7 Academia Montis Regalis Coro Filarmonico

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7 Academia Montis Regalis Coro Filarmonico STAGIONE 2008-09 e dintorni Martedì 16 dicembre 2008 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Academia Montis Regalis 7 Coro Filarmonico “Ruggero Maghini” Alessandro De Marchi direttore Consiglieri di turno Direttore Artistico Salvatore Carrubba Paolo Arcà Alberto Conti Con il contributo di Con il contributo di Con la partecipazione di Sponsor istituzionali Sponsor “Bach e dintorni” Con il patrocinio e il contributo di Con il patrocinio di È vietato prendere fotografie o fare registrazioni, audio o video, in sala con qualsiasi apparecchio, anche cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo dopo la fine di ogni composizione, durante gli applausi. Per assicurare agli artisti la migliore accoglienza e concentrazione e al pubblico il clima più favorevole all’ascolto, si invita a: • spegnere i telefoni cellulari e altri apparecchi con dispositivi acustici; • limitare qualsiasi rumore, anche involontario (fruscio di programmi, tosse…); • non lasciare la sala prima del congedo dell’artista. Academia Montis Regalis Coro Filarmonico “Ruggero Maghini” Alessandro De Marchi direttore Claudio Chiavazza maestro del coro Robin Johannsen soprano Roberta Giua soprano Franziska Gottwald mezzosoprano Markus Brutscher tenore Antonio Abete basso Per i 25 anni dell'Associazione pro ammalati Francesco Vozza Johann Sebastian Bach (Eisenach 1685 – Lipsia 1750) Magnificat in re maggiore BWV 243 (30’) Intervallo Oratorium tempore Nativitatis Christi BWV 248 Parte I: Jauchzet, frohlocket, auf preiset die Tage (19’) Parte II: Und es waren Hirten in derselben Gegend (19’30”) Parte III: Herrscher des Himmels, erhöre das Lallen (20’) Il concerto è registrato da Johann Sebastian Bach Magnificat in re maggiore BWV 243 Il cantico di Maria, entrato fin dai primi secoli nel tessuto della tradizione liturgica della Chiesa, vanta una tradizione musicale antica anche nel movimento della Riforma. Lutero stesso aveva sottolineato l’importanza di quello splendido momento di poesia religiosa, chiosando il passo del Vangelo di Luca (1, 46 - 55) che fornisce il testo del Magnificat. Nel suo commento del 1521, Lutero poneva l’accento sull’influenza dello Spirito Santo, che parlava per bocca di Maria: «Allo scopo di comprendere propriamente questo sacro inno di lode, dobbiamo tenere a mente che la Santa Vergine Maria stava parlando sulla base della sua propria esperienza, nella quale era stata illuminata e istruita dallo Spirito Santo. Nessuno può comprendere correttamente Dio o la sua Parola a meno che non abbia ricevuto tale comprensione direttamente dallo Spirito Santo». Questa suggestione di Lutero era passata anche nei Lieder spirituali del rito evangelico. L’ultima edizione del Gesangbuch stampato da Joseph Klotz nel 1545 aggiunge infatti alla traduzione tedesca del Magnificat, in maniera significativa, anche un versetto precedente (Luca 1, 41), laddove il Vangelo dice: «Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo». Il filo della lettura di Lutero del cantico di Maria si snoda nel tempo fino all’epoca di Bach, che mette in musica il testo del Magnificat tenendo ben presente il contesto teologico dell’intero passo. Maria non è solo piena di grazia, ma anche cosciente della portata per la storia umana dell’evento che la riguarda. Lo Spirito Santo ha trasformato la più umile delle creature nella depositaria di una sapienza che va oltre il tempo. La musica di Bach esprime sempre una visione teologica, come del resto quella di tutti i musicisti del suo tempo. È bene tenere a mente che Bach, nella qualità di Thomaskantor a Lipsia, aveva tra i suoi compiti anche l’insegnamento del catechismo agli allievi più giovani. Lo studio teologico faceva parte della fitta trama dei suoi interessi intellettuali e le sue grandi musiche liturgiche riflettono in maniera viva quel ricco tessuto di rapporti tra musica, speculazione e riflessione spirituale. Esistono due versioni del Magnificat. La prima risale al 1721 e la seconda probabilmente a un periodo a cavallo degli anni Trenta. Nel repertorio si è affermata soprattutto quest’ultima, in re maggiore, mentre la precedente in mi bemolle maggiore conteneva quattro brani in più e presentava un assetto strumentale leggermente diverso. Il Magnificat in re maggiore è articolato in dodici numeri, che corrispondono ai versetti del Vangelo di Luca, con l’aggiunta della dossologia finale, il Gloria, tratta da quello di Matteo. La composizione risente degli influssi della lettura di Lutero. La musica riveste il testo con una particolare ricchezza di sfumature spirituali. Il cantico di Maria, nella versione di Bach, è rivolto a esaltare la natura trinitaria del Dio cristiano. Tre sono i numeri che impiegano l’intero organico vocale e strumentale: il Magnificat anima mea iniziale, il Fecit potentiam centrale e il Gloria conclusivo. All’interno di questa grande campitura tripartita si snoda il percorso delle arie solistiche e degli interventi corali minori, con una sottile interpretazione espressiva dei significati religiosi presenti nel testo. Come sempre nel mondo di Bach, il microcosmo e il macrocosmo convivono nella genesi del suo pensiero musicale. La forma ternaria ritorna in momenti essenziali del lavoro, come per esempio all’interno delle due dossologie che incorniciano il Magnificat. Il primo coro infatti è preceduto da un’ampia introduzione orchestrale, che viene ripresa alla fine, incastonando il gioco delle voci all’interno di un trittico strumentale. In maniera ancor più simbolica, la forma trinitaria viene esaltata dalla maestosa introduzione al Gloria conclusivo. Le 19 misure di questa sezione presentano una lode rivolta a ciascuna delle persone della Trinità, con una serie di figure basate sul numero tre (tre note per la parola Gloria, l’uso delle terzine, la presenza di tre trilli in ciascun intervento corale eccetera). La seconda parte del Gloria riprende la musica del Magnificat iniziale (nel metro di 3/4), chiudendo l’intero lavoro in un cerchio perfetto che congiunge la dossologia divina a quella trinitaria. Per rimarcare la sottigliezza dell’interpretazione del testo, si possono pescare quasi a caso un paio di esempi. Il versetto “Quia fecit mihi magna, qui potens est, et sanctum nomen ejus” esprime l’aspetto forse più intimo della vicenda di Maria. Bach decise di affidare la rappresentazione di questo portentoso processo di trasformazione della natura di Maria alla voce di un basso. L’aria si presenta in una forma strumentale completamente nuda, accompagnata soltanto dal basso continuo. Nelle profondità della voce grave non viene raffigurata l’identità sessuale dell’individuo, bensì la radice oscura e potente della vita che ha preso inizio nel corpo di Maria. L’aria si tende al massimo sulla parola magna, che al centro della forma si allarga fino a toccare la nota più grave (sol diesis) della sua estensione. Il terzetto “Suscepit Israel” tocca invece la questione del passaggio dall’Antico al Nuovo Testamento. Maria ricorda ai discendenti di Abramo la promessa dell’avvento del nuovo Messia. Bach lega con grande finezza l’idea della salvezza di Israele al concepimento di Gesù, sovrapponendo al terzetto una coppia di oboi d’amore che intonano a note lunghe il cantus firmus del Magnificat, sull’antica melodia tradizionale conosciuta come tonus peregrinus. Oratorium tempore Nativitatis Christi BWV 248 Parte I: Jauchzet, frohlocket, auf preiset die Tage Parte II: Und es waren Hirten in derselben Gegend Parte III: Herrscher des Himmels, erhöre das Lallen Il periodo di Natale a Lipsia era accompagnato nel primo Settecento da un’attività musicale di grande sfarzo. Tra la notte di Natale e l’Epifania, venivano eseguite di regola non meno di sei Cantate, a volte replicate in entrambe le due chiese maggiori della città. Questa proliferazione di musiche liturgiche arrivava sulla scia dell’intensa attività svolta nelle settimane precedenti. Durante l’Avvento, per esempio, Bach aveva composto o rimaneggiato lavori come il Magnificat. L’Oratorium tempore Nativitatis Christi è formato da sei parti distinte, che corrispondono a una serie di lavori destinati a essere eseguiti in maniera autonoma nel corso delle celebrazioni liturgiche comprese tra il giorno di Natale e l’Epifania, a cavallo del 1735. Il termine oratorio, nell’opera di Bach, indica non tanto uno specifico genere di musica vocale, quanto un carattere narrativo sviluppato in forme di volta in volta diverse. Nel caso di questo lavoro, l’ampia parabola delle storie legate al Natale si articola in una sequenza di cantate indipendenti, ma collegate da un percorso narrativo unitario che si snoda dal Vangelo di Luca (2, 1 - 21) a quello di Matteo (2, 1 - 12), alla maniera delle grandi Passioni degli anni precedenti. Grazie ai libretti stampati a uso della congregazione di fedeli, è possibile ricostruire la cronologia esatta delle cantate. La Parte I venne eseguita la mattina del giorno di Natale nel servizio eucaristico della Nikolaikirche e ripetuta durante i Vespri serali nella Thomaskirche. La Parte II, viceversa, fu eseguita alla mattina nella Thomaskirche e alla sera nella Nikolaikirche il giorno di Santo Stefano, 26 dicembre. La Parte III invece fu eseguita soltanto nel servizio eucaristico del mattino alla Nikolaikirche, il giorno di San Giovanni, 27 dicembre. Le altre tre parti, che non ascolteremo in questo concerto, furono eseguite rispettivamente l’1, il 2 e il 6 gennaio. Il progetto di Bach consisteva nella trasformazione di una serie di cantate profane nella monumentale celebrazione della Natività di Cristo. La tecnica della parodia viene spinta in questo lavoro fino al punto di consacrare in maniera quasi completa i contenuti secolari delle cantate d’origine. Le fonti principali della musica dell’Oratorio erano infatti alcuni lavori dedicati alla famiglia reale sassone degli anni immediatamente precedenti. Laßt uns sorgen, laßt uns wachen BWV 213 era stata scritta nel 1733 per festeggiare l’undicesimo compleanno del principe Friedrich Christian di Sassonia. La cantata era un classico Dramma per Musica di gusto barocco, che rendeva omaggio al nobile adolescente attraverso i dialoghi di due personaggi della mitologia classica come Ercole e Mercurio.
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