Beniamino Andreatta, detto Nino (, 11 agosto 1928 – , 26 marzo 2007), è stato un economista e politico italiano.

Gli studi e gli inizi della carriera Al liceo classico Giovanni Prati di Trento fu compagno di scuola di , poi presidente della provincia autonoma di Trento. Dopo essersi laureato in giurisprudenza all'Università di Padova nel 1950, ricevendo il premio come "miglior laureato dell'anno", compì studi di economia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e, come visiting, presso quella di Cambridge. Nel 1961, dopo il matrimonio con la moglie Giana M. Petronio, andò in India per conto del MIT, come consulente presso la Planning Commission del governo di Jawaharlal Nehru. L'anno successivo divenne professore ordinario. Nel corso della sua attività accademica fu dapprima assistente volontario presso l'Università Cattolica di Milano, quindi insegnò nelle università di Urbino, Trento (nel 1968, durante la contestazione studentesca) e Bologna. Proprio a Bologna fondò l'Istituto di scienze economiche e la Facoltà di scienze politiche. Ebbe tra i suoi allievi e collaboratori molti economisti, fra cui , che dal 1963 divenne suo assistente. Intrattenne un lungo sodalizio con , presidente della provincia autonoma di Trento dal 1960 al 1974, incentrato sui temi dell'autonomia regionale. Nel 1972 fu tra i fondatori, con Paolo Sylos Labini, dell'Università della Calabria a Rende (in provincia di Cosenza), un campus d'impostazione anglosassone per stimolare la crescita del Mezzogiorno (il 15 gennaio 2009, alla presenza del presidente della Repubblica , l'Università della Calabria lo ha ricordato in questo suo ruolo, intitolandogli l'aula magna dell'università e facendo scolpire, dal maestro orafo Gerardo Sacco, un altorilievo a lui dedicato). Nel 1974 Andreatta fondò a Bologna Prometeia Associazione, un'associazione di studi in campo economico, seguita nel 1976 dall'Agenzia di ricerche e legislazione di Roma (Arel), un gruppo trasversale di intellettuali, politici, e imprenditori, dedito al dibattito sui temi economici. I senatori Urbano Aletti, Umberto Agnelli, e il prof. Ferrante Pierantoni ad uno dei primi convegni Arel, 1977 L'ingresso in politica e l'esperienza nella DC Grazie ai risultati conseguiti in ambito accademico ed economico, negli anni sessanta divenne consigliere economico di , entrando in contatto con il gruppo di economisti e giuristi, tra cui , Francesco Forte, , Giorgio Ruolo, Franco Momigliano e Alessandro Pizzorno, che all'epoca gravitavano attorno al deputato socialista . Fu vicino a Moro in particolare nel periodo in cui lo statista fu presidente del consiglio dei ministri (1963-68). La vicinanza con Moro favorì la sua ascesa politica all'interno della Democrazia Cristiana, e dal 1976 al 1992 fu ininterrottamente parlamentare della DC. Ricoprì numerosi incarichi ministeriali di rilievo: nel 1979 fu Ministro del bilancio e della programmazione economica nel primo governo di e senza portafoglio "con incarichi speciali" nel secondo governo Cossiga (agosto 1979 - ottobre 1980). Fu Ministro del tesoro dall'ottobre 1980 al dicembre 1982 nel governo di e nel governi di I e II. Nel luglio del 1982 provocò la cosiddetta "lite delle comari" con il ministro delle Finanze socialista , che fece cadere il governo Spadolini II. Non partecipò ai successivi governi di e di , soprattutto perché scettico nei confronti dell'indirizzo economico adottato da quest'ultimo. La sua permanenza al Tesoro coincise con alcuni degli anni più critici della storia dell'Italia contemporanea. Andreatta sancì la separazione della Banca d'Italia dal Ministero del Tesoro. Quando nel 1981 emerse lo scandalo della P2, rimosse i funzionari e i dirigenti che comparivano nella lista sequestrata a . Con il manifestarsi dello scandalo dello IOR di Roberto Calvi e Paul Marcinkus, Andreatta impose lo scioglimento del Banco Ambrosiano e la sua liquidazione, ignorando le pressioni politiche e mediatiche che ne volevano il salvataggio con fondi pubblici. Andreatta stesso tenne uno storico discorso in Parlamento, riferendo pubblicamente delle responsabilità della banca vaticana e dei suoi dirigenti. Negli anni ottanta fu anche presidente della commissione Bilancio del Senato. Fu vicepresidente del Partito Popolare Europeo dal 1984 al 1987, grazie al sostegno dell'alleato e della sua Unione Cristiano- Democratica. La sua attività di ricerca culturale si concretizzò nella presidenza della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII dal 1985 al 2007. La Seconda Repubblica e il Partito Popolare Italiano Tornò al governo nel 1992, sull'onda dello scandalo di Tangentopoli che aveva allontanato molti volti noti, come Ministro del bilancio e della programmazione economica con l'interim della Cassa per il Mezzogiorno nel primo governo di Giuliano Amato, in sostituzione di dimissionario perché nominato ministro delle finanze. In seguito fu ministro degli Esteri nel governo di dall'aprile 1993 al marzo 1994, e in questo ruolo avanzò una proposta di riforma dell'ONU. Sono ormai gli anni del tramonto della Democrazia Cristiana, provata dalle indagini di Mani pulite e dal processo per mafia a Giulio Andreotti e della transizione alla cosiddetta "Seconda Repubblica", nella quale Andreatta divenne capogruppo alla Camera dei deputati per il neocostituito Partito Popolare, ponendosi a capo dell'ala ex- democristiana schierata con i Progressisti contro il governo Berlusconi I e il suo Polo delle Libertà; fu eletto deputato nel 1994 e nel 1996, e fu uno dei principali ispiratori e sostenitori della nascita del nuovo raggruppamento di centro- sinistra l'Ulivo. Nel 1994 Rocco Buttiglione fu eletto segretario del partito nonostante la ferma opposizione di Andreatta e di altri esponenti di spicco del partito. L'anno successivo, in seguito all'improvvisa svolta a destra di Buttiglione, che cercò di portare il partito nell'area del centro-destra, Andreatta fu tra i promotori della crisi di partito che portò alla sfiducia del segretario e alla sua sostituzione con Gerardo Bianco. Andreatta, ideatore dell'Ulivo, ministro della difesa Andreatta, lungo tutta la sua carriera, fu il promotore di un sistema economico misto. Tra gli allievi principali della sua scuola di pensiero, Romano Prodi fu il più importante, da lui poi proposto come guida per la coalizione di centro-sinistra dopo la caduta del primo governo Berlusconi nel 1995. Prodi lo volle poi come ministro della Difesa nel suo primo governo (maggio 1996 - ottobre 1998), un ruolo dove Andreatta si distinse per la forza delle sue proposte: in breve tempo operò la riforma degli Stati Maggiori, ottenne dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il ruolo di guida per l'Italia durante la Missione Alba (un'operazione di peacekeeping e d'aiuto umanitario all'Albania interamente gestita da forze europee), propose l'idea di costruire e organizzare una vera forza di difesa internazionale europea; stabilì l'abolizione della leva obbligatoria, modificò il servizio civile, si schierò con forza contro lo scioglimento della Brigata paracadutisti "Folgore". Era Ministro della Difesa in carica quando il 28 marzo 1997 la motovedetta albanese Kater I Rades, carica di circa 120 profughi in fuga dall'Albania in rivolta, aondò dopo una collisione con una corvetta della Marina Militare italiana. In questo periodo, Andreatta fu attivo promotore del graduale processo di privatizzazione del gruppo pubblico IRI: a tal proposito, firmò l'accordo Andreatta-Van Miert alla fine del 1993. Dopo la caduta del governo Prodi, nel 1998, fonda "Carta 14 giugno", un'associazione ulivista che si proponeva di allargare le basi democratiche del consenso e favorire la riduzione del potere dei partiti: un'idea, questa, che Andreatta coltivava fin dagli anni della Democrazia Cristiana e delle Partecipazioni Statali. Fu fortemente osteggiato dal PPI durante la campagna elettorale per le europee del 1999, quando auspicò l'incontro tra Partito Popolare Italiano e I Democratici, che si sarebbe poi realizzato nel 2001 con la costituzione de La Margherita. L'infarto e il coma Il 15 dicembre del 1999, nel corso di una seduta parlamentare per il voto della legge finanziaria, ebbe un grave malore e finì in coma profondo in seguito a un infarto e alle conseguenze di un'ischemia cerebrale. Venne trasferito d'urgenza all'Ospedale San Giacomo di Roma, dopo aver ricevuto i primi soccorsi in aula da parte del medico della Camera e dei deputati Pino Petrella e Pierluigi Petrini, rispettivamente medico e anestesista. Nonostante i pronti soccorsi, prima di essere rianimato Andreatta rimase in stato di soerenza cerebrale da ipossia per venti minuti, riportandone danni permanenti. I bollettini medici dichiararono fin dall'inizio che il ministro si trovava in "condizione critica", e venne dichiarato il coma profondo. Il 1º gennaio 2000 fu trasferito a bordo di un mezzo di trasporto militare dal San Giacomo al Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna. Durante il coma, mentre era degente al Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna, fece parte della XIII Commissione (agricoltura) dall'11 ottobre 2000 al 29 maggio 2001. Andreatta rimase fino alla morte in uno stato vegetativo, senza mai riprendere conoscenza, spegnendosi dopo più di sette anni di stato comatoso il 26 marzo 2007 nel reparto di rianimazione del Policlinico Sant'Orsola di Bologna.