I Rapporti Tra Lo Stato E Le Comunità Religiose in Albania *

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I Rapporti Tra Lo Stato E Le Comunità Religiose in Albania * Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it) maggio 2010 ISSN 1971- 8543 Giovanni Cimbalo (ordinario di Diritto ecclesiastico nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bologna) I rapporti tra lo Stato e le Comunità religiose in Albania * SOMMARIO: Premessa -- 1.1. - La nascita dello Stato albanese - 1.2. Il riconoscimento della libertà di organizzazione dei culti – 1.3. La monarchia Zoghista e la stabilizzazione delle Comunità religiose - 1.4. La politica di Zog verso la Chiesa Cattolica - 1.5. La legislazione della repubblica socialista d’Albania in materia di Comunità religiose- 1 6. La nuova legge sulle Comunità religiose: verso l’ateismo di Stato – 1-6.1. La Comunità Mussulmana - 1.6.2. La Comunità bektashi - 1.6.3. La Comunità ortodossa - 1.6.4. Lo Statuto della Comunità Cattolica 1.7. La rinascita della libertà religiosa, di coscienza e del pluralismo confessionale - 1.8. L’originalità del modello albanese - 1.9. La stagione degli Accordi: l’Albania torna alle origini. Premessa Lo studio dei rapporti tra Stato e confessioni religiose in Albania presenta caratteri peculiari in quanto il paese costituisce un’isola a maggioranza islamica in un’area egemonizzata dall’ortodossia. Inoltre nella lunga crisi dell’impero Ottomano il rapporto tra autorità di governo e confessioni religiose si discosta progressivamente dal riferimento al modello degli statuti personali, sui quali prevale, con una forza sempre maggiore, l’applicazione dei diversi Kanuni, che in quanto espressione del diritto tradizionale, vengono osservati dai diversi ruppi etnici indipendentemente dalle appartenenze religiose. Tuttavia fino al 1913, registriamo la presenza dei diversi culti, amministrati utilizzando la struttura del Millet. Con l’irrompere sulla scena dell’Albania indipendente emerge con tutta evidenza il superamento di questa struttura attraverso il riconoscimento a tutti i culti praticati nel paese di pari dignità e diritti, nella convinzione la costruzione della nazione albanese richieda il superamento delle appartenenze religiose, affinché * Introduzione al volume di prossima pubblicazione: Gli Statuti e le leggi sulle Comunità religiose in Albania. L’Autore ringrazia la dott.ssa Flora Koleci, dell’Istituto di Albanologia dell’Università di Calabria, diretto dal Prof. Francesco Altimari, per la cortese collaborazione nella ricostruzione filologica dei testi. I provvedimenti analizzati sono rinvenibili sul sito http://licodu.cois.it. Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it) maggio 2010 ISSN 1971- 8543 tutti concorrano alla formazione della nazione. Gli eventi successivi a questa data sono stati oggetto d’indagini ricostruttive da parte di storici, più che di giuristi, anche se, ricadendo il paese nella zona d’influenza italiana, non pochi sono stati gli studi minori - limitati e contingenti - di giuristi italiani sulle problematiche che emergevano via via dalla società albanese o relativi a singoli provvedimenti adottati in materia di rapporti dello Stato con i culti. In particolare, molta attenzione venne dedicata alle vicende della componente mussulmana del paese e al rapporto tra la componente mussulmana e le vicende interne dell’Islam in Turchia. Manca però a oggi un lavoro storiografico ricostruttivo che dia conto in modo esauriente di queste vicende. L’attenzione degli studiosi si è spesso concentrata sullo studio dei diversi Kanuni, piuttosto che sulla produzione legislativa statale e sull’autonoma attività regolamentare delle Comunità religiose. In particolare del tutto sconosciuta, e perciò non indagata, risulta essere la legislazione statale in materia religiosa emanata negli anni ‘20, ignorati e considerati ormai perduti dalle stesse Comunità religiose molti dei loro primi Statuti, mentre riemerge lentamente la legislazione zoghista, ma solo perché ritornata in auge dopo la caduta del regime nel 1991. Né miglior fortuna ha avuto tra gli studiosi la legislazione del periodo comunista rimasta sconosciuta perché non ricompresa negli studi comparatisti relativi ai paesi dell’Est Europa. Quando questi studi si svilupparono l’Albania aveva reciso i propri legami con l’URSS, privilegiava i rapporti con la Cina e si poneva di fatto su posizioni isolazioniste che porteranno il paese alla soppressione e scioglimento di tutte le Comunità religiose e alla dichiarazione di ateismo di Stato contenuta nella Costituzione 1976. L’Albania esce da questo isolamento nel 1991 e disegna le relazioni con le rinate confessioni religiose secondo linee che mantengono una relazione coerente con la propria storia giuridica e istituzionale, ma che non possono essere compresi se non provvedendo ad una previa ricostruzione delle diverse fasi dell’intenso rapporto tra religioni e Stato che ha caratterizzato l’ordinamento del Paese. Dall’analisi della storia costituzionale emerge, ad esempio, che fin dalla fondazione dello Stato, l’Albania moderna ha posto tra i principi fondamentali la separazione tra Stato e confessioni religiose, la laicità delle istituzioni e soprattutto il pluralismo religioso, visto come uno degli elementi fondanti e costitutivi dell’unità nazionale, considerata come il bene supremo della nazione. Questa scelta ha consentito all’unico Stato a maggioranza mussulmana d’Europa di fare propria una visione plurale dell’Islam e di superare il problema del 2 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it) maggio 2010 ISSN 1971- 8543 divieto di proselitismo per i culti non mussulmani in una società a maggioranza islamica. Il Decreto del 1923 con il quale l’ordinamento albanese stabilisce i criteri per il riconoscimento della personalità giuridica civile alle Comunità religiose costituisce ancora oggi in una società multicultuale uno degli strumenti più avanzati di governance dei rapporti con le confessioni religiose. La ricostruzione della legislazione zoghista in questa materia dimostra come l’Albania non fosse così distante dal dibattito che caratterizzò gli Stati dell’Europa occidentale relativamente a queste problematiche, e fosse pienamente inserita in un quadro di utilizzo di strumenti tipicamente giurisdizionalisti per governare i rapporti tra lo Stato e le Comunità religiose. Vi è una sola rilevante eccezione: l’assoluta inconsistenza di ogni influenza – in un’epoca come quella tra le due guerre che vide la piena affermazione dello strumento concordatario - sull’assetto delle relazioni giuridiche tra Stato e confessioni religiose. La mancata stipula di un Concordato con la Chiesa cattolica, confessione peraltro largamente minoritaria nel paese, la cui importanza è circoscritta ad alcune etnie del nord del paese non influì in alcun modo sull’assetto delle relazioni dello Stato con le Comunità religiose. Sbaglierebbe quindi chi leggesse i rapporti tra Stato e confessioni religiose utilizzando come chiave di lettura la mancata stipula di un Concordato con la Santa Sede. Questa tendenza è forse stimolata dal tentativo d’innesto di norme giuridiche proprie del diritto coloniale italiano in Albania, avvenuta durante la dominazione italiana; ma queste norme costituiscono un elemento estraneo alla tradizione giuridica del paese, tanto da non essere sopravvissute, nemmeno in parte, alla fine dell’occupazione militare italiana e alla successiva breve occupazione tedesca. Molto si è detto e si dice sulla sopravvivenza dei diversi Kanuni e sull’influenza che questi avrebbero nella società albanese, sottolineando che questi, piuttosto che le norme statali, hanno costituito il diritto vivente e quello effettivamente utilizzato dalle popolazioni del paese. Ciò è certamente vero fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma sostenere ancora oggi la sopravvivenza dei diritti clanici in Albania, significa dimenticare che oggi la società albanese è profondamente cambiata, che la popolazione vive in maggioranza nelle città, piuttosto che nelle campagne e che il tessuto clanico si è ormai dissolto. D’altra parte la sopravvivenza del diritto tradizionale venne duramente combattuta durante i quaranta anni di regime comunista e ben più efficacemente è stata spazzata via dai “valori “ della società 3 Stato, Chiese e pluralismo confessionale Rivista telematica (www.statoechiese.it) maggio 2010 ISSN 1971- 8543 consumistica propagandati dalle televisioni occidentali e dall’introduzione, ormai da 20 anni, dell’economia di mercato. Ciò detto una delle domande prioritarie alle quali bisogna rispondere per analizzare l’evoluzione dei rapporti tra Stato e confessioni religiose in Albania è di capire se e quanto fu diversa durante il regime la legislazione in materia da quella coeva degli altri paesi socialisti, visto che la legislazione in materia religiosa di questo paese non è stata oggetto dell’approfondita analisi alla quale sono stati sottoposti gli ordinamenti degli altri paesi socialisti, e ciò per le evidenti ragioni relative alla particolare posizione del paese nella Comunità degli Stati socialisti, per i problemi di lingua, per le difficoltà di accesso alle fonti normative. L’analisi va dunque compiuta a posteriori, facendo riferimento inevitabile ai criteri utilizzati da Giovanni Barberini nell’esame comparato della legislazione in materia ecclesiastica dei paesi dell’Est Europa. La Repubblica d’Albania, nata dalla resistenza antinazista, assunse tra i suoi principi fondanti la separazione tra Stato e confessioni religiose non come un portato dell’ideologia marxista-leninista, ma come frutto dell’esperienza storico-istituzionale
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