DISCARICA DI CELICO

Cronologia di fatti e misfatti

A cura del Comitato Ambientale Presilano

Dicembre 2018 La storia che stiamo per raccontare ha inizio nel lontano 1995, quando l’amministrazione di Celico decise di individuare un luogo nel quale realizzare una discarica controllata. Il posto che meglio rispondeva a questi requisiti era un bosco in Contrada San Nicola. L’idea era quella di incentivare lo “sviluppo” locale e la “tutela” del territorio attraverso la costruzione e l’apertura di una discarica. A tal fine fu costituita la SOGED, una società pubblico-privata costituita dal Comune di Celico e dagli imprenditori Mirabelli e Gallo. La “prima” discarica, costata 880 milioni di vecchie lire, era pensata per sversare 78.000 metri cubi di rifiuti allo stato tal quale prodotti da quattro comuni presilani consorziati. Già durante la costruzione si presentarono i primi problemi: una frana, che preannunciava la non idoneità del luogo, determinava la modifica in corso d’opera della volumetria. I criteri di costruzione della discarica probabilmente rispondevano a quanto previsto dalle norme dell’epoca, ma negli anni successivi, quei criteri sarebbero stati ritenuti insufficienti a trattenere i veleni prodotti dalla decomposizione dei rifiuti. In ogni caso la discarica fu realizzata. Fu così che, dal 1995 al 23 giugno 2003, un via vai di camion carichi di spazzatura iniziò a sversare in Contrada San Nicola, nei pressi della vigna del padre di Gioacchino da Fiore, non 78.000 metri cubi ma ben 107.000, il 50% in più di quelli inizialmente previsti.

“U ciucciu ce care na vota…” - La seconda discarica

12 settembre 1997 – ore 18:30 – sala consiliare Comune di Celico. Mancavano due anni alla data di prevista chiusura della vecchia discarica pubblico-privata. In realtà poi sarebbe stata usata per altri 6 lunghi anni. In consiglio si discuteva del “Piano di indirizzi per la programmazione ambientale”. All’ordine del giorno c’era la programmazione della realizzazione di una nuova discarica. E’ l’amministrazione di Celico che, nel 1997, ha iniziato il percorso autorizzativo che ha portato alla realizzazione e all’utilizzo della nuova discarica, oggi di proprietà del gruppo Vrenna. Ma l’amministrazione di Celico non aveva fatto i conti con il Corpo Forestale dello Stato che riconosceva l’area interessata dalla nuova discarica come sottoposta a vincolo idrogeologico. Inoltre il vasto bosco interessato era sottoposto a tutela paesaggistico-ambientale. La Forestale metteva in guardia inoltre dalle modalità di realizzazione della vecchia discarica che avrebbe potuto costituire un corpo di diga con conseguenze devastanti per il territorio a valle. La Regione pertanto, supportata dal parere negativo del Corpo Forestale dello stato, negava il rilascio dell’autorizzazione. Di notevole interesse sono le parole usate nel dispositivo emesso dalla regione Calabria per negare il rilascio dell’autorizzazione: “la notevole estensione dell’area da impegnare per l’interramento dei rifiuti allo stato tal quale potrà determinare notevoli effetti negativi nell’ambiente limitrofo”. In altre parole la Regione Calabria riconosceva scrivendolo nero su bianco che la realizzazione di una nuova discarica in contrada San Nicola sarebbe stata devastante per l’ambiente circostante.

Era il momento per chiudere definitivamente con l’idea di incentrare lo sviluppo del territorio sulle discariche. Il territorio di Celico era già stato per anni il ricettacolo dei rifiuti della provincia di e la Regione metteva in guardia dall’idea folle di realizzare una nuova discarica. Cosa può aver spinto l’Amministrazione di Celico, nonostante tutto, a ricercare la strada per riuscire a realizzare ad ogni costo la nuova discarica?

Business is business - Entra in scena la famiglia Vrenna

L’utilizzo della vecchia discarica probabilmente aveva consentito la distribuzione di una tale quantità di denaro da spingere l’amministrazione di Celico a lavorare per convincere la Regione a rilasciare l’autorizzazione. Così viene presentato un nuovo progetto che interessa un’area molto meno vasta di quella prevista nel progetto iniziale. A questo punto la Regione Calabria cede e rilascia l’autorizzazione. Il Corpo Forestale specifica però che, il parere positivo si limita solo ad una minima porzione dell’area interessata dal primo progetto e che “la nuova proposta progettuale avanzata deve intendersi come l’unica ammissibile”. In altre parole Forestale e Regione dicono: “abbiamo provato a mettervi in guardia ma se non siete interessati voi a tutelare il vostro territorio noi non possiamo fare le barricate quindi fate pure purché non esagerate”. Così nel dicembre 1998 il Commissario per l’emergenza rifiuti, Pietro Fuda, approva il progetto di realizzazione della discarica. Trascorrono un paio di anni e il 2 Agosto 2001 il 50% della MIGA passa dalle famiglie Mirabelli e Gallo alla società Salvaguardia Ambientale di Raffaele Vrenna. Il Ras della spazzatura calabrese entra a far parte del consiglio di amministrazione della MiGa.

Ma chi sono “i Vrenna”?

Il Procuratore Vincenzo Antonio Lombardo definisce pubblicamente Raffaele Vrenna “un imprenditore border-line” ossia: “quell’imprenditore che sta per un verso sul crinale della criminalità organizzata, per un altro verso sul crinale di un’impresa che opera legittimamente e correttamente e che entra in contatto con tutte le istituzioni pubbliche che servono per avere autorizzazioni, che servono per avere finanziamenti”. Secondo i magistrati dell’antimafia di Catanzaro i fratelli Vrenna: “sono imprenditori attigui al fenomeno mafioso, per essersi sin dalla genesi della loro attività, accordati con le consorterie criminali e segnatamente con quella denominata Vrenna-Corigliano-Bonaventura“. Secondo i magistrati i Vrenna avrebbero garantito posti di lavoro in cambio di “sicurezza”, alla quale avrebbe dovuto pensarci Luigi Bonaventura nipote del boss Pino Vrenna e ora collaboratore di giustizia. Già nel 2006 l’imprenditore Raffaele Vrenna era stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, condannato in primo grado e poi assolto. A seguito dell’operazione “Puma”, la Dda di Catanzaro gli ha contestato reati come concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, falso e corruzione per la costruzione di alcuni villaggi turistici (in particolare quello di Praialonga) controllati da alcune organizzazioni mafiose. Al processo con rito abbreviato, è stato condannato in primo grado a quattro anni per concorso esterno in associazione mafiosa. L’imprenditore non ha più i requisiti per ottenere la certificazione antimafia. Vrenna cede tutte le quote societarie in suo possesso. E crea un trust che amministri il patrimonio in maniera separata. Qui la faccenda si fa più intricata: perché come amministratore del trust viene scelto l’allora Procuratore della Repubblica di Crotone, Franco Tricoli (che sarebbe andato in pensione quattro giorni più tardi). La cui segretaria, Patrizia Comito, è moglie di Raffaele Vrenna. Al momento in cui si scrive anche per questa ultima vicenda si è in attesa di giudizio. In merito al processo succitato, l’assoluzione definitiva per Vrenna arriverà, ma, alla fine di un lungo iter. Nel primo processo d’appello, Vrenna viene prosciolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma gli restano 1 anno e 8 mesi per falso e corruzione. Nel secondo processo d’appello arriva la prescrizione, quindi l’annullamento in Cassazione perché il fatto non sussiste. «Esistono certamente rapporti di frequentazione e di interesse tra Vrenna Raffaele, suo fratello e i componenti della cosca sopracitata (ovvero i Maesano, ndr)», scrivono però i giudici della Corte d’Appello di Catanzaro (http://www.linkiesta.it/it/article/2016/05/04/a-crotone-funziona-solo-il- pallone/30213/). Oggi i magistrati della DDA trovano proprio nella sentenza di assoluzione succitata le ragioni per portare ad una nuova richiesta di misure cautelari. Quindi attualmente Vrenna è atteso davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro, che dovrà decidere presto sul sequestro dei suoi beni, compreso il Crotone calcio. Il Tribunale di Crotone in prima istanza ha respinto l’applicazione dalla misura. Ma secondo i magistrati, Raffele Vrenna e suo fratello Giovanni devono la propria ascesa imprenditoriale alle cosche di ‘ndrangheta locali. Le accuse si fondano anche sulle parole del pentito Luigi Bonaventura, che dice «di essere stato assunto dalle aziende dei Vrenna e, dopo essere stato licenziato, di aver percepito dazioni di danaro in nero». Secondo i PM, Vrenna, appoggiato dalla cosca, sarebbe stato «capace di sbaragliare la concorrenza nel crotonese e godere di protezione nei confronti delle altre ‘ndrine».Da questo rapporto deriverebbe il successo imprenditoriale di Vrenna, diventato negli anni uno dei maggiori costruttori della città e soprattutto il re dello smaltimento dei rifiuti di Crotone. Nel 2016 la giornalista Maria Teresa Improta, attenta cronista delle vicende della discarica di Celico, è stata querelata dal RAS dei rifiuti per aver pubblicato stralci delle sentenze relative a Raffaele Vrenna e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Il CAP rimarrà al fianco della coraggiosa giornalista fino al termine della vicenda giudiziaria.

La regione Calabria non è ancora collaborativa ma gli amministratori di Celico non si scoraggiano: “la discarica sa ‘dda fa”.

Il 24 settembre 2001 è accaduto un fatto inatteso. La Regione Calabria infatti revoca l’autorizzazione per realizzare e per utilizzare la nuova discarica. La motivazione è legata al risultato di 3 sopralluoghi (8/3/2000, 12/4/2000 e 22/9/2001) durante i quali è stato riscontrato che i lavori non sono stati ultimati e che la discarica non è stata collaudata. Il 18 ottobre 2001 la giunta comunale di Celico non accetta la decisione della regione e dopo soli 24 giorni, incarica due avvocati per effettuare ricorso al TAR. La giunta guidata da Oreste Via infatti non accetta la revoca dell’autorizzazione per realizzare la discarica e con i soldi dei cittadini di Celico paga due avvocati per fare ricorso. Oreste Via è lo stesso personaggio che nel 1997 interveniva in consiglio a nome della maggioranza per illustrare i vantaggi generati dall’utilizzo della vecchia discarica. Il 12 novembre 2001 la Regione Calabria incarica un legale per difendere al TAR la decisione di revocare l’autorizzazione.

Arriva Brutto- Tutto cambia. 4 ottobre del 2002. Alessandro Brutto, cognato di Vrenna, assume la carica di Amministratore Delegato della MiGa. Il 29 maggio 2002 la Mi.Ga. comunica alla Regione Calabria (prot. 9800 del 30/5/2002) l’esito del collaudo della discarica e dell’impianto di selezione. Il 18 novembre 2002, il Commissario per l’emergenza rifiuti Giuseppe Chiaravalloti, autorizza la messa in esercizio della discarica realizzata sulla base dell’autorizzazione ricevuta nel 1998. Cosa sia accaduto tra il 18 ottobre 2001 e il 4 ottobre 2002 rimane un mistero. Quel che è certo è che la Regione Calabria aveva ritirato l’autorizzazione sia a realizzare che a utilizzare la nuova discarica e che il 18 novembre del 2002 la Regione concedeva l’autorizzazione al solo esercizio della discarica dopo aver ricevuto la comunicazione dell’esito del collaudo da parte della MiGa. Come e quando la Mi.Ga. ha ricevuto l’autorizzazione per ultimare la realizzazione della discarica al termine della quale ha effettuato e comunicato il collaudo alla Regione? Nel frattempo giunge un’altra tegola per Via, Vrenna e tutti coloro che spingono per realizzare la nuova discarica. Infatti, il 13 gennaio del 2003, viene approvato il decreto legislativo numero 36 che, recependo una direttiva europea del 1999, stabilisce nuovi criteri per la realizzazione delle discariche. Tali criteri rendono il progetto della Mi.Ga. del tutto sorpassato. Il decreto stabilisce tra l’altro che in discarica non può essere sversato il rifiuto non trattato e che le discariche di norma non possono essere realizzate in zona sismica di prima categoria. Classificazione nella quale rientra la Presila intera. La discarica della Mi.Ga. così risulta non utilizzabile perché non a norma e questa condizione, tutt’ora in forza, durerà sulla carta solo sino al 2008. Nonostante questo, Il 23 marzo 2005 Vrenna decide di rilevare integralmente la Mi.Ga.. Chi, cosa, come e quando ha garantito che l’investimento sarebbe stato comunque sicuro? La società che ha un capitale sociale di soli 26.000 euro verrà da ora in poi gestita dall’Amministratore unico Alessandro Brutto, cognato dello stesso Raffaele Vrenna. Con l’approvazione del piano regionale per la gestione dei rifiuti compare un’ennesima anomalia. Nel piano che vieta l’utilizzo degli impianti privati a supporto dell’impiantistica pubblica si sostiene che la discarica privata di Celico è pronta per essere utilizzata. Sulla base di questa affermazione, nel 2007, si inserisce la possibilità eccezionale, riferita all’anno 2008, di utilizzare la discarica privata di Celico per lo sversamento di rifiuti provenienti dal circuito pubblico, nonostante la discarica non rispetti le “nuove” normative. Probabilmente di ciò erano coscienti anche gli amministratori del Patto Territoriale Silano quando, nel 2007, decisero di aiutare Vrenna, regalando alla MI.GA., poco meno di un milione e mezzo di euro di fondi pubblici. Tali fondi, che dovevano essere utilizzati per la promozione dello sviluppo locale, vengono concessi alla Mi.Ga. per acquistare macchinari per il trattamento dei rifiuti solidi urbani da sversare in una discarica. Peccato però che la discarica non è a norma. Comunque, siamo nel 2008. La discarica non può essere utilizzata perché non risponde ai requisiti previsti dalla normativa nazionale. Ma c’è di più. Nel progetto iniziale la strada di accesso passa dal comune di e l’amministrazione di tale centro si è opposta nettamente al transito dei mezzi che trasportano rifiuti. Il Sindaco di Rovito inizia a ricevere intimidazioni pesantissime. Non sappiamo se gli episodi siano legati al diniego per l’utilizzo della strada ma le tempistiche sono preoccupanti. L’opposizione dell’amministrazione di Rovito all’utilizzo della strada è inamovibile. Il transito dei mezzi carichi di rifiuti avrebbero devastato la tranquilla vita dei residenti. Alle preoccupazioni del Sindaco di Rovito si contrappongono le azioni scellerate del sindaco Luigi Corrado di Celico che nel 2008 autorizza la realizzazione di una nuova strada che dalla provinciale che porta a Monte Scuro si inerpica a ridosso del Parco Nazionale della Sila e costeggiando il Cannavino porta in località San Nicola. Vrenna avrà pensato: “se a Celico c’è un Sindaco così accondiscendente è giunto in momento per fare il grande passo”. E così il 27 giugno 2008 la Mi.Ga. decide di richiedere l’autorizzazione per ampliare la volumetria della discarica e per adeguarla alla nuova normativa. Il nuovo progetto si estende sino ad interessare le aree soggette a vincolo per le quali la forestale nel 1997 aveva dato parere nettamente negativo. In questo devastante progetto Vrenna trova complici il Comune di Celico, la Provincia di Cosenza e la Regione Calabria. E’ illuminante leggere i verbali delle conferenza dei servizi che decidono sull’ampliamento della discarica. Nella prima riunione il Sindaco del Comune di Celico, Luigi Corrado, ribadisce “la necessità e l’urgenza ai fini della tutela del territorio e dell’ambiente di avviare rapidamente i lavori di costruzione della discarica, e considerato che la conferenza dei servizi, non aveva raggiunto gli scopi per cui era stata indetta”, ovvero l’ampliamento della discarica, chiedeva che “in tempi brevi fosse predisposta una ulteriore convocazione”. Veramente strana la fretta di Luigi Corrado. Il Sindaco del paese che avrebbe risentito maggiormente degli effetti nefasti dell’apertura della discarica spingeva per giungere al più presto al rilascio delle autorizzazioni. Questa fretta appare ancora più strana quando, leggendo il progetto della MiGa, si ritrova nero su bianco la previsione di quello che sarebbe accaduto di li a qualche anno. La Mi.Ga. infatti, nel richiedere l’autorizzazione, scriveva che con molta probabilità la discarica sarebbe stata utilizzata in occasione delle emergenze per sversare tal quale. Perché dunque tutta questa fretta mostrata dal Sindaco Luigi Corrado?

Ma, chi è Luigi Corrado?

Luigi Corrado è lo stesso primo cittadino che nel 2014, con grande faccia tosta si è presentato al presidio che tentava di bloccare l’utilizzo della discarica. Come poteva nel 2014 sostenere la battaglia di legalità per bloccare la discarica quando egli stesso aveva contribuito in maniera determinante al rilascio delle autorizzazioni, nel 1997 come Consigliere di maggioranza, poi da assessore e, per finire, nel 2008 e 2014 come Sindaco? Luigi Corrado è attualmente capogruppo dei consiglieri di maggioranza con delega all’ambiente, quindi amministra Celico insieme ad Antonio Falcone. Ritornando alla nostra cronistoria, è interessante leggere la posizione dell’Amministrazione Provinciale guidata da Mario Oliverio. Nel primo verbale il rappresentante della Provincia fa una valutazione tecnica dichiarando che non vi sono gli elementi per poter valutare la possibilità di rilascio dell’autorizzazione. Nella seconda riunione la Provincia cambia totalmente tono e con un intervento tutto politico afferma che, “condividendo la politica di gestione dei rifiuti della Regione Calabria, al fine di aumentare le capacità di stoccaggio e trattamento esprime parere favorevole all’ampliamento della discarica”. Altra stranezza che si rileva nei verbali è l’assenza della Soprintendenza ai beni artistici e ambientali. Come ricorderete l’area interessata dalla discarica è soggetta a vincolo paesaggistico ambientale e solo la Soprintendenza avrebbe potuto far valere tale vincolo. L’assenza di tale ente ha permesso pertanto di by-passare impunemente tale vincolo garantendo una sorta di silenzio-assenso. Ma il quadro non è completo senza descrivere chi erano i personaggi che hanno autorizzato l’ampliamento della discarica a livello regionale. Il primo è il pluri-indagato commissario all’emergenza rifiuti Goffredo Sottile. Il secondo è il Dirigente del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria Giuseppe Graziano, attualmente consigliere regionale di Forza Italia, un personaggio paradossale e vediamo perché.

Ma chi è Giuseppe Graziano? Il 7 gennaio 2013, il sito DAGOSPIA, scrive che il ministro dell’agricoltura Mario Catania sta per nominare i nuovi comandanti regionali della forestale. Tra di questi c'è Giuseppe Graziano indagato in Calabria per falso in atto pubblico e abuso d’ufficio. Per lui il tribunale del riesame di Catanzaro aveva disposto la sospensione da ogni pubblico ufficio visto il concreto pericolo che lui ed altri indagati commettessero altri gravi delitti della stessa specie. Dagospia afferma che Graziano è un grande collettore di incarichi pubblici e consulenze. E’ stato anche direttore del Parco del Pollino e in tale veste condannato dalla corte dei conti della Basilicata a restituire 20.000 euro. Mentre era in aspettativa dalla Forestale ha ricoperto l’incarico di dirigente del dipartimento ambiente della regione Calabria. In Calabria è stato a capo del nucleo di valutazione ambientale dando il via libera al parco eolico Borgia 1. Secondo il Pubblico Ministero Villani quel via libera fu dato con innumerevoli irregolarità, configurando il rischio concreto di modificazioni irreversibili del territorio, con danno per l’ambiente eil paesaggio. E’ stato sospeso da ogni pubblico ufficio con sentenza del 16 ottobre 2013 per poi essere nominato comandante regionale della forestale. Vale a dire di quello stesso organo dello stato, posto a difesa dell’ambiente, che nel 1998 aveva rimarcato che non era possibile costruire una nuova discarica in località San Nicola interessando l’area sulla quale egli, come dirigente regionale, nel 2008 forniva invece parere favorevole.

Ritorniamo all’amministrazione Corrado: la realizzazione della discarica è stata voluta ad ogni costo infischiandosene della salute dei cittadini.

Nel carteggio prodotto nel 2008 dalla MIGA, viene allegata una relazione integrativa del sindaco di Celico del 1997, che, sulla base delle misure effettuate dalla MIGA stessa, certifica che la distanza dal centro abitato di Celico è inferiore ai mille metri previsti per legge. Nella relazione si afferma, però, che tale prescrizione può essere superata perché una delibera di giunta regionale permette di derogare la norma se l’impianto non è visibile dal centro abitato. Per quanto l’impianto sia difficilmente visibile dal centro abitato di Celico, è invece perfettamente visibile dal centro abitato di Rovito, dal quale dista meno dei 1000 metri previsti. E’ questa la violazione più grave presente nell’iter autorizzativo insieme al non rispetto delle distanze dai corsi d’acqua e dalle case sparse. La cosa riveste maggiore gravità in quanto tali norme, contenute nelle “direttive tecniche per la progettazione delle discariche per lo smaltimento dei R.S.U. classificate di prima categoria” e approvate con deliberazione delle Giunta regionale n. 4875 del 10/10/1994, sono ritenute valide sino all’approvazione del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti del 2016. Infatti, nel Piano Regionale Amianto per la Calabria del 2016, al § 8.2.11 si afferma che le norma di riferimento per la tutela della popolazione e delle risorse idriche sono il R.D. 523/1904, il D-lgs 42/2004 e s.m.i, il D.lgs 152/2006 e s.m.i. e il D.G.R. n° 4875 del 10/10/1994. Se la norma, che impone che la distanza minima di una discarica da un centro abitato non può essere inferiore a 1000 metri, è rimasta valida sino al 2016, aumentando il limite a 2000 metri dopo l’approvazione del nuovo Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti, com’è stato possibile rilasciare l’autorizzazione nel 2008 e poi rinnovarla nel 2014? Il fatto più allarmante è dato dalla posizione dell’amministrazione di Celico guidata da Luigi Corrado che, ignorando completamente la questione della salute dei propri cittadini e di quella dei comuni limitrofi, autorizza la realizzazione di una discarica pur sapendo che la distanza dall’abitato non garantisce un margine minimo di sicurezza. Che la distanza dai centri abitati non è adeguata se ne accorgono per primi e a proprie spese i cittadini di Rovito e poi quelli di Celico e dei comuni limitrofi quando la MIGA inizia a lavorare rifiuti biodegradabili di cucine e mense, scarti non utilizzati per il consumo o la trasformazione, imballaggi in legno, feci animali, urine e letame per produrre compost. A questo punto si alza la cortina fumogena che tende a presentare la discarica come un sito di compostaggio. Le preoccupazioni dei cittadini si concentrano sulla puzza insopportabile che viene emessa durante le fasi di lavorazione dell’umido, mentre si continua sottotraccia a lavorare per permette l’utilizzo di quella che è nata da subito come discarica. La proteste dei cittadini, soprattutto di Rovito, spingono il prefetto ad intervenire. La MIGA si impegna ad effettuare la lavorazione dell’umido in locali chiusi. Tale prescrizione è da sempre contenuta nelle autorizzazioni rilasciate alla Mi.Ga. ma costantemente violata e costantemente denunciata, mentre, la Regione Calabria, che dovrebbe intervenire revocando le autorizzazioni, ha continuato imperterrita a rilasciare proroghe su proroghe sino al 2015. Nel 2012 la MIGA inizia a commercializzare il compost prodotto con il nome di “Biocompost Compost Biologico” e nell’approvazione del bilancio comunica che a breve entrerà in esercizio il primo lotto di discarica. Ci verrebbe da chiedere per sversare cosa? Coma faceva Mi.Ga. a sapere che di li ad un paio di anni sarebbe esplosa l’ennesima emergenza rifiuti e che la Regione Calabria avrebbe stravolto le norme per permettere l’utilizzo della discarica illegale di Celico? Nello stesso bilancio del 2012 la Mi.Ga. dichiara di aver accumulato perdite per 336.463 euro. Così, nell’Amministrazione guidata da Luigi Corrado qualcuno deve essersi impietosito per una perdita di denaro così consistente e nel luglio 2013 il Consiglio Comunale di Celico approva un protocollo d’intesa per giungere all’utilizzo della discarica della MIGA. E’ nel 2013 che la Mi.Ga. inizia a ricevere rifiuti provenienti dal circuito privato da interrare nella discarica. 2014 - L’ emendamento

Vrenna ha dalla sua l’amministrazione di Celico, la Provincia di Cosenza e tutti coloro che hanno garantito il mantenimento di una situazione di emergenza nella gestione dei rifiuti. Anche il crotonese assessore all’ambiente Pugliano ha tutti gli interessi per interrare nella discarica di Celico i rifiuti di mezza Calabria. Esplode l’ennesima emergenza rifiuti e la giunta regionale guidata dal reggino Giuseppe Scopelliti prepara una legge molto pasticciata composta da soli 4 articoli, che sarà da tutti conosciuta come emendamento Orsomarso, dal nome del consigliere di centro destra primo firmatario, che permette, in deroga al Piano Rifiuti in vigore, l’utilizzo degli impianti privati per lavorare i rifiuti solidi urbani. Tale norma, probabilmente scritta appositamente in modo da risultare di difficile comprensione, permette ai privati la lavorazione anche del tal quale. Dal febbraio 2014 non esistono più ostacoli per utilizzare l’impianto voluto dall’amministrazione di Celico sin dal 1997, in un’area soggetta a rischio sismico 1, a vincolo idrogeologico e paesaggistico-ambientale, a ridosso del Parco Nazionale della Sila, a poche centinaia di metri dai centri abitati, a poche decine di metri dal torrente Pinto e dalla ferrovia e a più di 800 metri sul livello del mare. L’improvvisa, ma non inaspettata, apertura della discarica e dell’impianto di lavorazione dei rifiuti, provoca la reazione delle popolazioni che abitano nei paesi a ridosso del sito. La situazione è ancora più grave perché la carenza di impianti spinge la Regione a disporre lo sversamento di rifiuti non trattati in discarica in violazione di norme nazionali e comunitarie.

Febbraio 2014 – La Presila resiste

Il 16 febbraio 2014 centinaia di persone muovono in marcia dal centro di Celico sino al presidio che diventerà per diversi giorni simbolo della protesta tanto da essere intitolato “piazza della libertà”. Nel presidio decine di persone stazioneranno giorno e notte per impedire il transito dei mezzi che trasportano rifiuti. La resistenza è inamovibile sino al 21 febbraio, quando un centinaio di uomini delle forze dell’ordine tra carabinieri, polizia e guardia di finanza, provano a forzare il blocco. Si giunge ad una mediazione. Al fine di far cessare l’emergenza che ha fatto si che le strade dell’intera Calabria fossero invase dai rifiuti, il presidio concede il transito dei mezzi carichi di rifiuti allo stato tal quale solo per dieci giorni. In cambio pretende il controllo di ogni mezzo per verificare il tipo di rifiuto trasportato e la possibilità di visitare la discarica. C’è da aggiungere che all’inizio delle proteste accadde qualcosa di sconcertante. Innanzitutto la rottura di una condotta dell’acqua potabile proprio lungo la strada che porta alla discarica con l’emissione di un’ordinanza, firmata dal Sindaco Corrado, che inibiva il transito ad ogni mezzo. Questo avvenne senza alcuna lamentela da parte della MiGa. C’era il sentore che fosse in atto un bizzarro gioco delle parti. Mi.Ga. nel corso della vicenda ha più volte affermato di non voler ricevere tal quale nella propria discarica. Probabilmente ciò corrisponde al vero perché riempire subito la discarica e con rifiuti che avrebbero potuto creare seri problemi avrebbe significato l’impossibilità di avere a disposizione una valvola di sfogo per l’impianto di lavorazione dei rifiuti, ovvero la parte più remunerativa della società. Il secondo episodio è ancora più inquietante perché nello stesso periodo qualcuno limitò pesantemente l’agibilità della strada tagliando grossi alberi e riversando sull’asfalto grossi massi. Quello che è certo è che nessuno dei manifestanti più attivi, quelli che poi avrebbero fatto parte del Comitato Ambientale Presilano, sono stati tra gli artefici di tale iniziativa. Comunque, al termine dei dieci giorni l’emergenza rifiuti in Calabria non è cessata. Il presidio si sposta a Contrada Morelli, in prossimità della strada privata di accesso alla discarica che s’innesta sulla provinciale che porta a Monte Scuro. Le istituzioni non mantengono la promessa. Il 3 marzo 2014 il Dipartimento Ambiente della Regione emette quello che sarà l’ultimo dispositivo che tenta di imporre lo sversamento di tal quale nella discarica di Celico. Si susseguono giornate di tensione sotto la pioggia gelida e battente. Più volte le forze dell’ordine tentano di forzare il blocco ma inutilmente. Il giorno della festa della donna, i manifestanti armati del giglio giallo della Sila e urlando legalità, riescono a bloccare un compattatore utilizzato come un ariete dalla polizia per sfondare il blocco. Tra le spinte un manifestante rimane a terra per una compressione toracica. I manifestanti convincono le forze dell’ordine a mollare per fare avvicinare i soccorritori. Nel frattempo la polizia provinciale commina decine di multe per la sosta delle automobili sulla strada che porta al presidio. Per ironia della sorte le multe saranno comminate dallo stesso ente che ha permesso impunemente per anni che mezzi pesanti imboccassero la strada per la discarica abusivamente tagliando la carreggiata in curva. Al termine della giornata si respira un’aria strana. E’ scontato che il prossimo scontro non potrebbe risolversi che con la sconfitta dei manifestanti che tentano di evitare che vengano violate norme nazionali e comunitarie. Iniziano ad arrivare ai manifestanti, da parte della Prefettura, le contestazioni amministrative per i blocchi che prevedono multe di quasi 10.000 euro a testa. Una forma di intimidazione inaccettabile per cittadini che impediscono che vengano violate delle norme di legge. Il giorno successivo si tiene un incontro nella sala consiliare del Comune di Spezzano Sila. Il Sindaco del paese ospitante e il Consigliere provinciale Pietro Lecce mediano e concordano una soluzione. I rifiuti prima di essere sversati in discarica saranno lavorati nell’impianto di Calabra Maceri. La legalità è salva ma i boschi che si volevano tutelare saranno ugualmente violati. Che non vi era alternativa lo si capisce il lunedì successivo quando in contrada Morelli, sede del presidio, si presentano centinaia di celerini imbardati di tutto pugno. Uno scontro non sarebbe stato alla pari e ciò avrebbe permesso di violare la legge con lo sversamento di tonnellate di rifiuti allo stato tal quale. Il Dipartimento Ambiente della Regione accetta l’accordo e da quel momento, anche se non ufficialmente, non sarà più sversato tal quale nella discarica di Celico. Qualche mese più tardi la Regione Calabria guidata dal Governatore facente funzioni Antonella Stasi, che nel frattempo aveva sostituito Scopelliti dimessosi per problemi giudiziari, avrebbe provato nuovamente a forzare la mano ma sarebbe stata costretta a tornare sui suoi passi per la dura presa di posizione del Comitato Ambientale Presilano.

La battaglia legale

Il Comitato Ambientale Presilano alla resistenza civile associa la battaglia legale. Tra le altre cose invia le proprie osservazioni alla conferenza dei servizi che deve decidere sul rinnovo dell’autorizzazione scaduta nel luglio 2013. Si contesta la distanza minima dai centri abitati non rispettata, la presenza di inquinanti nell’area che dovrebbe indurre ad una maggiore prudenza e la mancanza di una relazione geologica a norma. La regione chiede al CAP di fornire maggiori elementi sulle distanze che non rispettano le soglie minime, confermando che una discarica non può essere realizzata a meno di 1000 metri da un centro abitato. Il CAP chiede agli uffici tecnici del Comune di Celico e di Rovito di certificare le distanze e da tali relazioni si scopre che la discarica non ha la distanza minima non solo dai centri abitati di Rovito e Celico ma anche dal torrente Pinto, dalla ferrovia e dalle case sparse. Tutto ciò a conferma dell’illegalità della discarica della Mi.Ga. Le relazioni vengono inviate alla conferenza dei servizi ma il Dipartimento Ambiente sconfessa quanto affermato precedentemente e dichiara che il problema della distanza è già stato valutato in fase di prima autorizzazione e che quindi non può tenere conto della controdeduzione. In altre parole la Regione afferma che è vero che la discarica non rispetta i requisiti per poter essere autorizzata ma che tale autorizzazione sarà rinnovata perché qualcun altro, precedentemente, ha deciso di violare le norme. Il CAP costringe anche il Comune di Celico e la Provincia di Cosenza ad intervenire perché la strada utilizzata per giungere alla discarica non è a norma. Il Comune di Celico non può fare a meno di emettere un’ordinanza che limita il transito solo ai mezzi senza rimorchio e di più ridotte dimensioni. Da parte sua, anche la provincia di Cosenza impone ai mezzi che vogliono accedere alla strada privata che porta in discarica di non attraversare la carreggiata e dunque di accedere dalla direzione opposta, vale a dire da Fago del Soldato. Inutile dire come tali prescrizioni vengano quotidianamente violate se non in presenza di membri del comitato che si sostituiscono alla polizia municipale e provinciale per imporre il rispetto della legge. Giunge l'estate del 2014 e gli impianti regionali non riescono a smaltire tutti i rifiuti prodotti, anche perché la Regione non ha attuato politiche efficaci per rilanciare la raccolta differenziata che raggiunge ancora percentuali irrisorie. Così la Regione non trova di meglio che disporre l'utilizzo anche dell'impianto di Celico per lavorare il tal quale da trasformare in combustibile per l’inceneritore di Gioia Tauro e per sotterrarne gli scarti in discarica. Pertanto sino ai primi mesi del 2015 nell'impianto di Celico sono stati lavorati rifiuti allo stato tal quale e sversati in discarica i rifiuti trattati. In aggiunta a questo non bisogna dimenticare che l'impianto di Celico è privato pertanto ha lavorato e sversato in discarica ogni tipo di rifiuto industriale appartenente alla lunga lista (5 pagine) autorizzata dal comune di Celico, la provincia di Cosenza e la Regione Calabria.

La nuova resistenza presilana e la cultura

Da un’idea del maestro Alfredo Granata il 26 e 27 luglio 2014 al presidio di Contrada san Nicola si svolge #LiberArte “L’arte come denuncia ed impegno civile – Happening en plein air”. Happening, incontri di giorno e di notte si susseguono per capire come procedere nella difesa del territorio. Gli abitanti della Presila ritrovano, finalmente, un’identità perduta. Alfredo Granata, artista celichese, propone e realizza un dipinto sul muro adiacente il bivio che porta al sito di ricovero della spazzatura. Un lavoro di 5 metri di base per 4 di altezza. Il messaggio è forte e provocatorio allo stesso tempo. Decine di calchi urlanti vengono incastonati in un tricolore smarginato da colate violente e selvagge di Verde, Bianco e Rosso. Pochi i calchi presenti nella cromia della speranza. Resistono ancora quelli che hanno il sapore di sepolcri imbiancati e di rivoluzioni perdute. Il tutto viene racchiuso nel simbolo dei cerchi trinitari di Gioacchino da Fiore (padre, figlio e spirito santo). Un omaggio ad un grande personaggio del medioevo che proprio in questo luogo, denominato la valle del Cannavino, è sicuramente transitato per raggiungere . Sono passati tre mesi abbondanti e l’opera, mentre il Comitato partecipava in massa all’incontro del coordinamento regionale dei movimenti ambientalisti a , veniva selvaggiamente distrutta da un mostro meccanico. Una “benna” ha raschiato il muro, lo ha ferito, corroso con forza inaudita per togliere le tracce del passaggio e rendere muti i calchi urlanti che uomini liberi, in un freddo mese di marzo, hanno incastonato battendosi per un sano ideale. Oggi, dell’opera, esistono solo flebili tracce del suo effimero e sfortunato passaggio. Non avrebbe senso restaurarla. Rimane come ricordo di una violenza subita. Dopo lo sfregio subito dall’opera del maestro Alfredo Granata, la risposta è stata forte con la realizzazione di una decina di opere di grande valore artistico. Accanto a tutte le altre iniziative non poteva mancare l’attenzione verso le scuole e così il CAP partecipa ad alcuni progetti nelle scuole primarie per insegnare ai più piccoli la strategia rifiuti zero. Il progetto, tuttora in corso, riscuote grande successo per gli ottimi risultati ottenuti.

Nonostante tutto - Il rinnovo delle autorizzazioni, il rinnovo dell’Emendamento già Orsomarso ora Giudiceandrea

Il 27 ottobre 2014, anche grazie allo Sblocca Italia approvato dal Governo Renzi, il Dipartimento Ambiente della Regione Calabria rinnova l’autorizzazione alla Mi.Ga. per altri 12 anni. L’amministrazione comunale di Celico, allora a guida di Luigi Corrado, fornisce parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione. La Regione Calabria, nel dispositivo, impone il termine del 31 dicembre 2014 come data massima entro la quale la Mi.Ga. può trattare i rifiuti prodotti in Calabria, in ottemperanza all’emendamento Orsomarso. Una postilla sibillina che lega l’utilizzo dell'impianto illegale ad una norma facilmente prorogabile dal Consiglio Regionale. Avverso il rinnovo dell’Autorizzazione Ambientale Integrata il CAP presenta ricorso al TAR e, con il contributo economico dei cittadini presilani, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Spinge anche in modo insistente affinché lo stesso ricorso venga presentato dal Comune di Rovito. Poco tempo dopo il TAR Calabria rigetta la richiesta di sospensiva dell’autorizzazione ritenendo preminente l’interesse economico di Mi.Ga. rispetto alla tutela della salute pubblica, rinviando a data da destinarsi la sentenza di merito. Accade così che dalle dimissioni di Scopelliti, travolto da un’inchiesta giudiziaria, si arriva alle elezioni del novembre 2014 vinte da Gerardo Mario Oliverio da San Giovanni in Fiore. Lo stesso che, da Presidente della provincia di Cosenza, nell’autorizzazione del 2008 ricevuta dalla Mi.Ga. per ampliare la discarica, rilasciava il parere positivo sostenendo di fatto la politica sui rifiuti della Giunta Regionale. Tra i primi atti che firma il Presidente Oliverio vi è la copia conforme delle ordinanze contingibili e urgenti approvate dal gruppo Scopelliti-Stasi-Pugliano- Gualtieri. Guarda caso anche tale ordinanza è controfirmata dal dirigente del settore ambiente Gualtieri che da anni fa il bello e il cattivo tempo nel settore rifiuti con risultati che sono sotto gli occhi di tutti i calabresi. L’ordinanza che permette l’utilizzo degli impianti privati ha scadenza al 31 maggio 2015 ma questa “garanzia” non basta ed il 20 gennaio 2015 viene presentata in consiglio regionale una legge che proroga l’emendamento Orsomarso sino al 30 settembre 2015. Si arriva così al paradosso che vede il consiglio regionale approvare all’unanimità la proroga del cosiddetto emendamento Orsomarso. Votano a favore anche il consiglieri Carlo Guccione, quello che l’anno prima presentò denuncia in Procura, e il consigliere Giuseppe Giudiceandrea che in campagna elettorale spergiurava che mai e poi mai avrebbe votato una legge simile.

La caparbietà del CAP impone alla Regione di non sversare mai più tal quale

Allo scadere della prima ordinanza contingibile e urgente firmata da Oliverio ne segue un’altra nel maggio 2015 peggiorativa della precedente. Infatti la nuova ordinanza permette non solo agli impianti pubblici ma anche a quelli privati il trattamento dei rifiuti in modo non conforme alla legge. Il CAP reagisce e alcuni parlamentari ex- cinquestelle presentano un’interrogazione al Ministro dell’Ambiente. Il numero di ordinanze è superiore a quanto previsto dalla legge. Il Ministro risponde in modo sibillino affermando di aver chiesto chiarimenti alla Regione Calabria ma di non aver avuto risposta. Qualche giorno dopo l’ing. Pallaria, responsabile del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, in un’audizione in commissione ambiente afferma che allo scadere dell’ultima ordinanza la Regione non potrà rinnovarla. Infatti dal novembre 2015 in tutta la Calabria non è più permesso sversare tal quale direttamente in discarica.

Il Comitato Ambientale Presilano non demorde

Ad agosto 2015 il CAP elabora un documento che dichiara l’impianto non a norma e chiede alla Regione di ritirare l’AIA in autotutela sospendendo le lavorazioni. Il Comitato riesce a far firmare il documento anche ai Sindaci di tutti i paesi della Presila, anche se molti di loro accolgono l’iniziativa con scarso entusiasmo. Un documento molto simile nel contenuto viene firmato da diversi parlamentari nazionali ed europei, dal consigliere Giudiceandrea e da circa 8500 cittadini. La raccolta delle firme è frutto dell’impegno, oltre che del CAP, di decine di cittadini che si recano presso il presidio temporaneo, istituito su di un cavalcavia della SS 107, ritornando con i moduli colmi di firme. Fu la prova provata della volontà della Presila di ribellarsi all’ecomostro. Il 24 settembre 2015, il CAP promuove ed organizza la ‘Fiaccolata in difesa dei diritti della Presila’ #oraomaipiù il 19 ottobre 2015, in una riunione appositamente convocata negli uffici della cittadella regionale, vengono consegnate al Governatore Oliverio le 8500 firme raccolte con allegate le motivazioni per le quali l’AIA va ritirata in autotutela. Il Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, per conto del Governatore Oliverio, si impegna a non inviare nessun tipo di rifiuto pubblico nell’impianto della MiGa, sia per lavorarlo che per smaltirlo. Emette inoltre un dispositivo che sospende l’AIA per l’impianto di lavorazione dei rifiuti fino al completamento dei lavori previsti per limitare le emissioni odorigene. La Mi.Ga. può comunque continuare a smaltire in discarica i rifiuti industriali, perché tale possibilità è prevista sin dal 2008 dall’autorizzazione rilasciata dalla Regione Calabria con l’assenso dell’Amministrazione di Celico, vero e proprio sponsor dell’operazione. Non è esattamente ciò che chiedeva il CAP, ovvero di non rinnovare ulteriormente il ‘decreto Orsomarso’, di ritirare completamente l’Autorizzazione Integrata Ambientale e dunque di fermare immediatamente e definitivamente il conferimento e la lavorazione dei rifiuti con la chiusura definiva della discarica. In ogni caso l’accordo raggiunto, limitando la quantità di rifiuti da lavorare e abbancare, provocava grossi danni economici alla Mi.Ga. che avrebbero potuto portare al collasso economico della società con conseguente cessazione di tutte le attività. La realizzazione dei capannoni

Da parte delle istituzioni locali il problema della presenza dell’impianto è da sempre stato confinato solo alla presenza del cattivo odore. Probabilmente per la coscienza sporca per aver ideato, autorizzato e finanziato un mega impianto/discarica non si è mai voluto riconoscere che i problemi sono ben più gravi della sola emissione odorigena fastidiosa. Sarà per questo che si è corso ai ripari concedendo l’autorizzazione a realizzare dei mega capannoni dotati di biofiltro per cercare di limitare le emissioni odorigene. La storia dei capannoni dimostra ancora una volta che la politica non ha mai approfittato delle non conformità per giungere alla chiusura dell’impianto ma ha sempre cercato un modo per rendere l’impianto “a norma”. Il progetto dell’impianto del 2008 prevedeva solo la realizzazione di un capannone di discrete dimensioni mentre le vasche per la maturazione dei rifiuti erano situate completamente all’aperto. Probabilmente ciò aveva un senso perché ottenere l’autorizzazione per realizzare strutture di notevoli dimensioni con un impatto visivo devastante sarebbe stato abbastanza complesso, considerata la posizione dell’impianto a ridosso del Parco Nazionale della Sila. Per la Regione Calabria e il Comune di Celico l’impatto visivo non è stato considerato un problema quando nel 2014 è stata autorizzata la realizzazione di “tettoie” a ridosso del vecchio capannone e la copertura delle vasche. E qui nascono due nuovi problemi. Quando e come il Comune di Celico ha fornito il proprio indispensabile parere per la realizzazione delle tettoie? E se di tettoie si tratta, come mai sono stati realizzati almeno altri due capannoni anche più alti del preesistente senza che nessuno sia intervenuto a sanzionare l’abuso?

Il nuovo Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti

Il 31 ottobre 2015 vengono presentate le Linee Guida del Nuovo Piano Regionale Rifiuti che contengono uno stanziamento a favore della Mi.Ga. di 13 milioni di euro spalmati su due anni. Ciò accade mentre la Mi.Ga. continua lavori di ampliamento delle buche e adeguamento dell’impianto. Il 28 dicembre 2015, nonostante tutto, il Consiglio Regionale approva una proroga all’emendamento Orsomarso diventato nel frattempo Giudiceandrea che rimarrà in vigore sino 31/12/2017. Il Comitato Ambientale Presilano riesce ad incidere pesantemente anche nel processo di approvazione del nuovo Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti che dovrebbe essere approvato definitivamente entro la fine del 2016 sostituendo finalmente quello del 2007. Il CAP riesce infatti a fare inserire nel piano 5 delle 6 osservazioni presentate nella fase preliminare. In particolare è stato chiesto di integrare nel Piano: gli impatti sulla fauna, l’economia e le popolazioni; promuovere il trattamento della frazione umida con pratiche di compostaggio di comunità e vermicoltura locale; incentivare la gestione pubblica e partecipata; fornire una costante informazione alle popolazioni sui risultati del monitoraggio degli impianti; individuare delle fasce di rispetto dai centri abitati. Le osservazioni sono state accolte integrandole nel nuovo Piano. Di particolare rilievo è quella sulle fasce di rispetto dai centri abitati che ha spinto la Regione ad introdurre una distanza minima delle discariche dai centri abitati di 2000 metri riducibili a 500 quando vengono conferiti prevalentemente RSU. La distanza minima di 2000 metri è un parametro di sicurezza tra i più prudenti presenti nei piani regionali. La possibilità di ridurre tale limite a 500 metri è stata contestata nelle osservazioni presentate nella fase successiva di consultazione per la quale si attende ancora risposta. In tali ultime osservazioni sono state richiesti elementi migliorativi e innovativi aggiuntivi.

L’11 gennaio 2016 il Comitato Ambientale partecipa nuovamente ad una riunione con il Dirigente Generale del Dipartimento Ambiente. La regione Calabria comunica che dopo aver analizzato la richiesta, gli uffici preposti, hanno valutato che non esistono le condizioni per ritirare l’AIA in autotutela. Il Dipartimento conferma che la discarica rimarrà chiusa ai conferimenti di rifiuti appartenenti al circuito pubblico ma rimarrà operativa e funzionante per i rifiuti privati, industriali e non. Oliverio non è presente. Durante la riunione, negli uffici del Responsabile settore rifiuti della cittadella regionale, si aggira stranamente l’amministratore delegato della Mi.ga.. E’ solo una coincidenza? Durante la riunione il Dirigente Generale del Dipartimento Ambiente, Ing. Pallaria, suggerisce al CAP di integrare le motivazioni per sostenere il ritiro dell’AIA con motivazioni più forti. Il CAP si conto che manca la volontà politica ma anche la strada legale non può essere tralasciata. Comprende che è necessario chiedere il supporto di un pool di legali, ma mancano i fondi. Decide così di chiedere ai sindaci della Presila di conferire incarico ad un pool di legali e suggerisce di inserire nel gruppo due avvocati che seguono da anni tutte le vicende ambientali della regione. L’incarico verrà conferito dopo tante insistenze nell’autunno successivo e la relazione sarà consegnata nel novembre del 2016.

11 marzo 2016 - La politica banchetta con la MiGa

Nel marzo 2016 la Mi.Ga. invita politici regionali e amministratori locali a ‘visitare’ la discarica. Presenti i consiglieri regionali Guccione e Giudiceandrea e alcuni sindaci dell’area presilana, compreso il sindaco di Celico Antonio Falcone. Guccione dichiara pubblicamente che l’AIA non verrà ritirata e che anzi, quella discarica ‘sarà utilizzata’. Giudiceandrea si mostra ‘soddisfatto dei risultati ottenuti’. Sembra farsi prepotentemente strada una nuova opzione, il cosiddetto Piano B. Si paventa la possibilità di utilizzare la discarica per conferire l’indifferenziato dei soli comuni della Presila (è prossima la definizione degli Ambiti di Raccolta Ottimale) e l’impianto per la lavorazione della frazione umida di tutta la provincia. Probabilmente la classe politica locale non ha alcuna fiducia nella possibilità di arrivare alla chiusura dell’impianto e cerca una soluzione alternativa. Soluzione che, come vedremo più avanti, non risolve in alcun modo il problema ma, anzi, permette al gestore di tenere l’impianto aperto e di continuare a diffondere sostanze maleodoranti nei circondario.

15 marzo 2016 – Occupazione del Comune di Celico

Nell’assenza di risposte concrete il CAP chiede insistentemente la convocazione di un tavolo politico per giungere al ritiro dell’AIA. La politica tergiversa. Il 15 marzo 2016 occupa simbolicamente il Comune di Celico. Il CAP chiede la convocazione di un tavolo politico affinché gli impegni presi in regione vengano messi nero su bianco. Chiede inoltre che i sindaci della Presila deliberino formalmente l'impegno a non utilizzare in nessun caso l'impianto di Celico. Il Sindaco di Celico Antonio Falcone non la prende bene ma alla fine tratta con la Prefettura e così, finalmente, si ottiene una data per la convocazione. Il CAP sospende l’occupazione.

6 aprile – Le istituzioni locali cambiano strategia Il 6 aprile in Prefettura si tiene il tavolo tecnico. Partecipano: il Prefetto, due rappresentanti del CAP, diversi sindaci della Presila, l’amministratore delegato di Mi.Ga., Unindustria e l’Ing. Pallaria Dirigente Generale del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria. Da premettere che il CAP aveva richiesto al Prefetto di evitare la presenza della Mi.Ga. non volendo partecipare a incontri con società sotto inchiesta per reati di tipo mafioso. Ovviamente tale richiesta, non supportata dai Sindaci, fu subito rigettata. Nella riunione, il sindaco di Casole Bruzio, Salvatore Iazzolino, da sempre in prima linea nella lotta per la chiusura della discarica, fa una proposta probabilmente concordata con gli altri colleghi: si chiede di poter utilizzare l’impianto per la lavorazione e lo sversamento dei rifiuti prodotti solo dai comuni della Presila. Ciò avviene nello stupore generale dei membri del CAP, del rappresentante del Dipartimento Ambiente e dello stesso Prefetto. Come scritto chiaramente su alcuni documenti della Regione sino all’aprile del 2016 non sono stati trasportati rifiuti pubblici nell’impianto di Celico a causa della contrarietà dei sindaci. Dopo le dichiarazioni rilasciate in Prefettura tutto cambia. “Tana libera tutti”. La Regione è a corto di impianti e quindi ne approfitta: dal 14 luglio 2016 dispone la lavorazione nell’impianto di Celico della frazione organica prodotta dai comuni della fascia presilana e di altri dell’hinterland cosentino. L’impianto è così riaperto al circuito pubblico. Ciò implica, non solo la possibilità di lavorare l’organico prodotto da un determinato numero di comuni dell’hinterland e quindi lo sversamento in discarica degli scarti, ma il via vai di rifiuti provenienti dalla Campania, ufficialmente scarti del rifiuto calabrese lavorato in un impianto di Battipaglia. L’emissione di odori nauseabondi prodotti dalla discarica e dall’impianto di lavorazione raggiunge nuovamente limiti intollerabili. A ciò si aggiunge il cattivo odore lasciato dai tir provenienti dalla Campania, che ufficialmente avrebbero dovuto trasportare scarti lavorati e quindi privi di cattivo odore.

Autunno del 2016

Nell’autunno del 2016 a seguito di un blitz dei NAS all’Ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza viene sequestrato il deposito di rifiuti speciali dell’Ospedale, gestito dalla ditta Salvaguardia Ambientale, di proprietà del gruppo Vrenna che nel frattempo è in attesa della sentenza di appello su ricorso della DDA che chiede il sequestro dei beni. Tra il settembre e l’ottobre del 2016 la Regione Calabria indice due gare d’appalto. Una per l’affidamento ad impianti regionali del servizio di trattamento e recupero dei rifiuti organici e l’altra per lo smaltimento di rifiuti in discarica. Non è certo se la Mi.Ga. abbia partecipato, ma ha tutte le condizioni per partecipare alla prima gara mentre per la seconda mancherebbe l’autorizzazione per lo smaltimento di uno dei codici CER previsti. Come al solito il cerchio si chiude sempre a favore di Mi.Ga. Infatti il 29 settembre 2016 la Regione autorizza lo sversamento di nuove tipologie di rifiuti (aumento dei codici CER) nella discarica di Celico. Tra questi ci sono gli scarti della lavorazione dei rifiuti quando questi non vengono trattati esattamente a norma di legge. Sono gli scarti che la Regione ha autorizzato, con una ordinanza contingibile e urgente, a produrre e conferire in discarica ai gestori degli impianti pubblici e privati. Essendo tali impianti insufficienti si fa in modo che lavorino più velocemente i rifiuti non permettendo la completa biostabilizzazione e producendo uno scarto fuori norma (CER 19.06.01), quindi non abbastanza innocuo e tale da poter arrecare maggior danno alle geomembrane e all’ambiente circostante. Mi.Ga. così ha tutte le “carte in regola” per poter partecipare ad entrambi i bandi regionali. Il 4 novembre 2016 l’amministrazione comunale di Celico conferisce la cittadinanza onoraria al Dott. Nicola Gratteri e al Prof. Antonio Nicaso. Durante le cerimonia il CAP consegna al Procuratore Gratteri un dossier sulle discariche di Celico, mentre un rappresentante dell’associazione Libera chiede un impegno come cittadini per la risoluzione dei problemi ambientali della Presila. Il 15 novembre 2016 il pool di legali incaricato consegna ai Sindaci le ulteriori motivazioni da consegnare alla Regione per il ritiro in autotutela dell’Autorizzazione Integrata Ambientale. Ma è evidente che senza volontà politica, con i Sindaci che non credono più e non chiedono il ritiro dell’AIA ma l’utilizzo esclusivo dell’impianto/discarica, le possibilità che la Regione Calabria revochi l’autorizzazione alla Mi.Ga. sono ridotte al lumicino. Il 3 dicembre 2016 il CAP partecipa ad un incontro con il Governatore Oliverio, l’assessore all’ambiente, i dirigenti regionali del settore ambiente e alcune organizzazioni ambientaliste per discutere del nuovo piano regionale per la gestione dei rifiuti. Durante l’incontro l’assessore conferma l’accettazione delle nuove osservazioni al piano presentate da CAP e dal progetto Rovito Pulita e recepisce quelle nuove esposte al tavolo. In particolare la Regione si impegna a finanziare un centro di ricerca Rifiuti Zero nell’Università della Calabriae progetti di educazione ambientale nelle scuole, a prevedere la possibilità della gestione pubblica locale del ciclo dei rifiuti, il finanziamento dei piccoli impianti di compostaggio/lombricoltura, l’introduzione di un regolamento sulle emissioni odorigene. Inoltre con l’approvazione del nuovo piano non potranno più essere autorizzati impianti e/o discariche in zone che distano meno di 2 chilometri dai centri abitati. Nella stessa riunione il CAP ottiene la convocazione di un tavolo tecnico per discutere delle emissioni odorigene provenienti dall’impianto/discarica della MiGa. Il 6 dicembre 2016 il CAP è invitato a relazionare all’UNICAL nel corso “Percorsi di resistenza civile – a scuola di antimafia”. Durante la lezione viene proiettato il video documentario “Devastazione consapevole”.

…e siamo al 2017. Alla ricerca della puzza che non c’è.

Il 20 gennaio 2017, sul BURC numero 7, è stato pubblicato il Decreto n° 11412 del 29/09/2016, per l’approvazione del nuovo Piano di Monitoraggio e Controllo, e per permettere la lavorazione e lo smaltimento di nuovi Codici CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti) nell’impianto di Celico della Mi.Ga. Srl.

Il 23 febbraio 2017, a seguito delle continue segnalazioni causate dagli insostenibili olezzi che invadono i centri abitati Presilani, su richiesta del Dipartimento Ambiente della Regione Calabria e alla presenza di membri del Comitato Ambientale Presilano, due tecnici delegati del dipartimento provinciale dell’Arpacal, congiuntamente ad alcuni funzionari regionali del Dipartimento Ambiente, effettuano un sopralluogo presso l’impianto gestito dalla Mi.Ga. Il “controllo” avviene senza effettuare alcuna misurazione autonoma e basandosi, invece, su quanto documentato dallo stesso gestore dell’impianto (praticamente “il controllato”). Al termine del sopralluogo, i tecnici Arpacal stilano un verbale nel quale sostengono che: “era avvertibile odore di rifiuti solo in prossimità del punto di scarico degli stessi sul corpo della discarica”.

Nei giorni a seguire il CAP denuncia pubblicamente il pressappochismo degli organi di controllo ARPACAL. L’ARPACAL risponde con una piccata nota nella quale si legge, nero su bianco, che: “successivamente alla realizzazione delle opere migliorative completate nel 2016, il problema delle emissioni odorigene dall’impianto, grazie all’attività di controllo e segnalazione all’Autorità Regionale Competente effettuata proprio dall’Arpacal, è oggi risolto. Infatti nel controllo effettuato in data 23/01/2017 non è stato avvertito, né dai tecnici dell’Arpacal né dai funzionari della Regione, alcun odore molesto in prossimità dell’Impianto Miga Srl e nel lato est della discarica, né tanto meno nel centro abitato di Rovito”. Nasi troppo raffinati quelli dei Presilani, evidentemente. Il CAP, nei giorni a seguire, si fa promotore di varie iniziative di protesta e dà voce all’indignazione dei cittadini che la puzza la sentono e come! Il 28 febbraio, l’Arpacal comunica pubblicamente che “la valutazione dell’impatto olfattivo prodotto dalla discarica di Celico, in provincia di Cosenza, rappresenterà l’oggetto di una cooperazione inedita tra Arpa italiane”. Infatti, segue: “sulla vicenda delle emissioni odorigene provenienti dalla discarica di Celico (…) rimane forte la protesta popolare sui cattivi odori che si percepirebbero nei centri urbani confinanti con l’impianto. (…) L’Arpacal ha ritenuto (…) di approfondire ulteriormente la problematica con l’ausilio di metodologie più usate in Nord Italia”. Fa strano leggere di come l’Arpa Calabria intenda avviare una partnership che “permetta di monitorare e stimare un’emissione odorigena” che solo qualche giorno prima si diceva inesistente! Comunque sia, il CAP non tarda a plaudire pubblicamente all’iniziativa, mentre, come da copione, alcuni Sindaci tentano di attribuirsene pubblicamente il merito. Nel frattempo, a cavallo tra fine febbraio e inizi di marzo, il tanfo nauseabondo proveniente dagli impianti MI.GA., invade di nuovo, e in maniera particolarmente insistente, l’abitato rovitese.

Durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo 2017, il CAP organizza una serie di incontri pubblici a partire dalla proiezione del docufilm autoprodotto “Devastazione Consapevole”. Così, si tengono assemblee in diversi comuni Presilani e a Cosenza, per discutere delle strategie da intraprendere per giungere alla chiusura della discarica di Celico. Nel corso di questi incontri, il Comitato raccoglie l’impegno di diversi Sindaci e amministratori comunali a che i relativi Consigli adottino una delibera con la quale chiedere, al Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, la sospensione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata alla Mi.ga come previsto ai sensi dell’ art.29-decies, comma 9, del D.Lgs 152/2006 e successive modificazioni. Questo, in ragione della violazione delle prescrizioni e delle condizioni autorizzative di cui al decreto 12587 del 27 ottobre 2014. Al punto C dello stesso si legge, infatti, che: “durante la gestione della discarica, devono essere adottati tutti quegli accorgimenti necessari per evitare la produzione e la diffusione di polveri e odori sgradevoli”. Ed è evidente, come ripetutamente testimoniato dalle popolazioni locali e dai loro rappresentanti politici, che la MI.GA. diffonde quotidianamente, nell’ambiente circostante, odori sgradevoli non tollerabili.

Nel frattempo il TAR emette il giudizio di merito sul ricorso della MiGa che chiedeva l’annullamento dell’ordinanza che limita il transito dei mezzi pesanti sulla strada comunale che porta alla discarica. Il TAR conferma le limitazioni ma, nello stesso tempo, i mezzi continuano ad imboccare l’accesso violando le prescrizioni imposte dalla Provincia. Il CAP presenta un esposto alla Polizia Provinciale chiedendo il rispetto del codice della strada.

Il 5 aprile 2017 il Senatore Nicola Morra interroga il Governo sulla situazione “allarmante” relativa alla discarica di Celico. Qualche giorno dopo parte la campagna “adotta un presilano” che invita chiunque a segnalare all’ARPACAL e all’ASP la presenza di odori molesti.

Tra la fine di marzo e la metà di maggio 2017, i Consigli Comunali dei Comuni della Presila approvano la delibera promessa. In sostanza si chiede l’immediata sospensione dell’AIA per violazione delle prescrizioni contenute nel piano di monitoraggio e controllo.

L’8 aprile 2017, il TG Calabria della RAI trasmette un lungo servizio diviso in tre puntate sulla discarica di Celico e lo replica nella puntata di Buongiorno Regione del 9 aprile.

A metà maggio, i sindaci dei 13 comuni che avevano deliberato per la sospensione dell’AIA insieme al Comitato Ambientale Presilano chiedono un incontro urgente al Governatore Oliverio.

Nel frattempo il Dipartimento Ambiente:

- riduce i codici CER autorizzati alla MiGa, eliminando quelli “non meglio specificati”, per i quali l’amministratore della MiGa aveva già dato piena disponibilità nell’ultimo incontro in prefettura; - modifica il piano di monitoraggio e controllo imponendo la verifica delle emissioni di polveri e i composti organici volatili. In ogni caso le verifiche sono previste solo una volta ogni sei mesi e vengono effettuate direttamente da MiGa, mentre ARPACAL si limita a verificare quanto dichiarato dal gestore; - autorizza MiGa ad utilizzare 750.000 euro accantonati per la gestione post chiusura dell’impianto, sostituendoli con una semplice fideiussione. -

Estate 2017. Assemblee permanenti, mobilitazioni collettive e incontri dalla data ballerina.

Per ottenere l’incontro si attiva un presidio permanente in Piazza del Popolo di Rovito. Si susseguono proiezioni di film e documentari, presentazioni di libri, dibattiti, seminari, spazi di studio e di approfondimento che vedono la presenza di vari ospiti: docenti universitari, medici, scrittori e artisti locali, componenti di associazioni, movimenti e forze di rappresentanza, voci dal mondo cattolico.

Così, l’attenzione collettiva sulla vertenza è sempre più alta, la Presila è in fermento, e arriva una prima data. L’incontro col Presidente Oliverio, per chiedere l’immediata sospensione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, è fissato per il 13 giugno presso la cittadella regionale, ma un’ora prima dell’appuntamento la riunione salta e viene rinviata al 21 giugno. I manifestanti che si erano radunati nella villetta di Celico in attesa di notizie da Catanzaro, dopo un costruttivo e bel dibattito, decidono di mandare un segnale al Governatore passeggiando tra i due svincoli della statale 107 e chiedendogli di presentarsi a discutere in Presila. Alla manifestazione partecipano, unite, diverse realtà associazionistiche, politiche e movimentiste del territorio Presilano e dell’hinterland cosentino.

Il CAP ancora una volta non demorde. E anzi, fa la voce grossa, niente affatto scoraggiato dal fatto che il Presidente Oliverio abbia dato forfait. Sono i giorni dell’impegno e della mobilitazione. Sono giorni caldi, di lavoro nelle piazze, tra la gente, con la stampa. Le testate giornalistiche locali si occupano quotidianamente della vicenda, l’opera di informazione e di sensibilizzazione è incessante. Il CAP produce un video che avrà circa 18.000 visualizzazioni e che vede la partecipazione spontanea dei bambini e delle bambine che vivono, loro malgrado, nei dintorni della discarica. Sono loro che rivendicano futuro, solo loro a chiedere al Presidente: “la chiuda questa discarica” https://www.facebook.com/pg/comitatopresilano/videos/?ref=page_internal .

Il Presidente Oliverio non può rifuggire le sue responsabilità e non può ignorare né disattendere le richieste compatte e univoche dei Presilani (quelli d’origine e quelli “d’adozione”). Così arriva una nuova data per l’incontro alla cittadella regionale, il 21 giugno alle ore 13.00. Il Comitato organizza la propria delegazione e indice una grande manifestazione pubblica di supporto all’incontro, ma il Presidente, ancora una volta, e a pochissime ore dall’appuntamento cambia, anticipando, la data e l’ora della riunione. L’incontro si terrà martedì 20 Giugno. I Presilani, che hanno la testa dura, neppure questa volta cedono, e decidono (di nuovo) di aspettare il verdetto di Oliverio, tutti insieme, a Casole, alla Villetta di Via Cona. Nel frattempo, a Celico, seduto alle porte del municipio, Giovanni, una delle colonne portanti del Comitato Ambientale Presilano è in sciopero della fame.

20 giugno 2017. L’incontro in cittadella.

Il 20 giugno sono auditi alla cittadella regionale alcuni fra gli attivisti del Comitato Ambientale Presilano e una delegazione di sindaci e amministratori del territorio, assieme al Consigliere Regionale Giudiceandrea e ad alcuni rappresentanti del PD locale. Il dibattito è serrato, si susseguono i vari interventi finché non si giunge alla determinazione del Presidente della Regione, certamente non accolta con entusiasmo dal Dipartimento e dall’assessore competente, di sospendere per 90 giorni ogni tipo di conferimento presso l’impianto della Mi.Ga.. E’ una nuova vittoria della Presila Resistente.

Il dispositivo regionale emanato conferma che l’emissione di molestie olfattive è intollerabile, che è necessario avviare verifiche e realizzare un monitoraggio, anche olfattometrico, specifico, che gli interventi già adottati sono risultati insufficienti perché non risolutivi. La sospensione è, quindi, per la regione Calabria e per il suo Presidente, Oliverio, un’azione non rinviabile. Il tutto è scritto nero su bianco.

Allo stesso tavolo si prendono accordi circa l’istituzione di una commissione di studio chiamata a collaborare col dipartimento Ambiente con l’obiettivo di indicare le motivazioni per il ritiro dell’AIA rilasciata alla Mi.Ga. Srl; di studiare le anomalie presenti nel rilascio della stessa AIA; di valutare le violazioni delle prescrizioni da parte del gestore; di individuare tempi e modi per determinare la chiusura definitiva dell’impianto illegale della Mi.Ga. di Celico. La commissione vede presente un delegato del Comitato Ambientale Presilano e gli avvocati Calzone e Nardi, esperti in materia ambientale e segnalati dallo stesso Comitato.

Sono giorni di vero e proprio giubilo collettivo. Non è finita, anzi. Ma è una, se pur temporanea, boccata d’aria (letteralmente): in Presila, grazie all’impegno unitario e caparbio di tutti e tutte, si torna a respirare l’aria pulita e fresca della Sila. per saperne di più: https://www.facebook.com/comitatopresilano/posts/1811775155504426 https://www.facebook.com/comitatopresilano/posts/1824943960854212:0

Protesta e proposta

Il 24 giugno 2017, in Piazza del Popolo di Rovito, il CAP con la collaborazione di tante associazioni locali ospita Rossano Ercolini, presidente di zero Waste Europe, vincitore del Goldman Environmental Prize 2013, il cosiddetto Nobel per l’Ambiente. La partecipazione di diverse realtà associazionistiche locali, che hanno collaborato tra loro in maniera tanto inedita quanto significativa e riuscita, ha dato vita ad un evento straordinario: non solo una giornata di studio e di approfondimento, di divulgazione ed informazione, ma anche una grande eco-festa, con stand e gastronomia a rifiuti zero, laboratori artistici e di riciclo e riuso, musica dal vivo. Una giornata memorabile!

Il ricorso al TAR: si va verso l’autunno a discarica “sospesa”

Mentre Vrenna ricorre al TAR ritenendo illegittimo il dispositivo di sospensiva emanato dal Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, viene istituito un pool di legali e tecnici per seguire la vicenda legale e studiare le contromosse.

Il 22 agosto 2017 si tiene la prima udienza al TAR per il ricorso presentato dalla MiGa. Il presidente decide di accogliere la richiesta di rinvio presentata dai legali del pool. L’udienza successiva si terrà l’11 ottobre. Nel frattempo il Dipartimento Ambiente della Regione commina una sanzione alla MiGa per non aver effettuato la misurazione delle emissioni odorigene così come previsto.

Il 12 settembre, alcuni tecnici dell’ARPACAL si recano nell’impianto della MiGa per prelevare alcuni campioni d’aria in uscita dal biofiltro che dovrebbe limitare gli odori diffusi dalla lavorazione dei rifiuti. Al sopralluogo erano presenti i tecnici dei comuni di Celico e Rovito e quelli del CAP. Per l’ennesima volta si ha conferma di quello che viene denunciato da anni e cioè che non ci si può fidare di ARPACAL e di conseguenza del Dipartimento Ambiente che dovrebbe essere l’ente che dispone il tipo e la quantità di verifiche da effettuare. Da qualche giorno, nell’impianto erano stati notati movimenti di operai, che erano assenti da molto tempo. Inoltre, un odore sgradevole aveva invaso i dintorni dell’impianto. Durante i campionamenti effettuati per verificare l’emissione di sostanze odorigene, è stato notato che tutte le porte dei capannoni erano aperte. Inoltre, durante il primo campionamento, i tecnici hanno avuto difficoltà a creare la dovuta depressione nell’apparecchiatura che doveva prelevare l’aria in uscita dal filtro. Alla richiesta di mettere a verbale tali incongruenze è seguita l’irritazione prima del gestore e poi di ARPACAL, fino al punto che entrambi sono arrivati a rifiutarsi di sottoscrivere un verbale. Il CAP denuncia l’accaduto e ARPACAL minaccia querela.

Il 19 settembre il Dipartimento Ambiente reitera per altri 60 giorni il provvedimento di sospensione dei conferimenti in discarica, smentendo le dichiarazioni false dell’Amministratore delegato della Mi.Ga., Alessandro Brutto, prontamente riportate da certa stampa, che annunciavano in pompa magna la riapertura immediata dell’impianto di Celico. Nel dispositivo viene richiesto al gestore di provvedere ad una serie di adeguamenti tecnici, terminati i quali l’impianto sarà riaperto, e sottoposto a controlli.

Il CAP ribadisce la necessità che i sindaci deliberino per chiedere al Dipartimento Ambiente di avviare l’iter per il riesame dell’AIA.

Il TAR accoglie altre richieste di rinvio. Dall’11 ottobre si passa all’8 novembre, al 31 gennaio 2018 e poi al 28 febbraio 2018.

La metà di dicembre 2017 scatta l’operazione “Stige” diretta dal Procuratore Capo di Catanzaro Gratteri. Nelle intercettazioni si ascoltano loschi personaggi discutere di rifiuti ospedalieri del cosentino da sotterrare vicino ad una scuola del crotonese. Pare che i rifiuti fossero trasportati con i mezzi delle aziende dei fratelli Vrenna. Ad adiuvandum: sempre più unita la Presila dice no ai Vrenna

In vista dell’udienza al TAR del 28 febbraio, i Sindaci dei Comuni di Celico, , Rovito e e il Parco Nazionale della Sila, deliberano la costituzione in giudizio per sostenere il ricorso al TAR del Comune di Rovito contro il rinnovo dell’AIA rilasciata alla MiGa. Nelle delibere si legge che l’intervento ad adiuvandum è richiesto “al fine di tutelare maggiormente gli interessi della cittadinanza che, oltretutto, nel corso degli anni ha costantemente lamentato l’illegittimità dei provvedimenti autorizzatori emessi dalla Regione Calabria, ritenuti fortemente lesivi dell’ambiente circostante.

Vrenna si smarca con l’assist del solito Dipartimento Ambiente ma il fronte NO DISCARICA non demorde

Il 23 febbraio 2018 MiGa ritira il ricorso al TAR avverso la sospensiva dei conferimenti disposta dalla regione Calabria. Il gestore accetta le prescrizioni regionali che impongono l’apertura graduale, subordinata ad alcuni accorgimenti tecnici e a migliorie strutturali, e l’avvio di un piano di controllo delle emissioni. Infatti, dal dicembre del 2017, il Dipartimento ha lavorato ad approntare una procedura di gara per l’assegnazione a terzi di un piano di Monitoraggio Olfattomentrico. Le verifiche, pur opportune, richiederanno tempi molto lunghi ed è previsto siano operate ad impianto funzionante: chiaramente il tentativo è quello di riuscire nel frattempo a riempire la discarica e a monetizzare il più possibile. Contestualmente, quindi non per caso, il Dipartimento Ambiente dispone la riapertura dell’impianto dal 12 marzo 2018.

E’ un chiaro gioco delle parti: il Dipartimento Ambiente è cosciente che l’impianto di Celico non è a norma, ma avendo rilasciato l’autorizzazione nel 2008 e avendola rinnovata nel 2014, pur in assenza di requisiti indispensabili, non ha nessuna intenzione di rischiare, con il ritiro in autotutela, una richiesta di risarcimento danni ingente. Nello stesso tempo non vuole correre il rischio di soccombere in una eventuale richiesta di risarcimento danni per aver emesso dei dispositivi di sospensione dei conferimenti. Il gestore dal suo canto cerca di ottenere il massimo dei vantaggi continuando ad avere il coltello dalla parte del manico. Non bisogna dimenticare, infatti, che l’unica discarica utilizzata dalla Regione per interrare gli scarti di lavorazione dei rifiuti prodotti in gran parte della Calabria, è quella privata dei fratelli Vrenna di Crotone.

Il 9 marzo il Sindaco di Celico organizza una riunione urgente con gli altri sindaci della Presila, i legali e tecnici incaricati, il Consigliere Regionale Giudiceandrea e il CAP. Si individuano strategie legali e politiche per provare a bloccare la riapertura dell’impianto. Viene prodotto un documento con il quale si rinnova la richiesta al Governatore Oliverio di non utilizzare Celico per la lavorazione/sversamento di rifiuti appartenenti al circuito pubblico e di non sottoscrivere accordi con altre regioni per importare rifiuti extraregionali.

Alla richiesta dei Sindaci seguono delle riunioni tecniche presso la cittadella regionale. La Regione accetta di non disporre il conferimento di rifiuti pubblici nell’impianto. Rispetto al Piano olfattometrico di cui sopra, i Comuni presentano alcune osservazioni cercando di concordare le modalità di questo monitoraggio; il CAP presenta un documento col quale ribadisce la propria posizione: nessun rilevamento scientifico e nessuna prescrizione tecnica saneranno mai i vizi ab origine di una discarica illegale, che va chiusa. La richiesta del CAP è che la Regione avvii un procedimento di riesame delle autorizzazioni impropriamente rilasciate e poi rinnovate. I cittadini presilani non sono cavie umane e non sopporteranno un solo giorno in più di puzza e inquinamento. Si raggiunge così anche un accordo rispetto alla necessità di procedere con nuove sospensive in caso di molestie olfattive percepite dalla popolazione.

Il 19 marzo si tiene una veglia di preghiera nella chiesa di Santa Barbara di Rovito. Il prete don Francesco Greco, con il sostegno della Diocesi, usa parole pesanti come macigni benedicendo la lotta.

Il 21 marzo il TAR rigetta il ricorso per l’annullamento del rinnovo dell’AIA. Il dispositivo chiarisce una volta per tutte che le autorizzazioni sono state concesse in violazione delle norme (ancora in vigore) sulle distanze minime dai centri abitati ma afferma che non è possibile annullare il provvedimento di rinnovo, perché il ricorso, nello specifico sulla questione distanza, andava fatto al momento del rilascio dell’AIA. I Sindaci presentano ricorso al Consiglio di Stato avverso la sentenza e l’udienza è fissata al 24 gennaio 2019.

Il 22 marzo inizia il conferimento in discarica di rifiuti provenienti dalla Campania. Il CAP scrive al Dipartimento Ambiente chiedendo immediate informazioni, sollecitando l’ARPACAL ad effettuare verifiche e campionamenti e a darne contezza ai cittadini.

Il 26 marzo viene rinvenuta una busta con due proiettili calibro 9 X 21 attaccata al portone di ingresso del municipio di Rovito.

Nel frattempo il CAP organizza per il 28 marzo una manifestazione nella villetta comunale di Celico. Contestualmente l’Assessore all’Ambiente pubblica i risultati delle ispezioni dell’ARPACAL. In discarica sarebbero stati conferiti scarti di plastica e carta provenienti dal circuito COREPLO e compost fuori specifica per ricopertura. È chiaramente un tentativo di placare la rabbia. Il giorno successivo il CAP organizza un sit-in al bivio “Petramuni” della SS107 per monitorare il traffico di rifiuti e informare la popolazione. Dopo qualche ora, in una dichiarazione alla stampa l’amministratore della MiGa attacca a testa bassa la chiesa e il Sindaco di Celico. La prima sarebbe incoerente per aver venduto, a Crotone, un terreno destinato a deposito di rifiuti, il secondo avrebbe la colpa di aver ribaltato le decisioni dei suoi predecessori favorevoli alla realizzazione dell’impianto.

L’autunno del 2018

A novembre 2018 prende il via il piano di monitoraggio olfattometrico curato dall’aggiudicatario della gara, la società Osmotech S.r.l. di Pavia. Il monitoriaggio, della durata di circa un anno, è articolato in tre fasi e utilizza, in combinazione, modelli teorico-pratici, segnalazioni anonime di privati cittadini e analisi olfattometriche tramite nasi elettronici. È il piano di monitoraggio più sofisticato che la Regione abbia mai messo in piedi. Il Piano sopperisce finalmente all’incapacità tecnica dell’ARPACAL di effettuare i dovuti controlli e rappresenta un utile riscontro, e forse anche un deterrente rispetto a pratiche di mala gestione delle lavorazioni, ma è anche vero che, nelle more di queste attività di ricerca, l’impianto rimane operativo e i presilani, dopo anni di lotte e patimenti, poco necessitano di ulteriori conferme. L’impianto è illegale e il suo impatto socio-ambientale è intollerabile.

Per info sul piano di monitoraggio: https://drive.google.com/file/d/16lCfo9pwG6UHdSqAe_sgQejI58XWHMtL/view

Dopo l’avvio del piano di monitoraggio, segue qualche mese in cui tutto sembra tacere. La discarica, nella dimensione attualmente autorizzata, è quasi colma e rimangono pochi mesi di abbanco. In ogni caso, anche a discarica esaurita, rimarrà utilizzabile l’impianto di lavorazione dei rifiuti. Quest’ultimo riceve l’umido dalle città di Salerno e Napoli, una pratica non proprio limpida giacché la legge vieta la movimentazione di rifiuti pubblici in assenza di un accordo specifico tra le regioni. Per vederci più chiaro il CAP invia una richiesta di chiarimenti al Dipartimento Ambiente il quale risponde che la lavorazione dei rifiuti campani è conforme alle norme in quanto trattasi di materiale trattato e trasformato. A questo proposito, alcune sentenze di Cassazione riconoscono al rifiuto solido urbano lavorato la classificazione di speciale, altre no. La materia è ostica e non esiste una sola consolidata certezza in tema. Un eventuale ricorso al TAR e poi al Consiglio di Stato richiederebbe tempi lunghi e costi economici insostenibili. E quindi per il momento questa vicenda viene accantonata.

Dicembre 2018. La gestione ATO: un ritorno a tempi più bui? Cosa sono gli ATO? Brevemente: una legge nazionale del 2011, recepita con una legge regionale del 2014, prevede che siano i comuni ad occuparsi della gestione del ciclo dei rifiuti tramite gli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali). In Calabria gli ATO sono 5 e ognuno comprende i paesi delle diverse province. Il presidente dell’ATO di Cosenza è l’avv. Marcello Manna, sindaco di Rende.

Anche se è dal 2015 che la Regione sollecita i Comuni a predisporre ogni atto necessario per iniziare a gestire direttamente la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, quando, al 31 dicembre 2018, si realizza l’ormai improrogabile passaggio di competenze, gli ambiti si fanno trovare del tutto impreparati. Quello di Cosenza e provincia ha una sola discarica attiva e per altro in corso di ammodernamento, poco o nulla è stato fatto per cambiare radicalmente le modalità di produzione e smaltimento dei rifiuti, e ancora una volta si cercano (per ora senza trovarli) luoghi idonei a costruire nuove discariche. Le ormai consuete gare per lo smaltimento extra regionale sono andate deserte e la Calabra Maceri, il principale operatore del settore nell’ambito del cosentino, minaccia la possibilità di non voler collaborare direttamente con i comuni, perché spesso e volentieri questi sono risultati economicamente inadempienti. Inoltre, la giunta regionale vive un momento di forte instabilità politica, dato che il presidente Oliverio è stato destinatario di una misura cautelare nell’ambito di una significativa indagine giudiziaria. Ed è stante questa situazione, magari ancora una volta artatamente creata, con una nuova paventata emergenza alle porte, che “improvvisamente”, dal cilindro di qualche politico prestigiatore spunta la discarica di Celico e la possibilità di un suo utilizzo nel circuito pubblico. Un terribile passo indietro. I cittadini presilani sono ancora una volta beffati.

È del 18 dicembre 2018, una comunicazione tra Argruso (Dirigente settore rifiuti) e il presidente dell'ATO Cosenza (avv. Manna sindaco del Comune di Rende) in cui per la prima volta si cita uno schema di contratto "in corso di stipula" con Mi.Ga. Srl […] secondo il quale la Mi.ga si troverà ad incassare 3.300.000 euro per l’attività di smaltimento dei rifiuti pubblici, per un quantitativo di 120 tonnellate giornaliere dal lunedì al sabato.

Ancora una volta promesse non mantenute. La Mi.GA. e il suo impianto illegale sono di nuovo al servizio del circuito pubblico calabrese. Il rischio che Vrenna richieda un sovrabbanco, dato che per lui c’è ancora possibilità di fare affari in Presila, si fa sempre più alto.

Il futuro

La lotta per la difesa della legalità, dell’ambiente e della salute non terminerà sino a quando i cittadini non l’avranno vinta. Si sentirà parlare ancora per anni della lotta di Resistenza del popolo Presilano.

Presila, gennaio 2019.

Il Comitato Ambientale Presilano