“Dalleradici...Ilfuturo”
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“DALLE RADICI... IL FUTURO” Nella meditazione quotidiana ho appena incontrato un‘espressione felice per definire la TRADIZIONE e per formulare il mio augurio a quanti leggeranno queste pagine: “... un presente vivo che affonda le radici in ciò che era per dare linfa a ciò che sarà.” Avevo già scelto il titolo “Dalle radici... il futuro” e mi è parsa una significativa coincidenza. Altri scriveranno in seguito una storia più completa della comunità di S. Vito: c’è una documentazione interessante e sufficiente per un libro di mille pagine e oltre. Per ora ci basti, senza trionfalismi o grandi celebrazioni esteriori, impegnarci a vivere nella nostra Parrocchia (aperta comunque sulla Diocesi e sul mondo) quello che il nostro Cardinale Martini ci ha scritto nella lettera “Parlo al tuo cuore”: - FAR MEMORIA (riscoprendo le radici) di tutti i grandi doni, persone e avvenimenti che il Signore ci ha elargito. - VIVERE LA GRATITUDINE NELLA RESPONSABILITA’ cercando di trasmettere a chi verrà dopo di noi la gioia di un cammino di comunione compiuto conservando e accrescendo il tesoro affidato alla nostra fragilità. - SOGNARE UN FUTURO MIGLIORE e ricordare che il modo migliore per trasformare il sogno in realtà è ... svegliarsi! L’Amore di Dio più grande di ogni nostro peccato, la presenza materna di Maria Madre di Cristo e nostra, il nostro Patrono S. Vito SONO CON NOI per aiutare il nostro cammino verso il futuro. Don Lanfranco (Parroco di S. Vito fino all’anno 2010) 1 CAPITOLO I IL QUARTIERE E GLI INIZI Il LORENTEGGIO non è più come una volta. Permane solo il nome nella mente e nel cuore delle persone anziane che qui sono venute negli anni 30, e ci vivono tuttora; compare sulle loro labbra con toni vivaci quando, conversando con i milanesi di stampo genuino, provano l'orgoglio di poter dichiarare: “Noi siamo del Lorenteggio”. Non avvertono alcun rossore nel sottacere quel nome glorioso e ricco di storia, quando, in provincia, dichiarano di essere milanesi tout court. Il Lorenteggio non è più nessuna realtà, per contro, per le ultime generazioni e per la massa immensa di persone che vi hanno eletto la propria residenza abbandonando la campagna per la città, e che a ragione si sentono direttamente immersi nella vita della grande Milano il nome Lorenteggio è per loro muto perché la loro vita si svolge e si è svolta nell'unica ed esclusiva realtà cittadina. Il Lorenteggio non è più, perché è il nome di un Comune che è giuridicamente morto: apparteneva in parte al suburbio della città di Milano e in parte al contado o territorio milanese. Al suburbio di Milano o CORPI SANTI apparteneva precisamente quella parte che è più vicina al centro (dalla Cascina Corba a P.zaBolivar, da via Savona a via Osoppo). Per facilitare la comprensione, dobbiamo considerare come era divisa la nostra città nel passato. Milano medioevale non si discostava, nel suo assetto politico-amministrativo, dalla Milano romana. Esisteva la città vera e propria, quella entro le mura, molto piccola, mentre il territorio fuori le mura nel medioevo veniva appunto chiamato dei “Corpi Santi”. Era questo un territorio immenso che circondava tutto attorno la città: un territorio fatto di borghi, di cascinali, cappelle e conventi distribuiti in una vasta campagna di una profondità pari a sei miglia per raggio. Il territorio prendeva nome dalla porta da cui partiva una strada che portava ad una determinata città o località. Si aveva quindi il territorio dei “Corpi Santi” di porta Vercellina, porta Ticinese, porta Romana ecc. Si avevano così tante parti di territorio suburbano quante erano le porte e le vie che da esso partivano. Qualcuno potrebbe chiedersi perché il suburbio di Milano si chiamasse dei “Corpi Santi”. L'interpretazione più corrente fa riferimento all'usanza, invalsa ai tempi della Milano romana, di seppellire i primi martiri cristiani fuori le mura, lungo le vie che si aprivano sull'aperta campagna. Questi cristiani martiri venivano chiamati i “Santi” e i più illustri erano venerati in Basiliche, fuori città; ricordiamo quella di S. Lorenzo o S. Vittore in Corpo. I “Corpi Santi” ebbero autonomia amministrativa, finché non furono uniti al Comune di Milano nel 1873. Parte della nostra Parrocchia e comunque della zona 17, di cui la nostra Parrocchia è parte integrante, apparteneva ai “Corpi Santi” di porta Ticinese e porta Vercellina. 2 I CORPI SANTI DI PORTA TICINESE Al vasto territorio di porta Ticinese o territorio dei Navigli, apparteneva quella piccola porzione di territorio che va da via Savona a via S. Cristoforo. La omonima chiesa fu costruita tra il XII e il XIV sec. sopra le fondamenta, pare, di un preesistente Oratorio dedicato appunto al Santo. Conobbe tanti giorni gloriosi: da qui infatti nel 1099 partirono molti dei lombardi che presero parte alla crociata bandita da Urbano II. La tradizione vuole che qui gli abitanti di porta Ticinese attendessero i messi che da Legnano, scendendo lungo le acque dell'Olona, portarono la notizia della sconfitta definitiva del Barbarossa avvenuta nel 1176 ad opera della Lega Lombarda. A S. Cristoforo i milanesi si rivolsero in occasione della peste del 1400; riconoscenti gli dedicarono poi una seconda cappella, annessa alla prima, chiamata “Ducale”, perché costruita con il concorso dei Visconti. Da allora il culto per questo Santo protrattosi fino ai nostri giorni, fu grandissimo. Per lungo tempo le festività in suo onore si celebrarono il 7 gennaio ed il 25 luglio con la corale partecipazione di popolo e la presenza di autorità milanesi che, per l'occasione, distribuivano olio puro ed altri doni. D'altra parte meritava tutto ciò; il Santo infatti, protettore della città di Milano e delle acque, accoglieva i viandanti che vi arrivavano percorrendo la “vecchia” provinciale Vigevanese o il Naviglio Grande. I CORPI SANTI DI PORTA VERCELLINA Se il territorio attorno a S. Cristoforo fu quello che ebbe la storia più gloriosa, ve n'è un altro, molto più vasto, a nord-est che comprende il vecchio Giambellino e le vie Soderini, Caterina da Forlì, Osoppo, che appartenne ai “Corpi Santi” di porta Vercellina, più tardi conosciuta come porta Magenta. In epoca medioevale il territorio suburbano di Porta Vercellina aveva una importante Basilica fuori le mura dedicata a S. Vittore in Corpo - chiamata così perché qui si venerava il Santo martire - con annesso il monastero costruito dall'arcivescovo Arnolfo nell'anno 1004, e abitato sino alla metà del XV sec. dai Benedettini ed, a partire dal XVI sec. fino alla rivoluzione francese, dagli Olivetani. Questi ultimi in particolare, ebbero molta influenza sul territorio. Qui ed in altri comuni del contado, possedevano molti fondi e beni, come viene ricordato da documenti e “relazioni pastorali”. Sicuramente apparteneva agli Olivetani la chiesetta di S. Protaso. Questa era un Oratorio antico, costruito in epoca incerta (tra il IX e XIII sec.) ed intorno al quale fiorirono tradizioni e leggende come quella della visita del Barbarossa, accampato nei pressi del borgo di S.Protaso. Nei primi decenni di questo secolo, la chiesetta del Lorenteggio di S. Protaso era amatissima al punto che, quando si pensò di abbatterla per fare la nuova via Lorenteggio a doppia corsia, la gente si oppose. Un altro Oratorio che merita un accenno è quello di S. Carlo alla Corba, costruito nel 1837 dal conte Giuseppe Castelbarco. La costruzione della predetta chiesetta serviva ad evitare camminate faticose ai contadini, della sua e delle altre cascine attorno, che si recavano alla Messa domenicale. 3 Ancora per tutto il secolo scorso, infatti, tutto l'immenso territorio dei “Corpi Santi” di porta Vercellina, aveva una sola Parrocchia eretta come tale da S. Carlo Borromeo, e situata anticamente in una località che corrisponde, attualmente, a P.zaWagner. La Parrocchia era denominata di S. Pietro in Sala. IL COMUNE DI LORENTEGGIO si estendeva su un territorio che corrisponde all'incirca a quello delimitato a sud-ovest da via Giambellino (parte recente), P.zaTirana, via Giordani, via dei Narcisi, via Lorenteggio (la parte più periferica) e comprendeva altresì una parte del territorio di Corsico (Chiesolo di Rubarello e Molinetto). Il termine LORENTEGGIO proviene (ed è l'ipotesi più probabile) dal nome proprio Laurente (lat. Laurentius) o meglio dal suo diminutivo. Infatti l'attuale Lorenteggio, intorno all'anno mille, si chiamava “Laurentiglio”. Essoè citato in un documento risalente all'anno 1005, in cui si parla di una permuta effettuata dall'arcivescovo di Milano Arnolfo, di alcuni fondi ubicati in quel di “Laurentiglio”, ricevendo in cambio altri fondi da Alerano, abate di S. Vittore in Corpo in quel di “Ugobaldo” (l'attuale Comune di Uboldo?). Il Comune di Lorenteggio fece parte, in epoca medioevale, della pieve di Cesano Boscone e, per qualche tempo, anche della pieve di Trenno. La pieve era un'istituzione antichissima; ebbe origine nelle campagne, ai tempi delle invasioni barbariche, quando nei villaggi romani iniziarono a costituirsi nuclei sempre più consistenti di cristiani, fuggiti anche dalle città assediate. Le pievi ebbero, quindi, il carattere di istituzione non solo religiosa ma anche civile. Il Comune di Lorenteggio fu inserito per lungo tempo nella pieve di Cesano, e pur nella sua modesta estensione territoriale, conobbe attorno all'anno 1700 un periodo che possiamo definire “d'oro”. Pare che comprendesse oltre alla cascina Lorenteggio, anche le cascine Travaglia, Chiesolo di Rubarello e Molinetto. E' certo che nel 1757 quando Maria Teresa fece un censimento degli abitanti e dei propri domini, Lorenteggio avesse solo le quattro località sopra accennate. Nel successivo censimento, risalente ai primi dell'ottocento, durante il periodo della Repubblica Cisalpina, il Comune non fa più parte, come nel precedente censimento di Maria Teresa, della pieve di Cesano Boscone, bensì del distretto di Milano. In questo periodo il Comune di “Lorenteggio e Uniti” - così veniva chiamato allora - aveva 143 abitanti.