m. Z AU AL Trota marmorata Scazzone Trota fario Trota iridea Presenza ibridi (AU+AL) AT LIM IBE SECA LIMeco STAR_ICMi Diatomee Macrophyta Stato Ecologico Valore Livello

Eugio TO825 TO Locana 661 1.1 ? ? Soana 225020 TO Valprato Soana 1.087 1.1 3a 1 1 0,20 5 Forzo 428010 TO Ronco C.se 900 1.1 2a 1 1 12112 0,20 5 Sesia VC005 VC Riva Valdobbia 1.084 1.1 3b 2c X 1 1 2 0,47 3 Vogna VC050 VC Riva Valdobbia 1.109 1.1 4 4 X 1 1 2 0,56 3 Artogna VC055 VC Campertogno 881 1.1 3a 2b X 1 1 2 0,56 3 Egua VC065 VC Rimasco 908 1.1 2a 3a 1 1 2 0,50 3 Cervo 009015 BI Sagliano Micca 583 1.1 3a 1 1 1 1 1 1 2 0,20 5 Oropa 410005 BI Biella 415 1.1 3a 1 1 1 1 1 0,20 5 Lanca 571050 BI Muzzano 717 1.1 3c 1 1 1 1 1 0,20 5 Strona Vallemosso 011015 BI Veglio 565 1.1 2b 1 1 2 1 2 11 1 0,20 5 Stura Demonte CN275 CN Argentera 1.450 1.1 4 1 1 0,20 5 Stura Demonte 026015 CN Vinadio 950 1.1 3c 3a 1 1 2 2 2 2 12 2 0,38 4 Corborant CN300 CN Pianche 1.046 1.1 2c 4 1 1 2 0,32 4 S.Anna CN305 CN Vinadio 964 1.1 3a 4 1 1 2 0,56 3 Rio Freddo CN310 CN Vinadio 932 1.1 2c 4 1 1 2 0,32 4 Cant CN315 CN Demonte 726 1.1 4 3a 1 1 2 0,56 3 Falmenta 835010 VB Falmenta 609 1.2 1 1 1 122 2 0,20 5 Toce VB010 VB Formazza 1.405 1.2 1 1 3a X 2 1 3 2 1 2 0,43 3 Toce VB015 VB Formazza 1.295 1.2 2c 2a 4 X 2 1 3 0,52 3 Vannino VB045 VB Formazza 1.446 1.2 ? ? Cairasca VB050 VB Trasquera 547 1.2 3a 1 1 0,20 5 Troncone VB075 VB Antrona 691 1.2 3a 3a 1 1 2 3 0,56 3 Anza VB080 VB Macugnana 1.182 1.2 1 1 1 0,20 5

Tab. VII. Sintesi del confronto tra i livelli di qualità relativi al SECA (D.Lgs. 152/99 per l’anno 2008), allo Stato Ecologico (D.Lgs. 152/ 06 per gli anni 2009/2010) ed all’ISECI (per l’anno 2009) valutati per le stazioni facenti parte del sistema delle reti di monitoraggio regionale e provinciali del territorio piemontese, con tipologia classificata nell’Alpina superiore (As) e presenti nelle sub-aree Z1.1 (di pertinenza alpina occidentale sul versante padano) e Z1.2 (di pertinenza alpina centrale sul versante padano).

Sub-aree Z1.1 Z1.2 medie

SECA 1 - 3 - - 2 2 3 1 - 1 - - 2 2 - 2 2,0 Livello ISECI 5 5 5 5 5 5 5 5 4 3 4,7 Stato Ecologico 2 3 3 3 3 3 4 3 1 2 - 1 1 1 22- 2,3 Livello ISECI 5 ? 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 4 5 4,9

(2012) per l’applicazione dell’ISECI ai corsi d’acqua presenti anche le specie trota marmorata e/o scazzone; del Veneto confrontando due scenari differenti: nel sono ambienti che si trovano sopra i limiti altitudinali primo la trota fario come alloctona e nel secondo come superiori degli areali di distribuzione di tali specie, la cui parautoctona. Si è quindi ritenuto di valutare lo scena- presenza è dovuta ad immissioni di pesci recuperati (per rio che risulterebbe con la fario parautoctona per motivi diversi) da altri corsi d’acqua ad opera di perso- l’insieme delle 62 stazioni As in Piemonte. nale volontario delle associazioni dei pescatori che ope- In 36 stazioni (58 % del totale di 62) è risultata rano nelle valli piemontesi. Pertanto, considerando pa- presente la sola trota fario. In 20 stazioni sono risultate rautoctona la trota fario essa costituisce l’unica specie

Lavori originali 48 FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte della comunità di riferimento (monospecifica) della tipo- specie endemiche; logia As in Piemonte, come anche stabilito dal succitato – l’unico indicatore variabile è quello della condizione

Piano Ittico Regionale ai sensi della L.R. 37/2006. biologica (f2), strettamente (o unicamente) dipen- L’ISECI è la somma dei punteggi determinati da dente dalle modalità di gestione dell’ittiofauna per fini indicatori principali: presenza di specie indigene (f1), alieutici. condizione biologica delle popolazioni (f2), presenza di ibridi (f3), presenza di specie aliene (f4) e endemiche SITUAZIONI CON FAUNA (f5). Per i siti di campionamento As considerati i ALLOCTONA DOMINANTE punteggi relativi agli indicatori f1 (presente la trota fario I metodi di valutazione di stato delle comunità ittiche quale unica specie attesa), f2 (assenza di ibridi tra sono condizionati dalla presenza di specie alloctone, in specie autoctone e alloctone) ed f4 (assenza di specie particolare quando queste formano popolazioni abbon- aliene) assumono i valori massimi, con identica som- danti e talora dominanti. Lo stato di degrado dell’ittio- ma ponderata pari a 0,5 per tutte le stazioni. Il punteg- fauna è conseguenza di molteplici fattori, tra i quali la gio relativo all’indicatore f5 è sempre pari a zero, in presenza di specie aliene, “… probabilmente irreversi- quanto la comunità attesa è priva di specie endemiche. bile, in quanto è molto difficile (se non impossibile) Per 31 stazioni (50 %) la trota fario è risultata con Ia eradicare o almeno contenere la presenza… della fau-

= 3a oppure con Ia = 4; pertanto l’indicatore f2 assume na alloctona… In molti casi, trattandosi di un fattore valore massimo (p2,1 = 1; cfr. Tab. II); la somma di degrado non rimovibile, l’obiettivo di qualità lega- ponderata di tutti gli indicatori (valore numerico del- to all’EQB “pesci” rischia di non essere conseguibile, l’ISECI) è pari a 0,8 (stato buono). Per 4 stazioni (6 con inevitabile pregiudizio del giudizio… dello Stato

%) la trota fario è risultata con Ia = 2a; l’indicatore f2 Ecologico dei corpi d’acqua” (Forneris et al., 2011a). assume valore p2,1 = 0,8; la somma ponderata di tutti Al fine di mettere in evidenza tale questione, si sono gli indicatori è ISECI = 0,74 (stato buono). Per una esaminati gli esiti dei campionamenti del succitato stazione è risultato Ia = 3b; l’indicatore f2 assume monitoraggio dell’anno 2009 considerando le stazioni valore p2,1 = 0,7; la somma ponderata di tutti gli caratterizzate dalla presenza di un numero di specie indicatori è ISECI = 0,71 (stato buono). Per 7 stazioni alloctone pari o superiore al 50 % del totale delle specie ≥ (11 %) è risultato Ia = 2b; l’indicatore f2 assume valore costituenti le comunità (AL/AT 0,5; Tab. VIII). p2,1 = 0,5; la somma ponderata di tutti gli indicatori è Su 23 stazioni così selezionate il punteggio medio ISECI = 0,65 (stato buono). Per 1 stazione è risultato dell’I.I.a è pari a 0,16, mentre quello dell’ISECI è pari

Ia = 3c; l’indicatore f2 assume valore p2,1 = 0,4; la a 0,38, con medie dei livelli di qualità di stato corri- somma ponderata di tutti gli indicatori è ISECI = 0,62 spondenti rispettivamente ai valori 4,7 (prossimo alla (stato buono). Per 12 stazioni (19 %) sono risultate quinta classe) e 3,7 (prossimo alla quarta classe). condizioni biologiche delle popolazioni di trota fario Su 20 stazioni per le quali sono disponibili le classi- inferiori, quindi con valori 0,6 > ISECI > 0,5 (stato ficazioni SECA per il 2008 (D.Lgs. 152/99) e/o dello sufficiente). In sintesi: Stato Ecologico per il 2009/2010 (D.Lgs. 152/06) – per 44 stazioni (71 %) risulta 0,8 ≥ ISECI > 0,6 (stato risulta (Tab. VIII): buono); – tutti i livelli dell’I.I.a, tranne un caso, sono significa- – per 12 stazioni (19 %) risulta 0,6 > ISECI > 0,5 (stato tivamente inferiori a quelli ottenuti dal SECA e/o dallo sufficiente); Stato Ecologico; – per 6 stazioni (10 %) l’ittiofauna è risultata assente – per quanto riguarda i livelli ISECI un solo caso (ISECI = 0; stato pessimo); sono tratti di torrenti che presenta una valutazione migliore rispetto al SECA ed (a parte uno), fino a pochi anni fa, ospitavano trote allo Stato ecologico, risultano 6 casi (30 %) con fario, successivamente scomparse per interruzione valutazione identica al SECA e/o a quello dello Stato dei ripopolamenti (per minori risorse disponibili per Ecologico e 13 casi (65 %) con valutazione peggiore tale pratica gestionale); per quelle stazioni l’ittiofauna rispetto al SECA e/o a quello dello Stato Ecologico; non è assente a causa di alterazioni ambientali, ma – 11 stazioni (55 %) sono classificate nel quinto livello semplicemente perché non sono più stati immessi (stato pessimo) e 9 stazioni (45 %) nel quarto (stato pesci; insufficiente) secondo l’I.I.a; nessuna stazione è – risulta il valore medio dell’ISECI pari a 0,65 (stato risultata con stato pari o migliore del terzo livello; buono), decisamente superiore a quello (0,29) otte- – una sola stazione (5 %) è classificata nel livello 5 nuto considerando la trota fario alloctona; secondo l’ISECI; 9 stazioni (45 %) risultano nel – per tutte le 62 stazioni As il punteggio massimo quarto livello e 10 stazioni nel terzo (50 %); dell’ISECI è pari a 0,8; non è possibile esprimere lo – risulta una media pari a 3,0 per il SECA per le 13 stato eccellente (ISECI > 0,8) per mancanza di stazioni per le quali tale dato è disponibile, mentre il

Lavori originali FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte 49

valore medio del livello dell’I.I.a è pari a 4,8; quello del Piemonte orientale, dove massiccia è la presenza di dell’ISECI è migliore, pari a 3,5, comunque inferiore specie alloctone. In alcuni casi lo Stato Ecologico al SECA; valutato senza considerare l’EQB “pesci” è risultato – risulta una media pari a 2,6 per lo Stato Ecologico per “buono”, quindi in linea con gli obiettivi di qualità. Per le 16 stazioni per le quali tale dato è disponibile, quanto riguarda gli altri ambienti considerati. a parte il mentre il valore medio del livello dell’I.I.a per le Lovassino a Montecastello e il Terdoppio a Cerano, lo stesse stazioni è pari a 4,6 cioè oltre due livelli in Stato Ecologico corrisponde al livello “sufficiente”; meno; quello dell’ISECI risulta 3,6 un livello in meno. quindi, con l’applicazione rigorosa di quanto previsto Preoccupante è la situazione del fiume Po a valle di dal Piano di Tutela delle Acque (approvato dal Consi- Casale Monferrato e del reticolo idrografico di pianura glio Regionale 117-10731 del 13/03/2007), si può ipo-

Tab. VIII. Elenco delle stazioni facenti parte del sistema delle reti di monitoraggio regionale e provinciali del territorio piemontese, con esclusione della tipologia Alpina superiore, oggetto di campionamenti relativi all’ittiofauna effettuati nel 2009 e presenti nelle sub-aree Z1.1 (di pertinenza alpina occidentale sul versante padano), Z1.2 (di pertinenza alpina centrale sul versante padano) e Z2.1 (di pertinenza appenninica sul versante padano). Le tipologie ambientali sono quella Alpina inferiore (Ai), Salmonicola (S), Ciprinicola (C - per il solo fiume Po), Ciprinicola superiore (Cs) e Ciprinicola inferiore (Ci). Per ogni stazione sono indicati i numeri totali “N” delle specie campionate autoctone (AU) ed alloctone (AL). Sono riportate unicamente le stazioni con AL/AT ≥ 0,5. Vengono quindi riportati i valori (ed i relativi livelli di qualità) ottenuti dall’applicazione dell’I.I.a e dell’ISECI e gli esiti dei monitoraggi sulla qualità delle acque effettuati negli anni 2008 (D.Lgs. 152/1999), 2009 (D.Lgs. 152/2006) e 2010 (D.Lgs. 152/2006). Sintesi in Tab. IX.

N specie (2009) 2008 2009/2010 I.I.a ISECI AL IBE AU LIM Livello Stato Ecologico Valore Livello Valore STAR_ICMi Diatomee Macrophyta SECA LIMeco Corso d’acqua Codice Prov Comune m s.l.m. Z Tp (AU+AL) AT

Po CN015 CN Martiniana 386 1.1 S 0 1 1 0,00 5 0,20 5 Po AL005 AL Casale M.to 105 1.1 C 5 5 10 3 2 3 0,18 5 0,45 3 Po 001250 AL Frassineto Po 93 1.1 C 5 6 11 3 1 3 0,21 4 0,40 4

Po 001270 AL Valenza 85 1.1 C 4 7 11 2 3 3 2 1 2 0,13 5 0,31 4 Po AL010 AL Bassignana 76 1.1 C 5 8 13 0,17 5 0,35 4 Po 001280 AL Isola S.Antonio 72 1.1 C 3 8 11 3 3 3 2 2 2 0,14 5 0,34 4

Grana 064040 AL Valenza 90 2.1 Ci 3 6 9 3 3 3 331 3 0,12 5 0,30 4 Canale Lanza 090025 AL Ovvimiano 112 2.1 Ci 4 5 9 2 2 0,22 4 0,52 3 Tanaro 046165 AL Felizzano 96 2.1 Ci 4 6 10 232 3 0,20 4 0,47 3

Tanaro AL105 AL Alessandria 95 2.1 Ci 3 8 11 3 3 3 0,13 5 0,31 4 Tanaro 046190 AL Alessandria 94 2.1 Ci 2 7 9 2 2 2 0,10 5 0,31 4 Tanaro AL110 AL Montecastello 93 2.1 Ci 3 7 10 3 3 3 0,13 5 0,31 4

Tanaro 046210 AL Bassignana 88 2.1 Ci 3 6 9 3 2 3 2 2 2 0,15 5 0,35 4 Bormida AL125 AL Cassine 115 2.1 Ci 5 6 11 2 3 3 0,27 4 0,43 3 Bormida 065090 AL Alessandria 89 2.1 Ci 6 6 12 2 3 3 232 3 0,30 4 0,45 3

Lovassino 089020 AL Montecastello 82 2.1 Ci 1 2 3 5 5 5 55 5 0,07 5 0,48 3 Agogna 053010 NO Briga N.se 304 1.2 Cs 1 1 2 2 1 2 23 3 0,11 5 0,51 3 Toce 051025 VB Crevalodossola 304 1.2 S 2 2 4 12 2 0,36 4 0,52 3

Devero 066010 VB Premia 540 1.2 Ai 1 1 2 2 2 2 12 2 0,30 4 0,53 3 Diveria VB055 VB Crevalodossola 549 1.2 Ai 0 1 1 0,00 5 0,20 5 Anza 077008 VB Vanzone 589 1.2 Ai 1 2 3 12 2 0,20 4 0,44 3

Strona Omegna 055010 VB Omegna 398 1.2 Ai 0 1 1 12 2 0,00 5 0,20 5 Terdoppio/Molinara 058030 NO Cerano 104 1.2 Ci 3 4 7 3 3 3 34 4 0,10 5 0,36 4

Lavori originali 50 FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte tizzare concretamente raggiungibile il conseguimento Delmastro, 2011). Ora il cavedano viene denominato dell’obiettivo “buono”. La presenza così rilevante di “Squalius squalus”, secondo Kottelat e Freyhof (2007) fauna ittica alloctona comporta inevitabilmente giudizi e confermato da Bianco e Delmastro (2011), un nuovo di livello 3-4 per l’EQB “pesci” secondo l’ISECI e di 4- endemismo italiano, quindi con valore AD = 2. La Tab. 5 secondo l’I.I.a, imponendo così la stessa valuazione I riporta l’elenco delle specie ittiche del Piemonte con anche per lo Stato Ecologico e rendendo di fatto indicazione delle tassonomie vecchia e nuova: difficile il conseguimento degli obiettivi di qualità. – per 16 delle 29 specie considerate (55 %) le denomi- nazioni scientifiche non sono cambiate; NUOVE SPECIE ENDEMICHE – per 8 specie (28 %), tutte endemiche italiane, sono L’Indice Ittico naturalistico (I.I.n; Forneris et al., state proposte nuove denominazioni, ma che non 2011a) fornisce una qualificazione naturalistica di una comportano modifiche dei loro areali naturali di comunità ittica. Tale metodo considera, come valori distribuzione e quindi dei rispettivi valori AD; negativi, le presenze di specie alloctone e considera sia – per 5 specie (17 %) sono state proposte nuove le condizioni biologiche delle popolazioni delle specie denominazioni che comportano modifiche, anche autoctone, sia il loro “valore intrinseco” in funzione significative, dei loro areali naturali di distribuzione; dell’estensione dell’areale di distribuzione naturale il caso più evidente è quello relativo al gobione che, della specie (fattore “AD”; Tabb. I e X). da Gobio gobio considerato presente in gran parte Consideriamo, come esempio, il cavedano, cioè dell’Europa e nel distretto padano-veneto (AD = 1), “Leuciscus cephalus” secondo Gandolfi et al. (1991) e è diventato Gobio benacensis, presente esclusiva- Zerunian (2002, 2004), caratterizzato da un ampio mente nel solo distretto padano-veneto (AD = 3). areale di distribuzione, comprendente quasi tutta l’Eu- Per quanto riguarda la metodologia dell’Indice Ittico ropa; pertanto vale AD = 1 (Tab. I). Sono passati oltre ambientale (I.I.a), nulla cambia, in quanto basata sul 20 anni dall’importante contributo della monografia di confronto diretto tra le comunità ittiche riscontrata e Gandolfi et al. (1991), la cui nomenclatura scientifica attesa; tale confronto è influenzato dalle condizioni è ancora ampiamente utilizzata da molti ittiologi italiani, biologiche delle popolazioni delle specie, senza distin- ma “… con l’avvento, a partire soprattutto dagli anni zioni di tipo ecologico-funzionale e indipendentemente novanta, delle moderne indagini biomolecolari, e del- dai valori AD. Invece quasi tutto cambia rispetto al- le ipotesi biogeografiche sulle origini degli endemismi l’Indice Ittico naturalistico (I.I.n), in quanto sarebbero perimediterranei, molti aspetti tassonomici riguardan- da rivedere sia i valori AD assegnati alle singole specie, ti le specie europee e italiane sono cambiati” (Bianco e sia quelli dei punteggi relativi alle comunità ai fini

Tab. IX. Sintesi del confronto tra i livelli di qualità relativi al SECA (D. Lgs. 152/99 per l’anno 2008), allo Stato Ecologico (D.Lgs. 152/ 06 per gli anni 2009/2010) ed all’I.I.a ed all’ISECI (per l’anno 2009) valutati per le stazioni facenti parte del sistema delle reti di monitoraggio regionale e provinciali del territorio piemontese, limitatamente alle stazioni per le quali il numero di specie alloctone è risultato pari o superiore al 50 % del numero totale delle specie rinvenute ed al esclusione delle tipologia classificate nell’Alpina superiore. Le tipologie ambientali sono quella Alpina inferiore (Ai), Salmonicola (S), Ciprinicola (C - per il solo fiume Po), Ciprinicola superiore (Cs) e Ciprinicola inferiore (Ci).

Tipologia CCCCCiCiCiCiCiCiCiCiCiCiCsSAiAiAiCi Medie

SECA 3 - 3 3 3 - - 3 - 3 3 3 3 5 2 - 2 - - 3 3,0 Livello I.I.a 5 5 5 5 5 5 5 4 4 4 5 4 5 4,8 Livello ISECI 3 4 4 4 4 4 4 3 3 3 3 3 4 3,5 Stato Ecologico - 3 2 2 3 2 3 -2-2 - 35322224 2,6 Livello I.I.a 4 5 5544 5 5 44544455 4,6 Livello ISECI 4 4 4433 4 4 33333354 3,6

Tab. X. Valori del fattore di distribuzione naturale delle specie ittiche secondo Forneris et al. (2007). AD = 1 Ampia distribuzione in tutta o gran parte dell’Europa. AD = 2 Porzione ristretta dell’Europa e/o fascia mediterranea e/o tutta o buona parte della penisola italiana. AD = 3 Fascia mediterranea e/o tutta o buona parte della penisola italiana, ma con popolazioni frammentate ed incerte e/o limitata a uno dei due distretti zoogeografici padano-veneto e tosco.laziale individuati da Bianco (1987, 1996).

Lavori originali FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte 51 dell’attribuzione delle classi di qualità. Rimangono da gnificative dei livelli medi (da 1,83 a 1,81); stabilire gli eventuali effetti sul metodo dell’Indice dello – sulla base delle vecchie nomenclature il numero

Stato Ecologico delle Comunità Ittiche (ISECI). medio delle specie endemiche AUra(e1) risulta pari al Rispetto alle 428 stazioni di campionamento delle 57 % rispetto a quello totale (AUra) delle specie attese reti di monitoraggio regionale e provinciali, oggetto di della comunità di riferimento; monitoraggio dell’ittiofauna nell’anno 2009, ai fini – sulla base delle nuove nomenclature il numero medio dell’analisi degli effetti sull’ISECI dovuti ai cambia- delle specie endemiche AUra(e2) risulta pari al 75 % menti della nomenclatura scientifica e quindi della indi- rispetto a quello totale (AUra) delle specie attese della viduazione di nuovi endemismi, si sono considerate comunità di riferimento. unicamente le stazioni della nuova rete regionale (ai Sostanzialmente sembra che i recenti cambiamenti sensi del D.Lgs. 152/06) ed inoltre si sono escluse le tassonomici riguardanti un elevato numero di specie stazioni: autoctone (13/29, il 45 % per il territorio piemontese) e – classificate nelle tipologie Alpina superiore (As) e con evidente incremento di quelle endemiche, condi- inferiore (Ai) e Salmonicola (S), perché poco o nulla zionino poco o nulla la metodologia dell’ISECI, in condizionate dalle nuove tassonomie; termini di valutazione complessiva di stato dell’EQB – con assenza di pesci; “pesci”. Piuttosto emerge un problema di non poco – con AL/AT ≥ 0,40, al fine di evitare le situazioni conto. Infatti, con l’utilizzo delle nuove nomenclature, eccessivamente condizionate dalla presenza di specie come succitato e dall’esame del campione significati- alloctone; vo delle 47 stazioni considerate, risulta un valore per- – rispetto alle quali, per particolari condizioni ambien- centuale medio piuttosto elevato (75 %) del rapporto

tali, non è stato possibile individuare le comunità di “Aura(e)/Aura”, cioè tra il numero delle specie endemi- riferimento; che della comunità di riferimento e quello totale della – con comunità di riferimento inferiori a 8 specie, stessa comunità. In molti casi tale rapporto supera l’80 tenuto conto che, secondo lo schema standard utiliz- %. Addirittura sul Piota a Silvano d’Orba risultano 8 zato per tutto il territorio piemontese e ad esclusione specie endemiche su nove autoctone attese della co- della tipologia Salmonicola (S) la tipologia più “pove- munità di riferimento (89 %). Ciò potrebbe far ritenere

ra” è la Ciprinicola superiore (Cs) con 10 specie che gli indicatori f1 (presenza di specie indigene) ed f5 (Tabb. III ÷ V); (presenza di specie endemiche) siano praticamente – nelle quali si è rinvenuto un numero pari o inferiore a sovrapponibili, per cui, di fatto, i corrispondenti pun-

5 specie della comunità di riferimento; teggi P1 (con peso pari a 0,3) e P5 (con peso pari a 0,2), – con I.I.a e/o ISECI pari o inferiori al quarto livello, al sommati come rappresentativi di un unico indicatore, fine di evitare le situazioni dovute a forti alterazioni, condizionano per il 50 % il valore complessivo del- ben più importanti nel condizionare le valutazioni di l’ISECI, con conseguente sottovalutazione dell’impor- stato delle comunità ittiche; tante indicatore relativo alla “condizione biologica del-

– per le quali non è disponibile, ai fini di eventuali le popolazioni” (f2), con peso del relativo punteggio confronti, il dato SECA per l’anno 2008 e/o quello (P2) pari a 0,3. relativo allo Stato Ecologico per gli anni 2009/2010. CONCLUSIONI In sintesi, esaminando il sottoinsieme delle 47 sta- Nel territorio piemontese, in questo ultimo decen- zioni considerate sulla base dei criteri succitati (Tab. nio, sono state effettuate importanti campagne di mo- XI), si sono valutati gli indici ISECI/1 secondo le nitoraggio dell’ittiofauna, insieme a quelle finalizzate vecchie nomenclature ed ISECI/2 secondo quelle nuo- alla classificazione della qualità dei corsi d’acqua me- ve. Risulta quanto segue: diante il SECA ai sensi del D.Lgs. 152/99 fino all’anno – si osserva una variazione molto modesta del punteg- 2008 e dello Stato Ecologico ai sensi del D.Lgs. 152/

gio medio “P5”, relativo all’indicatore “presenza di 06 a partire dall’anno 2009. È stato quindi possibile, specie endemiche” (f5), che passa dal valore 0,78 con analogamente a quanto proposto con precedenti con- l’utilizzo delle vecchie nomenclature al valore 0,81 tributi (Forneris et al., 2006b, 2010, 2011b; Delma- con l’utilizzo delle nuove nomenclature; stro et al., 2007), disporre di un ricco insieme di dati

– tenuto conto che il punteggio “P5” condiziona quello per effettuare efficaci analisi sui metodi di valutazione dell’ISECI solo per il 20 %, il valore medio (0,73) di stato dell’elemento EQB “pesci”, con particolare rimane identico per gli indici ISECI/1 ed ISECI/2; riferimento ai corsi d’acqua naturali. Merita evidenzia- – risultano due casi con passaggio dal livello di qualità re che le considerazioni espresse sulla base delle espe- 2 al livello 1 ed un solo caso dal livello 2 al livello 3 rienze acquisite per il territorio piemontese si possono dall’ISECI/1 all’ISECI/2, quindi senza variazioni si- ritenere valide per gran parte del territorio nazionale.

Lavori originali

52 FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte

a a

Aur (e2)/Aur

a

(e2)

Aur (segue) vecchie

a a

Aur (e1)/Aur

a (e1) AUr

Comunità attese

a Aur

11 7 0,64 9 0,82 10 6 0,60 8 0,80 13 7 0,54 7 0,54 13 7 0,54 10 0,77 10 6 0,60 8 0,80 12 7 0,58 8 0,67 13 6 0,46 9 0,69 13 6 0,46 9 0,69 13 6 0,46 9 0,69 10 6 0,60 8 0,80 13 7 0,54 9 0,69 11 7 0,64 9 0,82 10 6 0,60 8 0,80 10 6 0,60 8 0,80 16 9 0,56 11 0,69 10 6 0,60 8 0,80 11 7 0,64 9 0,82 10 6 0,60 8 0,80 13 7 0,54 10 0,77 13 7 0,54 10 0,77 13 7 0,54 9 0,69 12 8 0,67 9 0,75 18 10 0,56 13 0,72 18 10 0,56 13 0,72 (C - per il solo fiume Po), tassonomie secondo Kottelat e Livello

1 2 2 2 2 2 3 2 2 2 2 1 1 1 2 2 3 1 2 1 2 2 3 2

5 nuove P Valore Ciprinicola 0,78 0,75 0,88 0,70 0,63 0,50 0,56 0,89 0,78 0,63 1,00 1,00 0,88 1,00 0,73 0,88 0,78 0,88 0,90 0,90 0,56 0,78 0,54 0,79

(M), iormente idonee ai fini della valutazione degli Valore Mista

a delle acque effettuati negli anni 2008 (D.Lgs. 152/ delle acque effettuati Livello 1 0,82 2 0,72 2 0,79 2 0,63 2 0,78 2 0,64 2 0,58 2 0,78 2 0,63 2 0,70 2 0,78 1 0,87 1 0,82 1 0,84 2 0,69 2 0,76 3 0,58 2 0,80 2 0,80 1 0,84 2 0,63 2 0,62 3 0,50 2 0,63 na occidentale sul versante padano), Z1.2 (di pertinenza

(e1) è il numero di specie endemiche secondo le

a 5 Valore P Valore 0,83 0,83 0,71 0,71 0,50 0,43 0,71 0,86 0,71 0,50 1,00 0,86 0,83 0,56 1,00 0,83 0,86 0,83 0,86 1,00 0,57 0,75 0,50 0,80

ISECI/1 ISECI/2

Valore

) 10 09/ ( E S

) 2008 ( SECA 2 0,66 3 0,64 2 3 0,83 3 3 0,76 2 2 0,73 3 4 0,63 2 3 0,76 2 3 0,63 2 3 0,61 2 3 0,77 2 3 0,62 2 2 0,67 2 3 0,78 3 0,85 3 0,81 2 0,84 2 3 0,75 2 3 0,60 3 0,79 3 4 0,79 4 0,86 3 0,63 2 2 0,62 3 3 0,49 Monitoraggi

” relativo alle “specie endemiche” e dei livelli di qualità) ottenuti dall’applicazione

5 (AU+AL) AT

AL

AUr N specie (2009) AU 7718 6606 6617 8719 7607 8819 7707 nomenclature. . (1991) e Zerunian, 2002, 2004) dell’ISECI/2 con utilizzo delle nuove et al s.l.m. Z Tp è il numero di specie attese della comunità di riferimento. AUr è il numero di specie attese della comunità riferimento. (Ci). Per ogni stazione sono indicati i numeri totali “N” delle specie campionate nel 2009 autoctone (AU), costituenti le a illafranca P.te 251 1.1 M 10 10 0 10 illafranca P.te 242 1.1 M 8 8 2 10 enaria R. 247 1.1 Cs 10 8 5 15 enaria R. 248 1.1 M olvera 250 1.1 Ci 10 10 4 14 tassonomie secondo Gandolfi orino 221 1.1 Cs 8 7 2 10 orino 220 1.1 C 14 13 3 17 Comune m Casanova 152 1.1 Cs 9 8 2 11 Carignano 227 1.1 M 11 11 0 11 Mongrando 336 1.1 Cs Quinto V.se 140 1.1 Ci 8 8 5 13 Cossato 229 1.1 Cs Borgosesia 338 1.1 M Ghislarengo 200 1.1 M Strambino 222 1.1 M 10 9 0 10 Saluggia 160 1.1 M 9 9 2 11 S.Giusto C.se 226 1.1 Cs Chivasso 185 1.1 M 12 11 3 15 Chivasso 182 1.1 Cs 14 10 4 18 Lombardore 221 1.1 Cs 10 8 1 11 Front 265 1.1 Cs 11 9 1 12 Moncalieri 221 1.1 Ci 11 10 2 13 Polonghera 243 1.1 M Lauriano 163 1.1 C 8 8 4 12 Ciprinicola inferiore vecchie Prov (Cs) e (e2) è il numero di specie endemiche secondo le a 009060 VC 009040 BI 013030 VC 014022 VC 033010 TO 039025 VC 035045 TO 045060 TO 045030 TO 045020 TO 040010 TO V 032010 TO T 043010 TO 043005 TO V 022040 CN 030030 TO V (D.Lgs. 152/2006) e i valori (ed relativi punteggi dell’indicatore “P 2010 . Elenco delle stazioni facenti parte del sistema della rete di monitoraggio regionale ai sensi D.Lgs. 152/06 ritenute magg nomenclature. AUr Tab. XI Tab. dell’ISECI/1 sulla base delle effetti dovuti ai cambiamenti della nomenclatura scientifica di varie specie e presenti nelle sub-aree Z1.1 (di pertinenza alpi alpina centrale sul versante padano) e Z2.1 (di pertinenza appenninica padano). Le tipologie ambientali sono quell Freyhof (2007) e Bianco e Delmastro (2011). AUr Freyhof (2007) e Bianco Delmastro (2011). Ciprinicola superiore comunità di riferimento (AUr, sottoinsieme delle AU) ed alloctone (AL). Sono riportati gli esiti dei monitoraggi sulla qualità sottoinsieme delle comunità di riferimento (AUr, 1999), 2009/ Po 001040 TO V Elvo 007030 VC Po 001065 TO Elvo 007015 BI Cervo Cervo Sessera Sesia Chiusella Dora Baltea Malesina Orco 034010 TO Malone Malone Po 001095 TO T Malone Ceronda Stura LanzoStura 044015 TO V Sangone Chisola Chisola Varaita Pellice Po 001197 TO Corso d’acqua Codice

Lavori originali

FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte 53

a a

Aur (e2)/Aur

a

(e2) Aur

a a

Aur (e1)/Aur

a (e1) AUr

Comunità attese

a Aur

8 4 0,50 6 0,75 9 6 0,67 8 0,89 9 4 0,44 5 0,56 9 4 0,44 5 0,56 10 6 0,60 8 0,80 13 7 0,54 9 0,69 10 6 0,60 8 0,80 10 6 0,60 8 0,80 12 7 0,58 10 0,83 11 7 0,64 9 0,82 11 5 0,45 7 0,64 13 6 0,46 9 0,69 11 7 0,64 9 0,82 11 7 0,64 9 0,82 10 6 0,60 8 0,80 21 10 0,48 12 0,57 11 7 0,64 9 0,82 11 7 0,64 9 0,82 10 6 0,60 8 0,80 11 7 0,64 9 0,82 12 7 0,58 9 0,75 10 6 0,60 8 0,80 11 7 0,64 9 0,82 Livello

1 2 1 1 2 1 2 2 1 2 2 2 3 1 2 2 2 2 2 1 2 2 2

5 Valore P Valore

1,00 0,89 1,00 0,88 0,70 0,89 0,86 0,89 0,89 0,78 0,88 0,83 0,67 0,89 0,75 0,78 0,50 1,00 0,60 0,89 0,89 0,88 0,89

Valore

Livello 1 0,83 2 0,68 1 0,87 1 0,82 2 0,69 1 0,83 2 0,63 2 0,65 2 0,80 2 0,73 2 0,78 2 0,77 3 0,55 1 0,86 2 0,78 2 0,79 2 0,74 2 0,80 2 0,67 1 0,93 2 0,66 2 0,69 2 0,75

5 Valore P Valore 1,00 0,86 1,00 0,83 0,71 1,00 0,80 0,86 0,71 0,83 0,75 0,60 0,86 0,67 0,71 0,50 1,00 0,50 0,86 0,86 1,00 0,86 0,86

ISECI/1 ISECI/2 Valore

0,65 0,72 0,77 0,75 0,54 0,85 0,77 0,78 0,74 0,80 0,65 0,92 0,85 0,65 0,72 0,75

) 10 09/ (

S E E S 1 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 4 2 2 2

) 2008 ( SECA

2 3 0,83 3 4 0,68 2 3 0,87 2 3 0,81 2 0,69 3 3 2 0,62 1 2 2 2 2 2 2 2 2 1 2 0,80

Monitoraggi

AT (AU+AL) AT

AL

AUr N specie (2009) AU 9809 8819 8819 7718 7718 7718 6606 8619 9909 6606 7729 8619 7718 8619 9909 8819 s.l.m. Z Tp uazzora 68 2.1 Ci 9 8 4 13 illarboit 155 1.1 Ci 9 9 2 11 illalvernia 150 2.1 Cs ignole 216 2.1 Cs erbania 200 1.2 M erbania 199 1.2 M altignaga 177 1.2 Cs 9 9 4 13 Comune m Lesegno 350 1.1 M Narzole 210 1.1 Ci Collobiano 141 1.1 Ci 8 8 4 12 Cossato 226 1.1 Cs Melazzo 167 2.1 Cs Mombaldone 200 2.1 Ci Cossano Belbo 245 2.1 Cs Feisoglio 500 2.1 Cs Mondovì 285 1.1 M Oleggio 150 1.2 C 14 13 6 20 Serravalle 184 2.1 Cs Silvano d’Orba 154 2.1 Cs Gorzegno 290 2.1 Cs Gravellona 204 1.2 Cs Merana 270 2.1 Cs 9 8 3 12 Novara 163 1.2 Cs 9 9 2 11 Prov 028010 CN 046050 CN 416015 VC 415005 VC V 011035 BI 054030 AL 056027 AT 049025 CN 049005 CN 052022 NO 048030 AL 047030 CN 055020 VB 070010 VB V 069010 VB V 048055 AL V 056010 AL 048100 AL G 063040 AL V 053037 NO V 053045 NO Corsaglia Tanaro Marchiazza Rovasenda Strona Vallemosso Strona Erro Bormida Spigno Belbo Belbo Pesio 025020 CN Ticino Scrivia Piota 087010 AL Bormida Millesimo Strona Omegna S.Bernardino S.Giovanni Intra Scrivia Bormida Spigno Scrivia Borbera Agogna Agogna Tab. XI (seguito) Tab. Corso d’acqua Codice

Lavori originali 54 FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte

Con il presente contributo si sono esaminati ed dominante l’elemento “pesci” diventa determinante in approfonditi i seguenti aspetti: la validità dei sistemi di questo modello dominato dal criterio “vinca il peggio- valutazione di stato delle comunità ittiche per i tratti re” (Baldaccini, 2009). superiori dei torrenti montani, l’attendibilità degli stessi Il punteggio complessivo dell’ISECI è condizionato negli ambienti dominati dalle specie ittiche alloctone e dai fattori “presenza di ibridi” (f3) e “presenza di la coerenza rispetto alle ricerche inerenti nuove tasso- specie aliene” (f4) i cui rispettivi valori P3 e P4 pesano nomie ed in rapida evoluzione. entrambi 0,1 nel calcolo dell’indice. L’idea di inserire Corsi d’acqua montani. Per quanto riguarda l’ap- tali fattori come elementi negativi nel calcolo dell’indi- plicazione dell’Indice Ittico, secondo la versione più ce (come accade per l’I.I.n) sarebbe condivisibile se si recente (Forneris et al., 2011a), si ribadisce l’esclu- concepisse l’ISECI come indice naturalistico; infatti la sione degli ambienti classificati nelle tipologie ambien- presenza di specie aliene è una vera e propria forma di tale alpina (A) della subarea Z1 (porzioni medio-alte dei alterazione rispetto allo scenario determinato dall’evo- bacini alpini) e salmonicola (S) della subarea Z2 (por- luzione naturale e costituente il riferimento fondamen- zioni alte dei bacini appenninici sui versanti padano e tale dello stato naturalistico definibile come “eccellen- adriatico) e nei torrenti delle testate dei bacini appenni- te”. In realtà, per coerenza con la Direttiva 2000/60/ nici sul versante tirrenico in Z3. Sono ambienti quasi CE, l’EQB “pesci” andrebbe valutato con un metodo sempre popolati da salmonidi (in genere alloctoni) che “misura gli effetti dell’alterazione” e non le cause. conseguenza di immissioni per fini alieutici e la cui La fauna alloctona è una causa ed infatti, come sopra probabile condizione naturale è l’assenza di ittiofauna. dimostrato, la sua presenza determina effetti grave- I risultati dei campionamenti potrebbero essere in- mente negativi sulla comunità ittica autoctona, così fluenzati dalle modalità di gestione dei ripopolamenti e come altri fattori di alterazione (derivazioni/ritenzioni dai prelievi alieutici in misura ben maggiore rispetto alle idriche, interventi di sistemazione idraulica, eutrofizza- condizioni ambientali dei corsi d’acqua. Ciò vale anche zione, ecc.), ma non per questo inseriti nel sistema di per l’ISECI. valutazione. Per gli ambienti succitati, ai fini della valutazione Per tali ragioni bisognerebbe forse ripensare all’op- dello Stato Ecologico ai sensi del D.Lgs. 152/06, l’ele- portunità/utilità di mantenere i succitati fattori f3 ed f4 mento EQB “pesci” andrebbe opportunamente esclu- nel metodo ISECI o in qualunque altro metodo di so. Merita ricordare che la non applicabilità di un valutazione di stato quando finalizzato alla determina- qualunque metodo di valutazione di stato delle comuni- zione dello Stato Ecologico. Ma rimane ancora un tà ittiche nei tratti superiori dei corsi d’acqua montani problema molto più importante, di difficile risoluzione era già stata proposta da Badino et al. (1992). e cioè il rischio di irreversibilità dell’alterazione dovuta Fauna alloctona. Secondo la Direttiva 2000/60/CE alla presenza di fauna alloctona, soprattutto quando l’elemento EQB “pesci” deve essere valutato sulla base invasiva. del confronto tra la comunità ittica effettivamente Le nuove tassonomie. Secondo Bianco e Delma- presente (campionata), considerando le condizioni bio- stro (2011) in Italia “Gli aggiornamenti, rispetto alle logiche (abbondanza e struttura) delle singole popola- specie citate da Gandolfi et al. (1991) e Zerunian zioni e quella di riferimento, cioè quella attesa in assen- (2004), interessano 22 specie mentre, per quanto ri- za di alterazioni di origine antropica. La presenza di guarda l’aggiornamento rispetto a Kottelat e Frehyof specie alloctone va considerata come una grave forma (2007), interessano 11 specie… Per quanto riguarda di alterazione, anche e soprattutto perché probabil- la vecchia nomenclatura ufficiale e lo stato di conser- mente irreversibile e/o difficilmente contenibile. vazione, sette specie considerate di origini danubiane In numerosi corsi d’acqua piemontesi, nei quali la o padane da Gandolfi et al. (1991) e Zerunian (2004) qualità fisico/chimica e biologica delle acque non do- inserite nella categoria “Low Concern” dell’IUCN vrebbe porre limiti eccessivi allo sviluppo e conserva- (2010), in realtà si sono dimostrate, alcune da almeno zione di comunità ittiche almeno discrete, la massiccia 15-20 anni, specie endemiche italiane. Se non si pro- presenza di specie alloctone comporta pesanti riper- cede a un riconoscimento nazionale di questi endemi- cussioni nelle valutazioni di stato. Tale situazione rende smi e ad una loro tutela, è chiaro che la loro sorte è difficile il conseguimento degli obiettivi di qualità basati destinata a peggiorare ulteriormente”. sull’attribuzione del giudizio dello Stato Ecologico sulla Le preoccupazioni espresse dai succitati Autori base del ben noto meccanismo per cui la valutazione sono condivisibili e certamente va riconosciuto come complessiva è pari a quella peggiore degli elementi di molto importante il contributo della ricerca nel setto- qualità biologica (EQB) e fisico-chimica e rispetto al re della sistematica dell’ittiofauna. Tuttavia bisogna quale sono state sollevate non poche perplessità (Nar- ammettere che i continui aggiornamenti riguardanti le dini et al., 2008). Nelle situazioni con fauna alloctona tassonomie e quindi soprattutto il riconoscimento

Lavori originali FORNERIS et al. - Riflessioni sull’applicazione degli Indici Ittici in Piemonte 55 degli endemismi, pongono non pochi problemi per do anche conto che non sono da escludere, nei l’applicazione dei sistemi di valutazione di stato delle prossimi anni, ulteriori aggiornamenti che potrebbero comunità ittiche. Abbiamo visto che poco o nulla estendere la lista delle specie endemiche. Per esempio cambia rispetto all’Indice Ittico ambientale (I.I.a), in si può citare la linea evolutiva adriatica (o padana) del quanto esso non attribuisce agli endemismi un ruolo Thymallus thymallus (Meraner e Gandolfi, 2012) che ecologico diverso rispetto alle altre specie autoctone, potrebbe essere elevata a nuova specie con areale di ma viene stravolto l’Indice Ittico naturalistico (I.I.n) distribuzione limitata al distretto padano-veneto, quindi e pone problemi all’ISECI, in quanto risulta una un ulteriore endemismo ristretto (AD = 3), quando sovrapposizione degli indicatori f1 (presenza di specie attualmente si ritiene un’unica specie a livello euro- indigene) ed f5 (presenza di specie endemiche) tenen- peo (AD = 1).

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Lavori originali Biologia Ambientale, 28 (8): 57-64, 2014.

Animali esotici negli zoo e valutazione del loro benessere: un approccio olistico

Spartaco Gippoliti Viale Liegi, 48 – 00198 Roma. [email protected] Pervenuto il 2.5.2013; accettato il 16.5.2013

Riassunto Il Decreto Legislativo 73/2005 richiede la valutazione delle attività di ricerca, conservazione ed educazione e gli standard di mantenimento degli animali negli ‘zoo’ (inclusi acquari, zoosafari, delfinari, ecc.) soggetti a licenza. La storica sottovalutazione degli aspetti tecnici legati alla zoo-biology in Italia e pressioni da parte di associazioni animaliste, rendono ancora più forte una tendenza a privilegiare un approccio ‘medico’ alla valutazione del benessere degli animali e ad enfatizzare il ruolo del veterinario nella gestione degli zoo. Nel presente lavoro viene offerta una breve sintesi sull’argomento e viene discusso criticamente l’allegato tecnico del D.Lgs. 73, soffermandosi su alcuni aspetti critici per la corretta gestione degli animali. Si auspica un approccio olistico e bio-etologico alla gestione, e di conseguenza alla valutazione in sede ispettiva, degli standard di mantenimento degli animali selvatici in cattività.

PAROLE CHIAVE: conservazione della biodiversità / legislazione zoo / modello medico

Exotic wild animals in zoos and welfare: an holistic approach Italian legislation requires yearly inspections to asses standards of licensed zoos. Owing to an historic neglect of zoo-biology in Italy and pressures of animal-right groups, there is a tendency to over-emphasize a medical approach to welfare evaluation and the presence of a veterinary surgeon in the context of zoo management. In the present paper a review of the subject is offered and a discussion is done concerning the technical supplements of Legislative Decree 73/2005, with identification of some critical points. A more holistic and bio- ethological approach to the management and assessment of hundreds of different vertebrates species in zoos is recommended as a crucial aspect of zoo’s conservation’s mission.

KEY WORDS: biodiversity conservation / zoo legislation / medical model

«Se vuoi sapere se l’elefante dello zoo ha il mal di stomaco, non chiedere al veterinario ma a chi pulisce la gabbia» Robert M. Sapolsky (2006: 445)

INTRODUZIONE Il mantenimento di specie animali in situazioni con- aperte al pubblico, siano oggetto di verifiche da parte trollate, spesso al di fuori dell’originale areale, ha radici delle autorità statali per garantire la sussistenza di antiche. In Cina, Egitto e Mesopotamia grandi collezio- requisiti minimi che garantiscano da un lato il benesse- ni zoologiche erano assemblate già più di 4.000 anni fa re psicofisico degli animali ospitati, e dall’altro l’assen- (FINOTELLO, 2004). Il rapporto con gli animali selvatici za di problematiche sanitarie che potrebbero danneg- in cattività e il loro ruolo simbolico nelle varie civiltà è giare la salute umana o la zootecnica. Gli zoo respon- un argomento di grande interesse oggetto di contributi sabili sono stati tra i primi propugnatori di una legisla- da parte di storici, psicologi, architetti, antropologi. zione specifica (BRONZINI, 1985). Oggi però la società richiede che le strutture che Il presente contributo analizza alcuni aspetti del detengono animali selvatici, ed in particolare quelle Decreto Legislativo 73/2005 che stabilisce i criteri per 58 GIPPOLITI - Benessere animali esotici negli zoo l’acquisizione della Licenza di Zoo nel nostro paese, delle informazioni che esistono sul mantenimento degli recependo in maniera più restrittiva la direttiva 1999/ animali selvatici negli ‘zoo’, frutto di una esperienza 22/CE che delinea le norme in ambito Unione Europea. scientifica più che secolare (Tab. I) raccolta in migliaia È utile sottolineare immediatamente che queste norme di articoli e libri (per una recente sintesi, si veda ad riconoscono agli ‘zoo’ (inclusi acquari, zoo-safari, esempio HOSEY et al., 2009 e, per gli aspetti pretta- case delle farfalle, delfinari, ecc.) un ruolo nell’ambito mente sanitari, FOWLER e MILLER, 2007). Sulla base della Convenzione sulla Biodiversità (GIPPOLITI, 2012) della biologia applicata agli zoo (HEDIGER, 1950; 1970), che si esplica attraverso i programmi di conservazione si delineano alcuni dei principi di base per valutare la in situ e ex situ, la formazione, la divulgazione e la qualità del mantenimento di specie selvatiche in cattivi- ricerca. tà (con particolare riferimento ai giardini zoologici), Per questo la valutazione delle strutture esistenti o seguendo un approccio olistico. che stanno nascendo, spesso diversissime perché de- dicate a gruppi animali filogeneticamente lontani oppu- re con budget assai variabili e diverse concezioni ar- chitettoniche e ‘filosofiche’, se non può assolutamente prescindere dalla presenza del veterinario specializzato non può, a rigor di logica, essere effettuata senza l’ausilio di altre professionalità ed in particolare di tecnici familiari con la gestione dei vari gruppi tasso- nomici in cattività. Ciò anche in virtù dei peculiari obiettivi dello ‘zoo’; questi devono perseguire neces- sariamente una finalità prettamente biocentrica ed oli- stica, che esula da qualsiasi tentativo di domesticazio- ne e di antropocentrismo se vogliono essere realmente utili alla biodiversità (GIPPOLITI, 2011). Nella realtà, invece, molte strutture zoologiche italiane non dispon- gono di personale tecnico-scientifico adeguato (a giu- Fig. 1. Ancora oggi si sottovaluta la capacità di adattamento alle dicare dallo scarso contributo alla letteratura speciali- diverse condizioni climatiche di molte specie omeoterme, come stica nazionale ed internazionale) e alcune pensano di questo ghepardo Acinonyx jubatus (foto S. Gippoliti). sopperire a questo deficit con la presenza, più o meno costante, del veterinario. Tab. I. Alcuni eventi salienti della attività scientifica dei giardini zoologici. ZOO E BENESSERE DEGLI ANIMALI Gli zoologi del XIX Secolo commiseravano gli ani- Anno Evento mali ospitati negli zoo dell’epoca in maniera non molto dissimile da come spesso si fa oggi. Molti direttori 1859 Inizia la pubblicazione a Francoforte di Der Zoologische Garten (oggi rivista della WAZA, World Association Zoos erano consci dei limiti imposti agli animali ma ben and Aquaria) scarse erano le alternative in un epoca in cui le osser- vazioni scientifiche sugli animali erano spesso limitate 1942 Hediger pubblica Wilde Tiere in Gefangenschaft, tradotto allo studio delle spoglie nei Musei di storia naturale. Le in inglese nel 1950 conoscenze sulla ‘storia naturale’ delle diverse specie 1946 Nasce l’International Union of Directors of Zoological erano scarsissime, i fattori climatici sopravvalutati (Fig. Gardens (IUDZG), oggi WAZA 1) e la sola sopravvivenza di un singolo esemplare era considerata giustamente un grande successo. 1959 Primo Simposio Internazionale dei veterinari di zoo a Se quindi oggi appare riprovevole nutrire un gorilla Berlino con salsicce viennesi, pane imburrato e birra chiara 1959 La Zoological Society di Londra inizia la pubblicazione gelata, allo staff dell’Acquario di Berlino doveva appa- dell’International Zoo Yearbook, curato da Desmond rire il massimo delle cure possibili per una specie a noi Morris filogeneticamente così vicina. L’antropomorfismo ec- cessivo, se da un lato denota sensibilità ed attenzione 1960 Nasce l’American Association of Zoo Veterinarians verso le altre specie, finisce spesso per sottovalutarne 1970 Inizia la pubblicazione di Journal of Zoo and Wildlife le reali esigenze critiche, esigenze che possono essere Medicine anche molto diverse tra loro nelle diverse specie. Nel presente lavoro si tiene conto della quantità e qualità 1982 Inizia la pubblicazione di Zoo Biology

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LO SPAZIO pava un home range di un ettaro (FA, 1991). Uno degli aspetti di criticità maggiore per un profa- Un’altra evidenza può provenire dall’osservazione no è costituito proprio dalla limitazione della libertà di dell’uso dello spazio di animali che in alcuni giardini movimento imposto dalla cattività. A volte il termine è zoologici hanno a disposizione spazi molto ampi. In usato chiaramente a sproposito, per esempio quando si grandi recinti per erbivori, le aree con mancanza di parla di “leoni liberi come allo zoosafari”. Gli animali erba a causa del calpestio mostrano chiaramente che liberi sono quelli che non dipendono per la loro soprav- gli animali prediligono sostare in un area limitata, spes- vivenza dall’intervento diretto dell’uomo e non sono so limitrofa ai ricoveri ed alle zone di approvvigiona- limitati nei loro spostamenti da nessuna barriera artifi- mento. Simili osservazioni sono anche state compiute ciale. Ma è questa enfasi sulla quantità dello spazio sui gorilla (STOINSKI et al., 2001). Non è chiaro se ciò giustificata dalle conoscenze scientifiche e pratiche possa essere anche il risultato di una inadeguatezza di accumulate negli zoo e in natura nell’ultimo secolo? una parte del recinto; resta il fatto che, anche se così Lo sviluppo dell’ecologia (studio dei rapporti tra gli fosse, ciò confermerebbe che la qualità è più rilevante organismi e l’ambiente fisico) e dell’etologia (studio della quantità. A parte poche specie di grandi dimen- del comportamento) nel secolo scorso ci fornisce la sioni, la stragrande parte delle specie dipende dalla prova che l’esistenza degli organismi viventi è condi- propria capacità di passare inosservata, spesso in zionata da una moltitudine di fattori ambientali (biotici habitat complessi e ricchi di vegetazione, per il pro- ed abiotici) e sociali (cioè dai rapporti intraspecifici) prio successo predatorio e per sfuggire ai predatori che sono all’origine della estrema ricchezza di specie (Fig. 2-3). (biodiversità) che osserviamo sul nostro pianeta e Recenti meta-analisi hanno evidenziato nelle diver- che era d’altronde prevedibile secondo la teoria della se specie di carnivori una correlazione tra grandi aree selezione naturale propugnata da Darwin e Wallace familiari, alta mortalità neonatale in cattività e predi- nel 1858. La difesa di un ‘territorio’ ben circoscritto sposizione a compiere stereotipie (CLUBB e MASON, è stata descritta in innumerevoli specie mentre in 2003, 2007). Basandoci sul limitato dataset fornito molte altre si parla di aree familiari (home ranges) dai soli giardini zoologici italiani, si può rilevare che perché non precluse ad altri individui o gruppi della l’allevamento dei piccoli nell’orso polare Ursus mari- stessa specie. Heini Hediger, etologo e direttore degli timus è stato ottenuto da quattro dei cinque zoo che zoo di Berna, Basilea e Zurigo, fonderà la zoo biology hanno mantenuto la specie, spesso in impianti di sulla premessa che non è la limitazione di spazio il limitata (Milano) o appena maggiore estensione (Na- fattore cruciale per il corretto mantenimento degli poli, Pistoia, Fasano), ma non a Roma dove esisteva animali negli zoo, ma la trasposizione dei fattori qua- l’impianto più vasto (Gippoliti, oss. pers.). Quindi il litativi che caratterizzano i territori o le aree familiari successo nella riproduzione sembra legato a ben altri nelle varie specie (HEDIGER, 1950). Decenni di ricer- fattori, in particolare alla privacy assicurata alla fem- che sul campo hanno dimostrato che la superficie del mina durante il parto e i primi mesi di allevamento territorio varia considerevolmente a seconda delle della prole. Anche per il licaone Lycaon pictus, canide disponibilità trofiche e, più in generale, della qualità dell’habitat. La tigre del Parco Nazionale Chitwan (Nepal) ha territori in media di 15 km2 per le femmine e di 50 km2 per i maschi, mentre nella più inospitale Manciuria, i territori delle femmine si estendono per quasi 400 km2, e quelli dei maschi possono arrivare a 1300 km2 (MAJUMDER et al., 2012). Si può quindi ipotizzare che gli animali che vivono nelle aree più favorevoli occupino aree più limitate, e certamente non il contrario. Alcune ipotesi possono essere testa- te con individui che utilizzano risorse trofiche abbon- danti. L’area familiare di gruppi di macachi che in ambienti urbani vengono artificialmente forniti di cibo dall’uomo, ma rimangono free-ranging, è drammati- camente ridotta rispetto quella dei conspecifici non alimentati. Lo stesso può dirsi di gruppi che hanno facile accesso al cibo, per esempio sotto forma di Fig. 2. La complessità verticale dell’habitat è per molte specie discarica. Un gruppo di bertucce Macaca sylvanus arboricole, come questo ocelot Leopardus pardalis, più impor- alimentate regolarmente dai turisti a Gibilterra occu- tante della semplice superficie totale (foto S. Gippoliti).

Lavori originali 60 GIPPOLITI - Benessere animali esotici negli zoo sociale africano, l’allevamento della prole sembra più ASPETTI SANITARI legato a fattori quali la disponibilità di tane sicure, la Le generali condizioni igienico-sanitarie in cui zoo stabilità sociale del gruppo familiare e il controllo di e acquari si sono sviluppati storicamente erano assai eventuali parassiti nei piccoli che non alle dimensioni diverse dalle attuali. Non deve quindi stupire che le del recinto (Fig. 4). malattie infettive costituissero una grave minaccia per gli animali e che con gli anni grande attenzione sia stata dedicata alla prevenzione della trasmissione di tali malattie, in particolare attraverso una estrema attenzione alla igienicità delle gabbie. Nel caso di animali particolarmente delicati come le grandi scim- mie antropomorfe, gli animali erano isolati da vetrate e tenuti a temperatura costante; il cibo era prevalente- mente bollito e si preferiva dissetare gli animali con il tè (STEMMLER-MORATH, 1968). Nel 1932 ad esempio, una intera famiglia di scimpanzé Pan troglodytes, incluso uno dei primi nati in Europa, soccombeva alla tubercolosi nel Giardino Zoologico di Roma (GIPPOLI- TI, 2010). L’evoluzione verso ambienti in cemento e piastrelle, facili da pulire e con forniture (pali, piatta- forme, ecc.) ridotte all’essenziale e meglio se in acciaio, rappresenta quindi una risposta ai suddetti problemi sanitari non però estranea ad alcuni trend architettonici dell’epoca (funzionalismo). Fortunata- mente, gli sviluppi in campo sanitario hanno portato ad una estrema riduzione del pericolo rappresentato da questi aspetti, anche se gli ambienti realizzati in quegli anni sono all’origine delle aspre critiche rivolte agli zoo a partire dagli anni ’60-70 del secolo scorso ed alla frequenza di comportamenti ‘anomali’ (MOR- RIS, 1964) (Fig. 5). Decenni di ricerche applicate ci permettono di delineare, almeno per le specie più comunemente mantenute negli ‘zoo’, i parametri principali che con- Fig. 3. La vegetazione viva, dove ne è consentita la crescita dagli sentono di venire incontro alle esigenze comporta- animali, fornisce non solo complessità strutturale ma anche una mentali e quindi favorire il benessere psicofisico degli maggiore sicurezza a piccoli primati come questi callimico di individui. Gli ambienti più complessi sia dal punto di Goeldi Callimico goeldi (foto S. Gippoliti). vista sociale che fisico richiedono il continuo coin- volgimento del veterinario/i sia a livello preventivo che di monitoraggio degli individui, e la fattiva colla- borazione con lo staff curatoriale e scientifico che dispone in linea di massima delle conoscenze relative alla storia naturale delle singole specie, alle loro carat- teristiche di allevamento in cattività e alla storia indi- viduale dei soggetti. La stretta correlazione tra gli aspetti biologici e quelli medici può essere apprezzata pienamente in compendi specialistici (p. es. FOWLER e MILLER, 2007). Per citare un caso esemplificativo, diverse specie di macropodi sono soggette ad una necrobacillosi che colpisce l’apparato masticatore, causata dai batteri Fusobacterium necrophorum e Corynebacterium piogene. Tre fattori ambientali sono Fig. 4. L’allevamento di specie difficili come i licaoni Lycaon sospettati di incrementare il rischio di infezione: so- pictus è prova tangibile della rilevanza biologica dell’habitat arti- vraffollamento, ferite dovute a collisione con parti ficiale creato nel giardino zoologico (foto S. Gippoliti). della recinzione e infine assenza di legno e erbe

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grezze nella dieta (BROOKINS et al., 2008). Questa medico di gestione” (SEIDENSTEKER e DOHERTY, 1996). sindrome detta lumpy jaw (osteomielite orale) mo- Per esempio nell’All. 1, il punto A2 recita “Qualsiasi stra chiaramente l’interrelazione tra gestione, am- animale risulti in condizioni di stress, malato o ferito biente sociale e salute e richiederebbe di essere deve ricevere immediate cure ed attenzioni del medi- affrontata con un approccio olistico e non solo co veterinario”. A parte il fatto che gli animali selvati- medico-veterinario. Per inciso, anche in questo caso ci possiedono una capacità di recupero che li pone in la documentazione e disseminazione di informazioni grado di ristabilirsi da piccoli traumi senza la necessi- concernenti la gestione di gruppi in cui si riscontra tà di interventi sanitari che quasi sempre impongono la patologia e ‘sani’ dovrebbe essere uno dei contri- dei periodi di separazione dall’unità sociale che pos- buti basilari di un giardino zoologico gestito con sono avere effetti disastrosi per l’individuo rimosso, criteri scientifici. non ci sembra che animali stressati abbiano urgenza di essere ancora più stressati dalla visita del veterina- IL DECRETO LEGISLATIVO 73/2005: rio. Al contrario, è compito dello staff tecnico avan- ALCUNE OSSERVAZIONI zare delle ipotesi per questo stato (p. es. arrivo di un Il suddetto decreto, che recepisce in Italia la diret- nuovo esemplare, spostamento di recinto, ecc.) e tiva 1999/22/CE relativa alla custodia degli animali porre in atto quelle tecniche che consentono all’esem- selvatici nei giardini zoologici, detta le norme per plare di superare questo momento di stress, se possi- l’acquisizione della Licenza di Zoo in Italia. Nei suoi bile attraverso la rimozione della causa che lo ha allegati, che prendono spunto e ricalcano i requisiti determinato. L’esame degli standard minimi prepara- minimi preparati dall’EAZA (2008), vengono fissati i to dall’EAZA (2008) conferma il nostro punto di vista criteri qualitativi che devono caratterizzare gli zoo in quanto il paragrafo originale recita “Any animals licenziati. Come forse inevitabile, gli allegati sembra- which are noted to be unduly stressed, sick or injured no prediligere quello che è stato definito “modello to receive immediate attention and, where necessary (nostro corsivo), treatment”. Il punto B2 b del D. Lgs. 73 recita; “evitare il persistere di conflitti fra branchi o membri del branco o fra differenti specie, nel caso di exhibit miste”. Se corretto appare il secondo punto in quanto troppo spesso alcune specie soffrono gravi conseguenze per la convivenza con specie più aggressive, la questione dei conflitti intraspecifici merita un approfondimen- to. La necessità di costituire unità sociali paragonabili (sia qualitativamente che quantitativamente) a quelle che occorrono in natura rappresenta una grande con- quista della zoo biology (HEDIGER, 1950; 1970). In nessuna parte del decreto questo aspetto è citato. Spetta allo staff tecnico dello zoo una valutazione dei conflitti che inevitabilmente occorrono all’interno di unità sociali (Fig. 6). In generale, degli accorgimenti nel governo degli animali possono contribuire ad alleviare dei conflitti (p. es. distribuendo il cibo su aree più vaste). A volte questi conflitti possono avere un andamento stagio- nale (p. es. stagione degli amori). Appare pertanto perfettamente giustificabile che lo staff tenti di man- tenere l’integrità del gruppo, consapevole della diffi- coltà di potere garantire situazioni ottimali per un esemplare isolato appartenente a specie sociale. In altri casi, specialmente nel caso di specie scarsamen- te sociali, è giusto che, per esempio, gli individui Fig. 5. Comportamenti come il leccare sbarre e travi possono giovani siano spostati prima che possano verificarsi avere origine da diete povere di fibre che non soddisfano piena- incidenti con gli adulti. mente i comportamenti di foraggiamento (foto S. Gippoliti). Al punto B5 si stabilisce che “Devono essere

Lavori originali 62 GIPPOLITI - Benessere animali esotici negli zoo sempre disponibili recinti o vasche separati per le femmine in gravidanza o che allevano i piccoli, in modo tale da evitare, ove necessario, situazioni di stress o di sofferenza. L’alloggiamento o il trasferi- mento delle femmine gravide o in allattamento in detti recinti o vasche deve avvenire esclusivamente su prescrizione del veterinario o del curatore del- l’acquario”. Anche in questo caso, il coinvolgimen- to del veterinario appare inappropriato (ed infatti non compare nel punto 7 degli standard EAZA). Questa appare infatti una di quelle scelte gestionali che dipendono dalla socio-ecologia della specie in questione (Fig. 7) ed anche dal carattere individuale degli animali in questione. Così ad esempio, mentre generalmente le femmine di grandi felidi sono separate dal maschio ben prima Fig. 6. La rimozione delle corna di questo maschio di cervicapra del parto, esistono maschi di tigre che non rappresen- Antilope cervicapra nasce da un habitat insoddisfacente che pone tano un pericolo per i propri piccoli. Ovviamente a rischio la vita delle femmine (foto S. Gippoliti). esistono specie per le quali, al contrario, la separazio- ne dal gruppo o dal maschio della femmina gravida rappresenta un grande fattore di stress. La familiarità del personale con gli animali è poi un altro fattore fondamentale per superare eventuali emergenze di carattere sanitario (Fig. 8). Se si intende avere una valutazione obiettiva circa la conduzione di uno zoo o acquario, riteniamo che una fonte di grande interesse e obiettività, apparente- mente sottovalutata dal D.Lgs. 73, sia rappresentata dall’analisi degli inventari e dai registri di carico e scarico degli animali oltreché delle schede individuali (quando possibile). Infatti la presenza e conformità alla situazione reale di questi documenti rappresenta già una prova evidente dell’attenzione e competenza dello staff. L’eventuale rilevamento della presenza di un alto numero di esemplari singoli, di errate o non meglio definite classificazioni tassonomiche (per es. “1 Macaca sp.”), di un eccessivo numero di decessi e la mancanza di indagini per comprenderne l’origine rappresentano tutti sintomi di una insufficiente ge- stione scientifica della struttura. Indagini basate sulla visita degli ‘zoo’ da parte di persone chiaramente schierate da un punto di vista ‘filosofico’ e di cui si ignorano le specifiche compe- tenze professionali, come per esempio quella realizza- ta dalla Fondazione Born Free (BORN FREE e EN- DCAP, 2011) possono costituire interessanti punti di partenza ma nulla di più, né tantomeno rappresentare la prova della necessità di un maggiore coinvolgimen- to dei veterinari nella gestione degli zoo (ANONIMO, 2012). Ma, se le carenze denunciate da Born Free fossero confermate, ciò rappresenterebbe a rigore la prova delle carenze dell’organico di molte strutture a Fig. 7. Fenicottero Phoenicopterus roseus di cinque giorni nutri- livello biologico-curatoriale, necessarie per garantire to da uno dei genitori. I fenicotteri si riproducono solo se mante- il rispetto del D.Lgs. 73 nei giardini zoologici. nuti in colonie numerose (foto S. Gippoliti).

Lavori originali GIPPOLITI - Benessere animali esotici negli zoo 63

che mira ad innalzare in alto l’asticella degli standard di mantenimento delle specie selvatiche negli zoo. In questo contesto grande rilevanza riveste la modalità di alimentazione degli animali, che non deve tenere conto solo delle necessità nutrizionali ma anche di quelle comportamentali e sociali. Per esempio in molti casi bisogna adottare delle tecniche di gestione che facilita- no l’aumento del tempo giornaliero che gli animali impiegano nelle attività di foraggiamento, quindi anche nella ricerca, selezione e preparazione del cibo, senza incrementare la quantità di nutrienti offerti ma incorag- giando i naturali comportamenti di foraggiamento spe- cie-specifici. Spesso alcune problematiche comporta- Fig. 8. Il rapporto esistente tra personale ed animali è alla base di mentali nascono da diete che privilegiano mangimi alti standard di benessere. commerciali, più economici, controllati igienicamente e facili da conservare ma che non consentono l’espres- QUALE MODELLO PER LA sione di comportamenti tipici di foraggiamento e au- GESTIONE DI UNO ZOO? mentano i periodi di inattività a cui gli animali possono SEIDENSTIKER e DOHERTHY (1996: 182) identificano rispondere con stereotipie (per esempio leccare le quattro principali modelli di gestione per gli animali inferiate con la lingua in giraffe ed altri erbivori in negli zoo. Il modello medico (MM) è descritto come sostituzione dei normali comportamenti di assunzione tendente a ridurre la complessità ambientale per rende- del cibo). Inoltre le diete commerciali hanno degli re l’ambiente più igienico e sicuro e consentire un effetti indesiderati sull’apparato masticatorio (BOND e maggiore controllo della salute degli animali. Il MM LINDBURG, 1990) e probabilmente anche su quello di- enfatizza l’intervento tecnologico diretto piuttosto che gestivo. una approssimazione della storia naturale della specie In sede di ‘zoo’ quindi, il punto di partenza per la in questione. Al contrario, il modello di gestione etolo- valutazione del benessere animale deve essere il crite- gico (ME) è un approccio che cerca di risolvere i rio biologico (SNOWDON, 1991) e deve essere conside- problemi alla radice. Per questo cerca ad esempio di rato in maniera positiva il fatto che nella gestione delle risolvere problemi di riproduzione negli zoo apportan- diverse specie si adotti un approccio eco-etologico. do modifiche nell’ambiente fisico e sociale sulla base Più spesso di quanto si pensi, per esempio nei delfinari, delle conoscenze della socio-ecologia della specie allo si predilige porre l’accento sulla sterilità dell’ambiente, stato selvatico. Per fare un esempio ripreso da questi sulla disponibilità di avanzate apparecchiature ospeda- autori, il ME prescrive tranquillità e isolamento per una liere e sul monitoraggio di alcuni fattori ambientali, femmina gravida nervosa con una storia di abbandono mentre alcuni aspetti socio-ecologici, come la com- della prole se questo è quello che succede in natura posizione e stabilità del nucleo sociale, sono scarsa- abitualmente. Il MM prescrive invece la somministra- mente discussi e apparentemente sottovalutati. zione di tranquillanti e la preparazione di un piano per la Se quindi lo zoo è luogo interdisciplinare per eccel- rimozione e l’allevamento artificiale dei neonati. Anche lenza, non si può sperare in una politica culturale e ANDERSON e VISALBERGHI (1990) notano che veterinari scientifica all’altezza dei requisiti legislativi richiesti in ed etologi valutano in maniera differente aspetti fisici e assenza nel ruolo direttivo di un biologo o altro tecnico sociali dell’ambiente. SNOWDON (1991) sviluppa una con preparazione ‘organismica’, che abbia quindi atti- graduatoria di tre criteri utilizzabili per valutare l’ido- tudine ad una visone olistica della scienza ed in partico- neità degli ambienti in cui vivono animali in cattività. Il lare alla diversità animale (LEWONTIN, 1998). Da ciò suo criterio basico è quello ‘veterinario’, in cui l’obiet- conseguirà inevitabilmente l’assemblaggio di un team tivo è quello di avere animali in buona salute da un affiatato che comprenda curatori, veterinari, guardia- punto di vista nutritivo e sanitario. Il criterio ‘biologi- ni, educatori accumunati dalla stessa visione. co’ enfatizza la riproduzione e l’allevamento naturale Anche in sede di controlli, la mancanza di una giusta della prole, ed è quello che generalmente è stato utiliz- sinergia tra diverse professionalità può indebolire l’in- zato dagli zoo per valutare il benessere degli animali tero processo di licenziamento, mancando di eviden- ospitati. Il criterio più stringente è quello ‘eto-ecologi- ziare alcuni aspetti cruciali sia per quanto riguarda la co’, nel quale il massimo del repertorio comportamen- valutazione del benessere psicofisico di particolari spe- tale viene mantenuto ai fini di un possibile reinserimen- cie che altri aspetti legati agli obiettivi educativi e to in natura. Si tratta di un obiettivo puramente teorico scientifici di un giardino zoologico. Una visione esclu-

Lavori originali 64 GIPPOLITI - Benessere animali esotici negli zoo sivamente sanitaria può richiedere ad esempio la rimo- specialisti può almeno contribuire a valutare la poten- zione giornaliera delle feci in un dato recinto a prescin- ziale idoneità della tecnica. Per questo il coinvolgimen- dere dal fatto che quest’ultime abbiano una funzione to di esperti del settore, familiari ad esempio con le sociale per una certa specie e che i programmi educa- linee guida che diverse associazioni di zoo preparano tivi richiamino l’attenzione su questo aspetto. Durante per la corretta gestione dei singoli gruppi tassonomici l’ispezione poi non è possibile accertare se una certa oltreché con la eco-etologia delle specie in questione, tecnica di arricchimento ambientale risulti effettiva- rappresenta un tassello cruciale per garantire una mag- mente utile per una data specie, ma la presenza di giore efficacia dei controlli statali nel settore.

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Lavori originali Biologia Ambientale, 28 (n. 1, 2014)

Impatto dell’illuminazione artificiale sugli organismi viventi

Giuseppe Camerini

Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente - Università degli Studi. Via S. Epifanio, 14 - Pavia. [email protected]

Riassunto L’inquinamento luminoso è un problema che interessa tutte le aree abitate del Pianeta e condiziona in negativo gli organismi viventi, in relazione alla sensibilità di ciascun taxon. Gli effetti dell’inquinamento luminoso interessano piante e animali che popolano gli ambienti terrestri e quelli acquatici più vicini ad aree urbane. Interferenze con i naturali cicli luce/buio possono influenzare processi a livello fisiologico. L’esposizione alla luce artificiale durante le ore notturne, per esempio, può alterare gli orologi biologici in conseguenza di squilibri ormonali. L’inquinamento luminoso può anche trasporre comportamenti che si manifestano in ore diurne o crepuscolari alle ore notturne e incidere sui comportamenti riproduttivi quando essi sono sincronizzati con il fotoperiodo. Ad essere condizionati sono altresì i meccanismi di orienta- mento e migrazione. I gradienti di luminosità possono condizionare i tempi dedicati alla ricerca del cibo da parte delle diverse specie animali; in tal modo l’interferenza data dalla luce artificiale può aumentare il livello di competizione interspecifica. Specie che non tollerano le luci artificiali possono andare incontro a estinzione ed essere sostituite da altre che beneficiano dell’illuminazione notturna. Specie che siano attratte dalle sorgenti luminose possono per altro andare incontro ad un aumento del rischio di predazione. In definitiva, l’alterazione dei processi di competizione e predazione può incidere sulle dinamiche di popolazione e dunque –di riflesso– l’impatto dell’illuminazione artificiale può avere anche implicazioni ecologiche.

PAROLE CHIAVE: illuminazione artificiale / piante / animali invertebrati / animali vertebrati

The impact of artificial night lighting on living organisms Light pollution is a global problem involving every inhabited area of the World. Light pollution can adversely influence wildlife and taxa show different susceptibility. Artificial night lighting can affect plants and animals living both in terrestrial and aquatic habitats next to urban areas. Changes in natural patterns of dark and light can disrupt physiological processes. Exposure to artificial light during the night, for example, can alter hormone levels regulating biological clocks. Artificial night lighting can shift diurnal or crepuscular behaviours to occur at the night. Light/dark patterns are often used by animals to synchronize reproduction, therefore changes in light levels can disrupt reproductive behaviours. Some animals are disoriented when the natural night brightness is altered, therefore critical functions, such as migration, can be affected, too. Illumination gradients can work as factors regulating foraging times; artificial light tends to increase inter- specific competition for food. Thus, species sensitive to lights, in some cases become extinct because of competition coming from species that benefit from artificial light. On the other hand, animals attracted by lamps often have to face an increased risk of predation. Alteration of competition and predation can have ecological implications.

KEY WORDS: artificial lighting / plants / invertebrates / vertebrates

INTRODUZIONE L’illuminazione artificiale è attività produttive: sono solo alcu- e Ghislieri, 2008). Il primo allarme un fattore di progresso che ha reso ni dei vantaggi offerti dalla dispo- è venuto dal mondo dell’astrono- più vivibile la notte a beneficio di nibilità di luce artificiale. mia, che ha documentato il cre- una specie –quella umana– che L’altra faccia della medaglia scente livello di inquinamento lu- notturna non è. Sicurezza, facilita- è però l’impatto derivante dalla dif- minoso che rende sempre meno age- zione nel trasporto di cose e perso- fusa presenza di impianti di illumi- vole la visione notturna dei corpi ne, estensione alle ore notturne delle nazione pubblica e privata (Sidoti celesti. Un ruolo di rilevanza a li- 66 CAMERINI - L’illuminazione artificiale e i viventi

vello mondiale in tale ambito ha re) sia sotto forma di luce diffusa tipo di luce è fattore di primaria avuto il gruppo di lavoro del Dipar- (in inglese sky glow). Nel primo caso importanza. Essa dipende anzi tut- timento di Astronomia dell’Univer- l’effetto deriva dal bagliore emesso to dal materiale reattivo che la lam- sità di Padova, che ha contribuito da un impianto di illuminazione o pada contiene, ma anche dalle ca- in maniera determinante alla pub- da una singola sorgente luminosa ratteristiche del rivestimento della blicazione del primo atlante mon- che, ad esempio –nel caso di un lampada o dalla presenza di even- diale dell’inquinamento luminoso animale– raggiunge i fotorecettori tuali filtri opportunamente monta- (Cinzano et al., 2001a) e ha redatto dell’occhio (Wilson, 1998). La luce ti allo scopo di schermare partico- un dettagliato report sulle dimen- diffusa è invece il risultato delle lari lunghezze d’onda emesse dalla sioni del fenomeno in Italia (Cin- interferenze che la luce subisce nel sorgente luminosa (Salmon, 2006). zano et al., 2001b). suo propagarsi dalla sorgente lumi- Come si vedrà in seguito, lampade Ciò che viene definito inqui- nosa. Interagendo con l’atmosfera, di uguale potenza ma funzionanti namento luminoso è conseguenza la superficie del suolo e le nubi, la con materiali reattivi diversi posso- dell’urbanizzazione che si accom- luce viene assorbita e riflessa: il no determinare effetti ben differen- pagna a una crescente espansione risultato è la formazione di un’au- ti sugli organismi viventi, in ragio- degli impianti di illuminazione not- ra luminosa sospesa sul piano del- ne del loro diverso spettro di emis- turna nei Paesi più sviluppati sotto l’orizzonte che nel caso delle aree sione. La lampade ad alta pressio- il profilo economico (Fig. 1). Il fe- metropolitane più estese assume ne al vapore di sodio, per esempio, nomeno è in crescita: solo per cita- dimensioni imponenti e può arri- producono il loro picco di emissio- re un dato, secondo Cinzano (2000) vare in casi estremi ad essere visibi- ne in corrispondenza con le lun- tra il 1960 e il 1995 nelle regioni le anche per un raggio di 160 km ghezze d’onda del rosso, del giallo italiane del nord est l’aumento del- dal centro della città (Crawford e e del verde, mentre la versione al l’inquinamento luminoso è proce- Hunter, 1990). Mentre il fenomeno vapore di sodio a bassa pressione duto con un incremento medio an- della luce diffusa si manifesta su emette luce corrispondente al picco nuale pari a circa il 10%. scala di paesaggio, laddove esista- del giallo. Lampade al vapore di Il quadro conoscitivo sugli ef- no agglomerati urbani di una certa mercurio producono invece uno fetti dell’inquinamento a carico dimensione, quello della interferen- spettro luminoso che ha il picco delle componenti biotiche è quan- za da luce diretta può avere luogo massimo in corrispondenza del blu to mai frammentario, tuttavia l’in- come detto anche da una sorgente (Osterbrock et al., 1976). sieme dei dati disponibili suggeri- luminosa puntiforme e isolata, come Per quanto riguarda poi la sce interessanti indicazioni genera- ad esempio un singolo lampione natura degli effetti, anch’essa può li sul fenomeno. L’impatto si deter- (Scheibe, 2000). variare ampiamente in relazione mina sia quando la luce proviene L’intensità della luce artifi- alle specifiche caratteristiche biolo- direttamente da una sorgente lumi- ciale non è il solo elemento da giche degli organismi che mostra- nosa ben identificabile (ciò che nella valutare per stimarne l’impatto sul- no sempre –se pure in misura diver- letteratura anglosassone è detto gla- le componenti biotiche. Anche il sa– una spiccata sensibilità alla luce (Rich e Longcore, 2006). Insieme alla temperatura, la luce è infatti il fattore ecologico che ha maggiore influenza sui processi biologici: come “motore” della fotosintesi, come parametro rispetto al quale sincronizzare i ritmi biologici o ancora come elemento essenziale per l’orientamento visivo di tipo astronomico. Di seguito vengono riassunti i risultati dei principali studi eseguiti a livello internazionale sugli effetti dell’inquinamento luminoso a cari- Fig. 1. Nei territori di pianura italiani il fenomeno dell’inquinamento luminoso co delle piante superiori, degli ani- si manifesta con particolare intensità (foto G. Camerini). mali invertebrati e dei vertebrati.

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Piante tenuto di clorofilla nella foglia era esercitare sul fotoperiodismo, vale Le piante sono molto sensibi- inferiore e maggiore era la sensibi- a dire l’insieme di reazioni che le li alla luce e non solo in virtù della lità al danno da inquinamento at- piante attivano in risposta al ritmo loro capacità di trasformare l’ener- mosferico. Effetti sui vegetali supe- ambientale giornaliero e stagiona- gia luminosa in energia chimica riori sono stati evidenziati anche le dei periodi di luce e di oscurità e attraverso la fotosintesi. Come per grazie a uno studio che ha preso in che condiziona processi come la il resto degli esseri viventi, infatti, è esame due esemplari di Magnolia fioritura. Su questo aspetto sono la luce il principale fattore che, grandiflora L. dell’orto botanico di state svolte numerose ricerche a fini agendo sugli orologi biologici, rego- Padova (Roman et al., 2000). Me- applicativi rivolte soprattutto al set- la i ritmi vitali legati all’attività diante misure di fluorescenza su tore florovivaistico. L’obiettivo è vegetativa o alla riproduzione. Una campioni di tessuti fogliari preleva- quello di prolungare i periodi di serie di fotorecettori scoperti negli ti in prossimità delle luci e in punti fioritura di piante di interesse eco- ultimi decenni (fitocromi, criptocro- schermati dalla stessa è stato dimo- nomico (es. Chrysanthemum sp.) e mi, fototropine, ecc.) fungono da strato che le lampade (a vapori di controllare mediante esposizione a efficaci sensori biochimici che rile- mercurio) inibivano la fotosintesi. luce artificiale la fioritura stessa vano le variazioni dei livelli lumi- Gli autori propongono due possibi- per farla avvenire in modo scalare, nosi (Briggs, 2006). Le lunghezze li ipotesi per spiegare il fenomeno: sincronizzandola con le richieste d’onda che attivano questi sensori secondo la prima il decremento del- del mercato (Vince-Prue, 1994). In e le conseguenti risposte fisiologi- la fotosintesi potrebbe essere dovu- relazione alla durata del fotoperio- che sono in primis quelle in grado to alla minore quantità di luce so- do, le piante possono mostrare una di attivare il processo della fotosin- lare assorbita dalle piante quando loro sensibilità alla luce che ne tesi. Le sorgenti luminose artificiali risultavano azionate le lampade. condiziona la fioritura; in tal caso emettono di norma onde elettroma- In alternativa, l’inibizione della fo- si opera una distinzione fra piante gnetiche di lunghezza diversa ri- tosintesi potrebbe essere il risultato brevidiurne e longidiurne. Piante spetto allo spettro utile alla fotosin- di un diminuito contenuto di clo- la cui fioritura, al contrario, non è tesi; l’attività fotosintetica di piante rofilla nel mesofillo determinato dal- condizionata dalla luce, sono dette esposte a luci artificiali pertanto l’esposizione a luce artificiale. Da neutrodiurne. può subire un incremento solo se tenere conto anche l’effetto di na- Le piante superiori, oltre a lo spettro emissivo delle fonti lumi- tura microclimatica che si viene a mostrare una risposta differenziale nose artificiali comprende compo- determinare per effetto del riscalda- nei confronti della luce “naturale”, nenti cui sono sensibili le clorofille mento prodotto dall’irradiazione lu- vale a dire quella solare, posseggo- e i pigmenti accessori (Roman et minosa sugli organi della pianta no sensibilità molto diverse nei con- al., 2000). Le lampade ad incande- più direttamente esposti alle luci fronti di fonti luminose artificiali, scenza utilizzate in passato aveva- artificiali, che può determinare un come documentano gli studi di Ca- no queste caratteristiche e dunque prolungamento del periodo vegeta- they e Campbell (1975a, 1975b) che potevano estendere in maniera si- tivo (Casagrande e Giulini, 2000) hanno preso in esame gli effetti di gnificativa il numero di ore di luce derivante da un’alterazione dei alcuni tipi di lampade (incande- utili allo svolgimento della fotosin- meccanismi di regolazione che se- scenti, a vapori di sodio ad alta tesi, mentre lampade ai vapori di gnano il passaggio dalla fase vege- pressione, alogenuri, fluorescenti, sodio a bassa pressione non paiono tativa attiva alla quiescenza nelle ai vapori di mercurio) su un ricco avere questa capacità (Casagrande piante a foglia caduca. Briggs (2006) campione di piante di interesse or- e Giulini, 2000). La luce artificiale cita l’esempio di esemplari arborei ticolo e di piante arboree. L’esperi- può tuttavia interferire indiretta- cresciuti nel campus dell’Universi- mento, condotto in laboratorio, con- mente con il processo della fotosin- tà californiana di Berkeley nei pres- sisteva nell’esporre giornalmente i tesi: Cathey e Campbell (1975a) ri- si di luci artificiali; questi esempla- vegetali a 8 ore di luce solare alter- feriscono ad esempio che esemplari ri, a differenza di altri che si trova- nate a un periodo di 16 ore duran- di platano esposti a lampade al vano a maggiore distanza dalle fonti te le quali –in luogo dell’oscurità– sodio ad alta pressione mostravano luminose, conservavano più a lun- veniva mantenuta un’intensità lu- una crescita più rapida ed estesa go il fogliame, fino al tardo autun- minosa pari a 10 lux. Furono testa- nel tempo rispetto al campione di no o addirittura fino all’inverno. te inoltre intensità luminose più controllo. Negli esemplari esposti Ben documentato è l’impatto intense, ottenendo risultati simili a alla luce artificiale, tuttavia, il con- che l’illuminazione notturna può quelli ottenuti con il valore di 10

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lux. In ordine decrescente, gli effet- ne ad un lago posto in piena area organismi acquatici. Nel caso del ti maggiori in termini di interferen- urbana. I quattro laghi erano bor- genere Daphnia, crostaceo cladoce- za con il fotoperiodismo furono in- dati da impianti di illuminazione ro che mostra fototassi positiva, Fli- dotti dalle lampade: incandescenti, artificiali disposti entro 30 m dalle ck et al. (1997) indicano valori com- ai vapori di sodio, ad alogenuri, rive. Più che al disturbo causato da presi fra 0,01 e 3 lux. Per altri fluorescenti e infine da quelle ai questi impianti, tuttavia, i ricerca- organismi acquatici che sono inve- vapori di mercurio. La risposta dei tori erano interessati a valutare gli ce fotofobi, come ad esempio il Cro- vegetali sperimentati aveva un ca- effetti della luce diffusa. A tale pro- staceo Mysidopsis bahia Molenock o rattere specie-specifico. posito il protocollo della ricerca pre- le larve dei Ditteri afferenti al gene- In tempi recenti, a partire dal vedeva la misurazione dell’intensi- re Chaoborus, risultano disturbanti 2000, è da segnalare un notevole tà e dello spettro luminoso in punti intensità luminose di quattro ordi- sforzo di ricerca messo in campo collocati al centro della superficie ni di grandezza inferiori. Nei quat- per valutare il possibile uso in ser- del lago. Riguardo allo spettro lu- tro laghi del Massachusetts furono ra di luce da diodi per la produzio- minoso, le lampade più diffuse nei misurati livelli di luminosità equi- ne di ortaggi. Un articolo di review quattro siti di studio erano quelle valenti a 2/3 di quelli corrispon- pubblicato da Olle e Viršile (2013) al sodio ad alta pressione che emet- denti a notti di luna piena (0,05-0,1 include in bibliografia oltre 60 arti- tono luce dominata dalla compo- lux); secondo gli autori della ricer- coli riferibili a ricerche su questo nente gialla e infatti la luce inci- ca si tratta dunque di valori desti- tema. Da esse si può desumere che dente sulla superficie dei laghi era nati a produrre effetti a carico degli i dispositivi a led che emettono se- in prevalenza quella gialla (585 organismi viventi, soprattutto quel- condo frequenze corrispondenti a nm) che tende a penetrare in pro- li che popolano le aree pelagiche diversi colori (rosso, blu, bianco, fondità entro la colonna d’acqua. (Moore et al., 2006). verde) producono su essenze di in- La luce artificiale incidente la su- Uno dei fenomeni che in mag- teresse ortivo come Lactuca sativa o perficie dei laghi aveva dunque uno gior misura può essere condiziona- Brassica sp. variazioni nella con- spettro ben diverso da quello della to da variazioni anche molto lievi centrazione di metaboliti (antocia- luce naturale notturna, vale a dire dei livelli di intensità luminosa è ni, carotenoidi, fenoli, ecc.), nel- quella lunare. Il bagliore emesso quello delle migrazioni verticali l’accumulo di biomassa, nei livelli dalla luna altro non è che luce dello zooplancton (Haney, 1993). di clorofilla, oltre a determinare solare riflessa e come tale ha uno Nelle ore diurne gli organismi plan- interferenze sui tempi di fioritura. spettro costituito da un intervallo ctonici sono di norma distribuiti di lunghezze d’onda ben più esteso nella parte profonda della colonna Invertebrati acquatici (380-700 nm) che non include solo d’acqua, per poi salire in superficie Gli organismi acquatici sono il giallo/arancione, ma anche il blu a nutrirsi verso il tramonto e torna- esposti agli effetti dell’inquinamen- e il rosso. Quanto all’intensità lu- re in profondità al calare della not- to luminoso quando i litorali sono minosa derivante dal fenomeno del- te. Osservazioni svolte in alcuni la- prossimi ad aree urbane. La pene- la luce diffusa, come atteso essa ghi vicini a Boston indicano che trazione della luce artificiale al- tendeva ad aumentare lungo il gra- l’inquinamento luminoso può ini- l’interno del corpo idrico è influen- diente scelto, con valori misurati bire del tutto tali migrazioni (Moo- zata dalla torbidità delle acque, ma sul lago posto in area urbana da 3 re et al., 2000). Gli organismi più notevole influenza hanno anche le a 6 volte maggiori rispetto a quelli sensibili sono i predatori dotati di diverse frequenze delle componenti registrati nel bacino situato nel- marcata fototassia negativa, come emesse dalle sorgenti luminose. La l’area meno urbanizzata. Le condi- le larve del Dittero Chaoborus punc- profondità di penetrazione raggiun- zioni meteo climatiche mostravano tipennis Say, che non tollerano in- ta dalle diverse componenti lumi- di avere una loro influenza: in pre- tensità luminose superiori a 0,001 nose a sua volta può determinare senza di cielo nuvoloso, in tutte le lux, equivalenti alla luce diffusa effetti differenziali in relazione alla quattro aree di studio l’intensità naturale in notti di luna nuova sensibilità dei vari taxa. Moore et luminosa aumentava fino a quat- (Gal et al., 1999). al. (2006) hanno studiato il feno- tro volte rispetto alle condizioni di Altro meccanismo che può meno in quattro bacini lacustri del cielo sereno. In letteratura sono di- subire interferenze significative è il Massachusetts disposti lungo un sponibili ben pochi dati sui livelli cosiddetto “drift”, ovvero il movi- gradiente tracciato a partire da di intensità luminosa artificiale mento degli artropodi bentonici dei un’area agricola, per arrivare infi- potenzialmente disturbanti per gli corsi d’acqua che periodicamente

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si lasciano trascinare a valle per formicaleone (Myrmeleon obscurus turne, la quiescenza può durare colonizzare nuovi microhabitat Rambur) è influenzato dalla lumi- per un’intera notte (Frank, 2006) dove minori sono il rischio di pre- nosità notturna ed aumenta in cor- ma anche qualora si tratti di qual- dazione e la competizione per l’ac- rispondenza della luna piena (You- che ora, ciò rappresenta un “costo cesso al cibo (Giller e Malmquist, thed e Moran,1969). temporale” non trascurabile in con- 1998). In molti torrenti è stato regi- Il potere attrattivo delle sor- siderazione del fatto che spesso la strato un picco del drift in coinci- genti di luce artificiale nei confron- durata dello stadio adulto non su- denza con le ore del crepuscolo. ti degli Insetti è noto da tempo, pera la settimana (Young, 1997). Si Quando il fenomeno si verifica nel- tanto che l’uso di dispositivi lumi- aggiunga il fatto che spesso l’attra- le ore serali e notturne, esso è mol- nosi per il campionamento di que- zione si ripete in sere successive; to condizionato dai livelli di lumi- sti animali è di lunga data. Lampa- utilizzando la tecnica della marca- nosità naturale notturna. In condi- de attrattive sono impiegate anche tura-ricattura Hartstack et al., (1968) zioni di luminosità corrispondenti come strumenti di cattura e lotta hanno verificato che nel caso dei a quelle della luna piena, ad esem- ad insetti ritenuti molesti, come ad lepidotteri Nottuidi le percentuali pio, si può registrare una riduzione esempio le zanzare o i Muscidi. Si di ricattura a distanza di 24 ore significativa del fenomeno. L’inqui- tratta di apparecchi, frequentemen- variavano, da specie a specie, fra namento da luce diffusa può so- te dotati di luce UV e di solito non l’1,9% e il 43,2%. vrapporsi alla luminosità naturale schermati da griglie selettive, con il La seconda situazione che si notturna, con le interferenze che risultato di causare un’inutile stra- può manifestare è quella di un di- ne conseguono. ge di insetti del tutto innocui. An- sturbo che condiziona il volo su che gli impianti di illuminazione più lunga distanza; nei loro movi- Insetti notturna sono attrattivi nei con- menti notturni gli insetti di solito La luce solare e lunare, in fronti degli insetti che si addensa- utilizzano punti di riferimento del forma di variazioni stagionali o no in volo intorno alle sorgenti paesaggio (profilo degli alberi, stel- mensili di fotoperiodo, condiziona luminose. È stato stimato (Kolligs, le, luna, profilo dell’orizzonte). Se i ritmi biologici degli insetti, con 2000) che, in relazione alla sensibi- un impianto di illuminazione ad effetti profondi su vari aspetti della lità delle singole specie e allo spet- andamento lineare (es. fila di lam- loro biologia. L’attività ematofaga tro di emissione luminosa, l’attra- pioni a lato di una strada) interse- delle femmine di zanzara (Diptera zione si manifesti lungo un raggio ca la loro linea di volo, nel miglio- Culicidae) per esempio è spesso cor- variabile fra 3 e 130 metri. Eisen- re dei casi il percorso potrebbe esse- relata ai cicli lunari, come riscon- beis (2006) propone alcuni possibi- re deviato, ma in caso di attrazione trato da Charlwood et al. (1986) per li modelli per interpretare il mecca- alle fonti luminose le dinamiche Anopheles farauti Laveran che in nismo con il quale si esplica l’at- sono quelle descritte in preceden- Nuova Guinea è attiva soprattutto trazione nei confronti delle luci ar- za: collisione, ustioni, aumentato nelle ore notturne in cui la lumi- tificiali. Secondo la prima modali- rischio di predazione, caduta a ter- nosità lunare è massima (luna pie- tà di interazione, gli individui sono ra (Eisenbeis, 2006). na). Miller et al., (1970) hanno in- attratti dalle fonti luminose e peri- Nei casi più gravi si determi- vece dimostrato come tre specie di scono in breve tempo oppure subi- na un vero e proprio azzeramento Anopheles e quattro specie di Culex scono danni come disidratazione, di intere popolazioni di insetti. In- presenti in Thailandia concentrino perdita degli arti e delle scaglie che teressante a tale proposito uno stu- la loro attività di volo soprattutto rivestono le ali, oppure cadono al dio di Scheibe (2000) sui possibili in coincidenza con le fasi di luna suolo esausti dopo il loro volo in- effetti a carico degli adulti di insetti nuova. Insetti Culicidi quali Clunio cessante intorno alle lampade, o acquatici (Tricotteri, Ditteri, Plecot- marinus Haliday hanno periodi di ancora diventano preda dei pipi- teri, ecc.) da parte di un singolo sfarfallamento in corrispondenza strelli. In altri casi l’animale, dopo lampione posizionato nei pressi di dei quarti lunari (maree di quadra- una prima fase in cui si avvicina in un corso d’acqua. L’attrazione si tura) ma se esposti a condizioni di volo ai lampioni, se ne discosta pur manifestava in modo diverso per i invariabilità della illuminazione senza che l’attrazione si estingua. differenti taxa e in alcuni casi era perdono questa caratteristica com- L’insetto rimane fermo a terra, a particolarmente intensa. Nel caso promettendo le possibilità di ripro- una certa distanza dalla luce, com- dei Tricotteri, in particolare, l’even- duzione (Neuman, 1976). Il diame- portamento questo definito di “cat- tuale realizzazione di una fila di tro della “trappola” della larva del tura”. Nel caso delle farfalle not- lampioni nei pressi del corso d’ac-

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qua avrebbe avuto come prevedibi- funzione anche altri tipi di lampa- terzo. Eisenbeis (2006) riporta an- le effetto l’estinzione completa del- da, ma quando i diversi tipi di lam- che una stima della mortalità in- la loro popolazione (Eisenbeis, pada funzionavano separatamen- dotta dall’illuminazione notturna 2006). te, essi avrebbero finito per attrarre basata sui seguenti presupposti: Grande influenza sull’inten- in egual misura gli insetti. Eisen- - le lampade sono a vapore di sità dell’attrazione –e sui danni che beis (2006) sperimentò dunque se- mercurio; ne derivano– viene dallo spettro di paratamente i diversi tipi di lampa- - il numero medio di insetti che emissione delle lampade, aspetto da in un’area rurale priva di inter- si avvicinano a una singola lampa- quest’ultimo oggetto di indagine da ferenze derivante da luce diffusa. I da è di 450 per notte; parte di Eisenbeis (2006) in un’area risultati confermarono la maggiore - il numero medio di insetti uc- rurale della Germania. Nell’ambi- capacità attrattiva delle lampade a cisi per notte da una lampada al to della ricerca sono state speri- vapori di mercurio rispetto alle lam- mercurio è pari a 150. mentate lampade ad alta pressione pade funzionanti con vapori di so- Per una città delle dimensio- al mercurio (80W), al sodio (50 o dio. Eisenbeis (2006) rilevò inoltre ni di Kiel (nord Germania) che con- 70 W), al sodio-xenon (80 W), oltre nel corso delle sue sperimentazioni ta 240.000 residenti e ha una dota- a lampade al mercurio dotate di un che la temperatura condizionava zione di 20.000 punti luce Kolligs filtro capace di schermare la com- in maniera significativa l’abbon- (2000) stima che il numero di inset- ponente UV. Le lampade furono danza delle catture, con un picco ti uccisi per notte sarebbe pari a 3 montate insieme a un dispositivo intorno ai 21°C e il minimo in milioni, equivalenti a 360 milioni costituito da un imbuto collegato a corrispondenza di notti fredde, con per stagione di volo, considerando un contenitore riempito con liqui- valori intorno a 12-14°C. Fu verifi- la durata della stagione pari a 120 do fissante in cui cadevano gli in- cata anche l’influenza delle fasi giorni, da giugno a settembre. setti attirati sulla superficie delle lunari, con abbondanze registrate Quand’anche le sorgenti lu- lampade. Il numero di catture fu in fase di luna nuova sette volte minose non sono causa diretta di massimo con lampade al mercurio maggiori rispetto a quelle rilevate mortalità, possono comunque in- e minimo con le stesse dotate di in fase di luna piena; l’indicazione crementare il tasso di predazione apposito filtro schermante i raggi trova conferma anche da una ricer- degli insetti. Molte specie di falene UV. Il numero di insetti catturati ca di Nowinzsky et al. (1979). posseggono colorazioni criptiche con lampade al sodio-xenon superò Un dato di particolare inte- che quando l’insetto è posato su di quelle delle catture con luce otte- resse è quello che definisce la pro- un opportuno sfondo funzionano nuta da lampade al sodio. Per quan- porzione di insetti che, una volta come efficaci strumenti per ridurre to riguarda il filtro per la compo- avvicinatisi ad una fonte lumino- il rischio di predazione. Può però nente UV montato sulle lampade a sa, ne vengono effettivamente atti- accadere che, ad esempio, una fale- vapori di mercurio, purtroppo il di- rati (Bauer, 1993). Molto sensibili na scura attirata da una luce artifi- spositivo riduceva l’intensità di il- sono gli Efemerotteri (1,4:1) e i Tri- ciale che illumina un edificio di luminazione al di sotto degli stan- cotteri (2,3:1) come i Macrolepidot- colore chiaro, vi si posi diventando dard richiesti dalla legislazione te- teri (1,6:1) tra i quali tuttavia emer- in tal modo una preda facilmente desca in materia. In compenso, sul- ge il dato in controtendenza dei individuabile. È quanto documen- la base dei dati raccolti, è stato Geometridi (11:1). Queste indicazio- tato da Collins & Watson (1983) stimato che la sostituzione delle ni sono state ottenute con trappole nella Estacíon Biologica de Ran- lampade al mercurio con quelle al luminose e non esprimono la reale cho Grande, in Venezuela, dove nel sodio ridurrebbe del 55% il numero proporzione di insetti uccisi o co- corso di 7 mesi di osservazione fu- di insetti attratti dalle lampade, per- munque danneggiati da impianti rono osservate 30 diverse specie di centuale che per le farfalle nottur- di illuminazione artificiale, anche Uccelli nutrirsi a spese di falene ne salirebbe al 75%. In una fase se hanno il pregio di mettere a appartenenti a 10 diverse famiglie, successiva del suo lavoro, Eisen- confronto la sensibilità dei diversi per un totale di oltre 700 individui beis (2006) sottopose a verifica spe- gruppi sistematici nei confronti del- predati. rimentale l’ipotesi di Scheibe (1999) le luci artificiali. Bauer (1993) è L’esposizione alla luce artifi- secondo la quale la maggiore at- giunto a stimare che la percentuale ciale può interferire anche con atti- trattività delle lampade ai vapori di di insetti attirati dalle luci che peri- vità legate alla sfera riproduttiva: mercurio si manifestava solo quan- vano successivamente per effetto corteggiamento, accoppiamento, do erano contemporaneamente in dell’avvicinamento fosse pari a un ovideposizione. Per le specie con

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abitudini notturne più spiccate, na si manifesta soprattutto nelle furono catturate da trappole mon- l’oscurità è indispensabile per atti- aree più urbanizzate, è interessan- tate su lampioni per l’illuminazio- vare i necessari meccanismi fisiolo- te valutare quale sia lo spettro fau- ne notturna; pur trattandosi di un gici: in laboratorio è stato dimo- nistico di questi ambienti anche al numero di catture limitato a pochi strato ad esempio che nei lepidotte- fine di stimare l’effettivo danno individui, la mortalità indotta dal ri Trichoplusia ni Hübner (fam. Noc- che l’illuminazione notturna può sistema di illuminazione artificia- tuidae; Sower et al., 1970) e Dio- arrecare. Quest’operazione non è le finiva per erodere parte del pa- ryctria abietivorella Grote (fam. Pyra- priva di implicazioni di carattere trimonio genetico, che è risorsa lidae; Fatzinger, 1973) il rilascio conservazionistico. Con il crescere essenziale per la sopravvivenza di del feromone femminile e la rispo- del fenomeno della cosiddetta “cit- specie minacciate. A ciò si aggiun- sta del maschio che ne consegue tà diffusa”, ovvero l’urbanizzazio- ga il fatto che quando le superfici sono soppressi dall’esposizione a ne a macchia d’olio che dà forma di habitat adatto a una specie rara luce artificiale. Sempre in laborato- a estese conurbazioni, gli spazi ver- sono ridotte a frammenti fra di rio è stato dimostrato che maschio di inclusi nelle aree urbane diven- loro isolati, come avviene tipica- e femmina del lepidottero Helico- tano habitat di importanza cru- mente nelle aree più antropizzate, verpa zea Boddie non si accoppia- ciale per la sopravvivenza della la presenza di una barriera in qual- no al di sopra di un livello di lumi- piccola fauna. Solo per citare un che modo ostile, come un impian- nosità pari a 0,05 lux, equivalente dato, in Inghilterra i giardini pri- to di luce artificiale, può compro- a una notte limpida e illuminata vati occupano un’area equivalen- mettere l’interscambio genetico fra da un quarto di luna (Agee, 1972). te a 10 volte quella dell’insieme popolazioni. Il volo di femmine gravide verso le delle aree protette nazionali. L’illuminazione artificiale, luci artificiali può determinare una Emmet (1991) ha classificato 305 come ogni tipo di stress antropoge- concentrazione delle deposizioni specie di farfalle notturne segnala- nico, rappresenta per le specie vi- nelle adiacenze della fonte lumino- te per la Gran Bretagna come esclu- venti un fattore di pressione seletti- sa: è quanto rilevato ad esempio sive o in prevalenza distribuite in va. Sulle risposte che nel tempo le per due specie di Saturnidi: Anthe- habitat suburbani, parchi, giardi- specie e le comunità sono destinate raea polyphemus Cramer (Frank, ni, frutteti, aree edificate. Nell’area ad attivare come reazione a tale 2006) e Coloradia pandora Blake metropolitana londinese sono sta- pressione, esistono più che altro (Brown, 1984). Al contrario, l’illu- te identificate 1.479 specie di far- ipotesi, dal momento che l’introdu- minazione artificiale può soppri- falle notturne, equivalenti ai 2/3 zione dell’illuminazione notturna mere l’ovideposizione: in appezza- delle specie segnalate per il Regno è un evento avvenuto in tempi re- menti di cotone interessati dal cono Unito. Nella medesima area urba- centi. Nel caso delle farfalle nottur- di luce proiettato da luci artificiali na 60 specie di macro-lepidotteri ne l’illuminazione artificiale potreb- la densità di uova di Heliothis sp. notturni, un tempo presenti, sono be rappresentare un fattore di de- era inferiore dell’85% rispetto a col- oggi considerate estinte e altre spe- clino per le specie più sensibili al- tivi di cotone non interessati dal cie sopravvivono con popolazioni l’attrazione verso le fonti luminose fenomeno (Frank, 2006). a rischio di estinzione. Si ritiene che vivono in aree urbane e subur- Interferenze con i ritmi biolo- che queste popolazioni sopravvi- bane (Frank, 2006). In compenso, gici emergono da osservazioni su vano grazie all’immigrazione pe- verrebbe favorita l’ulteriore espan- farfalle notturne i cui ritmi circa- riodica di individui dai territori sione di specie già ben diffuse e diani sono messi in fase con il foto- rurali circostanti, ammesso che fat- addirittura infestanti, come ad esem- periodo naturale attraverso oppor- tori antropogenici (come anche pio il defogliatore Lymantria dispar tuni fotorecettori (Giebultowicz, l’inquinamento luminoso) non sia- L., la cui femmina ha capacità di 2000). La manipolazione del foto- no di impedimento a questo pro- volo pressoché nulle e dunque non periodo può alterare a tal punto i cesso di compensazione (Taylor et risulta sensibile all’attrazione ver- meccanismi fisiologici fondamen- al., 1978). In taluni casi infatti le so fonti luminose. tali da indurre la sterilità nelle far- luci artificiali risultano fatali an- Ultimo in ordine di trattazio- falle adulte, come verificato per Spo- che per specie rare e minacciate, ne, ma non certo di sensibilità nei doptera littoralis Boisduval (Bebas come riscontrato da Kolligs (2000) confronti dell’inquinamento lumi- et al., 2001). in uno studio effettuato presso la noso, è il gruppo dei Coleotteri Lam- Considerato che la mortalità città tedesca di Kiel. Farfalle not- piridi (Fig. 2). La comunicazione indotta dall’illuminazione nottur- turne di otto specie considerate rare luminosa delle lucciole si è evoluta

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in relazione ai costumi crepuscola- può variare anche nell’arco del ci- ri o notturni di questi animali foto- clo vitale dell’individuo. Tra i Sal- fobi. Gli impulsi luminosi sono effi- monidi specie come Oncorhynchus caci come strumenti di comunica- kisutch Walbaum, Salmo salar L. e zione nella misura in cui hanno Oncorhynchus mykiss Walbaum vi- come sfondo il buio della notte. Ne vono nelle acque dei torrenti dove consegue che per le lucciole l’urba- tendono a rimanere quiescenti nel- nizzazione, e il relativo aumento le ore notturne (Godin, 1982). Al dei livelli di luminosità rappresen- contrario, altri Salmonidi che uti- tino fattori di criticità (Lloyd, 2006). Fig. 2. Le lucciole (in foto Luciola sp.) lizzano come habitat riproduttivo Come emerge da uno studio con- sono particolarmente sensibili agli ef- le acque degli estuari, quali On- fetti dell’inquinamento luminoso (foto dotto nell’area urbana torinese, Stella Verdi). corhynchus gorbuscha Walbaum Luciola italica L. mal sopporta valo- oppure Oncorhynchus keta Wal- ri di illuminamento superiori a 0,1 essere particolarmente disturbanti baum, hanno abitudini notturne. lux (Picchi et al., 2013). Anche le (Lloyd, 2006). Prove di laboratorio durante le quali specie di Lampiridi dell’area urba- le diverse specie sono state esposte na di Campinas, Sorocaba-Votoran- Pesci a luce artificiale hanno dimostrato tim e Rio Claro (Brasile) studiate Oltre la metà della popolazio- che mentre specie diurne come O. da Viviani et al. (2010) non tollera- ne umana vive in aree localizzate a kisutch rimangono quiescenti o rea- vano valori superiori a 0,2 lux. In meno di 100 km dalle coste mari- giscono con scarsi movimenti, spe- molti casi le lucciole sono sensibili ne; ben diffusi sono anche gli ag- cie con abitudini notturne come O. anche a lievi variazioni dell’inten- glomerati urbani che si affacciano gorbuscha e O. keta reagiscono ini- sità luminosa. I maschi di Luciola su laghi e fiumi. Le sorgenti di ziando a nuotare nervosamente in italica iniziano il loro volo serale inquinamento luminoso potenzial- risposta all’accensione delle luci nelle aree più ombreggiate e dun- mente disturbanti per la ittiofauna dopo essere stati esposti a condizio- que più buie, come ad esempio il sono innumerevoli: l’illuminazio- ni di oscurità (Hoar et al., 1957). La sottobosco e solo successivamente, ne dei quartieri disposti lungo la risposta all’impulso luminoso è con- con il calare della notte, si muovo- costa, i pontili, le piattaforme pe- dizionata dai meccanismi di adat- no negli spazi aperti (Camerini, dati trolifere, le lampare utilizzate per tamento dell’occhio che hanno luo- non pubblicati). Nel caso di Photi- la pesca sono solo alcuni esempi. go quando si passa dall’oscurità nus sp. è stato osservato che persino La fauna ittica è dunque esposta ai alla luce e viceversa. I meccanismi l’altezza del volo cambia in rela- possibili effetti dell’inquinamento e i tempi di adattamento dipendo- zione al livello di luminosità, con luminoso, anche in ragione della no sia dall’intensità che dalla lun- gli individui che innalzano la loro sensibilità dei pesci alla luce natu- ghezza d’onda della sorgente lumi- traiettoria di volo in risposta al- rale: solo per fare un esempio, in nosa (Ali, 1962; Protasov, 1970). La l’aumento dell’oscurità (Lloyd, acque lacustri la migrazione oriz- diversa durata del periodo richiesto 2000). Un altro aspetto che può zontale (dalla zona pelagica a quel- per l’adattamento è a sua volta un condizionare la sensibilità alla luce la litoranea e viceversa) delle due fattore di importanza non trascura- artificiale è lo spettro di emissione specie di ciprinidi Phoxinus eos Cope bile poiché in coincidenza con essa luminosa. Nel corso della storia e Phoxinus neogaeus Cope è influen- l’animale passa da una fase di ceci- naturale si sono consolidate due zata in maniera significativa dalle tà a una di ridotta acutezza visiva. linee evolutive: i Lampiridi che sono fasi lunari (Gaudeau e Boisclair, Gli studi di Protasov (1970) sugli attivi nelle ore crepuscolari emetto- 2000), così come i periodi di ripro- avannotti di O. gorbuscha e O. keta no luce giallastra, mentre le specie duzione di Leuresthes tenuis Ayres indicano che il tempo richiesto per notturne tendono ad emettere in (Ateriniformi, Aterinidi) della Cali- adattarsi all’oscurità dopo esposi- prevalenza luce verdastra. In rela- fornia sono legati alle maree sizi- zione alla luce variano da 30 a 40 zione al tipo di emissione, può va- giali (luna piena) allorchè emergo- minuti, mentre il percorso inverso riare la risposta alle sorgenti lumi- no per brevissimi periodi deponen- richiede un tempo variabile fra 20 nose artificiali: per le specie che do e fecondando le loro uova sulla e 25 minuti. Con il procedere della emettono impulsi sulla lunghezza sabbia scoperta (Ricciutti,1978). crescita, i salmoni sono in grado di d’onda del giallo, ad esempio, lam- La risposta dei Pesci agli sti- rispondere alla variazione di lumi- pade ai vapori di sodio possono moli luminosi è specie-specifica e nosità con tempi di adattamento

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più rapidi. Sulla base di queste os- smo positivo, fenomeno questo che al di sotto di 1 lux; valori di 32 lux servazioni appare evidente che ne giustifica l’uso come attrattivi producevano un azzeramento qua- l’esposizione a fonti luminose arti- all’entrata dei canali di by pass si totale del movimento migratorio. ficiali è destinata ad avere effetti realizzati sulle dighe per salvaguar- diretti che coinvolgono la sfera com- dare la fauna ittica. Anfibi Anuri e Urodeli portamentale dei Pesci. Per quanto riguarda le dina- La gran parte degli Anuri ha La luce stroboscopica, che vie- miche preda-predatore, esistono os- abitudini notturne; questa caratte- ne installata lungo sbarramenti ar- servazioni che documentano ad ristica biologica determina una tificiali o cime di ancoraggio delle esempio l’attrazione delle luci di spiccata sensibilità nei confronti imbarcazioni, produce rapidi im- sicurezza nei confronti di Squalus dell’inquinamento luminoso che pulsi intermittenti che sono molto acanthias L. che vi si avvicina in può anzitutto condizionare i com- disturbanti per la fauna ittica. La maniera opportunistica per sfrutta- portamenti gregari. A tale proposito retina non è in grado di attivare re l’aggregazione delle sue poten- Baker (1990) ha dimostrato che la alcun meccanismo di adattamento ziali prede. Sempre in prossimità di presenza di luci stradali tende a in ragione della brevità dello stimo- luci di sicurezza è stato osservato favorire l’aggregazione di individui lo luminoso. Nemeth e Anderson anche un incremento di predazio- di rospo comune (Bufo bufo L.) in (1992) hanno osservato una reazio- ne a danno di Clupea harengus pul- risposta alla facilità di cattura di ne di allontanamento da parte del- lasi Valenciennes e Ammodytes prede (insetti) che si addensano in le forme giovanili di O. kisutch e hexapterus Pallas (Prinslow et al., prossimità dei lampioni dai quali Onchorhynchus tshawytscha Wal- 1980). sono attratti. L’aggregazione del baum posti in acque dove la sola Anche la migrazione è un rospo comune aumenta il rischio fonte luminosa era la luce strobo- aspetto della biologia dei pesci che di predazione e di investimento da scopica. Si ipotizza che altre fonti può risultare condizionato dal fe- parte di veicoli a motore. Anche luminose caratterizzate da impulsi nomeno dell’inquinamento lumi- l’aggregazione degli individui in fase di breve durata, come ad esempio i noso. Studi in proposito sono stati di canto corale può risultare condi- flash derivanti dalle luci dei fanali condotti soprattutto sui salmoni. Le zionata: l’aumento dei livelli di lu- dei veicoli che transitano lungo stra- forme giovanili migrano attraverso minosità, ad esempio, tende a inibi- de costiere, possano ugualmente torrenti e fiumi per raggiungere re il canto corale della raganella funzionare da fattori di disturbo. l’oceano, spesso nuotando nelle ore Hyla squirella Bosc (Buchanan, Anche nel caso dei Pesci la notturne. I salmoni mostrando 1993). Per quel che concerne gli sensibilità nei confronti della luce abitudini notturne anche quando effetti sui comportamenti anti-pre- artificiale è influenzata dallo spet- tornano verso le acque dolci da datori, da Silva-Nune’s (1988) ha tro di emissione. I Pesci Teleostei di adulti. La presenza di luci artificia- dimostrato che i maschi di Smilisca acqua dolce sono sensibili alle lun- li lungo il percorso può incidere sila Duellman e Trueb tendono a ghezze d’onda corrispondenti al sul successo della migrazione, au- modulare la loro attività di canto rosso e al giallo, le più comuni mentando il rischio di predazione scegliendo postazioni tanto più negli ambienti fluviali e lacustri. o interrompendo il movimento dei esposte quanto maggiore è il livello Le specie marine mostrano invece pesci. Tabor et al. (2001) hanno di luminosità, così da ampliare il sensibilità nei confronti del blu (Fol- rilevato effetti diretti sulle forme loro orizzonte visivo e meglio elu- mar e Dickhoff, 1981). Le forme giovanili di Onchorhynchus nerka dere le possibili insidie derivanti giovanili di salmoni sono attratte Walbaum: luci artificiali collocate dai pipistrelli predatori di Anfibi. da luce emessa da lampadine a su ponti ed edifici ne rallentavano Alterazioni dei comportamen- bulbo fluorescente o incandescente il movimento migratorio. Analoghe ti riproduttivi degli Anfibi Anuri mentre Rutilus rutilus L. reagisce in indicazioni sono emerse da osser- emergono invece dalle ricerche con- modo contrario all’esposizione a vazioni sul nuoto di Onchorhynchus dotte da Rand et al. (1997). L’incre- luce fluorescente (Van Anholt et al., keta attraverso un canale illumina- mento dei livelli di luminosità con- 1998). Esistono poi sorgenti lumi- to lungo le sponde. Ulteriore con- diziona le femmine in fase di scelta nose che tendono a stimolare rispo- ferma del fenomeno viene anche dei maschi, per effetto di un’accre- ste che non sono specie-specifiche, dagli studi di Ali (1959) sulle forme sciuta percezione del rischio di pre- come le lampade a vapore di mer- giovanili di O. nerka; la migrazione dazione; ne consegue una preferen- curio, verso le quali in genere le di questa specie aveva inizio quan- za per la deposizione delle uova in specie ittiche mostrano un tropi- do il livello di luminosità scendeva microhabitat che siano il meno

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esposti possibile, come risposta al dei minuti– nel corso della scoto- Graham, 1967). È nelle fasi di risa- crescere dei livelli di luminosità fase, possono inibire l’attività di lita che le larve trovano nella co- degli ambienti riproduttivi. questo enzima e sopprimere di con- lonna d’acqua il plancton che Incrementi anche minimi di seguenza la produzione di melato- rappresenta il loro nutrimento e luminosità possono alterare i ritmi nina (Lee et al., 1997). dunque un’alterazione dei ritmi di di attività di Ascaphus truei Stejne- Effetti sulla pigmentazione rifugio/immersione ha indiretta- ger (Hailman, 1982). Variazioni nella cutanea sono stati osservati nelle mente effetti sui tempi di sviluppo lunghezza della fotofase (fase lumi- salamandre, come nel caso delle della larva. Il già citato studio di nosa del fotoperiodo) sono ugual- larve di Ambystoma tigrinum Green Anderson e Graham (1967) docu- mente negative, in ragione del fatto allevate in condizioni di alterato menta un’inibizione della migra- che possono condizionare i mecca- fotoperiodo (Banta, 1912); il feno- zione verticale delle larve di Amby- nismi di regolazione ormonale e le meno è riconducibile ad un’ano- stoma sp. in risposta alla luce pro- attività riproduttive. Se ad esempio mala produzione di melatonina. iettata da una lampada sulla su- la naturale alternanza di periodi di Come in altri Vertebrati, la produ- perficie dell’acqua, fenomeno che luce e buio viene ad essere soppres- zione di melatonina tende ad au- si traduce in una riduzione della sa per effetto dell’illuminazione ar- mentare durante la scotofase, per taglia degli animali metamorfosati tificiale nelle ore notturne, la sper- poi declinare durante le ore di luce. e del loro tasso di sopravvivenza. matogenesi può essere inibita. È Sulla base di questo principio Wise Con il calare della notte, lo quanto rilevato da Biswas et al. (1978) e Buchanan (2006) ritengono che spettro della luce prodotta dai cor- che sottoponendo individui di Bufo la luce artificiale inibisca la produ- pi celesti è caratterizzato dalle fre- bufo a un regime di illuminazione zione di questo ormone e che l’en- quenze del visibile, con una certa costante hanno registrato un dimez- tità del fenomeno sia condizionata prevalenza del rosso (Massey et al., zamento della spermatogenesi. dall’intensità della luce. Anche il 1990). A questo debole fondo natu- L’alterazione del fotoperiodo tasso metabolico mostra una dipen- rale si possono sovrapporre gli spet- può avere anche altri effetti media- denza dal fotoperiodo; se con lam- tri luminosi che derivano dall’illu- ti da variazioni ormonali. Lo stu- pade fluorescenti a bulbo (15 W) si minazione artificiale (Cinzano et dio di Green et al. (1999) ha preso aumenta il fotoperiodo da 8 a 16 al., 2001a) come il giallo delle lam- in esame la produzione della not- ore (Whitford e Hutchinson, 1965) pade a vapore di sodio a bassa (589 turnina in Xenopus laevis Daudin. si ottiene un’accelerazione del me- nm) e alta pressione (da 540 a 630 Sintetizzata nella retina, questa tabolismo. Secondo i due autori, nm) o il giallo (545-575 nm) e il blu molecola regola l’espressione del- fotoperiodo, temperatura e tasso re- (405-436 nm) delle lampade a va- l’orologio biologico e la sua produ- spiratorio variano ciclicamente in pori di mercurio. Tra le salaman- zione è condizionata dalle varia- relazione alle stagioni; temperatu- dre, la sensibilità alle diverse lun- zioni del fotoperiodo. ra e fotoperiodo potrebbero quindi ghezze d’onda luminose varia non Potenziali effetti riguardano regolare i tassi metabolici in ma- solo da specie a specie, ma anche anche il metabolismo della mela- niera sinergica. nell’ambito di una stessa specie, in tonina (Gancedo et al., 1996) or- Altro meccanismo biologico funzione dello stadio vitale (larva/ mone che in specie come Lithoba- che può subire alterazioni è il rit- adulto). La capacità di ricezione tes catesbeianus Shaw, Pelophylax mo che regola le migrazioni verti- degli stimoli luminosi inoltre non ridibundus Pallas, X. laevis control- cali negli ambienti acquatici di vita risiede solo nella retina, ma anche la funzioni come la variazione del- di alcune specie di Urodeli, quali in fotorecettori extraoculari che la pigmentazione cutanea, lo svi- ad esempio Ambystoma opacum Gra- hanno sede nell’organo pineale luppo delle gonadi, l’attività ripro- venhorst, Ambystoma tigrinum, Am- (Philips et al., 2001). Le risposte duttiva. La sintesi della melatoni- bystoma jeffersonianum Green (Stan- sono di norma specie-specifiche; in na è controllata dall’enzima N- gel e Semlitsch, 1987). I ritmi che laboratorio si è dimostrata ad esem- acetiltransferasi (NAT) la cui atti- regolano l’allontanamento dal fon- pio una diversa sensibilità di Pletho- vità varia in relazione alle stagio- dale (che funziona da rifugio) e la don cinereus Green e Plethodon glu- ni, come dimostra uno studio ita- periodica emersione verso la super- tinosus Green nei confronti delle liano (d’Istria et al., 1994) sulla ficie sono influenzati dai livelli di principali sorgenti di luce artificia- rana verde (Rana esculenta L.). illuminazione, oltre che da altri le (Vernberg, 1955). Esposizioni alla luce artificiale fattori, come il rischio di predazio- Anche il comportamento di anche di breve durata –nell’ordine ne o la temperatura (Anderson e homing può risentire delle variazio-

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ni dei livelli di luminosità. In popo- 450 nm, ad esempio, sono compati- Fino ad oggi le azioni conservazio- lazioni di Notophtalmus viridescens bili con una piena capacità orien- nistiche attuate hanno favorito un Rafinesque, specie che vive in sta- tativa, al contrario di frequenze in- incremento delle popolazioni nidi- gni, laghi e fiumi, gli individui si torno a 550 nm e 600 nm (Philips e ficanti di C. mydas e D. coriacea trasferiscono periodicamente da un Borland, 1992b). L’effetto distrutti- (Salmon, 2006), ma è un risultato corpo idrico all’altro in risposta a vo di sorgenti luminose a lunga difficile da consolidare in prospetti- condizioni ambientali locali: gli frequenza e monocromatiche sul va futura per l’incombere di una adulti abbandonano gli stagni in meccanismo di orientamento ma- serie di minacce, fra le quali spicca inverno per ibernare in rifugi terre- gnetico utilizzato da N. viridescens l’inquinamento luminoso. stri, in risposta a situazioni di stress è stato documentato sperimental- Le tartarughe scelgono per la quali il disseccamento dei corpi idri- mente da Philips e Borland (1994). deposizione delle uova spiagge re- ci, il pullulare di ectoparassiti, l’au- Ad avere queste caratteristiche sono mote e buie. La scelta dei siti ripro- mento eccessivo di temperatura delle modelli di lampade largamente im- duttivi è condizionata dal fattore acque (Gill, 1978). La specie ha piegate per l’illuminazione nottur- fedeltà. Esperimenti di marcatura, una spiccata fedeltà al corpo idrico na, come quelle al vapore di sodio cattura e trasferimento forzato del- che le fa da habitat, dal momento a bassa e alta pressione. le femmine ovideponenti dimostra- che gli adulti hanno dimostrato di no che nell’arco di ore o di giorni saper tornare allo stagno nel quale Rettili le femmine tornano a deporre sulla sono cresciuti anche quando speri- Le ricerche sulla biologia ri- spiaggia dalla quale erano state pre- mentalmente trasferiti ad altro cor- produttiva delle tartarughe marine levate (Luschi et al., 1996). Di sta- po idrico (Gill, 1978). È stato dimo- nidificanti in Florida e sull’orien- gione in stagione le femmine nidifi- strato che questa abilità da parte di tamento dei piccoli sono forse cano sulle spiagge dove sono nate; N. viridescens nel processo di ho- l’esempio della più compiuta inda- l’imparentamento delle femmine ming è da porre in relazione al gine scientifica nell’ambito degli stu- che scelgono per la deposizione le possesso di una bussola magnetica di sugli effetti dell’inquinamento medesime spiagge è dimostrato dal il cui funzionamento è influenzato luminoso. Sulle coste della Florida possesso di una composizione del dallo spettro luminoso (Deutschlan- si riproducono Caretta caretta L., DNA mitocondriale simile. L’ipote- der et al., 1999) nonché dalla sensi- Chelonia mydas L. e Dermochelys si è che le tartarughe femmine neo- bilità alla luce polarizzata. Analo- coriacea Vandelli. Nel caso di C. nate riescano a memorizzare la po- go meccanismo di orientamento caretta, si stima la presenza di sizione della spiaggia sulla quale spaziale è stato evidenziato anche 70.000 nidi, equivalenti all’80% schiudono, per poi tornarvi di anno per Ambystoma tigrinum Green della capacità riproduttiva della in anno a deporre le uova. Per (Taylor e Adler, 1973). Philips e specie nell’ambito delle acque del- localizzare l’area di origine e più Borland (1992a) hanno dimostrato l’Atlantico occidentale (Meylan et in generale per orientarsi giovani e l’influenza che lo spettro luminoso al., 1995). Gli sforzi finalizzati alla adulti utilizzerebbero la loro sensi- può avere su questo meccanismo di conservazione delle aree riprodutti- bilità ai campi magnetici, integrata orientamento con un test di labora- ve –localizzate principalmente sul- con le capacità di orientamento vi- torio che ha riprodotto fedelmente le coste meridionali della penisola– sivo (Avens e Lohmann, 2004). Nel- il campo magnetico terrestre. In pre- devono misurarsi con la crescente la scelta del sito riproduttivo entra senza di una fonte luminosa carat- pressione antropica degli ultimi de- in gioco tuttavia anche l’influenza terizzata da frequenze nel campo cenni: a partire dal 1920 la popola- di certe caratteristiche delle spiag- dell’infrarosso (> 700 nm) gli indi- zione umana è aumentata da 1 ge, come ad esempio microclima, vidui di N. viridescens mostravano milione di abitanti a oltre 16 milio- pendenza, prossimità dei litorali alle evidenti difficoltà di orientamento, ni, con un tasso di crescita pari a correnti oceaniche marine in gra- capacità che invece si manifestava 2,5 volte l’aumento demografico do di favorire la dispersione delle correttamente in risposta all’espo- registrato nel resto degli U.S.A. (Sal- giovani tartarughe o infine assenza sizione ad uno spettro luminoso mon, in Rich e Longcore, 2006). di ostacoli nelle acque litoranee, completo prodotto da una lampada L’urbanizzazione della linea costie- come scogli o banchi corallini, che allo xenon da 150 W. La capacità ra e il relativo sviluppo di strutture possono rendere difficile alle fem- di orientamento cambia in risposta ricettive a servizio del turismo han- mine l’accesso alle spiagge. L’ovi- al variare delle lunghezze d’onda: no aumentato in misura esponen- deposizione, che richiede ore, av- frequenze comprese fra 400 nm e ziale l’inquinamento luminoso. viene di notte, quando le tempera-

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ture sono più basse e le minacce no da schermo nei confronti della fronti nei nidiacei e che tale attra- dei predatori meno insidiose. Una luce proveniente dalla costa (Sal- zione dipendeva non solo dalla com- volta emersi sulla superficie della mon et al., 1995). Più in generale, posizione spettrale della fonte lu- spiaggia dopo la schiusa delle uova dal monitoraggio dei nidi attuato minosa, ma anche dalla sua inten- (evento che di solito si verifica nel- negli scorsi decenni emerge una ten- sità (Nelson, 2002). Buoni risultati le ore notturne) i nidiacei devono denza da parte delle tartarughe ma- furono invece ottenuti realizzando dirigersi rapidamente verso il fron- rine a concentrare le deposizioni sperimentalmente un tratto di 1 km te della battigia per prendere il lar- sulle spiagge meno interessate dal- di illuminazione stradale con diodi go. Il movimento è mediato da sti- l’inquinamento luminoso. luminosi collocati ad altezza suo- moli visivi, in primis dal riconosci- Se la progressiva riduzione dei lo, lungo la linea di costa, in alter- mento dell’orizzonte piatto della litorali utilizzabili come habitat ri- nativa alla ordinaria disposizione distesa marina, vale a dire quella produttivi è preoccupante, non fuori terra dei lampioni (Bertolotti porzione di orizzonte che in misu- meno problematico è l’effetto della e Salmon, 2005). A differenza del- ra maggiore veicola la luce prove- luce artificiale sull’orientamento dei l’impianto di illuminazione artifi- niente dagli astri. nidiacei dopo la schiusa (Lorne e ciale con lampioni, i diodi a livello Spesso l’inquinamento lumi- Salmon, 2007). Gli individui di Ca- suolo non interferivano con il cor- noso agisce come fattore di stress retta caretta appena schiusi si orien- retto orientamento dei nidiacei ver- ambientale in sinergia con altri fat- tano sulla base di una sensibilità a so la battigia. La collocazione del tori critici di natura antropogeni- particolari lunghezze d’onda vici- sistema di illuminazione a terra ca; nel caso delle tartarughe mari- ne all’ultravioletto (violetto, blu), rappresenta dunque una possibile ne della Florida, ad esempio, il de- percependo la maggiore intensità soluzione (se pure parziale) del pro- grado del paesaggio delle dune. In di queste componenti in mare ri- blema; l’uso dell’aggettivo parziale taluni casi è stato valutato l’impat- spetto alla terraferma (Kawamura è d’obbligo perché, se è vero che la to della luce artificiale disgiunto et al., 2009). Si stima (Witherington, rimozione delle luci artificiali lun- da questi fattori di disturbo; è il 1992) che ogni anno sulle coste go la linea di costa è una misura caso della ricerca di Witherington della Florida centinaia di migliaia utile, resta il problema dell’inqui- (1992) condotta su una spiaggia di tartarughe appena schiuse peri- namento da luce diffusa, che può della Florida che ospita una colo- scano nel vano tentativo di prende- anch’esso disturbare il corretto nia nidificante di Caretta caretta e re il largo: disidratazione, indeboli- orientamento dei giovani di tarta- su di una spiaggia conservata in mento e predazione sono favoriti ruga (Bertolotti e Salmon, 2005). condizioni del tutto naturali del dalla luce artificiale che induce le I Rettili includono sia specie Costarica dove depone Chelonia giovani tartarughe a orientarsi ver- attive nelle ore diurne, come ad mydas. L’esposizione a lampade al so terra e non verso il mare, facen- esempio le lucertole, che specie con vapore di mercurio comprometteva do loro disperdere molte energie in spiccate abitudini notturne, quali per la quasi totalità l’ovideposizio- movimenti non correttamente orien- ad esempio i geki (Fig. 3). Nei con- ne da parte delle femmine di ambo tati quando, dopo la schiusa, do- fronti delle prime la presenza di le specie. L’uso di lampade al vapo- vrebbero dirigersi verso le acque luci artificiali può avere come effet- re di sodio a luce gialla quasi mo- marine. Con l’intento di risolvere il nocromatica aveva invece effetti tra- problema, l’azienda che gestisce il scurabili. Sulle coste della Florida servizio di illuminazione pubblica le deposizioni si addensano gene- elaborò in passato appositi filtri in ralmente in coincidenza con le grado di schermare le lampade ai spiagge delle aree meno urbanizza- vapori di sodio ad alta pressione, te. Nei (rari) casi in cui i nidi sono ritenute la causa del problema. realizzati nelle aree più antropiz- L’utilizzo di tali dispositivi fu però zate, il sito risponde comunque a introdotto prima che l’effettiva effi- condizioni locali di scarso distur- cacia degli stessi fosse sperimental- bo. Nel caso della colonia riprodut- mente comprovata. Quando test di tiva di Boca Raton, ad esempio, la laboratorio furono effettuati, risul- Fig. 3. In tutto il mondo i geki si sono nidificazione ha luogo in prossimi- tò che in realtà i filtri posti sulle adattati a cacciare insetti in prossimi- tà di alcuni edifici molto alti e poco lampade a vapori di sodio non le tà di fonti luminose artificiali (foto Cri- utilizzati durante l’estate che fungo- rendevano meno attrattive nei con- stina Verdi).

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to potenziale quello di estendere i anche dagli studi condotti in Cali- Uccelli ritmi di attività anche alle ore cre- fornia da Case e Fisher (2001); da Durante il volo notturno gli puscolari o notturne. Il fenomeno un confronto con dati storici sulla Uccelli dirigono la loro rotta sulla è stato definito da Garber (1978) distribuzione degli ofidi Arizona ele- base di differenti stimoli sia magne- “night-light niche”. Secondo Hender- gans Kennicott e Rhinocheilus le- tici che visivi; quando tra questi son e Powell (2001) nell’India occi- contei Baird e Girard è emerso che ultimi si interpone una fonte di dentale il 20% delle iguane (67 spe- il declino di queste due specie ap- luce artificiale, il risultato è anzi cie) e l’11% degli Ofidi (18 specie) si pare correlato al gradiente di lu- tutto un disorientamento rispetto sono adattate a vivere in ambienti minosità che si registra nelle ore alla corretta direzione di volo. Essi domestici e sono attive anche di notturne. Non si evidenzia analo- vengono inoltre attratti da fonti lu- notte in aree illuminate artificial- go trend negativo in aree rurali minose puntiformi come i fari, con mente. Di queste, nove specie fra le della California, dove l’inquina- il rischio di collisione che ne deri- iguane e una fra i serpenti avevano mento luminoso è significativa- va, subendo quella che Verheijen in origine abitudini diurne. Perry e mente inferiore (Sullivan, 2000). (1985) definisce una “cattura” che Fisher (2006) elencano ben 19 la- Si ipotizza che il declino di A. porta gli animali a volare lungo vori reperibili in letteratura che ri- elegans sia in realtà da ricondurre traiettorie circolari intorno alle luci guardano specie diurne di Gekoni- alla rarefazione lungo la fascia artificiali, prima di planare a terra di, Iguanidi e Colubridi adattatesi costiera meridionale della Califor- e soffermarsi nei pressi della sor- a sfruttare a scopo alimentare le nia della sua principiale preda, gente luminosa. Fenomeno questo fonti di illuminazione artificiale nel vale a dire il micromammifero Pe- che trova citazione anche da parte corso delle ore notturne: tra i Geki, rognathus longimembris Coues, ra- di Eugenio Montale nella sua cele- vi sono ad esempio Gehyra mutilata refazione imputabile proprio all’in- bre lirica “Dora Markus”: Wiegmann, Gehyra oceanica Lesson, quinamento luminoso. Altre osser- «... La tua irrequietudine mi fa pen- Lepidodactylus lugubris Dumeril e vazioni sulle risposte alle variazio- sare agli uccelli di passo che urta- Bibron, Thecadactylus rapicauda ni dei livelli di luminosità nottur- no ai fari nelle sere tempestose...» Houttuyn. In talune aree le popo- na da parte di quelle che possono L’avvicinamento alla fonte di lazioni legate all’ambiente dome- essere le prede dei Rettili, ovvero i luce produce un momentaneo ac- stico sono addirittura più abbon- roditori (Kotler et al., 1984) o gli cecamento in conseguenza del fat- danti rispetto a quelle insediate ne- scorpioni (Skutelsky, 1996) avvalo- to che gli occhi degli uccelli in volo gli habitat originari. È il caso, ad rano l’idea che il declino demo- sono adattati a condizioni di oscu- esempio, di Hemidactylus mabuoia grafico di alcune specie di Rettili rità. Esiste altresì evidenza del fatto Moreau de Jonnes, che sull’isola di in aree soggette a intenso inquina- che anche la luce diffusa dalle aree Guana (Isole Vergini) è molto co- mento luminoso sia da porre pro- urbane, quella che nella letteratu- mune intorno alle abitazioni men- prio in relazione con alterazioni ra anglosassone è detta “horizon tre in compenso è difficilmente os- delle dinamiche preda-predatore. glow”, può risultare attrattiva. Espe- servabile negli ambienti forestali, L’inquinamento luminoso rimenti eseguiti in laboratorio sul che pure rappresentano il suo ha- può infine condizionare i mecca- passeriforme Zonotrichia leucophrys bitat naturale (Rodda et al., 2001). nismi di competizione interspecifi- Forster (Williams, 1978) documen- In California la densità di geki in ca. Lo dimostra lo studio di Petren tano come l’effetto disturbante del- ambiente urbano è tale da avere et al. (1993) in cui sono state esa- la luce diffusa si manifesti in misu- suggerito a Canyon e Hii (1997) di minate due specie di geki (Hemi- ra diversa in relazione all’età degli avviare una ricerca finalizzata a dactylus frenatus Duméril e Bibron individui: quelli immaturi mostra- valutare il possibile utilizzo di que- e Lepidodactylus lugubris Duméril no un evidente disorientamento, a sti insettivori nella lotta biologica e Bibron) che vivono nelle abita- differenza degli adulti. Luci d’oriz- contro le zanzare. zioni. L’indicazione che emerge zonte sono inoltre un ben noto fat- La luce artificiale, tuttavia, dalla ricerca è che le specie tendo- tore di attrazione per uccelli testati più spesso costituisce un fattore no a entrare in competizione di- in “gabbie d’orientamento” come critico per i Rettili: Gramentz retta solo quando la presenza di gli imbuti di Emlen, deviando le (2008) la annovera tra le cause del fonti di luce artificiale tende a fa- scelte direzionali dalla giusta rotta declino di Crocodylus porosus Sch- vorire una densa concentrazione di migrazione (Baldaccini e Bezzi, neider, specie a distribuzione indo- degli insetti, che costituiscono le 1989). pacifica. Effetti negativi emergono loro prede. L’influenza esercitata dalle

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luci artificiali disposte lungo la co- luci rosse continue alternate con con il meccanismo di magneto-rice- sta (fari) o in mare aperto (es. luci luci lampeggianti del medesimo co- zione che guiderebbe gli uccelli pas- di navi) sugli uccelli marini o su lore. A partire dal 1970 sono state seriformi durante la migrazione. altre specie ornitiche in fase di mi- introdotte anche luci bianche in- Secondo questo studio, che ha pre- grazione è nota già da fine ’800, termittenti e sincronizzate, disposte so in esame tre specie di passerifor- tanto da costituire un elemento uti- a diverse altezze. Allo stato attuale mi, frequenze corrispondenti alla le allo studio delle rotte migratorie entrambi i dispositivi sono in uso. componente blu-verde non hanno (Gauthreaux e Belser, 2006). Una Gauthreaux e Belser (2006) hanno effetti significativi sul meccanismo ricerca svolta nel secolo scorso pre- esaminato le traiettorie degli Uccel- di orientamento, al contrario delle se in esame 45 fari costieri sulla li che hanno sorvolato nella prima- componenti gialla e rossa. costa della Columbia Britannica, vera e nell’autunno 1986 un’area Interferenze con le rotte mi- evidenziando che nove di essi risul- della Georgia in cui è posta un gratorie possono venire dalle fiam- tavano pericolosi per gli uccelli in torre alta 366 metri. Sulla torre me prodotte da raffinerie o pozzi transito, tanto da causare la morte erano collocate luci bianche inter- metaniferi. Sage (1979) rilevò forti di circa 6.000 esemplari/anno (Mun- mittenti. Grazie a un confronto con perdite di Uccelli in migrazione sul ro, 1924). Un’altra indagine (Mer- un’area di controllo priva di luci Mare del Nord che include nume- riam, 1885) sui fari disposti sulle artificiali, sono state rilevate diffe- rose piattaforme per l’estrazione coste degli Stati Uniti e dell’Ameri- renze significative nelle traiettorie petrolifera. La pericolosità di que- ca centrale e meridionale rivelò che di volo, con la tendenza degli uc- st’area è stata confermata in tempi il fenomeno delle collisioni non si celli ad abbandonare traiettorie li- più recenti da Poot et al. (2008). In manifestava in maniera omogenea, neari in prossimità della torre per letteratura è disponibile anche ma interessava le aree di maggiore iniziare a girare intorno all’ostaco- un’osservazione riferita al territo- addensamento delle correnti migra- lo o ad assumere un volo orientato rio italiano (Tornielli, 1951) e rela- torie, come ad esempio le coste set- secondo linee curve. Sempre nel tiva a un pozzo metanifero in fiam- tentrionali di Cuba. corso del 1986 i medesimi ricerca- me. Analogo pericolo è stato riscon- Con il procedere dell’urbaniz- tori studiarono in parallelo la mi- trato anche nel caso di uccelli ma- zazione è cresciuta la tendenza a grazione autunnale di uccelli che rini stanziali, uccisi per effetto del- costruire edifici di notevole altezza transitavano nei pressi di una torre le ustioni provocate dalla fonte di e questa caratteristica architettoni- per la trasmissione di segnali tv calore che li aveva attratti (Wiese et ca può costituire un problema per dotata di luci rosse e di una torre al., 2001; Burke et al., 2005). Anche gli Uccelli. In un report del WWF provvista invece di luci bianche a le luci delle imbarcazioni possono canadese si legge che «... la collisio- intermittenza in Sud Carolina, po- essere motivo di morte per collisio- ne di uccelli migratori contro edifi- nendole a confronto con un’area ne: negli inverni tra il 2006 e il ci e vetrate è un problema esistente che fungeva da controllo. I risultati 2009 sono stati documentati per le su scala mondiale che si traduce in indicarono che in prossimità della acque marine della Danimarca 41 una mortalità annuale nell’ordine torre con luci rosse gli uccelli de- episodi di collisione, che nel 78% di milioni di individui nel solo Nord viavano la loro traiettoria avvici- dei casi avevano avuto luogo entro America» (Evans Ogden, 1996). Che nandosi alle sorgenti luminose e il 4 Km dalla costa (Merkel e Johan- il fenomeno sia di assoluta rilevan- volo cessava di essere lineare; il sen, 2011). Non meno pericolosi za lo testimonia il numero di ricer- fenomeno si manifestava con mag- per le rotte migratorie sono gli im- che ad esso dedicate: una monogra- giore frequenza rispetto a quanto pianti di illuminazione notturna a fia sull’argomento pubblicata da avveniva nei pressi della torre illu- servizio degli aeroporti; a tal propo- Avery et al. (1980) riporta oltre mil- minata con le luci bianche inter- sito va ricordato lo studio promos- le riferimenti bibliografici. L’altez- mittenti. Rispetto all’area di con- so dal Parco Lombardo della Valle za rappresenta un fattore critico trollo, tuttavia, anche la torre con del Ticino (Fornasari, 2002) sul- anche per manufatti come le an- luci bianche, se pure in misura l’impatto dell’aeroporto di Malpen- tenne e le torri utilizzate per la inferiore, interferiva con il volo mi- sa. La struttura aeroportuale è di- trasmissione di segnali radio o di gratorio. Sempre in tema di fonti sposta in un punto nevralgico, che altro tipo, come le luci di avverti- luminose e qualità dell’orientamen- interseca due importanti rotte mi- mento per i mezzi aerei. In passato to, uno studio di Wiltschko e Wilt- gratorie autunnali che si dipartono uno dei dispositivi di più largo uti- schko (2002) ha analizzato l’in- dall’alta pianura dopo che gli Uc- lizzo era dato dalla collocazione di fluenza delle frequenze luminose celli provenienti da nord hanno

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volato attraverso le valli alpine. Da celli nella fase più delicata, ovvero nidificazione riferiti al 1998 (anno osservazioni svolte a partire dal quella che coincide con l’involo in cui furono tenute spente tutte le 2000 risulta che l’illuminazione degli uccelli giovani verso la costa luci artificiali) e il 1999, anno in delle piste e delle torri di controllo (Day et al., 2003). cui invece era funzionante sia l’il- interferisce in vario modo. Anzitut- Anche gli Uccelli che popola- luminazione stradale che quella to il volo migratorio può subire no gli ambienti terrestri sono po- posizionata nell’area a est della stra- uno stop in conseguenza del fatto tenzialmente esposti agli effetti ne- da. I risultati indicarono che l’illu- che gli uccelli attratti dalle sorgenti gativi derivanti dall’esposizione alla minazione artificiale non determi- luminose atterrano nei loro pressi. luce artificiale, in particolar modo nava effetti significativi sulla consi- Sono inoltre possibili deviazioni le specie legate agli ambienti aper- stenza della colonia riproduttiva e delle rotte migratorie al punto da ti, come le praterie. Di particolare sulla distribuzione dei nidi. Il solo determinare, in alcuni casi, un’in- interesse, in tal senso, è uno studio aspetto che sembrava risentire del- versione del percorso. condotto in Olanda (De Molenaar l’inquinamento luminoso, per al- La mortalità indotta dalle fon- et al., 2000) sugli effetti di un siste- tro in misura contenuta, era quello ti artificiali di illuminazione è mol- ma di illuminazione stradale a ca- legato alla fenologia in fase ripro- to deleteria per specie il cui status rico della pittima reale (Limosa li- duttiva: i nidi disposti più vicini conservazionistico è già precario per mosa L.) specie ben diffusa in Olan- alle fonti luminose venivano rea- effetto di fattori di minaccia diversi da. Questa specie è considerata un lizzati più precocemente rispetto a dall’inquinamento luminoso. Nel buon indicatore della capacità por- quelli disposti a distanze crescenti caso degli Uccelli marini, Monte- tante delle praterie umide nei con- dalle sorgenti luminose. Secondo vecchi (2006) stila un elenco di 9 fronti dell’avifauna. Fino al 1990 gli Autori, la fedeltà al sito ripro- specie minacciate per le quali è il contingente nidificante in Olan- duttivo e la elevata qualità dell’ha- stata riconosciuta una particolare da (50.000 coppie) rappresentava bitat sono efficaci fattori di com- vulnerabilità. Nel caso di due rare la metà della popolazione mondia- pensazione in grado di neutralizza- specie endemiche delle Hawai (Puf- le e dunque la conservazione di re i possibili effetti perturbanti del- finus newelli Henshaw e Pterodro- questa specie nel territorio olande- l’inquinamento luminoso. In am- ma sandwichensis Henshaw), ad se è da considerare un’azione prio- bienti riproduttivi più soggetti a fat- esempio, i nidiacei possono soccom- ritaria. L’area scelta per lo studio tori di stress antropogenici di varia bere per effetto delle luci artificiali (230 ettari di superficie) è gestita da natura, invece, il disturbo dato dal- nella fase in cui abbandonano il un’associazione olandese per la l’inquinamento luminoso non vie- nido (realizzato nell’entroterra) e conservazione della natura e in essa ne tamponato a dovere. Lo dimo- si dirigono per la prima volta verso la densità delle coppie nidificanti strano gli studi di Reijnen (1995) la costa (Day et al., 2003). Nell’iso- (50 nidi/100 ettari) è la più elevata sulla pittima reale che in contrasto la hawaiana di Kauai fu accertato tra quelle rilevate su scala nazio- con le risultanze di De Molenaar et nel 1981 che la metà degli indivi- nale. L’area è attraversata da una al. (2000) hanno rilevato un impat- dui di queste specie periti per effet- strada a forte scorrimento (90.000 to diretto dell’impianto di illumi- to dell’attrazione a luci artificiali veicoli/anno). Diversa la conforma- nazione artificiale a servizio di un era stata uccisa dall’impianto di zione del paesaggio agrario ai due tratto autostradale sulla scelta dei illuminazione di un hotel posto in lati della strada: a ovest un am- siti per la nidificazione. prossimità dello sbocco in mare del biente più aperto, con prevalenza fiume Huleia, lungo la rotta che i di vegetazione erbacea bassa, a est Mammiferi nidiacei seguivano per portarsi dal- una distesa di praterie schermata La totalità dei pipistrelli, la le colonie di nidificazione verso la da siepi che funzionavano anche gran parte dei roditori, i piccoli costa (Telfer et al., 1987). La filtra- da filtro nei confronti delle luci carnivori, il 20% dei Primati e l’80% zione e la riduzione della dispersio- stradali. Gli autori avevano la pos- dei marsupiali hanno abitudini ne della luce verso l’alto determinò sibilità di spegnere le luci ai lati notturne. Non poche specie di Mam- una netta riduzione dei livelli di della strada e inoltre avevano posi- miferi, inoltre, sono attive sia di mortalità. Incoraggiata da questo zionato una fila aggiuntiva di luci giorno che di notte. Per diverse spe- risultato, la Contea di Kauai attivò alimentate da un gruppo di genera- cie con abitudini notturne è stata un programma finalizzato a filtra- tori elettrici all’interno dell’area accertata una sensibilità nei con- re le fonti di illuminazione artifi- posta a est rispetto alla strada. Fu- fronti dei livelli luminosi naturali ciale allo scopo di tutelare gli uc- rono messi a confronto i dati sulla correlata alle diverse fasi del ciclo

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lunare (Beier, 2006). Al crescere del portanza sulla produzione di mela- ha a disposizione –al riparo dalla livello di luminosità che culmina tonina. Dauchy et al. (1997) hanno luce– il 40% del cibo messo a dispo- con la fase di luna piena, si rileva- dimostrato che l’esposizione a luce sizione, mentre tale comportamen- no riduzione dell’attività o restri- anche di modesta intensità duran- to è raro quando gli animali sono zione dell’area di foraggiamento, te la notte può bloccare la produ- tenuti in condizioni di oscurità. fenomeni che sarebbero da ricon- zione di questo ormone, favorendo L’ipotesi è che per alcune specie durre alla necessità di compensare la crescita di tumori in topi di labo- fotofobiche non esistano soluzioni con una minore attività l’accresciu- ratorio. Malgrado l’osservazione adattative alla presenza di luci arti- to rischio di predazione. Se la luce non riguardi animali selvatici, essa ficiali e dunque in tal caso la pre- naturale ha questi effetti, non deve suggerisce l’ipotesi che la luce arti- senza di fonti luminose artificiali sorprendere il fatto che i Mammife- ficiale possa avere effetti significati- potrebbe significare una inevitabi- ri siano un gruppo faunistico mol- vi sullo stato fisiologico dei Mam- le restrizione delle aree di foraggia- to esposto anche agli effetti dell’in- miferi anche in natura. Si conside- mento. Una conferma in tal senso quinamento luminoso (Beier, 2006). ri che negli esperimenti sopra citati sembra arrivare da due studi svolti Come per altri Vertebrati, me- sono stati riprodotti livelli di lumi- in natura. Il primo (Kotler, 1984) tabolismo e comportamento dei nosità molto bassi, inferiori o uguali ha documentato come la comunità Mammiferi sono regolati da un oro- a 1 lux, mentre in media gli stan- di quattro specie di roditori viventi logio biologico sincronizzato da di- dard di illuminazione stradali pre- in ambiente desertico fosse influen- scontinuità ambientali giornaliere vedono che il livello di illumina- zata in negativo dalla presenza di e/o stagionali. Per alcune specie di mento a terra sia di almeno 4 volte una fonte luminosa artificiale che Ungulati, addirittura, è stata sugge- superiore. determinava una riduzione pari al rita l’esistenza di cicli correlati alle In condizioni naturali, come 21% della quantità di semi raccolti diverse fasi lunari in grado di sin- ad esempio in risposta alle fasi di nell’area illuminata artificialmen- cronizzare l’estro (Skinner e van luna piena, i Mammiferi possono te. Il secondo (Bird et al., 2004) è Jaarsveld, 1987). modulare la loro attività trofica con- stato condotto sulla costa della Flo- Nel corso dell’evoluzione, i centrandola nelle ore più buie del- rida e ha preso in esame il roditore cicli endogeni si sono modificati la notte, ma in risposta a luci artifi- Peromyscus polionotus leucocepha- per massimizzare l’efficienza delle ciali fisse, questa forma di adatta- lus Howell. Lungo transetti illumi- attività trofiche, ridurre il rischio mento è impossibile. In tal caso gli nati da lampade a bassa pressione di predazione, migliorare le cure animali possono essere costretti ad al sodio furono disseminati bocco- parentali. Una loro non corretta alimentarsi anche in prossimità di ni di cibo e la stessa operazione fu sincronizzazione con gli eventi fonti luminose artificiali per fron- condotta in un’area buia che fun- ambientali può dunque incidere su teggiare periodi in cui il cibo è geva da controllo. La quantità di tutti questi aspetti della biologia di scarso, rinunciando temporanea- cibo raccolta lungo i transetti posti una specie. Esperienze di laborato- mente alle loro attitudini foto-fobi- in condizioni di oscurità era signi- rio dimostrano che esposizioni an- che. È il caso ad esempio di Hystrix ficativamente superiore rispetto a che brevi –nell’ordine di 10-15 mi- indica Kerr (Alkon e Saltz, 1988) quella che gli animali asportavano nuti– a luce da lampade a bulbo o che in tal modo si espone però ad dai transetti esposti alla luce artifi- incandescenti corrispondenti a li- un accresciuto rischio di predazio- ciale. velli di luminosità pari a 0,3 lux ne. Soluzione alternativa da parte L’illuminazione stradale può possono determinare nei micromam- di altre specie è quella di compen- condizionare il rischio di collisio- miferi uno spostamento delle attivi- sare l’aumentato rischio di preda- ne dei Mammiferi contro i veicoli. tà giornaliere nell’ordine di 1-2 ore zione evitando qualsiasi attività di In linea teorica, luci più intense (Halle e Stenseth, 2000). Variazio- foraggiamento in condizioni di lu- dovrebbero ridurre la mortalità dan- ni nei ritmi di attività e dilazioni minosità non ottimale, comporta- do migliori possibilità al guidatore nell’ordine di 40’ delle attività gior- mento che in laboratorio è stato di vedere l’animale in fase di attra- naliere sono state osservate altresì osservato nel caso di Phyllotis versamento e dunque di evitarlo. in condizioni di laboratorio anche darwini Waterhouse (Vasquez, La realtà non sembra confermare per lo scoiattolo volante Glaucomys 1994). Se questo roditore viene espo- questa ipotesi: il potenziamento dei volans L. in risposta ad esposizione sto a un’intensità luminosa che si- sistemi di illuminazione stradale, a luce artificiale (De Coursey, 1986). mula quello della luna piena, esso che pure ha avuto luogo negli Stati Il ritmo circadiano ha notevole im- reagisce trasferendo nel rifugio che Uniti, non ha sortito alcuna dimi-

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nuzione degli incidenti da collisio- rio non illuminate. zione di insetti, Rydell (2006) li ne con i cervi (Beier, 2006). La I pipistrelli, animali simbolo classifica in tre categorie in relazio- tipologia e l’intensità delle luci ar- della notte, si sono adattati in talu- ne al tipo di volo. Alla prima appar- tificiali possono rendere difficolto- ni casi in maniera opportunistica a tengono le specie di taglia maggio- so per gli animali evitare le collisio- sfruttare le luci artificiali per trar- re (da 30 a 100 grammi in peso, es. ni. I bastoncelli presenti nell’oc- ne un vantaggio diretto. Concen- Eumops perotis Schinz o Tadarida chio di molte specie di Mammiferi trando il loro volo intorno alle fon- teniotis Rafinesque) che perlustra- prettamente notturni vengono pron- ti luminose, sono in grado infatti di no strati di atmosfera elevati dispo- tamente saturati dalla barriera di approfittare dell’addensamento di sti al di sopra di manufatti in grado luce che affianca la sede stradale. insetti attratti dalle sorgenti lumi- di emettere verso l’alto fasci di luce Malgrado esistano Mammiferi not- nose (Rydell, 2006). Il fenomeno diffusa, come ad esempio impianti turni dotati anche di un rudimen- dell’attrazione dei pipistrelli e delle sportivi o aeroporti. Il secondo grup- tale sistema a coni che può essere loro prede verso le luci artificiali si po comprende specie appartenenti attivato nell’arco di pochi secondi, manifesta in tutto il Mondo e non ai Vespertilionidi (es. Lasiurus sp. o in quei secondi si determina un sono poche le specie che ricavano Nyctalus noctula Schreber) di me- accecamento temporaneo che può buona parte del loro cibo proprio dia grandezza (10-30 grammi) che risultare fatale. Per queste specie da questa modalità di predazione, tipicamente volano seguendo tra- anche l’uso di lampade che ripro- che è da considerare un adatta- iettorie tendenzialmente rettilinee ducano le lunghezze d’onda della mento assai recente ed è prova di appena al di sopra delle file di lam- luce solare non produce vantaggi plasticità comportamentale. Poiché pioni stradali. Un terzo gruppo com- di sorta. In compenso, si ritiene che numerose specie di pipistrelli sono prende le specie di taglia minore (< l’utilizzo di lampade al sodio a bas- minacciate di estinzione (Patriarca 10 grammi) che catturano gli inset- sa pressione (589 nm) possa costi- e Debernardi, 2010) indagare le di- ti volteggiando intorno ai singoli tuire il compromesso migliore per namiche di questa modalità preda- lampioni o attraversando il cono di ridurre il rischio di collisione, dal toria è importante anche ai fini luce che gli stessi proiettano verso momento che tali dispositivi garan- della loro conservazione. Per altro il basso. Queste specie di Chirotteri tiscono una buona visione da parte non va dato per scontato che tale in grado di sfruttare la presenza del guidatore e nel contempo sem- abitudine sia unicamente portatri- della luce artificiale sono favorite brano minimizzare l’interferenza ce di vantaggi. La luce artificiale dalla presenza di impianti di illu- con il sistema visivo degli animali infatti interferisce in fase di migra- minazione realizzati con lampade (Beier, 2006). zione, aumenta il rischio di preda- ai vapori di mercurio e, in misura Un aspetto di notevole rile- zione, genera disordini metabolici inferiore, con lampade ai vapori di vanza sotto il profilo conservazio- legati alle variazioni degli orologi sodio ad alta pressione, in ragione nistico riguarda l’eventualità che biologici. Inoltre l’attrazione verso del fatto che sono queste le lampa- l’inquinamento luminoso possa in- le luci artificiali non è un fenome- de più attrattive nei confronti degli terferire con la continuità delle reti no generalizzato all’interno del insetti (Rydell, 1992). ecologiche. Studiando la popolazio- gruppo: esistono anzi specie di pi- Grazie all’introduzione dei bat ne di puma (Puma concolor L.) del- pistrelli totalmente fotofobe che da detector e della tecnica radio track- la California meridionale Beier esse si tengono lontane, come ad ing è stato possibile dimostrare che (1995) ha scoperto che gli individui esempio le specie afferenti al gene- per talune specie la concentrazi- immaturi di questo felino durante i re Myotis sp. e Plecotus sp. (Furlon- one di individui in caccia in pros- loro movimenti di esplorazione del ger et al., 1987; Rydell, 1992). Ana- simità di aree illuminate artificial- territorio tendono a evitare percor- logo comportamento è esibito in mente è superiore a quella ril- si che –pur più favorevoli per quan- Inghilterra da Rhinolophus ferrume- evabile in ambienti non illuminati. to riguarda la topografia e la strut- quinum Schreber, il cui territorio di È quanto rilevato ad esempio per tura vegetazionale– sono interessa- caccia può includere strade illumi- Eptesicus nilssonii Keyserling e Bla- ti dal fenomeno della luce diffusa. nate da lampade a vapori di mercu- sius e Vespertilio murinus L. in Scan- In più occasioni gli animali mo- rio, senza che però gli individui di dinavia: la densità di queste specie stravano di arrestare il loro percor- questa specie si avvicino alle sor- in strade illuminate artificialmente so in presenza di barriere costituite genti luminose (Jones et al., 1995). era da 3 a 20 volte maggiore rispet- da luci artificiali per aggirarle, tran- Tornando alle specie che sfrut- to ad aree prive di lampioni (Ry- sitando attraverso fasce di territo- tano le luci artificiali per la preda- dell, 1992). In linea generale, tali

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differenze si misurano soprattutto tenere stime numeriche affidabili. duzione di luci artificiali in grotte in aree abitate suburbane o rurali, In letteratura esiste però una ricer- o altri ambienti usati come posatoi dove la densità di pipistrelli in pros- ca, condotta in alcune vallate della diurni e invernali è annoverata fra simità dei sistemi di illuminazione Svizzera, che dimostra come la rea- i fattori che più di altri possono stradale è massima, mentre essa ten- lizzazione di nuovi impianti di il- determinare come effetto l’abban- de a diminuire nei centri cittadini, luminazione artificiale in un terri- dono del sito da parte dei pipistrelli presumibilmente perché in essi è torio possa favorire una specie a e ciò rappresenta un fattore di cui più bassa la densità di insetti intor- scapito di un’altra. In seguito al- tenere conto quando gli ambienti no ai lampioni e maggiore è la l’introduzione di impianti di illu- utilizzati come posatoi (es. grotte) disponibilità di punti luce. minazione notturna (Arlettaz et al., sono meta di fruizione turistica Dallo studio appena citato 2000) la specie Rhinolophus hipposi- (Laidlaw e Fenton, 1971). Un fatto- svolto in Scandinavia da Rydell deros Bechstein (già vittima di un re di disturbo altrettanto importan- (1992) su Eptesicus nilssonii emerge declino generalizzato nel suo area- te è dato dalla collocazione di luci che l’efficienza di cattura degli in- le) si è infatti estinta a vantaggio di artificiali all’esterno degli accessi setti intorno alle lampade è più Pipistrellus pipistrellus, a dimostra- ai posatoi diurni attraverso i quali bassa rispetto a quella che si regi- zione del fatto che gli effetti dell’il- periodicamente i pipistrelli sono stra al buio. La maggiore densità luminazione artificiale si possono obbligati a transitare (Erkert, degli insetti in prossimità delle luci, manifestare anche a livello ecologi- 1982). Myotis emarginatus può uti- tuttavia, compensa la minore effi- co, alterando ad esempio le dina- lizzare come rifugio diurno edifici cienza e inoltre le prede sono più miche di competizione fra le spe- dotati di illuminazione esterna; in grandi: tipicamente farfalle nottur- cie. tal caso i giovani hanno un peso ne, mentre lontano dalle luci artifi- Di recente è stato dimostrato inferiore rispetto a quello dei nati ciali prevale la cattura di Ditteri e che Myotis myotis Borkhausen pos- in colonie non sottoposte all’inter- Coleotteri. Il risultato è che la quan- siede un meccanismo bussolare ferenza della luce (Boldogh et al., tità di cibo prelevata dai pipistrelli magnetico (Wang et al., 2007) uti- 2007). Secondo Patriarca e Deber- vicino ai lampioni (e l’energia da lizzato per l’orientamento, unita- nardi (2010) si tratta di un danno essa ricavabile) è maggiore di quel- mente ad altri sistemi di riferimen- significativo, dal momento che il la che gli stessi potrebbero ottenere to, come le variazioni di luminosi- peso al termine della fase di svezza- in aree prive di luci artificiali. La tà del cielo legate al tramonto del mento è fondamentale in prospetti- maggiore facilità di cattura di pre- sole, come accade per uccelli mi- va della sopravvivenza nella suc- de più grandi in prossimità dei lam- gratori su lunga distanza (Marchet- cessiva fase di ibernazione. pioni non è da mettere in relazione ti et al., 1998). Questa scoperta, se alla sola attrattività che essi eserci- confermata per altre specie di pipi- CONCLUSIONI tano sulle falene, ma anche al fatto strelli, renderebbe necessari studi L’impatto dell’inquinamento che, come dimostra uno studio di più approfonditi per valutare l’in- luminoso sui viventi è un proble- Acharya e Fenton (1999), la luce terferenza dell’inquinamento lumi- ma ancora in parte sottovalutato e artificiale, in particolare quella che noso e delle luci d’orizzonte in par- misconosciuto (Lyytimäki, 2013). proviene da lampade ai vapori di ticolare con le strategie di orienta- Gli organismi regolano i loro ritmi mercurio, inibisce i meccanismi di mento presenti in questi micromam- di attività principalmente sulla base difesa degli insetti, come ad esem- miferi. della disponibilità quotidiana e sta- pio il cambio della traiettoria di Per i pipistrelli il rischio di gionale di luce solare e dunque la volo o il lasciarsi cadere a terra. essere predati può aumentare in sua influenza sugli orologi biologi- Alcuni autori (Rydell, 1992; Arlet- condizioni di alterata luminosità. ci è notevole. Malgrado questa con- taz et al., 2000) ipotizzano che al- Lo dimostrano le osservazioni svol- siderazione sia sorretta da numero- cune popolazioni europee di pipi- te in Piemonte da Debernardi et al. se evidenze sperimentali, per de- strelli (es. Eptesicus nilssonii e Pipi- (2010): in ambienti usati come po- cenni si è dato per scontato che la strellus pipistrellus Kaup) siano in satoi diurni e soggetti anche solo a continua e crescente immissione di espansione proprio in risposta alla una debole illuminazione la preda- luce artificiale nella parte più bas- progressiva diffusione di impianti zione di individui di Myotis emargi- sa della troposfera potesse essere di illuminazione notturna. È natus Géoffroy da parte della gazza impunemente tollerata dalle com- un’ipotesi difficile da dimostrare per (Pica pica Brisson) determinava una ponenti biologiche, specie umana la difficoltà che si incontra nell’ot- dispersione delle colonie. L’intro- compresa. Non poche evidenze epi-

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demiologiche documentano per al- 1997; Di Sora, 2009). Fino a non 2009). Sono attivi anche regolamen- tro danni alla salute umana, an- molto tempo fa l’illuminotecnica ti comunali che tuttavia non sono che gravi, come un aumento del- ha avuto come obiettivo quello di estesi all’intero territorio naziona- l’incidenza del tumore al seno e al dimensionare impianti rispondenti le e non sempre trovano piena ap- colon (Chepesiuk, 2009). Per non a standard qualitativi di natura fun- plicazione (Di Sora, 2010). L’ema- parlare delle implicazioni econo- zionale ed estetica. Il risparmio ener- nazione di leggi da parte delle Re- miche del problema. Stime elabora- getico, ad esempio, solo in tempi gioni è il risultato di una encomia- te da un gruppo di ricerca dell’Uni- recenti ha guadagnato l’attenzione bile mobilitazione delle associazio- versità del Missouri ha quantifica- che merita. Attenzione che per al- ni astrofile italiane. Non a caso i to in 7 bilioni di dollari, pari a tro non si è ancora pienamente provvedimenti legislativi di solito circa 5.300 miliardi di euro/anno, tradotta sul territorio nazionale in fissano fasce di rispetto per le aree il costo (impatto su salute umana norme utili a evitare situazioni di circostanti gli osservatori astrono- ed ecosistemi, spreco energetico, deleterio e ottuso spreco. La rifles- mici. L’impatto ecologico è un ecc.) dell’inquinamento luminoso sione in corso sulla necessità di aspetto che rimane in secondo pia- (Gallaway et al., 2010). ridurre i consumi di energia (e con no, anche se non viene ignorato: la La popolazione mondiale è essa i costi) è comunque un’oppor- legislazione lombarda, ad esempio, cresciuta in modo esponenziale ne- tunità importante anzi tutto sotto contiene riferimenti ai possibili dan- gli scorsi decenni e l’aumento non il profilo culturale. Da essa può ni da inquinamento luminoso al- mostra nell’immediato alcuna ten- scaturire un nuovo modello di pro- l’interno delle aree naturali protet- denza ad esaurirsi. L’espansione gettazione nel campo dell’illumi- te. La dotazione di norme legislati- delle aree urbane che ne deriverà è notecnica capace di integrare i cri- ve e tecniche, per quanto non an- destinata ad aumentare la dotazio- teri estetici e funzionali con le esi- cora sufficientemente incisive, è da ne di impianti di illuminazione genze di risparmio e di riduzione considerare un primo passo impor- notturna. È dunque da prevedere dell’inquinamento luminoso a tu- tante. una recrudescenza degli effetti del tela anche degli ecosistemi. Un ap- Va sottolineato però che la fenomeno su scala planetaria che proccio di questo tipo significhe- sola revisione dei criteri di proget- si sovrappone a un quadro già oggi rebbe progettare con criteri più tazione da applicare in ambito illu- preoccupante. Secondo i dati di Cin- moderni il nuovo, ma avviare una minotecnico non è in prospettiva zano et al. (2001a) nel 61,8% del riqualificazione di quanto già esi- una misura di per sé sufficiente per territorio degli USA e nell’85,3% ste. In tempi di crisi ciò potrebbe attivare politiche efficaci ed utili dell’Unione Europea la luminosità fare da volano per la creazione di ad aggredire il problema. Problema dei cieli notturni è di almeno il nuove competenze professionali e che nell’ambito delle politiche di 10% superiore a quella naturale. applicazioni tecnologiche: un esem- conservazione delle risorse biologi- Anche aree apparentemente distan- pio di green economy, che tuttavia che finora è stato sostanzialmente ti dal problema, in realtà ne sono fino ad oggi non sembra trovare ignorato, e non solo in Italia. Per coinvolte. Il monitoraggio degli ef- spazio reale di sviluppo. Anche il usare le parole di Rich e Longcore fetti della luce diffusa a danno del- tentativo di approvare una legge (2006): «... se ci svegliassimo una la barriera corallina (Aubrecht et nazionale per il contenimento del- mattina e capissimo che tutto lo al., 2008) ha ad esempio evidenzia- l’inquinamento luminoso (DDL sforzo messo in atto nell’ambito to che le acque marine al largo del 1296/92) non è andato a segno e delle politiche di conservazione de- Porto Rico e ampie aree del Mar l’elaborazione della norma tecnica gli ultimi trent’anni ha riguardato Rosso e del Golfo Arabo già allo UNI 10819 “Requisiti per la limita- solamente la metà del mondo bio- stato attuale sono soggette a danni zione della dispersione verso l’alto logico, vale a dire gli organismi con gravi. del flusso luminoso” non ha soddi- abitudini diurne?». Affrontare gli Quali le azioni praticabili per sfatto le richieste di chi chiedeva effetti ecologici dell’inquinamento fronteggiare il problema? Soluzioni norme davvero efficaci per affron- luminoso richiederà giocoforza non nell’ambito della progettazione de- tare il problema (Di Sora, 2010). solo un ripensamento delle politi- gli impianti di illuminazione in gra- Oggi buona parte delle Regioni ita- che di conservazione della natura, do quanto meno di ridurre le di- liane sono dotate di normative in ma anche dell’intera pianificazio- spersioni di luce erogata dagli im- materia, ma il quadro è assai diso- ne urbanistica e territoriale. L’in- pianti sono già state individuate e mogeneo e alcune di queste leggi quinamento luminoso è infatti un risultano praticabili (Cinzano, appaiono inadeguate (Di Sora, problema che necessita anche e so-

Informazione&Documentazione 84 CAMERINI - L’illuminazione artificiale e i viventi

prattutto di un approccio su scala zione stradale a tutela dei siti ripro- lisi comparativa sugli effetti a cari- di paesaggio: un’espansione urba- duttivi delle tartarughe marine in co della salute umana della luce na in un’area considerata di scarso Florida (Bertolotti e Salmon, 2005). emessa da diverse sorgenti lumino- pregio naturalistico, solo per fare Anche l’utilizzo di sorgenti lumi- se dimostra ad esempio che la luce un esempio, può compromettere la nose meno attrattive e disturbanti bianca emessa da led ha l’effetto di conservazione di specie interessan- per la fauna selvatica o la loro sopprimere la produzione di mela- ti collocate in aree adiacenti per filtrazione può sortire effetti positi- tonina in misura cinque volte su- effetto del fenomeno della luce dif- vi, ma va detto che questo tipo di periore rispetto a lampade attual- fusa. Non meno dannosa può esse- intervento richiede un’attenta co- mente in uso, come quelle ai vapo- re la realizzazione di un impianto noscenza e valutazione delle prio- ri di sodio ad alta pressione (Falchi di illuminazione che vada a inter- rità conservazionistiche su scala et al., 2011). In definitiva il proble- secare un corridoio ecologico stra- locale. Non esiste purtroppo una ma è complesso, ma questo non tegico per i movimenti di specie di sorgente luminosa in assoluto poco toglie che soluzioni finalizzate a interesse naturalistico. È necessa- offensiva per gli organismi viventi; contenere le ricadute negative del rio che la consapevolezza dei dan- solo per fare un esempio, le luci fenomeno siano possibili. Allo sta- ni indotti dalla luce artificiale pos- gialle sono la soluzione meno im- to attuale un ostacolo non trascu- sa entrare tra i fattori critici oggi pattante per gli insetti e le tartaru- rabile all’avvio di azioni efficaci utilizzati come criteri di riferimen- ghe marine, ma hanno effetto diso- per fronteggiare il problema è l’in- to nei piani territoriali, con la stes- rientante sulle salamandre (Lon- sufficiente percezione della sua gra- sa dignità di altri parametri, come gcore e Rich, 2006). Certamente l’ef- vità. Il mondo dell’astronomia si è la frammentazione degli habitat o fetto sulla componente biologica di speso molto in tema di divulgazio- la degradazione della vegetazione una sorgente luminosa dovrà dive- ne, ottenendo primi risultati molto spontanea. Per rimanere nell’am- nire uno dei criteri per valutarne la importanti, ma il percorso è ancora bito delle misure di natura pianifi- qualità; nuove applicazioni tecno- irto di ostacoli. La crescente dispo- catoria, misura oltre modo urgente logiche, come ad esempio la pro- nibilità di dati sui danni ecologici per la riduzione dell’inquinamen- spettata adozione di sistemi di illu- e sanitari offre l’opportunità al to luminoso è il contenimento del- minazione a led che possono ga- mondo della biologia e della medi- l’urban sprawl (città diffusa), feno- rantire interessanti vantaggi sotto cina di impegnarsi per contribuire meno che è stato oggetto di atten- il profilo del risparmio energetico, a costruire una maggiore conoscen- zione anche da parte dell’Unione dovranno essere opportunamente za e consapevolezza collettiva del Europea (European Environment studiate anche per quel che riguar- problema. Agency, 2006). Ugualmente prezio- da i loro effetti sulla componente si possono essere interventi di miti- biologica. Non è per nulla scontato Ringraziamenti gazione studiati per risolvere pro- infatti che l’introduzione di nuove Un grazie a Monica Masanta, ad blematiche di carattere locale, come soluzioni tecnologiche sia di per sé Allison Schwer, a Cristina e Stella nel caso già descritto a proposito indolore per gli esseri viventi e per Verdi e ai Revisori per le loro prezio- della messa a terra dell’illumina- la salute umana. Una recente ana- se indicazioni.

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Informazione&Documentazione Biologia Ambientale, 28 (n. 1, 2014)

Primi dati sulla presenza di Hystrix cristata Linnaeus, 1758 (Mammalia, Rodentia, Hystricidae) nel Piemonte sud-occidentale (nord-ovest Italia) Moreno Dutto1*, Sergio Rinaudo2, Gianni Moino3, Emiliano Mori4

1 Contrattista Entomologia e Zoologia Medica, Servizio Igiene e Sanità Pubblica, Dipartimento di Prevenzione ASL CN1, Cuneo

2 Servizio Veterinario, Dipartimento di Prevenzione ASL CN1, Cuneo

3 Corpo Forestale dello Stato, Comando Stazione, Saluzzo

4 Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Siena, Via P.A. Mattioli, 4 – 53100 Siena

* Referente per la corrispondenza: [email protected]

Riassunto Nel presente articolo, gli autori segnalano per la prima volta la presenza di Hystrix cristata L. in due località del Piemonte sud-occidentale (provincia di Cuneo). La presenza è stata accertata in seguito al reperimento di aculei, di un esemplare investito e successivamente soggetto a necrofagia da parte dei cinghiali e da un avvistamento da parte di un cacciatore. I nuovi riscontri permettono di spostare ad ovest di circa 78 km in linea d’aria l’areale di diffusione dell’istrice nel nord- ovest dell’Italia. I dati attualmente disponibili fanno supporre un’origine antropocora della popolazione senza però poter escludere una diffusione autonoma dalle provincie di Asti ed Alessandria dove la specie è stata segnalata a partire dal 2003.

PAROLE CHIAVE: istrice / provincia di Cuneo / origine antropocora / espansione dell’areale

First data of the presence of Hystrix cristata Linnaeus, 1758 (Mammalia, Rodentia, Hystricidae) in the south-western Piedmont (northwest Italy). In this work, authors report the first occurrency data of Hystrix cristata L. in two sites in western Piedmont (Cuneo province, Northern Italy). The presence has been confirmed by the findings of a road-killed individual subsequently subjected to necrophagy by wild boars and by an observation by a local hunter. These reports expands the extent of occurrence of this species by over 78 km (linear distance) to the north-weast. The data available up to now lead authors to suggest an antropochorous origin of this population. However, a natural range expansion from the provinces of Asti and Alessandria (eastern piedmont), where the species is recorded since 2003, is not to be excluded.

KEY WORDS: crested porcupine / Cuneo province / antropochorous origin / range expansion

INTRODUZIONE L’istrice Hystrix cristata L., Tanzania Centrale. La presenza Hystrix indica Kerr, 1792. 1758 è un roditore istricide di grosse della specie in Egitto è dubbia La presenza in Italia, unica dimensioni con corologia mediter- (Hoath, 2003). nel continente europeo, sembra ranea e sub-sahariana. L’areale di Nel continente africano, a sud essere dovuta primariamente ad origine, seppur con qualche discon- è vicariata da una specie simile, introduzioni umane a fini alimen- tinuità, si estende per tutto il Nord l’istrice del Capo Hystrix africae- tari e venatori (Ghigi, 1958; Scor- Africa, dal Marocco alla Libia, e a australis Peters, 1852, mentre in tecci, 1961). Recenti osservazioni sud del Sahara, dal Senegal alla Asia è presente l’istrice indiano della specie in Portogallo (Mori et

Informazione & Documentazione DUTTO et al. - Istrice in Piemonte 91

al., in stampa) potrebbero essere ’70, era rappresentato dalla Tosca- Per quanto riguarda il Pie- riferite ad individui sfuggiti alla na (fiume Arno) (Tomei e Cavalli, monte (Fig. 1), la specie è stata cattività. 1976), con alcune segnalazioni in osservata a partire dal 2003 in pro- In Italia, dati paleontologici e Liguria centro-occidentale (Ballet- vincia di Alessandria, in seguito a genetici farebbero supporre che l’in- to, 1977) a seguito di fuga acciden- probabili sconfinamenti della spe- troduzione sia avvenuta in più epo- tale da una riserva di caccia. A cie dal versante ligure dell’appen- che e non risalga al periodo roma- partire dal 1999 una serie di ricer- nino (Silvano, 2004; Sindaco, 2006; no, quanto invece all’epoca medio- che mirate ha permesso di confer- Sindaco e Seglie, 2009; Silvano, evale (Trucchi e Sbordoni, 2009; mare la presenza stabile della spe- 2010); successivamente (2011) è sta- Masseti et al., 2010). cie nella Liguria centrale ed occi- ta segnalata la presenza anche in Attualmente la specie risulta dentale (Borgo e Doria, 2013). provincia di Asti (Loc. Mombaruz- ampiamente diffusa in Italia nelle Negli ultimi anni si è potuta zo; Mori et al., in stampa). regioni centro-meridionali (Amori registrare una progressiva espansio- Nel presente lavoro gli autori et al., 2009), inclusa la Sicilia, men- ne nord-occidentale della specie segnalano due nuove stazioni in tre si hanno solo da alcuni anni i (Mori et al., in stampa), anche a provincia di Cuneo (Piemonte sud- primi dati per la Sardegna (Angeli- seguito di introduzioni mediate dal- occidentale) spostando nettamente ci et al., 2009). Il limite di diffusio- l’uomo (Angelici et al., 2009; Ga- più a ovest l’areale della specie in ne nord-occidentale, fino agli anni gliardi et al., 2012). questa regione.

MATERIALI E METODI Le segnalazioni qui riportate sono state raccolte e verificate da due degli autori (M. Dutto e S. Ri- naudo) a seguito di attività di servi- zio in collaborazione con il perso- nale ispettivo del Corpo Forestale dello Stato. Le coordinate delle va- rie stazioni, rilevate attraverso rice- vitore GPS (GPSmap 60Cx, Garmin), sono state riportate su carta trami- te ArcMap 10®.

RISULTATI I primi punti di presenza del- la specie per il Piemonte centrale sono riportati di seguito, con la data e la tipologia dell’osservazio- ne: 1. Peveragno (CN). 44,331053°N; 07,604739°E. Ottobre 2012. Avvi- stamento da parte di un cacciato- re. 2. Castellar (CN), 44,633033°N; 07,447200°E. Giugno 2013. Riscon- tro di 4 aculei di contatto alla base di Quercus sp. I reperti sono conservati presso il Museo Civico Storia Naturale “G. Doria” (Geno- Fig. 1. Distribuzione aggiornata dell’istrice in Piemonte. La linea tratteggiata va); racchiude le nuove segnalazioni, rappresentate con l’asterisco. I cerchi rappre- 3. Castellar (CN), 44,642500° N; sentano popolazioni sicuramente introdotte, i triangoli punti di presenza rag- 07,457283° E. Agosto 2013. Ri- giunti autonomamente. scontro di resti (arti anteriori e 42

Informazione&Documentazione 92 DUTTO et al. - Istrice in Piemonte

aculei di difesa e contatto) in se- ni lamentati alle colture all’inter- espresso in precedenza, sebbene i guito ad investimento automobili- no dell’areale storico. Favorita an- segni di presenza siano inequivoca- stico e successiva predazione da che dal regime protezionistico, la bili, la specie è notturna, solitaria e parte di cinghiali (Fig. 2). I reper- specie avrebbe dapprima oltrepas- particolarmente elusiva (Scortecci, ti sono conservati presso il Museo sato l’Appennino, raggiungendo 1961; Santini, 1983) e di conse- Civico Storia Naturale “G. Doria” Umbria e Marche, dove l’espansio- guenza non si può escludere com- (Genova). ne al Nord avrebbe avuto inizio, pletamente a priori la conquista L’areale attuale della specie diffondendosi dunque, cronologica- naturale dell’area né la presenza in questa regione è riportato in mente, verso l’Emilia Romagna, la nei territori intermedi tra le locali- figura 1. Liguria, la Lombardia, il Veneto, il tà già note in provincia di Asti e le Piemonte e il Trentino Alto Adige nuove località in provincia di Cu- CONCLUSIONI (Mori et al., in stampa). Fattori sto- neo. I dati raccolti permettono di rici e sociali legati alla progressiva Dal punto di vista biologico è ampliare a ovest l’areale di diffu- urbanizzazione e il conseguente ab- importante sottolineare che la spe- sione della specie in Piemonte. Fino bandono dell’uso tradizionale del cie non va in letargo e la ricerca di al 1970 circa, la distribuzione del- suolo sulle montagne sono le cause cibo su territorio nevoso potrebbe l’istrice in Italia includeva solo le che, probabilmente, hanno favori- costituire un impedimento alla co- regioni centrali e meridionali, Sici- to l’espansione dell’areale di que- lonizzazione dell’intero arco alpi- lia inclusa, con particolare riferi- sta specie attraverso boschi e campi no, come suggerito anche da un mento al versante tirrenico (Amori incolti. modello di distribuzione della spe- et al., 2009). Considerate le limitate capa- cie costruito ad hoc (Mori et al., in In seguito, la normativa na- cità di dispersione e il comporta- stampa). zionale (Legge 968/1977 e successi- mento spaziale di questa specie (Lo- Sebbene l’International ve leggi relative alla fauna selvati- vari et al., 2013), le località segnala- Union for Conservation of Nature ca omeoterma) e quella comunita- te per la provincia di Cuneo risul- (IUCN) classifichi la specie come ria (Direttiva Habitat All. IV e Con- tano troppo lontane dall’areale pe- “a minor preoccupazione” (www. venzione di Berna All. II) hanno ninsulare e dalle aree di sconfina- iucnredlist.org; accesso del 20 set- messo sotto tutela questa specie, mento; è quindi ipotizzabile che si tembre 2013), una conoscenza det- ancora braccata per le carni, gli tratti di una popolazione di origine tagliata della sua distribuzione è aculei (Scortecci, 1961) e per i dan- antropocora. Nonostante quanto raccomandata in quanto specie di interesse non solo conservazionisti- co, ma anche gestionale: nell’areale storico della specie sono lamentati danni a diverse colture agricole (cu- curbitacee, girasoli, tabacco e mais) (Amori et al., 2009); inoltre in Ital- ia, a parte il lupo che potrebbe interagire con l’istrice nella fascia della media collina, non sono noti predatori autoctoni della specie allo stadio adulto (Scortecci, 1961).

Ringraziamenti Gli autori vogliono ringraziare per la collaborazione prestata la Sig.ra Manuela Molineris (Verzuolo), il per- sonale in servizio del Corpo Forestale dello Stato (Comando Stazione di Saluzzo e Comando Provinciale di Cu- Figura 2. Aculei di difesa e contatto recuperati a Castellar (agosto 2013) (foto M. neo) e del Servizio Veterinario Area A Dutto). dell’ASL CN1 (Saluzzo).

Informazione&Documentazione DUTTO et al. - Istrice in Piemonte 93

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Informazione&Documentazione Biologia Ambientale, 28 (n. 1, 2014)

Considerazioni su alcuni casi di infestazioni domestiche sostenute da coleotteri carabidi (Coleoptera, Carabidae) in Piemonte (nord-ovest Italia)

Moreno Dutto

Contrattista Entomologia e Zoologia Medica, Servizio Igiene e Sanità Pubblica, Dip. di Prevenzione ASL CN1, Via del Follone – 12037 Saluzzo (CN). E-mail: [email protected]

Riassunto Nel presente articolo vengono analizzati 9 casi di infestazioni domestiche sostenute da coleotteri carabidi nel sud del Piemonte negli anni 2008-2013. Le infestazioni analizzate hanno visto quali responsabili Harpalus dimidiatus (1 caso) e Pseudoophonus rufipes (8 casi); in tutti i casi le cause dell’infestazione sono state ricondotte a: i) prossimità di coltivazioni erbacee (prati stabili) o ii) presenza di fattori attrattivi in prossimità delle abitazioni quali, ad esempio, fari dell’illumina- zione pubblica dotati di lampade a vapori di mercurio. La gestione delle infestazioni deve prevedere primariamente l’adozione di barriere anti-intrusione alle aperture dell’abi- tazione ed eventualmente l’impiego –solo in prossimità di porte e finestre– di piretroidi distribuiti a striscia. Assolutamente sconsigliati ed inutili i trattamenti insetticidi diffusi in tutta l’abitazione o il trattamento delle aree esterne infestate.

PAROLE CHIAVE: Harpalus / Pseudoophonus / infestazioni domestiche / abitazioni / carabidi

Considerations on some cases of domestic infestations sustained by ground beetles (Coleoptera, Carabidae) in Piedmont (northwest Italy). In this article are analyzed 9 cases of domestic infestations incurred by carabidae beetles in southern Piedmont in the years 2008-2013. Infestations have analyzed seen as responsible Harpalus dimidiatus (1 case) and Pseudoophonus rufipes (8 cases); in all cases the causes of infestation have been traced to: i) close to herbaceous crops (meadows), or ii) the presence of factors attractants in the vicinity of the housing such as, for example, headlights of public lighting lamps with mercury vapor. The management of infestations must provide primarily the adoption of anti-intrusion barriers to the openings of the dwelling and possibly the use, only in the vicinity of doors and windows, of pyrethroids distributed to strip. Absolutely not recommended and unnecessary insecticide treatments spread throughout the home or treatment of external infested areas.

KEY WORDS: Harpalus / Pseudoophonus / domestic infestation / home / ground beetles

INTRODUZIONE I coleotteri carabidi rappre- tenenti alla sottofamiglia Harpali- Ophonus spp. (Grandi, 1951), Pseu- sentano una famiglia composta da nae rappresentano importanti com- doophonus rufipes (De Geer, 1774) specie con esigenze ambientali e petitori biologici (Harrison e Gal- (Brandmayr et al., 2005) , Gynan- trofiche nettamente diversificate; il landt, 2012) seppure possano esse- dromorphus etruscus (Quensel, 1806) regime alimentare, negli adulti, va- re anche particolarmente dannosi e Carterus fulvipes (Latreille, 1817) ria dalla fitofagia alla zoofagia più ad alcune specie coltivate, in parti- (Fabbri e Contarini, 2009) che sono o meno specializzata. Date le esi- colare alla fragola e ai seminativi specie ad ampia diffusione e di fa- genze ambientali e trofiche delle (Tremblay, 2000). cile reperimento nei coltivi (Bazok varie specie nessuna può essere con- Le infestazioni delle abitazio- et al., 2007). siderata quale infestante tipico (clas- ni da parte di specie appartenenti La presenza, anche imponen- sic pest) degli insediamenti umani. ai carabidi sono molto sporadiche te, nelle abitazioni è solo ed esclu- Negli agroecosistemi gli appar- e in letteratura sono ascritti casi a sivamente un fattore di dispersio- DUTTO - Infestazioni domestiche da Carabidi 95

ne/migrazione dovuta a variazioni ne Piemonte. allo stereomicroscopio (Olympus, climatiche (periodi caldo-secchi pro- L’infestazione, ai fini dell’in- VMZ) con illuminazione incidente, lungati) (Grandi, 1951), modifica- serimento come “caso” nel presente sono stati determinati mediante i zioni degli habitat (operazioni col- studio, doveva possedere i seguenti caratteri proposti da Freud et al. turali) e/o a fattori attrattivi quali requisiti: i) interessare ambienti do- (2004) seguendo l’impianto sistema- possono essere fonti di radiazioni mestici/lavorativi in ambiente urba- tico della checklist della fauna d’Ita- UV-A. Le radiazioni ultraviolette no o rurale, ii) protrarsi per almeno lia (Vigna Taglianti, 1993, 2005). giocano un ruolo attrattivo molto 5-6 giorni consecutivi e iii) carica importante, essendo gli Harpalinae infestante >10 esemplari/giorno ri- RISULTATI E DISCUSSIONE lucifugi, ma caratterizzati da spic- scontrati di sera o al mattino. Sono I risultati dei casi pervenuti cato fototropismo positivo alla luce naturalmente stati esclusi dal pre- all’osservazione del personale esper- artificiale. sente studio i casi inerenti il ritrova- to in entomologia dell’ASL CN1 Nel presente studio vengono mento di singoli esemplari o quelli sono riassunti nella tabella I. Negli riportati e descritti sommariamente non ascrivibili ad artropodi apparte- anni compresi fra il 2008 e il 2013 9 casi d’infestazioni domestiche e nenti alla famiglia dei carabidi. sono stati trattati in complesso 9 ne vengono analizzate le implica- Ogni caso ha previsto la rac- casi; per certo tale dato è sottosti- zioni nelle attività antropiche. colta di campioni (almeno 2-4 esem- mato in quanto il ricorso alle strut- plari), successivamente preparati a ture del SSN è limitato a casi di MATERIALI E METODI secco su cartellino entomologico, e particolare intensità e non rispon- Sono stati analizzati i casi l’accertamento ambientale riguar- denti ai classici trattamenti insetti- pervenuti, nel periodo compreso fra dante: condizioni del sito infestato, cidi. gennaio 2008 e ottobre 2013, al caratteristiche degli ambienti ester- In tutti i casi si è potuto ac- Servizio di Igiene e Sanità Pubbli- ni, caratteristiche della componen- certare un uso indiscriminato e ca dell’ASL CN1 sia per competen- te vegetale urbana e presenza/as- improprio delle formulazioni inset- za territoriale che per supporto spe- senza e caratteristiche delle fonti ticide utilizzate senza un’appropria- cialistico ad altre strutture del Ser- d’illuminazione. I dati sono stati ta diagnosi dell’infestante, conside- vizio Sanitario Nazionale (SSN) o raccolti ed elaborati attraverso fo- rato che nei casi 1 e 4 gli insetti a ditte di disinfestazione operanti gli di calcolo Microsoft Excel®. riscontrati erano stati precedente- nell’ambito territoriale della Regio- Gli esemplari raccolti, studiati mente determinati quali blatte.

Tab. I. Infestazioni da coleotteri carabidi riscontrati nel periodo 2008-2013. VM: lampada vapori di mercurio.

N. Specie Località Periodo Osservazioni 1 Pseudoophonus rufipes Cuneo (città) Luglio 2008 Infestazione alloggio 2° piano. Presenza di faro (VM) del- l’illuminazione pubblica sul balcone. Aiuole a circa 200 m. 2 Pseudoophonus rufipes Saluzzo (città) Giugno 2009 Infestazione alloggio 1° piano. Presenza di faro (VM) del- l’illuminazione pubblica sul balcone. Aiuole a circa 600 m. 3 Harpalus dimidiatus Dronero Agosto 2009 Infestazione locali piano terreno attigui al giardino roccioso. 4 Pseudoophonus rufipes Alba Sett. 2009 Infestazione appartamento 1° piano. Colore chiaro (bianco) delle pareti esterne. Finestre affacciate su prato stabile polifita. 5 Pseudoophonus rufipes Verzuolo Agosto 2010 Infestazione pareti esterne (bianche) abitazione rurale. Presenza punto illuminazione pubblica (VM). 6 Pseudoophonus rufipes Moncalieri Ottobre 2010 Infestazione locali industriali in prossimità di area incolta con elevata presenza di graminacee. 7 Pseudoophonus rufipes Savigliano Luglio 2012 Infestazione locali commerciali attigui ad aiuole ornamentali. 8 Pseudoophonus rufipes Biella Sett. 2012 Infestazione locali piano terreno e 1° piano abitazione rurale prossima ad incolto. Presenza faro ad incandescenza illuminazione privata. 9 Pseudoophonus rufipes Scarnafigi Sett. 2013 Infestazione locali piano terreno abitazione rurale prossima a prato polifita.

Informazione&Documentazione 96 DUTTO - Infestazioni domestiche da Carabidi

Dall’analisi della casistica è favorente le infestazioni domesti- coltivate è necessario adottare mi- possibile dedurre che l’infestante che prevalentemente nel periodo sure antiintrusione alle aperture riscontrato con maggior frequenza estivo quando la temperatura per- (zanzariere, spazzole sottoporta, è Pseudoophonus (=Harpalus) rufi- mette il massimo dell’attività di volo ecc.) oppure utilizzare insetticidi da pes (De Geer, 1774) e in un solo e molte specie sono nel picco mas- applicare in striscia limitatamente caso è stato possibile riscontrare simo delle popolazioni. ai potenziali punti d’ingresso (da- Harpalus dimidiatus (Rossi, 1790). Sotto il profilo igienico-sani- vanzali, soglie d’ingresso, ecc.). Fra Ambedue le specie, allo stadio adul- tario le specie che hanno dato ori- i principi attivi che hanno dato i to, presentano un comportamento gine alle infestazioni non sono pe- migliori risultati nella gestione del- trofico fitofago, in alcuni casi spe- ricolose e non hanno un ruolo rile- le infestazioni riassunte nella ta- cializzato alla spermofagia basata vante quali vettori; in ambito do- bella I si può annoverare la perme- su semi di piante spontanee e colti- mestico in molti casi una delle pro- trina (0,25%, soluzione pronta al- vate (es. fragole). blematiche riscontrate era l’inten- l’uso) e la deltametrina. Trattamenti L’infestazione degli ambienti so odore acre generato dagli esem- insetticidi generalizzati risultano domestici/lavorativi rappresenta un plari morti. inutili, concorrendo solo ad aumen- evento localizzato che interessa, Nell’industria alimentare que- tare la contaminazione chimica anche per più anni, siti caratteriz- sti infestanti possono essere una cau- ambientale. zati da particolari condizioni favo- sa di aumento della contaminazio- renti; tali condizioni predisponenti ne biotica nelle matrici lavorate. sono rappresentate dalla presenza Dal punto di vista pratico, al di fonti attrattive quali le radiazio- fine di limitare le infestazioni è ne- Ringraziamenti ni UV-A tipiche delle ormai obsole- cessario primariamente individuare L’autore esprime i più sinceri ringra- te lampade a vapori di mercurio e quali siano le cause; qualora l’infe- ziamenti al dott. Gianni Allegro (CRA - dalla presenza di aree di sviluppo stazione sia correlata alla presenza PLF Unità di Ricerca per le Produzio- ni Legnose Fuori Foresta, Casale quali prati stabili, fragoleti, giardi- di lampade ad elevata emissione UV- Monferrato, Italia) per la revisione cri- ni ecc. A è necessario sostituire queste lam- tica del manoscritto e alla Sig.ra Si è potuto constatare che la pade con lampade al sodio. Manuela Molineris (Verzuolo, Italia) presenza di radiazioni luminose Nei casi in cui invece le cause per la collaborazione prestata nell’ana- rappresenta un fattore d’attrazione siano legate alla prossimità di aree lisi della casistica.

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Informazione&Documentazione Biologia Ambientale Norme per gli autori

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I file delle figure al tratto formattazione e la punteggiatura, attenersi strettamente ai seguenti esempi: vanno inviati preferibilmente in formato *.TIF; quelli delle fotografie Dutton I.M., Saenger P., Perry T., Luker G., Worboys G.L., 1994. An preferibilmente in formato *.JPG (con risoluzione minima 300 dpi e integrated approach to management of coastal aquatic resources. A base 8 o 17 cm). Per formati di file diversi da quelli sopra indicati, case study from Jervis Bay, Australia. Aquatic Conservation: marine and precisare il software utilizzato. Importante: i grafici e le illustrazioni freshwater ecosystems, 4: 57-73. inseriti in un file DOC non sono sufficienti per la realizzazione Hellawell J.M., 1986. Biological indicators of freshwater pollution and tipografica (comportano una perdita di nitidezza e difficoltà in fase di environmental management. Elsevier Applied Science Publishers, impaginazione); è perciò necessario inviare sempre anche i grafici e London and New York, 546 pp. le figure come file indipendenti. Per chiarimenti tecnici contattare Pulliam H.R., 1996. Sources and sinks: empirical evidence and population Giuseppe Sansoni (tel. 0585 841592, [email protected]). consequences. In: Rhodes O.E., Chesser R.K., Smith M.H. (eds.), Population dynamics in ecological space and time. The University of Foto di copertina. Oltre alle illustrazioni a corredo del proprio articolo, Chicago Press, Chicago: 45-69. gli autori possono inviare una o più foto candidate alla copertina Corbetta F., Pirone G., (1986-1987) 1988. I fiumi d’Abruzzo: aspetti della della rivista (complete di una breve didascalia, dell’anno e del nome vegetazione. In: Atti Conv. Scient. “I corsi d’acqua minori dell’Italia dell’autore della foto stessa e preferibilmente attinenti al lavoro appenninica. 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