“DALLE RADICI... IL FUTURO”

Nella meditazione quotidiana ho appena incontrato un‘espressione felice per definire la TRADIZIONE e per formulare il mio augurio a quanti leggeranno queste pagine: “... un presente vivo che affonda le radici in ciò che era per dare linfa a ciò che sarà.” Avevo già scelto il titolo “Dalle radici... il futuro” e mi è parsa una significativa coincidenza. Altri scriveranno in seguito una storia più completa della comunità di S. Vito: c’è una documentazione interessante e sufficiente per un libro di mille pagine e oltre. Per ora ci basti, senza trionfalismi o grandi celebrazioni esteriori, impegnarci a vivere nella nostra Parrocchia (aperta comunque sulla Diocesi e sul mondo) quello che il nostro Cardinale Martini ci ha scritto nella lettera “Parlo al tuo cuore”: - FAR MEMORIA (riscoprendo le radici) di tutti i grandi doni, persone e avvenimenti che il Signore ci ha elargito. - VIVERE LA GRATITUDINE NELLA RESPONSABILITA’ cercando di trasmettere a chi verrà dopo di noi la gioia di un cammino di comunione compiuto conservando e accrescendo il tesoro affidato alla nostra fragilità. - SOGNARE UN FUTURO MIGLIORE e ricordare che il modo migliore per trasformare il sogno in realtà è ... svegliarsi!

L’Amore di Dio più grande di ogni nostro peccato, la presenza materna di Maria Madre di Cristo e nostra, il nostro Patrono S. Vito SONO CON NOI per aiutare il nostro cammino verso il futuro.

Don Lanfranco (Parroco di S. Vito fino all’anno 2010)

1 CAPITOLO I

IL QUARTIERE E GLI INIZI

Il LORENTEGGIO non è più come una volta. Permane solo il nome nella mente e nel cuore delle persone anziane che qui sono venute negli anni 30, e ci vivono tuttora; compare sulle loro labbra con toni vivaci quando, conversando con i milanesi di stampo genuino, provano l'orgoglio di poter dichiarare: “Noi siamo del Lorenteggio”. Non avvertono alcun rossore nel sottacere quel nome glorioso e ricco di storia, quando, in provincia, dichiarano di essere milanesi tout court. Il Lorenteggio non è più nessuna realtà, per contro, per le ultime generazioni e per la massa immensa di persone che vi hanno eletto la propria residenza abbandonando la campagna per la città, e che a ragione si sentono direttamente immersi nella vita della grande Milano il nome Lorenteggio è per loro muto perché la loro vita si svolge e si è svolta nell'unica ed esclusiva realtà cittadina. Il Lorenteggio non è più, perché è il nome di un che è giuridicamente morto: apparteneva in parte al suburbio della città di Milano e in parte al contado o territorio milanese. Al suburbio di Milano o CORPI SANTI apparteneva precisamente quella parte che è più vicina al centro (dalla Cascina Corba a P.zaBolivar, da via Savona a via Osoppo). Per facilitare la comprensione, dobbiamo considerare come era divisa la nostra città nel passato. Milano medioevale non si discostava, nel suo assetto politico-amministrativo, dalla Milano romana. Esisteva la città vera e propria, quella entro le mura, molto piccola, mentre il territorio fuori le mura nel medioevo veniva appunto chiamato dei “Corpi Santi”. Era questo un territorio immenso che circondava tutto attorno la città: un territorio fatto di borghi, di cascinali, cappelle e conventi distribuiti in una vasta campagna di una profondità pari a sei miglia per raggio. Il territorio prendeva nome dalla porta da cui partiva una strada che portava ad una determinata città o località. Si aveva quindi il territorio dei “Corpi Santi” di porta Vercellina, , ecc. Si avevano così tante parti di territorio suburbano quante erano le porte e le vie che da esso partivano. Qualcuno potrebbe chiedersi perché il suburbio di Milano si chiamasse dei “Corpi Santi”. L'interpretazione più corrente fa riferimento all'usanza, invalsa ai tempi della Milano romana, di seppellire i primi martiri cristiani fuori le mura, lungo le vie che si aprivano sull'aperta campagna. Questi cristiani martiri venivano chiamati i “Santi” e i più illustri erano venerati in Basiliche, fuori città; ricordiamo quella di S. Lorenzo o S. Vittore in Corpo. I “Corpi Santi” ebbero autonomia amministrativa, finché non furono uniti al Comune di Milano nel 1873. Parte della nostra Parrocchia e comunque della zona 17, di cui la nostra Parrocchia è parte integrante, apparteneva ai “Corpi Santi” di porta Ticinese e porta Vercellina.

2 I CORPI SANTI DI PORTA TICINESE Al vasto territorio di porta Ticinese o territorio dei Navigli, apparteneva quella piccola porzione di territorio che va da via Savona a via S. Cristoforo. La omonima chiesa fu costruita tra il XII e il XIV sec. sopra le fondamenta, pare, di un preesistente Oratorio dedicato appunto al Santo. Conobbe tanti giorni gloriosi: da qui infatti nel 1099 partirono molti dei lombardi che presero parte alla crociata bandita da Urbano II. La tradizione vuole che qui gli abitanti di porta Ticinese attendessero i messi che da Legnano, scendendo lungo le acque dell', portarono la notizia della sconfitta definitiva del Barbarossa avvenuta nel 1176 ad opera della Lega Lombarda. A S. Cristoforo i milanesi si rivolsero in occasione della peste del 1400; riconoscenti gli dedicarono poi una seconda cappella, annessa alla prima, chiamata “Ducale”, perché costruita con il concorso dei Visconti. Da allora il culto per questo Santo protrattosi fino ai nostri giorni, fu grandissimo. Per lungo tempo le festività in suo onore si celebrarono il 7 gennaio ed il 25 luglio con la corale partecipazione di popolo e la presenza di autorità milanesi che, per l'occasione, distribuivano olio puro ed altri doni. D'altra parte meritava tutto ciò; il Santo infatti, protettore della città di Milano e delle acque, accoglieva i viandanti che vi arrivavano percorrendo la “vecchia” provinciale Vigevanese o il Naviglio Grande.

I CORPI SANTI DI PORTA VERCELLINA Se il territorio attorno a S. Cristoforo fu quello che ebbe la storia più gloriosa, ve n'è un altro, molto più vasto, a nord-est che comprende il vecchio Giambellino e le vie Soderini, Caterina da Forlì, Osoppo, che appartenne ai “Corpi Santi” di porta Vercellina, più tardi conosciuta come . In epoca medioevale il territorio suburbano di Porta Vercellina aveva una importante Basilica fuori le mura dedicata a S. Vittore in Corpo - chiamata così perché qui si venerava il Santo martire - con annesso il monastero costruito dall'arcivescovo Arnolfo nell'anno 1004, e abitato sino alla metà del XV sec. dai Benedettini ed, a partire dal XVI sec. fino alla rivoluzione francese, dagli Olivetani. Questi ultimi in particolare, ebbero molta influenza sul territorio. Qui ed in altri comuni del contado, possedevano molti fondi e beni, come viene ricordato da documenti e “relazioni pastorali”. Sicuramente apparteneva agli Olivetani la chiesetta di S. Protaso. Questa era un Oratorio antico, costruito in epoca incerta (tra il IX e XIII sec.) ed intorno al quale fiorirono tradizioni e leggende come quella della visita del Barbarossa, accampato nei pressi del borgo di S.Protaso. Nei primi decenni di questo secolo, la chiesetta del Lorenteggio di S. Protaso era amatissima al punto che, quando si pensò di abbatterla per fare la nuova via Lorenteggio a doppia corsia, la gente si oppose. Un altro Oratorio che merita un accenno è quello di S. Carlo alla Corba, costruito nel 1837 dal conte Giuseppe Castelbarco. La costruzione della predetta chiesetta serviva ad evitare camminate faticose ai contadini, della sua e delle altre cascine attorno, che si recavano alla Messa domenicale.

3 Ancora per tutto il secolo scorso, infatti, tutto l'immenso territorio dei “Corpi Santi” di porta Vercellina, aveva una sola Parrocchia eretta come tale da S. Carlo Borromeo, e situata anticamente in una località che corrisponde, attualmente, a P.zaWagner. La Parrocchia era denominata di S. Pietro in Sala.

IL COMUNE DI LORENTEGGIO si estendeva su un territorio che corrisponde all'incirca a quello delimitato a sud-ovest da via Giambellino (parte recente), P.zaTirana, via Giordani, via dei Narcisi, via Lorenteggio (la parte più periferica) e comprendeva altresì una parte del territorio di Corsico (Chiesolo di Rubarello e Molinetto). Il termine LORENTEGGIO proviene (ed è l'ipotesi più probabile) dal nome proprio Laurente (lat. Laurentius) o meglio dal suo diminutivo. Infatti l'attuale Lorenteggio, intorno all'anno mille, si chiamava “Laurentiglio”. Essoè citato in un documento risalente all'anno 1005, in cui si parla di una permuta effettuata dall'arcivescovo di Milano Arnolfo, di alcuni fondi ubicati in quel di “Laurentiglio”, ricevendo in cambio altri fondi da Alerano, abate di S. Vittore in Corpo in quel di “Ugobaldo” (l'attuale Comune di Uboldo?). Il Comune di Lorenteggio fece parte, in epoca medioevale, della pieve di Cesano Boscone e, per qualche tempo, anche della pieve di Trenno. La pieve era un'istituzione antichissima; ebbe origine nelle campagne, ai tempi delle invasioni barbariche, quando nei villaggi romani iniziarono a costituirsi nuclei sempre più consistenti di cristiani, fuggiti anche dalle città assediate. Le pievi ebbero, quindi, il carattere di istituzione non solo religiosa ma anche civile. Il Comune di Lorenteggio fu inserito per lungo tempo nella pieve di Cesano, e pur nella sua modesta estensione territoriale, conobbe attorno all'anno 1700 un periodo che possiamo definire “d'oro”. Pare che comprendesse oltre alla cascina Lorenteggio, anche le cascine Travaglia, Chiesolo di Rubarello e Molinetto. E' certo che nel 1757 quando Maria Teresa fece un censimento degli abitanti e dei propri domini, Lorenteggio avesse solo le quattro località sopra accennate. Nel successivo censimento, risalente ai primi dell'ottocento, durante il periodo della Repubblica Cisalpina, il Comune non fa più parte, come nel precedente censimento di Maria Teresa, della pieve di Cesano Boscone, bensì del distretto di Milano. In questo periodo il Comune di “Lorenteggio e Uniti” - così veniva chiamato allora - aveva 143 abitanti. Nel 1841 il “Lorenteggio ed Uniti” diviene frazione del vicino Comune di Corsico; nel 1923 viene assorbito dalla città di Milano anche se manterrà ancora per lungo tempo tutte le caratteristiche tipiche di una società agricola e patriarcale. Nei primi decenni del 1900 l'industria muove i primi passi, favorita non solo dalla presenza del Naviglio Grande, che per secoli è stata una via di comunicazione e di commercio, ma anche dalla costruzione, avvenuta verso la fine dell'800, della ferrovia di S. Cristoforo e della sua stazione risalente al 1909.

4 Sorgono, tanto per fare qualche esempio, la “Osram” e la “Loro-Parisini” in via Savona, la “Tallero” in via Giambellino, e vicino alle fabbriche, le abitazioni, che non sono più cascine ma abitazioni civili, a più piani, con la loro tipica ringhiera, con i panni stesi al sole, il cortile, il selciato, il lavatoio e le botteghe del “sciustré” e del “magnan” e di altri artigiani. Questo avveniva soprattutto nella parte sud (via Savona, via Giambellino ed adiacenze). Altrove, invece, era ancora una distesa di prati, di coltivazioni e qua e là di risaie e marcite attraversate da innumerevoli fontanili e rogge.

Tutta la zona era ricchissima di acqua, nei prati quando pioveva si formavano dei veri e propri laghi, che creavano parecchio disagio agli abitanti delle poche case. Tutto attorno prati ed orti. Escluso il gruppo delle case popolari costruite prima del 1930. Tutti prati in via Giambellino. Prati in via Lorenteggio escluso una casa (la ca' di paur), così chiamata perché vi si erano rifugiati dei disertori della prima guerra mondiale ed era abitata da gente non sempre onesta.

...Ricordi 'l gioeugh di bocc, de front al foss e la stradella stretta in mezz ai praa, dedree spontava el Gesiolin di fraa dò cà, e poeu gh'era pù nient de gross. On sit quasi desert. Ricordi ben: L'aveven battezzaa “Ca di paur” perché spariven tutti appenna scur e stava in gir domà l'odor del fen... (tratto da “I dò bussol” di Cico Carati)

Figura 1 - Questo era lo spettacolo fino al 1950

5 Ma proprio in quegli anni, nello scorcio del secolo XIX, che vedevano il Lorenteggio raggiungere un equilibrio di vita, armonizzando il tradizionale indirizzo agricolo con le nuove esigenze industriali, incominciava a sorgere il problema dell'aggregazione. Fu la sventura di essere troppo vicino a Milano che capovolse la sua fisionomia. Le nuove industrie che sorgevano al margine della città intaccarono profondamente la sua vita richiamando dalla campagna nuove forze di lavoro e favorendo quella evoluzione cittadina della popolazione che incominciava ad esigere dal Comune un nuovo indirizzo amministrativo. Il problema dell'aggregazione era bilaterale; da una parte la città doveva allargarsi, sospinta verso i Comuni limitrofi dalla deficienza di terreno che diveniva sempre più piccolo, per far fronte al fenomeno dell'immigrazione industriale e alle necessità d'igiene che richiedevano nuove ed ampie strade per il maggior flusso di persone. Anche la carenza degli affitti, provocata dall'occupazione di molti locali a scopi industriali o commerciali, imponeva la costruzione di nuove abitazioni. Il Comune di Milano, per non morire congestionato, doveva aprire i propri confini ed evadere verso le zone adiacenti. Il Lorenteggio, per non morire di inedia, doveva farsi assorbire dalla città ed annullarsi in essa. Ma il problema dell'aggregazione non era solo di carattere politico amministrativo, ma anche di carattere religioso. L'aumento della popolazione comportava l'esigenza di un luogo di culto più ampio di quello esistente dove svolgere le funzioni religiose e formarsi alla vita cristiana. La piccola chiesa di S. Cristoforo (dove, nel 1913 da S. Maria sul Naviglio era arrivato don Ettore Pozzoni sacerdote Oblato) tanto cara ai milanesi per i suoi ricordi storici, per le bellezze artistiche, per le feste tradizionali, da parecchi anni non bastava più alla popolazione infittita ed al risveglio religioso andatosi sempre più consolidando. La grave questione molte volte rinviata andò maggiormente imponendosi, sicché bisognava risolverla con la costruzione di una nuova chiesa sufficiente e decorosa. Nel settembre del 1926 don Ettore scriveva sul bollettino parrocchiale in un articolo intestato “Il sogno di un matto”: «C'era una volta un povero prete, il quale avendo un portico sgangherato e cadente da ogni parte si mise a sognare che quel portico sarebbe diventato un magnifico salone e sopra del salone si sarebbero slanciati al cielo magnifici locali per scuole. E sognò di giorno, di notte, ed in ogni cosa, in ogni tempo vedeva il suo sogno diventare sempre più bello, più grande, più reale. Ed intanto al portico sgangherato affluivano bambini dell'asilo, ragazzi per il dopo scuola, giovinetti per l'Oratorio festivo, ed al povero prete non restava che sognare. Ma era tanta la forza del suo sogno che ne parlò ad altri, comunicò la sua idea, ed ebbe risate sonore, perché quando gli si domandò: “Dove sono i soldi per fabbricare?” egli non poteva mostrare che le sue tasche vuote e la sua veste rappezzata e d'un bel verde cupo». Il sogno non poteva e non doveva rimanere tale: «Uno sguardo all'avvenire nel quale se resta una grande eredità di debiti, sorride la speranza che con il

6 nuovo anno potremo disfarcene, sistemare bene tutte le cose, ed allora fare una bella festa per l'erezione della nostra chiesa in Prevostura con l'entrata in gran pompa del Prevosto che l'Arcivescovo vi destinerà... Sistemato questo, coll'aiuto del Signore verrà la chiesa nuova, tanto necessaria al nostro rione. Non dite che allargo troppo e che sogno come al solito, perché io vi risponderei che molte cose sembravano un sogno eppure si sono fatte». Ma il Signore aveva un altro progetto, diverso da quello di don Ettore e più veloce; con decreto del 30 marzo 1927 il Cardinale Eugenio Tosi erigeva la “Delegazione Arcivescovile” di S. Cristoforo a “Parrocchia Prepositurale” e il 10 aprile del medesimo anno don Ettore Pozzoni faceva la sua solenne entrata in qualità di Prevosto. Restava il fatto che la nuova Parrocchia era troppo povera, priva com'era di qualsiasi fondo che non fosse quello del Naviglio ed allora sempre il Cardinale Tosi, consigliato da Mons. Maini, vero amico di S. Cristoforo, con decreto datato 17 luglio 1928 ma che ebbe esecuzione il 15 marzo 1929, trasportò la Parrocchia di S. Sepolcro a S. Cristoforo (con i relativi benefici: 4500 lire in cartelle), facendo delle due una sola Parrocchia. Nel Gennaio del 1929 moriva il Card. Eugenio Tosi. Scriveva don Ettore: «Negli ultimi anni della sua vita, aumentò, direi di affetto, perché volle che mi decidessi per la costruzione della nuova chiesa e mi assicurò il suo concorso finanziario, ed infine trasportò la Parrocchia di S. Sepolcro qui in S. Cristoforo, il che sarà di grande giovamento per assestare molte cose, per arricchire la chiesa di parecchi arredi, e specialmente per la costruzione della nuova chiesa». La traslazione di S. Sepolcro in S. Cristoforo rendeva acuta la necessità di una nuova chiesa e la modificazione dei confini, perché era lecito domandarsi a chi doveva servire la nuova chiesa, dato che la vecchia doveva provvedere oltre che ai pochi parrocchiani di S. Cristoforo, a molti della ed a parecchi del S. Rosario: «Nella chiesa vecchia non ci stiamo più, benché siano moltiplicate le funzioni, è necessario che per la nostra comodità e per l'onore di S. Cristoforo sorga presto la chiesa nuova, vasta, bella e comoda. Per ora basta ciò, basta cioè che cominciate a mettere in serbo qualche cosa, anche pochissimo, ma sempre, e i nostri sogni che sembrano sogni di un pazzo, si avvereranno completamente». In quel “mettere in serbo qualche cosa, anche pochissimo” non solo si può leggere il cuore di un padre attento ai bisogni spirituali dei suoi figli, ma anche attento a quelli materiali, in un’epoca dove la ricchezza era di pochi, mentre i sacrifici erano patrimonio della maggioranza della popolazione. L'8 settembre del 1929 fece il suo ingresso solenne in diocesi il Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, maestro e padre attento ai problemi sociali e religiosi del suo tempo: «Qualcuno leggendo sui giornali i progetti di costruzione di nuove chiese in parecchi rioni della città può domandare: “Ma i Superiori, l'Arcivescovo, non ci pensano per S. Cristoforo?”. Anziché rispondere, vorrei a mia volta domandare: “Guardatemi bene in faccia, vi pare che io abbia l'aspetto d'aver vergogna a tormentare anche Sua Eminenza il Cardinale?”. No, vero? Ebbene sono stato da lui e gli ho prospettato il grandissimo bisogno, che del resto egli conosceva già

7 avendogliene parlato un nostro carissimo protettore. L'Arcivescovo da buon diplomatico non mi ha detto subito di sì, ma poi in gran segreto ho saputo che sta già raccogliendo una buona sommetta per noi... Conclusione: i Superiori faranno del loro meglio, senza dubbio, ma non possono certo metterci qui la chiesa bella e fatta... tanto più che ce ne sono parecchie da costruire in questo tempo. Il resto lo dobbiamo fare noi... Quindi torno alla mia idea: una lira per settimana, ma data da tutti». Già nell'ottobre del 1929 don Ettore si era impegnato a pubblicare sul bollettino parrocchiale l'elenco delle offerte per le fondamenta della nuova chiesa e formare una Commissione per lo studio del progetto: «Nessuno faccia l'egoista, o il sordo: la nuova chiesa mentre rinnoverà anche esteticamente il quartiere, sarà un perenne onore per tutti voi». Sui Bollettini parrocchiali dei mesi da marzo a dicembre del 1930, don Ettore ritorna con insistenza a richiamare i parrocchiani a contribuire con le offerte, affinché il sogno di un padre diventi realtà. Eccone uno stralcio: «Alcuni mi dicono: “Faremo l'offerta quando incomincerà la fabbrica”. Bravi talenti, e per cominciare cosa adopero?... Fidarsi della Provvidenza è bene ed è doveroso, ma non bisogna tentare Dio. Fallimenti non ne voglio, desidero cominciare e finire... Qualche altro mi dice: “Ma la chiesa si fa proprio? Ho sentito che è sospesa?”. Quante volte devo dirvelo: “La chiesa si fa, si fa e più presto di quello che pensate”... Nel mese di Maggio tutti devono fare dei fioretti, voi proponetevi e proponete agli altri come fioretto una buona offerta per la chiesa nuova... Il giorno 25 giugno gran festa per la visita del Cardinale Alfredo Schuster che venne ad amministrare la S. Cresima... Ma insomma, voi direte, che cosa raccomandò il Cardinale? Ma non l'avete già indovinato? Appena finita la Cresima si rivolse a me e disse: “Caro signor Prevosto, questa chiesa è indegna di una Parrocchia, ci vuole almeno dieci volte tanto”... Prima di partire, disse: “Se mi vuol far contento si metta a fare la chiesa subito”... Sorretto e stimolato anzi dal Venerato Superiore, il nostro amatissimo Arcivescovo e dal consenso della popolazione mi accingerò quanto prima al formidabile incarico... Mi permetto far riflettere che una costruzione di tale entità, contribuirà a lenire la crisi di lavoro che purtroppo ci travaglia. A iniziare l'opera di raccolta si terrà nei locali parrocchiali una grandiosa pesca di beneficenza... E' venuta l'ora nostra. Il tempio sospirato da anni è oggi divenuto una vera necessità, avrà presto il suo inizio. Milano ci guarda, l'Arcivescovo ci benedice. Non dobbiamo essere secondi a nessuno nello slancio della nostra festa, nella manifestazione del nostro entusiasmo, nel dare generosamente per quest'opera fra tutte la più importante e più santa... Sogni, sogni: sono parecchi anni che si parla della nostra chiesa come di cosa assolutamente necessaria, ma purtroppo la mancanza di mezzi ha sempre fatto apparire la cosa molto lontana: un vero sogno. Però anche i sogni hanno le gambe e camminano, ed ecco che da circa un anno si vanno raccogliendo fondi perché i passi siano sempre più celeri. Qualche cosa di concreto è apparso col grandioso modello del progetto e tutti hanno potuto constatare che non sono solo chiacchiere al vento, ma, lentamente se volete, si procede verso la meta desiderata, che si raggiungerà ad ogni costo».

8 E conclude sul bollettino del dicembre 1930: «Dice S. Ambrogio che non c'è dovere più urgente del ringraziamento... E' un po' di tempo che vado cercando il nome da dare ai benemeriti offerenti per questo nobilissimo scopo. Ma ecco che stamane un mio carissimo giovane, forse con un po' di malizia, mi dice: “Nelle fabbriche quelli che portano i mattoni si chiamano “magutt”, dunque!...” Dunque siccome voi con le vostre offerte portate più di un mattone, anzi parecchi mattoni, se non vi spiace, vi insignerò di questo titolo nobiliare e se volete ve ne manderò a casa il diploma». «Qualche anno fa ragionandovi di queste cose vi andavo esponendo i miei desideri, che intitolavo “il sogno di un pazzo” ma quel sogno andò via via avverandosi, dal che si vede che quel pazzo un po' di saviezza l'aveva» (bollettino parrocchiale di S. Cristoforo - marzo 1931). Il 14 marzo 1931 si recò a S. Cristoforo il Rev.mo Mons. Maini avvocato generale della Curia per visitare il quartiere che girò in lungo ed in largo ed impressionato dalle molte case che sorgevano per ogni dove, concluse che bisognava provvedere al più presto. Il 21 aprile si radunarono nella casa parrocchiale Mons. Maini, il Rev. Sig. Prevosto della Barona e del S. Rosario con don Pozzoni. Monsignore manifestò la contrarietà del Cardinale a che fosse fabbricata la chiesa in riva al Naviglio per molteplici ragioni; si ventilò l'idea di un'area sul grande piazzale - giardino che il nuovo piano regolatore collocava tra il terrapieno della ferrovia e le Foppette. In questa eventualità il Sig. Prevosto della Barona con grande generosità si dichiarò pronto a cedere tutta la riva sinistra del Naviglio, da Villoresi al ponte levatoio; anche il Sig. Prevosto del Rosario avrebbe ceduto il Giambellino sino a Leone Tolstoi. Si lasciò in sospeso la questione per riferire all'Arcivescovo, il quale decise che data la poca popolazione della Parrocchia di S. Cristoforo (2.760) risultata dall'ultimo censimento, e data la necessità di provvedere al Giambellino, per il momento non si disturbasse la Barona e si trovasse una località che poteva servire ugualmente bene S. Cristoforo, la cui popolazione era in grande maggioranza in Via Savona ed in Giambellino. Si rese quindi necessaria la ricerca di un luogo che potesse servire allo scopo. Il Sig. Carlo Parravicini, con grande premura, con non poco disturbo ed assoluto disinteresse si diede alla ricerca del terreno, e trovò un bel appezzamento di mq. 9200 che si estendeva tra via Vignoli e via Bruzzesi. «Eccoci dunque finalmente arrivati alla novità. Che si farà ora? Non nascondo che per S. Cristoforo la questione è spostata, ma non risolta anche perché ora eravate abituati da signori con tante funzioni, con tante comodità. D'altra parte ci si aggiunge un quartiere completamente nuovo, non ancora coltivato, con tanti bisogni a cui, purtroppo, non si potrà provvedere subito... Piuttosto ecco una piccola novità, apro sin d'adesso due sottoscrizioni permanenti; all'una devono partecipare in massa quelli del Giambellino se vogliono la chiesa bella, grande e presto; all'altra quelli di S. Cristoforo se desiderano che sia continuato il funzionamento della chiesa vecchia... Dunque: “Pro Chiesa Nuova” - fabbisogno un milione» (bollettino parrocchiale di S. Cristoforo - marzo 1932).

9 Le strade del Signore non sempre seguono i sogni o i desideri degli uomini, ma chi si lascia guidare da Lui, con Lui coopera all'opera di redenzione e salvezza. Pur se con un velato senso di nostalgia, don Ettore Pozzoni dopo vent'anni anni di permanenza a S. Cristoforo, abbandonò il suo sogno e la sua Parrocchia per seguire prontamente il volere di Dio che, attraverso la voce del Cardinale, lo destinava ad altro incarico: «Anch'io da parecchio tempo ero preoccupato a far conti perché più vicina fosse quella bella realtà che tutti insieme abbiamo sognato: “La Chiesa Nuova”; quando, la sera del 14 aprile 1932 l'Arcivescovo in un paterno colloquio mi dice: “Lasci tutto, altri farà, altri compirà il suo lavoro interrotto, lei venga per essere l'assistente Diocesano della Gioventù Cattolica. Questo le farà sanguinare il cuore, ma si affidi a Dio”». «Fra pochi giorni sarà pubblicato l'annuncio ufficiale della nomina del nostro nuovo Reverendissimo Sig. Preposto Parroco e le campane squilleranno in segno di esultanza a recare letizia in ogni cuore. Il 31 luglio nella festa di S. Cristoforo avverrà il suo solenne ingresso... S. Cristoforo, giorno già per sé sì caro, assumerà quest'anno una grandiosità che non facilmente si potrà dimenticare o superare. E ciò io penso perché sarà quello il giorno della manifestazione più schietta della nostra fede che nell'uomo mandatoci dall'Arcivescovo ci fa vedere l'ambasciatore di Cristo, il ministro di Dio, il Padre vero delle nostre anime... L'ingresso del nuovo Parroco richiama l'idea del focolare, della famiglia e non dovrebbe lasciare indifferenti coloro ai quali sta a cuore la nostra fisionomia rionale, le nostre memorie patrie e religiose» (bollettino parrocchiale di S. Cristoforo - luglio 1932). Il nuovo Parroco e Pastore era don CARLO GALLI. Il Cardinale Schuster rivolgendosi in quell'ormai lontano 1932 a don Carlo che stava per entrare in S. Cristoforo, disse: “Ricordatevi che il vostro posto deve essere al Giambellino”.

LA CHIESA DI S. SEPOLCRO IN S. VITO AL GIAMBELLINO

Quando don Carlo Galli assunse l'incarico di Preposto Parroco a S. Cristoforo, il Giambellino era una sconfinata distesa di prati e di marcite, con qualche sparso casolare in mezzo ai fossi, che si estendeva dall'Olona fino a Corsico. La via Vignoli non era ancora tracciata, era solo prato e discarica di materiali edili; all'attuale angolo Vignoli/Giambellino c'era una piccola officina, mentre a quello di Vignoli/Vespri Siciliani c'era la casa della vetreria Bertoni; la via Lorenteggio era meno importante della via Vespri Siciliani; nella via Giambellino, da P.za Napoli verso la periferia c'era una sola casa al n. 9 e tra questa e la Cassa di Risparmio solo due casupole, il resto era tutto prato; davanti alla futura chiesa passava un ruscello che si univa ad un altro in via Vespri Siciliani; in P.za Napoli non passava ancora il fiume Olona e la piazza era appena tracciata; la ferrovia che con un ponte sopraelevato scavalcava P.za Napoli era una “ferrovia di circonvallazione”, abolite le rotaie il percorso

10 divenne l'attuale circonvallazione di v.le Misurata; i tram si fermavano all'inizio di via Solari, e solo successivamente la linea fu prolungata fino a via Stendhal e più tardi arrivò in P.za Tirana. Nei luoghi dove ora sorge la chiesa e nelle vicinanze, venivano gli alpini con i muli per le esercitazioni militari. Per chi viene dopo nel tempo e analizza le decisioni di uomini che lo hanno preceduto, è facile talvolta provare un senso di smarrimento, ma quando le decisioni degli uomini sono prese in prospettiva evangelica, l'orizzonte che può apparire, anche il più oscuro, si rischiara e diviene luce e realtà. Il sogno “di un matto” come lo aveva definito don Ettore Pozzoni nel 1926, stava per essere realizzato:“Perché tutto è possibile per chi crede” (Mc 9, 23). Infatti, superate le prime difficoltà, il 13 gennaio 1933, nello studio del notaio Dr. Pedoja, si passò alla firma del documento di trapasso di un vasto terreno alla Parrocchia. Il primo passo era fatto. Ora bisognava fare di più: costruire la chiesa. Ma di soldi non ce n'erano: erano stati assorbiti tutti - con anticipo su quelli che...sarebbero venuti - dalla compera del terreno. Il Cardinale faceva coraggio, incitava, faceva qualche volta premura...ma mezzi non ne dava, perché anche Lui di soldi non ne aveva. Ci volle qualche anno... Ed ecco arrivare la Provvidenza; una generosa persona aveva consegnato alla Curia una somma che sarebbe bastata per le mura al greggio, vetri e serramenti a parte.

Figura 2 - plastico preparato dalla scuola Beato Angelico in cui si vede sulla facciata il disegno di S. Cristoforo cui in un primo tempo doveva essere dedicata la Chiesa

Nel maggio del 1936 venne dato l'annuncio ufficiale: «La nuova parrocchiale sorgerà al Giambellino a 10 minuti dall'attuale vecchia chiesa. Avrà un atrio antistante a colonne - a destra la casa del Clero - a sinistra l'Oratorio - in

11 fondo sull'area che sbocca in via Vespri Siciliani sorgerà la casa delle RR. suore, asilo, Oratorio femminile. Benché sia chiaro che il centro parrocchiale si debba spostare, vogliamo dare ogni assicurazione che ciò avverrà con il minor disagio possibile per le nostre Associazioni ed opere parrocchiali e anche per tutti gli amici e devoti di S. Cristoforo». Il 28 maggio 1936 il Cardinale ricevette in privata udienza don Carlo Galli e gli comunicò che il giorno 4 giugno sarebbe venuto a presenziare alla posa della prima pietra del nuovo tempio parrocchiale: «Tutti - nessuno escluso - ci faremo dovere di trovarci a ricevere l'Eminentissimo Pastore ed a partecipare alla magnifica funzione religiosa che darà inizio alla grande impresa. Vedrà l'Eminentissimo il suo popolo acclamante, ne sentirà le voci festanti non solo, ma vorrà vedere come già abbiamo saputo concretare il nostro aiuto colle nostre offerte. I ricchi daranno in proporzione dei loro averi, i poveri non mancheranno di dare il loro obolo. Anche il più povero può trovare in capo ad una settimana 50 centesimi per offrire un mattone». Il giorno 4 giugno alle ore 15 per mano dell'Eminentissimo Sig. Cardinale, con gran concorso di Autorità e di popolo, sotto un'acqua che aveva inzuppato cose e persone riducendo il campo ad una pozzanghera incredibile, il Cardinale annunciò che avrebbe dedicato la nuova chiesa a S. VITO MARTIRE intendendo far risorgere più ampia e bella la chiesa - che ormai stava per scomparire - di San Vito al Pasquirolo.

Figura 3 - Il Card. Schuster bendice la prima pietra; si intravvedono alla sua sinistra Mons. Polvara architetto progettista e don Galli

«... La nuova parrocchiale sorge quindi, o meglio risorge, nel nuovo quartiere milanese del Giambellino, centro di viva e rinnovata devozione al caro giovanetto, modello di eroico apostolato alle falangi dei nostri cari giovani!...

12 Alla posa della prima pietra facevano corona al Cardinale Schuster S. Ecc. il Sig. Podestà, i dirigenti del gruppo fascista Diaz, i Rev.mi Preposti Parroci di S. Maria del Rosario, della Barona, di S. Protaso, di S. Naborre e Felice. S. Eminenza che era assistito dal Prevosto don Carlo Galli, dopo aver compiuto la benedizione, ha rivolto alla numerosa folla un paterno discorso augurandosi che presto oltre alla chiesa possano sorgere le altre opere parrocchiali. Il voto del Pastore sarà certamente in breve tempo esaudito. Siamo infatti informati che quanto prima incominceranno anche i lavori per la casa parrocchiale e per l'Oratorio, opere per le quali si sollecitano da tutti i buoni parrocchiani offerte generose» (da “Il Giornale d'Italia”). Le mura della chiesa salivano rapidamente, mentre contemporaneamente si formava il primo nucleo di parrocchiani, e il primo gruppo di amici e cooperatori che con tanto cuore e tanta generosità, coordinavano tutto il lavoro e ponevano i piani di quanto sarebbe seguito. Anche don Galli, tornando dopo un mese e mezzo dalla posa della prima pietra, si meravigliò non poco dello stato avanzato dei lavori: «...ma quando sono giunto sul posto mi sono stropicciato gli occhi perché non volevo credere a me stesso. Possibile che in quarantacinque giorni la fabbrica si sia così alzata? Eppure è la realtà. Oramai l'edificio è parecchi metri sopra la terra e si può avere una idea completa della costruzione. E spontanea mi è venuta sul labbro l'espressione: “Ma questa non è la chiesa del Miracolo come l'aveva definita il Cardinale, ma la chiesa dei Miracoli” perché al primo miracolo di aver iniziato la costruzione della chiesa, quando sembrava fosse pazzia il solo pensarci, si era aggiunto il secondo: il rapido sorgere del fabbricato. Un terzo miracolo mi è assicurato dal gentile assistente dei lavori, che mi guida: per la fine del mese di agosto la chiesa avrà il suo tetto! Contemplo l'edificio che nelle sue linee generali mi si presenta maestoso. Esso ha una lunghezza di m. 47,50 dalla porta all'abside e una larghezza di m. 40 nel transetto. Entro: l'ampia navata centrale ha ai suoi lati due piccole navate che possiamo chiamare di servizio. A sinistra ecco il Battistero, al quale si accederà direttamente dall'esterno sì che le cerimonie del Battesimo si svolgeranno nel Battistero stesso, ed il bambino non sarà portato in chiesa se non dopo aver ricevuto il Battesimo. Nelle due navate laterali si aprono i confessionali: 3 a sinistra e 4 a destra; dico si aprono perché - e questa è la novità - i confessionali non si vedono stando nella chiesa, ma sono nel muro, collocati in incavi appositi, che dall'esterno appaiono come altrettanti absidi. Nel punto in cui il transetto taglia la navata centrale - la chiesa è a croce latina - sorgerà l'Altare Maggiore, in modo che il celebrante potrà essere veduto e inteso, tanto dal popolo che starà nella navata centrale, quanto dai ragazzi dell'Oratorio maschile che saranno collocati nel transetto di sinistra e dalle ragazze dell'Oratorio femminile, che troveranno posto nel transetto di destra. A sinistra della chiesa vi è un ampio cortile destinato all'Oratorio maschile, il quale avrà un fabbricato apposito, prospiciente la via Tito Vignoli, con una lunghezza di m. 27. Guardo il disegno: un ampio salone teatro con la

13 capacità di 500 persone - sale per le diverse Associazioni maschili di Azione Cattolica - aule per le scuole di religione ed al primo piano l'appartamento del Sacerdote assistente. L'Oratorio maschile è sempre stata la preoccupazione maggiore del Prevosto, il quale non si dà requie, ma corre a destra ed a sinistra, scrive circolari alle diverse ditte che vedono così assicurata l'assistenza religiosa ai figli delle proprie maestranze. Non è questo un altro miracolo?... Sto per allontanarmi ma sento l'odore di un altro miracolo, che io chiamerei di primo ordine. A sinistra della chiesa - prospiciente la via Vespri Siciliani - sorgerà l'asilo e l'Oratorio femminile con una Congregazione Religiosa femminile che attenderà a queste due opere. Ma il miracolo non sta tanto qui, quanto invece - e ve lo dico in un orecchio, perché è una indiscrezione che io ho carpito al volo - nel fatto che asilo e Oratorio femminile saranno condotti a termine senza gravare per nulla sulle finanze della Parrocchia. E se questo che sembra un sogno diventerà una realtà, non ho forse ragione di dire che la chiesa nuova sarà la “Chiesa dei Miracoli”?»(bollettino parrocchiale di S. Cristoforo - maggio 1936). A novembre del 1936, il Comitato preposto al controllo dei lavori comunicava agli amici del rione Giambellino: «Quel luminoso sogno a cui accennava il manifesto infisso ai primi di giugno nel nostro rione in occasione della posa della prima pietra della nostra Parrocchia, sta per essere una formidabile realtà. Infatti in poco più di cinque mesi, furono portati nel nostro cantiere ben 750 quintali di ferro, che eretti con un impasto di quintali 2.900 di cemento e di m. cubi 1.770 di sabbia e ghiaia e coll'ausilio di n. 230.000 mattoni pieni e n. 245.000 mattoni forati, conclusero quella bella chiesa che, ormai finita nella parte esteriore, s'alza a decorare colla sua bellezza il nostro rione, ed i tramonti veramente dorati di questa estate di S. Martino la fanno brillare nelle sue armoniche linee. Occorsero a quest'opera veramente grandiosa n. 3.800 giornate lavorative e precisamente di una categoria di lavoratori che più delle altre aveva sofferto delle sanzioni inflitte all'Italia. L'opera sotto gli auspici artistici della Scuola Superiore d'Arte Cristiana “Beato Angelico” ed affidata alla moderna capacità della ditta Bassanini, non è peranco finita ma lo sarà e presto anche nell'interno. All'inizio dei lavori materiali, incominciava il suo lavoro anche il benemerito Comitato, costituito tutto da cittadini del rione e presieduto dal M. R. Sig. Prevosto don Galli, il quale radunandosi tutti i martedì nella casa del comm. Tapella, incominciava coll'inviare circolari, organizzare riuscitissimi concerti, visitare industriali e proprietari, potenziare al massimo la vendita dei mattoni settimanali. Anzi è precipuamente in questo che sta ora affermandosi l'azione del Comitato, perché oltre al modesto ricavo settimanale, che non danneggia affatto il bilancio famigliare nella misura che è stata fissata di lit. 0,50 la settimana, dà modo di avvicinare le singole famiglie, dir loro una buona parola, sentirne i desiderata. Ed il desiderio di quasi unanime espressione, è l'Oratorio e possibilmente l'asilo.

14 Ebbene cari amici del Giambellino, anche questi si faranno come si è fatta la chiesa, ma occorre tenacia e perseveranza sia nell'andare a cercare, come nel dare...». E la casa del clero? I lavori non erano ancora iniziati: «Come si fa a far funzionare la nuova Parrocchia con tanti nuovi parrocchiani ed esigenze senza la casa del clero? Eppure bisognerà per ora far senza della casa parrocchiale: mancano i mezzi! Però faremo di tutto per edificare l'Oratorio maschile che sorgerà bello ed ampio... Il più scomodo sarà il Sig. Prevosto che vedrà di alloggiarsi alla meglio nei locali soprastanti il salone in attesa di vedere risolto anche il problema della casa parrocchiale. Ci accingiamo a grandi opere e a non meno grandi sacrifici: i nostri parrocchiani lo comprendono? Si ricordano del dovere di aiutare, di dare? Non si domandano grandi somme, ma solo una piccola offerta settimanale... il mattone settimanale... Carissimi non dite: sono tempi tristi e magri! Come va che io vedo il cinema sempre pieno? E proprio del popolo minuto? E che questo è vero lo prova il fatto che presto si aprirà un nuovo vasto cinema in P.za Napoli!» (bollettino parrocchiale di S. Sepolcro in S. Cristoforo - dicembre 1936). L'anno 1937 apre i suoi battenti pieno di certezze e di speranze. La chiesa è ormai un fatto compiuto.

Figura 4 - La nostra chiesa nel 1937: si comprende perché don Galli la chiamava: "La grande ignuda".

15 I ponti interni alla fine del 1936 erano quasi tutti scomparsi, sebbene la casa del clero non era ancora iniziata la fiducia nella Divina Provvidenza e nell'aiuto fattivo dei parrocchiani non venne meno in don Carlo Galli, che aprì il nuovo anno con parole di ringraziamento al Signore e a tutti gli offerenti: «Al chiudersi del vecchio 1936 che per la nostra Parrocchia rimarrà memorabile per l'avverarsi del sogno o meglio del miracolo della nuova chiesa parrocchiale, che sorse quasi per incanto in pochi mesi e con tale rapidità che tutti stupì, pieghiamo le nostre povere persone umilmente adorando, benedicendo e ringraziando la Bontà infinita della Divina Provvidenza, che così miracolosamente ed impensatamente ci venne in aiuto! Con quanto ardore abbiamo cantato il “Te Deum” e con quanta riconoscenza tutti i giorni della nostra vita ci sgorgherà questo inno di grazie dal profondo del cuore! E ancora con quante grazie mi devo rivolgere a tante altre egregie persone della Parrocchia e fuori, che hanno compresa tutta la nostra preoccupazione per le opere parrocchiali, che necessariamente devono sorgere a fianco della chiesa per il bene del nostro rione!». Il giorno 27 gennaio 1937 il Cardinale Schuster ricevette in udienza don Carlo annunciandogli che, essendo ormai la nuova chiesa quasi giunta al termine, aveva deciso di procedere alla consacrazione della medesima per il giorno 14 marzo in occasione della visita pastorale. «Gli operai stanno sistemando il pavimento... Qui, mi dice la gentile guida, sorgerà l'altare maggiore, dove si celebrerà la S. Messa rivolti al popolo, come si usa nella Basilica di S. Ambrogio. L'altare sarà coperto da un Ciborio sostenuto da quattro colonne... La Santa Eucarestia non sarà conservata sull'altare maggiore - il quale non avrà tabernacolo, risultando una semplice mensa con candelieri e croce - ma in uno dei due altarini laterali che non saranno collocati in fondo ai due bracci del transetto, ma all'inizio del medesimo piano dell'altare maggiore così da poter essere visti da tutto il popolo... Il Battistero è un piccolo tempietto, che attende il mecenate per essere decorato come si conviene. Chi sarà il primo Parrocchiano che riceverà il battesimo?... Il progetto per l'Oratorio maschile è ancora nei diversi uffici per le necessarie autorizzazioni, ma appena sarà tornato si inizieranno i lavori, perché dopo la chiesa, la prima necessità è l'ambiente per l'educazione dei nostri figlioli. E qui, in questo rione, grazie a Dio, di figliuoli ce ne sono tanti... La casa per il Clero? Verrà anch'essa, ma in secondo tempo. Facciamo il passo secondo la gamba; questo è il programma della Commissione». Un decreto della Veneranda Curia in data 12 marzo allargava la giurisdizione della Parrocchia del S. Sepolcro che veniva a comprendere oltre ai parrocchiani di S. Cristoforo, i nuovi di via Tolstoi fino in fondo al Giambellino sino ai confini di Cesano Boscone. La cronaca ci riporta al 13 marzo, giorno nel quale nel pomeriggio all'imbrunire, veniva officiata da Mons. Pasini una rituale benedizione, mentre alla sera Gesù Eucaristico prendeva solennemente possesso della nuova abitazione: «Al canto degli inni liturgici, una lunga teoria di persone che precede e segue il Santissimo si snoda lentamente dalla chiesa di S.

16 Cristoforo per le vie del rione fino alla nuova chiesa di S. Vito. Il palpitare dei ceri, a cui risponde lo scintillare dei lumi che ornano più di un davanzale, commuove ed esalta... Frattanto la processione giunge alla soglia del tempio: il lucente Ostensorio sale trionfalmente all'altare e il popolo accorso numerosissimo dilaga per le navate. Al canto del “Te Deum” si rivivono momenti d'intensa commozione: poi il Sig. Prevosto sale al pergamo e ad alta voce, egli pure visibilmente colpito dall'imponente spettacolo, indirizza le sue prime parole al gregge del Giambellino. La benedizione eucaristica pone termine all'indimenticabile giornata. Il giorno seguente: la Messa solenne, cantata dal M. Rev. Sig. Prevosto e accompagnata dai giovani di S. Cristoforo, Gentilino e Rosario riesce in modo impeccabile ed i primi battesimi poi, conferiscono una nota di particolare gentilezza a questo inizio di vita parrocchiale». La pesca di beneficenza, il corso per soli uomini e il triduo per sole donne in preparazione alla S. Pasqua tenuto dal Rev. Padre Pellegrino dei Minori Cappuccini, la Messa cantata della domenica delle Palme con la processione che si svolse all'interno del tempio alla quale parteciparono i confratelli del SS. Sacramento e la benedizione degli ulivi, dicono che l'attività della Parrocchia ormai era in pieno svolgimento. Sul numero di maggio di “Voce Amica” venne dato l'annuncio dell'inizio dei lavori per la costruzione dell'Oratorio, sotto la guida infaticabile del Comm. Tapella: «Tra pochi mesi anche questo sarà un fatto compiuto, una nuova pietra miliare della via che ci siamo prefissi di percorrere... Siamo però molto lungi dal punto di arrivo (mancano l'asilo, l'Oratorio femminile la casa del Clero) ed è necessario che tutti abbiano ad alimentare incessantemente la fiaccola dell'entusiasmo». Verso la metà di giugno arriva in Parrocchia il nuovo assistente, don Piero Giani che si affianca a don Carlo Galli nella conduzione della Parrocchia. Domenica 27 giugno alle 16,30 viene inaugurato l'altare dedicato all’Immacolata: è tutto di marmo di Mori come l'altare maggiore, con magnifiche figurazioni che richiamano ed illustrano il dogma dell'Immacolata Concezione. Anche i lavori per la costruzione dell'Oratorio sono in pieno svolgimento: «...e cresce a vista d'occhio. Faremo anche una bella festa per l'inaugurazione, faranno festa anche più i ragazzi e... l'impresa costruttrice che vorrà i soldi, ma di contro alla festa di tutti, starà il grave pensiero del Parroco e del signor Comm. Tapella che è in realtà il factotum del Comitato pro-opere parrocchiali del rione. Lasciate che vi dica che ora dobbiamo intensificare l'opera del mattone e non lasciarci fiaccare ora, proprio ora che incominciamo a vedere l'esito del nostro lavoro e delle nostre offerte!». Il bollettino di luglio riporta gli avvenimenti più importanti del mese: la prima processione Eucaristica in occasione della festività del “Corpus Domini”, con un largo consenso dei parrocchiani lungo il percorso, specialmente lungo le vie Giambellino, G. Bellini e Vespri Siciliani; la prima festa patronale di S. Vito, preparata con un triduo di predicazione dal Rev. Don A. Maroni della chiesa Rossa; la Messa pontificata da Mons. Pasini Can. Emilio, il quale all'inizio della celebrazione ha dato fuoco al globo appeso davanti all'altare,

17 come simbolo dell'ardore della fede che condusse S. Vito al massimo dei sacrifici: quello della propria vita. Nel mese di agosto si tennero le prime SS. Quarant’ore. In una udienza concessa nel mese di ottobre dal Cardinale Schuster, lo stesso annunciava che il giorno 13 novembre sarebbe venuto per la Visita Pastorale e che il mattino seguente ( I domenica d'Avvento) avrebbe consacrato la chiesa. Ma nel cuore di don Galli c'era ancora una pena: la costruzione dell'asilo: «Moltissimi mi hanno domandato “E per i nostri bimbi?” ed ho risposto che il desiderio mio è grande di poter far sorgere sul terreno già pronto in via Vespri Siciliani a fianco della chiesa un magnifico fabbricato, ma...le forze mancano e gli aiuti non compaiono. Ci fu in un primo tempo una speranza, che parve certezza, che una Congregazione femminile ci aprisse un asilo accanto alla loro casa, ma le difficoltà finanziarie hanno mortificato assai quella speranza così che non osiamo farci delle illusioni a meno che i nostri bravi Giambellinesi si quotassero tutti effettivamente e poi avessero a dare». L'inaugurazione dell'Oratorio maschile avvenne il 17 ottobre tra l'entusiasmo dei ragazzi e la felicità dei loro genitori. Alle 14,30 i ragazzi ed i giovani partendo dalla chiesa in processione, accompagnarono don Galli alla solenne benedizione, a loro si unirono, cantando le litanie della Vergine, moltissime persone. Si celebrarono i Vesperi ed al termine si preparò per la grande festa della sera. Il 13 novembre del 1937: «Sua Eminenza, che per la prima volta veniva a contatto in forma ufficiale coll'anima della nostra Parrocchia e ci recava, col largo gesto benedicente il dono del suo sorriso paterno, giunse tra noi sull'imbrunire del giorno. Lo attendeva una piccola folla accorsa anche da lontano, che gli tributò una calorosa quanto spontanea dimostrazione di affetto. Dopo le belle funzioni svoltesi in chiesa (e parte anche all'aperto colla traslazione nel vicino Oratorio delle Sacre Reliquie che poi si sarebbero vegliate fino all'alba) Sua Eminenza prese affabilmente a discorrere coi dirigenti delle varie Associazioni, interessandosi alla loro vita nascente, dando consigli, impartendo direttive. Accondiscese poi che il direttorio del Comitato gli esponesse le gravi ed urgenti necessità attuali e i progetti per l'avvenire: ebbe anche per essi parole d'illuminata comprensione e li esortò a proseguire con rinnovate energie per il cammino intrapreso» (Voce Amica - dicembre 1937). Domenica 14 novembre avvenne la Consacrazione della chiesa da parte del Cardinale, che al termine della lunga cerimonia, cominciata prima dell'alba, nella Santa Messa diceva con le parole semplici della sua santità, tutta la sua riconoscenza e il suo incitamento a don Galli e alla sua popolazione. Poteva don Galli fermarsi? Mentre tutto questo avveniva, cresceva contemporaneamente la comunità dei fedeli: nuove case si costruivano sui prati del Giambellino, nuove strade venivano tracciate, nuova gente affollava la chiesa, nuove forze affluivano attorno al Parroco.

18 La vitalità dei parrocchiani non era diretta solo a costruire muri. Anzi erano i muri che si rendevano necessari sotto la spinta della vitalità della comunità, che trovava in don Carlo sempre un centro di sensibilità e di esigenza, delicato e pronto alla risposta, trascinatore all'azione, ma anche soprattutto formatore di coscienze. E don Carlo non si fermò: era ancora insoluto il problema dell'asilo e dell'Oratorio femminile, ne parlò al Cardinale e a Madre Odilia delle suore Orsoline di S. Carlo. Questa acconsentì ad inviare dapprima tutte le domeniche alcune suore in Giambellino per il catechismo alle ragazze e per la loro ricreazione, poi maturò la decisione di far sorgere accanto alla chiesa una casa bella e capace. Un altro miracolo che pareva impossibile stava per accadere; il disegno di Dio prendeva sempre più luce, diventava realtà. «Nei primi anni la chiesa mancava ancora di tante cose, ma la popolazione tanto buona, cordiale, senza pretese dava tutto quello che era nelle proprie possibilità. Ho incominciato a frequentare la Parrocchia nel 1938, dopo otto giorni dalla mia entrata in monastero, andavo solo alla domenica, però nei periodi di preparazione catechistica sia per la prima Comunione, che per la Cresima andavo anche durante la settimana. Io e Suor M. Faustina arrivavamo a piedi da via Lanzone. Le ragazze venivano ad incontrarci in P.za Napoli e con loro ci si avviava verso l'Oratorio femminile, poi si andava in chiesa per il S. Rosario e la benedizione eucaristica. Il Rev. Mons. Galli aveva sempre paroline per tutte, conosceva bene ogni famiglia. Poi si ritornava in Oratorio e lì si giocava, si stava allegri. Sento ancora l'entusiasmo di quei bei tempi. Quando non pioveva si giocava sul terreno dove ora si trova la casa delle suore Orsoline. Ogni domenica si notava con immensa gioia la crescita della costruzione...» (dalle memorie di Suor Attilia). «Anno nuovo vita nuova. Bella frase, magnifica, che dice tante cose, che può essere uno splendido augurio, un magnifico programma, tutto quello che volete... ma per noi deve essere realtà! Anno nuovo, vita nuova, in tutto: incominciando dalla volontà di far proprio tutto bene sempre, nessun giorno eccettuato». Con queste parole don Galli apriva l'anno 1938 e invitava i parrocchiani ad una costante e generosa collaborazione: «Lasciate che io vi inviti tutti - nessuno escluso - a dare il vostro appoggio cordiale, volenteroso, costante e generoso alle opere parrocchiali. Nessuno deve credersi libero da questo dovere che è del resto sancito chiaramente dalle leggi della Chiesa (vedi IV precetto).Nessuno, ho detto, perché tutti sono o vivono nel grembo della Parrocchia, la quale è un po' la mamma di tutte le istituzioni parrocchiali, come di tutti i parrocchiani». La comunità di S. Vito accolse l'invito del proprio Parroco.

19 Con la prima domenica di gennaio aprì la biblioteca parrocchiale; alcune ditte con lodevole sollecitudine e generosità inviarono offerte in denaro (Lire 500 la ditta Zacchi di Via Savona, lire 2.000 la ditta Osram). “Voce Amica” di febbraio reca la notizia che una persona si era resa disponibile ad ornare la chiesa con un bell'altare dedicato al Sacro Cuore, mentre la Scuola del Beato Angelico stava disegnando l'altare: «che sarà bello e degno veramente, e sarà collocato sulla parete centrale e non sulla laterale». Nell'aprile del 1938 l'antica chiesa di S. Cristoforo venne ricostituita in sede parrocchiale: «L'Ill.mo e Rev.mo Mons. Cancelliere Arciv. mi comunica oggi 28 marzo, il decreto firmato il 26, con cui l'Eminentissimo Cardinale torna ad elevare la vetusta chiesa di S. Cristoforo alla dignità di chiesa parrocchiale, avendolo reclamato i “vicini abitanti”. E aggiunge: “Nello stesso tempo riteniamo opportuno meglio provvedere agli abitanti di quella porzione della Parrocchia dei SS. MM. Nazaro e Celso alla Barona, che si trovano vicini alla chiesa di S. Cristoforo, anche in vista del nuovo ordinamento che intendiamo dare a tutto il territorio della Barona... ” La chiesa di S. Cristoforo, costituita in chiesa parrocchiale, ha il seguente territorio: il territorio compreso tra la ferrovia Milano -Vigevano ed il Naviglio Grande, che viene smembrato dalla Parrocchia del S. Sepolcro, ed il seguente che smembriamo dalla Parrocchia dei SS. Nazaro e Celso alla Barona: Via Lodovico il Moro fino all'altezza di Via Pestalozzi, quindi via Pestalozzi (due lati) fino alla via Brugnatelli e la linea costituita dalla mediana di questa via Brugnatelli, di via L. Sala e continuata fino all'incontro di via E. Villoresi che, verso il Naviglio, resta per i due lati alla nuova Parrocchia... Il presente decreto avrà vigore dal 1 aprile 1938». La modifica dei confini comportò il passaggio di circa un migliaio di parrocchiani dalla Parrocchia di S. Sepolcro in S. Vito al Giambellino alla ricostituita Parrocchia di S. Cristoforo, con immediata conseguenza di un minor introito finanziario. Il Comitato si vide costretto a rivolgere nuovamente un caloroso appello, perché tutti contribuissero a sanare i debiti, nei limiti delle proprie possibilità: «Il residuo debito, oltre a quello della chiesa contratto per la casa dell'Oratorio si scrive ancora - purtroppo - con sei cifre: chi ci aiuterà a cancellarle ad una ad una e nei brevi termini che le clausole contrattuali vogliono?».

20 Ad aprile, con un decreto il Cardinale Schuster stabiliva i nuovi confini anche per la Parrocchia di S. Sepolcro in S. Vito, e del S. Rosario:

Noi

Alfredo Ildefonso del titolo dei SS. Silvestro e Martino ai Monti, Prete Cardinale Schuster ecc... Dopo la costruzione della nuova chiesa di S. Vito in via Vignoli e la ricostituzione recentemente fatta della Parrocchia di S. Cristoforo, sentiamo la necessità di fissare definitivamente i confini delle due sopraddette parrocchie in confronto colla Parrocchia del S. Rosario, tenendo conto di quanto ha constatato il nostro Vicario generale che la popolazione circondante P.za Napoli è assai più vicina a S. Vito che non a S. Maria del Rosario, perciò: Avuto il parere del capitolo metropolitano: Visti i canoni 1427, 28

DECRETIAMO i confini della chiesa di S. Sepolcro in S. Vito e di S. Maria del Rosario devono essere segnati dal corso del fiume Olona, cosicché le abitazioni a sud di questo fiume fino alla ferrovia Milano -Vigevano devono appartenere alla Parrocchia di S. Sepolcro in S. Vito; quella a nord del fiume Olona alla stessa ferrovia Milano -Vigevano devono appartenere alla Parrocchia di S. Maria del Rosario.

Il presente nostro decreto avrà vigore dal 1 maggio 1938.

Milano 13 aprile 1938 (segue la firma ed il sigillo)

A maggio ripresero i lavori per la nuova sistemazione dell'altare della cappella dell'Immacolata, mentre il coadiutore don Piero lasciava l'appartamento a don Galli sistemandosi provvisoriamente in due locali delle Associazioni parrocchiali, in attesa di un nuovo appartamento che sarebbe stato costruito sopraelevando la sacrestia. A giugno trovò compimento l'altare del S. Cuore completato da un prezioso pavimento in marmo, offerto con generosità dal dr. Bonomi Del Monte, cui farà seguito anche il compimento dell'altare dell'Immacolata con un pavimento identico al primo. Si susseguono intanto su “Voce Amica” gli elenchi delle necessità e delle persone che con generosità contribuiscono sia a rendere sempre più accogliente la chiesa che, con le loro offerte, intendono azzerarne i debiti.

21 L'attività della Parrocchia è in pieno svolgimento e le varie Associazioni incentivate da don Carlo - Consorelle e Confratelli della S. Vincenzo, Uomini e Donne di A. C., Gioventù maschile e femminile, Sezione buona stampa, Gruppo del S. Rosario, Commissione Missionaria - si ritrovano settimanalmente per discutere e confrontarsi sui bisogni. A novembre si costituì un Comitato (presidente Sig. Marchetti Luciano, - vice presidente Comm. Ruggeri e Capomastro Gherzi - tesoriere Comm.G. Tapella) per prendere in considerazione il progetto per la costruzione di un'artistica cancellata in fregio a via Vignoli prospiciente la chiesa ed in ricordo della “Pace di Monaco” (successivamente risultata falsa!). Tale cancellata venne eretta nel febbraio del 1939 con una scritta sul fronte suggerita da Mons. E. Galbiati, Prefetto della Biblioteca Ambrosiana: «Avete visto la bella cancellata monumento ricordo della “Pace di Monaco”? Ormai è levata la famosa “cesata” che poco onorevolmente chiudeva il piazzale antistante la nostra chiesa: e la bella cancellata fa mostra di sé con soddisfazione di tutti, specialmente delle persone più intelligenti, specialissimamente poi di coloro che hanno concorso generosamente con le loro offerte». L'avvenimento più importante del 1939 fu la ricorrenza del XXX anniversario di sacerdozio di don Carlo Galli che, rivolgendosi con paterno affetto al popolo affidatogli da Dio, disse: «Carissimi parrocchiani, non posso lasciar passare questo 30° anniversario della mia consacrazione sacerdotale senza aprirvi sinceramente l'animo mio. E vi confesso apertamente che il sentimento che mi domina sempre più vivo è di sgomento. Trent'anni anni di sacerdozio sono trent'anni anni di gravi responsabilità: quanti pesi, quanti doveri, quante grazie; quante SS. Messe celebrate, quanti sacramenti amministrati, quante anime (a migliaia!) di cui dovrò presto rispondere a Cristo giudice. Ho detto presto. Carissimi! Dei presenti alla nostra consacrazione sacerdotale in quel lontano 5 giugno 1909 chi resta ormai? Nessuno dei venerandi sacerdoti che ci guidarono all'altare, che stesero le loro mani su di noi col Veneratissimo Cardinal Ferrari, e degli stessi candidati al sacerdozio (85) ora non ne restano la metà! Tutti sono passati al giudizio divino! Vedete bene carissimi parrocchiani quante ragioni di giusto timore, e come io senta il bisogno di rifugiarmi nel Cuore misericordioso di Gesù implorando pietà nei suoi temibili giudizi, di rifugiarmi sotto la continua protezione della Madonna - Auxilium Cristianorum - perché mi difenda e mi aiuti, perché almeno in avvenire corrisponda alle grazie grandi ricevute, perché sia un ministro meno indegno, più zelante, instancabile in tutte le opere di bene. Voi vedete se io non debba quindi pregarvi perché facciate dolce violenza al Cuore misericordioso di Cristo, perché non venga mai meno agli obblighi del mio sacerdozio, perché non resti mai dal correre sulla strada della santificazione mia e vostra.

22 Vi ho detto carissimi un po' dei pensieri che mi angosciano, voi dunque fatemi la carità delle vostre preghiere ed anche quella del vostro compatimento benevolo, del vostro perdono» (Sac. Carlo Galli).

Da settembre e fino a che durerà il pericolo, ormai imminente, di una guerra mondiale si terrà ogni sera in chiesa una celebrazione con la recita del S. Rosario, il canto delle litanie e la benedizione con il SS. Sacramento.

A ottobre, vennero poste in opera le colonnine in lucido ottone delle balaustre della cappella dell'Immacolata e del Sacro Cuore.

A novembre, per decreto del Cardinale, l'anniversario della Consacrazione della chiesa si festeggerà la prima domenica dello stesso mese.

A dicembre, dal censimento parrocchiale risultano: 84 battesimi - 67 matrimoni - 50 funerali.

23 CAPITOLO II

GLI ANNI DELLA II GUERRA MONDIALE

1940. Entrerà anche l'Italia in guerra? Nelle case si incollano strisce di carta sui vetri e si mettono attorno alle lampadine foglietti azzurri. Si scavano trincee-ricovero e si sgombrano le cantine. Escono articoli per dimostrare che il caffè è nocivo. Anche il sapone, la benzina e il burro sono forse nocivi (nulla di nuovo sotto il sole del 1997...), perché cominciano a scarseggiare. Compaiono i taxì con le bombole di metano; qualche auto va a carbonella. I tedeschi invadono la Danimarca e la Norvegia, poi l'Olanda e il Belgio, sfondano la linea Maginot, arrivano a Parigi. Fanno la guerra lampo. Chi sa dove arriveranno! Non bisogna perdere tempo: il 10 giugno l'Italia inizia le ostilità. La Francia è boccheggiante. “Vincere” è la parola d'ordine. Il 1940 porta in tutte le famiglie la carta annonaria. Serve per la carne, il pane, la pasta, i grassi, i vestiti, le scarpe e per andare al ristorante. Chi si sposa ha diritto a un supplemento per il corredo. Le vetrine si riempiono di surrogati: al posto del cioccolato, per confezionare i dolci si usa la farina di castagna. All'inizio ogni persona ha diritto a mezzo chilo di zucchero al mese. Poi la razione viene dimezzata. Al posto del the, ormai scomparso, si beve il karkadé: non è proprio la stessa cosa. Vengono nominati i capi fabbricato: hanno il compito di controllare il rispetto delle norme sull'oscuramento. Ogni tanto gridano “luce” e una finestra si chiude rapidamente. Quando suona l'allarme bisogna scendere in cantina, alla svelta ma in ordine. Dalla stazione di S. Cristoforo partono le rotaie che, percorrendo la via Inganni, portano i primi feriti che tornano dal fronte, all'ospedale militare di Baggio. Quasi nulla o poco è rimasto di scritto degli anni di guerra; i ricordi sono presenti nella mente di coloro che li hanno vissuti. Molti giovani partiti per il fronte, non ritorneranno. Pur con qualche rallentamento, non si fermò l'attività intensa della vita parrocchiale, ed ai progetti rimasti in sospeso venne data una pronta risposta: «Come fu annunciato pubblicamente da qualche tempo, essendo stati approvati dalle competenti autorità i progetti, si decise di passare alla cerimonia della posa della prima pietra dell'asilo e Oratorio femminile. E avvenne domenica 28 gennaio 1940 nel IV centenario della beata morte di S. Angela Merici, sotto il cui nome ed i sacri auspici sorgerà la casa novella: campo delle fatiche generose ed instancabili delle buone suore Orsoline di S. Carlo, che da qualche tempo seguono con tanto sacrificio ed amore lo sviluppo della nostra novella Parrocchia. Il Rev.mo Pro-Vicario Generale Mons. Cavezzali, accompagnato gentilmente qui dal sig. C. Gualdoni, compì la bella cerimonia dopoché fu firmata la bella pergamena da Monsignore, dal Parroco, dalla madre Sandra Sup. Gen. delle Orsoline, da M. Odilia Sup. della casa di via Lanzone, dall'ing. Pelli progettista e dai notabili presenti, e letta in italiano dal Parroco alla folla che gremiva le adiacenze. Trascriviamo qui la pergamena nel suo testo latino integrale:

24 Anno Domini MCMXL

IV Centenario beatae mortis S.ctae Angelae Merici Urusulinarum Matris - ad maiorem Dei gloriam et in honorem Deiparae Immaculatae eiusque castissimi sponsi - Pio XII P. M. catholicam Ecclesiam feliciter gubernante - Victorio Emmanuele III - Italorum rege - Ethiopum Imperatore - Benedicto Mussolini primo administro - E.mo Card. Ildephonso Schuster Arch. Mediol. Eccl. per ll.mum Dom. Melchiorem Cavezzali Pro Vic. Gen. primarium lapidem huius domus St.ctae Angelae Merici dicatae ad puellas christiano more informandas, Par. Carolo Sac. Galli paroeciae S.ti Sepulchri in S.to Vito Sorores Ursulinae a S.to Carolo noncupatae posuerunt. Mediolani, XXVIII Januari MCMXL

Alla bella e tanto attesa cerimonia assistevano oltre alle Associazioni parrocchiali con i loro labari, anche una cospicua rappresentanza delle Orsoline - donatrici - con un bel gruppo di educande dell'Istituto di via Lanzone: faceva corona una gran folla di parrocchiani plaudenti che, felici del magnifico inizio di quest'opera tanto sospirata, seguirono in corteo Mons. celebrante alla chiesa parrocchiale ove disse un breve ed efficace discorso sull'importanza dell'elevazione cristiana della nostra gioventù. Seguiva le benedizione con il SS.mo ed il commiato affettuoso e bene augurante di Monsignore, che accettò di tornare presto alla benedizione ed inaugurazione della nuova casa, meraviglioso dono dell'amore che le buone suore Orsoline di S. Carlo portano a questa nostra Parrocchia. Benedica il Signore a questa cara e generosa impresa perché sia presto un fatto compiuto!» (Voce Amica - febbraio 1940). La prima pietra, come il grano, “dormì sotto la neve - un sonno lungo e greve”, ma finalmente agli ultimi diaprile, proprio nella settimana della prima comunione, i lavori ripresero e adagio adagio, la casa sorse bella, grandiosa e ricca di luce e di aria. Nel medesimo anno iniziò la sua attività anche il gruppo donne di Azione Cattolica con riunioni settimanali (in qualche periodo quindicinali), per la catechesi e la trattazione, anche da parte di esperti, di argomenti vari di formazione, specie per le giovani mamme, che partecipando attivamente alla vita della Parrocchia si occupavano, con sacrifici e dedizione, dell'acquisto e della cura dei paramenti della chiesa. La comunità di S. Vito, dispersa dalle vicende belliche si ritrovava nei pochi rimasti, nei contatti epistolari, negli incontri periodici, in una unità fatta più stretta e più intensa dalla sofferenza e dal bisogno comune. Nel mese di maggio l'arch. Mons. Polvara del Beato Angelico comunicò che stava lavorando al progetto per la decorazione dell'abside e del ciborio, e per la pavimentazione dell'altare; “quando sarà terminata la guerra daremo mano anche a questa opera”, disse don Galli.

25 Per il momento altre opere più urgenti e già in atto, bussavano alla porta del suo cuore e... alla cassa della Parrocchia. Il 9 gennaio del 1942 finalmente si aprì l'asilo. Si presentarono sei bambini solamente

Com'era vuota e immensa questa casa, il primo giorno, nella grande attesa! Vennero alfine i nuovi abitatori, ed erano sei.... Trotterellando in giro, i sei reucci sotto l'occhio raggiante delle suore, esploravan attoniti il gran regno... parevan dire: “Solamente sei?” Ma saremo presto molti. Appena ieri, dolce Asil non eri oggi tu pure sei...

Il numero continuò ad aumentare nei giorni successivi e una settimana dopo i bimbi erano 70 di cui 54 si fermavano a pranzo. Nei primi giorni le suore si trattenevano nella nuova casa solo di giorno, ma con il 17 gennaio Madre Luciana con una corona di suore quasi tutte giovani vi si stabilirono definitivamente perché qualche altro locale era stato ultimato. Le aveva accompagnate la Madre Generale che, salutando il Prevosto, gli disse: “Le affido le mie suore, come se fossero sue figliole”. Egli commosso la rassicurò e fu davvero tanto paternamente buono e provvido con tutte in ogni occasione, e le chiamava: “Le figliuole maggiori della Parrocchia”. Le suore incominciarono l'assistenza ai fanciulli anche durante la S. Messa festiva. In chiesa, nello spazio loro riservato, le aveva precedute Sant'Angela, che dal grande quadro mosaico, dono gentile dell'autrice sig.ra Marchetti, pareva incoraggiare a tanto bene le sue figlie. Il 19 gennaio incominciò il doposcuola con circa 10 bambine, ben contente di trovare un ambiente tutto nuovo anche per loro. Don Carlo andava almeno una volta al giorno a visitare i bambini e alla domenica s'intratteneva con le oratoriane che affluivano numerose, liete di avere finalmente una sede comoda e accogliente. Egli sfruttava ogni occasione per mettere in risalto l'opera delle suore, ringraziando il Signore di averle concesse alla Parrocchia, ed esse si impegnavano a fondo per diventare sempre più degne della molta fiducia in loro riposta. Il 25 giugno Gesù Eucaristico entrava come ospite tanto atteso nella casa, ed il signor Prevosto si associava al giubilo delle suore per la benedizione della cappella così intima e raccolta, pur nella sua sobria modernità. L'asilo ed il doposcuola continuavano nella stagione estiva e, con il 1° ottobre, si iniziava anche la prima elementare mista con 25 alunni. Don Carlo era veramente soddisfatto; capiva che la macchina messa in moto funzionava a dovere e ormai non si sarebbe fermata più.

26 Il suo sogno non era però limitato all'asilo ed all'Oratorio. Desiderava che le fanciulle fossero assistite dalle suore almeno fino a quattordici anni; anche questa volta la realtà avrebbe superato il sogno. In meno di un ventennio ci sarebbero state anche le adolescenti di diciotto anni. Un'altra grande consolazione venne a confortare lo zelante cuore di don Galli e tutte le suore. Una socia della G. F. della Parrocchia entrò come probanda fra le suore Orsoline: un giglio era fiorito nel buon terreno; altri stavano spuntando e sarebbero sbocciati a distanza. Ma Milano veniva duramente provata dai bombardamenti e, per gli orari ridotti delle scuole, aumentavano gli allievi dei corsi ed anche del doposcuola. Nelle vicinanze di P.za Frattini, vennero installate dai tedeschi le prime batterie antiaeree, per contrastare i frequenti bombardamenti alleati su Milano. Successivamente vennero spostate più alla periferia (vicino all'ex casello daziario di via Lorenteggio). Il 13 agosto 1943 una bomba ad altissimo potenziale cadeva nel prato adiacente all'Oratorio. E' stato un attimo di distruzione violentissima. L'Oratorio divenne un ammasso di mattoni e calcinacci, la cinta fu polverizzata in tutta la sua lunghezza, la chiesa scoperchiata, scosse le mura, sfondate porte e infissi, distrutte le finestre in vetrocemento. Anche la casa delle suore venne semidistrutta dal fuoco. Una bomba incendiaria rovinò in parte il terrazzo, molti vetri furono infranti e le porte divelte; sotto il portico fu rinvenuto il fondo di una bomba dirompente. Tutte le fatiche fatte fino ad allora sembrava fossero andate in fumo. La chiesa tanto sognata era un cumulo di macerie e di sofferenza, la casa delle suore, rovinata. Don Galli, con il cuore sanguinante, portò Gesù in Sacramento alla chiesina di San Giuseppe (dal 1929 incorporata all'opera Padre Monti, ma subito aperta a tutti data la grande esigenza di servire la zona circostante delle case popolari), ma non si scoraggiò. Con la salute scossa per la furia infernale del bombardamento fu obbligato, da agosto a dicembre, ad uscire ogni sera dalla città, verso Cabiate «dove quel Ven. Parroco, vent'anni prima mio scolaro, mi accolse con grande compassione: ritornavo al mattino a piedi dalla Nord (non c'erano i tram...) arrivando in Parrocchia verso le ore sette. A mezzogiorno su quattro mattoni mettevamo a bollire una pentola di minestra... e pace con Dio... Eravamo in tre. Don Annibale (che non aveva avuto distrutto il suo quartierino), il sacrestano ed io. Che “dolce vita...” Vi pare?». «Anche in quella situazione emerse la sua bontà, poiché per tutto quel tempo, ed è sempre stato lungo il tempo della prova, non ebbe che una raccomandazione ripetuta ogni giorno prima di lasciarci: “Va che te speti prima de 'nda via”. Era il gesto del padre che gode alle confidenze del figlio. Non chiedeva di più, non esigeva che stessi a custodire le rovine: erano il suo peso che, con pazienza e avvedutezza ammirevoli, avrebbe poi trasformato ancora in aiuola ordinata e degna dei suoi figli. Quando la Parrocchia tornò alla normalità non chiese più dello stretto necessario, ma ciò significava per lui essere legato dalla mattina fino alla sera al tavolo dello

27 studio a servizio del duplice campanello e a quello dell'archivio; mi par di sentirlo ancora dal mio romitaggio sopra la sacrestia muovere i grossi registri e mi ritorna al cuore la sua parola piena di comprensione: “Capisi mi che te se minga fa per chi rob chi”. Capiva. E San Vito deve a questa sua comprensione se tra le tante belle cose - che vennero dopo - può contare anche il primo “Circolo Lavoratori” sorto a Milano» (da: “Il mio primo Parroco” di don Annibale Orsenigo). Le suore sfollavano ogni sera anche verso luoghi lontani da Milano, perché la casa non era abitabile. Il 15 agosto 1943 ricevettero l'obbedienza di lasciare la casa e si recarono prima a Como e poi a Castellanza; potranno tornare qualche volta di giorno; dovevano andare a piedi dalla a via Vespri Siciliani e così al ritorno. Verso la fine di ottobre, in occasione della visita pastorale, il Cardinale Schuster invitò le suore a fermarsi di nuovo stabilmente a Milano: “Rimanete, rimanete! Vi do la mia benedizione” ed il suo accento era supplichevole. Dove trovare però i fondi per le riparazioni più urgenti? Il primo aiuto venne proprio da don Carlo che, con paterna bontà offrì lire 5.000, a quei tempi ben preziose anche per lui. A novembre si chiusero le scuole di via Bergognone e le suore si videro travasare gli alunni nella propria casa. Il quartiere aveva esigenza del loro rientro anche perché, chiuse le scuole, era necessario accogliere gli alunni delle elementari, e poco dopo, anche quelli dei vari corsi (l'anno successivo la scuola elementare e materna contavano complessivamente ben 450 ragazzi), offrire un luogo dove fare i compiti, studiare e portare avanti il programma, sotto il controllo dei loro stessi professori: «Un giorno dissi alla Madre Luciana, Superiora: “Se il Signore concede la promozione a tutte queste ragazze, è segno che dobbiamo iniziare la scuola commerciale presso la nostra sede”. La volontà del Signore si rivelò molto chiara: furono tutte promosse, allora ci rivolgemmo alla casa madre, e dopo alcune difficoltà, ecco il permesso desiderato. Si fecero le pratiche e si iniziò con un forte numero di alunni, circa 40 per classe mattina e pomeriggio, e dalle 16 alle 17,30 con il doposcuola frequentatissimo. Hanno prestato la loro collaborazione Suor M. Orsola, Suor M. Teresina e Suor M. Angioletta. Spesso eravamo costrette a scendere in rifugio, svolgere le lezioni come era possibile, ed anche il pranzo il più delle volte, si teneva in rifugio e, a forza di abitudine, si sapevano rendere divertenti anche queste scorribande. Il riscaldamento non era di sicuro eccellente, alcune stufette riscaldavano gli ambienti occupati dalle ragazze; nel reparto suore temperatura rigida ma molto calore e zelo apostolico. Si arrivava a rompere il ghiaccio nelle catinelle per potersi lavare al mattino, con conseguenze di geloni e pronti soccorsi delle alunne con pomate, ecc... Gli anni di S. Vito sono stati i migliori della mia vita» ( dalle memorie di una suora Orsolina). 1944 - La guerra continua. «Questa pur semplice e terribile frase rende a perfezione il tono dimesso della nostra Associazione che è poi il tono di tutte le Associazioni cittadine. Ma esaminiamo minutamente senza lasciarci impressionare dall'esterno la situazione vera di questa nostra Parrocchia ancora giovane:

28 a) Oratorio - ci tengo a distinguere l'attività oratoriana dall'attività dell'A.C. in omaggio anche alla direttiva del centro. Quest'anno gli iscritti non raggiungono il centinaio, rimanendo quindi inferiori agli altri anni sociali. La causa è, a mio giudizio, facilmente individuabile: la mancanza quasi assoluta di qualsiasi divertimento. Inoltre i bombardamenti terroristici dello scorso agosto hanno polverizzato le nostre povere altalene allora esistenti, fatto crollare il muraglione di cinta, distrutto le nostre salette di divertimento, rovinato paurosamente il palcoscenico ed il salone. Danni maggiori non potevamo sopportare. Purtroppo anche la nostra istruzione catechistica viene fortemente intralciata per il fatto che non sappiamo dove mettere le varie classi di catechismo, non essendoci più le belle salette di un tempo. Sono allo studio alcune iniziative, tra le quali il “Consiglio Popolare”, atte a risollevare le sorti del nostro caro Oratorio. b) Azione Cattolica - Siamo rimasti un pugno di audaci. Sulle nostre spalle il peso di tutto l'Oratorio e di tutte le attività della Parrocchia. Quello che più conta non sono i pochi numeri ma il nostro disperato sforzo di mantenere le posizioni lasciateci...» (da una pagina del registro dell'Oratorio - ottobre 1944). Malgrado le difficoltà del momento, si diede inizio ai lavori per rendere al più presto agibile sia la chiesa che l'Oratorio. A settembre venne demolito il muro del transetto destro della chiesa dalle finestre fino a terra, per essere rifatto (tra le grosse crepe provocate dalle bombe, si potevano vedere i tram che passavano in via Giambellino). Vennero demolite e rifatte completamente due pareti del transetto di sinistra, ed utilizzati 80 mq. di carta/camoscio per sostituire i vetri delle 22 finestre andati distrutti. Iniziarono altresì i lavori per la ricostruzione di due sale di adunanza nella casa dell'Oratorio. 25 aprile 1945 - termina la guerra. Pur nella povertà cronica dei mezzi il fervore della rinascita fu particolarmente intenso. Fu sostituita la carta/camoscio e rimessi tutti i vetrocementi alle finestre della chiesa, poi mentre chiesa ed Oratori si ripopolavano in modo straordinario, venne la decorazione dell'abside, dell'arcone dell'altare, la cappella del Crocefisso e l'affrescatura dell'altare della Madonna. Ottobre 1945 - Inizio ufficiale del nuovo anno sociale 1945-46. «L'adunanza viene spostata alla domenica sera. Siamo tutti compresi dell'importanza di questa data. Finalmente anche l'ultimo militare è fra noi. E' questo il primo anno sociale che viene iniziato senza rombo di cannone. E' giunto allora il tempo propizio per lavorare? Pare di sì. Troppo abbiamo sofferto e pianto! Apre l'adunanza don Annibale. Sentiamo nella sua voce una viva commozione. Gli abbiamo letto negli occhi un desiderio prepotente di vedere l'Associazione rimettersi in piedi al più presto e marciare. Prende la parola il presidente che fornisce un quadro dello stato presente dell'A. C. e dell'Oratorio: A. C. - 53 iscritti (16 effettivi, 37 aspiranti), cifra consolante in confronto al tesseramento degli anni scorsi;

29 Oratorio - un centinaio circa di frequentatori, veramente pochi se si pensa che nei primi anni gli iscritti erano circa 300» (dai registri dell'Oratorio). Anche l'attività delle suore riprese il suo ritmo normale, non solo con i bambini del Giambellino, ma anche con quelli delle zone vicine, perché l'unica chiesa era quella di S. Vito e le religiose presenti erano solo le suore Orsoline di via Vespri Siciliani. Finalmente si poteva circolare liberamente per le strade, e le mete preferite dalle suore per condurre a spasso i bambini erano: la cascina Arzaga, il Piccolo Cottolengo, il fossato di P.za Frattini dove i bambini si divertivano a buttare i sassi, S. Cristoforo, la cava della sabbia (l'attuale parco Solari). Ma la loro attività non era limitata all'asilo e all'Oratorio femminile di cui don Galli era l'assistente ed al quale fece seguito don Franco Bonfanti; il loro servizio in Parrocchia si svolgeva con una molteplicità di funzioni: assistenza a tutte le S. Messe, catechesi per la prima Comunione e Cresima, assistenza ai chierichetti, partecipazione nel gruppo dei cantori formato da uomini e ragazze, guidato dal maestro Maffeis, formazione dei gruppi di A. C. e studenteschi, ed infine lavare e stirare la biancheria della chiesa. A dicembre si tennero grandi festeggiamenti ai reduci con una S. Messa celebrata da Mons. Pecora, e un pranzo preparato dalle suore cuciniere, mentre per Natale le ragazze di A. C. confezionarono i pacchi per le famiglie più bisognose della Parrocchia.

IL DOPO GUERRA FINO AGLI ANNI ‘60

La pace aveva portato nei cuori un risveglio di carità che fiorì anche in una nuova assistenza ai ragazzi meno abbienti. Per la ricorrenza di Sant'Angela, il 27 gennaio del 1946 le allieve della casa madre offrirono al refettorio della casa di via Vespri Siciliani un pranzo a più di 100 bambini e ragazzi. Ma il gran cuore di don Carlo desiderava che questa assistenza continuasse e in febbraio, con l'aiuto generoso delle dame di S. Vincenzo, si poterono distribuire 65 razioni giornaliere di minestra calda, latte e salmone. Il giorno 17 aprile segnò una festosa data per la casa delle suore perché poterono prendere possesso del prato vicino all'Oratorio, da tempo sognato come sfogo necessario per i bambini che andavano sempre più aumentando. Furono ceduti alla Parrocchia alcuni pioppi per farne un filare esterno al muro di cinta che servisse di sfondo alla chiesa: «Oggi essi sono molto cresciuti e anche il nostro prato a distanza di tredici anni si è trasformato in un piccolo parco delizia dei bimbi... Ha una graziosa cappellina, il recinto per i giochi con la sabbia, la vasca dei pesci e, forse presto anche un'uccelliera!» (dalle memorie delle suore Orsoline). A luglio si aprì una colonia assistenziale voluta dal Cardinale Schuster: le 70 ragazze iscritte fruivano della refezione del mattino, del mezzogiorno e della merenda, offerte dall'U.N.R.R.A.

30 Nel gennaio del 1947 si inaugurò, presso le suore, il nuovo palco che sarebbe poi stato sfruttato ogni domenica per piccole o grandi rappresentazioni. Don Galli seppe valorizzare quest'opera, perché ben sapeva quanto sarebbe servita alla prosperità dell'Oratorio: « Si è definita la marcia della nostra filodrammatica che dovrà seguire nel nuovo repertorio “anno 1947/48”, attribuendo le seguenti cariche: Maggi Carlo - direttore del teatro; Toncini Gianni - segretario; Cisari Roberto - vice segretario; Rino Mauri - capo elettricista; Candiani Luigi - capo scenografo; Garlaschi Eraldo - costumi e parrucche; Brusoni Ermanno e Frizza - costruttori scene; Villa Bruno - regista; Massaroli - cassiere; vigilatori di salone? I suddetti incaricati sono anche attori e sono stati pregati dal nostro assistente, essendo intervenuto a fine adunanza, di collaborare con la forza, sentimento e fede» (da un verbale della riunione in Oratorio del 25 agosto 1947).

Nel marzo del 1948 si inaugurò nella chiesa parrocchiale l'artistico “Scurolo” fatto preparare dalla Rev. Madre Luciana. E' facile immaginare quale gradita sorpresa sia stato per don Carlo, ma anche per tutti i parrocchiani. L'anno 1948 segnala la partenza di don Annibale Orsenigo e l'arrivo di don Franco Bonfanti in qualità di nuovo assistente dell'Oratorio. Scrive don Franco nel 1959: «Undici anni fa, giovane prete, ricordo, ho incontrato il mio Prevosto per la prima volta nel suo studio. Era la prima volta, in cui stavo di fronte al mio nuovo superiore, Parroco di S. Vito, era la prima volta in cui stavo per ascoltarlo soprattutto per dirgli...quasi niente “cercherò di fare il mio dovere”. Ricordo bene che quell'uomo serio e riservato, seduto dietro la sua scrivania ad un tratto mi ha presentato un crocefisso e me lo ha messo davanti, dicendomi con voce calma “Figliolo, come Lui in croce: tacere e soffrire”. Da quel momento è incominciata la mia vita di coadiutore di don Carlo Galli, così a fianco di questo instancabile operaio del Signore. Lui ci crede al miracolo della sua chiesa, della sua Parrocchia, come realtà soprannaturale, come opera della grazia di Dio, della Provvidenza. Il prete è uno che vive di Dio. Il prete deve dimostrare Dio. Don Carlo Galli nella sua attività di costruttore, di amministratore, animatore della nostra S. Vito tiene nella sua anima questa presenza invisibile di Dio. Ho faticato a conoscerlo e a capirlo. E' un prete il mio Parroco, che ho scoperto a distanza, e mi si è tradito col tempo nella sua bontà, una bontà umile, forte, austera, riservata nelle forme: E' un cuore che ama, ma non ci tiene affatto a scoprirsi. Ora attraverso le pagine del numero unico ho la gioia di poter dire: “Don Carlo è veramente buono”. Gioia vera perché maturata, sofferta nei primi anni e questa mia testimonianza, che desidero genuina, è solo un gesto di fedeltà alla verità, che voglio rispettare non esagerando affatto. Dire la verità alla mia maniera franca, verità dimostrata dall'effettiva collaborazione che lui ha sempre stimato e amabilmente perdonato nelle sue manchevolezze.

31 Ricorderà don Carlo: il gruppo della montagna, il gruppo ciclistico per i giovani, le diverse attività del teatro, cinema, la città dei ragazzi, nelle varie iniziative della carità a Natale, della letizia a carnevale, dello sport alle olimpiadi, buona stampa, gruppo amici, ragazzi, movimento giovanile, gruppo culturale. Che orgoglio per lui quando sentiva che “la sua città” si affermava, era stimata, nelle manifestazioni diverse presso tutti gli Oratori di Milano. Quanto fracasso, baccano ma in fondo quanto amore, quanta vita, nel nostro rione. “Niente si improvvisa”, tanto meno la bontà. Nel suo lasciarmi fare tutto quanto poteva servire la causa delle anime e di Dio, il movente era sempre uguale: vedere collocata un po' di gioia, un po' di bontà in questa zona che lui, come nessuno ha conosciuta deserta, ostile, nei primi anni di ministero svolto tra noi. Lui, il nostro Parroco vive per la sua chiesa, per la sua Parrocchia, spende tutto quello che ha, e si spende generosamente». In occasione del XL di Sacerdozio di don Galli, si fece la posa dei marmi dell'altare maggiore, con balaustre, amboni, altari laterali di S. Giuseppe e S. Vito.

Foto 5 - Don Galli si avvia alla celebrazione della S. Messa solenne (si noti come non era ancora stata costruita l'attuale casa parrocchiale)

32 GLI ANNI 1950/60

Nel 1950, accolta da solenni festeggiamenti, arrivò la “Madonna Pellegrina” che con la sua materna presenza, passando per le strade della Parrocchia, cambiò tanti cuori e benedì una così fervida attività.

Foto 6 - La Madonna pellegrina viene accolta dagli operai della Loro & Parisini. La statua sarà poi donata alla nostra parrocchia

In occasione dell'anno Santo, don Carlo diede un'ulteriore prova della sua paterna benevolenza, facendo pervenire alle suore Orsoline un'artistica pergamena con la benedizione speciale del Santo Padre Pio XII per l'opera da loro compiuta nella Parrocchia. Nel 1951, sotto il soffio rinnovatore dell'attività giovanile che giungeva dalla lontana America ispirato da Padre Flenegan, i membri direttivi dell'Azione Cattolica Diocesana lanciarono la proposta agli Oratori di sperimentare il nuovo sistema educativo. La proposta fu accolta dagli Oratori di San Luigi, dell'Immacolata e di San Cristoforo. Don Galli non rimanendo insensibile a tale innovazione si pose allo studio della novità: coadiuvato dall'allora assistente don Franco Bonfanti, fondò un comitato consultivo il quale in base al principio che “il ragazzo applicato ad un'impresa che sente sua le dona il meglio di sé, impegnandosi in essa il più possibile”, permetteva di pubblicare nel n. 9 del Gazzettino in data 22 aprile 1951, un articolo dal titolo “Nascea San Vito al Giambellino la Città dei Ragazzi”: «Martedì sera 17 aprile 1951, nella saletta aspiranti si è tenuta la riunione conclusiva per la fondazione della Città dei Ragazzi nel rione Giambellino, ed ha lanciato il seguente proclama: Ragazzi, per venire

33 incontro alle vostre giuste esigenze, è stata costituita la “Città dei Ragazzi Giambellino”; tutti possono diventare cittadini dando la loro adesione ai funzionari del Ministero del Tesoro, versando un'offerta di lire 20, ed impegnandosi all'osservanza della legge della città che ha un motto ormai noto “Forti - Lieti - Leali - Generosi”». Si mutava così la direzione dell'Oratorio, da organizzazione paternalistica a un governo di ragazzi autogovernanti, e la prima impressione di questo nuovo stile si manifestava il 29 aprile dello stesso anno con l'assemblea di tutti i ragazzi nel salone parrocchiale in cui la giunta provvisoria, composta da alcuni di loro, alla presenza del signor Prevosto, annunciava il nuovo programma e indiceva per il successivo novembre le “libere elezioni” del ragazzo candidato alla funzione di sindaco. La nuova struttura era dotata di monete proprie, di un gruppo di vigili, di postini e di una direzione costituita dal sindaco e dai suoi collaboratori ed assessori, con varie competenze. Il principio direttivo della nuova città veniva così ufficialmente comunicato sul Gazzettino: «Anche i ragazzi vogliono e devono essere rispettati nella loro libertà, e scegliere democraticamente quelli che fra loro dovranno dirigerli nell'attività ricreativa ed attraverso questa alla formazione della loro personalità». La Città dei Ragazzi in uno slogan di una mostra estiva è stata così definita: “La Città dell'Amore”. Amore a Dio e ai ragazzi, amore vissuto nel clima tipico dell'amore stesso: la libertà. Porte aperte, nessuna imposizione di cariche, ma impegni democraticamente scelti ed accettati: «Attraverso la gioia del Natale, l'allegria del carnevale, la soddisfazione sportiva delle olimpiadi, la conoscenza della verità religiosa, la pratica dei Sacramenti, “La Città” offre un contributo valido alla crescita della personalità dei ragazzi. Questi, rispettati nella loro libera iniziativa, sono portati a sperimentare l'incapacità a risolvere i loro problemi, se soli, spingendoli così a dipendere dagli altri e chiedere agli altri, soprattutto a dipendere da Dio, a chiedere aiuto a Dio, che si trova nella preghiera, nei consigli del sacerdote e nell'esempio di bravi giovani formati dall'Azione Cattolica». E' tutta qui la breve storia di questa città, nata e sviluppata sotto la direzione di don Carlo Galli. Un piccolo trafiletto, stralciato dalle cronache del 1952, ricorda che nella ricorrenza dei quindici anni della costruzione della chiesa di S. Vito, e dei dieci anni della venuta delle suore Orsoline “iniziarono i lavori per la costruzione di un grande e maestoso coro”. Un episodio curioso, accaduto nel 1953 durante la visita pastorale del Cardinale Schuster, viene proposto nelle memorie di una suora Orsolina: «Dovevamo trovarci in chiesa per le ore 18, ma il Cardinale era arrivato alle 17, 30 e aveva trovato tutto chiuso. Non so dire la nostra sorpresa; di corsa a chiamare il sig. Prevosto, la signora Primina (la domestica di don Carlo) disse: “El dis che el vegn ai ses e peu el cambia l'ura...”. Magda che doveva suonare non era ancora arrivata... che stonata abbiamo fatto nel cantare “Tu es sacerdos”!».

34 Degli anni dal 1954 al 1958 ci sono scarse notizie qui riportate brevemente: - 1954 marzo - sfilata dei carri allegorici; giugno - collocazione del nuovo schermo per il cinema all'aperto; si propone la decorazione della cappella della Madonna. - 1955. Da quest'anno fino al 1966 nascono in S. Vito sette vocazioni (sacerdotali, religiose, missionarie). - 1956. Viene collocato il nuovo crocefisso; giugno - celebra la sua prima Messa il Parrocchiano don Diego Banfi; novembre - iniziano i lavori per la messa in opera del nuovo organo, e si ricorda l'anniversario della costruzione della chiesa (XX anni). - 1957. Arriva il nuovo assistente dell'Oratorio don Giovanni Cerutti: «Eccoci all'inizio del nuovo anno sociale 1957/58. L'anno scorso eravamo impegnati a “non perdere terreno” a non fallire l'Associazione per le circostanze in cui eravamo, per l'assenza dell'assistente e di tre validi aiuti. L'inizio di questo anno sociale, con la venuta del nuovo assistente ci vede impegnati con uno stile di maggior fiducia e maggior sicurezza del nostro agire...» (da un verbale dell'Oratorio - settembre 1957); novembre - termina la decorazione dell'abside iniziata nel 1950 e viene in visita pastorale il successore del Cardinale Schuster, il Cardinale Giovanni Battista Montini. - 1958. Alcuni bambini della Parrocchia vengono scelti dal Provveditore agli studi per partecipare ad un'opera del teatro della Scala di Milano e successivamente anche per partecipare ad un programma della Televisione Italiana con Mago Zurlì; maggio - terminano i lavori per la costruzione del coro.

L'anno 1959 è l'anno dei festeggiamenti per il 50° anniversario di consacrazione sacerdotale di don Carlo Galli, che vede tutta la popolazione della Parrocchia stringersi attorno al suo Pastore per rendere grazie a Dio per il dono di un santo sacerdote, e a don Carlo per tutto il bene da lui fatto, e per le opere create nel corso degli anni alla guida della Parrocchia. Per quell'occasione Don Carlo fece rifare il Battistero e venne anche il grande e potente organo, l'armadio della sacrestia, la bussola centrale, le sedie, la decorazione della cappella del Sacro Cuore; pensò inoltre di tradurre in realtà un progetto che gli stava molto a cuore: la realizzazione di una “Casa per la Gioventù”. Voleva che sorgesse una casa modello con aule, saloni, palestra e ritrovi. Il suo zelo instancabile non si fermava: non era tanto la mania di un costruttore, quanto l'occhio del pastore che rivelava i bisogni della sua gente e cercava con coraggio e soprattutto con una grande fiducia, di esaudirli. Lo sforzo per la nuova casa evidentemente non eliminava le spese ordinarie di tutto il complesso che adesso era veramente imponente, (basti pensare che solo per sgomberare il sottotetto della chiesa dalle macerie e dal guano, occorsero ben quattro camion e una spesa dell'ordine dei milioni!). Ma la fiducia nella Provvidenza, quella che potremmo dire la nota predominante della vita e del ministero di don Carlo Galli, ci sembra sia stata una sfida di amore al Padre a concedere aiuto, a sorreggere lo sforzo

35 dell'uomo ed un incitamento costante a tutti i parrocchiani ad una collaborazione gioiosa e pronta.

Negli anni sessanta la Parrocchia, che già verso la fine degli anni trenta iniziava, seppur lentamente, il suo processo di urbanizzazione, venne investita da un forte sviluppo edilizio che andò via via sempre più aumentando. Le vecchie cascine vennero demolite una dopo l'altra, per lasciare posto agli attuali quartieri, tutto sommato, anonimi. Le strade e le case si svilupparono e sorsero a centinaia, con la preoccupazione di sfruttare ogni zolla di terra, ormai non più adibita all'agricoltura, per costruirvi qualcosa. Con le nuove costruzioni i confini si dilatarono portando un notevole aumento del numero dei parrocchiani. Si rese necessario lo smembramento della Parrocchia di S. Vito che, con decreto del Cardinale, venne in parte (oltre P.za Frattini) ceduta alla Parrocchia del Murialdo, che era sorta nel frattempo.

Il 1961 riporta il Cardinale Montini ad una visita pastorale.

Foto 7 - S. E. Mons. Montini, futuro Paolo VI , con il pastorale del Card. Schuster in visita pastorale.

36 A dicembre dello stesso anno, nasce una nuova Parrocchia in via Giambellino: il S. Curato d'Ars. Nel 1962 in occasione della ricorrenza del XXV anniversario della fondazione della Parrocchia, così scriveva l'allora Cardinale Montini a don Galli:

“Milano, 25.5.1963 Rev.mo sig. Prevosto, con vivo piacere accolgo la notizia che Ella in concomitanza con la celebrazione del XXV anniversario di fondazione della Parrocchia, ricorderà quello della permanenza sua in essa quale suo primo Prevosto. Sono lieto della particolare circostanza, per significare alla Sig. V. ed ai suoi cari parrocchiani le mie felicitazioni ed assicurare la mia preghiera per invocare dal Signore incremento spirituale, progresso di vita cristiana, per codesta cara Parrocchia e chiedere per la Sig. V. conforto di abbondanti celesti favori. Con questi voti invio di cuore a Lei ed ai suoi fedeli, auspicio di ogni benessere e prosperità, la mia pastorale benedizione, unita ai sensi del mio ossequio. Giovanni Battista Card. Montini Arcivescovo”

«E' stata veramente una grande manifestazione culminata in una festa di sole e di luci! Il giorno di S. Vito Gesù è passato trionfalmente per le vie della Parrocchia: si può dire che tutta la popolazione ha partecipato al trionfo di Gesù! Mai tanta folla abbiamo visto: la nostra chiesa era diventata piccola e il piazzale pure era piccolo per la folla immensa! La festa Patronale era stata preceduta da due settimane intense di cose tanto belle. La prima - La settimana della famiglia - ha visto in gran numero le spose e le mamme alla S. Messa delle 9 che era tutta per loro: alle 17,30 venivano ad ascoltare la S. Messa tutti i nostri ragazzi e ragazze. I papà e le mamme hanno affollato il nostro salone per il dibattito “Noi genitori e i nostri figli”, poi la sera seguente vennero i giovani per il tema “Noi e i nostri genitori”. Ci fu una discussione serrata e fruttuosa. La seconda - si incominciò la domenica 9 coll'inaugurazione della cappella del S. Cuore e con la consacrazione a tutte le Messe della popolazione al S. Cuore. Il martedì vide ancora molta folla nel nostro salone, per discutere il problema tanto importante delle relazioni tra i nuovi parrocchiani, che quasi sono la maggioranza, e i vecchi. Abbiamo in questa settimana ricordato i parrocchiani che specialmente nei primi anni dettero le loro migliori energie, parrocchiani anche defunti... Ah quanta commozione nel profondo dei cuori! E' stata veramente la dolce mano di Gesù che ci ha toccato e ci ha accostati fondendoci in un palpito solo, di Gesù che ci ha visti tutti alla S. Messa e a tutte le Messe; e i vecchi parrocchiani specialmente tutti assieme alla Messa pontificale e S.

37 Comunione! E tutti, cari parrocchiani, foste testimoni di tanto fervore e tanta gioia!» (dal bollettino parrocchiale - luglio/agosto 63). In una ricorrenza così importante non potevano essere trascurati i sacerdoti vivi e defunti passati nei venticinque anni a S. Vito: «Don Marico Bernardini laureando all'università Cattolica, fino al giugno 1937, sostituito da don Giani Piero nel giugno stesso. Seguì per poco tempo, causa la salute cagionevole, dal 1942 al 1943, don Carlo Girola. Nel 1943 venne don Annibale Orsenigo, che lasciò larga orma di bene, fin che il Cardinale lo destinò ad una forma di apostolato che gli era più congeniale. Nello stesso mese da S. Paolo venne don Francesco Bonfanti, che continua ancora la sua missione in Parrocchia. Nel 1954 passò tra noi alcuni mesi don Manenti prima di andare alla Parrocchia di Gesù e Maria. Lo sostituì come assistente don Angelo Bozzi fino al novembre del 1956. Nel 1957 venne stabilmente don Giovanni Cerutti, che tutt'ora continua la sua missione proficua tra i ragazzi e i giovani dell'Oratorio... Il ricordo culminò con la visita a Busto, alla tomba di don Giani, il primo assistente» (dal bollettino parrocchiale del XXV). Nel 1963 la “Città dei Ragazzi” segnalava una presenza di 200 ragazzi, ma almeno 500 gravitavano attorno alla stessa; aprile - esce il giornalino “Il Ronzio” edito dai ragazzi; maggio - viene proposto di affrescare la cappella del S. Cuore; dicembre - Carlo Coda (presidente della GIAC) entra tra i “Piccoli Fratelli”. A giugno del 1964 celebra la sua prima Messa un altro parrocchiano: don Ruggero Camagni. Sul bollettino del luglio/agosto 1964, don Carlo scrive: «Cari parrocchiani miei, quando nel 1934 ho firmato il contratto d'acquisto del terreno, eravamo in piena campagna, in pieno verde, non c'era nessuna clausola inibitoria per il futuro per edificarvi le opere parrocchiali. Quell'area acquistata per la Parrocchia non sarebbe stata commerciabile in nessun modo, come tutte le altre aree, però io dovevo pagare la tassa come se fosse commerciabile, (ed era pepata) e qui c'era già un'ingiustizia. Ora siamo nel 1964, epoca in cui si parla di verde e non a torto! E qui è nata una grossa novità: “Non si può fabbricare perché quella è area intensamente verde”. E' stata la sentenza dei salomoni del piano regolatore. Abbiamo interessato Mons. Milani delle Chiese Nuove, perché facesse presente ai suddetti salomoni che quando si è acquistato il terreno, lo si è fatto perché la Parrocchia potesse avere tutte le opere parrocchiali necessarie per lo svolgimento del ministero parrocchiale. (A questo titolo del verde, non si dovrebbe nemmeno innalzare il campanile e neanche il quadriportico davanti la chiesa, pur approvati dal progetto originale!). Bisognerebbe fermare tutto e... fare il morto! Vogliamo sperare che queste difficoltà rientrino saggiamente. Ne riparleremo!». A settembre arrivò in Parrocchia don Gian Luigi Terzoli (resterà fino al 1969). Da ottobre del 1964, sul bollettino parrocchiale appaiono una serie di articoli riguardanti la costruenda “Casa della Gioventù” di cui pubblichiamo qualche stralcio:

38 «L'opera che vogliamo presentare realizza finalmente il sogno di molti parrocchiani che da tanto tempo sospirano la costruzione di questa tanto necessaria Casa della Gioventù. Non è stato malvolere la causa che ha tardato tanto tale realizzazione, né indifferenza ai problemi di ambiente, solo la prudenza nell'impegnarsi in un'opera tanto onerosa, e l'aspirazione di fare qualcosa di bello, di utile, di funzionale... Il progetto di quest'opera è stato studiato tenendo conto dell'attuale insufficienza di ambienti, delle esigenze moderne proprie dei movimenti giovanili, ed infine della necessità di una sempre più importante funzione educativa della Parrocchia. Ci sembra doveroso chiarire tre punti fondamentali che sono stati l'idea motrice di questa iniziativa. L'esigenza prima, viene dall'evidente insufficienza di locali a disposizione. Poche sale, irrazionali nella loro disposizione, fredde d'inverno ed infuocate d'estate hanno finora ospitato i giovani e i non più giovani... la materiale ristrettezza degli ambienti era sovente freno ed ostacolo al lancio di nuove attività. In secondo luogo emerge l'evidente constatazione che i bisogni moderni dell'età giovanile, devono essere orientati ad una solida formazione spirituale... In terzo luogo, lo scopo più importante nostro deve essere l'educazione e la formazione cristiana dei giovani. Prescindere da tale “dovere”, o assolverlo con il solo divertimento, equivarrebbe a falsare tutte le nostre iniziative, e porci allo stesso livello di un “Club” o di un “asilo d'infanzia”. Ecco quindi la necessità di ampliare la collaborazione con le famiglie, non solo con un'azione di sorveglianza, ma proponendo iniziative di doposcuola, di corsi di perfezionamento ed una vera scuola di catechismo... Senza attardarci in dettagliate descrizioni passiamo a precisarvi che la costruzione sorgerà nello spazio posteriore al telone del cinema all'aperto... La casa avrà in pianta la forma di un trapezio con l'altezza lungo il muro che chiude il cortile delle suore, ed il lato maggiore ovviamente verso il nostro cortile. La casa sorgerà con nervose strutture verticali in cemento a vista che concederanno molto spazio, ed ampie vetrate luminose delimitate da pannelli di verde ceramica decorativa. Un semi-interrato, funzionale nella sua concezione, ospiterà una palestra di misure sufficienti a permettere le esercitazioni ginniche dei nostri ragazzi, che troveranno anche un moderno impianto di docce, sicura garanzia della loro igiene. Al piano rialzato si accederà con un ampio e luminoso ingresso, che separerà due vasti locali adibiti a sale conferenze ed una eventuale biblioteca. Due rampe di scale indipendenti permetteranno la salita ai piani superiori, funzionali “disimpegni” daranno l'accesso ad un utile guardaroba e a necessarie toelette. Il primo e secondo piano presenteranno una serie di aule da adibire a corsi professionali, corsi di catechismo, e doposcuola. Infine al terzo ed ultimo piano sono disposti due appartamenti: l'uno in previsione di un nuovo sacerdote che si rende sempre più necessario per le

39 esigenze della Parrocchia, e l'altro per l'eventuale personale di custodia addetto al nuovo fabbricato. L'impegno che la Parrocchia si assume è molto grave, ma ci conforta e rassicura la generosità di voi tutti, a cui ancora una volta ci troviamo costretti a chiedere un aiuto concreto, generoso e costante».

Il mese di novembre del 1965 la comunità di S. Vito festeggiò contemporaneamente ben tre avvenimenti importanti per la vita della Parrocchia: la visita del Cardinale Giovanni Colombo - l'inaugurazione della Casa della Gioventù - l'ottantesimo compleanno di don Carlo Galli.

“L'Azione Cattolica parrocchiale di S. Vito augura ogni bene al suo Prevosto nell'occasione del suo onomastico: 4 novembre festa di S. Carlo. A tutti i fedeli si ricorda a doveroso titolo di riconoscenza l'ottantesimo compleanno di don Carlo: la prossima inaugurazione della Casa della Gioventù ed infine la presenza del Cardinale tra noi per l'apertura ufficiale della casa. Un invito stampato avvertirà successivamente tutta la popolazione sui particolari delle sopra indicate celebrazioni. Per il 4 novembre ci stringeremo attorno al nostro Prevosto per pregare con lui nella celebrazione della sua S. Messa fissata alle ore 9.

ATTENZIONE

S. E. il Cardinale Arcivescovo verrà nel pomeriggio del giorno 6 novembre per l'inaugurazione e la benedizione della Casa della Gioventù”.

«Nel pomeriggio di ieri S. E. il Cardinale Giovanni Colombo si è incontrato per la prima volta con i fedeli della popolosa Parrocchia del Giambellino: S. Vito. Accolto dal Prevosto don Carlo Galli, dagli assessori comunali Melzi d'Eril e Montagna e da una numerosa folla, S. E. ha raggiunto la nuova Casa del Giovane realizzata con il concorso di tutti i parrocchiani, dal Prevosto per dare una adeguata sede alle opere ed alle Associazioni giovanili... Dopo aver tagliato il tradizionale nastro, il Cardinale ha compiuto una visita all'edificio e poi ricevuto un indirizzo di omaggio da parte di un giovane e del comm. Rivano, presidente dell'omonimo comitato promotore. Nella vasta chiesa parrocchiale, prima di impartire la benedizione eucaristica il Cardinale ha rivolto brevi parole di ringraziamento e di compiacimento. Anzitutto ha ricordato l'opera paziente, tenace, svolta negli oltre trent'anni di Parrocchia dal Prevosto don Carlo Galli cui ha rinnovato il suo augurio per l'ottantesimo genetliaco: poi ha salutato i fedeli che hanno in modo particolare contribuito alla realizzazione di quest'ultima opera del loro Prevosto.

40 Foto 8 - Il Card. Giovanni Colombo inaugura la "Casa della Gioventù”, alla sua destra Mons. Galli

Rivolgendosi infine ai giovani cui in particolare è dedicata questa iniziativa, il Cardinale li ha esortati a realizzare nel loro spirito quell'aggiornamento e rinnovamento della Chiesa che è al centro del Concilio Ecumenico Vaticano II. Sua Eminenza ha invitato i giovani a vivere con intensità e autenticità il cristianesimo, e cercare di capire il Vangelo e a tradurlo nella vita di tutti i giorni. In tal modo potranno avere nel cuore una grande soddisfazione e la vera pace, e saranno nel mondo che li circonda seminatori di bontà, di verità e di pace» (da un giornale dell'epoca). L’anno 1966 si apre con le parole di augurio di don Galli:«Ogni miglior augurio di benedizioni grandi e copiose dal Signore Iddio per l'anno nuovo, per tutti i nostri parrocchiani: che si renderanno ben conto delle innumerevoli grazie che il Signore ci ha elargito nel passato: con il proposito di renderci degni, con volontà pronta, generosa, decisa, di queste benedizioni che il vostro Parroco dal Signore vi invoca illimitate e valide per una vita profondamente nobile e cristiana». Per rendere più confortevole la permanenza in chiesa, specialmente nei giorni festivi, era necessario dotarla di un impianto di riscaldamento adeguato. Rendimento termico ottimo ed economicità di esercizio erano i risultati che ci si proponeva di raggiungere. Era stato richiesto un preventivo a diverse ditte specializzate e infine l'incarico fu affidato alla ditta CEISA che offriva un'esperienza specifica, convalidata in lunghi anni nel riscaldamento di basiliche e chiese.

41 A giugno la Parrocchia celebrò il XXX anno di vita (1937/1966). «La nostra Parrocchia inizia il suo trentesimo anno! I primi trent'anni nella vita di un uomo sono gli anni della formazione, del lavoro, della gioia, delle prime sofferenze e delle prime preoccupazioni. Ma cosa sono trent'anni per la vita di una Parrocchia? Sono forse i più difficili di una lunga vita, ma soltanto i primi. Le nostre attività ed il nostro impegno scompaiono, o meglio si ridimensionano, in questa misura di tempo così insolita. La Parrocchia vive della nostra vita, della vita di quelli che ci hanno preceduto e che ci seguiranno. L'impegno, la fatica e la costanza di molti sembra siano scomparsi dietro la facciata gialla della chiesa, come gli umili mattoni che la compongono. Testimonianza quasi tangibile della singolare struttura umana da cui prende forma e vita. Ma in che cosa consiste la Parrocchia? “La Parrocchia è costituita dal cuore e dalla casa del Parroco, dalla chiesa di pietra, dal cuore e dalla casa dei parrocchiani” (Mazzolari). Il Parroco. Non è facilmente compreso, né apprezzato da tutti per l'amore, la dedizione e la responsabilità di questa “Famiglia” da sostenere. Una responsabilità spirituale ed un impegno monotono e faticoso di tutti i giorni, accresciuto da tante difficoltà e preoccupazioni che non riusciamo a comprendere. Eppure il cuore del Parroco è la Parrocchia stessa. Un cuore troppo solo, troppo frainteso, spesso abbandonato a risolvere problemi gravi od umili, che la nostra indurita sensibilità non avverte. La nostra chiesa. Quanto slancio ed interesse nell'entusiasmo delle nuove iniziative, dei nuovi lavori! Ma poi quanta indifferenza al luogo sacro, quanto isolamento, quanto poco calore umano tra le sue mura. Così la vita parrocchiale intesa come “comunione di cristiani”: quanto disinteresse per gli altri, quanta attenzione a non impegnarsi troppo, quanto egoismo e presunzione nel poco che facciamo. “La Parrocchia soprattutto deve tornare ad essere una casa comune, lo strumento efficiente di una carità senza limiti, come senza limiti sono i bisogni dei parrocchiani, dei vicini che sono pochi, dei lontani che sono molti” (Mazzolari). Com'è la nostra Parrocchia. E' grande come una piccola città! Pensate, 9.000 famiglie per un totale di quasi 30.000 abitanti. Da P.za Napoli a l. go Scalabrini, dal Lorenteggio a via Savona, è questo il territorio che circonda la chiesa di S. Vito che quasi si perde in mezzo a tante case. Chilometri di strade, centinaia di negozi, fabbriche piccole e grandi e industrie di importanza nazionale: Osram, Loro-Parisini, Rimoldi, Siry Chamon, Campidoglio. Ed oltre la popolazione fissa vi sono migliaia di “pendolari”, ossia le persone che per motivi di lavoro trascorrono la loro giornata tra noi. Sulla Parrocchia gravita pure una popolazione scolastica di circa 4.000 alunni: dall'asilo delle Rev. suore all'asilo comunale; dalle scuole elementari di via Vespri Siciliani a quelle di via Scrosati; dalla scuola media delle Rev. suore a quella dell'Istituto Padre Monti.

42 Cosa fa la nostra Parrocchia? Si cerca di avere una presenza cristiana nella vita quotidiana, giovanile, sportiva, culturale, sociale e sindacale del mondo d'oggi. Ma è proprio in questo desiderio di presenza che si nota la sproporzione tra le necessità vere e le attività attuali. Una sproporzione di fatto dovuta all'inadeguatezza dei nostri mezzi nei confronti dei problemi della vita così attuali, immediati, urgenti, che si sono moltiplicati ed aggrovigliati con il rapido espandersi demografico della Parrocchia. Ma non è adeguando i mezzi alle esigenze attuali che risolveremo i problemi perché come avvertì Mounier: “I mezzi del mondo sono mezzi pesanti. Quando si ricorre ad essi vi è sempre qualche contaminazione nei risultati ottenuti”. E' piuttosto una questione di “stile” nell'agire. Ripeteremo perciò, per concludere, le parole di don Mazzolari: “Lo stile dell'uomo: con molto fa poco. Lo stile di Dio: con niente fa tutto. Lo stile del Figlio di Dio che è poi quello della Chiesa e che segue il mistero dell'Incarnazione e della presenza Eucaristica: la briciola diventa presenza”» (dal bollettino parrocchiale del giugno 1966). A settembre don Carlo annunciava ai parrocchiani che il primo coadiutore don Franco Bonfanti era stato nominato dal Cardinale, Parroco alla Parrocchia di “Gesù Buon Pastore” di Milano. A lui le congratulazioni per il nuovo incarico, ed il ringraziamento per l'opera svolta con generosità, alacrità e cura delle anime, durante vent'anni di permanenza a S. Vito In sostituzione di don Franco, venne don Luigi Manganini: « Questo bravo sacerdote ha passato i primi nove anni del suo ministero in mezzo ai giovani di Carugo. Sappiamo che ha fatto tanto bene fra quei giovani i quali l'hanno visto partire con un grande stringimento di cuore insieme con tutta la popolazione che gli era estremamente affezionata. Sia il benvenuto nella nostra Parrocchia dove si è già dimostrato generoso ed alacre; noi gli auguriamo che la grazia del Signore lo riempia di sé e gli dia tanta sapienza e costanza». (bollettino parrocchiale - settembre 1966). Il 1966 si chiudeva con un bilancio che vedeva la Parrocchia interrogarsi sugli avvenimenti più salienti accaduti nel corso dell'anno: sia, con un punto di amarezza, su quelli che riflettevano la vita quotidiana, sia su quelli dell'essere una comunità ecclesiale: «Il bilancio della nostra comunità parrocchiale registra come al solito avvenimenti lieti e tristi che meriterebbero un'attenzione più profonda e viva. Siamo troppo indifferenti alla sorte dei nostri fratelli. Ci circondano gioie e dolori che ci vedono spettatori annoiati e frettolosi. Nascita e morte provocano in noi solo tenerezza e sconforto e molta esteriorità tradotta in confetti o panni neri di lutto. Qui le cifre contano purché ci inducano a riflettere: 129 sono stati i funerali, 128 i matrimoni, 122 i battesimi in Parrocchia (cui vanno aggiunti i quasi 300 nelle cliniche).... Strana è la somiglianza di queste cifre, ma non cerchiamo in esse elementi statistici che non sarebbero validi. Riflettiamo invece sull'indifferenza che questi avvenimenti hanno lasciato in noi: 129 persone sono tornate alla “Casa del Padre” e quasi altrettante nuove vite sono entrate a far parte di

43 questa comunità. E noi continuiamo ad ignorarci sorridendoci, tuttalpiù quando ci incontriamo, forse scambiandoci appena un gesto di saluto. Fra gli avvenimenti e le personalità che abbiamo avvicinato ricordiamo in ordine cronologico: S. E. Mons. Luigi Oldani, Vescovo Ausiliare, che ci parlò dl rinnovamento liturgico. Ancora in primavera altre conversazioni sul problema della famiglia e del divorzio ed a conclusione dell'anno giubilare, sotto la presidenza di S. E. Mons. Ferraroni, ricordiamo le tre concelebrazioni, che videro riuniti in una sola comunità i fedeli di S. Vito, del S. Curato d'Ars e del Cuore Immacolato di Maria... C'è stato dunque un buon impegno da parte di tutti, ed è consolante constatare l'aumentata frequenza ai Sacramenti, segno evidente di una profonda presa di coscienza e di una maggior disponibilità alla Grazia. Avanti così dunque... c'è ancora tanta strada da fare...» (da “Un altro anno è passato” - dicembre 1966). Dice un proverbio: “L'uomo propone e Dio dispone”. Veramente qui si potrebbe abbreviare e dire: “Dio dispone”. Quando il 13 marzo del 1937 ci fu l'inaugurazione della Parrocchia e l'apertura della chiesa ci si domandava: “Chi penserà alle ragazze della Parrocchia? Non hanno neppure un luogo dove potersi ritrovare!”. Questo era il pensiero più assillante di don Carlo Galli: bisognava provvedere, cercare un buon istituto di suore che si impegnasse nella formazione sociale e cristiana delle giovani. Don Carlo mirò alto... pregò e fece pregare. Nel 1937 era un po' una pretesa pensare alle Orsoline! Don Carlo si ricordò che nel 1910 a Porlezza, aveva conosciuto suor Teresina divenuta Madre Vicaria in via Lanzone, la supplicò perché intervenisse presso la Generale, Madre Sandra, affinché prendesse in considerazione l'opportunità di aprire una nuova casa nel territorio della Parrocchia di S. Vito. Gli fu risposto che del problema se ne sarebbe parlato in Consiglio: «... e così entrarono nel cuore delle suore di via Lanzone le ragazze di S. Vito e di corsa, di prepotenza (direi) e suaderono così bene e a fondo che ne vennero fuori... l'Istituto che vedete... E aggiungo che le nostre ragazze scavarono così a fondo nel Cuore del Signore che venne fuori Madre Luciana e il resto» (dal bollettino parrocchiale giugno 1967). Il 1967 fu l'anno che commemorò il XXV anniversario della nascita dell'Istituto in S. Vito. Ci fu una festa ricca di una carica di affettività e di riconoscenza. La S. Messa celebrata da S. Ecc. Mons Luigi Oldani nella sacra liturgia di Pentecoste, richiamò le alunne della scuola, i loro genitori, le ex alunne e tutte quelle carissime persone che serbavano nel loro cuore i ricordi del tempo trascorso in Oratorio o alla scuola fin dai tempi della fondazione: «Sua Eccellenza ha rievocato con la sua parola paterna le alterne vicende di questa nostra casa che, sorta in una zona di periferia, ha visto man mano progredire, dopo il tremendo periodo bellico, le sue opere apostoliche. La figura del nostro ottimo Prevosto don Carlo Galli e quella luminosissima della venerata Madre Luciana, hanno segnato fin dall'inizio la via da percorrere... via di donazione e di amore, di sacrificio e di gioia. Nel

44 pomeriggio il salone di P.za Frattini, benevolmente concesso dai Revv. Padri Concezionisti, era gremito di persone intervenute ad assistere al trattenimento presentato a compimento della festa. I cori di circa 120 allieve delle elementari e delle medie, diretti dal maestro Carlo Livetti, che con perizia ed entusiasmo li aveva preparati, si alternarono ad altri numeri tanto più interessanti quanto più vari. La presenza della Reverenda Madre Generale e di altre Madri e suore che sono successivamente passate in questi anni nella nostra casa a portare il contributo del loro lavoro intelligente e amoroso, ci hanno fatto godere più intimamente questa solennità in “Cor unum, et anima una...”» (Le suore Orsoline di S. Vito). Ma gli anni intanto sono passati anche per don Galli e le difficoltà di una Parrocchia che si era fatta mastodontica (30.000 anime!) con le necessità dei tempi nuovi, unita alla coscienza esatta e lucidissima delle proprie responsabilità, fanno prendere all'ormai ottantaduenne Prevosto di S. Vito una decisione: scrive al suo Cardinale - che fu suo alunno: “Mandi un altro a reggere con mano ferma e cuore di Pastore questo popolo, a continuare la mia opera in S. Vito”. La risposta del Cardinale Giovanni Colombo non si fece attendere:

“Rev.mo e caro Prevosto, desidero rinnovarle l'espressione della mia stima e della mia riconoscenza per la vasta e complessa opera pastorale da lei svolta in trentacinque anni dacché si trova in S. Vito, e per le grandiose costruzioni di cui l'ha fornita, dalla chiesa alla Casa della Gioventù. Il suo nome sarà sempre in benedizione presso i parrocchiani oggi e in avvenire. Ma ora dopo aver considerato l'enorme popolazione della Parrocchia e la sua età provetta, mi pare doveroso DARLE UN VICARIO CHE LA SOLLEVI DAL PESO DEL GOVERNO PASTORALE E LE CONSENTA UN RITMO DI VITA PIU' ADATTO E RIPOSANTE, PUR RESTANDO COME VENERATO PREVOSTO IN MEZZO AI SUOI FEDELI. Sono certo che accoglierà con cuore sereno e generoso questo provvedimento dettato dall'affetto che le porto, dal riguardo dovuto alla sua veneranda età e soprattutto dal bene delle anime. La ossequio e le invio una particolare confortatrice benedizione. Giovanni Card. Colombo Arcivescovo”.

A gennaio del 1968, mandato dal Cardinale, arrivò in Parrocchia don Pietro Mazzoleni nella sua veste di Vicario Coadiutore. La sua prima preoccupazione fu quella di convocare il Consiglio parrocchiale, per prendere conoscenza dei problemi e delle varie situazioni esistenti sul territorio; in data 11 febbraio comunicava a tutti i parrocchiani: «Il Reverendissimo Prevosto don Carlo Galli, in considerazione dell'età e della salute, “con gesto nobilissimo” ha rassegnato le dimissioni a S. E. il Cardinale Arcivescovo.

45 Sua Eminenza, apprezzando molto la decisione e pensando ai molti meriti del Rev. don Carlo Galli, fondatore della Parrocchia e costruttore della chiesa e di tutte le opere parrocchiali, lo ha invitato a rimanere a S. Vito come Prevosto emerito. A succedergli come Prevosto effettivo ha nominato il Sac. don Ezio Pirotta coadiutore a Santa Maria al Naviglio. Egli sarà in Parrocchia subito, dovendo il Padre Vicario attuale assumere un altro impegno urgente. Quando tutte le pratiche giuridiche saranno state perfezionate, don Pirotta potrà prendere possesso ufficiale della Parrocchia». L'ingresso di don Ezio nella sua veste di Parroco di S. Vito avvenne il giorno 7 aprile del 1968, “Domenica delle Palme”.

Foto 9 - E' il momento della "staffetta" tra Mons. Galli e don Ezio Pirotta

Il rito si svolse alle ore 16,30 con l'accompagnamento di don Ezio dalla Parrocchia di Santa Maria al Naviglio a S. Vito, seguito dalla solenne benedizione delle Palme e processione dall'Oratorio maschile verso la chiesa. Il culmine dell'avvenimento fu la solenne concelebrazione, presieduta da don Ezio e avente come concelebranti gli altri membri del Presbiterio,

46 volendo così sottolineare l'unità di tutti i sacerdoti della Parrocchia e nello stesso tempo l'unità tra il Sacerdozio ministeriale (proprio dei Vescovi e dei Presbiteri), e quello comune (proprio di tutti i membri del popolo di Dio). La prima omelia espresse intimamente il rito della presa di possesso, e don Ezio volle presentarsi come “Annunciatore della Pasqua”, cioè del mistero di Cristo che salva con la morte e resurrezione:

«Carissimi, permettetemi di chiamarvi così, in questo primo incontro. Perché vi ha chiamati così don Carlo Galli per tanti anni, perché così vi “sento” dal primo giorno in cui il Cardinale mi ha chiamato a continuare l'opera di don Carlo e infine, perché la mia preghiera al Padre, dopo l'annuncio della mia nuova destinazione, è proprio stata quella di aiutarmi a “sentirvi” sempre sinceramente, cordialmente, attivamente così, per ogni giorno che il Signore vorrà io resti tra voi a S. Vito. Ed eccomi: vengo tra voi, come uno di voi. Non tanto come il “primo”, come il capo o l'organizzatore, non tanto come giudice o arbitro tra voi, quanto come un fratello tra fratelli; sia pure come un fratello segnato da un particolare sigillo di servizio, di un particolare ministero - come ciascuno di voi ha una mansione nella casa del Padre - ma come un fratello che vuole con voi tutti cercare la strada, deciderla e percorrerla con quella speranza e quella fiducia che solo il vero Pastore ci garantisce. E non è certo con una sicurezza derivata dalle mie capacità o da mie possibilità che vengo tra voi - mai come in questi giorni ho verificato i miei limiti e la mia pochezza! - ma solo colla forza derivatami dal comando di Dio: “andate... io sarò con voi fino alla fine dei secoli”, dalla certezza del suo aiuto e colla coscienza di essere nelle sue mani, essenzialmente strumento della Provvidenza. E' vero: già mi trovo confortato, in questo cammino, dalla presenza di don Carlo, che in questi primi giorni mi è stato di sostegno e di aiuto, guida preziosa in tante cose; dalla attenzione pronta e responsabile degli altri Sacerdoti e dalle care suore Orsoline: dalle molteplici vive attività di tanti - uomini, donne e giovani - veri testimoni del popolo di Dio, non solo a parole, ma in una vitalità aperta ed impegnata; dal calore e dalla preghiera di tanti buoni che, nella casa del Padre, ritrovano e alimentano una unità di fede e di carità. Ed è già questo un grande segno del Signore. Perché lo so bene, per una lunga esperienza in parrocchie popolose di Milano, come la Santissima Trinità dove sono cresciuto, e come S. Maria al Naviglio dove ho vissuto i miei primi vent'anni di sacerdozio: chi fa la Parrocchia non è il Parroco ma i parrocchiani... o meglio non è solo l'organizzazione associativa, ma è anche e soprattutto la Carità che fa dei Sacerdoti e dei laici, di tutta la gente, una comunità viva che soffre e che ama sotto lo sguardo di Dio. E allora, è forse assurdo o solo un sogno, in una Parrocchia di 30.000 persone, in un agglomerato così spaventoso di gente, che vive nel ritmo affrettato e convulso del mondo d'oggi, colla pluralità di idee, di intenzioni, di mete, di stili di vita, colla difficoltà del conoscersi e del

47 comunicare che tutti sperimentiamo, chiedere ancora che la Carità possa operare il miracolo di una comunità che si ponga davanti a tutti i fratelli come proposta di vita, come riferimento di impegno, come incitamento continuo a volersi veramente e concretamente bene ? Non sarei prete, non avrei accettato sia pure tremando, di essere Prevosto al Giambellino, se non credessi con tutto me stesso che Dio questi miracoli li opera. Senza fracasso, senza propagande, senza forzature. Ma più solidamente e in modo più duraturo di qualsiasi altra forza umana. Attraverso la stessa umiltà, la stessa sofferenza e la stessa fede che hanno fatto sorgere in trentadue anni questo imponente complesso di opere che oggi costituiscono per tutti noi il centro di riferimento della vita parrocchiale. Per questo, proprio perché credo nella forza edificatrice del suo Amore, vorrei incontrarvi ad uno ad uno, per ripetere a ciascuno la Parola e la sua proposta di vita, per testimoniarvi con tutto l'affetto umano e la paternità sacerdotale che cerco di vivere, che con noi è sempre un Padre buono che ci ama e che ci vuole tutti con Sé - magari attraverso il dolore e la lotta del vivere quotidiano - un dialogo che sia vita operante, in una gioia senza fine. Non sarà forse possibile, anche se vorrei che la mia casa fosse non solo una “canonica” sempre aperta, ma anche ciascuna delle vostre case, coi suoi problemi, i suoi affanni e le sue gioie: le necessità e i compiti per me e per voi si dilatano oltre le singole buone volontà. Ma non dobbiamo allarmarci o perdere la speranza, da quando Cristo ha raccomandato al Suo “piccolo gregge”, nel nome dell'immancabile vittoria sul male, di non avere paura. La Provvidenza ha voluto che il nostro primo incontro avvenisse proprio nel tempo della Pasqua, il tempo in cui l'Amore di Dio, fattosi uomo, morto in Croce, è Risorto per tutti e per ciascuno di noi. Vi prego allora di concedermi ora e ogni giorno la vostra preghiera, perché il Signore mi conceda, ad ogni costo, di essere sempre tra voi annunciatore e testimone vivo della Pasqua di tutti. Il vostro Parroco don Ezio Pirotta».

A giugno, alla gioia della festa patronale di S. Vito si unì un po' di tristezza per la partenza di don Giovanni Cerutti, nominato Parroco a Maccagno: «Non è facile salutare un sacerdote che parte, dopo aver dato per undici anni il suo tempo, la sua attenzione, la sua passione a servizio di una comunità parrocchiale... Dirgli semplicemente grazie, ci pare meno che niente. Eppure sappiamo che egli è schivo di ogni affettazione e aborre le cerimonie, la retorica e tutto quanto sa di artificioso. Per questo gli ripetiamo con tutta semplicità la nostra riconoscenza... Il nostro grazie quindi, è l'impegno di portarlo sempre nel cuore al Signore, perché benedica il suo ministero, lo fecondi della sua grazia e lo renda fonte inesauribile di nuova amicizia in Dio, di meriti e di soddisfazioni personali» (dal bollettino parrocchiale - giugno 1968).

«S. E. il Cardinale Arcivescovo, durante la visita pastorale a Premana, dove si trovava per un periodo di riposo don Carlo Galli, nell'incontrarlo, lo

48 salutava, anche a nome del Santo Padre, con cui aveva da pochi giorni conferito, con il titolo di “Monsignore”. Quasi a sgravarsi di un debitodi riconoscenza per un suo sacerdote che tanto ha fatto per la Diocesi, in tanti anni di fecondo lavoro, con animo di vero Pastore - come tutti lo conosciamo. Nell'attesa noi cominceremo a chiamarlo Monsignore. Sarà un altro segno del nostro rispetto e della nostra riconoscenza» (dal bollettino parrocchiale - settembre 1968).

A sostituire don Giovanni Cerutti, venne mandato a settembre don Luciano Zanetti, proveniente dalla Parrocchia di S. Giuseppe in S. Marcellina sulla via in Milano, dove per sette anni aveva fatto l'assistente dell'Oratorio e svolto le più diverse mansioni. Gli sarà affidata l'Associazione degli uomini, le ACLI, e l'archivio e dopo la partenza di don Manganini, anche l'Oratorio femminile. Il 10 novembre si celebrò la prima “Giornata della Carità”, era la seconda domenica del mese da quel momento le offerte che saranno raccolte durante tutte le seconde domeniche del mese, verranno devolute a favore dei “fratelli bisognosi”, per il tramite delle Conferenze di S. Vincenzo sia maschile che femminile, che operano in stretta collaborazione nell'ambito del territorio della Parrocchia. Il 1968 chiudeva con una relazione del Parroco intesa ad impostare l'attività per l'anno successivo e a richiamare ad una maggiore e più attenta collaborazione i laici: “Due scelte fondamentali stimo prioritarie: la valorizzazione dei momenti liturgici, del vivere i Sacramenti e soprattutto il potenziamento dell'assemblea eucaristica, per una partecipazione sempre più vasta alla S. Messa; l'altra, nella linea di fondo su cui abbiamo impostato la nostra vita comunitaria, cioè la Carità effettiva”. In un comunicato apparso sul bollettino parrocchiale del marzo 1969 venne data notizia che: «S. Santità Paolo VI, dietro indicazione di S. E. il Cardinale Arcivescovo e certamente anche per conoscenza diretta, ha conferito a don Carlo Galli il titolo di Monsignore, nominandolo suo Cappellano d'onore. Questo dono del S. Padre, corona degnamente una vita tutta spesa al servizio della Chiesa - particolarmente in questi ultimi trent'anni - alla comunità di S. Vito, con zelo instancabile, con attenzione paterna e soprattutto con una vita veramente sacerdotale. Sentendoci partecipi tutti quanti di questo onore conferito a Mons. Galli, ne ringraziamo il Signore e ci proponiamo di farlo solennemente in una data che stabiliremo e faremo conoscere a tutti (probabilmente il 19 marzo, festa di S. Giuseppe)». Così il 19 marzo Mons. Carlo Galli tra due ali numerose di fedeli, accompagnato da don Ezio Pirotta, dagli ospiti Mons. Bizzozzero e Mons. Beretta e dagli altri sacerdoti della Parrocchia, usciva dalla sua casa vestito delle rosse insegne prelatizie offertegli dai parrocchiani e dagli amici, per far solenne ingresso nella sua chiesa, mentre il coro liturgico e l'organo preparavano l'inizio della celebrazione della sua Messa solenne fissata per le ore 11,30.

49 Sull'invito che era stato predisposto erano impresse le parole tratte dalla prima lettera di S. Paolo a Timoteo che davano il significato sicuro ed il fondamento spirituale della gratitudine che i fedeli debbono sempre avere per i loro Pastori: “I Presbiteri che esercitano bene la presidenza siano trattati con doppio onore, soprattutto quelli che si affaticano nella predicazione e nell'insegnamento”(1 Tim 5, 17). Nell'omelia don Ezio ha voluto tratteggiare brevemente la storia della Parrocchia, ma soprattutto ha voluto ricordare i trentadue anni di vita sacerdotale, di pastore, di guida, di conforto, di sostegno, di comprensione, di indicazione, di liberazione... di Mons. Galli, uomo e sacerdote fattosi strumento nelle mani di Dio. Dopo un anno di vita condotta vicino a lui, poteva con cognizione di causa, parlarne con gioia e con affetto: «... E' sì, questa, la testimonianza di un solo anno, ma essa credo vale come misura di una vita, perché se un uomo non ha esercitato in tutta la sua esistenza una vera attenzione, una vera Carità verso gli altri, una vera disciplina su di sé, non può agire così».

Mons. Carlo Galli rispondeva: «Tre parole: una di ringraziamento, una di scusa, una di preghiera. La prima: di ringraziamento. Pensate che l'onore che avete fatto a me è onore vostro. Quando ho rinunciato a reggere questa Parrocchia, nella lettera a S. E. il Cardinale, perché mandasse un altro Pastore che con mano ferma la guidasse, aggiunsi: “Eminenza, ricordi il mio popolo, che per più di trent'anni mi ha seguito in tutti i momenti, anche penosi”. E ce ne sono stati tanti. Quindi vedete: questo onora la vostra fattività, la vostra generosità che è stata accanto a me sempre, specialmente nei tempi più gravi. E io devo dire grazie. Perché questo onore è da voi e per voi. La seconda parola: una parola di scusa. Veramente dovrei scusarmi con il Signore più che con voi. Perché ho lasciato la faccia della sua casa senza mondarla per tanti anni. Era però un pensiero continuo. Ma c'era sempre qualcosa che doveva essere fatto subito. E allora dicevo: “Prima questo... lo faremo subito dopo”. E non si è fatto! Ma questa è una cosa che ho qui sul cuore. E ora anche questo si farà. Si deve fare. Perché ogni volta che io entro qui e vedo la nostra chiesa, la casa di Dio, la vostra casa che avete fatto per il Signore, e la vedo così spoglia, ... mai lavata la faccia... dico: “E' mai possibile? I miei parrocchiani ogni tanto lavano la faccia alla loro casa, e io non l'ho ancora fatta ripulire, rimettere un po' a modino, levare le brutture...”. Ecco: io vi chiedo scusa di questo. E allargo le mani a benedire la vostra generosità. E voi mi aiuterete. Perché io voglio vederla pulita, in ordine. Questa è la seconda parola. La terza: una preghiera. Non dimenticate il vostro vecchio Parroco, dopo tanti anni! Sono tanti anni! Vi ricorderete, sono venuto il 4 giugno del 1936, per la posa della prima pietra, con il Card. Schuster.

50 Vi ricorderete il 12 marzo 1937, alle ore 8 di sera, siamo venuti qui con il Santissimo da San Cristoforo. Era una giornata piovosa. Ma quando il Signore uscì dal tabernacolo di San Cristoforo per venire qui, le acque cessarono. Ce ne diede tanta invece di acqua, il giorno della prima pietra! Ma quello era il senso che doveva scendere su questa chiesa una pioggia di grazie, tutte le grazie che il Signore avrebbe versato su questo rione. Grazie di Provvidenza, grazie di amore e anche grazie di felicità. Sì, anche grazie di felicità. Perché abbiamo avuto tanti dolori, tante pene, ma però le sopportavamo! Erano tempi eroici. Ma il Signore ci ha sostenuto, come mi ha sostenuto quando è venuta una bomba che ci ha disfatto la chiesa e mi ha disfatto la casa e dovetti vivere da barbone per cinque mesi. Io non so ancora come sia stato... ma è proprio vero che il Signore “ci tien su!”. Ecco allora: una parola di ringraziamento, una parola di scusa, e una parola di preghiera. Vogliate ricordarvi neh! Come io vi ricorderò e pregherò per voi! Perché non è possibile che dopo più di trent'anni, questo amore che si è acceso sempre più ardente, ora si spenga e si affievolisca. Non è possibile. Domandate a un papà o a una mamma se è mai possibile che dimentichino i loro figli! Mai! E io non vi dimenticherò. E voi ricordatevi sempre del vostro vecchio Prevosto».

La raccolta delle offerte di domenica 23 marzo venne devoluta a Padre Carlo Toncini, tornato e rimasto a S. Vito, sua Parrocchia d'origine, dopo una grave malattia contratta nella sua Missione in Messico. Ripartirà a settembre per la “Città dei ragazzi e delle ragazze”, da lui fondata e diretta a La Paz, nella bassa California. Un'opera conosciutissima non solo nell'America Centrale, ma anche negli Stati Uniti, e resa nota dallo stesso Padre Carlo, durante la sua permanenza in Italia, attraverso la Radio Vaticana e l'Osservatore Romano. Il 5 giugno, festa del “Corpus Domini”, ricorreva il sessantesimo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Mons. Carlo Galli, che venne ricordato con una solenne concelebrazione alle ore 11,30. Una vita sacerdotale esemplare, diritta ed umanamente aperta, che ancora trovava nella assiduità al confessionale, nella celebrazione della Cena del Signore, nella sempre robusta predicazione, nell'assistenza agli ammalati, ma soprattutto nel contatto quotidiano, paterno, con i suoi figli, una piena vitalità e una sua costante disponibilità. A fine luglio iniziarono i lavori di tinteggiatura della chiesa. Dopo un mese di approcci e di consultazioni con varie ditte di pittura, si decise di affidare la definizione e la sovraintendenza ai lavori di tinteggiatura al pittore Martinotti Antonio, autore degli affreschi che ornano la chiesa. Il suo progetto tendeva a «rilevare le linee architettoniche nel modo più semplice possibile, e a richiamarsi alla parte absidale, che ne è il centro, con delle tinte leggere e calde che leghino la navata al transetto e ai motivi del soffitto. Due tinte fondamentali sui fondi parete e rilievo delle arcate e delle

51 lesenature di cemento, che riquadrino il fondo e si congiungano colle travature dei cassettoni del soffitto». Tale progetto fu consegnato, con le misure precise delle superfici da dipingere alle tre ditte scelte, per un preventivo preciso e definitivo (stimato sui quattro milioni). Intanto si iniziò con l'opera muraria di rafforzamento degli spigoli e della sigillatura delle crepe, createsi in trent'anni dall'assestamento dell'edificio. L'invito di don Ezio, rivolto a tutti i parrocchiani, fu di impegnarsi a finanziare i lavori per portarli a termine. I lavori furono momentaneamente interrotti, causa un incidente (non sul lavoro) del caposquadra dei pittori, ed anche perché la vista in opera della tinteggiatura, secondo il progetto primitivo, non risultava soddisfacente, non rispondendo al fine di rendere la chiesa più semplice e più raccolta: «Si tentò così, sul muro, direttamente, altro tipo di colore e di disegno, scegliendo il più semplice - purtroppo nell'assenza di tanti che si sarebbero voluti consultare - secondo una linea basilicale, che, dividendo in due piani diversi di tinteggiatura, dà maggior rilievo alle linee architettoniche, smorza l'impressione di capannone che qualche volta la nostra chiesa ha, dando maggior dignità e raccoglimento a tutto il complesso». Sotto il titolo “Non perdiamo un amico: ne acquistiamo un altro” sul bollettino di ottobre venne comunicata la partenza di don Gianluigi Terzoli che «è stato sollevato da S. E. il Cardinale, dietro sua espressa richiesta, dall'incarico che aveva nella nostra Parrocchia. Egli dopo aver egregiamente lavorato per tre anni tra i ragazzi e i giovani e in confessionale, si darà ora all'insegnamento della religione nelle scuole, e alla ricerca teologica, appoggiata alla sperimentazione di nuovi metodi pastorali... Al suo posto, come assistente dell'Oratorio, è arrivato don Mario Monti, milanese di S. Pio V - due anni di messa: 25 anni di età - giovane e già provato attivo sacerdote all'Oratorio di S. Eufemia da cui proviene. A lui l'augurio di essere nella nostra comunità soprattutto l'amico dei ragazzi e della gioventù, nella gioia di lavorare uniti per la crescita del Regno di Dio tra noi».

Ad ottobre un grave lutto colpisce tutta la comunità di S. Vito: muore Mons. Carlo Galli. «19 ottobre: la meravigliosa liturgia della festa della Dedicazione esalta il Tempio come luogo in cui Dio - che pur vive nel cuore di ogni uomo ed è in ogni cosa - è presente come centro di vita di una porzione della sua Chiesa: il luogo che Dio ha scelto per essere concretamente e costantemente tra i suoi fedeli, perché essi si sentano di essere famiglia aperta a una Chiesa più grande, ma stretta dal vincolo di una profonda amicizia, e quindi vivano come fratelli dello stesso Padre. E proprio in un giorno di questa settimana il martedì 21 ottobre, in cui si celebra ancora questa liturgia, chi aveva tanto amato la sua chiesa, quella affidatagli come sposa, per essere centro di vita per un quartiere popoloso di cristiani, chi l'aveva costruita ed abbellita con ogni cura, chi l'aveva circondata da tutte quelle costruzioni che aveva ritenuto utili alla sua gente,

52 chi l'aveva illustrata, riscaldata, animata colla sua parola, colla sua voce, colla sua assidua presenza al confessionale e sull'inginocchiatoio, colla sua precisa ed ispirata presidenza sull'altare, colla sua paterna e ininterrotta attenzione, chi da essa si partiva per portare la luce del conforto della fede nelle nostre case... la lasciava per il Tempio eterno della Comunità dei Santi. Proprio in questo giorno - giorno di festa - chi aveva vissuto la propria spirituale paternità con senso di responsabilità e di preoccupazione quotidiana; che, con ogni mezzo, con un'opera paziente, che toccava tutti dal più importante al più umile, aveva cercato di far sentire a tutti che la cosa più importante per ciascuno era sentirsi Chiesa viva, strumento di salvezza nelle mani del Signore, era chiamato ad essere, per ognuno di questa grande famiglia parrocchiale, lontano o vicino, avvocato e intercessore presso il Padre che è nei cieli. Sì: ci è morto un Prete e un Padre. Quanti gli sono stati vicino in tutti questi anni, come quanti hanno anche solo avuto una occasione per potergli parlare, per confidargli una pena, o per avuto bisogno di lui, possono testimoniare con sicurezza di non fare un inutile necrologio, ma di tradurre la loro esperienza, in due sole parole semplici ma profondamente vere: ci è morto un Prete e un Padre. Un Prete: colla più profonda coscienza della sua missione e di quanto la sua vita sacerdotale esigeva. Non per uno sciocco senso di superiorità e di distacco, ma per il rispetto stesso della sua funzione di un uomo scelto tra molti per essere servo di tutti, depositario vivo di un tesoro di Grazia, prima di ogni altra possibilità o capacità umana. Un rispetto che esigeva prima di tutto da sé stesso, con una rigida disciplina personale - mai ostentata, ma divenuta ormai in lui connaturale come virtù - e che non lo rendeva mai scostante o disincarnato, ma che lo conduceva a una sua peculiare capacità di servizio più profonda, più partecipe e più costante, più attenta ai particolari di ogni bisogno della sua gente, e sicura, tranquilla nella sintesi di chi si sapeva per tutti guida e pastore. Sempre accompagnato, questo suo impegno, da una misura equilibrata e coraggiosa, che univa al buon senso umano la illuminazione della fede, e che poneva come elemento risolutivo e mai dimenticato il valore della preghiera, la forza del sacrificio, la sicurezza dell'intervento della Provvidenza. Chi non ricorda - ed io l'ho tante volte sperimentato in questi due anni di convivenza! - quanta forza e quanta convinzione in quelle parole che infioravano i suoi discorsi e le sue prediche: “Non avere paura, il Signore ci arriva sempre”. Se, su altre labbra quelle parole avrebbero potuto suonare stonate o di maniera, sulle sue, anche il più disattento ascoltatore, coglieva la certezza e la gioia dell'uomo di fede. Un Padre: dall'energia di chi sapeva, nel lontano 1937 raccogliere un popolo disperso in quella vasta campagna di Giambellino, con tutto l'entusiasmo e la gioia della sua maturità, alla paterna attenzione sempre acuta e vigilante di questi ultimi anni; dalla esatta capacità di affrontare le situazioni più difficili - quante famiglie si sono ricomposte in armonia, hanno ritrovato stabilità e

53 gioia per la sua paziente opera! - alla parola giusta in ogni occasione e per ogni persona. Ma che vale cercare di elencare sia pure sommariamente quello che il Vice di Porlezza, il Vicario di Anzano, il Parroco di Pieve Emanuele, il Prevosto di San Cristoforo e di Giambellino e il Monsignore di San Vito ha rappresentato per generazioni di fedeli, quando ognuno di noi ha fatto direttamente questa esperienza? Resterà un ricordo. Ma soprattutto un esempio. E qualcosa di importante dentro di noi, perché ormai di noi fa parte vitale, per quello che ci ha insegnato e ci ha mostrato. Qualcosa di legato, sì, alle opere che resteranno a perpetuarne il nome tra noi, ma qualcosa che ognuno, al di là dello spazio e del tempo, porta legato alla sua vita. Non solo nostalgia di una persona conosciuta ed amata, ma stimolo quotidiano ad essere cristiani autentici come egli sempre ci volle e ancora certamente ci vuole» (bollettino parrocchiale novembre 1969).

Il suo testamento spirituale: «Nel nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo, invocando dalla Divina Misericordia perdono per tutto quanto della mia vita può aver offeso il Signore in pensieri, desideri, parole, azioni, omissioni, accettando quanto il Cuore misericordioso del Signore vorrà darmi ancora di tempo e promettendo colla sua santissima grazia, di adoperarlo solo per Lui, chiedo a quanti mi hanno conosciuto perdono per ogni cattivo esempio che possa aver loro dato, li ringrazio di quanto bene mi hanno fatto e invoco il Signore che tutti ci faccia ritrovare in eterno nella sua gloria». Dopo aver ricordato con affetto e riconoscenza il lungo servizio della Primina, sua domestica per quarant'anni, lascia tutte le poche cose rimaste da una vita condotta in rigida povertà: «alla mia chiesa parrocchiale di S. Sepolcro in S. Vito al Giambellino». Se la misura dell'incidenza della vita di un uomo nella vita di quanti gli sono passati vicino, si verifica al momento della morte, si può dire che veramente in tanti la parola e l'azione di Mons. Galli ha lasciato una notevole traccia. Imponente è stata la folla che lo ha accompagnato nel breve giro attorno a quel terreno che era prati e marcite al suo arrivo nel lontano 1937 e che ora, con al centro le poderose opere da lui volute con la sua gente, era diventato un quartiere popoloso di città. Quasi duemila persone, una fila interminabile di preti che lo conobbero ed ebbero esempio, i pochi rimasti degli antichi alunni di Porlezza, i parenti, gente di ogni età e di ogni ceto hanno seguito il feretro, nella preghiera. Nessuna insegna e nessuna bandiera, se non la croce che precedeva il corteo: non ci doveva essere distinzione, perché era tutto un popolo che si ritrovava dietro al Pastore che aveva raggiunto il premio promesso dal Padre. E le parole di don Ezio, profondamente sentite, scevre di ogni ampollosità e sincere nella loro asciuttezza, sicure nella commozione di un distacco, ma anche nella certezza della resurrezione, esprimevano nella maniera più efficace il sentimento di tutto il popolo.

54 Sull'altare, costruito da lui, nella sua chiesa finalmente ripulita come era stato il suo ultimo desiderio, la solenne concelebrazione dava l'ultimo addio terreno a Mons. Galli. Il Cardinale Giovanni Colombo, che lo conobbe e apprezzò come Pastore di S. Vito e gli fu amico, volle essere presente, con un telegramma:

“Esprimendo profondo cordoglio per scomparsa emerito Prevosto Mons. Galli, rievoco sue esemplari virtù sacerdotali e pastorali. Elevo suffragi. Invio addolorati famigliari, parrocchiani e presenti mesto rito, confortatrice benedizione. Cardinale Colombo”.

La salma poi proseguiva accompagnata da due pullman di fedeli per Inverigo, il paese natale dove veniva tumulata nella tomba dei sacerdoti del paese, in attesa di poterlo riportare nella sua chiesa di S. Vito dopo aver espletato le pratiche necessarie.

55 CAPITOLO III

GLI ANNI DAL 1970 AD OGGI

La struttura geografica ed urbanistica della Parrocchia rimane sostanzialmente quella degli anni sessanta, seppure negli ultimi vent'anni si siano verificati quei fenomeni che rispecchiano l'andamento generale della città: trasferimento di giovani coppie nei comuni della provincia, per l'aumentato costo delle case o degli affitti e, conseguentemente, aumento della popolazione anziana; sensibile diminuzione della presenza di attività industriali con il ridimensionamento, il trasferimento se non addirittura la chiusura, di aziende grandi o piccole. All'inizio del 1970, prosegue senza interruzione l'attività della Parrocchia che vede iniziative già attivate ed altre in fase di studio: - il presbiterio e la consulta, cui partecipano i membri rappresentanti i vari momenti, Associazioni, gruppi di fedeli e preti, operanti in Parrocchia; - l'assemblea dei fedeli durante la quale si discutono, in un clima di fraterna corresponsabilità, proposte e programmi riguardanti la vita parrocchiale, sempre nell'ambito delle grandi linee direttive della Chiesa e del Vescovo; e per scoprire, rilevare e coordinare ogni possibile orientamento pastorale. I gruppi: - gruppo liturgico - studia e cura l'attuazione delle celebrazioni liturgiche e promuove la partecipazione consapevole e attiva dei fedeli. Comprende i lettori, gli animatori, i commentatori, i cantori e altri servizi paralleli; - gruppo caritativo - comprende la S. Vincenzo sia maschile che femminile, il gruppo caritativo giovanile e il patronato ACLI. Organizza e svolge ogni possibile azione di solidarietà verso il prossimo e di assistenza ai fratelli bisognosi; - gruppo per l'evangelizzazione e la catechesi - studia la situazione religiosa del quartiere e propone iniziative per portare a tutti il messaggio evangelico; promuove l'approfondimento a tutti i livelli della Parola di Dio e della dottrina della Chiesa; - gruppo culturale (sociale e civico) - coordina le attività culturali per la sensibilizzazione dei parrocchiani circa i doveri più urgenti verso la promozione di una cultura integrale (Gaudium et Spes n. 53). Cura i contatti con comitati di quartiere e la relativa problematica; - gruppo educazione e oratori - studia, propone e coordina le attività formative e ricreative dei diversi organismi preposti alla educazione umana e cristiana dei ragazzi e degli adolescenti, anche nei rapporti con le famiglie e con la scuola; - gruppo stampa e informazione - cura le pubbliche relazioni nell'ambito della comunità parrocchiale. Si occupa primariamente della impostazione e dell'attuazione degli organi di informazione della comunità e della diffusione della stampa e del libro;

56 - gruppo incontri - studia e organizza ogni forma di incontro che favorisca la crescita della coscienza comunitaria dei parrocchiani, dalla ricreazione allo scambio di informazioni ed esperienze di vita; - gruppo segreteria e organizzazione - cura la parte tecnica della organizzazione parrocchiale (censimento, relazioni, stampati, recapiti, archivio ecc.). Di tutti questi gruppi i primi due sono già operanti; altri hanno la disponibilità di alcuni membri, e attendono adesioni per un pieno sviluppo. Resta aperta la prospettiva per la nascita di altri gruppi che potrebbero essere utili alla comunità, purché ci sia l'impegno costante ad agire con capacità, iniziativa e piena responsabilità. Ad aprile i lavori di trasformazione muraria per gli impianti di gasolio precedentemente iniziati, stanno terminando; ne è risultata una spesa non indifferente, alla quale debbono essere aggiunti i residui debiti per la riparazione dei tetti delle due case parrocchiali e quello relativo alla imbiancatura della chiesa. Inoltre: «Abbiamo inoltre davanti un sacrosanto dovere da compiere: entro luglio preparare a Mons. Galli una degna dimora nella nostra chiesa, perché ritorni a riposare tra noi. E' già stato ultimato il progetto ed è stata fissata la data per l'esecuzione dei lavori... La comunità parrocchiale ha sempre generosamente risposto all'appello per le opere caritative. E' necessario tuttavia comprendere che anche il contributo per i servizi parrocchiali ha un uguale valore e risponde ad una reale necessità, e per arrivare al traguardo da noi auspicato basterebbe un'offerta individuale media di lire 100 ogni domenica: si potrebbe così abolire ogni e qualsiasi tariffa». L'11 giugno, davanti ad una discreta assemblea di genitori e ad un notaio si costituì “L'Associazione Genitori del Giambellino”; tale Associazione fu resa possibile grazie all'interessamento e alla costanza di alcune mamme. Venne stilato uno statuto e fu costituito un consiglio esecutivo provvisorio che aveva il compito di elaborare un regolamento, di raccogliere le adesioni e preparare l'assemblea di ottobre. Fu demandato a due commissioni lo studio di un doposcuola e quello per corsi di ginnastica e nuoto per l'anno successivo, nonché lo studio della possibilità di costituzioni di rappresentanze di genitori dell'Associazione nelle scuole della zona. Nello stesso mese nasce il “Comitato di Quartiere” che si propone di sensibilizzare, unire e muovere tutti gli abitanti del quartiere - a qualsiasi partito o confessione appartengano - sui problemi concreti che la vita del quartiere presenta. «La comunità di S. Vito è tale soprattutto se dimostra la sua comunione concretamente non solo nell'assemblea liturgica, ma anche nell'impegno di attenzione e di liberazione umana per quell'ambiente locale in cui deve essere segno di carità. Una nostra assenza in tale organismo ci squalificherebbe, almeno ora, dove le intenzioni di lavoro sono chiare e la volontà di non farsi strumentalizzare da nessuno evidente. Interessiamoci quindi attivamente come cittadini coscienti e responsabili». In occasione della festa di S. Vito, alcune persone del gruppo donne di A. C. e simpatizzanti che già si occupavano individualmente dei problemi degli

57 anziani e ammalati, diedero vita ad un piccolo gruppo con l'impegno collettivo di continuare questa iniziativa di volontariato. Lo scopo era: - visitare gli anziani soli e ammalati bisognosi di aiuto: faccende domestiche, spesa, cucina o altre necessità fuori casa, non trascurando di far loro compagnia e di donare serenità e conforto; - accompagnamento di dette persone per terapie o visite specialistiche; - visitare i parrocchiani momentaneamente degenti in ospedale e coloro che, per motivi di salute, erano stati ricoverati in case di riposo, per far capire che la comunità parrocchiale non li aveva dimenticati. “Partecipare” è la parola del Parroco che ricorre con più frequenza per tutto il corso dell'anno. Essere partecipi della vita di una comunità, capirsi, sentirsi parte di un organismo vivo, agire in questo organismo come parte di un tutto, in modo responsabile, attivo, dando la propria vita a tutti i livelli: famiglia, scuola, professione, talenti, quartiere, Parrocchia, città, Chiesa, in funzione e in unità con i fratelli: «La partecipazione consiste allora nella cooperazione di tutti i membri della Chiesa a far sì che essa appaia dovunque (e quindi anche in questa nostra comunità locale), veramente come segno e sia effettivamente strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità del genere umano. Questo è il compito irrinunciabile di tutti, che si pone come base del diritto-dovere di ciascuno per la costruzione del Regno di Dio». Il 30 ottobre, in chiesa, dopo la concelebrazione tenuta in occasione delle SS. Quarantore si svolse con la partecipazione di un gruppo di fedeli (circa 150), una riunione per una prima verifica sui richiami fatti dal Parroco durante tutto il corso dell'anno. All'ordine del giorno due interrogativi: - c'è partecipazione e comunione nella Parrocchia? - che cosa fare per aumentare l'attenzione reciproca? «Faccio solo una breve considerazione lasciando a tutti più ampie riflessioni personali su quanto è emerso dall'assemblea. Sono state fornite da tutti gli interventi preoccupazioni di attenzione ai fratelli e dato atto di una partecipazione attiva nell'ambito parrocchiale. Sia permessa anche una rilevazione negativa (d'altra parte - come è stato affermato giustamente - sono le prime esperienze del genere): sono mancate precise indicazioni concrete (con le debite eccezioni) che nelle domande erano state richieste al fine di far crescere la vita parrocchiale. Questo non deve farci arretrare dagli intendimenti propostici, anzi sarà doveroso e conveniente continuare con tenacia e insistenza, come suggerito» (don Luciano). La nuova “Via Crucis” commissionata nel settembre del 1970 alla scuola d'arte cristiana del Beato Angelico trova la sua giusta collocazione in sostituzione di quella vecchia (deteriorata dagli anni e dagli eventi bellici), sulle pareti della chiesa, e il giorno 5 marzo 1971 si procedette alla sua inaugurazione: «Si è voluta una Via Crucis a colori vivaci, che servisse anche a “muovere” un poco il grigiore delle pareti della chiesa. Una Via Crucis di comprensione immediata che unisse alla stilizzazione della

58 tendenza artistica di oggi, alla figura tradizionale, per suggerire a tutti facilmente la meditazione». Il 6 giugno la comunità di S. Vito si stringe attorno al suo Pastore: don Ezio Pirotta, per ricordare il suo XXV anniversario di ordinazione sacerdotale. Il 15 giugno del 1946, don Ezio veniva ordinato sacerdote dal Cardinale Schuster. Da allora sono passati venticinque anni, dei quali ventidue nella Parrocchia di S. Maria al Naviglio, e tre come Parroco a S. Vito. La scelta del giorno 6, in anticipo sull'anniversario esatto non fu casuale, ma voluta, al fine di lasciare il 15 alla intimità personale e famigliare di don Ezio: «Non sarà una festa coreografica, sarà in stile con il discorso pastorale che stiamo facendo in questi anni, con la tensione condivisa da preti e laici per rendere trasparente, evangelica, parlante la nostra comunità cristiana. Sarà in stile con il modo con cui don Ezio esercita la sua autorità in mezzo a noi, sollecitando, stimolando, attendendo, coordinando, decidendo in comunione con i suoi fratelli preti e con coloro che vogliono essere parte attiva della nostra comunità cristiana. Annuncio della Parola di Dio, celebrazione della Eucarestia, preghiera saranno i modi con cui noi ricorderemo l'anniversario della sua ordinazione e nello stesso tempo riconosceremo di essere comunità cristiana e una precisa comunità in cui don Ezio esercita il suo ministero pastorale» (bollettino parrocchiale - giugno 1971). La ricorrenza fu preceduta da un triduo di preghiera cui fece seguito la solenne concelebrazione di don Ezio che ricordava il venticinquesimo di ordinazione, e di don Luciano che ricordava il decennio; si concluse il lunedì successivo con una S. Messa di suffragio per tutti i defunti della Parrocchia.

Foto 10 - Solenne concelebrazione dove si vedono, alle spalle di don Ezio, don Luigi Manganini e don Giovanni Cerutti

59 Nello stesso mese nasce in Parrocchia il gruppo Missionario con l'intento di sensibilizzare la comunità sui problemi delle Missioni e di aiutare in modo concreto i Missionari della Parrocchia dislocati nei vari paesi del mondo, con la preghiera e la raccolta di fondi da inviare a loro. In settembre don Luigi Manganini venne nominato Parroco al quartiere INCIS di Pieve Emanuele: «Non è facile esprimere in poche righe i sentimenti che nutro in questi giorni in cui ho lasciato il servizio presbiterale a S. Vito per intraprendere una nuova missione. Ho trascorso cinque anni in mezzo a voi, avendo come parroci Mons. Galli prima e don Ezio poi. Sono stati anni segnati da una forte vivacità pastorale, con discussioni, qualche tensione e notevoli iniziative, provocate dalla presenza del nuovo Prevosto, da un presbiterio non certo addormentato e da una presenza laicale sempre più intensa e in crescendo. In questo lavoro penso di averci messo il mio mattone, qualche volta non sempre al posto giusto, comunque con entusiasmo e buona volontà. A costruzione non finita, io passo ad un nuovo cantiere dove devo di nuovo incominciare a scavare per fare le fondamenta... Io auguro veramente che possiate continuare la costruzione della vostra comunità cristiana con vivacità e costanza, con lucidità teologica e con apertura generosa verso il mondo giovanile...» (don Luigi Manganini). Il 1972 sarà migliore del 1971? «Lavoriamo perché le strutture del mondo, politiche economiche, sociologiche cambino - perché nell'impegno di giustizia e di carità concreto sì dimostra ogni cambiamento interiore. Ma soprattutto e prima di tutto ricordiamo che l'impegno fondamentale è quello di cambiare dal di dentro, di vincere il peccato, di aprirci alla preghiera: qui sta il nodo di ogni soluzione della problematica umana. E che il 1972 ci faccia crescere tutti nella comunione tra noi». Con queste parole il Parroco apriva il nuovo anno. Un anno che doveva dimostrarsi vivo per la molteplicità di proposte suggerite ed accolte dalla comunità: incontri spirituali - incontri mensili liturgici - cineforum - corso di catechesi sulla Bibbia - incontri per le donne casalinghe - nascita dei gruppi famigliari, che ebbero successivamente un loro sbocco nei gruppi dei genitori dell'Oratorio, e nei gruppi di aiuto alla precatechesi per le famiglie dei battezzandi e dei fidanzati, infine conferenze su argomenti di carattere religioso, sociale e politico. Ad agosto, in sostituzione di don Luigi Manganini, arrivò don Felice Carnaghi: «Ho compiuto il mio ventinovesimo anno tra voi il 21 agosto. Si dice che nella vita di un uomo il trentesimo anno segni sempre una svolta decisiva verso la maturità umana. Chiedo ai sacerdoti e a tutti i parrocchiani del Giambellino che così cordialmente mi hanno accolto tra loro, di darmi la carica necessaria a raggiungere quella maturità che mi riprometto di far fruttare a loro vantaggio». Un ambiente vasto come quello delle costruzioni parrocchiali esigeva una cura continua - con relative spese - sia per non farlo deperire, sia per rendere i locali più funzionali e confortevoli. Ad ottobre la chiesa venne dotata di un nuovo apparato per i funerali (catafalco, candelieri ecc.), di nuovi inginocchiatoi e poltroncine per i matrimoni, di un nuovo impianto sonoro, essendo ormai quello vecchio

60 obsoleto e venne dato mandato all'ing. Ghizzoni, che già aveva seguito i lavori per la costruzione dell'Oratorio e della manutenzione della chiesa, di approntare un progetto da eseguire nel più breve tempo possibile per una nuova sacrestia (già esistente nella fase di progetto iniziale e complessivo della chiesa). Così il 29 ottobre alle ore 17, quando la salma di Mons. Carlo Galli, accompagnata da una nutrita schiera di automobili, si dirigeva verso S. Vito ed entrava in quella chiesa che aveva costituito per tanti anni la sua gioia, la sua pena, il centro delle sue attenzioni, non era più “la grande ignuda” come lui stesso l'aveva definita. Lo accolsero una chiesa piena ed un coro di voci giovanili, accompagnate dal suono del grande organo, le luci, il nuovo impianto sonoro, una corona di sacerdoti officianti la Messa del giorno e, soprattutto la preghiera prolungata di tanti fedeli che dicevano ben chiaramente più di ogni discorso, il ricordo, l'affetto, la gioia dei figli nell'accogliere le spoglie del Padre e nel cantare la certezza della Resurrezione. Il 1973 si aprì con una liturgia solenne: la liturgia della pace. La pace. Nelle parole di Paolo VI: sintesi di tutti i valori, “Bene essenziale e fondamentale per l'umanità di questo mondo”, condizione di vita dell'uomo e insieme traguardo cui tendere. E le parole di don Ezio non potevano che essere di augurio e di impegno: «per tutti gli uomini di buona volontà, ma soprattutto per quelli per i quali il Natale non è stato solo una festa esteriore, ma un impegno a seguire Gesù - Dio incarnato - sulla strada della Passione e della Resurrezione, verso la Pasqua». Il giorno 6 febbraio venne in Parrocchia per una visita pastorale S. E. il Vescovo Mons. Libero Tresoldi, Vicario Episcopale della Diocesi di Milano. Un incontro dimostratosi vivo e fruttuoso, incominciato con i gruppi delle catechiste e degli adolescenti, culminato con una partecipata Eucarestia vespertina, e protrattosi con una analisi della vita parrocchiale nel Consiglio Pastorale, fino alla mezzanotte. Una riconferma data al delegato dell'Arcivescovo di Milano, di una volontà chiara di “essere e fare Chiesa” nello spirito di amore, di preghiera, di testimonianza, e di sincera unità con i legittimi pastori della Diocesi. «Con il giorno di Pasqua Madre Teresina e Suor Attilia hanno incominciato il loro nuovo ministero portando la S. Comunione agli ammalati. Ringraziamo Dio e la paterna sollecitudine della Chiesa che ci ha messo a disposizione questo nuovo ministero per il sollievo e la gioia dei nostri ammalati» (bollettino parrocchiale - maggio 1973). A novembre nasce il “Gruppo Animazione Turistica” (G.A.T.) che si propone di favorire i contatti, la conoscenza reciproca e magari brevi periodo di convivenza tra le persone e le famiglie della comunità parrocchiale. Si dimostrerà per lungo tempo, non solo di essere un servizio per portare a spasso i parrocchiani, organizzando gite sia d'inverno che d'estate, pellegrinaggi, soggiorni, vacanze insieme, ecc. ma darà modo a loro di conoscersi nello stare insieme.

61 L'anno chiude con una analisi dettagliata del Parroco sui cinque anni della sua permanenza in Parrocchia, sui progetti fatti, su quanto è stato realizzato e su quanto ancora resta da fare. Anno 1974. Sollecitati dal Cardinale Giovanni Colombo che nel 1972 dava inizio, con una sua pastorale, ad un movimento denominato “Terza Età”, intesa come “età della pensione”, soggiungendo che tale pastorale trovava il suo ambiente naturale nella Parrocchia, anche don Ezio volle che si costituisse uno staff di “anziani validi” per studiare insieme la possibilità di dare vita ad un gruppo che si interessasse delle problematiche dell'anziano. Il 4 giugno aveva luogo l'assemblea costitutiva del movimento “Terza Età” dalla quale scaturiva una concreta costruzione di gruppi operativi e di programmi: gli anziani come parte vitale del tessuto connettivo della comunità di S. Vito. Chi siamo? Quali sono e come possiamo affrontare i problemi sociali in S. Vito? Come deve lavorare la Commissione Sociale? Questi gli interrogativi posti dalla Commissione Sociale in un questionario che fu largamente distribuito dall'1 al 16 giugno, che trovò una risposta pronta e puntuale da parte di un buon numero di parrocchiani (resi 752 questionari), circa un terzo dei partecipanti la messa domenicale. L'esito dell'inchiesta si ritenne positivo, avvalorato altresì dalle osservazioni e dai suggerimenti che molti vollero aggiungere in calce alla scheda, a completamento delle proprie opinioni. A settembre la comunità si arricchì della presenza del diacono Giovanni Pagani che, terminati gli studi di teologia a Venegono, venne con funzioni diaconali. Resterà per un anno e si dedicherà in modo particolare all'insegnamento della religione nelle scuole di via Donati, alla preparazione delle catechiste e dei bambini della prima comunione, affiancando don Felice, aiuterà durante le assemblee eucaristiche e le altre funzioni liturgiche, per snellire il lavoro dei sacerdoti e per rendere le liturgie più vive e decorose. A novembre terminano i lavori per la nuova sacrestia con annessi servizi esterni per l'Oratorio: «Manca solo che il buon Luigi sacrista, notevole imbianchino, con la vernice fornitaci gratis dal sig. Casnighi, la imbianchi e così questa specie di fabbrica del Duomo nostrana, dopo quattro anni di travagli e peripezie varie, è a nostra disposizione» (bollettino parrocchiale - dicembre 1974). 1975. Anno Santo. Anno di pellegrinaggi? Anno di indulgenze? Anno di manifestazioni e preghiere collettive? Anche. Ma non soprattutto: «Vivere l'Anno Santo è soprattutto usare dei doni di un tempo di Grazia di Dio per il rinnovamento e la riconciliazione... E Dio sa quanto tutti abbiamo sempre bisogno di essere richiamati a forzare il nostro sguardo, oltre i nostri piccoli interessi, le nostre beghe e le nostre preoccupazioni, non tanto per decidere e fare cose eroiche, quanto per capire il vero significato di tutte queste cose che costituiscono la nostra vita!».

62 A gennaio la Commissione Assistenza organizza un servizio sociale di grande utilità, potenziando il Patronato ACLI. Un gruppo di signorine ed alcuni esperti offrono i loro servizi in quattro campi specifici: assistenza pensionistica - assistenza per problemi e conflitti sul lavoro - assistenza fiscale - indirizzi di enti assistenziali per anziani; un servizio duraturo nel tempo e che tutt'oggi continua. Il gruppo missionario che dalla sua nascita era andato sempre più in crescendo, attivo e presente non solo nelle “giornate mondiali per le Missioni” ma anche con iniziative per momenti di preghiera per le Missioni ed i Missionari, raccolta di fondi, corrispondenza da e con i Missionari della Parrocchia, il 2 marzo organizzò una festa di “famiglia”. Venne celebrata la giornata dei Missionari usciti dalla comunità di S. Vito: Suor Rosangela, Padre Carlo Toncini, Padre Fulvio Giuliani, Fratel Giancarlo Coda. Dal 14 al 20 settembre, in occasione dell’Anno Santo, si tenne a Roma un pellegrinaggio, con una buona partecipazione di parrocchiani. A novembre la Parrocchia si guarda allo specchio! 12.850 famiglie (sulla base delle statistiche del 1971), circa 40.000 persone. Una vera città, nella città. Territorio: il quadrilatero avente per lati: il lato ovest dell'Olona (v.le Misurata - P.za Napoli) - la via Savona dal 101 alla fine - la via spezzata lungo la via Brunelleschi, via Curio Dentato, Degli Zuccaro. Attraverso la via Lorenteggio, si passa alla via delle Primule (numeri pari) - via Barzilai, Scrosati, D'Alviano per scendere poi, in una linea ideale, attraverso le vie Carlini, Bertieri, Tobruk, di nuovo all'Olona. Nel territorio parrocchiale è compresa la chiesa dell'Immacolata in P.za Frattini, affidata ai Padri Concezionisti, e la chiesetta di S. Protaso (detta del Barbarossa). Ci sono poi le scuole elementari Nazario Sauro in via Vespri Siciliani, e quelle di via Scrosati (per un complesso di più di 4.000 alunni). E le scuole delle Orsoline in via Vespri Siciliani, dall'asilo alle medie; quelle di Padre Monti presso i Padri Concezionisti (medie). Le scuole di via Donati sono invece sotto la giurisdizione della Parrocchia di S. Benedetto, quella media di via Scrosati sotto la Parrocchia dei SS. Patroni d'Italia. I sacerdoti in Parrocchia sono cinque mentre nella chiesa di P.za Frattini, sotto la guida di Padre Giovanni, altri quattro Padri accudiscono alle necessità liturgiche della chiesa. A tre anni dalla sua nascita - maggio 1972 - il Consiglio Pastorale parrocchiale si interroga: «Quale il consuntivo di questo triennio, quali le difficoltà incontrate, gli aspetti positivi, le speranze deluse? Il primo impatto del CPP con la realtà parrocchiale è stato difficile. Mancavano esperienze precedenti e tra gli stessi membri sorgevano contrasti, non tanto sui principi, quanto su modi e i tempi di applicazione. Questa prima fase iniziale ha determinato un processo di autoformazione al quale, con suggerimenti, proposte, studi e critiche, talvolta severe, hanno collaborato tutti i suoi componenti. E, siccome non è mai mancato il desiderio di migliorare, la volontà di trovare credibilità nella Parrocchia, la fiducia nella

63 propria esistenza come CPP, dobbiamo riconoscere che questo travaglio interno ha dato i suoi frutti e che tutti noi, suoi membri, siamo maturati e cresciuti» (bollettino parrocchiale - aprile 1975). Il 29 giugno in una cerimonia tenutasi in P.za S.Pietro a Roma, il diacono Giovanni Pagani che era vissuto in comunione con la comunità di S. Vito per un anno intero, ricevette dalle mani del Santo Padre, unitamente ad altri diaconi, la ordinazione sacerdotale. Lascerà la Parrocchia destinato dal Cardinale ad altri servizi nella Chiesa. A novembre si decide la revisione del grande organo che ha accompagnato momenti lieti e tristi della vita della comunità, e che da più di sette anni non è stato revisionato: spesa prevista lire due milioni. Appena terminata la riparazione del tetto della chiesa nella parte absidale per infiltrazioni d'acqua, altre spese incombono: le abitazioni dei sacerdoti e il luogo delle adunanze. Costruiti in tempo di economia, ora denunciano già il loro invecchiamento. Il 1976 è l'anno nel quale la comunità parrocchiale è richiamata ad un impegno di approfondimento e ad una ricerca di applicazione esistenziale sul tema: “Evangelizzazione e sacramento del matrimonio”. Il tema sarà ricorrente per tutto l'anno attraverso incontri di catechesi, di riflessioni e di dibattiti. Il consultorio Decanale, voluto, auspicato, e la cui direzione è affidata a don Ezio Pirotta, già funzionante dal 1 dicembre 1975 presso la Parrocchia di S. Benedetto, il 6 gennaio 1976 vede la presenza del Vicario Episcopale Mons. Libero Tresoldi per la benedizione dei locali. Una équipe di esperti è a disposizione per ogni evenienza in campo di consulenza medico psicologico e ginecologico, sociale, giuridico, morale, ecc. con prestazioni gratuite per gli utenti. “Lo scopo della sacra liturgia non è tanto di cambiare i riti e i testi liturgici, quanto piuttosto di suscitare la formazione dei fedeli...” (Istr. Inter. Oecumenici 5-6), e proprio per favorire un maggior approfondimento dei Sacramenti della Comunione e Cresima, ad aprile non verranno impartiti ai ragazzi questi due Sacramenti, ma saranno posticipati ad una maggiore età. In un solenne raduno di tutti gli oratori milanesi che si tenne ad ottobre, l'Oratorio maschile ricevette il “Trofeo di Oratorio leader” come riconoscimento per l'attività svolta, non solo sportiva, ma soprattutto formativa ed organizzativa. Fu un riconoscimento inaspettato, ma estremamente indicativo che riempiva di giusto orgoglio e che servì da ringraziamento per quanti vi lavoravano con dedizione ed entusiasmo, di stimolo per tutti a migliorare quello che già si faceva, e ad interessarsi dell'Oratorio come centro di tutta la vita parrocchiale. «Anche se gli ultimi anni sono stati di sofferenze continue, di dolori articolari acuti, di cento altre complicazioni, non ce l'aspettavamo così improvvisa! La volontà di ripresa, l'energia di chi da bambino ha sempre saputo lavorare con impegno e con puntuale attenzione ci facevano credere il nostro Angioletto una parte insopprimibile della nostra viva comunità.

64 Ma il Signore, nei suoi disegni di amore, che contemplano la gioia eterna per i suoi figli come bene supremo di ogni vita, lo ha voluto chiamare a sé in questo ottobre della Madonna del Rosario. Al seguito di don Carlo Galli, Alberto Mauri - per tutti noi: l'Angioletto - visse, patì e gioì tutte le vicende di nascita e di sviluppo della nostra Parrocchia. Sacrestano solerte, preciso, innamorato e un po' geloso della sua “giésa”, dall'occhio attento a tutto, dalle braccia pronte ad ogni fatica, brontolone con chi gli sporcava il pavimento dopo la pulizia quotidiana, o non rispettava la casa del Signore, per quasi quarant'anni ha servito con dedizione e disinteresse il suo Signore nella casa di tutti, e quindi la comunità cristiana del Giambellino» (bollettino parrocchiale - novembre 1976). A ottobre, ad arricchire la comunità dei sacerdoti venne don Renato Rebuzzini; sarà particolarmente attento alle problematiche dei giovani e della droga. A lui sarà affidato l'Oratorio e la Caritas. La Parrocchia poteva contare così sulla presenza di cinque sacerdoti. Con gennaio 1977 il bollettino parrocchiale cambia veste tipografica e nome, diventa “L'Eco del Giambellino”. Non indossa certo la pelliccia o l'abito da sera, ma il vestito semplice, sebbene dignitoso, di colui che deve entrare in tutte le famiglie, che deve incontrarsi con tutti i fedeli per portare la voce della Parrocchia e le informazioni sulla vita della comunità: «Anno nuovo, vita nuova! Quante volte ciascheduno di noi ha ripetuto questa frase e si è fatto un programma di buoni propositi i quali, nonostante la ferma intenzione di essere mantenuti, sono magari miseramente naufragati dopo poco tempo. Questo non deve avvenire per il bollettino. Abbiamo deciso di intraprendere una strada nuova, la strada della gestione “in proprio”;abbiamo deciso di avere un bollettino tutto nostro, fatto da noi e stampato da noi, staccato da altri organi di stampa che avevano scarso aggancio con la vita parrocchiale». E per rendere edotta la comunità e coinvolgerla anche sui problemi socio- politici del quartiere, il bollettino si arricchisce di una nuova rubrica: “ZONA 17”, che riporta le notizie più salienti sull'attività delle varie commissioni operanti nel Consiglio di Zona. Parecchi sono i giovani che “circondano” la Parrocchia, tanti sono quelli che la frequentano saltuariamente: per meglio conoscere il problema, la Commissione Giovanile si è impegnata, mediante un questionario-inchiesta distribuito durante le S. Messe della domenica, ad uno studio approfondito sulla partecipazione dei giovani e ragazzi alle varie attività: «Con ciò ci auguriamo di conoscere meglio i desideri di tutti i giovani della nostra Parrocchia cercando di capire e comprendere quelli che già frequentano i singoli oratori, i gruppi di biennio e triennio, di assistenza ed i lettori. Invitiamo anche gli altri a farsi conoscere meglio, per meglio dialogare!».

Con una lettera del 15 aprile 1977, S. E. il Cardinale Giovanni Colombo dava comunicazione alla comunità di S. Vito della sua prossima visita pastorale:

65 “Dilettissimi figli, L'Arcivescovo viene a salutarvi. Nel mettermi in viaggio verso di voi, mi illumina il cammino l'esempio del Signore Gesù che, per salvarci, valicando con la sua carità ogni distanza, ci ha visitati scendendo dal cielo su questa terra; mi guidano le venerate orme degli Arcivescovi miei predecessori; mi sospinge la legge della Santa Chiesa che pone la visita pastorale tra i primi doveri del Vescovo. Consapevole della mia debolezza e persuaso dei gravi impegni che questa peregrinazione attraverso la Diocesi tutta comporta, ripongo la mia fiducia nell'aiuto di Dio, nella intercessione della Madonna, nell'assistenza degli Angeli e dei nostri Santi protettori Ambrogio e Carlo. Vengo a voi con l'animo pieno di paterno affetto, di null'altro desideroso che del vostro bene spirituale. Vi reco la luce della verità eterna e la gioia della vita divina. Pregheremo insieme per i nostri bisogni, per la nostra salvezza e per la pace dei nostri cari morti. Accogliete il vostro Pastore con sincera fede. Ricordatevi che la visita pastorale è una grazia celeste e da parte vostra richiede riflessione, preghiera e una degna partecipazione ai Santi Sacramenti. Sarò nella vostra Parrocchia nei giorni 4 e 5 giugno. Affinché alla visita pastorale corrispondano frutti di vita cristiana, mi faccio precedere da una paterna benedizione, che estendo su ciascuna famiglia e specialmente sui bambini e gli ammalati. Giovanni Colombo Cardinale Arcivescovo” . «La vostra Parrocchia di S. Vito al Giambellino è una comunità enorme: se l'ideale per una Parrocchia è di avere diecimila anime, voi dovreste essere almeno tre parrocchie per poter lievitare col Vangelo tutta questa massa. Ma il Signore non ci ha detto che saremo un grande numero: ci ha parlato sempre di piccolo gregge, di pugno di lievito, di scintilla di luce: non importa se siete pochi, purché siate talmente convinti della vostra identità e missione da poter fermentare gli altri. Una fede cristiana individualista e intimista non è secondo il Vangelo, perché la fede è partecipazione alla vita di Gesù, il quale è venuto tra noi per essere missionario. Se voi avete questa carica missionaria, io dico che la vostra Parrocchia è viva e a poco a poco in una maniera che sfugge alla nostra sperimentazione, perché non tutte le opere di Dio sono a noi note, questa enorme massa di abitanti sarà toccata dalla fede» (dal discorso del Cardinale al CPP ed alle catechiste).

66 Foto 11 - Come espressione di questa carica missionaria ecco P. Roberto Spaggiari del PIME che è partito dal Giambellino per la Guinea Bissau.

A maggio la comunità di S. Vito si stringe attorno a don Felice, don Mario e don Renato che ricordano il decimo anniversario della loro ordinazione sacerdotale. Cinema - fine di un illusione. Dopo il tentativo di organizzare un cinema “d'essai” per le difficoltà incontrate per una gestione “normale” della sala (difficoltà di reperimento pellicole, carattere impositivo dei contratti con le case di noleggio, obblighi di programmazione di film non desiderati, mancanza di film decenti sul mercato, ecc.), seppure con rammarico, la sala parrocchiale chiude i battenti: «Rinunciamo a fare spettacoli in assoluto? Non è una dichiarazione di incapacità? Chissà che la chiusura della sala non faccia spuntare un gruppo di persone che capiscano davvero cosa vuol dire “fare cultura sul serio” e che si buttino alla ricerca di una soluzione, che comunque facciano della sala parrocchiale un punto di incontro, di scambio di idee, di divertimento, non legate solo alla passività del mezzo cinematografico». Da gennaio 1978, una nuova cappellina ricavata dalla vecchia sacristia, sostituirà la chiesa troppo grande e fredda, per la celebrazione delle S.

67 Messe feriali, le adorazioni, i momenti di preghiera individuale. Verrà approntata con l'aiuto del sacrestano, Ivano, di tante brave signore che hanno raccolto i fondi necessari per l'adattamento (per non pesare sulla cassa parrocchiale già esausta), da una famiglia benefattrice che ha donato i paramenti, e dai papà dell'Oratorio che hanno trasportato mobili e suppellettili. A luglio don Luciano Zanetti lascia la Parrocchia di S. Vito per un nuovo incarico: sarà Parroco alla chiesa di S. Adele di Buccinasco: «Non un addio ma una constatazione: ancora insieme in campi diversi, per la stessa passione! Dieci anni trascorsi insieme: un lungo passo del cammino del popolo di Dio, di questo popolo di Dio che è nel Giambellino... Ringraziare don Luciano per questi dieci anni? E ' giusto, perché il legame umano di amicizia con tanta gente del Giambellino e la constatazione di avere tanto ricevuto ne fanno nascere il bisogno. Ma soprattutto ringraziare il Signore di questi doni vivi di veri sacerdoti, e chiedere a Lui di essergli sempre vicino con la sua Grazia nel nuovo ministero. Per la Sua maggior gloria» (don Ezio). A settembre, dietro espresso invito del Cardinale Giovanni Colombo, don Mario lascia la Parrocchia di S. Vito per sostituire un sacerdote in partenza per la missione in Africa: svolgerà il suo ministero alla Parrocchia di S. Gregorio Magno: «Ringrazio ancora una volta quanti mi hanno aiutato in questi anni. Chiedo scusa a quanti sono rimasti delusi o insoddisfatti. Spero di aver seminato abbondantemente... i frutti non tocca a me raccoglierli. Certamente parto con un bagaglio ricco di esperienze: le cose buone le ripeterò, le meno buone le correggerò. Inutile dirvi che vi ricorderò e farò una preghiera per tutti». A sostituirlo arriva don Danilo Muzzin. A lui sarà affidata la conduzione dell'Oratorio maschile e del gruppo giovanile. Nel Consiglio Pastorale parrocchiale del 6 novembre vengono riproposte due iniziative, già approvate in precedenza, e proposta una terza (il centro culturale): - scuola Caritas - a livello Decanale ed articolata in un ciclo di 10 lezioni; - comunità alloggio per drogati - ubicata nei locali della casa di don Renato; è una comunità che collabora con “Comunità Nuova” di don Gino Rigoldi; - centro culturale - con funzione di inventariare la realtà culturale già esistente in Parrocchia, di coordinarla, eventualmente pubblicizzarla, e dare sussidi per permettere una lettura cristiana dei fatti e non giudicarli solo attraverso i mass-media. Nel 1979 una ventata d'aria nuova cerca di scuotere i parrocchiani di S. Vito: nasce il “Gruppo di Volontariato Anziani”: giovani volonterosi che, sotto la spinta infaticabile di don Renato Rebuzzini, intendono portare amicizia e aiuto agli anziani più soli della comunità. Prendono avvio, anche se con qualche difficoltà, i “Centri d'Ascolto”: un nuovo modo per evangelizzare una Parrocchia che si era enormemente ingrandita: «Sono le ore otto di sera. Ho appena finito di ingollare un po' di

68 cibo, dopo tre ore di consultorio e mi accingo ad uscire per la benedizione delle famiglie. Più tardi mi aspetta la Commissione Zonale di Assistenza. Squilla il telefono. E' il Parroco di Basiglio: “Ho sentito che cerchi un bravo sacrestano. Io avrei un bravo giovane...”. Che sia la manna che arriva finalmente dal cielo? E' tanto difficile in questo mondo di disoccupati, trovare un sacrestano anche di terza categoria! Mi informo. E naturalmente il mio interlocutore si informa anche lui per sapere quanto lavoro c'è per la nuova recluta: “E quante anime ha la tua Parrocchia?” “Credo sui 45.000/50.000..., so solo che sono 13.400 famiglie...”. Silenzio allibito dall'altra. Poi lo sbotto: “Ma' me te fee? Io ho quattrocento parrocchiani... Ma tu riesci a dormire?”» (da Avvenire del 26.11.78). «I “Centri di Ascolto”: un sogno? Può darsi, ma ci sembra una via da percorrere con la buona volontà di tutti. La gente esce con difficoltà di casa la sera: lo constatano anche i pubblici esercizi o i vari organismi comunitari che programmano incontri serali. Ci sono poi gli anziani, le casalinghe, la gente che lavora e che esce malvolentieri di casa. E noi siamo andati in casa loro! Infatti dopo una breve preparazione metodologica di animazione di gruppo per i conduttori, in gennaio cominceranno a funzionare otto centri di ascolto in altrettanti caseggiati della Parrocchia. Cosa sono: i centri di ascolto sono costituiti da un gruppo di persone che abitano nello stesso caseggiato e che si riuniscono in una sera concordata, una volta alla settimana o ogni quindici giorni, nell'appartamento del conduttore o di un altro coinquilino per ascoltare una breve lezione di catechesi (quindici minuti di ascolto) e discuterla assieme» (bollettino parrocchiale - gennaio 1979). A gennaio in Parrocchia arriva un nuovo coadiutore “part-time” Don Pietro Galli, sacerdote diocesano che ha dedicato la sua vita all'insegnamento della religione nelle scuole ed è stato cappellano delle suore Orsoline di via Vetere; ha chiesto di svolgere un lavoro pastorale in S. Vito. E' presente in Parrocchia dalle 16 alle 19 e alla domenica mattina, seguirà pastoralmente i numerosi ammalati, sarà presente per le Confessioni e avrà cura dell'ufficio parrocchiale. A febbraio inizia la “Scuola Decanale Caritas”, pensata e voluta dalla Commissione Decanale di Assistenza di cui don Renato è il responsabile. Si terrà presso l'istituto Padre Monti in P.za Frattini. Gli obiettivi: - acquistare una competenza sempre più specifica nell'affrontare i problemi che l'assistenza pone, ed acquisire quegli strumenti di ricerca dei bisogni e delle risorse che il territorio offre, proprio perché l'intervento caritativo sia sempre più incisivo; - porre la comunità cristiana in maniera unitaria di fronte alla comunità civile, non in contrapposizione né tanto meno in concorrenza, ma con una propria identità precisa; - aprire nuovi campi di azione e di intervento, possibilmente coinvolgendo persone nuove con idee nuove.

69 Nella continua ricerca di impostare una catechesi efficace, la Commissione Evangelizzazione, sempre a febbraio, lancia un'inchiesta sulla catechesi per gli adulti fra tutti i frequentanti le Messe domenicali, distribuendo i relativi questionari: 900 schede distribuite, rese 252. A maggio iniziano i lavori per il rifacimento delle facciate delle case parrocchiali e della chiesa: - scrostatura dei muri e loro stabilizzazione; - intonacatura degli stessi e graffiatura; - copertura con materiale plastico graffiato del colore voluto; - durante i lavori sorge la necessità di completare l'opera (non prevista nella progettazione), per garantire la durata nel tempo, nel modo più sicuro possibile, del lavoro fatto; - demolizione e rifacimento di parte dei marciapiedi antistanti le facciate con una scaletta decente che permetta l'accesso ai cancelletti anche quando il brutto tempo rende scivoloso l'asfalto; - zoccolatura in travertino lungo il perimetro delle costruzioni onde evitare danni di infiltrazioni d'acqua e umidità; - ispezione dei canali di scarico con otturazione di crepe ed una pennellata con cemento elastico e la posa di converse di rame sulla facciata della chiesa per protezione dalle intemperie; - aggiustamento e verniciatura degli infissi, specie delle porte; - ripristino del box per la vendita della stampa, adibito a deposito di carta. La fiducia nella Divina Provvidenza e nella generosità dei parrocchiani non venne meno: «Dobbiamo sottolineare il contributo di tante persone che, nella loro modestia dimostrano una attenzione, un amore alla comunità con la loro offerta: sono parecchie le pensionate che portano il loro metro quadrato, tante famiglie che si tassano pro-capite - compreso i bambini che rinunciano a parte della loro mancia della domenica - per i loro metri quadrati... Questi gesti ci confortano e ci incoraggiano più che la cifra, per il loro contenuto di partecipazione e di coscienza di un'appartenenza al di là di tutti i dubbi che spesso contestazioni strumentali possono far sorgere» (la Commissione Finanziaria). A novembre parte una nuova iniziativa patrocinata dal gruppo donne e dal movimento terza età, per quanti non possono uscire alla sera, sia per l’età che per impegni familiari: un corso di catechesi pomeridiano. Tale corso è aperto a tutti i parrocchiani che volessero parteciparvi. L'anno chiude con un'ulteriore novità: il doposcuola. Rispetto ad esperienze simili svoltesi precedentemente, il nuovo doposcuola nasce con la volontà di dare effettiva sistematicità al lavoro didattico- educativo, volontà che prende corpo ed acquisisce concrete prospettive di attuazione attraverso la presenza costante di due obiettori in servizio civile delegati dalla Caritas Decanale, che saranno affiancati da un considerevole numero di scout e di volontari della Parrocchia. Il doposcuola non si rivolge a tutti i ragazzi delle medie che necessitano di aiuto nel normale e quotidiano svolgimento dei compiti scolastici, ma solo a coloro che non hanno la possibilità di essere seguiti in famiglia e che, più in generale, non hanno significativi e stimolanti ambiti di convivenza e di

70 aggregazione. Sono ragazzi che in modo particolare vivono situazioni di disadattamento ed emarginazione giovanile. La Commissione Finanziaria prima e il Consiglio Pastorale poi, dopo aver valutato i pro e i contro, dopo aver visto il piano finanziario, nel gennaio del 1980 danno la loro approvazione per l'affitto, almeno per un anno di esperienza, dell'albergo “Villa Flora” a Druogno, in Val Vigezzo. Il funzionamento dell'albergo è stato studiato in modo che, accanto a un cast di gestione amministrativa generale, ciascun gruppo che usufruirà dell'ospitalità (Oratorio, Commissione Assistenza, gruppi famiglie, gruppi giovanili, scout) gestisca in proprio il suo periodo d'uso (organizzazione, cucina, pulizia, funzionamento servizi, finanziamento relativo). A marzo, presso la casa parrocchiale, viene allestito un servizio ambulatoriale, per iniezioni intramuscolari. Il servizio è rivolto in maniera particolare a persone anziane non abbienti. Continua frattanto un'altra esperienza, dopo anni di silenzio: quella del teatro. Iniziata da un gruppo di adolescenti con la messa in scena di una commedia brillante il giorno di carnevale del 1979, proseguita con il carnevale del 1980, è diventata sempre più impegnata con una commedia in dialetto milanese “Piccolo mondo in portineria”. La scelta non era casuale. L'intento, come dice il titolo, voleva essere quello di far riscoprire la vita comunitaria di un piccolo mondo, a cominciare dal proprio caseggiato: così come si faceva una volta nelle case di ringhiera. Il consuntivo dei primi sei mesi dell'anno fu stupefacente: «In totale sono venuti a vederci più di duemila persone. Indubbiamente duemila spettatori sono uno stimolo per noi ad andare avanti, dando sempre il meglio di noi stessi e offrendo al pubblico spettacoli sempre più significativi». Anche il centro culturale, ormai avviato da tempo, sollecitava la comunità con dibattiti e conferenze sui tempi più svariati. Giunse il tempo di prova per l'albergo di Druogno: «Già una cinquantina di ragazzi hanno passato quattro giorni a testa nella Villa Flora e un bel gruppo della nostra “Terza età” a metà giugno ha visitato, ammirato, commentato e invidiato quelli che nella villa ci passeranno parte dell'estate o dell'inverno... ma l'impatto vero sarà a fine mese con i ragazzi del doposcuola e i loro educatori e don Renato: lì si vivrà insieme una settimana intera, caldo o freddo che faccia. Subito dopo don Felice porterà un cinquantina di ragazze per il campo scuola - secondo uno stile già collaudato negli scorsi anni - e dal 15 al 25 luglio don Danilo con i ragazzi lo seguirà. Dopo due giorni di riordino e di adattamento dei locali e delle attrezzature, il 28 luglio arriverà il primo contingente di anziani più giovani - signorine - infermiera - prete - suore - donne al seguito ed al servizio. Qui si collauderà sul serio l'efficienza dell'albergo e dei suoi conduttori» (bollettino parrocchiale - luglio/agosto 1980). Nel mese di novembre, nei locali della Parrocchia prese avvio la “Scuola Decanale catechisti”: nasceva dalla coscienza delle sei parrocchie che compongono il Decanato Giambellino di doversi impegnare a preparare dei laici competenti e catechisti validi per le diverse categorie di persone: fanciulli, preadolescenti, adolescenti, giovani, fidanzati e adulti.

71 «Don Pietro Galli, il 7 marzo 1981 ritornava per il suo ultimo viaggio e per ricevere l'estremo saluto da parte dei suoi cari, degli amici, dei confratelli sacerdoti, a Due Cossati, il paesino della montagna luinese, dove era nato nel 1916... In prossimità del pensionamento viene da me, suo compagno di studi per chiedere di poter dare parte del proprio tempo ad una attività pastorale che lo immettesse nella vita parrocchiale. Così i tre ultimi anni della sua vita, li dedica con una fedeltà e con un entusiasmo giovanili in S. Vito agli ammalati, alla costante presenza nel confessionale, alla cordialità del lavoro di ufficio. In febbraio di quest'anno si sottopone ad un intervento chirurgico, felicemente riuscito e si ritira presso le suore del Santuario di Rapallo per un periodo di riposo. Ma una flebite e un'embolia notturna lo richiamano prematuramente alla Casa del Padre. Resta nel ricordo di tanti ammalati da lui amorosamente assistiti, di tanti fedeli consigliati in confessionale, l'esempio di fedeltà e di costanza dato a tutti. La nostra preghiera gli affretti il premio di un sacerdozio vissuto con fede e generosità» (don Ezio). Nel 1981 il gruppo missionario lanciò una proposta provocatoria alla comunità: «Domenica 29 marzo celebreremo la “Giornata per i nostri Missionari”. Sul piazzale della chiesa verrà offerto un sacchettino, che corrisponde ad una razione giornaliera di cibo per innumerevoli uomini, donne e bambini del Terzo Mondo (abbiamo tralasciato gli anziani che sono pochi: muoiono prima per denutrizione). Prendiamo un sacchettino per ogni componente della nostra famiglia, e impegniamoci, per il venerdì successivo, a fare la cena solo con quel riso. I soldi corrispondenti al pasto saltato li invieremo ai fratelli del Terzo Mondo». E' una proposta che troverà applicazione anche per gli anni successivi e che tutt'oggi continua. Nel 1982 gli oratori si fondono e diventano un Oratorio solo: «Facciamo riferimento al rodaggio di una nuova modalità di presenza educativa nel mondo giovanile, attraverso la Parrocchia. Fino allo scorso anno due oratori separati anche se intercomunicanti. Da quest'anno un Oratorio solo, che utilizza gli spazi di tutti e due, con gruppi unici di coetanei, non più divisi per sesso» (bollettino parrocchiale - giugno 1982). Il 1983 fu l'anno del congresso Eucaristico Nazionale tenutosi a Milano. “L'Eucarestia riscoperta, riconosciuta e vissuta come centrodella comunità e della missione”, sia per il singolo che per le comunità parrocchiali: questo era l'obiettivo del piano pastorale delle diocesi italiane, ma tale tema, si può dire, s'innestava perfettamente nel cammino del “popolo di Dio” di S. Vito: - 1972-1975, mentre si approfondivano motivi e modi di vivere la comunità, si adottava il piano della CEI “Evangelizzazione e Sacramenti”, curando il problema della catechesi a tutti i livelli, ma in modo particolare per i vari Sacramenti della iniziazione cristiana: quello delle innovazioni liturgiche con un lavoro più attento alla introduzione della Messa in italiano, e quello della partecipazione alla vita della zona, con una presenza fattiva;

72 - 1975-1976 e negli anni seguenti, fu oggetto di studio e di applicazioni il sempre presente problema della pastorale giovanile; - 1977-1979, fu presa in considerazione la problematica di una chiesa “visibile” e quindi della missionarietà del cristiano, dando forma a tre piani pastorali successivi, sui temi “Chiesa e quartiere”, “Chiesa e missione”, “La famiglia cristiana si apre alla missione”, con un moltiplicarsi di ripensamenti e di iniziative nel campo caritativo e missionario in particolare, che hanno stimolato tutta la comunità ad una vera testimonianza evangelica di partecipazione e condivisione. «Motivazioni, stimoli, proposte e inviti, che non sempre hanno trovato corrispondenza, che qualche volta sono caduti nel vuoto e si sono dispersi in fretta dopo il primo entusiasmo anche per le dimensioni e la estrema varietà delle componenti sociali e culturali della zona e della nostra stessa comunità. Ma che possiamo dire - a ragion veduta - hanno anche saputo, sia pure lentamente, segnare un cammino progressivo di idee, di stile e di organizzazione. Proprio al rilievo del bisogno di un approfondimento qualitativo del nostro essere comunità, sgorgava lo scorso anno anche la necessità di una riflessione e di una verifica sia personale che dei vari organismi parrocchiali sul tema: “Rinnovare il senso della speranza cristiana e quello di una reale appartenenza a questa chiesa”, in sintonia, del resto, con le indicazioni del nostro nuovo Arcivescovo e quello del piano pastorale della CEI per gli anni '80: “Comunione e Comunità”. Ed è in quest'ultima prospettiva che ben s'introduce il piano pastorale parrocchiale di quest'anno: il bisogno di capire, di verificare e di vivere con più coscienza e con più gioia la unità di un cammino comune, che pure si manifesta in una pluralità di modi e di proposte; e il senso dell'appartenenza all'unica Chiesa di Cristo che cerca di attualizzare il Vangelo tra la gente del Giambellino, deve trovare nell'Eucarestia vissuta nella comunione con Dio e tra i fratelli, il riferimento costante e il centro propulsore per ogni attività fatta e per ogni sforzo di ascesi personale e di crescita comunitaria» (bollettino parrocchiale - settembre 1982). Il 1° aprile don Felice Carnaghi lasciava la Parrocchia di S. Vito per assumere il nuovo incarico di Parroco a Legnano. A don Felice il ringraziamento di tutta la comunità per il lavoro svolto e l’augurio di abbondanti frutti nel suo nuovo ministero pastorale. A maggio, su iniziativa del gruppo di volontariato anziani, nasce la “Comunità Anziani”. Troverà una sua collocazione presso alcuni locali messi a disposizione dalla Parrocchia. «Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza per noi una rovina, ma essi riposano nella pace» (Sap 3, 2-3). Il 19 maggio 1984 moriva improvvisamente il padre della comunità di S. Vito: don Ezio Pirotta. “Un prete che ha corso per il suo Dio”, così lo ha definito don Luigi Manganini ricordando la sua figura sul bollettino parrocchiale di giugno: «Osservavo durante il funerale, la sua bara stesa a terra e mi venne

73 spontaneo accostare questa immagine a quella della sua persona in continuo e qualche volta fragoroso movimento. Quale forza misteriosa aveva potuto fermare quest’uomo che nessuna difficoltà e neppure la incerta salute degli ultimi tempi aveva potuto arrestare? Solo Dio “il Padre Eterno” come lui soleva dire per il quale ha vissuto dinamicamente per tutta la vita, solo Lui poteva dirgli: “Concludi la tua corsa ed entra nel mio riposo”. Questo milanese tutto d’un pezzo, questo autentico prete ambrosiano correva per il suo Dio perché a Lui si era pienamente abbandonato... Non era una fede a basso prezzo: era consapevole che credere significava mettere nelle mani di Dio la propria persona e la propria storia per cui, oltre la gioia, ha conosciuto anche la fatica della fede...Ma quel Dio che dinamizzava il suo carattere, già dinamico per natura, ha dato tutto sé stesso. Con una fedeltà non ripetitiva, ma creativa... Quanto desiderava trasmettere il fuoco che gli bruciava dentro, soprattutto mediante la predicazione, per formare cristiani adulti e consapevoli! Il tema dei cristiani che sono tali solo la domenica ricorreva spesso nelle sue omelie: il richiamo non era solo ad una coerenza personale, ma anche ecclesiale e sociale fino... a pagare le tasse. Solo il Signore conoscerà di quante persone egli sia stato il formatore di coscienze dinamiche e coerenti. Solo il Signore conoscerà le sue sofferenze di fronte alle resistenze dei cristiani e alla indifferenza dei lontani, soprattutto in una grossa Parrocchia come la sua. Un uomo allegro come lui, è stato uno che ha sofferto molto. Da prete! Nel senso che non si distinguevano molto in lui le sofferenze di fronte alle resistenze inerenti al suo ministero e quelle cagionate dalla sua salute. Un tutt’uno. Reciprocamente concatenate. Ma aveva il pudore per le sue sofferenze; sapeva scherzarci sopra e non farle mai pesare sugli altri. Nonostante le sofferenze non voleva mai fermarsi, non si fermò quando forse era necessario e così in piena corsa si è incontrato con il suo Dio cui aveva dato tutto sé stesso. Penso di aver detto poco e male di lui. Voglio però terminare con un’altra immagine: quella di don Ezio che prega. Ricordo ancora l’inizio delle giornate a S. Vito: i preti dicevano le Lodi insieme. Era una cosa rara a quei tempi. Pregava e correva... correva e pregava! Ora nel dinamismo della Trinità egli fa tutte e due le cose insieme e per sempre. Così la sua persona ora in Dio si è completamente compiuta, rimanendo sempre lui, il don Ezio che tutti abbiamo conosciuto». Il suo testamento Spirituale: «Avrò da vedermela con l’infinita misericordia e la giustizia del Padre, in cui credo e ho sempre creduto come ad un Amore (l’Amore!) che mi ha regalato la vita, i genitori,questi amici, il sacerdozio, dolori e gioie - e la mia vita è stata tutta una vita gioiosa - tanta gente stupenda, dai miei giovani della Riva, ai miei coadiutori, ai miei parrocchiani, agli amici, tanti amori e tutti doni della vita mia e del mondo. Davvero è il Signore della storia!

74 Vorrei che quanti mi hanno conosciuto perdonassero i miei difetti, la mia pigrizia, il mio egoismo e mi ricordassero per questo continuo stupore e questo continua riconoscenza del vivere da Lui donato in ogni piccola cosa. Siccome di fesserie - anche coscienti e volute - ne ho fatte tantissime, chiedo a tutti di avere compassione di me e di pregare, pregare, pregare perché Dio e la Chiesa mi perdonino e mi permettano di amarLo subito ex facie per tutta l’eternità con quanti mihanno preceduto nel Regno. Arrivederci in Paradiso». Adesso tutta la comunità di S. Vito si sentiva sinceramente orfana, e il canto sommesso e commosso che si levò dalle labbra sabato sera, dopo il Rosario, il pianto sincero di tanta, tanta gente, la Chiesa, il suo piazzale strapieni il giorno del funerale, sono stati la manifestazione visibile del dolore di tutta la comunità. Nel pomeriggio del 20 maggio la salma di don Ezio veniva traslata ad Invorio, nella chiesa che ha visto nascere la sua vocazione sacerdotale, e per un ultimo saluto, posto ai piedi dell’altare sul quale aveva celebrato la sua prima S. Messa. Ora riposa nel piccolo cimitero dello stesso paese, vicino ai suoi cari che ha raggiunto nella Luce di Dio. Ma la Parrocchia non poteva restare senza un suo pastore molto a lungo. Tutte le attività impostate da don Carlo Galli prima, portate avanti e sviluppate poi da don Ezio Pirotta, dovevano continuare. Inviato da S. E. il Cardinale Carlo Maria Martini, il nuovo Parroco don Ezio Orsini, con molta umiltà “bussò alla porta di S. Vito”:.

Foto 12 - Inviato da S.E. il Cardinal Carlo Maria Martini, il nuovo parroco don Ezio Orsini, con molta umiltà "bussò alla porta di S. Vito

75 «E’ difficile esporre, specie per iscritto, i sentimenti che prendono un sacerdote quando inizia il ministero di Parroco in una nuova Parrocchia. Timore reverenziale, desiderio di dare il massimo possibile, dubbi sulle proprie capacità, bisogno di conoscenze più approfondite, ecc. si accavallano nell’animo e prendono il sopravvento ora l’uno ora l’altro. Quello che chiedo è che mi permettiate, in questi primi tempi, è di tenermeli questi sentimenti, aiutandomi con la vostra comprensione a dare più spazio a quelli positivi. Per ora mi sento di precisare alcune cose appena, riservandomi di sviluppare il mio pensiero nei prossimi mesi 1) La mia venuta a S. Vito è frutto solo di obbedienza all’Arcivescovo, il quale ha espresso con molta chiarezza la sua volontà di darmi questo incarico, senza lasciarmi nemmeno un’ora di tempo per dire il mio sì. Vi confesso che questo è l’elemento che dal primo giorno mi ha dato una grande carica di serenità, in quanto sono persuaso che obbedendo non si sbaglia mai. 2) Il sentimento che più mi ha occupato in questo mese da che abito tra voi è la memoria del carissimo don Ezio Pirotta, mio compagno di studi dal 1942 e intimo amico. Non posso non pensare alla sua intelligenza, alla sua carica umana e alla sua inventiva pastorale, che io non potrò certamente ricopiare, primo perché ognuno è costruito a modo suo, secondo perché le sue erano davvero doti eccezionali. Mi aiuti lui ora a camminare nella sua linea. 3) In questi mesi non farò programmi pastorali di rilievo, ma mi preoccuperò di fare soltanto una cosa: di amarvi a fondo. E già sento di volervi bene per quello che avete e avrete bisogno di me come sacerdote. A voi però chiedo di aiutarmi ad essere meglio prete. 4) Chiedo a tutti coloro che, in un campo o in un altro, in una misura o nell’altra, hanno dato finora la collaborazione in Parrocchia di continuare a lavorare senza stanchezze e pregiudizi, perché la ricchezza di fede e di carità che ho trovato in S. Vito non deve assolutamente affievolirsi. Questo è il poco (ma è anche tanto...) che mi sento di dirvi in questi primi giorni. Forse ho tralasciato di dirvi che prego per voi, ma questo per un Parroco è tanto ovvio che non è il caso di dirlo. Piuttosto anche voi pregate per me perché il compito di essere prete, in una Parrocchia di città, e per di più popolosa come questa, non è né facile né leggero. Il Signore, per l’intercessione del martire Vito, vi dia la sua benedizione» (Sac. Ezio Orsini - settembre 1984). Il primo incontro del nuovo Parroco fu con il Consiglio Pastorale e con tutte le varie realtà operanti in Parrocchia, al fine di essere edotto sull’attività delle varie commissioni. Nel 1985 ricorreva il 450simo anniversario di erezione della “Compagnia di S. Angela Merici”, fondatrice delle suore Orsoline. La comunità si strinse attorno a loro con la preghiera ed il ringraziamento per la collaborazione, il lavoro svolto e per quello che ancora svolgeva con tanta dedizione in Parrocchia. Don Ezio, a febbraio lanciò una nuova proposta per la raccolta di fondi “Le Decime”: «Le decime sono il modo più concreto e nello stesso tempo più dignitoso per partecipare agli impegni finanziari della comunità. Consistono in

76 una forma di autotassazione che liberamente ognuno si accolla, prescindendo dal fatto che si stia facendo un grosso lavoro in Parrocchia o meno». In data 1° giugno il Cardinale Arcivescovo nominava don Enzo Giudici coadiutore della Parrocchia in sostituzione di don Felice Carnaghi: «Così quando ormai disperavamo di avere questo dono, data la forte scarsità di clero, ora la nostra famiglia sacerdotale è ritornata al completo, pronta ad affrontare il grosso lavoro che una Parrocchia come la nostra presenta. A don Enzo auguriamo di saper portare qui quella carica di entusiasmo e di freschezza propria della sua giovane età, per arricchire col suo dono sacerdotale la nostra comunità». Il 31 maggio anche Padre Giovanni Gambolò della Congregazione dei figli dell’Immacolata Concezione raggiunse la Casa del Padre e si unì a mons. Carlo Galli e a don Ezio Pirotta: «E’ arrivato all’Istituto Padre Monti come cappellano della comunità il 19 gennaio 1946. L’orfanotrofio era allora alla periferia di Milano nella zona del Giambellino - Lorenteggio; ancora non c’erano le parrocchie e il servizio pastorale di oggi. L’istituto aveva una cappella dedicata a S. Giuseppe sulla via Vespri Siciliani. Ma ben presto non bastava a contenere i fedeli che frequentavano le Messe di Padre Giovanni. Finalmente dopo molte attese e speranze il sogno di una chiesa grande venne realizzato nel 1963 con l’attuale chiesa dedicata all’Immacolata, che guarda su P.za Frattini... La sua gente è colpita da questa morte e accorre per vederlo e per dargli l’ultimo saluto. Tutti sono d’accordo nel dare testimonianza del bene che ha fatto per tutti, specialmente per i poveri del Giambellino, molti piangono e dicono: “Ci è stato veramente un Padre!”. I suoi funerali sono semplici, come lui desiderava, anzi lui avrebbe voluto che la sua morte fosse conosciuta tre giorni dopo la sua sepoltura. I confratelli, i sacerdoti, gli amici, i parenti, molta gente di ogni ceto accompagnavano la sua salma nella sua chiesa di P.za Frattini per l’ultima volta. C’è molto silenzio, molta commozione, molta preghiera. Padre Giovanni lascia la sua chiesa accompagnato da un lungo applauso e viene tumulato nella tomba della Congregazione a Saronno». (Padre Aldo Valentini) Nel mese di ottobre la Commissione Finanziaria comunicava a tutti i parrocchiani: Ci è «pervenuta nel mese di luglio (scorso) la considerevole cifra di lit. 16.390.278 più nominali 4.000.000 di titoli obbligazionari. E’ quanto don Ezio Pirotta ha voluto lasciare alla sua Parrocchia, dove ha speso con amore fraterno l’ultimo quarto della sua esistenza». Ha strabiliato la comunità di S. Vito per la sua umiltà e la sua disponibilità: ora che è tornato al Padre ha voluto stupire ancora con la sua bontà. Alla comunità ha dato veramente tutto il suo cuore e tutto il suo portamonete, ed è apparso come segno concreto della coerenza di un Amore più grande di tutti, che è stato il riferimento di tutto il suo agire. Nello stesso mese vengono tolte le balaustre dell’altare maggiore e della cappella della Madonna. Le balaustre un tempo erano d’obbligo, in quanto permettevano di separare il presbiterio - il luogo riservato ai presbiteri per le celebrazioni liturgiche -

77 dall’aula riservata al popolo. In tal modo, la balaustra, oltre a separare il luogo sacro dall’assemblea, ha avuto anche una funzione pratica, servendo da inginocchiatoio per ricevere la S. Comunione. Le cose sono rimaste così per parecchi secoli, ma sono cambiate quando una maggior riflessione sulla Chiesa - popolo di Dio, e di conseguenza una più profonda comprensione dei Sacramenti, hanno messo in evidenza idee nuove. Non più esagerata sottolineatura del mistero, non più separazioni quindi, ma un popolo solo che insieme partecipa alle celebrazioni divine, nella distinzione assolutamente necessaria delle funzioni di ogni vocazione. La balaustra che divide e che separa non ha quindi più alcun senso, come non ha più significato ricevere, come una volta, la S. Comunione inginocchiati: l’unico e indivisibile popolo di Dio partecipa alla celebrazione e va a ricevere il Corpo del Signore camminando, per significare il “popolo di Dio in cammino”. Il 1985 chiude con una bella notizia: Il restauro della chiesetta di S. Protaso. Ne viene data notizia sul bollettino di dicembre che riporta una lettera del Milano Host Lion Club: «Il Milano Host è il più antico Club Lion italiano. Fondato nel 1951, festeggia quest’anno ilsuo trentacinquesimo anniversario. In questa circostanza i soci hanno deciso di affiancare ai services tradizionali, primo fra tutti quello della scuola cani guida per ciechi, un iniziativa di particolare valore culturale da dedicare a Milano. Fra le diverse alternative possibili la scelta è caduta sul restauro della chiesetta di S. Protaso al Lorenteggio, situata nell’aiuola spartitraffico dell’omonima via. Acquisita dal demanio cittadino nel 1956 e destinata alla demolizione, venne risparmiata solo per la decisa opposizione degli abitanti del quartiere, ma, perdurando l’attuale stato di abbandono e di incuria, la sua scomparsa è solo questione di tempo, anzi di poco tempo. Scomparirebbe con essa un altro sia pur piccolo frammento della storia e delle radici della nostra città. Per questo, avuto il consenso e l’incoraggiamento dell’Arcivescovado, dell’Assessorato al demanio e della Sovraintendenza ai monumenti, i soci del Milano Host Lion Club hanno deciso di por mano al restauro delle strutture murarie, dell’antistante piazzaletto e degli affreschi uno dei quali, raffigurante S. Caterina, risale al 1428. La progettazione e la direzione dei lavori verrà assunta gratuitamente da un nostro socio il Dr. Arch. Luigi Maria Guffanti - consigliere dell’ordine degli architetti e membro della Commissione Edilizia del Comune di Milano, per di più residente in zona 17». 15 giugno 1986: due belle notizie. Don Ezio esattamente quarant’anni fa, ha celebrato la sua prima Messa. Don Renato celebrerà per la comunità l’ultima festa di S. Vito, perché prima delle ferie estive sarà come Parroco nella chiesa di Muggiano, piccolo paese oltre Baggio, immerso nel verde della campagna lombarda. Il 20 luglio nasce la nuova Parrocchia della “Immacolata Concezione”, che prende parte del territorio delle parrocchie limitrofe del S. Curato d’Ars, dei SS. Patroni d’Italia, di S. Benedetto oltre che di S. Vito: «Fino a due anni fa

78 dava una certa impressione il leggere sulla “Guida della Diocesi di Milano” i dati anagrafici della Parrocchia di S. Vito: 45.000 persone! Cifra da capogiro; un’autentica grossa città! Ma si trattava di un errore: il dato probabilmente si riferiva a parecchi anni prima, quando il territorio nostro non era ancora stato suddiviso nelle varie parrocchie ora limitrofe. Non erano quindi 45.000 gli abitanti, ma 35.000 all’incirca. Una cifra sproporzionata ugualmente, perché se i numeri li leggiamo con l’occhio pastorale e non civico, ci rendiamo conto che quello che per il campo civile è forza, per il campo religioso è debolezza. Infatti una Parrocchia di tali dimensione è pressoché ingovernabile, arrischia di essere solamente un centro di distribuzione dei servizi, manca di quel rapporto umano che è l’elemento determinante nell’azione pastorale. Di questo problema i Vescovi di Milano si sono sempre preoccupati. E difatti sappiamo che nel 1960 dal nostro territorio si è staccata quella parte che è andata a costituire la Parrocchia del Murialdo, nel 1964 è sorta la Parrocchia del S. Curato d’Ars, nel 1968 quella dei SS. Patroni d’Italia, nel 1977 quella di S. Benedetto. Di queste parrocchie la nostra di S. Vito è, come si suol dire, la “matrice”. Ma nonostante questi frazionamenti, causa lo sviluppo edilizio che al Giambellino ha avuto sempre proporzioni enormi, la popolazione di S. Vito anziché ridursi in limiti ragionevoli ha continuato a crescere ogni volta. E si è attestata sui 35.000 abitanti. Troppi. Ci ha pensato in questi ultimi tempi il Cardinale Martini, il quale ha chiesto ai Padri Concezionisti di P.za Frattini di rendersi disponibili per costituire una Parrocchia... Delle nostre famiglie, 2.536 passano sotto la nuova giurisdizione, per un complesso di 10.000 persone circa. Di conseguenza la popolazione di S. Vito si riduce a 25.000 persone: un numero già più ragionevole, ma troppo grande ancora per una valida azione pastorale... Auguriamo a tutti i fratelli che ci lasciano di saper capire che questo è un momento spiritualmente e pastoralmente molto prezioso: contribuire a far sorgere nella Chiesa una nuova comunità è davanti a Dio molto meritorio» (bollettino parrocchiale - agosto-settembre 1986). A sostituire don Renato, arrivò don Adriano Cucco: «Il suo ministero l’ha svolto tutto a Cologno Monzese, dove è rimasto coadiutore per dieci anni e ha retto poi come Parroco la Parrocchia di S. Giuseppe dal 1976 ad oggi. Per sua volontà ha rimesso il mandato di Parroco nelle mani dell’Arcivescovo, preferendo lavorare in altra Parrocchia come coadiutore, sottomettendosi all’obbedienza (cosa rara al giorno d’oggi)». Per ricordare anche con un segno esterno il compianto don Ezio Pirotta, che ha amato tanto gli anziani e le famiglie, e desiderava creare per loro degli ambienti accoglienti per l’ascolto della parola di Dio e per il divertimento, a lui vengono intitolati due nuovi saloni, uno per riunioni ed uno per attività ricreative, ricavati dalla casa dove abitava don Renato e restringendo un poco lo spazio dove, in sua sostituzione, abiterà don Adriano. Chiude il 1986 ed apre pieno di speranza cristiana il 1987.

79 Per la Parrocchia di S. Vito sarà l’anno giubilare: «Sono cinquant’anni che esiste qui al Giambellino questa parte di Chiesa diocesana. Precisamente il 13 marzo 1937 l’Arcivescovo Cardinale Schuster, con suo decreto erigeva questa Parrocchia smembrandola dalle parrocchie del Rosario e di S. Cristoforo. Sono molti quelli che ricordano questo avvenimento, e lo ricordano con nostalgia che sempre accompagna il sorgere di una nuova comunità parrocchiale. Sì, perché anche la nostra Parrocchia a sua volta, come è stato allora per il Rosario, ha generato altre parrocchie... Come programmeremo questo anno giubilare? Un gruppo di amici ci sta pensando, ma ritengo che essenziali siano tre momenti. - Il primo è uno sguardo retrospettivo per rivedere e sentire le persone di ieri, laici, preti, che qui hanno lavorato, perché ci abbiano a descrivere i momenti più significativi della nostra storia parrocchiale: ogni storia ha il suo insegnamento. - Poi sarà il momento di dare uno sguardo al presente per valutare con maggiore obiettività come sta di salute oggi la nostra Parrocchia. E’ facile infatti illudersi che tutto va bene come è anche facile cadere nell’autolesionismo per dire che tutto va male:ogni estremismo è fuori dalla verità. - Il terzo momento sarà importante: cosa dobbiamo fare da qui in avanti. Questo Regno dei Cieli che cosa vuole da noi? L’anno cinquantenario non sarà allora solo un seguito di belle celebrazioni, che ci vorranno ma non sono essenziali, ma ci costringerà a prendere delle decisioni anche coraggiose. Un anno dunque molto importante ci aspetta. Dio e la gente del Giambellino ci giudicheranno. (don Ezio) A Gennaio 1987 venne presentato sul bollettino parrocchiale il simbolo che doveva contraddistinguere l’anno giubilare, fu ideato e realizzato dal designer Renzo Cacciatori, autore altresì dei disegni e delle copertine dei bollettini della Parrocchia. Accanto alla dicitura S. Vito, è rappresentata la comunità dei fedeli che vanno verso il centro del disegno, dove c’è il quartiere con le sue case e le sue fabbriche e, in alto, come a radunare tutto in uno, l’Eucarestia (il frumento e l’uva) e la chiesa. In pochi tratti l’autore riuscì ad esprimere la vita religiosa e civica della comunità che stava per celebrare il cinquantesimo di costituzione. E arrivarono anche le nuove porte della chiesa, in ferro ricoperto di rame, opera dell’artista Padre Costantino Ruggeri, sia per abbellirla che per necessità, in quanto, già più volte erano entrati degli scassinatori. In un articolo del bollettino di maggio, intestato “Assieme per la Festa Patronale”, don Ezio scriveva: «Avremmo dovuto celebrare la festa patronale il 14 giugno giorno di S. Vito ed invece le cose sono andate altrimenti. La coincidenza delle elezioni politiche ci obbliga a trasportarla dal 14 al 21 giugno. Peccato perché quest’anno era una festa particolare per la nostra

80 ricorrenza del 50° di fondazione della Parrocchia. Peccato, bisogna saper sorridere anche davanti alla pillola amara: auguriamoci che almeno il nostro piccolo sacrificio possa servire a far rinsavire quei benedetti partiti così desiderosi di bisticciare. Mi sovviene però in questo momento un pensiero cattivo: i milanesi appena finiscono le scuole dei ragazzi scappano da Milano. Vorranno restare in città qualche giorno in più per la festa patronale? Non so dare una risposta all’interrogativo, ma l’invito lo faccio ugualmente. Vorrà dire che quest’anno nonostante tutti gli elementi a sfavore ci impegneremo di più a far in modo che la festa metta in evidenza il nostro essere famiglia. A Milano è tanto difficile fare comunità per mille motivi, ma le parrocchie hanno ancora, nonostante i loro limiti e difetti, un certo potere di aggregazione. Vogliamo quel giorno 21 giugno vivere assieme tutti i momenti della giornata, da quello religioso con la Messa a quello ricreativo con i giochi del pomeriggio a quello propriamente familiare con la cena della sera. “Assieme”, benché siamo diversi uno dall’altro, benché nonci conosciamo personalmente, benché la vita stressante ci porti in direzioni diverse, benché... tutto. Per favore, non mancate di farvi vedere quel giorno: dimenticate i vostri impegni e magari le vostre vacanze posticipate; quel giorno ricordatevi che c’è un’altra famiglia più grande della vostra che ha pure le sue esigenze. Questa famiglia è la Parrocchia». La festa fu preparata con un triduo di adorazione Eucaristica, e resa più solenne dalla presenza, alla sera del 21 giugno, del Cardinale Carlo Maria Martini che tenne in chiesa la celebrazione della Parola seguita dalla benedizione Eucaristica, al termine della quale, si intrattenne per presenziare ad una assemblea pubblica e rispondere ad alcune domande rivoltegli dalla comunità.

Foto 14 - Il Cardinale Martini è accolto da don Ezio Orsini, don Danilo Muzzin e don Adriano Cucco

81 Ma a soli tre anni dalla scomparsa del compianto don Ezio Pirotta, il giorno 10 luglio moriva improvvisamente anche don Ezio Orsini, lasciando nello sgomento l’intera comunità. «Signore perché? Come tutti i credenti dei Salmi possiamo chiederlo in quest’ora di pena. Ma appunto da credenti nel Dio Vivo, Padre di Nostro Signore Gesù Cristo... Da venerdì in qua viviamo come in un doloroso stupore di sogno spiacevole. Ancora domenica don Ezio presiedeva l’Eucarestia della nostra festa settimanale, e oggi celebriamo la liturgia del suo suffragio. Ma nella fede, noi sappiamo - e lo dico ancora con le parole di Paolo - di “aver sì ricevuto su di noi la sentenza di morte, ma per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che resuscita i morti” (2Cor 1, 9). In questa, come in ogni Eucarestia lo Spirito Santo ci rende presente la Pasqua di morte/resurrezione di Cristo nei segni sacramentali del pane e del vino, quella stessa che don Ezio ora sta vivendo disvelata nella sua piena verità. Egli gode adesso ciò in cui ha creduto e per cui ha vissuto, che da ogni pulpito ha predicato. Tutta la sua vita sacerdotale ha avuto lì il suo centro, come anche la sua vita pastorale... All’altare del suo Signore sitrasfigurava, come davanti ai poveri. Tutti sanno della sua povertà che si riversava poi in una carità discreta. Questa scelta evangelica d’amore radicale è all’origine del suo ministero alla Barona, come dell’accettazione di succedere, qui a S. Vito, a don Pirotta, ancora da voi rimpianto. Ogni persona è un dono di Dio e ha il suo segreto, il cui messaggio è rivelato dalla vita ed è questo messaggio a renderla inconfondibile e preziosa. Qualcosa di questo segreto e di questo messaggio possiamo intuire dal testamento che don Ezio ci ha lasciato... Mentre resta bruciante la sofferenza perché Dio ha chiamato a sé don Ezio, a nostro avviso così prematuramente, Lo ringraziamo per avercelo donato. Se la sua presenza tra voi è stata una grazia fugace, la sua memoria rimane come una ricchezza duratura nel tesoro spirituale della nostra famiglia diocesana e della vostra famiglia parrocchiale» (dall’omelia di Mons. Saldarini). Anche S. E. il Cardinale Martini volle essere presente ed accanto alla comunità, sia la sera della morte, in Chiesa per la recita del S. Rosario e la benedizione alla salma, sia con una sua lettera datata 10 luglio:

“Carissimi fedeli, l’improvvisa morte del vostro Parroco mi colpisce profondamente anche perché soltanto un mese fa l’avevo trovato in buona salute, e con animo commosso mi unisco al dolore e allo sgomento di tutti voi.

82 Era a S. Vito da tre anni ma già avevate conosciuto la grande bontà e la saggezza evangelica di don Ezio, la ricchezza della sua umanità, la tenerezza della sua carità pastorale. Come assistente provinciale delle ACLI dal 1957 al 1964, aveva dovuto affrontare problemi delicati e difficili; come Parroco ai S. Nazario e Celso alla Barona, per vent’anni si era impegnato con tutte le sue energie in una comunità che conosce povertà ed emarginazioni. Ma pure in questi ambiti, don Ezio lasciava trasparire quella carica di interiorità che gli veniva dal suo incondizionato amore a Dio in Cristo Gesù e dalla sua fedele obbedienza alla Chiesa e ai Vescovi. Noi oggi di fronte ancora una volta al mistero della morte, vogliamo proclamare la nostra fede nella Resurrezione di Cristo e la nostra certezza che don Ezio ormai è entrato nella luce eterna e nel gaudio del Paradiso. Dal cielo continua ad esserci vicino e a ricordarci il senso della vita e del cammino cristiano. Noi sentiamo e sentiremo la sua intercessione, mentre con animo mesto e grato eleviamo per lui preghiere di suffragio. Con affetto benedico tutti e ciascuno di voi, in particolare i familiari di don Ezio e i carissimi fratelli don Carlo e don Giuseppe. Vostro aff.mo Carlo Maria Card. Martini”.

Il suo testamento spirituale: «Nel nome della SS. Trinità, in perfetta serenità di spirito, raccolto in preghiera, stendo le mie ultime volontà in attesa che il Signore mi chiami a sé. Di due cose devo ringraziare il buon Dio: della vita e del sacerdozio. Della vita ho sempre avuto una grande stima e questo mi ha permesso di gustare ogni più piccola cosa, di apprezzare ogni più umile creatura. Sono felice di essere vissuto: vorrei aver potuto incidere, anche minimamente, nella storia di questo mondo. Da parte di tutti ho sempre trovato del bene. Per questo tutti ringrazio perché tutti hanno contribuito a costruirmi. Chiedo invece perdono per il bene che non ho saputo dare io: non è stato per cattiveria, mi si creda, ma per indolenza o inavvertenza. La seconda cosa di cui devo ringraziare il Signore è il sacerdozio che ho potuto raggiungere e apprezzare soprattutto grazie alla mia ottima famiglia. Per esso ho potuto vivere da vicino le vicende della Chiesa in un periodo (dal 1946 ad oggi) denso di avvenimenti e di rinnovamenti. La Provvidenza mi ha favorito anche in questo; infatti, contro ogni mia volontà e ogni mio merito, mi ha affidato compiti superiori alle mie capacità, ma che mi hanno sensibilmente allargato l’esperienza. Per questo devo ringraziare i miei quattro Arcivescovi, Schuster, Montini, Colombo e Martini per l’amore che mi hanno dimostrato. E ora accetto la morte come ultimo impegno: in verità non mi fa paura, perché la Chiesa mi ha aiutato a vederla alla luce della resurrezione.

83 Mi sento ufficialmente povero, così da non avere legami che mi intralcino; spero che la vostra preghiera mi faccia trovare davanti a Dio sufficientemente puro così da non temere il suo giudizio. A tutti lascio come ricordo l’invito a vivere in modo sempre più evangelico per poter costruire una Chiesa più credibile. Pregate per me perché ho bisogno per tanto tempo ancora del vostro suffragio. Vi benedico per l’ultima volta nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Milano 15 agosto 1986. don Ezio Orsini».

Il canto che don Ezio preferiva sopra tutti gli altri risuonò sotto le volte della chiesa piena di gente. Ebbe a dire una volta: «Quando busserò... Come mi piace questo canto: ecco quando io morirò, durante il funerale vorrei che si cantasse questo». Le preghiere di tutti coloro che lo hanno stimato ed amato lo accompagnarono verso l’ultima dimora al cimitero di Chiaravalle:

Quando busserò alla tua porta avrò fatto tanta strada avrò piedi stanchi e nudi, avrò mani bianche e pure... o mio Signore. Quando busserò alla tua porta avrò frutti da portare avrò ceste di dolore avrò grappoli d’amore... o mio Signore. Quando busserò alla tua porta avrò amato tanta gente avrò amici da ritrovare e nemici per cui pregare... o mio Signore.

Nell’attesa della nomina del nuovo Parroco, la conduzione della Parrocchia passò a don Adriano che scrisse: «La nostra comunità parrocchiale sta attraversando un periodo un po’ particolare: la ripresa dell’anno pastorale senza il pastore. Tuttavia la capacità di Dio di trarre il positivo anche dalle situazioni negative e dolorose, ha fatto venire in luce la presenza sempre più responsabile e fattiva dei laici che continuano a lavorare per il bene della nostra chiesa. La loro fede operosa dimostra chiaramente di essere fondata su Cristo anche se, nelle vicissitudini della vita a volte si appoggia alle persone dei suoi ministri. Di questo don Ezio, anzi “i” don Ezio, sarebbero contenti; entrambi avevano tanta stima e rispetto dei laici. Penso che per un prete è gratificante ricevere, di tanto in tanto, delle attestazioni di stima, è sicuramente fonte di gioia vedere che le persone per le quali si è spesa una vita, continuano con

84 fedeltà quell’opera che è del Signore e solo Sua. E’ la prova di non aver lavorato invano. Anche questa sera , mentre scrivo, ho potuto constatare che la Segreteria funzionava per la presenza di una laica, che il gruppo pastorale del lavoro ha aperto il centro come ogni martedì, che un bel gruppetto di laici per la prima volta sta preparando il prossimo Consiglio Pastorale senza la presenza del clero. Anche tutti gli altri gruppi e commissioni sono già al lavoro e, anche se un po’ in sordina, tutti hanno ripreso a funzionare». A dicembre veniva data comunicazione alla comunità che il Cardinale Martini aveva designato Parroco di S. Vito, don Lanfranco Agnelli. Il 6 gennaio 1988 don Lanfranco entrava in Parrocchia. Il 28 febbraio 1988 il nuovo Parroco faceva il suo ingresso ufficiale con una S. Messa solenne concelebrata con Mons. Ferrari e i sacerdoti della Parrocchia. «Voglio dire innanzi tutto un grande grazie a Dio per i doni che ci fa e a Mons. Ferrari che ci onora della sua presenza; un grazie ai parrocchiani di S. Vito che mi accolgono in festa e a quelli di Orago che si uniscono alla festa e alla preghiera. Parlerò ora soprattutto ai fedeli di S. Vito. Non sono venuto a “prendere possesso”, ma a ripetervi che sono vostro, sono con voi e sono per voi. Non sono venuto per giudicare, ma a servire per amore. Cammineremo insieme perché nessuno di noi è un arrivato: siamo tutti in cammino. Arrivati alla casa del Padre sono invece Mons. Carlo Galli, don Ezio Pirotta e don Ezio Orsini: nel mio libro di preghiere, nel breviario, tengo l’immagine ricordo di tutti e tre insieme a quella di mio padre. E per chi vuol capire è già tutto un discorso. Mentre siamo loro grati per quanto hanno fatto, siamo anche certi di poter godere della loro protezione. Hanno dato la loro vita per voi e per voi voglio dare la mia. Cammineremo insieme per costruire ogni giorno una comunità - che si mette in ascolto della Parola che fa vivere, che sa trovare ad ogni costo la capacità di fermarsi per non lasciarsi travolgere dalla società consumistica che consuma, - una comunità capace di stupore, contemplazione e silenzio per mettere in principio la Parola che ci dice chi siamo e chi dobbiamo essere, - che celebra con dignità e amore la liturgia alla quale arriva con tutta la vita e dalla quale riparte per la vita, una comunità attirata, plasmata e mandata dall’eucarestia, - che è capace di farsi prossimo così che il nostro motto potrebbe essere: accanto ad ogni uomo che soffre ci sia un uomo che ama! - una comunità che si lascia educare dal Grande Educatore, il Dio infinitamente sapiente e amante che educa il suo popolo e corregge perché ama, - una comunità che a sua volta coltiva una grande passione educativa e cosciente che educare alla fede è educare a vivere e i piccoli sono educati alla fede quando sono coinvolti nell’esperienza di fede, e l’esperienza di fede si fa quando si ascolta la Parola, si obbedisce alla

85 Parola, si vive secondo questa Parola. Non si deve temere di condizionare perché i piccoli (e non soltanto loro!) sono comunque e sempre condizionati. Tanto vale che lo siano da chi li ama e presenta la propria vita di fede all’adesione personale dei figli. La proposta di fede si fa soltanto vivendola. E perché ci siano genitori così, ecco allora nella comunità la preparazione dei giovani alla famiglia come cuore della pastorale familiare. Stiamo già curando degli itinerari di fede per formare un’autentica famiglia cristiana. Ma non sono mandato solo ai praticanti, bensì per la salvezza di tutti. La Parrocchia oggi più che mai deve avere come preoccupazione principale quella missionaria. E la missione è compito di adulti, non di bambini. Cosa facciamo per gli adulti? Una via essenziale sarà una catechesi sistematica che è già iniziata ed alla quale attendo giovani e adulti di tutti i gruppi che vogliono dimostrare un’autentica buona volontà di collaborazione. Ma dovremo tenere presente che è la condotta dei credenti il Vangelo che leggono quotidianamente anche i lontani. Tra poco per l’imposizione delle mani del Vescovo quattro giovani riceveranno il dono dello Spirito che noi pure abbiamo ricevuto. Ogni confermato dovrebbe essere un impegnato, un testimone. Forse siamo già credenti, ma diventando anche più credibili renderemo un servizio migliore alla Chiesa sempre da costruire. Impegnarsi nella Chiesa non vuol dire riempire di qualcosa di facoltativo qualche ritaglio del tempo libero. E’ in gioco il capire come si deve vivere da cristiani! Vorremmo costruire una comunità dove non si celebra solo solennemente il Battesimo ma si cerca di far capire che a questo deve seguire una vita da Figli di Dio, dentro il popolo di Dio, sulle vie tracciate da Dio. Venire a Messa vuol dire fare un salto di qualità; se pensiamo all’Eucarestia solo come un rito, tradiamo il fine per cui Cristo si dona. Celebrare è realtà radicale: è mettersi a disposizione di Dio perché ci faccia diventare pane d’amore, creature che sanno condividere amore nella storia. Amore è gioia di presenza, è inventare e reinventare gesti che rendono liete le persone, la comunità il popolo di Dio... è, in un mondo dove tutto è programmato e costruito con calcolo, ridonare la gioia della gratuità, è, nel mondo che esaspera il culto di sé, vivere la cultura che si fa servizio. Se culto gradito a Dio è la vita, non serve partecipare più o meno regolarmente ad un rito se poi non si collabora a costruire la fraternità, la civiltà dell’amore. Non si può dividere la comunione con Cristo dalla missione che Egli è venuto ad attuare. Cristo e lo Spirito sono i missionari inviati dal Padre perché l’umanità impari a vivere nello stesso processo d’amore. Chiediamo alla Madonna, in questo anno mariano e sempre, di superare la tentazione della dimissione, per assumere l’impegno gioioso della missione, di vincere tutti i ma, i però, e i se, per dire invece come Lei il nostro sì a Dio e ai fratelli. Così sia per me e per voi» (omelia tenuta da don Lanfranco durante la cerimonia ufficiale del suo ingresso in Parrocchia).

86 Foto 15 - 28 febbraio 1988: Mons. Marco Ferrari introduce la concelebrazione per l'ingresso ufficiale di don Lanfranco Agnelli

«Da Milano a Orago e nuovamente a Milano. Quasi un apolide, un “Pastore errante”, come suggerisce l’etimologia del tuo nome che vuol dire “libero nel paese”. Ora il Giambellino è la tua nuova (e ci auguriamo stabile) residenza. Esci dalla tua terra, Egli ti ha detto, e tu, ancora una volta, hai risposto di sì. Grazie don Lanfranco, per non aver chiesto niente di noi, per averci amati da subito, senza riserve, senza se e senza ma. Ti abbiamo visto spesso commosso in questi giorni, e ci siamo sentiti un po’ a disagio perché sappiamo che tu a Orago hai lasciato il cuore e temiamo di non meritare tanta generosità. Grazie per la fatica che tutto ciò ti è costato. Avendolo ben compreso, l’apprezziamo maggiormente. Ma se il Signore ti ha mandato a noi, una ragione, certo, l’avrà avuta! Il Giambellino non è un oasi di pace, e la sua gente non ha soltanto un piede in Egitto, forse li ha tutti e due! E ancora non sa decidersi a partire, anche se qui, di piaghe, ce ne sono molte, e si chiamano droga, abbandono scolastico, immigrazione, emarginazione, disoccupazione... La Parrocchia di S. Vito è in mezzo a tutto questo e ad altro ancora. Perciò non ci resta che rimboccarci le maniche e offrirti la nostra collaborazione, con umiltà e buona volontà.

87 L’anno scorso don Ezio apriva le celebrazioni per il 50° della nostra Parrocchia, poi ci lasciava. Ora tu vieni a chiuderle e a inaugurare un tempo nuovo. Siamo felici di averti incontrato sul nostro cammino. Sei con noi da poco, ma dalle tue parole già traspare una determinazione che ci infonde coraggio e speranza: se il Signore ti ha mandato qui è perché, tutto sommato, ha deciso di farci un altro immeritato regalo. Allora siamo pronti a lasciare il paese d’Egitto con entrambi i piedi e a divenire il popolo dell’Esodo per camminare, guidati da te, verso la Terra Promessa» (I tuoi parrocchiani). La prima proposta lanciata da don Lanfranco fu quella per la costituzione della Commissione Cultura: «Prima di altri obiettivi e per rendere possibile la conquista di traguardi superiori la nostra comunità si prefigge questo: costruire l’uomo. Prima delle distinzioni tra praticanti e non praticanti, tra credenti e non credenti (“prima” non significa che queste distinzioni non vadano fatte, ma che sarebbe errato farle prima!) mettiamo l’accento su quanto ci accomuna o ci dovrebbe accomunare: l’amore, o meglio ancora, la passione per l’uomo!..»(don Lanfranco). Il 27 Marzo 1988, domenica delle “Palme”, per la prima volta, si svolse la processione con i rami d’ulivo, partendo dall’Istituto delle suore Orsoline di via Vespri Siciliani, per la chiesa parrocchiale: «Avanti c’è la Croce e noi la seguiamo. Anzi siamo al seguito di Uno che fu crocifisso ma ora è risorto, è vivo! Non ci sono scorciatoie per evitare il Calvario. Ma chi si ferma e partecipa ai riti della settimana Santa non è uno che perde tempo mentre ci sono tante cose da fare, bensì uno che qui impara le cose giuste da fare e riceve la forza di non discuterle, ma di compierle pagando di persona. L’ulivo della pace non è vuoto simbolo, ma impegno di fratellanza. Andare per strada portando l’ulivo significa dire al mondo che si vuol uscire di Chiesa per andare a costruire la pace sapendo di andare incontro all’emarginazione, alla derisione, alla incomprensione, ai tradimenti anche degli amici... seguendo tracce di sangue che portano al Calvario... ma lo oltrepassano per arrivare con il Signore principe della pace e della resurrezione» (don Lanfranco). Ma dopo i primi mesi della sua permanenza, la Terra Promessa... sembrava ancora molto lontana, e don Lanfranco a Natale, provò ad esternare il suo sogno attraverso le pagine del bollettino parrocchiale: «“Si è come si prega, e si prega come si è”. ...Voglio semplicemente iniziare con questo argomento una serie di puntate che potrebbero intitolarsi: sto sognando una Parrocchia così. Me la volete lasciar sognare o vogliamo costruirla assieme?... Sogno una comunità in cui si comincia fin dai più piccoli a distinguere l’insegnare a “dir preghiere” ed il pregare: può servire anche dir preghiere se mi mette in comunicazione con l’Altro che mi parla e che io con gioia e gratitudine ascolto prima di dirgli a mia volta: grazie, perdono! aiutami, ti lodo per tutte le meraviglie che hai operato e che opererai nella storia... Sogno una comunità in cui i ragazzi ed i giovani vedono la testimonianza luminosa di adulti che vanno al di là della Messa di precetto e si accostano

88 gioiosamente e fruttuosamente all’Eucarestia almeno qualche volta anche nella ferialità che è continuità. Sogno una comunità in cui sempre più curata e partecipata è la preghiera comunitaria del mattino (recita o canto delle Lodi) e della sera (recita o canto del Vespero; almeno nel giorno del Signore). Sogno una comunità in cui alla celebrazione liturgica si arriva portando tutta la vita e da cui si parte per entrare da uomini nuovi in tutte le situazioni della vita. Sogno una comunità dove ad evidenziare che ogni battezzato ha una sua dignità profetica si avvicendano nella proclamazione liturgica della Parola laici ben preparati che, avendo meditato e compreso quanto leggono, riescono a far capire illuminando menti e commuovendo cuori. Sogno una comunità in cui ragazzi entusiasti e sempre meglio preparati sono ministri all’altare convinti che “servire Dio è regnare”. Sogno una comunità in cui venga accolta con gioia, con numerosa ed entusiasta adesione la proposta di un ritiro spirituale almeno nei periodi forti dell’anno liturgico, oppure l’invito almeno ad un’adorazione mensile convinti che l’uomo è veramente grande quando riesce a mettersi in ginocchio... Sogno una comunità che trovi sempre più volentieri il tempo (o la voglia?) per partecipare a quegli incontri in cui la ricchezza della Parola di Dio viene ad illuminare le problematiche dell’uomo d’oggi. Sogno una comunità in cui l’amore alla Chiesa (intesa anche come edificio, arredi sacri, fiori, pulizie, ecc.) si esprime con la partecipazione alle corali convinti, come diceva S. Agostino che chi prega cantando, prega due volte, si esprime curando anche la bellezza che educa, dice amore e stima e aiuta sempre meglio quel significare anche nei sacramenti che producono quello che significano... Sogno tante altre cose, ma sarei contento se insieme cominciassimo a tradurre in realtà queste» (don Lanfranco). 1989 - Buon Anno. «L’augurio di buon anno è l’augurio della conversione dal desiderio al dono! Perché chi è vittima del desiderio non riuscirà mai a farsi dono. L’illusione degli uomini è di credere che basti cambiare le cose per risolvere i loro problemi. Ma Dio non la pensa così. Il pensiero di Dio è che debbano cambiare gli uomini cercando di assomigliare almeno un po’ al fratello Gesù. Tocca a noi rispondere: il nuovo anno sarà spazio di noia o di gioia, tempo d’egoismo o tempo d’amore! L’odio può soltanto far morire qualcuno o qualcosa. E’ solo l’amore che fa nascere e fa vivere. I veri cristiani sono l’Epifania (manifestazione) d’amore»(don Lanfranco). Per costruire una comunità che “vive il proprio essere cristiani”, il Parroco dà vita ad una serie di proposte aperte a tutti, anziani, giovani, adulti, gente in ricerca del senso vero della fede: conversazioni su i “Promessi Sposi”, “i sabati di Nicodemo”; seguiranno negli anni successivi altre conversazioni su temi differenti; “Scuola per operatori Pastorali”; “Itinerari di preparazione al matrimonio”; “Catechesi biblica” (Lectio Divina); “Incontri per giovani universitari e lavoratori”; messa a disposizione dell’appartamento sopra la

89 sacrestia, ad una piccola comunità di giovani extracomunitari; accoglienza in locali della Casa della Gioventù, in Oratorio, del “Gruppo IRDA” (I Ragazzi dell’Arcobaleno), emanazione del Gruppo di Volontariato Vincenziano di via Ariberto, per l’accoglienza di ragazzi del Decanato Giambellino in situazioni scolastica e familiare particolarmente difficili. Per recuperare il valore della domenica come giorno del Signore, la terza domenica di ogni mese verrà esposto il SS. Sacramento, ci sarà il S. Rosario meditato e la benedizione Eucaristica. Una particolare attenzione è rivolta alla famiglia con la celebrazione comunitaria dei battesimi e degli anniversari di matrimonio; agli ammalati con la celebrazione dell’unzione degli infermi; agli anziani, con l’aiuto in segreteria parrocchiale per la compilazione del mod. 740, per lo svolgimento di pratiche pensionistiche e nell’infermeria per iniezioni, misurazione della pressione ecc. Nascono i “Gruppi Emmaus” (denominati in passato o in altre realtà anche: Gruppi di Evangelizzazione, Gruppi di Ascolto o Gruppi del Vangelo). «Perché? Perché il dono ricevuto nella fede di essere diventati figli di Dio per adozione, lungi dall’essere considerato un privilegio meritato, deve spingerci a realizzare il comando di Cristo, dato ai discepoli poco prima della sua Ascensione: “Portate il Vangelo fino agli estremi confini della terra”. Cristo si fa dono a noi, affinché noi ci facciamo dono per gli altri: lo scopo della Chiesa è continuare la missione di Cristo. Anche la nostra comunità deve crescere nella consapevolezza di essere chiamata per farsi evangelizzatrice dei vicini e dei lontani. Ecco perciò realizzare la vocazione missionaria, come evangelizzare a domicilio con i “Gruppi Emmaus” per “far correre la Parola” e formare delle piccole Chiese domestiche, che concorreranno a costituire la grande famiglia parrocchiale, intesa come comunione di comunità». Per rendere la chiesa più accogliente e più... calda vengono intrapresi i lavori per il rifacimento dell’impianto di riscaldamento. Ciò comporterà un onere rilevante per le casse parrocchiali, al quale è invitata a far fronte tutta la comunità, e la raccolta delle offerte durante le Messe della terza domenica di ogni mese verrà devoluta per le opere parrocchiali. Il “S. Vito 7” del 19 novembrereca la notizia della partenza da S. Vito di don Enzo: «Dopo quattro anni di presenza tra noi, don Enzo Giudici è stato chiamato dal Cardinale ad altra missione: conserva l’incarico di responsabile della filiale milanese dell’Associazione Internazionale “Aiuto alla Chiesa che soffre” e contemporaneamente viene promosso Parroco della Parrocchia di S. Ambrogio in Civesio (S .Giuliano Milanese). Mentre gli diciamo grazie per quanto ci ha donato in questi anni, gli formuliamo l’augurio più cordiale perché seguendo l’esempio del Buon Pastore, sia maestro e guida, padre e amico di chi lo accoglierà come Parroco». Nei locali della casa parrocchiale occupati da don Enzo, debitamente ristrutturati, trova collocazione la “Comunità Anziani”. Con la prima domenica di Avvento, secondo il rito romano (3 dicembre), venne introdotto anche in Italia la possibilità di ricevere la Santa Comunione nella mano. Diventava così operativa l’Istruzione della Congregazione del

90 Culto Divino, in cui si lascia alle Conferenze Episcopali nazionali la facoltà di estendere al proprio territorio questo uso. Durante il solenne pontificale in S. Ambrogio officiato dal Cardinale Martini, il 7 dicembre il Parrocchiano Elios Montaruli venne ufficialmente ammesso al cammino verso il Diaconato permanente. Il 2 febbraio del 1990, solennità della presentazione del Signore, riprendendo antiche tradizioni, si tenne la processione della “candelora”, un momento di forte spessore teologico, liturgico, biblico, ecclesiale! A novembre la comunità delle suore Orsoline sempre attenta ai bisogni della Parrocchia, si rende disponibile per effettuare un corso gratuito per imparare o rinfrancare la lingua italiana, aperto ad extracomunitari, o ad italiani che ne avessero desiderio (riscoperta dello scrivere, del leggere, del parlare). In conformità alle disposizioni emanate dalla Sacra Congregazione per la disciplina dei Sacramenti con l’Istituzione “Immensae caritatis” (29.1.73), durante la celebrazione Eucaristica del 23 dicembre 1990, don Lanfranco affidò ad alcuni laici, uomini e donne, l’incarico di portare la Comunione agli infermi della comunità, e nei casi di necessità, di distribuire l’Eucarestia ai fedeli durante la S. Messa. Anche don Adriano Cucco lasciava a febbraio del 1991 la comunità di S. Vito, per un incarico di fiducia affidatogli dai Superiori presso la popolosa Parrocchia di Concorezzo. A lui subentrò don Michele Quero, prima presente solo per mezza giornata, in quanto i suoi impegni in Curia non consentivano una presenza effettiva e successivamente a tempo pieno, come coadiutore del Parroco. Nel contesto della settimana della famiglia, il 5 maggio in onore delle coppie che celebravano gli anniversari di matrimonio, si tenne un concerto inaugurale, dopo il grandioso restauro del prestigioso organo di cui è dotata la chiesa. Nel corso degli anni seguiranno altri concerti sia vocali che strumentali di alto livello. A giugno la comunità di S. Vito si arricchì di un nuovo gruppo “Il Gruppo Jonathan”. Nato presso la Parrocchia dell’Immacolata Concezione,come gruppo di volontariato a supporto delle famiglie con ragazzi disabili, diventerà Associazione nel novembre dello stesso anno; trova la sua collocazione in alcuni locali messi a disposizione dalla Parrocchia, nella Casa della Gioventù, in Oratorio: «Le famiglie con un ragazzo disabile hanno bisogno, più delle altre, di un aiuto speciale. L’attenzione verso i disabili negli ultimi anni è cresciuta, sia a livello istituzionale che di volontariato, anche per merito di convegni, dibatti, trasmissioni televisive e films che parlano di questi problemi. Iniziative di solidarietà si sono aperte, dando la loro disponibilità ad aiuti concreti e molte volte gratuiti. La nostra Associazione di volontariato, fra queste, si propone come un valido aiuto alle famiglie dei giovani disabili, offrendo con gratuità e spirito di amore cristiano, il conforto di una vera amicizia, che va al di là dei quattro incontri settimanali pomeridiani previsti. Ecco allora l’invito che rivolgiamo ai genitori: venite a trovarci! Non troverete “assistenti” né “professionisti”, ma semplicemente “amici” che vogliono

91 condividere parte del loro tempo con i vostri ragazzi, perché abbiano a “crescere” nella loro dignità di persone, figli di Dio. Negli incontri operativi si fanno facili lavori manuali insieme ai ragazzi, intervallati sempre da un momento di preghiera, dalla merenda o da giochi o attività diverse, quali per esempio la musica, la video-scrittura, la pittura, la cineteca. Si fanno inoltre gite, visite a musei, nonché diverse “pizzate” in compagnia (tutto gratis per i nostri ragazzi), senza contare le numerose feste in occasione dei vari compleanni e... ogni volta che se ne presenta l’occasione». L’esercizio della Carità, ad un certo momento nella vita parrocchiale ha fatto nascere l’esigenza di dare vita ad un “Centro d’Ascolto”, per conoscere e sostenere di più tutte le persone bisognose di un aiuto, per un incontro fra chi aveva bisogno di esporre un problema e chi si rendeva disponibile all’ascolto, per la ricerca di una possibile soluzione: «Quali sono le risposte possibili? Una volta messo a fuoco il problema, l’aiuto può venire da un gruppo Caritas parrocchiale, oppure indirizzando le persone alle strutture degli enti pubblici e privati esistenti sul territorio. Chi ascolta non si limita a fornire un indirizzo, ma si rende disponibile a facilitare l’accesso all’organismo specifico preposto all’intervento». A maggio del 1993 parte una nuova iniziativa: il S. Rosario nei caseggiati: «E’ importante che il mese di maggio sia occasione per esprimere l’autentica devozione mariana; le modalità d’espressione possono essere diverse. Quest’anno abbiamo voluto tenere conto un po’ di più delle difficoltà di uscite serali, delle richieste di celebrazioni anche nei cortili e nei caseggiati». Il 19 dello stesso mese il gruppo di volontariato anziani si costituisce in Associazione: si chiamerà: “Vol.A”. Tale decisione scaturiva dalla volontà di avere una propria personalità giuridica così da poter avere una maggior rappresentanza ed incisività, rispetto alle proposte che venivano fatte. A Gennaio del 1994, precedendo il Cardinale per un primo contatto con la Parrocchia e per essere ragguagliato sulle varie attività in atto e i relativi problemi, venne il Prefetto ecclesiastico di Milano-Ovest, don Luciano Spreafico, al quale fece seguito il 6 febbraio per concludere la visita pastorale il Cardinale Carlo Maria Martini: «I due temi di questa giornata solenne nella nostra comunità si illuminano vicendevolmente: viene tra noi il Cardinale Martini, il nostro Vescovo, il successore degli Apostoli, il segno vivo di Dio che visita il suo popolo... viene a ricordarci con amore e autorità che la pratica del rito ha senso quando diventa un celebrare la vita e partirne per vivere la celebrazione in ogni istante dell’esistenza, in ogni luogo dove ci porta la nostra attività. Celebrare l’Eucarestia con il nostro Vescovo vuol dire più che mai riscoprire la radicale esigenza: lodare e ringraziare Dio per i Suoi doni e metterci a Sua disposizione perché ci faccia pane d’amore per i fratelli» (don Lanfranco).

92 Foto 16 - Visita pastorale del 6 febbraio 1994

Il 7 marzo, con un suo scritto, il Cardinale ringraziava la comunità di S. Vito per l’accoglienza ricevuta durante la sua visita:

“Il Cardinale Carlo Maria Martini Arcivescovo di Milano, nel ricordo del recente gioioso incontro con la comunità della Parrocchia di S. Vito al Giambellino in Milano, esprime la sua viva riconoscenza per il generoso dono di carità, e l’augurio che i momenti di preghiera vissuti insieme aiutino tutti i fedeli a vivere in pienezza il messaggio del Vangelo. Con la sua benedizione”.

Il 1° novembre, il parrocchiano Ubaldo Casà, in un’atmosfera di gioiosa fraternità professava la sua consacrazione al Signore, con i voti perpetui nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini. La cerimonia si tenne a Varese, nella chiesa parrocchiale del convento, durante la celebrazione della S. Messa. Fra Casà era attorniato dai parenti, dagli amici di S. Vito, dai fedeli, da due suore Orsoline e dal diacono Elios Montaruli, che svolse le funzioni liturgiche durante la celebrazione. Un momento di gioia e di partecipazione nella preghiera, per il nuovo dono fatto dal Signore nella comunità di S. Vito. Nel mese di novembre, Padre Fulvio Giuliano missionario del PIME, originario della comunità di S. Vito, fece dono alla Parrocchia di una splendida icona dell’Annunciazione che lui stesso benedì, indicando anche il luogo della sua collocazione. Anno 1995 - il Consiglio Pastorale Decanale nel quale i rappresentanti delle sette Parrocchie del Decanato Giambellino, verificano e progettano la pastorale d’insieme, entra nella fase esecutiva della “Missione Popolare” per l’anno 1996, che avrà come tema: Il futuro nasce in famiglia. L’inizio solenne aveva visto già dal marzo 1992 radunati tutti i consigli pastorali parrocchiali delle sette Parrocchie del Giambellino col Vicario Generale Mons. Giovanni Giudici, presso la Parrocchia dei SS. Patroni.

93 La missione è dono che viene dato dalla bontà del Padre, perché tutti e ciascuno possano fare una esperienza forte di vita cristiana. Il tema scelto aiuta ad esprimere la vita comunitaria sul modello famigliare: in una famiglia tutti sono partecipi delle gioie e dei dolori, delle difficoltà e delle conquiste. Il momento culminante sarà costituito da 15 giorni di ascolto più intenso e prolungato del solito, e sarà preceduto da un periodo di preparazione in gruppo, in famiglia, nel movimento. Nasce così un gruppo di animatori che frequenterà una scuola apposita presso i Padri Missionari di Rho ai quali è affidato il compito di aiutare, sostenere, coordinare tutti coloro che operano per il buon esito della missione, e quello della predicazione dall’1 al 15 dicembre. Giugno 1995 - la Commissione Affari Economici sottopone alla comunità il programma per il rifacimento del pavimento della chiesa: «Crediamo che sia sotto gli occhi di tutti il triste spettacolo di macchie di cemento, di piastrelle rotte e di pericolosi avvallamenti. Successivamente si potrà pensare anche ad una tinteggiatura interna, alla sostituzione di alcune finestre e ad altre sistemazioni. Spesa prevista lire duecento milioni». Durante i lavori, la S. Messa feriale sarà celebrata nei locali del centro Pirotta, quella festiva in un locale messo a disposizione dalle suore Orsoline presso il loro Istituto. Nasce la Commissione Manutenzione della Parrocchia con l’intento di seguire lo svolgimento dei lavori attuali e futuri e di darne ampio ragguaglio alla comunità In occasione dei lavori, in conformità alle nuove indicazioni del Sinodo, viene recuperato il Battistero alla sua funzione originaria. Trovano una nuova collocazione le icone della Via Crucis sulle pareti dei transetti laterali, una soluzione che ne valorizza il notevole aspetto artistico, oltre a consentire un maggior raccoglimento durante la Via Crucis. «In Desenzano, martedì 12 settembre nel nome di Maria, che invocava con affetto e fiducia singolare nelle lunghe giornate di orante sofferenza, suor Maria Teresina, è passata dalla preghiera ad un totale abbandono a Dio. Nata a Giussano il 14 agosto 1914, da famiglia signorile, animata da viva fede e da grande carità, entrava nella Comunità delle suore Orsoline di San Carlo. Era giovane professa quando la Congregazione apriva una nuova casa nel quartiere popolare del Giambellino a Milano e qui veniva mandata a prestare il suo servizio apostolico come insegnante di scuola materna il 19 gennaio 1942, animatrice dell’Oratorio femminile e dell’Azione Cattolica della Parrocchia di S. Vito. Qualificata ulteriormente negli studi, veniva ad assumere la segreteria della scuola elementare. Ha operato poi per l’apertura della scuola media, della scuola per segretarie di azienda e corrispondenti in lingue estere, insegnando sempre religione e steno-dattilo. Dopo il superiorato di Madre Felicita Villa è subentrata lei, che ha continuato brillantemente l’opera iniziata, sostenuta dalla comunità che le era affezionata e da molte persone amiche insegnanti ed allieve, fino al 1974... Dell’Orsolina impersonava lo stile nel tratto educato, rispettoso e raffinato. La passione per le giovani e per la loro formazione l’ha davvero distinta e sono

94 molte le ex allieve o ex oratoriane di S. Vito che la ricordano e l’hanno anche cercata ed incontrata di persona o per corrispondenza recentemente. Era proprio in gioiosa compagnia di una di loro quando sopraggiunse la fine. Certamente continuerà la sua missione di orante lassù in Cristo Gesù con Maria presso il Padre, per la Congregazione che amava e per la quale invocava vocazioni e fecondità apostolica» (suore Orsoline di S. Carlo). Don Danilo lascia la comunità di S. Vito per il nuovo incarico di Parroco affidatogli dai Superiori: «Se ne va un uomo che ha scritto la storia della missione catechistica di questa comunità negli ultimi diciassette anni. Ci mancherà un uomo che ha lasciato un’impronta significativa, fatta da scarpe a volte impolverate, ma sempre illuminata dalla fede. Ci mancherai, don Danilo; avremo nostalgia dei tuoi bronci e dei tuoi sorrisi, delle tue distrazioni e delle tue attenzioni. Ti dobbiamo un grazie; un grazie per averci insegnato l’umiltà, l’amore per Cristo, la consapevolezza delle nostre incapacità, la fiducia nell’illuminazione delle Spirito. Ti chiediamo perdono se ti abbiamo deluso; ti chiediamo di tenerci nel cuore come noi ti terremo nel nostro. Ti chiediamo una benedizione ed il ricordo nella preghiera. Nel momento del commiato un augurio reciproco di un futuro felice in Cristo; per noi catechisti la gioia di una esperienza d’amore, la gratitudine per il magistero e la tristezza di perdere un prete: un prete vero» (bollettino parrocchiale - novembre 1995). Nella conduzione dell’Oratorio maschile subentra don Michele Quero. Anno 1996. E’ l’anno della Missione Popolare. A benedire il cammino intrapreso dalla comunità, dai gruppi d’ascolto nei caseggiati, e da tutti gli animatori, datata 19 gennaio 1996, giungeva in Parrocchia la lettera del Cardinale che riportava i risultati della visita pastorale del 6 febbraio 1994, ed alcuni spunti di riflessione per un cammino sempre più proficuo:

“Carissimo don Lanfranco, dopo la visita pastorale iniziata da Sua Eccellenza Mons. Angelo Mascheroni, proseguita dal Prefetto di zona don Luciano Spreafico e da me conclusa, desidero scriverti questa lettera per comunicarti le mie riflessioni insieme a qualche indicazione per il futuro cammino della comunità a te affidata. Anzitutto vi ringrazio della cordialissima accoglienza riservatami quando sono venuto tra voi per la celebrazione dell’Eucaristia e l’incontro con il Consiglio pastorale parrocchiale. Abbiamo vissuto un momento di fede e di forte comunione ecclesiale, che mi ha confortato. La vostra può davvero qualificarsi “Parrocchia della Carità e della Missionarietà” e di questo rendo lode al Signore, ai presbiteri che vi hanno guidato e vi guidano, a tutti i fedeli.

95 La storia passata e quella attuale di S. Vito rivelano infatti una massiccia presenza e un notevole impegno nel campo della carità e della solidarietà, della formazione giovanile e della catechesi familiare, entro un tessuto che domanda sempre e molto. Ovviamente non è facile far uscire dall’anonimato e dalla solitudine un così gran numero di persone, ma ammiro la vostra buona volontà e la costante dedizione di molti laici. Ottima pure la presenza del volontariato nei settori dell’azione pastorale, pure indirizzato alla carità e alla missionarietà: penso all’assistenza domiciliare per anziani; ad “Africa Oggi” e ad altri gruppi vivaci, efficienti, creativi. La missione popolare Decanale e parrocchiale di questo anno 1996 vi vede preparati a riflettere sulle linee pastorali dei prossimi anni, e vi confermo nel continuare sulla strada intrapresa. Tenendo presente il contesto che ho cercato di sintetizzare, vi do alcune indicazioni affinché mi sentiate vicino nel cammino. Sono lieto che la vostra pastorale abbia come punto di partenza i contenuti e le proposte delle mie lettere per i piani pastorali della Diocesi. Oggi occorre rivedere il progetto educativo parrocchiale in modo da rendervi disponibili all’attuazione del recente testo Sinodale. Una revisione all’interno della comunità, che coinvolga prima la base e i diversi gruppi, nel clima della comunione ecclesiale, e che poi venga sottoposta al Consiglio pastorale parrocchiale, che ha il compito di darle una sistemazione. Vi lodo per l’annuncio della Parola, che non conosce sosta. Ritengo che la missione popolare intitolata “Il futuro nasce in famiglia”, costituisca una provvidenziale circostanza per stimolarvi ad aiutare tutti e ciascuno a conoscere la Parola di Dio scritta nella Bibbia, cercando metodologie pertinenti per tale accostamento. Un settore che deve riscuotere l’attenzione dell’intera comunità è certamente quello della pastorale giovanile. In proposito conto su di voi perché riusciate a trovare i modi opportuni per vivere la comunione e la diocesanità e a testimoniarle in Decanato, come tante volte ho raccomandato. Sulla carità è quasi difficile suggerirvi qualcosa, perché, appunto, vi qualifica, traducendosi in tante risposte che offrite alle attese e alle esigenze della pastorale. Vi chiedo tuttavia di coordinare le molte iniziative, non per spegnerle, bensì per non disperdere le numerose forze a scapito dei bisogni reali che le esigono. Ho grande fiducia nella vostra buona volontà e nella vostra docilità ai doni dello Spirito che opera tra voi e vuole condurvi a raggiungere

96 quell’immagine di Chiesa che meglio rifletta il disegno d’amore di Dio e la salvezza che offre, nel mistero di Gesù Crocifisso e Risorto, a noi e all’intera umanità. Carissimo don Lanfranco, desidero esprimerti la viva riconoscenza per la generosità e lo zelo del ministero, e accompagno con la preghiera la tua fatica pastorale che, per grazia di Dio, ha dato e darà frutti evangelici. Saluta da parte mia don Danilo che ha da poco lasciato la vostra comunità, per assumere il ministero di Parroco, e don Michele, tuo stretto collaboratore in particolare nell’attenzione educativa ai ragazzi e ai giovani della Parrocchia. Ringrazia le suore Orsoline di S. Carlo, i membri del Consiglio pastorale parrocchiale, i tanti laici impegnati per la crescita della comunità, i volontari, tutti e ciascun fedele. Per intercessione della Vergine Maria e di S. Vito, vi benedico con affetto uno a uno. Nel Signore. Carlo Maria Card. Martini”.

Domenica delle Palme: torna fra noi Padre Fulvio Giuliano, per celebrare il XXV di ordinazione sacerdotale.

Foto 17 - Padre Fulvio ci benedice al termine della concelebrazione

97 Foto 18 - 12 maggio 1996 - Solenne beatificazione del Cardinale Schuster

A settembre ad affiancare don Lanfranco e don Michele viene un nuovo sacerdote: don Mario Maggioni: «Tanti attendevano un nuovo prete a S. Vito per svariate motivazioni. Per confessarsi con più facilità, per sentire una voce nuova, per avere una possibilità in più di dialogo, per rafforzare una ripresa più efficace. Per tante esigenze non nuove, era necessario che ci fosse qualche forza in più... Don Mario viene in un momento nel quale i problemi della vita non ci consentono di vivere relazioni costruttive, durature, se non in ambiti ristretti, diremmo quasi “familiari” (ecco uno dei motivi dei gruppi d’ascolto nelle case). Proprio per i nostri problemi è comunque necessario, indispensabile che ciascuno di noi si avvalga dell’aiuto del sacerdote finché ce n’è per prepararsi a vivere relazioni “firmate Vangelo” anche quando di preti si avrà difficoltà a vederne. In questo senso la venuta di don Mario è provvidenziale, grazie alla sua carica umana.... Don Mario vuole un incontro vero con le persone, cordiale, calmo, non sfuggente e nervoso, dove l’importante non è il risultato da raggiungere a tutti i costi, ma il dialogo da instaurare, il cammino da percorrere insieme, da amici, da persone che si stimano, si rispettano, si aiutano reciprocamente, con Gesù nel bel mezzo della relazione» (don Michele).

98 Il giorno 3 novembre 1996 nella Parrocchia di S. Giovanni Battista alla Creta, il Cardinale Martini, apriva con una solenne concelebrazione la “Missione Popolare Decanale”. «La Chiesa (e la missione della Chiesa, e questo momento forte dal 1° al 15 dicembre) prima che impegno e sforzo nostro, prima che iniziativa nostra, è grazia, è dono di Dio e va accolto con gratitudine. Poi è indispensabile anche la nostra corrispondenza perché ci diceva Padre Chiodi lo scorso 28 ottobre: “...se i cuori non si convertono, non c’è iniziativa che valga!”. Nella solenne Messa di apertura del 3 novembre, il Cardinale Martini ci esortava ad ascoltare (nella liturgia e nella predicazione straordinaria dei missionari) nella voce degli uomini a noi mandati la Parola di Dio, di quel Dio che ama ciascuno di noi. Sia la fede a guidarci nei vari luoghi della convocazione (Chiesa, casa, Centro Pirotta, Oratorio...) dove ci precede, ci attende un Dio che ci ama ed è pronto a rifarci. Le situazioni dell’esistenza, l’annuncio della Parola di Dio, il dono e l’impegno di una vita nuova, la dimensione comunitaria ecclesiale: sono elementi che nessuna catechesi può ignorare e che nella liturgia vengono fusi insieme. La missione è per tutti! Il dono è per tutti! La comunità è punto di arrivo di ogni missione ma è anche luogo di partenza. Il principio della missione è l’essere con Lui, il Figlio che conosce il Padre e che ci rivela che questo Padre non ha nemici, ma soltanto figli amati. Il fine è che tutti gli uomini entrino in questa comunione. La missione è portare ad essere con Lui. Il mezzo è farsi fratello proclamando a tutti il nome di Gesù in cui ritroviamo la nostra verità di figli e fratelli. Ogni battezzato e confermato è chiamato e mandato. Non aver paura se disponi solo della debolezza della Parola: essa è potenza di Dio (1Cor 2, 4). Il tuo annuncio sia pieno di stima per il fratello, per il lontano, per il diverso, per il peccatore. Cristo ha dato la vita per lui! E tu... non “sparare” il tuo giudizio, ma renditi presente da amico che “ha provato”e dice “Vieni... prova anche tu!”»(don Lanfranco).

Parafrasando un vecchio detto milanese potremmo dire: “Ne è passata tanta di acqua sotto i ponti del Naviglio” da quel lontano settembre del 1926, quando don Ettore Pozzoni scriveva sul bollettino parrocchiale di S. Cristoforo “Il sogno di un matto”. Anche se il sogno era per una chiesa più grande a S. Cristoforo, nel cuore di Dio il sogno doveva materializzarsi al Giambellino. Le fotografie, i documenti qui raccolti, i resoconti dei bollettini parrocchiali, rappresentano un poco le memorie (imprecise, certo, chissà quante trascuratezze) di sessant’anni di vita della Parrocchia di S. Vito. Abbiamo cercato, nel limite del possibile, di attenerci rigorosamente a date e a parole riportate nei bollettini, perché ciò che è stato fatto e detto non si perda nei ricordi e nel tempo. E’ stato come sfogliare l’album di una grande famiglia, “La famiglia dei figli di Dio”, della quale Dio è il Padre che ha operato ed opera in coloro che sono passati in questa comunità, che ci vivono e che ci vivranno.

99 Tanti sono stati i sacerdoti che hanno proclamato la “Parola” per far crescere la comunità nella fede e nell’amore verso Dio e verso il prossimo, tanti coloro che hanno aiutato i sacerdoti con l’impegno personale nei gruppi e nelle commissioni, molti dei quali ora vivono alla presenza di Dio (avremmo voluto ricordarli tutti!), tanti i benefattori, tanti i momenti educativi, formativi, di svago, tanti i momenti di gioia e quelli di tristezza. Ciascuno con i propri carismi, con i propri doni, con i propri limiti, amato da Dio allo stesso modo, da Lui graziato e perdonato, ha operato per costruire un luogo di accoglienza reciproca nell’amore e nel perdono, per rendere testimonianza a Cristo Risorto.

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