Annual Report 2020 Annual Report 2020 Annual Annual Report 2020
Total Page:16
File Type:pdf, Size:1020Kb
Annual Report 2020 Annual Report 2020 Annual Annual Report 2020 FPA - Annual Report 2020 Edizioni FORUM PA ISBN 9788897 169673 Grafica e impaginazione a cura di Latografica Finito di stampare nel mese di Gennaio 2021 da TMB Stampa Srl - Roma FPA / ANNUAL REPORT 2020 INDICE La PA ai tempi del Covid: da granitica burocrazia a realtà fluida e porosa, con il coraggio di cambiare . 7 Un quadrilatero magico per una PA capace di cambiare il paese . 19 L'inizio di un circolo virtuoso? . 27 . Time line . 34 La pubblica amministrazione oltre la pandemia . 37 Competenze e persone: il bisogno di una visione strategica di lungo periodo . .63 Trasformazione digitale come architrave di una ripresa sostenibile . 95 Città e territori per una nuova geografia urbana . 12. 7 Sanità: competenze e digitale per una governance collaborativa e il potenziamento del territorio . 157 Programmazione europea, UE e Italia ad un appuntamento chiave . 175 Procurement pubblico, la necessità di un cambiamento oltre le norme . 201 I nostri asset . 218 Gli autori . 222 I partner . 224 Il team di FPA . 228 / 5 / FPA / ANNUAL REPORT 2020 LA PA AI TEMPI DEL COVID: DA GRANITICA BUROCRAZIA A REALTÀ FLUIDA E POROSA, CON IL CORAGGIO DI CAMBIARE di Gianni Dominici Direttore Generale FPA Per molti anni, più di trenta, noi di FPA abbiamo seguito il lento agire della nostra pubblica amministrazione, scandito da riforme, da adempimenti, da scadenze, da leggi rinovellate all’in- finito, ma anche da una grande voglia di cambiare, di rispondere ai bisogni sempre più articolati e complessi che provengono dai diversi territori, dalle famiglie, dalle imprese. Lo scorso anno ci lasciammo, in questa occasione, descrivendo un paese e una PA che lentamente stavano deli- neando un progetto organico di lavoro e di cambiamento. Usammo l’immagine del caleidoscopio dove i diversi pezzettini sparsi, rappresentanti le energie vitali diffuse nel paese, si struttura- no e si coordinano insieme per restituirci finalmente un’immagine definita. Ma, aggiungevamo, basta uno scossone, che sia politico, istituzionale o economico, e la bella e armonica immagine del nostro caleidoscopio si frammenta di nuovo, isolando quella moltitudine di innovatori che da sempre porta avanti, molto spesso dal basso, processi di innovazione in un paese che, appunto, non fa sistema. Purtroppo lo scossone c’è stato, ed è anche stato forte. In Italia, in Europa, nel mondo intero è arrivato il cigno nero, l’improbabile che ha cambiato la nostra vita. Una di quelle occasioni in cui, come scrive Taleb1, la storia non striscia, salta (anche se, a dir la verità, per lo stesso autore un’epidemia come l’attuale non è poi un evento così improbabile). Non è ancora il tempo dei bilanci ma è indiscutibile che il colpo subìto dal nostro paese sia stato violento. La riduzione stimata del PIL (Istat) è del - 8,9% (quasi un decimo), la contrazione più ampia dal 1945 ad oggi, paragonabile solo a quelle degli anni di guerra (nel 1943 fu del -15,2%). Nel periodo febbraio- settembre, nei 7.903 Comuni considerati dall’Istat, ci sono stati 50.443 decessi in più rispetto alla media degli anni 2015-2019, con un incremento complessivo del 12,1%. In 7 Comuni capo- luogo l’incremento dei decessi nel periodo gennaio-agosto 2020, rispetto alla media dei cinque anni precedenti, è stato superiore al 45%, in 23 compreso tra il 15% e il 45%, in 30 tra il 5% e il 15%. E il saldo finale, purtroppo, è inevitabilmente destinato a peggiorare. Il paese intero è stato colto impreparato, dimostrando generosità in molte reazioni individuali ma anche le sue debolezze strutturali: un sistema produttivo fragile, composto prevalentemente da piccole e piccolissime aziende, un’economia debole in cui è ancora fortissimo il contributo del sommerso (con un’evasione fiscale stimata, nel rendiconto annuale dello Stato, pari a 1.002,8 / 7 / FPA / ANNUAL REPORT 2020 miliardi di euro), un processo di digitalizzazione delle imprese e delle istituzioni terribilmente lento, una classe politica geneticamente immatura che molto spesso continua a occupare spazi pubblici (basti citare i casi eclatanti dei commissari alla sanità in Calabria o del micro-purificatore d’aria anti-Covid proposto da chi era stato eletto Presidente di InnovaPuglia), una realtà sociale sempre più spesso divisa e che si contrappone con fanatismo manicheo su importanti questioni di vita collettiva (è sufficiente, purtroppo, seguire le violente discussioni sui social). Un paese che si è fatto trovare in ritardo in merito ai due pilastri che rappresentano la strategia europea dei prossimi anni e che dovrebbero essere alla base della progettualità in grado, come ha detto Ursula von der Leyen, di “indicare la via d’uscita da questa fragilità per approdare a una nuova vitalità”: il tema della transizione all’economia verde e quello della trasformazio- ne digitale. Secondo quanto evidenziato nell’ultimo rapporto ASviS relativo al 2020, in Italia si registra un peggioramento per 9 dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, così come appaiono del tutto insoddisfacenti i risultati relativi a 21 dei 169 target che avrebbero dovuto essere raggiunti nel corso dell’anno appena trascorso: «in dodici casi, infatti, il nostro paese appare lontano dai valori di riferimento, dalla riduzione delle vittime di incidenti stradali al numero di giovani che non studiano e non lavorano (NEET), dalla definizione da parte delle città, di piani per la gestione dei disastri naturali, alla difesa della biodiversità». Analoghe considerazioni si possono fare per quanto riguarda il tema della trasformazione digitale, andando a prendere i risultati del famigerato indice DESI che colloca l’Italia al 25° posto tra i 27 Stati membri della UE. Tra gli altri ritardi, siamo entrati nella fase pandemica con ampie fasce della popolazione con ancora limitata possibilità di accedere a servizi e contenuti digitali, come dimostrano i dati sulla diffusione complessiva della banda larga (viene raggiunto il 61% delle famiglie contro una media europea del 78%). In questo contesto si collocano le nostre considerazioni sul settore pubblico, sulle sue molteplici articolazioni che comunque rappresentano l’interfaccia fra lo Stato e il Governo da un lato, e i problemi e le necessità delle famiglie e delle imprese dall’altro, acuiti ed esasperati dall’emer- genza pandemica. Un settore che, proprio per questo, spesso si trova a essere il capro espia- torio di un Sistema paese, nel suo complesso, arretrato. In questo particolare anno, più ancora che il settore pubblico, infatti, sono apparsi vecchi e inadeguati i modelli interpretativi utilizzati per leggere una realtà comunque in movimento, e che ha reagito alla minaccia. E così, spesso, nell’interpretare, nel commentare – in alcuni casi, anche nel giudicare – le nostre PA, sono pre- valsi vecchi schemi di lettura, con il risultato di andare ad alimentare luoghi comuni sul lavoro pubblico che, non solo non hanno aiutato e non aiutano a creare quella necessaria coesione di cui il paese ha bisogno, ma sono diventati una vera minaccia al cambiamento. Si è infatti raf- forzato quel meccanismo inibitorio in base al quale le persone appartenenti a un gruppo sociale oggetto di stereotipo negativo, rimangono condizionate nei comportamenti, tanto da ridurre effettivamente le proprie prestazioni e generare situazioni di bassa motivazione e abbandono delle attività. Scriveva Dostoevskij che “se vuoi trasformare un uomo in una nullità non devi fare altro che ritenere inutile il suo lavoro”. Questo è quello che molti si ostinano a reiterare, senza aver la capacità (né forse l’interesse o la volontà) di cogliere, di leggere e interpretare i prodromi del cambiamento. La pubblica amministrazione che emerge dopo questi mesi intensi è ben diversa da quel cor- paccione inerme, da quella granitica burocrazia che ancora troppo spesso viene evocata. È, al Photo by the blowup on Unsplash / 9 / FPA / ANNUAL REPORT 2020 FPA / ANNUAL REPORT 2020 contrario, una realtà fluida e porosa, in cui i confini non sono più netti dal punto di vista orga- ne con una tempistica che ci consenta poi di completare, con i fondi strutturali del 2021-2027, nizzativo e culturale, ma permeabili ai flussi materiali e immateriali generati nel contesto di i progetti di più lunga durata e far maturare i semi buoni dell’innovazione sociale intrapresa». riferimento dai molteplici attori sociali. Una realtà che, nelle sue moltitudini, si è dimostrata Senza dimenticare, inoltre, che le risorse che avremo a disposizione determineranno un’occa- più aperta al cambiamento, al confronto, a reagire agli improvvisi stimoli esterni, di molti suoi sione irrepetibile per riattivare il sistema economico del Mezzogiorno. commentatori. Ovviamente non si tratta di semplificare e dire che il lavoro pubblico, complessi- vamente, non porta con sé anche numerosi problemi. Noi stessi descriviamo il fenomeno della E allora andiamo a vedere le caratteristiche salienti e, soprattutto, le dinamiche di reazione burocrazia difensiva come ancora molto diffuso, ed episodi come la débâcle iniziale del click day della PA che deve contribuire a costruire l’Italia del futuro, andando a riprendere alcuni tratti per il bonus mobilità, dimostrano la persistenza di forti resistenze al cambiamento e antichi descritti e approfonditi all’interno dell’annual report. difetti. Al contrario, però, se continueremo a svalutare il lavoro pubblico, a evidenziarne solo i problemi invece che a valorizzare, a mettere in rete le soluzioni e le eccellenze, il fallimento della Dal punto di vista strutturale la nostra ricerca annuale sul lavoro pubblico ci restituisce la radio- PA nel gestire il nostro futuro rischia di diventare una profezia che si auto-avvera, tanto per grafia della condizione attuale. I dipendenti pubblici nel 2018 sono 3.224.822, quasi 20mila in continuare con l’interpretazione socio-psicologia. E questo, tra l’altro, in un momento storico meno rispetto al 2017 e 212.000 in meno rispetto al 2008. Le amministrazioni su cui maggior- in cui è evidente che abbiamo bisogno di una capacità progettuale e di attuazione che si può mente hanno pesato le politiche di contrazione della spesa sono state le Regioni e le autonomie ottenere non bypassando le strutture attuali, ma valorizzandole.