La Rassegna Stampa Dioblique Agosto 2015
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La rassegna stampa diOblique AGOSTO 2015 La rassegna stampa del mese si apre con UN CORPO, un racconto di Luca Vallese. chi racconta Pensiamo che abbia due gambe, ma che per qualche Nessuno. motivo non le usi come dovrebbe, preferendo piut- tosto trascinarle; le poche volte che ne ha necessità si esprime con una lingua gutturale, fatta di gorgoglii quello che si vede e schiocchi, simile al rumore che fa una pancia che Nella nebbia un muso di cavallo appoggiato al re- digerisce. Siamo contenti che rimanga molto tempo cinto. nascosta al nostro sguardo, ma non sappiamo dire Dietro di lui un cane, legato al muro da una catena. perché. Pensiamo che non debba essere esposta alla Oltre il muro c’è una bestia. Di lei sappiamo poco, vista, ma non siamo sicuri su questo punto. Vederla perché non abbiamo il coraggio di guardarla diret- per intero è per noi insostenibile. tamente; cerchiamo di studiarla di sfuggita, e i suoi Pertanto, la chiamiamo bestia più per i limiti im- movimenti rimangono al limite del nostro campo posti dal lessico. Pensiamo esistano nomi più adatti visivo, seminascosti dai muri o dall’ombra. Quando per descrivere con maggiore chiarezza una creatura ce la troviamo di fronte, e non abbiamo altre possi- del genere, ma l’incapacità di osservarla per intero bilità, cerchiamo in seguito di scordarcene, e ci riu- ci impedisce di poterla definire con più precisione, sciamo sempre. e non possediamo abbastanza fantasia per colmare rs_agosto15.indd 1 01/09/2015 15:14:52 i buchi lasciati dalle poche informazioni che abbia- quello che capiamo mo. Dopo aver riflettuto, tuttavia, abbiamo deci- Poco. Capiamo che il cavallo non viene strigliato da so che tra uomo e bestia preferiamo chiamarla nel molto tempo. secondo modo. Quando non è impegnata vicino al Capiamo che il cane è in calore ma non viene mai fuoco, o nei campi, passa il tempo alla base delle slegato. scale che portano al piano di sopra, in attesa di un Capiamo che la bestia preferisce i luoghi umidi ed richiamo, o di un ordine. evita di passare vicino alle finestre. Pensiamo ne ab- Su per le scale c’è la stanza più grande della casa. È bia in qualche modo paura, ma in seguito, quando qui che il padrone passa le sue giornate. La stanza continuiamo a osservarla, capiamo che non ne è in- è illuminata unicamente dalla luce che entra dalle teressata. Si occupa di trovare il cibo per sé e per il due ampie finestre ad arco che occupano una delle padrone, curare un piccolo orto dietro la casa, cu- pareti e, dopo una certa ora del giorno, da alcune cinare, nutrire gli animali, scaldare l’acqua e tenere candele, appoggiate qua e là sulle assi impari del acceso il fuoco. Ci rendiamo conto che compie bene pavimento e sui pochi mobili – un vecchio casset- queste attività, e per questo deve essere o forte, o tone, un tavolo impolverato, uno scaffale vuoto. agile, o furba. Gli unici due oggetti nella stanza che vengono uti- Capiamo che il padrone non è nato qui. Passa le lizzati sono il letto e la sedia: se sul primo il pa- giornate a guardare fuori dalla finestra nell’unica drone trascorre le sue ore di sonno, sulla seconda stanza al piano di sopra, dove mangia, dorme e fa passa le sue ore di veglia, davanti alla finestra di i suoi bisogni. Non possiamo dire cosa esprima il destra, con gli occhi rivolti alla nebbia. Guardare il suo viso quando guarda fuori dalla finestra. La be- padrone non ci crea nessun problema, ed è quello stia entra nella stanza e compie le proprie mansioni che facciamo. quando il padrone dorme. Ci convinciamo che il pa- drone sia, per motivi che non riusciamo ad afferrare, tenuto prigioniero e che la bestia sia il suo carceriere. oltre la nebbia Cambiamo idea il giorno in cui il padrone si benda Sappiamo che da qualche parte c’è qualcosa, ma non e chiama la bestia battendo con il piede sulle assi del lo sappiamo per esperienza diretta. Supponiamo che pavimento. La bestia sale le scale e lo accompagna a una condizione ne sussegua un’altra, e immaginia- fuori. Questo accade altre volte, senza regolarità, ma mo che dopo i campi, le colline e i fossi ci sia qual- il percorso compiuto è sempre lo stesso. cos’altro, magari altri campi, altre colline, altri fossi, o magari altre conformazioni geologiche, altre con- crezioni terrene, o altre combinazioni di elementi il percorso compiuto fisici e naturali. Allo stesso modo, possiamo pensare La bestia, per evitare che il padrone inciampi per che a un certo punto la nebbia finisca, o che essa si le scale o tra i sassi nel cortile, lo accompagna te- modifichi in una certa misura, che l’aria quindi pos- nendolo per un braccio. Lo aiuta a montare in sella sa in qualche modo essere diversa, ma solo perché e sale dietro di lui, afferrando le redini. Il padrone, ci risulta difficile pensare che non ci sia un qualco- che a malapena sopporta di stare vicino alla bestia sa dopo un altro qualcosa, perché nel campo della durante il penoso tragitto dalla camera al cortile, nostra osservazione questo fatto non si verifica, e cerca di evitare in tutti i modi il contatto, tenendo ugualmente non possiamo dire che questo qualcosa la schiena il più possibile dritta e in avanti. Caval- debba necessariamente essere uguale al qualcosa che cano in questo modo, il padrone bendato e la bestia lo precede. Ma non possiamo affermare alcunché: a dirigere il cavallo, lungo i filari degli olivi ingar- la verità è che oltre alla nebbia potrebbe anche non bugliati per mancanza di potatura, attraverso un esserci niente. passaggio nell’erba alta tra gli olmi, sui cui tronchi II rs_agosto15.indd 2 01/09/2015 15:14:52 LUCA VALLESE | UN CORPO si arrampicano le viti bastarde, e le antiche querce. volontaria. Percorrono il sentiero fino al cortile della L’abitudine ha aperto il sentiero. I quarti posteriori casa, e rientrano come sono usciti, uno vicino all’al- del cavallo si contraggono in armonia con le zampe tro dentro la porta poi su per le scale, la vestaglia anteriori. di stoffa pesante legata alla vita del padrone da una Arrivano giù al fiume fino alla piccola cascata sot- dura corda di canapa, la camicia ingiallita sotto il to a un ponticello, se l’argine distrutto lo permette, maglione. Dopo che la bestia è uscita il padrone si e non ha piovuto. Passano per il sentiero di terra toglie la benda. dentro la nebbia, in mezzo ai campi infestati fino ai paletti di castagno posti a confine. Camminano da un paletto al successivo; il padrone ha i capelli quello che succede bagnati dall’umidità e sta in bilico sulla sella, con la Niente, per molti anni. La nebbia non si dirada. Il testa che segue il movimento del cavallo, e cieco al padrone continua a stare vicino alla finestra con gli mondo intorno a lui. occhi alla nebbia. Anche noi passiamo molto tempo Arrivati, in fondo, c’è un vecchio castagno colpito a guardare lui. Non sappiamo se questo lo influenzi da un fulmine. All’albero mancano i rami più alti in qualche modo. e la parte finale del tronco, esplosa per la scarica Abbiamo l’impressione che il suo sguardo non sia elettrica, e da quel punto uno squarcio percorre la neutro, ma che egli invece cambi espressione in modo corteccia dura allargandosi a poco a poco fino alla sistematico. Ci concentriamo su questo fatto e alla base, dove si apre uno spazio concavo grande come lunga, con il passare delle stagioni, riusciamo a rico- due uomini vicini. La superficie esterna dell’albero noscere una sequenza nel movimento dei suoi tratti. è grigio spento e solcata dai nodi di vecchi rami Non riusciamo tuttavia ad associare un’emozione a ora caduti; nello squarcio il fulmine ha bruciato in quei tratti: non sappiamo se questo dipende da lui o profondità le fibre, che ora, divenute carbone, pen- da noi. Nel frattempo cavallo e cane invecchiano; il dono come stalattiti. I rami principali sono tutti primo nel recinto, il secondo legato al muro. Il cane secchi. non viene liberato. Ciononostante non smette di Eppure nuovi ramoscelli bianchi stanno spuntando tirare la catena. La bestia continua a procurare da dalla corteccia; lisci e sottili ramoscelli portano con mangiare per tutti e a buttare i rifiuti in una fossa nei sé nuove foglie dentate che si radunano in frasche campi, non fa altro. Il padrone, invecchiando, esce verde scuro qua e là, intorno ai vecchi rami, e tendo- sempre meno, e rimane a guardare la nebbia dietro i no le loro facce ovali verso l’alto, a catturare nuova vetri della camera al primo piano, seduto sulla stessa luce, e si gonfiano di linfa e succhiano acqua dalla sedia da cui non si alza nemmeno per andare a dor- terra ed energia dal cielo. mire. La casa va lentamente in rovina. Sembra che per il castagno il tempo non scorra più Mentre non vediamo alcun mistero nel compor- in una direzione; infatti né la morte né la vita riesco- tamento del cane, della bestia e del cavallo, for- no a vincere sull’altro. È un codominio: lasciando la muliamo molte ipotesi circa le motivazioni del pa- natura da sola, tutto finisce per essere così, in equili- drone; non siamo davvero curiosi, ma nemmeno brio: non vero disordine, non vera rinascita. insensibili a ciò a cui siamo adiacenti. Una di que- Il padrone e la bestia arrivano sotto l’albero e, sen- ste ipotesi è che, giacché il padrone è proprietario za fermarsi, gli girano intorno per prendere il sen- di tutto quello che c’è, egli sia proprietario anche tiero al contrario e tornare a casa.