LA SCUOLA SICILIANA • 1230: in Sicilia → sotto il dominio di Federico II di Svevia → nasce la “Scuola Siciliana” • I membri (gli intellettuali) di questa scuola erano i funzionari di corte → non svolgevano il ruolo di poeta come principale impiego (esempio: Giacomo da Lentini era un notaio) • La scuola siciliana era pensata come uno svago\evasione dalle occupazioni quotidiane • Il tema dell’amore è dominante sia dal punto di vista teorico (ci si chiedeva che cosa fosse l’amore, in che modo si manifestasse e quali effetti avesse) sia come omaggio feudale verso la donna amata (il poeta cerca di stabilire con la donna amata una comunicazione attraverso immagini e segnali che solo la donna sa cogliere) • Forme tipiche di questa poesia: canzone, canzonetta e sonetto • Lingua: siciliano “illustre” → arrivato a noi tramite la “toscanizzazione” da parte dei copisti toscani • Caposcuola: Giacomo da Lentini → è considerato l’inventore del sonetto • Alla morte di Manfredi (figlio di Federico II) nella battaglia di Benevento nel 1266 finisce il regno svevo → finisce la scuola siciliana → ma la sua produzione si diffonde in Toscana perché nascono i rimatori siculo-toscani ------I RIMATORI SICULO-TOSCANI • Alla fine del 1200 nasce in Toscana una nuova lirica → lirica d’amore e se ne occupano i rimatori siculo-toscani (cittadini impegnati in politica) • I rimatori siculo-toscani provengono quasi tutti dalla Toscana e prendono dai siciliani la maniera di scrivere poesie • Introducono delle novità: 1. Accanto al tema amoroso ricompaiono i temi morali e politici 2. Introducono la ballata (sconosciuta ai siciliani) • Il principale esponente è Guittone d’Arezzo (circa 1230-94): autore di Rime, un Trattato d’Amore, Lettere e ballate-laude a carattere morale-religioso. Nella poesia introdusse contenuti politici e in quella d’amore si rifece ai moduli della scuola siciliana, insistendo più sui ragionamenti attorno all’amore che sulla rappresentazione attraverso immagini • Altri poeti: il lucchese Bonagiunta Orbicciani (circa 1220-90), il fiorentino , anticipatore dello stilnovo, e Dante da Maiano, nel cui canzoniere è presente una tenzone con Dante ------IL DOLCE STIL NOVO → Dolce: perché paragona la donna a un angelo → Stil: si riferisce allo stile → Novo: perché affronta argomenti nuovi • È un movimento letterale che nasce a Bologna ma si sviluppa principalmente a Firenze (fine 1200 e inizio 1300) • Dolce Stil Novo: denominazione data da Dante nel 24° canto del Purgatorio (Dante parla di un nuovo movimento letterale che nasce a Bologna e si sviluppa principalmente a Firenze. Dante racconta il suo incontro con Bonagiunta Orbicciani, un rimatore siculo-toscano, e gli espone la sua poesia stilnovistica) • La donna diventa un tramite tra Dio e l’uomo → è paragonata a un angelo → non attira l’uomo a sé ma lo avvicina a Dio • Non tutti sono in grado di provare l’amore → per essere innamorati bisogna avere almeno un cuor “gentile” • La vera nobiltà non è ereditaria ma risiede nell’animo • Stile: limpido, chiaro e dolce • Il fondatore è considerato Guido Guinizzelli (bolognese) ma i suoi successori sono quasi tutti toscani: , , Cino da Pistoia • Dante Alighieri definisce Guido Guinizzelli il suo maestro perché è stato il primo a identificare l’amore con la gentilezza e con nobiltà d’animo ed è stato anche il primo a paragonare la donna a un angelo ------GUIDO GUINIZZELLI (1230 Bologna-1276 Monselice) • Fu autore della canzone Al cor gentile rempaira sempre amore, ritenuta il manifesto teorico dello stilnovo • Con grande dolcezza di linguaggio, pone l’identità tra amore e “cor gentile”, la funzione salvifica della “bella donna” ------GUIDO CAVALCANTI (1260 Firenze-1300 Sarzana) • Fu l’esponente più significativo dello stilnovo • Amico di Dante, è autore di un canzoniere (di sonetti, ballate e canzoni) il cui tema dominante è l’amore come passione irrazionale, espresso con un linguaggio lirico drammatico e nel contempo con malinconico distacco ------DANTE ALIGHIERI (1265 Firenze-1321 Ravenna) VITA • Nacque nel 1265 a Firenze in una famiglia appartenente alla piccola nobiltà guelfa fiorentina. • Rimasto assai presto orfano della madre Bella (circa 1275), perdette il padre Alighiero di Bellincione prima del 1283. • Nel 1274, ancora bambino, incontra per la prima volta Beatrice (Bice di Folco Por- tinari), che amerà di amore sublimato secondo i canoni dello stilnovo fino alla sua morte, nel 1290. • Al 1285 risale il matrimonio con Gemma di Manetto Donati, che gli diede almeno tre figli. • Nel 1289 partecipò alla battaglia di Campaldino e all’assedio del castello di Caprona, scontri che coinvolgevano la guelfa Firenze e le ghibelline Arezzo e Pisa. Fu questo il suo primo affacciarsi alla vita pubblica. • L’adesione alla corporazione dei medici e degli speziali fu preludio all’attività politica, iniziata nel 1295 con l’entrata nel Consiglio speciale del Capitano del popolo e conclusasi con la nomina a priore. • Gli anni ‘80 e i primi anni ‘90 lo videro occupato nelle prime esperienze poetiche; di sicura attribuzione sono almeno una cinquantina di Rime di vario metro, alcune appartenenti a questi anni, altre composte successivamente, che risentono della Scuola siciliana, di Guittone, di G. Guinizelli e G. Cavalcanti. • Nel 1290 la morte di Beatrice provocò in D. una profonda crisi religiosa, da cui e fu indotto a rigorosi studi filosofici e teologici, che completarono la sua giovanile formazione retorica intrapresa sotto la guida di Brunetto Latini. • Fra il 1292 e il 1293 compose la Vita nova, in cui raccolse 31 liriche inserite in un contesto narrativo: la realtà storica della donna amata, Bice di Folco Portinari, è sottoposta a un processo d’idealizzazione da cui nascerà la miracolosa Beatrice destinata poi a guidare il pellegrino Dante nel viaggio della Commedia. • Dopo la spaccatura della parte guelfa tra Bianchi (fautori d’una politica di autonomia) e Neri (legati strettamente alla politica del papato e capeggiati dai Donati, la famiglia di sua moglie), D. si schierò dalla parte dei Bianchi, in cui primeggiava la consorteria dei Cerchi. • Mentre era a Roma per un’ambasciata presso Bonifacio VIII, nel novembre del 1301, i Neri coadiuvati dal legato papale Carlo di Valois conquistarono la Signoria. • Accusato dai suoi avversari al potere di baratteria (corruzione), D. rifiutò sdegnato di giustificarsi e fu condannato a morte in contumacia nel marzo del 1302, lo attendevano una ventina d’anni di esilio segnati da un’intensissima attività intellettuale. • L’esilio • Abbandonata attorno al 1304 la causa dei Bianchi, intenzionati a rientrare a Firenze con le armi, e sempre sperando in un’amnistia, D. iniziò una vita di vagabondaggio. • Tra le tappe certe di questi primi anni d’esilio si annoverano quelle nella Verona dei della Scala (dal 1303?), nella Treviso di Gherardo da Camino (1305-06?) e nella Lunigiana di Moroello Malaspina (1306). • Nel frattempo componeva il Convivio (1304-07) e il De vulgari eloquentia (1304-05) • Nuovo fervore di speranza gli venne in occasione della discesa in Italia nel 1310 del nuovo imperatore, Arrigo VII di Lussemburgo, dal quale si attendeva il ristabilimento d’un ordine supremo basato su un accordo tra autorità imperiale e papale. Di grande interesse sono le epistole con cui il poeta partecipò alla vicenda, esaltando la figura e il ruolo di Arrigo e fulminando i fiorentini che a lui avevano osato opporsi. • Il sogno di giustizia e concordia universale e quello d’un onorevole ritorno in patria furono vanificati dalla morte improvvisa dell’imperatore nel 1313. • Nel maggio del 1315 rifiutò di avvantaggiarsi di un’amnistia che aveva per condizione un’ammissione di colpa. • Nel novembre dello stesso anno la Signoria fiorentina confermava la condanna a morte per lui e per i suoi figli. Tra la comparsa sulla scena italiana di Arrigo VII e la sua morte, D. venne chiarendo le proprie persuasioni politiche in un trattato in lingua lati sulla Monarchia. • Gli ultimi anni • Dopo la conferma della condanna Dante soggiornò presso Cangrande della Scala a Verona. Qui nel 1320 discusse pubblicamente una questione De situ et forma aquae et terrae, intesa a dar conto dell’emergere della terra sulle acque nell’emisfero boreale con riferimento alla dottrina aristotelico-scolastica che voleva invece gli elementi disposti in sfere concentriche. • Attorno a questi anni (1319-20) si colloca anche la composizione delle due Egloghe latine indirizzate a Giovanni del Virgilio. • Forse nello stesso 1320 avvenne l’ultimo trasferimento della vita dell’esule: a Ravenna presso Guido Novello da Polenta. In questa città, di ritorno da Venezia dove si era recato come ambasciatore per conto del suo ospite, si spense per malattia nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 e fu sepolto in un’arca adiacente la chiesa di San Pier Maggiore, più tardi dedicata a san Francesco. OPERE • Vita nova − Composta in lingua volgare − Contiene liriche sonetti e canzoni a cui si alternano brani di prosa: le parti in prosa spiegano le rime, costruendo insieme con esse il racconto della storia d’amore di D. per Beatrice − Si tratta di un’esperienza che il poeta considerò fondamentale nella sua vita; iniziata a nove anni (il primo incontro) si concluse, dopo la morte della donna e un periodo di traviamento, con il proposito di dire di lei “quello che mai fu detto d’alcuna” (anticipazione della Commedia?) − Il “libello”, come lo definisce l’autore, è un’autobiografia spirituale nella quale le vicende vissute vengono interpretate simbolicamente, in chiave stilnovistica: l’amore eleva l’uomo dal senso allo spirito, si eleva a guida di vita e mezzo di ascesa spirituale verso Dio − D. stesso dice di aver iniziato a scrivere poesia nel nuovo stile con la canzone Donne che avete intelletto d’amore (Purg., XXIV) • Rime − È una raccolta di 54 liriche sicuramente autentiche e 26 di più incerta attribuzione, composte lungo tutto l’arco della vita di Dante e ordinate successivamente alla sua morte − Dalla raccolta sono escluse quelle contenute nella Vita nova e nel Convivio − Diverse per tematica, stile e periodo di composizione, permettono di cogliere l’evoluzione del pensiero e della poetica di D. − Esse si dividono in: 1. Rime stilnovistiche: → Risalgono al periodo della Vita nova → Il tema centrale è l’amore per la donna amata, secondo la tradizione stilnovistica → Lo stile è elevato e sono presenti riferimenti culturali che sono spiegabili con il nuovo pubblico di elite al quale D. si rivolge 2. Rime allegoriche e dottrinali: → Risalgono agli ultimi dieci anni del 1200 → Tema dominante è l’impegno morale, come trattato anche nel Convivio → La scelta di un tema impegnato richiede uno stile ed un linguaggio elevato e ricercato 3. Rime Petrose: → Scritte tra il 1296 e il 1298 → Tema centrale è l’amore per una donna indifferente → La parola chiave e Petra-pietra, ciò allude anche la crudeltà dell’amata ma anche il suo nome, Petra → All’atteggiamento aspro della donna corrisponde uno stile di scrittura realistico e brutale