Agromafie E Caporalato Primo Rapporto Agromafie E Caporalato Primo Rapporto
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A cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto Agromafie e Caporalato Primo Rapporto Agromafie e Caporalato Primo Rapporto A cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto Hanno collaborato alla redazione del rapporto: Jean Renè Bilongo, Anna Canepa, Francesco Carchedi, Giancarlo Caselli, Donato Ceglie, Stefania Crogi, Massimiliano D’Alessio, Maurizio De Lucia, Ivana Galli, Silvia Guaraldi, Roberto Iovino, Alessandro Leogrande, Vincenzo Liarda, Cinzia Massa, Dino Paternostro, Giuseppe Ruggiero, Yvan Sagnet, Serena Sorrentino, Giuseppe Vadalà, Alessandra Valentini. Alla memoria Progetto grafico ed impaginazione: Eureka3 di Placido Rizzotto e di tutti i sindacalisti Si ringraziano: che hanno perso la vita tutti i delegati e dirigenti Flai, i rappresentanti delle Istituzioni e delle Organizzazioni che hanno fornito dati e storie utili alla realizzazione del volume. per la nostra libertà Un sentito ringraziamento al pittore Gaetano Porcasi per le immagini in appendice. Osservatorio Placido Rizzotto c/o Flai Cgil Via Leopoldo Serra 31 - 00153 Roma Presidente: Stefania Crogi Presidente Onorario: Giancarlo Caselli Comitato Scientifico: Mauro Baldascino, Anna Canepa, Andrea Campinoti, Francesco Carchedi, Donato Ceglie, Maurizio De Lucia, Alessandro Leogrande, Placido Rizzotto Jr, Giuseppe Ruggiero, Marcello Tocco, Giuseppe Vadalà. Primo Rapporto | Agromafie e Caporalato | 5 1. Prefazione di Giancarlo Caselli Procuratore Capo della Repubblica di Torino La mafia, le mafie: com’è noto, esse affondano le proprie origini nella terra, nelle campagne. Tanto più il territorio era duro, impervio, scosceso e impraticabile, tanto maggiori sono state la durezza, la forza e la violenza che i clan hanno dovuto impiegare per imporsi. La terra è stata il possedimento, la tenuta, la materializzazione geografica del potere mafioso, il quale - sulla falsariga dei cicli della natura e delle prassi degli animali - ha costruito i suoi riti e le sue usanze, primitivi ma identitari. La mafia si è abituata negli anni a scannare gli esseri umani come si scanna un vitello, a squagliare un ragazzino nell’acido con la stessa “disinvoltura” con la quale si arrostisce un agnello. Ha usato ed usa la terra (ma, soprattutto, ne abusa) per nascondersi, darsi alla latitanza, interrare rifiuti tossici, costruire immonde città abusive, dopo aver sventrato e fatto scomparire centinaia di montagne. Dalla terra è partita - la mafia - per invadere altri territori, con la violenza e l’avidità tipiche degli animali famelici e feroci. È penetrata nelle città, si è impadronita di ogni singolo quartiere, frazione, strada, vicolo: per imporre il pizzo a tutti, per trasformare il territorio in mercato di stupefacenti e di morte, in teatro di scontri brutali, facendo uso di tritolo, bazooka, bombe. Ha ammazzato e ammazza bambini, donne, ignari esseri umani, l’unica colpa dei quali è spesso quella di transitare in un certo posto nel pieno di un regolamento di conti, o di avere una lontana somiglianza con qualche mafioso o camorrista da ammazzare. Dalle campagne alle città, dalle periferie al centro, dal sud verso il nord d’Italia, e poi ancora in Germania, in Olanda, nel resto d’Europa e in altre parti del mondo (con una strategia d’espansione che ormai viene comunemente definita 6 | Agromafie e Caporalato | Primo Rapporto Primo Rapporto | Agromafie e Caporalato | 7 “colonizzazione”). Quanto al nostro Paese, non è un caso che il bene confiscato Mentre ancora vi sono (e tardano a scomparire) “anime candide” - ma più spesso alla mafia di maggiore estensione non si trovi in Sicilia o al Sud, ma nella ricca impudenti - che si permettono di dire che la mafia, le mafie, non esistono. e “insospettabile” provincia senese, nella florida Toscana. È qui che la famiglia Infliggendoci assurdità e bestemmie (che siamo stati costretti ad ascoltare Graviano, regnante nel quartiere Brancaccio di Palermo, ha riciclato parte dei tantissime volte negli ultimi trent’anni) a colpi di slogan secondo cui la mafia proventi derivanti dalle estorsioni e dalla droga, impossessandosi di una bellissima al nord non esiste e l’economia del nord è fatta solo di brava gente ed onesti azienda agricola di Monteroni D’Arbia, estesa su un’area di circa 700 ettari coltivati lavoratori, slogan intrecciati con il vergognoso assunto che “pecunia non olet”. ad oliveti e vigneti, operando attraverso prestanomi e professionisti sempre pronti a fornire la loro preziosa collaborazione alle cosche mafiose. Mentre la realtà sempre più evidente delle mafie è che esse hanno costruito un vera e propria economia “parallela”. Pian piano essa risucchia nel suo gorgo Ricicla - la mafia - e reinveste. Già trent’anni fa, nell’intervista rilasciata qualche commerci, imprese e forze economiche sane, che spesso trovano difficoltà enormi giorno prima di esser trucidato a Palermo in via Carini, il Prefetto-Generale Carlo nel costruire le loro sorti ed il loro futuro sul rispetto delle pratiche legali. Così Alberto Dalla Chiesa denunziava che: “La mafia ormai sta nelle maggiori città l’economia illegale inesorabilmente avanza e si espande, come un’onda che si italiane dove ha fatto grossi investimenti edilizi o commerciali e magari industriali. insinua dovunque e cerca di impadronirsi di tutto: una mafia “liquida”. Che finisce Interessa conoscere questa accumulazione primitiva del capitale mafioso, questa per comprimere il mercato e la libera concorrenza riducendoli a scatole vuote. fase di riciclaggio del denaro sporco, queste lire rubate, estorte che architetti o grafici di chiara fama hanno trasformato in case moderne o alberghi e ristoranti à E tuttavia, pur essendo la mafia sempre più un’impresa criminale globale, essa la page. Ma interessa ancora di più la rete mafiosa di controllo, che grazie a quelle mantiene le sue radici ben saldate nella terra, nelle campagne, nei boschi, nei case, a quelle imprese, a quei commerci, magari passati a mani insospettabili, burroni scoscesi, sulle montagne: è lì che si continuano a nascondere i latitanti, corrette, sta nei punti chiave, assicura i rifugi, procura le vie di riciclaggio, controlla ed è lì che continuano ad essere celebrati primitivi e barbari riti di iniziazione, di il potere”. affiliazione, di punizione. È nascosti nelle terre e nelle campagne che i mafiosi delineano le strategie criminali, scrivono e trasmettono con le staffette i tanti Da trent’anni a questa parte la mafia ha programmato una continua espansione “pizzini” contenenti ordini che vanno assolutamente rispettati, che si incontrano dei suoi interventi, diversificando, moltiplicando e potenziando gli investimenti in con mafiosi di altri clan per stringere alleanze, decidere stragi, gestire traffici e ogni settore, acquistando tra l’altro aziende agricole, agriturismi, villaggi turistici imbastire affari criminali. In altre parole, la mafia è caratterizzata da una radicale e supermercati, come testimonia un maxi-sequestro di tali beni e attività disposto continuità con se stessa, nel senso che mantiene un forte localismo territoriale dalla magistratura siciliana contro l’attuale numero uno della mafia, Matteo pur conducendo attività illecite in una dimensione globale e reticolare. Messina Denaro (successore di Toto’ Riina) e la sua fidatissima rete di complici ed affiliati. Questa sintesi (che è della sociologa Alessandra Dino) corrisponde ad un quadro che risulta da migliaia e migliaia di pagine di rivelazioni di collaboratori di giustizia, Ha varcato tutti i confini la mafia, ha attraversato gli oceani, ha stretto patti con da fiumi di intercettazioni e video-riprese, da centinaia di motivate condanne che le altre mafie. Ha creato imperi economici e paradisi fiscali. Interi stati “canaglia” lo Stato democratico ha inferto a mafiosi di ogni risma e tipologia. sono dominati da clan internazionali che trafficano illegalmente in mille settori dell’economia, corrompono, inquinano, devastano, ammazzano. La mafia sempre Ma tutto ciò, anche senza accertamenti giudiziari e risultanze probatorie, era ben si lascia dietro un deserto di miseria e disperazione, ruba il futuro di intere chiaro ai sindacalisti, dirigenti e militanti contadini, che con indomabile coraggio generazioni, avvelena l’economia e la politica: in sostanza è responsabile di un si batterono - per lunghissimi e difficili anni - contro la mafia ed il latifondo siciliani. “saccheggio globale” che costituisce un’norme minaccia per l’umanità intera. Praticamente a mani nude, forti soltanto delle loro idee e della loro generosità. Dal 1945 al 1966 le vittime di questa impari lotta per la giustizia furono ben 36, 8 | Agromafie e Caporalato | Primo Rapporto Primo Rapporto | Agromafie e Caporalato | 9 cui si devono aggiungere i contadini massacrati a Portella delle Ginestre. Una La farina, la pasta, l’olio, il vino il miele e quant’altro si produce sui terreni confiscati vera e propria strage, durata oltre vent’anni, che tra le altre stroncò la vita del ai mafiosi è appunto la materializzazione della legalità come convenienza: in quanto giovane Placido Rizzotto cui è intitolato l’Osservatorio su Agromafie e Caporalato restituzione del “maltolto”, cioè di parte delle ricchezze accumulate dalla mafia del quale qui si presenta il primo rapporto nazionale. mediante un sistematico drenaggio delle risorse ed un’economia di rapina che condiziona e “vampirizza” il tessuto economico legale (a forza di estorsioni, usure, Aveva appunto capito Placido che sulla terra e per la terra si saldavano due truffe, appalti truccati, tangenti). Drenaggio che ingrassa i mafiosi e i loro complici potentissime