Mario Mineo, La Rivista “Praxis” Esistono Storie Che Fanno Parte Di Una Storia Più Vasta Che Le Comprende E Le Spiega

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Mario Mineo, La Rivista “Praxis” Esistono Storie Che Fanno Parte Di Una Storia Più Vasta Che Le Comprende E Le Spiega Rivista di Storia delle Idee 2:1 (2013) pp. 89-143 ISSN.2281-1532 http://www.intrasformazione.com DOI 10.4474/DPS/02/01/RCR51/55 Patrocinata dall’Università degli Studi di Palermo Maria Albanese Mario Mineo, la rivista “Praxis” Esistono storie che fanno parte di una storia più vasta che le comprende e le spiega. La narrazione che segue la scoperta e la ricostruzione, possiede un compito affascinante, ovvero quello di rendere fruibili eventi che scorrono senza sosta dinanzi alla nostra facoltà rappresentativa. Il tempo e lo spazio sono capaci di dar dignità all’obliato collocandolo, secondo la definizione tanto cara a Kant, uno dopo l’altro e uno accanto all’altro. Ciò significa donare una dimensione reale al mero factum e al pensiero che lo ha prodotto. La storia dunque è legata al pensiero, alla ragione di quanti hanno contribuito a scriverla e a svilupparla. Secondo Hegel nello sviluppo è contenuta la mediazione, poiché qualcosa si da sempre in riferimento ad un’altra. Tutto è sviluppo: l’uomo, la natura e il pensiero. L’uomo arriva all’esistenza con le sue peculiarità e introduce sempre una differenza destinata a cambiare il corso degli eventi. Quella di Mario Mineo è una storia che non era mai stata narrata nella sua totalità, una storia che si inserisce per la sua importanza, all’interno di precisi eventi politici nazionali e siciliani. Il presente lavoro costituisce la ricostruzione di un pensiero originale e colto che ha saputo leggere in maniera singolare la storia politica del nostro paese, abbracciando un arco temporale molto vasto che va dagli anni ’40 alla metà degli anni ’80. La prima e la seconda parte della ricerca che qui pubblichiamo riguarda le vicende che hanno visto Mineo protagonista: dall’antifascismo clandestino degli anni ‘40, fino all’impegno politico negli anni ’70. Per ricostruire le sue scelte politiche abbiamo guardato attraverso le sue lenti di studioso ed intellettuale complesso. Grazie ai suoi scritti e alle tante testimonianze raccolte abbiamo ricostruito la sua travagliata vita politica, che non è solo la storia di un intellettuale comunista, ma si inserisce in contesti molto più ampi e ci narra del Psiup e del Pci degli anni ’40 e ’50. Mineo ci consegna il quadro nazionale e internazionale in cui opera: le tensioni tra i due grandi Partiti Comunisti, quello sovietico e quello cinese, le contraddizioni del Pci e la nascita di un “bisogno di comunismo” alla sua sinistra. Attraverso le sue parole si coglie l’ideologia e l’utopia della costruzione di un partito rivoluzionario che saldi la sua origine di partito massimalista con la fusione delle forze alla sinistra del Pci. Abbiamo studiato le parole del Mineo antifascista appena ventenne che subito dopo la guerra aderisce al Pci, per uscirne in maniera critica per la prima volta, per poi entrare nel Psiup, dando il suo importante contributo per la stesura dello Statuto Regionale sull’Autonomia. Inoltre Mineo è stato eletto deputato regionale nelle liste del Blocco del Popolo del ’47, dando prova di lealtà e coerenza, portando avanti i temi dello sviluppo economico dell’isola che tanto gli stavano a cuore. E poi il complicato rapporto da “odi et amo” con il Partito Comunista Italiano, la scelta di rimanervi organico fino al 1963, pur criticando molte delle sue scelte, dal centralismo democratico al rapporto con Pcus e a certo atteggiamento stalinista e contraddittorio, anche in seguito alla pubblicazione del rapporto Kruscev. Il rapporto con il Pci accompagnerà sempre le riflessioni politiche di Mario Mineo, che sfoceranno spesso in critiche molto aspre; quando deciderà di allontanarsene definitivamente, gli si apriranno strade e percorsi totalmente nuovi. La sua idea sarà sempre quella di costruire in Italia un partito rivoluzionario forte, aggregando le forze a sinistra del Pci. Dedicherà tutta la sua vita politica e personale a questo grande sogno, che non è l’utopia di un rivoluzionario fuori dal tempo: la sua grande idea è sempre stata corroborata da analisi attente e minuziose sulla società italiana. Il suo pensiero è del tutto originale, perché frutto di letture e conoscenze diverse rispetto agli altri militanti di sinistra. Esempio ne è la sua idea politica di “crisi di regime” in contrapposizione a quella di sistema, che accompagnerà tutte le sue teorizzazioni. L’altro importante nodo teorico è stato senz’altro quello del tipo di organizzazione del partito: era contro ogni forma di spontaneismo e movimentismo e a favore di un partito costruito in maniera leninista. Come vedremo, all’inizio degli anni ‘60 fonda “Sinistra Comunista” che rappresenta il primo tentativo di aggregazione, ma l’esperienza si conclude velocemente. Decide di aderire, assieme al suo gruppo, alla IV Internazionale di Livio Maitan, ma lo farà in maniera critica, ovvero non appoggiando la pratica dell’entrismo. Contestualmente darà vita ad un’esperienza destinata a rimanere nella storia: la fondazione nel ’65 del Circolo Labriola, con un taglio più culturale, ma che gli permette di intercettare l’intelligenza della sinistra palermitana e non solo. Al 89 Rivista di Storia delle Idee 2:1 (2013) pp. 89-143 ISSN.2281-1532 http://www.intrasformazione.com DOI 10.4474/DPS/02/01/RCR51/55 Patrocinata dall’Università degli Studi di Palermo Labriola si coniuga l’arte alla politica, grazie alla personalità di Mario Mineo da un lato e di Peppe Fazio dall’altro. Con l’esplosione del movimento del ’68 i giovani presenti al Labriola daranno vita alla Lega degli Studenti Rivoluzionari, organizzazione che rivestirà un ruolo egemone sul movimento. Tra i numerosi giovani sono presenti i quadri Corradino Mineo, Massimo Florio, Dario Castiglione, i quali si occuperanno anche della pubblicazione del giornale “Controscuola”, che conoscerà un grande seguito tra gli studenti palermitani. Mineo teorizza il movimento come motorino d’avviamento, infatti vedrà nel ’68 una possibilità concreta di rilancio, di cambiamento. Il movimento è qualcosa che nasce in maniera spontanea, fuori dalle logiche burocratiche del Pci e dai partiti della sinistra tradizionale, e chiede una società diversa. Un popolo di giovani riempie le piazze, le università di tutto il mondo, esorta alla pace, alla riappropriazione di spazi negati. A Palermo quindi la Lega e il Labriola ne divengono i protagonisti; la lotta alla mafia, tema caro all’intellettuale Mineo, entra per la prima volta nel linguaggio giovanile e negli slogans urlati durante i cortei. In questa fase, che coincide anche con l’uscita dalla IV Internazionale, Mineo comprende che il Labriola ha esaurito il suo potenziale e deve trasformarsi in un altro tipo di organizzazione che possieda un taglio più politico. Ed è così che viene fondato il Circolo Lenin, allo scopo di aggregare altre realtà leniniste presenti su scala nazionale. Intanto nasce la rivista “Il Manifesto”, che è soprattutto la storia di ex dirigenti che vengono radiati dal Pci, perché rei d’aver fondato un contenitore politico dentro il quale ospitare il dissenso nei confronti del partito, un colpo inferto al centralismo democratico, che non può passare impunito né creare precedenti pericolosi. Mineo inizia ad interessarsi a questa vicenda, la considera una possibilità di svolta per la costruzione di un partito a sinistra del Pci. Il Circolo Lenin, non senza critiche e divergenze, decide di aderire al Manifesto, che in questa fase è solo un movimento attorno alla rivista. Siamo nel 1970 e da lì a poco ci saranno le elezioni politiche del ’72, a cui il Manifesto partecipa registrando un totale fallimento. Mineo pone all’ordine del giorno la lotta alla borghesia mafiosa, altro concetto destinato ad aver molta fortuna dopo la sua morte, e che rappresenta uno tra i capisaldi del suo pensiero. Per questo arriverà a polemizzare con Occhetto e il Pci che lo accuseranno di ‘follia’ nel cercare lo scontro frontale con la mafia. Intanto nel 1973 nasce la cooperativa editoriale Praxis che organizza seminari e convegni di cui poi pubblica gli interventi. Inizia a profilarsi sempre un maggiore dissenso tra il gruppo di Mineo e i dirigenti nazionali del Manifesto, divergenze politiche e caratteriali, come molti dei nostri testimoni sottolineano. A luglio del 1974 il Manifesto, trasformatosi già in partito, va al suo scioglimento in vista dell’unificazione con il Pdup. Mineo non è affatto d’accordo, poiché l’unione tra i due gruppi non si baserà su un’unità di progetto politico, e molte sono le fratture che dividono le due anime. Il partito e la sua organizzazione, chiesto più volte da Mineo, non corrisponde affatto all’ingloriosa fusione operata dagli ex dissidenti del Pci e dagli ex psiuppini non rientrati nel Pci dopo la batosta elettorale del ‘72. È in questo clima che matura l’idea di una corrente alternativa all’interno del nascente partito. La rottura si consuma all’interno del Pdup per il comunismo il cui congresso si terrà nel gennaio/febbraio del 1976. A Mineo e al gruppo di Palermo verrà negata la possibilità di arrivare in sede congressuale ed esprimere il proprio dissenso. A tal proposito ripercorreremo minuziosamente, attraverso le parole dei testimoni, il modo in cui viene condotta questa operazione di estromissione della corrente capeggiata da Mineo, da parte tra l’altro del gruppo del Manifesto che si era battuto, appena qualche anno prima, contro il centralismo democratico del Pci. Una vicenda quasi surreale, un giallo politico, che ha portato alla nascita della rivista Praxis che rappresenta senza dubbio lo sforzo politico più eccelso di Mineo. Il nostro riesce a fare un’operazione molto interessante perché aggrega militanti e intellettuali sparsi nelle maggiori città italiane che daranno il loro contributo all’interno della rivista e nel dibattito della sinistra rivoluzionaria italiana. Praxis è stata soprattutto un gruppo politico con le sue peculiarità, non abbastanza numeroso da far nascere l’ennesimo partito alla sinistra del Pci, ma forte da un punto di vista ideologico e intellettuale tanto da stimolare il dibattito all’interno delle tre più grandi organizzazione della sinistra a sinistra del Pci.
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