Rifondazione Comunista Dallo Scioglimento Del PCI Al “Movimento Dei Movimenti”
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C. I. P. E. C., Centro di iniziativa politica e culturale, Cuneo L’azione politica e sociale senza cultura è cieca. La cultura senza l’azione politica e sociale è vuota. (Franco Fortini) Sergio Dalmasso RIFONDARE E’ DIFFICILE Rifondazione comunista dallo scioglimento del PCI al “movimento dei movimenti” Quaderno n. 30. Alla memoria di Ludovico Geymonat, Lucio Libertini, Sergio Garavini e dei/delle tanti/e altri/e che, “liberamente comunisti/e”, hanno costruito, fatto crescere, amato, odiato...questo partito e gli hanno dato parte della loro vita e delle loro speranze. Introduzione Rifondazione comunista nasce nel febbraio del 1991 (non adesione al PDS da parte di alcuni dirigenti e di tanti iscritti al PCI) o nel dicembre dello stesso anno (fondazione ufficiale del partito). Ha quindi, in ogni caso, compiuto i suoi primi dieci anni. Sono stati anni difficili, caratterizzati da scadenze continue, da mutamenti profondi del quadro politico- istituzionale, del contesto economico, degli scenari internazionali, sempre più tesi alla guerra e sempre più segnati dall’esistenza di una sola grande potenza militare. Le ottimistiche previsioni su cui era nato il PDS (a livello internazionale, fine dello scontro bipolare con conseguente distensione e risoluzione di gravi problemi sociali ed ambientali, a livello nazionale, crescita della sinistra riformista e alternanza di governo con le forze moderate e democratiche) si sono rivelate errate, così come la successiva lettura apologetica dei processi di modernizzazione che avrebbero dovuto portare ad un “paese normale”. Il processo di ricostruzione di una forza comunista non è, però, stato lineare né sarebbe stato possibile lo fosse. Sul Movimento e poi sul Partito della Rifondazione comunista hanno pesato, sin dai primi giorni, il venir meno di ogni riferimento internazionale (l’elaborazione del lutto per il crollo dell’est non poteva certo essere breve), la messa in discussione dei tradizionali strumenti di organizzazione (partiti e sindacati) del movimento operaio, la frammentazione e scomposizione della classe operaia. Hanno pesato le diverse storie politiche dei “diversi comunismi” che entravano a farne parte (in sintesi da quello togliattiano, a residui di “filosovietismo”, ai diversi filoni della nuova sinistra, alla lettura di Panzieri...). La vita di Rifondazione è stata, quindi, complessa, non solo per l’oggettiva necessità di nuotare controcorrente, ma per le continue scelte cui è stata costretta, anche dall’esistenza del sistema elettorale maggioritario e dalla crescente tendenza verso un sistema bipolare. Da subito è stato presente, non solo nelle valutazioni storiche, ma nelle opzioni quotidiane il nodo che ha accompagnato il PRC per dieci anni: quello tra continuità e rottura, tradizione e innovazione. Cartina di tornasole, il giudizio sull’URSS e sulle società dell’est, sul “socialismo reale” e ancora sul rapporto socialismo/democrazia. Inoltre, il rapporto tra classe operaia e nuovi soggetti sociali. Accanto a questo, è cresciuta la necessità di misurarsi con i grandi temi della globalità: la pace e la guerra nell’”età della mondializzazione”, l’emergenza ambientale, il dirompente divario tra centro e periferia del pianeta. Rifondazione ha vissuto anni difficili e contraddittori, segnati da scissioni, modificazione dei gruppi dirigenti, abbandono, in alcuni casi da parte degli stessi fondatori il cui percorso politico si è frequentemente divaricato. I/Le suoi/sue militanti hanno vissuto contraddizioni profonde, successi e gioie, ma anche dubbi e delusioni che testimoniano quanto diverse (esistenza di un partito comunista, continuità del partito di Togliatti e Berlinguer, richiesta di un partito antagonista, volontà di una formazione capace di fare i conti, radicalmente, con il passato) fossero le domande poste ad esso e quanto profondi fossero i vissuti di chi entrava a comporlo. Manca, purtroppo, una storia di questa formazione politica. Così come pochi sono i lavori organici su tutta la sinistra (PCI, PSI, gruppi) in particolare negli ultimi decenni. I due testi sino ad ora comparsi, La fenice rossa dei fratelli Diliberto e la vecchia talpa e l’araba fenice di Alessandro Valentini non coprono che in parte questa necessità. Il primo ripercorre molto sinteticamente la nascita del partito, dalla componente “cossuttiana” nel PCI al congresso di scioglimento di questo. Brevissima l’appendice sulla scissione del 1998. Il secondo copre lo stesso arco cronologico con una documentazione maggiore, ma anche con un eccessivo “spirito polemico militante” verso Cossutta e Diliberto, proprio di chi ha percorso la stessa strada per poi divergere su scelte centrali. Questo mio lavoro non ha la pretesa di essere La storia di Rifondazione. Militante di periferia, in Rifondazione dalla fondazione, dopo un lungo viaggio nella nuova sinistra, non ho avuto mai incarichi nazionali né collocazioni che mi permettessero di accedere a materiale interno. Gli strumenti usati sono la stampa periodica, i documenti ufficiali, il tentativo di inquadrare sinteticamente le vicende di partito nel contesto nazionale e internazionale. Ne emerge un testo che è un tentativo di approssimazione, che non ha pretese interpretative, ma semplicemente tenta di raccontare i fatti, rivolgendosi a chi li ha vissuti, ma tende spesso a sovrapporli, o a chi si avvicina oggi all’area della sinistra e sente la necessità di conoscerne le radici e le motivazioni non immediate e contingenti. In questa luce si spiega un voluto “errore di prospettiva”, cioè il maggiore spazio, in proporzione, dedicato agli ultimi avvenimenti (in particolare all’ultimo anno) per i nodi problematici che lasciano aperti. In ogni caso, alle soglie di un congresso di “innovazione e svolta”, è indispensabile riflettere su quanto abbiamo alle spalle. Non so se questo lavoro, ipotizzato in un primo tempo come “introduzione” ad un saggio problematico sui nodi politico- teorici di oggi, sulle decennali “aporie della rifondazione”, risponderà, almeno in parte, al bisogno di conoscenza che esiste, dentro e fuori il PRC, su pezzi della nostra storia. Risponderà al suo scopo se susciterà dibattito, discussione, se solleciterà critiche, se spingerà altri ad approfondire episodi, fatti, ad intervenire sulle questioni aperte. Boves (CN), febbraio 2002 Sergio Dalmasso. Le cose sono cambiate nei quasi quattro anni che ci separano dall’uscita del mio testo. Questo non ha avuto particolare riscontro né nelle riviste di sinistra (nei precedenti quaderni sono state pubblicate le recensioni o le schede comparse) né nella stessa Rifondazione (grave e inspiegabile- o tristemente spiegabile- il silenzio di “Liberazione”). Rifondare è difficile è stato presentato in alcune feste, in alcune federazioni, ma non ha comunque avuto rispondenza nel corpo del partito né tra gli storici, neppure quelli non accademici. Nulla aggiunge alla conoscenza della storia del PRC il testo di Lorenzo Caponi Rifondazione comunista, la scommessa perduta (Roma, Editori riuniti, 2003). Caponi, senatore per due legislature, collaboratore di Cossutta, tra i fondatori partito, ne intreccia una brevissima e spesso superficiale storia, positiva per il racconto di alcuni fatti non sempre noti, ma tutta soggettiva e profondamente viziata da uno spirito polemico che non risparmia alcun dirigente (eccezioni fatta per la prefatrice del libro, Ersilia Salvato) e scade nel pettegolezzo e nell’insulto. Cossutta e Diliberto sono accomunati solamente dal cinismo. Il primo ha una cinica disinvoltura nell’uso spregiudicato dei collaboratori, spesso illusi e poi abbandonati, il secondo è segnato da distacco, capacità di calcolo, piaggeria, falsità. Per Marco Rizzo non mancano l’aggettivo ottuso e il termine killer. Bertinotti è massimalista ed estremista, Ingrao in tutta la sua lunga storia esprime solamente teorie e comportamenti di una elite, DP, l’ultima formazione politica della nuova sinistra, esprime concezioni proprie del radicalismo piccolo- borghese. Da un dirigente politico, per quanto oggi in ruoli marginali, ci si dovrebbe attendere, sulla formazione politica di cui ha fatto parte, giudizi, anche critici, più articolati e motivati Poco o nulla aggiunge Parole del mio tempo (Palermo, Sellerio editore, 2001) di Ersilia Salvato, breve testo tutto autocentrato e insufficiente nel motivare i continui passaggi politici dell’autrice (esponente del PCI, fondatrice di Rifondazione, critica “da sinistra” al congresso del 1994, poi attenta al tema della democrazia interna, quindi tra gli autori della scissione del 1998 e, pochi giorni dopo, passata ai DS, nel nome dell’”unità della sinistra”. Di grande spessore, al contrario, la parte dedicata a Rifondazione del corposo La strada percorsa, dalla Resistenza ai nuovi movimenti: lettura critica e scelte alternative, panoramica della lunga e intensa vita di Livio Maitan. Di grande peso e valore è, per diversi motivi, Rifondazione comunista, storia e organizzazione di Simone Bertolino (Bologna, Il Mulino, 2004): Come è nata Rifondazione? Come si è adattato il partito a un sistema politico in transizione come quello italiano dopo Tangentopoli? Quali dinamiche interne ne hanno condizionato le scelte politiche? Primo studio sistematico sul PRC, questo libro vuol dare una risposta a tali interrogativi. Sulla base di dati in gran parte inediti, sono così illustrati le strutture nazionali del partito, l’organizzazione, la leadership, la presenza nelle istituzioni, le organizzazioni, il profilo degli iscritti e la cultura politica dei militanti fino agli andamenti elettorali