Roberto Mezzacasa

Tigullio e dintorni

Camminate in montagna con vista sul mare

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale, con qualunque mezzo, degli scritti, dei disegni e delle fotografie. Se non diversamente indicato, i testi e le immagini sono di Roberto Mezzacasa. Collaboratore per la cartografia Paolo Guerreschi. Progetto grafico: TME

Finito di stampare nel mese di 2017 presso per conto di Tamari Montagna Edizioni - www.tamari.it - [email protected]

2 3 Prefazione

Ho appena terminato di leggere con piacere, interesse, curiosità Tigullio e dintorni – Camminate in montagna con vista sul mare, l’opera scritta, con grande competenza e passione, da Roberto Mezzacasa, dedicata all’ami- co Filippo Preli, emiliano di Ferriere in Val di Nure, profondo conoscitore dell’Appennino Ligure – Emiliano. L’autore è un Bellunese, nato ai piedi delle ardite guglie e dei possenti torrioni dolomitici che ci offrono un mon- do fiabesco di rocce e di nevi, dove lo spirito si arricchisce e il carattere si tempra; egli si è avvicinato a una natura più a misura d’uomo, più tranquilla ma ugualmente nota agli escursionisti per le sue affascinanti bellezze, seppur così diverse dalle sue incantevoli Dolomiti. Mezzacasa ha scelto come og- getto di questo nuovo appassionato lavoro di ricerca, le montagne e le colline con vista sul mare, che si affacciano sul Golfo del Tigullio, da a Rapallo (che costituisce un po’ il centro del territorio preso in considerazio- ne) e a Lavagna, con brevi digressioni verso Camogli e il Golfo Paradiso e il basso entroterra di , privilegiando i percorsi ad anello che permet- tono una più agevole organizzazione dell’escursione. Il suo non è un lavoro sistematico di descrizione di tutti i sentieri, ma è una scelta di itinerari più Abbreviazioni e indicazioni significativi con valenze di vario tipo, a carattere interdisciplinare, e aspetti culturali di ogni genere: geografici, storici, naturalistici, scientifici, artistici, climatici, antropologici, in modo da soddisfare gli escursionisti più esigenti. c.a = circa A ciò si aggiunge l’attenzione dedicata dall’Autore all’aspetto pratico, for- cfr. = confronta nendo una “montagna” di informazioni e preziosi consigli per chi voglia per- C.T.R. = Carta Tecnica Regionale correre gli itinerari della nostra costa, montuosa, spesso impervia, difficile e N. = NUMERO faticosa da affrontare, ma sempre affascinante, che riserva in continuazione nuovi scenari da scoprire e da conquistare. Talvolta, quando è necessario, n. = numero nei crocicchi e nei tratti più complicati, l’Autore addirittura “conduce per p. = pagina mano” l’escursionista per facilitare l’individuazione del sentiero che si deve pp. = pagine percorrere. q. = quota Sul Monte di Portofino, alcuni facili percorsi si possono affrontare anche q.r. = quota rilevata con altimetro non di precisione nelle più tristi giornate di scirocco, quando a tratti piove, immersi nella nu- SIC = Sito d’Interesse Comunitario volaglia, più in alto anche nella nebbia, nel più assoluto silenzio … Le sigle dx e sx stanno per destra e sinistra, rispetto al senso di marcia. Allora vengono in mente i celebri versi della Pioggia nella pineta di Gabriele D’Annunzio: “Piove … e il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il gi- (F.T.) note di Fulvio Tuvo, Past Presidente della Sezione del C.A.I. di Rapal- nepro altro ancora, strumenti diversi sotto innumerevoli dita…..”. lo Vice Presidente Onorario del C.A.I. - U.L.E. di Genova. Sembrano proprio nati, anche se non è così, nelle pinete e nella macchia me- diterranea del nostro Monte.

4 5 Per concludere posso affermare che i compiti svolti in passato nel C.A.I. a livello istituzionale e la mia ultracinquantennale passione per la montagna I monti di Filippo mi hanno fatto consultare le guide più disparate, spesso ottime, ma questa in esame mi ha appagato compiutamente perché non è scritta a tavolino ma Se li cercate con questo nome non li troverete, i loro nomi sono Ciapa Liscia, è frutto di un meticoloso lavoro di ricerca e di esplorazione e si rivolge con Maggiorasca, Penna, Ramaceto, Zatta ed erano, assieme a tutti gli altri situati linguaggio semplice e piano al turista e all’escursionista “intelligenti” che tra il Golfo del Tigullio e la catena centrale dell’Appennino, le montagne possono trovare nella costa del Tigullio, una completa gamma di itinerari, preferite da Filippo Preli, l’amico che ha lasciato a noi, amici e conoscenti, il dal più elementare all’impegnativo. ricordo di una persona schietta che camminava con passo svelto e sicuro tra i suoi monti, per questo li chiamavamo i monti di Filippo. Fulvio Tuvo Filippo era di Ferriere, un paese della montagna piacentina al confine con la ; a lui piaceva la vicina Liguria, gli piacevano i liguri, gli piaceva stare con loro, lavorare con loro. Gli piaceva mangiare come loro, conversare Past Presidente della Sezione del C.A.I. di Rapallo con loro e s’interessava di tutto, dai problemi di lavoro, all’arte culinaria, alla Vice Presidente Onorario del C.A.I. - U.L.E. di Genova storia, quella grande e quella piccola, non importa quale. Spesso confrontava le parole del suo dialetto con quello ligure, ed era felice quando trovava qual- che somiglianza perché, in fondo, gli sarebbe piaciuto essere un po’ ligure. Noi non sappiamo come sia morto Filippo, né vogliamo saperlo, perché ci farebbe troppo male conoscere i particolari, possiamo però immaginarlo: lui era un gigante, alto quasi due metri, forte e robusto, abituato a lavorare nei campi e nei boschi, ma era anche profondamente generoso, perciò possiamo immaginare che abbia affrontato la morte, presentatasi con le sembianze di un toro impazzito, per un gesto di generosità, qualità ben nota a tutti. Infatti, quando uscivamo in escursione, lo relegavamo sempre a svolgere l’ingrato compito della “scopa”, cioè di chi sta in coda al gruppo ad aspettare i ritarda- tari e a controllare che nessuno rimanga indietro; la giustificazione era sem- pre la stessa: ”sei il più alto, perciò ti si vede bene”. Se durante l’escursione qualcuno dava segni di eccessiva stanchezza, lui non esitava a caricarsi sulle spalle lo zaino del compagno in difficoltà, e se al termine dell’escursione qualcuno non se la sentiva di guidare l’automobile, Filippo si faceva avanti a dire: “guido io”; era generoso, ma non andava mai sopra le righe e al di là dei propri mezzi. Ci siamo chiesti cosa potevamo fare per ricordare un amico così e abbiamo pensato di fare la cosa più semplice e più logica: ripercorrere e descrivere alcuni sentieri che avevamo percorso assieme a lui, con il bello e con il cat- tivo tempo, ma sempre accompagnati e sostenuti dal suo entusiasmo. Natu- ralmente la scelta è caduta sui sentieri delle montagne che Filippo preferiva frequentare, per la loro natura selvaggia, per la loro storia, per la bellezza dei panorami, anche se non dimenticava mai le sofferenze patite da chi su que- ste montagne aveva lavorato o lavorava: qui intere generazioni di uomini si Filippo in escursione sul sono ammalate di silicosi, cavando l’ardesia, o lavorando nelle miniere della

6 7 dervi conto che molti percorsi iniziano e terminano a Rapallo, o nelle città Uno sguardo sul golfo del Tigullio limitrofe e gli altri percorsi, vale a dire quelli che interessano le montagne più interne, sono ad anello, perciò l’origine e l’arrivo di ciascuno di essi coincidono e sono facilmente raggiungibili con le automobili, in alcuni casi Le principali città che s’affacciano sul Golfo del Tigullio sono Portofino, anche con i mezzi pubblici. Soggiornando a Rapallo si possono percorre tutti Santa Margherita, Rapallo, , Chiavari, Lavagna e Sestri Levante, poi gli itinerari che insistono sulla catena costiera, utilizzando esclusivamente c’è una miriade di località minori, per lo più disseminate lungo i fianchi della i mezzi pubblici: treni, autobus cittadini e di linea, funivia, traghetti. A tale catena costiera, le cui cime raggiungono gli 800 metri d’altezza. Un paesag- proposito si consiglia di consultare il sito www.orariotrasporti.regione.ligu- gio tutto sommato non insolito nella nostra bella Italia, risultato finale del la- ria.it che consente di visualizzare le varie combinazioni di orari e di mezzi voro comune della natura e dell’uomo, il quale è presente in questi luoghi fin di trasporto, utili per spostarsi nel territorio ligure. Il principale vettore che dalla preistoria. Epiche furono le battaglie condotte dalla potentissima Roma presta servizio nell’area del Tigullio è l’ATP (Azienda Trasporti Provinciale dei Latini contro le tribù dei Liguri, mai del tutto dome, per la conquista di un Genova, tel. 01853731), gli orari sono consultabili nel sito www.atpeserci- territorio necessario a Roma per far arrivare celermente le sue legioni nella zio.it. Molto utile è il servizio fornito dalla collaborazione tra l’ATP Tigullio Gallia, attraverso la via consolare Aurelia, una delle più importanti tra le tan- e Google Maps (entra in Google Maps, clic su Trova indicazioni stradali, te costruite dai Romani. E fu proprio lungo la Via Aurelia che sorsero le città scrivi le località di partenza e di arrivo, clic su Trasporto pubblico), oppure sopra citate, ad esclusione di Portofino, il cui porto era comunque ben noto attraverso il sito: http://www.atpesercizio.it/googletripplanner.php). ai Romani che lo usavano per scopi commerciali e militari; Plinio il Vecchio lo chiamò Portus Delphini e molti fanno risalire l’attuale nome a questa lo- I piccoli gruppi possono alloggiare a Villa Oneto, nell’Agriturismo “da ü cuzione. Il promontorio di Portofino ha segnato per molto tempo il confine Cantìn” (http://www.ucantin.it/), che è il più vicino al crinale della catena tra Genova e Rapallo, quest’ultima, in un primo tempo e almeno virtual- costiera, attraverso il quale si sviluppa la maggior parte degli itinerari de- mente, appartene- scritti nella guida. La fermata dell’autobus da e per Chiavari è situata a poche va all’impero, suc- decine di metri di distanza dall’agriturismo, ma le corse giornaliere sono cessivamente poche. Si tratta di una struttura spartana, che ha solo tre camere con bagno, diventò proprietà dotate di letti a castello, ma che offre la possibilità di gustare i migliori piat- del vescovo, ma ti (abbondanti) della cucina ligure, preparati da Teresa e da Domenico, en- in realtà fu sempre trambi ottimi cuochi/contadini. Per chi non aspira al lusso, questo è un vero governata da vari paradiso! Specie per gli appassionati e gli intenditori della buona cucina, del signorotti feuda- vino (eccezionale quello ricavato dal ritrovato vitigno autoctono Scimiscià li, in ogni caso il e prodotto da Domenico), dell’olio (fatto principalmente con olive del tipo promontorio face- Taggiasca), di ortaggi e di animali da cortile genuini e casalinghi. va da confine tra Dall’agriturismo, usando l’automobile, è possibile raggiungere, nel raggio il territorio di Ge- di 30km, le località di partenza dei percorsi dei monti Pissacqua, Ramaceto, nova e quello di Caucaso e Zatta. Rapallo, perciò è assai più realisti- co ritenere che la dicitura Porto di Confine sia il vero significato dell’at- tuale Portofino. Ci sembra eserci-

10 11 zio del tutto inutile evidenziare qui le bellezze e le attrazioni turistiche di San Michele a Pagana, interessante località balneare, la cui chiesa, dedicata Portofino e delle altre città sopra citate, sono località conosciute in tutto il all’Arcangelo San Michele, custodisce una pregiata Crocefissione del pittore mondo e celebrate attraverso migliaia di libri, opuscoli, riviste specializza- fiammingo Van Dyck, dipinta nella seconda decade del ‘600. Interessanti te, depliant pubblicitari, per non parlare degli innumerevoli siti presenti in anche il Castello di Punta Pagana, oggi di proprietà del Sovrano Militare Or- internet che ne esaltano la bellezza, le caratteristiche, l’offerta alberghiera e dine di Malta e l’antica torre costiera, di proprietà del FAI (Fondo Ambiente gastronomica: tutte qualità presenti ai livelli medio alti e perciò rivolte ad Italiano). una vasta gamma di visitatori. Rapallo, come dice un vecchio opuscolo di carattere turistico: “ha un’evi- Piuttosto guardiamo il territorio dal punto di vista che più c’interessa, cioè dente vocazione turistica, ben espressa dalla grande quantità di strutture dal punto di vista dell’escursionista, allora vedremo che Portofino e i suoi ricettive e di servizio: alberghi, negozi, locali ricreativi di ogni genere, una dintorni offrono la possibilità di fare numerose e interessanti escursioni in serie completa di impianti sportivi e un importante porto turistico”. Dopo montagna. Se poi allarghiamo la visuale fino a Camogli e la consideriamo essersi staccata dal capitanato di Chiavari (1608), Rapallo è stata, per molti come possibile origine o termine delle camminate, allora possiamo parlare di secoli, sede del governo di un vasto territorio che andava da San Fruttuoso un corpus a se, costituito prevalentemente dal Monte di Portofino, all’interno alle porte di Chiavari e che s’addentrava in profondità nella Val Fontanabuo- del quale è possibile sbizzarrirsi nella scelta dei sentieri da percorrere e nella na, arrivando fino ai territori montani di Favale di Màlvaro e di Orero. ricerca dei molti elementi d’interesse, dal naturalistico allo storico, che lo Dal punto di vista escursionistico è il luogo migliore per intraprendere alcuni caratterizzano. A tale proposito ricordiamo che il Parco del Monte di Porto- dei percorsi descritti in questa guida, infatti, alcuni dei percorsi iniziano e fino esiste dal 1935 e che all’interno del suo territorio ci sono eccellenze di terminano a Rapallo o nelle immediate vicinanze, che sono facilmente rag- assoluto valore, come l’Abbazia di San Fruttuoso, la chiesa di San Nicolò di giungibili con i mezzi pubblici. Capodimonte, la Punta Chiappa e la pineta del Monte di Portofino. Arrivare Zoagli è una piccola perla che s’affaccia sul mare incastonata tra i monti; è a San Fruttuoso attraverso gli antichi sentieri è davvero una sorpresa che il luogo ideale per trascorrere una vacanza balneare tranquilla, intercalata da diventa ammirazione se, dopo l’escursione, si osservano dal mare i luoghi at- interessanti escursioni in montagna. Da Zoagli si può andare a piedi a Rapal- traversati a piedi, cosa che è possibile fare se si prende il traghetto che fa ser- lo, passando accanto alle chiese di San Pantaleo e di Sant’Ambrogio, oppure vizio tra Rapallo e Camogli e viceversa e che ferma anche a San Fruttuoso. a Chiavari, salendo per la Via Longarola di San Pietro di Rovereto e poi giù Tra i sentieri del parco si distingue per la sua bellezza il sentiero attrezzato a Sant’Andrea di Rovereto e Madonna delle Grazie. La camminata migliore con catene di ferro che, partendo dalla frazione di San Rocco, consente di resta comunque quella che conduce al crinale della catena costiera, passando arrivare a San Fruttuoso, attraverso le rocce verticali del Monte Campana per Semorile, frazione raggiungibile anche con il bus; una volta raggiunto che sprofondano nel mare (segnavia: due pallini rossi). il crinale, si può proseguire a sinistra verso il Santuario di Montallegro, o a Da Portofino è possibile raggiungere a piedi Santa Margherita, attraverso destra verso San Pier di Canne (frazione di Chiavari), oppure scendere dal antichi e recenti percorsi pedonali, dai quali è possibile vedere splendidi pa- versante opposto, verso Leivi, o Villa Oneto. norami della costa. Chiavari offre alcuni spunti interessanti per le escursioni in montagna, il Santa Margherita è il luogo migliore per intraprendere le escursioni nella percorso escursionistico più famoso è il “Sentiero delle Cinque Torri” che parte orientale del Parco del Monte di Portofino, in particolare si raccomanda prende il via dalla città, ma si sviluppa in gran parte nel Comune di Leivi. Da la visita all’Abbazia di San Gerolamo della Cervara. Santa Margherita è città Chiavari si può percorrere, a piedi o in bicicletta, un bell’anello lungo le due di antica tradizione turistica balneare, ricca di palazzi antichi e di più recenti rive del Fiume Entella; deviando un po’ da questo percorso si può facilmente in stile liberty, che conferiscono alla città una nota di briosa eleganza; con- raggiungere la magnifica Basilica di San Salvatore dei Fieschi (Cogorno). sigliata la visita a Villa Durazzo e al suo parco, alla chiesa di San Giacomo E infine si può andare a piedi a visitare il Santuario di Nostra Signora delle in Corte, alla Basilica di Santa Margherita d’Antiochia, alla Chiesa dei Cap- Grazie. Ma Chiavari è principalmente città da vivere, da gustare, con gli puccini e al Castello, costruito nel 1550 per osteggiare gli sbarchi dei pirati e antichi e bassi “carrugi”, vale a dire gli antichi portici, retaggio dei ricchi utilizzato oggi per eventi culturali di vario genere. commerci medievali, coi i parchi pubblici e i palazzi, coi musei e gli eleganti Da Santa Margherita è possibile raggiungere a piedi Rapallo, passando per negozi; da sempre è il capoluogo del Tigullio. Fanno capo a Chiavari un

12 13 gran numero di bus urbani ed extraurbani, con i quali è possibile raggiungere praticamente tutte le località della costa e dell’entroterra, anche se il colle- Da Camogli a Portofino gamento più diretto, rapido e frequente con le località costiere è certamente Camogli, San Rocco, Sentiero delle Batterie, San rappresentato dal treno: in pochi minuti si arriva a Rapallo, in un’ora e pochi minuti si arriva a Genova e in meno di un’ora a La Spezia e tra queste due Fruttuoso, Base Zero, Prato, Cappelletta, Portofino grandi città ci sono tutte le località costiere del Levante Ligure. Lavagna è il luogo ideale per andare a passeggiare lungo l’Entella e magari arrivare fino alla Basilica di San Salvatore dei Fieschi, dove inizia il sentiero Luogo di partenza: Camogli; luogo di arrivo: Portofino. noto come “Via dell’Ardesia”, che sale al Monte San Giacomo e poi torna Tempo di percorrenza: 5 ore e 45 minuti. a Lavagna, ma si può completare la camminata arrivando a Cavi, anziché a Tempo effettivo: (tempo di percorrenza + 10’ di sosta per ogni ora di cam- Lavagna, o a Santa Giulia, insomma è l’ideale per percorrere gli antichi sen- mino + 30’ di sosta per un rinfresco): 8 ore. tieri delle portatrici d’ardesia, le cosiddette “camalle”, che salivano a piedi sul monte San Giacomo, sferruzzando ad un merletto, e tornavano portando Dislivello complessivo in salita: 730m. le pesanti lastre d’ardesia sulla testa, ma sempre sferruzzando. Dislivello complessivo in discesa: 750m. Infine c’èSestri Levante, una magnifica e, per molti aspetti, importante città Difficoltà: T da Camogli a Mòrtola, E per il resto del percorso ad eccezione di mare che offre molte opportunità all’escursionista, ma che è un po’ decen- del lungo tratto che va dal Passo del Bacio a San Fruttuoso che rientra nella trata rispetto al territorio che abbiamo preso in esame, perciò non abbiamo categoria EE. descritto nessuno dei percorsi che fanno capo ad essa; ci scusiamo per l’o- Stato dei sentieri: buono ovunque. missione, ma chissà cosa ci riserva il futuro? Segnaletica F.I.E. lungo i sentieri: buona ovunque. Rifornimenti idrici affidabili: San Rocco, Mòrtola, “Centro Visite Batte- Mappa del Tigullio e percorsi rie” quando è aperto (vedi più avanti), San Fruttuoso e Case Prato. Ricoveri occasionali: San Rocco, Mòrtola, “Centro Visite Batterie”, San Fruttuoso e Case Prato. Trasporti pubblici: a San Fruttuoso arrivano e partono tutto l’anno i tra- ghetti da e per Camogli; da marzo a ottobre ci sono traghetti anche da e per Portofino e altre destinazioni, vedi: http://traghettiportofino.it/, http://www. golfoparadiso.it, www.atpesercizio.it/ Elementi d’interesse del percorso: su tutti prevale lo straordinario minu- scolo villaggio di San Fruttuoso, con la sua più che millenaria abbazia e la cinquecentesca Torre dei Doria. Non mancano certo gli elementi d’interesse legati all’ambiente, tant’è vero che il Monte di Portofino è inserito nel Par- co Naturale Regionale di Portofino, e il nostro percorso attraversa tutte le fasce di vegetazione presenti nel versante SW del monte. Lungo il percorso avremo modo di attraversare pareti di roccia a picco sul mare, fitti boschi di macchia mediterranea, ma anche boschi in cui prevalgono il leccio o il pino d’Aleppo. Vedremo anche alcune postazioni militari della seconda guerra mondiale, correntemente chiamate batterie, da cui il nome del “Sentiero del- le Batterie”. Da alcuni anni, da marzo a ottobre, è possibile visitare, assieme a una guida, le postazioni di guerra che concorrevano a formare la 202a Bat-

14 15 teria di Guardia Costiera del Regio Esercito Italiano, una struttura militare assai complessa, composta di numerosi bunker, piazzole, garitte, casermette, gallerie, e altro ancora. Per informazioni: contattare il “Centro Visite Batterie”: 3472414780, 3480182556/7, e.mail [email protected], labter@parcoportofino. it, internet http://www.parcoportofino.com/parcodiportofino/it/le_batterie. page#.VzQ_yHlf3mh

Premessa

Questo è un percorso di grande bellezza e di grande soddisfazione, ma an- che di notevole impegno fisico. Un percorso riservato agli escursionisti più esperti che dovranno affrontarlo in condizioni fisiche e atmosferiche perfet- te. A qualcuno interesserà sapere che si può interrompere, oppure iniziare, il viaggio a San Fruttuoso usando il traghetto (vedi Trasporti pubblici). Se questo non funziona, per la stagionalità o per le avverse condizioni atmosfe- riche, è possibile mangiare e alloggiare a San Fruttuoso (maggiori info in http://www.parcoportofino.it/parcodiportofino/, http://www.locandadelpar- codiportofino.it/, http://www.consorziosanfruttuoso.it/). Da non dimenticare l’Agririfugio Molini situato in posizione incantevole, lungo il sentiero che scende dal Monte di Portofino (Pietre Strette) a San Fruttuoso.

16 17 dopo, si sbuca nella piazzetta di San Rocco, una frazione del Comune di Ca- mogli diventata famosa perché da qui partono molti percorsi escursionistici. Dalla piazzetta si prosegua su lato destro della chiesa, seguendo le indica- zioni per San Fruttuoso; il nostro segnavia è ancora costituito dai due cerchi rossi pieni. Ora il sentiero scende leggermente e dopo 200 metri si arriva al bivio col sentiero/scalinata che scende a destra verso l’antica chiesa di San Nicolò di Capodimonte e verso Punta Chiappa. La trascuriamo e proseguia- mo dritto per ottima strada pedonale lastricata, da cui ci si affaccia sul mare e sul Ponente Ligure; si vedono bene le città di Genova, le montagne che la sovrastano e tutte le città minori situate lungo il tratto di costa che va da Ge- nova a Camogli. Sotto di noi si vede la Punta Chiappa: una virgola di roccia che s’addentra nel mare e che costituisce il punto d’arrivo di un percorso escursionistico molto bello e ricco di storia. Si va avanti ancora 300 metri e si arriva nella località Mòrtola, dove ci sono alcune abitazioni, sempre molto curate e abbellite da piccoli ma variopinti giardini; si passa sotto a un androne (11’/46’; q.r. 220m) e si prosegue ancora per ottimo sentiero. Poco dopo si passa accanto ad una sorta di lavatoio, che in realtà è una sorgente d’acqua (3’/49’; q.r. 205m), chiamata “a Vegia” (la Vecchia) e segnalata con una tabella, qui si entra nel bosco e si può dire che qui abbia davvero inizio il In arrivo alle Batterie nostro percorso escursionistico. Pochi minuti e si arriva alla località Fornelli,

Descrizione del percorso Dopo il Passo del Bacio Usciti dalla stazione ferroviaria di Camogli (q.r. 30m) si va a sinistra per Via XX Settembre e subito dopo si scende a destra per Via Nicolò Cuneo, si va avanti centocinquanta metri per questa strada e si arriva a un tornante destro, qui si abbandona Via Cuneo, che si dirige verso il centro della città, e si va a sinistra per Via San Bartolomeo, seguendo le indicazioni del Parco Naturale Regionale di Portofino (due cerchi rossi pieni), oppure per Via San Rocco che inizia dieci metri più avanti, ed è segnalata con l’indicazione turi- stica “San Rocco e Punta Chiappa”. I due percorsi si ricongiungono trecento metri più avanti. Se si decide di seguire Via San Rocco, alberata e munita di marciapiede, si ha sulla destra la caserma dei Carabinieri e sulla sinistra il Torrente Gentile. Si va avanti per la strada che sale costantemente; dopo una decina di minuti, si abbandona la strada asfaltata, si volta a sinistra per strada sterrata e dopo due minuti si arriva a un altro bivio dal quale si prosegue a destra, per strada cementata e gradinata che sale costantemente tra oliveti e alti muri di cinta che lasciano appena intravvedere qualche scorcio di Camo- gli da un lato e di Ruta dall’altro. Si sale a lungo per questa scala che si dice abbia 900 scalini e si snoda ripida e tortuosa tra le case; ad un certo punto si passa attraverso un gruppo di case alte e colorate (35’; q.r. 215m) e, subito

18 19 Un passaggio delicato dopo il Passo del Bacio Salita verso la Base O (foto Lattanzi) dove troviamo il primo dei tanti paletti indicatori che incontreremo lungo il che affiorano dal terreno e si arriva al bivio con un altro sentiero che scende cammino questo, in particolare, segnala il bivio tra il “Sentiero delle Batte- a Punta Chiappa, si prosegue a sinistra, si torna nella macchia e dopo tre rie” e quello che sale a sinistra verso la cima del Monte di Portofino (7’/56’; minuti dal bivio si arriva al “Centro Visite delle Batterie” che funge da luogo q. 238m). di ristoro, punto d’informazione e rifugio delle guide del Parco Naturale Regionale di Portofino (5’/1h 16’; q. 246m). La piccola costruzione sorge nel luogo in cui sorgeva la casermetta che ospitava il Corpo di Guardia della I paletti riportano molte notizie utili: numero progressivo, nome della loca- a lità, coordinate, quota, copertura dei telefoni cellulari e codici QR utilizzabili 202 Batteria Costiera. Se si guarda in basso, verso il mare, si vedono già i solo dopo avere scaricato l’apposita applicazione. primi manufatti (bunker telemetrici); le batterie vere e proprie si trovano più in basso e sono parzialmente scavate nella montagna. Si consiglia, chi intende visitare il vasto complesso di opere militari, di affi- Si prosegue a destra, seguendo ancora il segnavia dei due cerchi rossi pieni. darsi alla competenza e alla conoscenza dei luoghi delle guide che sostano Poco più avanti si superano alcuni modesti saliscendi, tra rocce che affiora- all’interno del Centro Visite. Qui diamo solo questa indicazione: le postazio- no appena dal terreno, ma che anticipano ben altre difficoltà; qui troviamo ni sono raggiungibili attraverso il Sentiero “Hans Hill”, che scende davanti anche la prima di una serie di catene che fungono da corrimano. Superato al Centro Visite, raggiunge le varie postazioni, continua a scendere e termina questo breve tratto sconnesso, si esce dalla fitta macchia e si arriva alla co- a Punta Chiappa. siddetta “Sentinella” (15’/1h 11’; (q.r. 260m), ossia la garitta che ospitava la sentinella di guardia alla 202a Batteria Costiera Punta Chiappa. La piccola costruzione si trova in una posizione aperta e panoramica. Ora l’ambiente La storia della batteria anti navale, che avrebbe dovuto difendere il lato del cambia radicalmente e il fitto bosco cede il posto ai bassi arbusti che cresco- porto di Genova posto a levante, inizia il 22 febbraio del 1941, tuttavia, nei no tra le fessure della puddinga, il conglomerato roccioso di cui è composta successivi anni in cui si combatté la seconda guerra mondiale, non fu mai una gran parte del Monte di Portofino. Si va avanti ancora tra facili rocce chiamata in causa. Dopo l’8 settembre del 1943, data in cui l’Italia firmò

20 21 l’armistizio con gli Alleati, fu occupata dall’esercito nazista che l’adattò alle di riparare nella grande torre difensiva (vedi il capitolo dedicato alla storia proprie esigenze, secondo i propri schemi e architetture militari. Ciò che ve- del sito). Dal Passo del Bacio si scende quasi costantemente, anche se non diamo oggi è il risultato del lavoro che fu in gran parte eseguito dall’impresa manca qualche modesta risalita, fino a raggiungere la quota minima in corri- Todt, vale a dire l’impresa addetta alla costruzione delle opere militari dell’e- spondenza dell’attraversamento del Rio Cala dell’Oro (50’/2h 23’; q.r. 75m); sercito nazista, le cui maestranze erano in gran parte composte di prigio- da notare poco sotto di noi, i resti di una casermetta che fu della Guardia di nieri di guerra e di civili italiani, per lo più costretti a prestare la loro opera. Finanza. Attraversato il rio si comincia a salire la ripida erta che termina al Nemmeno l’esercito nazista impiegò mai la batteria in vere e proprie azioni Valico della Costa del Termine (45’/3h 8’; q. 275m). Questa salita è piuttosto di guerra. faticosa, anche perché il sentiero non è ovunque in buone condizioni, all’i- nizio si sviluppa attraverso la macchia mediterranea, ma verso la fine s’ad- dentra in un bel bosco ad alto fusto. Dopo una sosta necessaria a riprendere Lasciato il Centro Visite ci s’inoltra nella macchia mediterranea, in direzione fiato e a riposare le gambe, si scende per un sentiero ripido e a tratti molto dell’evidente e imponente torrione di roccia verticale del Monte Campana. sconnesso che attraversa a lungo la macchia mediterranea e, solo quando Mano a mano che il sentiero s’avvicina al potente sperone di roccia diventa si è ormai in vista della spiaggetta sassosa e della maestosa abbazia si San sempre più accidentato e ha andamento prevalente in discesa. Dopo pochi Fruttuoso, si passa tra alberi di olivo, che segnano un po’ la fine della ripi- minuti compaiono altre catene fissate alla roccia, che rendono più sicura la da discesa. Servono una quarantina di minuti, per scendere dal Valico della progressione, ed è un bene che ci siano, perché alla nostra destra si spalanca Costa del Termine a San Fruttuoso (38’/3h 46’; q.r. 5m), durante i quali ben il baratro sul mare. Dopo avere superato le prime e, tutto sommato, facili poco si vede, oltre ai propri piedi che cercano un appoggio affidabile. La difficoltà si arriva al Passo del Bacio (17’/1h 33’; q. 146m - N44°19’01,59” discesa termina sul molo di cemento che serve da attracco dei traghetti e lo E9°09’17,07”), un punto cruciale del percorso, costituito da una sorta di sca- spettacolo, che si para innanzi, ripaga immediatamente di tutti gli sforzi sin lino disegnato dalla natura (troppo breve per essere chiamato cengia), ed qui fatti. Se poi si richiamano alla mente la storia, le leggende, le vicissitudi- è l’unico passaggio che consente di aggirare la parete verticale del Monte ni, i personaggi legati a questo luogo, da sempre raggiungibile solo via mare Campana. Segue una ripida discesa attrezzata con catene che richiede atten- o attraverso difficili sentieri di montagna, si rimane davvero sbalorditi e ci si zione, dopo di che si attraversa un lastrone di roccia molto inclinato, anch’es- chiede come sia stato possibile che tutto ciò sia accaduto in un luogo simile: so attrezzato con catena che, a nostro avviso, è il passaggio più impegnativo incantevole dal punto di vista estetico, ma estremamente disagiato dal punto dell’intero percorso. Qui gli appoggi per i piedi sono davvero pochi, perciò di vista pratico. Eppure è così, e la storia documentata di questo splendido, bisogna procedere “in aderenza”, vale a dire tenendo la catena con entrambe minuscolo borgo, sorto dentro uno squarcio della montagna che è quasi per le mani e opponendo la pianta dei piedi alla roccia. Chi ha esperienza di intero occupato dalla grande e stupenda abbazia, inizia intorno al IX secolo, ferrate troverà questo passaggio davvero divertente, per la sua esposizione vale a dire più di mille anni fa! e per il fatto che guardando in basso, attraverso le gambe allargate, si vede un mare di colore blu intenso, anziché i prati verdi o i bastioni di roccia che Dopo la sosta d’obbligo, necessaria per visitare l’abbazia, la chiesa, i se- solitamente si vedono percorrendo le vie ferrate o i sentieri attrezzati delle polcri dei Doria e magari anche qualche ristorante, chi decide di proseguire Alpi. Superato il Passo del Bacio, si entra nella valle della Cala dell’Oro, le a piedi dovrà passare davanti all’ingresso della chiesa e poi dirigersi verso cui pareti di roccia sprofondano direttamente nel mare e formano una minu- la massiccia Torre dei Doria; il segnavia da seguire è costituito ancora dai scola baia, raggiungibile solo via mare, che è stata dichiarata riserva marina due cerchi rossi pieni e l’obiettivo più immediato è la Base “O” (detta Base integrale. Zero). Si passa sotto l’arco del Ristorante la Cantina (località La Cheta, con minuscola spiaggia) e si comincia a salire dentro a un fitto bosco in cui pre- Sul lato opposto di questa valle estremamente selvaggia, c’è il promonto- vale il leccio. La salita è a tratti ripida e faticosa, e solo pochi squarci nella rio che ci separa dal vallone di San Fruttuoso, si chiama Costa del Termine vegetazione consentono di vedere ancora l’abbazia, la Torre dei Doria e il e sulla sua punta estrema, che termina in mare anch’essa con falesie alte mare. Dopo una cinquantina di minuti si arriva alla Base Zero (51’/4h 37’; cento metri, spunta la cinquecentesca torretta di guardia, fatta costruire nel q. 220m), dove troviamo i ruderi di una baracca, forse risalente alla seconda 1561/62 dal Senato della Repubblica di Genova, per annunciare l’arrivo dei guerra mondiale, e un tavolo con panche per la sosta pic-nic. pirati e dei saraceni, e consentire ai residenti e ai monaci di San Fruttuoso

22 23 226m; Costa della Pineta), e si volta a destra seguendo l’indicazione per Via Cappelletta e Cala degli Inglesi. A fare da segnavia sono ancora i due cerchi rossi pieni. Segue un tratto pianeggiante che termina poco prima di arrivare alle case di Cappelletta, dopo di che si prosegue per una scalinata. Arrivati al bivio per la Cala degli Inglesi (destra), trascuriamo questa indicazione e proseguiamo a sinistra. Si passa tra le case, si percorrono una curva stretta a sinistra e una a destra (q.r. 193m), dopo di che si continua a scendere per la ripida scalinata che passa accanto a un castagneto e che conduce in Via del Fondaco e quindi in Piazza della Libertà di Portofino (34’/5h 45’; q.r. 10m), dove arrivano e partono i bus di linea per Santa Margherita Ligure e Rapallo. La strada però continua a scendere, passa tra le case del piccolo ma pittoresco e celeberrimo borgo e arriva al porticciolo, dove sono costante- mente ormeggiate barche di tutte le dimensioni e per tutte le “tasche” e dove arrivano e partono i traghetti per Santa Margherita e Rapallo, ma anche per San Fruttuoso. Abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte

Storia, tradizione e leggenda s’intrecciano e rendono enigmatica l’origine di Osservatore curioso questo stupendo luogo di culto. Mentre sono storiche le figure di San Frut- tuoso, vescovo martire di Tarragona, e dei diaconi Augurio ed Eulogio che Una piccola tabella fissata ad una roccia, indica in direzione del mare, un subirono la stessa sorte del santo e maestro, incerta e confusa è la storia del punto panoramico, che è davvero molto panoramico e che corrisponde alla santuario costruito per custodirne le spoglie. Fruttuoso fu messo al rogo vera Base “O”. Questa era una postazione militare italiana della seconda nell’anno 259, ma le sue spoglie sarebbero state traslate nell’insenatura del guerra mondiale, facente parte del sistema difensivo del Monte di Portofino, Monte di Portofino nell’VIII secolo. Non si sa se in questo luogo esistesse già ed era composta di una baracca in legno e di una postazione per mitraglia- un cenobio, magari fondato da monaci basiliani sui resti di una villa roma- trice. na, come avvenne assai di frequente, lungo le coste italiane, in siti analoghi a questo. Certo è che il primo documento, a tutt’oggi noto, che fa riferimento La sciata la Base “O”, si percorre un lungo tratto di sentiero con andamento all’Abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte risale all’anno 984, e si tratta ondulato, la cui massima elevazione si trova intorno a quota 245m, in un luo- di una concessione d’uso di terreni che l’arcivescovo di Genova fa a favo- go aperto e molto panoramico, dopo di che si scende pochi metri, per sentie- re del monastero. L’imperatrice Adelaide di Borgogna fu quasi certamente ro a tratti sconnesso, e si attraversa l’alveo del Rio Ruffinale (18’/4h 55’; q.r. l’artefice dello sviluppo dell’abbazia, infatti, una grande parte dell’odierna 230m), che rappresenta un po’ l’ultima asperità del terreno. Segue un altro struttura risale al periodo del suo regno, tra i secoli X e XI, o a quello del tratto ondulato, immerso nel bosco di pini, lungo il quale è possibile vedere nipote Ottone III che le succedette. In questo periodo avviene anche l’in- il poggio roccioso su cui sorgono le Case Prato (frazione di Portofino). Si globamento dell’antica torre campanaria bizantina nell’attuale struttura doppia una sorta di capo, dopo di che appaiono le prime abitazioni di Prato, ottagonale, che presenta una cupola rivestita di formelle di ardesia e che fu che si raggiungono in una manciata di minuti (16’/5h 11’; q. 239m). A Prato costruita attorno alla preziosa sorgente perenne. si nota subito che l’ambiente cambia completamente, il bosco lascia il posto A partire dal secolo XIII, la città stato di Genova, detta la “Superba”, decide agli oliveti, ai coltivi, ai giardini fioriti. L’immancabile paletto indicatore di estendere il suo dominio fino al promontorio di Sestri Levante, da quel ci invita a proseguire per la strada principale, che scende ripida tra le case momento le sorti di San Fruttuoso s’intrecciano con quelle della potente e gli oliveti. Dopo meno di dieci minuti si abbandona la strada che, seppur famiglia Doria di Genova. I Doria decisero di costruire qui il sepolcreto di stretta e dissestata, i pochi residenti percorrono con le loro automobili (q.

24 25 In arrivo al Passo del Bacio

In arrivo a San Fruttosio famiglia, ma non pensarono solo per sé, operarono anche sul piano militare e costruirono, nei pressi dell’abbazia, una robusta torre difensiva dotata di artiglieria, che aveva lo scopo di accogliere e di proteggere i pescatori e i monaci, durante le ripetute incursioni dei saraceni e dei pirati. Un’altra torre più piccola, tutt’ora esistente, cui era affidato solo il compito di segna- lare l’arrivo degli incursori, era stata costruita intorno al 1562, nell’attiguo promontorio posto sul lato Ovest dell’insenatura. Gli interventi dei Doria fu- rono reputati d’importanza tale da indurre il Papa ad assegnare alla potente famiglia il giuspatronato del complesso monastico, e il diritto di nomina dell’abate commendatario. Purtroppo, questa forma di conduzione non prevede la presenza dell’aba- te nel complesso monastico, e potrebbe essere questa la causa del declino dell’abbazia. A rafforzare tale ipotesi è la constatazione che, nel periodo che intercor- re tra la morte dell’ammiraglio principe Andrea (1560), probabilmente il personaggio più noto della famiglia, e la nomina di abate commendatario concessa a Camillo Doria nel 1733, il monastero subì numerose spoliazio- ni di beni e danni materiali. Camillo, fin dal suo insediamento, si prodigò con denari propri e della famiglia al restauro del manufatto e a migliorare l’esistenza della piccola comunità di pescatori che, nonostante le difficoltà

26 27 e la città appare alla nostra destra, mentre di fronte a noi si vede il Monte di Portofino. Si percorre una scalinata di cemento, chiusa tra muri alti, si attra- Percorsi vari versa un ponticello che attraversa il Rio Carchea, molto gradito alle anatre tra Rapallo e Montallegro selvatiche, e infine si arriva sulla Via Pietrafraccia di Rapallo (10’/3h 51’; q.r. 25m). Ormai ci troviamo alla periferia della città, si volta a sinistra, si va avanti una ventina di metri e si arriva sulla Via Aurelia, che è molto trafficata, Scorciatoia per Monte Zuccarello si attraversa la strada (nei pressi dell'antica cappella di San Rocco (F.T.) e si entra nel Parco di Villa Tigullio, detto anche Parco Casale. Si attraversa il Rapallo, Santuario di Montallegro (a piedi, in bus parco percorrendo la Via Luigi Casale. Si passa sul lato sinistro della storica o in funivia), bivio per Monte Zuccarello, chiesa di Villa Tigullio, sede del Museo del Merletto e della Biblioteca Internaziona- le, si continua a scendere e si arriva in Via Avenaggi (5’/3h 56’; q.r. 5m), la Sant’Ambrogio, Rapallo seguiamo voltando a destra in direzione del centro della città, si percorre la Via Paolo Zunino e si arriva al Castello sul Mare (9’/4h 5’; q.r. 5m) che è Luogo di partenza e di arrivo: Rapallo, Piazzale Giovanni Battista Pàstene. adiacente al Piazzale Giovanni Battista Pàstene dal quale siamo partiti. Tempo di percorrenza: ore 2h 45’. Tempo effettivo: (15’ per la partenza e l’arrivo con la funivia + tempo di percorrenza 2h 45’ + 10’ di sosta per ogni ora di cammino 30’ + 30’ di sosta per un rinfresco): 15’ + 2h 45’ + 30 + 30’= 4 ore. Dislivello complessivo in salita: 100m (+ 50m se si sale sul Monte Castel- lo). Dislivello complessivo in discesa: 675m (+ 50m se si sale sul Monte Ca- Albergo Al Pellegrino, visto da Montallegro stello). Difficoltà: in assenza di pioggia, nessuna. Stato dei sentieri: buono ovunque, tranne il tratto da Bivio Zuccarello al bivio per Sant’Ambrogio che presenta qualche criticità. Segnaletica F.I.E. o C.A.I. lungo i sentieri: non sempre sufficiente nel trat- to tra M. Zuccarello e S. Ambrogio. Rifornimenti idrici: Montallegro e Sant’Ambrogio. Ricoveri occasionali: Montallegro e Sant’Ambrogio. Mezzi pubblici: bus da Sant’Ambrogio. Elementi d’interesse del percorso: è un’interessante variante all’Anello di Rapallo e di Montallegro, rivolta a chi conosce già questo percorso e conosce già il piccolo borgo di Semorile e la città di Zoagli.

Descrizione del percorso

Dal santuario di Montallegro al bivio per Monte Zuccarello il percorso coin- cide con l’Anello di Rapallo e di Montallegro. Arrivati al bivio per Monte Zuccarello (34’/1h; q.r. 610m) anziché andare a

62 63 sinistra si prende il sentiero di destra, che è segnalato con una losanga rossa e che scende direttamente alla chiesa di Sant’Ambrogio, senza passare per Semorile e per Zoagli. Da notare che da questo bivio è possibile anche arrivare sulla modesta cima del (665m), dove sono ancora evidenti i ruderi del Castrum Rapallinum (XII – XV sec); per raggiungerla bisogna proseguire dritto per il sentiero privo di segnaletica che sale nel bel mezzo dei due sentieri prin- cipali. Superato il suddetto bivio, il sentiero sale leggermente, ma dopo poche de- cine di metri inizia a scendere con pendenza sostenuta. La traccia sul terreno è sempre molto evidente, ma, data la ripidezza del terreno, se bagnata può presentare qualche difficoltà, specie alle persone che non calzano scarpe da trekking. Ben presto ci si affaccia sul mare, avendo Rapallo sotto di noi e sulla de- stra il complesso monumentale di Montallegro. Si passa accanto a un rudere (12'/1h 12’; q.r. 580m), dopo di che si comincia a salire verso una sella che precede di poche decine di metri la cima del Monte Zuccarello (a destra). Una volta arrivati alla suddetta sella (9'/1h 21'; q.r. 600m), si può salire, ma facendo molta attenzione, sulla vicina cima del Monte Zuccarello; il tragitto è breve ed è certamente molto remunerativo, però è assai scomodo e richiede attenzione ed esperienza perché non c'è la benché minima traccia di sentiero, si arranca lungo il ripido pendio, aggrappandosi ai cespugli e alle rocce che affiorano dal terreno, in compenso, dalla cima del Monte Zuccarello (619m) si vede, a nostro avviso, il miglior panorama del Golfo del Tigullio.

64 65 Percorsi vari tra Rapallo e Montallegro Discesa da Montallegro a Rapallo per Valle Tuia

Ci limitiamo a segnalare l'esistenza di questo interessante percorso che, come detto poc'anzi, inizia poche decine di metri dopo la stazione a monte della funivia e tocca le località Casette e Crestuzzo (Case Castruccio nelle carte topografiche). Il sentiero è stato ripulito di recente (2016) e segnalato con i segni bianchi e rossi del CAI dal gruppo "Amici dei Sentieri" di Rapallo e dai volontari del C.A.I., con un lungo e difficile lavoro. Ciò nonostante rimane un percorso molto impegnativo, adatto agli escursionisti più esperti, capaci di trovare soluzioni alternative, di fronte a ostacoli imprevisti, come la ricre- scita dei rovi lungo il sentiero, la presenza di schianti di grossi alberi, l'im- possibilità di attraversare il Rio Tuia e di percorrerne un tratto camminando sulle pietre normalmente bagnate e viscide. Viste le criticità, ci asteniamo dal descriverlo, pur consapevoli che si tratta di un percorso affascinante, per i suoi aspetti estremamente selvaggi, presenti sopratutto nel fondovalle, dove corre l'acqua limpida del torrente che, erodendo la roccia, ha formato nu- merosi splendidi catini d'acqua, e dove sembra davvero di essere immersi nella foresta amazzonica, non nell'immediata periferia di una città elegante, moderna e, per certi aspetti, anche raffinata come Rapallo.

74 75 (Il percorso termina sulla Via Aurelia di Levante nei pressi della cappella di San Rocco; nell’ultimo tratto s’incontrano alcuni mulini, fra cui il caratteri- stico Mulino di Pàstene (F.T.)). A chiunque desideri percorrere questo sentiero, consigliamo di chiedere in- formazioni alla Sezione del C.A.I. di Rapallo sulla sua percorribilità e sulla possibilità di guadare il Rio Tuia.

Valle Tuia, flora spontanea Rapallo, Valle Tuia, uno degli antichi mulini

Valle Tuia, impollinazione del pino, esplosioni di vita

76 77 Anello di Lavagna sulla Via dell’Ardesia Lavagna, San Salvatore dei Fieschi, Monte San Giacomo, Cogorno, Lavagna

Luogo di partenza e di arrivo: Lavagna, Piazza Torino antistante alla sta- zione ferroviaria. Un altro luogo adatto allo scopo è l’ampia Piazza Adriano V (parcheggio libero), situata nelle immediate vicinanze della Basilica dei Fieschi, a San Salvatore dei Fieschi (Comune di Cogorno). Tempo di percorrenza: 4 ore. Tempo effettivo (tempo di percorrenza + 10’ di sosta per ogni ora di cammi- no + 30’ di sosta per un rinfresco): 4h + 40’ + 30’= 5 ore e 10 minuti Dislivello complessivo in salita: 550 metri. Dislivello complessivo in discesa: 550 metri. Difficoltà: nessuna. Stato dei sentieri: buono ovunque. Segnaletica lungo i sentieri: esiste una segnaletica locale, da Piazza Adria- no V a Monte San Giacomo. Rifornimenti idrici affidabili: solo nei centri abitati. Ricoveri occasionali: frequenti. Mezzi pubblici: bus da Lavagna a San Salvatore dei Fieschi, alcune corse anche da Lavagna a Cogorno e viceversa. Elementi d’interesse del percorso: ci sono alcuni elementi di grande inte- resse che caratterizzano questo percorso: • il percorso naturalistico lungo il Torrente Entella, • il borgo di San Salvatore dei Fieschi, con i suoi palazzi antichi e l’omonima basilica che è uno dei più importanti monumenti della regione, • le cave a cielo aperto (pericolo!) e le gradinate che le collegano al fondovalle, • la "Cava Sottosuolo" in galleria, per informazioni rivolgersi al Co- mune di Cogorno tel. 0185385733. • la città di Lavagna Salita da S.Pietro verso il Santuario della Madonnetta

98 99 Premessa

Le “vie dell’ardesia” servivano principalmente a favorire il trasporto delle lastre di ardesia, dalle cave situate in montagna alle città rivierasche. Il tra- sporto a valle del materiale estratto, e destinato in buona parte all’imbarco, era affidato per lo più alle donne, le cosiddette “camalle” che trasportavano sulla testa le lastre di ardesia. Spesso viaggiavano scalze, per evitare di sci- volare sui gradini delle lunghe scalinate. Le due vie che qui proponiamo erano tra le più usate dalle “camalle” che operavano sui Monti San Giacomo e Le Rocchette. Oggi le “vie dell’ardesia” hanno completamente perso la loro funzione originale e sono percorse quasi esclusivamente dagli escursionisti, cui va riconosciuto il merito di tenerle in vita; solo i tratti che si sviluppano dentro le borgate sono ancora oggi utilizzati dai residenti. Un mondo ormai da tempo scomparso, ma ciò non significa che sia finito l’uso della pietra nera, conosciuta anche col nome di “lavagna”, che viene ancora oggi estratta e lavorata, per lo più nella vicina Val Fontanabuona.

Descrizione del percorso

Si parte dalla stazione ferroviaria di Lavagna (q. 5m), si attraversa il lato lungo della Piazza Torino, si percorre tutto il Corso Mazzini, poi si volta a sinistra per Via Tomaso Sanguineti e poi ancora a sinistra per Via Dante Alighieri dove troviamo i caratteristici portici bassi, animati da numerosi

100 101 to all'abitazione col numero civico 6 e si continua a scendere. L’ardesia del Monte San Giacomo Più avanti si attraversa ancora una volta la strada asfaltata ed infine si arri- Nella preziosa “Guida per escursioni nelle Alpi ed Appennini Liguri” pub- va al termine della Via della Neve (8'/3h 41';q.r. 60m). Ci troviamo ormai blicata nel 1906, troviamo alcune notizie che ci sono sembrate adeguate a alla periferia di Lavagna, la strada che dobbiamo percorrere è asfaltata e si introdurre l’argomento di questo capitolo. L’autore, Giovanni Dellepiane, chiama Via dei Cogorno; si passa accanto alla cappella della Madonna della scrive a pagina 248: “L’industria delle ardesie: ha un notevole sviluppo, Neve (destra) si trascura l'indicazione a destra per il centro città e per l'ospe- nella valle di Fontanabuona ove sono occupati nell’estrazione di questo ma- dale, si passa accanto all'ingresso del giardino del Villino Rivara, da notare teriale da 300 a 400 operai. Le cave di ardesie di Cogorno e di Lavagna al suo interno la grande sughera, dopo di che si arriva ad un bivio dal quale unitamente a quelle della Fontanabuona, di Recco e della valle del Bisagno si prosegue per il ramo di destra che s'avvia verso l'ingresso del cimitero mo- produssero nel 1903 Tn. 27456 del valore di L. 760075, si è quindi verificato numentale di Lavagna. Non è necessario entrare nel cimitero, è preferibile in quest’ultimi anni una diminuzione perché nel 1890 la produzione raggiun- percorrere il viottolo che corre accanto al muro esterno e che riconduce alla se Tn. 36450 per un valore di L. 1416800.” strada asfaltata. A questo punto possiamo dire di essere arrivati a Lavagna, Cerchiamo di capirne qualcosa di più. di fronte a noi ci sono le tre cupole della Basilica di Santo Stefano, vero Chi percorre la “Via dell’Ardesia” descritta in precedenza ha la possibilità vanto della città, si scende pochi metri lungo la strada e si arriva a sfiorare i di vedere alcuni cunicoli, che corrispondono all’ingresso di altrettante cave muri della basilica, qui si abbandona la strada asfaltata e si scende per una di ardesia abbandonate, se poi, una volta arrivato alla cappella del Monte scalinata, da notare qui le foto che raffigurano gruppi di camalle al lavoro, e San Giacomo, decide di continuare a salire fino a raggiungere la cima del poi per una stradina che conduce direttamente al sagrato della chiesa (9'/3h Monte Le Rocchette (q. 701m), avrà la possibilità di vedere ai lati della 50'; q.r. 10m). stradina molte cataste, ben ordinate, di lastre d’ardesia pronte per essere Ora non rimane altro da fare che attraversare l’antistante Piazza Marconi, trasportate a fondovalle, ma in realtà abbandonate in quei luoghi molto tem- portarsi sulla Via Dante e tornare in stazione (10’/4h; q. 5m). po fa. Tutto ciò per arrivare a dire che il Monte San Giacomo, ma anche i limitrofi Monte Le Rocchette e Monte Capenardo, sono stati sfruttati da Lavagna, sagrato della Basilica di S. Stefano tempo immemore, forse dal tempo di Roma antica, per ricavare l’ardesia. Questa pietra è conosciuta anche come “lavagna”, perché è con questa pietra che un tempo, e in parte anche oggi, si fanno le lavagne scolastiche. La qualità principale dell’ardesia consiste nell’essere facilmente divisibile in lastre che possono essere spesse anche pochi millime- tri, utili soprattutto nell’edilizia per rivestire pareti, per fare tetti, pavimenti, scale, ecc.. Ancora oggi il delicato lavoro di separazio- ne delle lastre è affidato alle mani esperte degli “spacchini” i quali, usando scalpelli affilati e una piccola mazza, riescono a “sfo- gliare” i blocchi di ardesia e a ricavarne la- stre sottili fino a 4 millimetri di spessore. Girando per la Val Fontanabuona, che è tut- ta ricca di ardesia ma, soprattutto girando per i paesi di montagna, ci si rende conto di

110 111 quanto importante sia stata questa pie- Giulia, comprende i diversi sentieri delle cave esistenti in buon numero nel tra, infatti, la si trova ovunque: sul la- villaggio di tal nome, e mette nel borgo ad oriente, confusa con quella di San stricato dei sentieri, nei muretti a secco, Bernardo, la quale serve per poche cave delle più vicine, giacenti nel circu- nei muri di contenimento dei terrazzi, ito parrocchiale di Lavagna.” nei muri e nei pavimenti delle abitazioni Un altro autore dell’800, Davide Bortolotti, descrive nel libro intitolato e delle chiese, nelle pavimentazioni cit- “Viaggio nella Liguria Marittima”, edito a Torino nel 1834, la visita fatta tadine, e così via. Oggi è ancora usata alla cava Chiappaione che riportiamo di seguito perché ci è sembrato un per gli stessi scopi di sempre, ma in mi- documento importante e ricco di notizie, anche se contiene alcuni termini sura sempre minore, mentre è cresciuto caduti in disuso. l’uso nell’oggettistica artigianale ed “Visitata la basilica [di San Salvatore dei Fieschi], poggiammo al monte. artistica; infine non dimentichiamo che Ne discendevano stuoli di donne, portanti lastre d’ardesia sul capo. E so- i piani dei migliori tavoli da biliardo pra le lastre aveano la rocca ed il fuso, perché filano nell’andar alle cave, sono ancora oggi fatti d’ardesia. filano appena deposto il lor carico: un solo momento di ozio lor parrebbe C’è un’altra figura importante, oltre a un delitto. Questo trasporto dalle cave ai magazzini delle lastre in Lavagna quella dei cavatori e degli spacchini, che emerge dall’attività di estrazione e esse fanno la mattina e la sera, attendendo nel resto del giorno alle faccende di lavorazione dell’ardesia ed è la figura delle “camalle” dette anche “lava- campestri o domestiche. Non minore·di 7 o di 8 rubbi [1 rubbio = 7,9kg] é gnine”, cioè delle donne che provvedevano a trasportare le lastre di ardesia il peso ch’esse reggono sulla colonna vertebrale. I portatori sono in men dalle cave ai depositi, o direttamente alle spiagge di Cavi e di Lavagna. Esse numero delle portatrici, ma sostengono pure sul capo assai più gravi pesi; trasportavano sulla testa le lastre, poggiandole su un cuscinetto a forma e para che cerchino l’equilibrio coi passi affrettati quasi a modo di corso. di anello che ottenevano arrotolando un grande fazzoletto o dei semplici La cava a cui pervenimmo é detta Chiappajone dall’immensa sua vastità e stracci, in questo modo riuscivano a trasportare carichi di 60kg. Sopra le dall’inesausta miniera. lastre appoggiavano la rocca e il fuso, e quando si fermavano nelle così dette “pose” si mettevano a filare merletti, cosa che facevano anche durante tutto Innanzi alla sua bocca stanno ammonticchiati all’altezza di un palazzo i il viaggio di andata dal piano all’imbocco delle cave. rottami dell’ardesia tratti fuori della cava, e disutili. Il terreno che ricopre le chiappaje é coltivato a viti ed ulivi (Chiappe qui son denominate le lastre Ciascuna cava aveva un nome, la più famosa era chiamata Chiappaione, o di pietra di Lavagna. Chiappaja ne significa la cava; Chiappajone, cava Chiappajone, oppure Chiappajón, ma c’erano anche la Brescina, che rimase grande. Dante che avea visitato la Liguria, e che spesso ne divisa i luoghi, attiva sul Monte San Giacomo fino agli anni ’70 del ‘900, la Ravenna, la forse qui prese il vocabolo chiappa in significato assoluto di pietra, ove dice: Raffa, le Galle, il Bocchetto, queste ultime segnalate, assieme al Chiappajo- «Potevam su montar di chiappa in chiappa.»). ne, da Nicolò Della Torre nel libro “Guida del viaggiatore alle cave delle la- vagne nella Liguria orientale” edito a Chiavari nel 1838. Tra le altre cose, L’ingresso del chiappajone corrisponde all’interna sua ampiezza. Noi pi- egli ci dice che nel 1834 le cave attive sul Monte San Giacomo erano settanta gliammo a girarne i ciechi anditi con la scorta di due guide, e muniti cia- circa e che “… da esse hanno principio altrettanti sentieri, i quali riunendosi scuno di un lumicino. Il cammino n’é disagevole sopra continui frantumi l'un coll’altro a diverse distanze, formano poscia tre principali vicoli, o stra- di chiappe; stillanti sono le pareti de’ corridoj. In capo a 300 passi troppo de che dirsi vogliano, dirette rispettivamente al Borgo di Lavagna. La strada angusto si fece il varco. Le guide vi misero dentro il capo, e con forte ed della Costa praticabile agiatamente a cavallo mette piede nel paese dalla allungata voce chiamarono gli operaj che lavoravano 5 o 600 passi più ad- parte del Nord, allato alla Chiesa parrocchiale; siccome abbraccia tutte le dentro. Due di costoro, dopo lungo spazio di tempo, sbucarono da quel cupo vie di Cogorno, è frequentata perciò da più numerose squadre di portatrici. forame, e pareano le ombre che la maga di Endor [personaggio biblico ca- Seconda per importanza è quella di Rezza, utile specialmente alle cave di pace di evocare lo spirito dei morti] facea comparire al re d’Israele. Essi ci Breccanecca e della Chiappa; essa sbocca a Lavagna da ponente riunitasi condussero in un salone non minore in grandezza della famosa Loggia de’ poco prima colla minore di San Rocco, ed ha il vantaggio d'un buon tratto Banchi. Ed assai la vincerebbe in altezza, se del continuo non rinnalzassero in piano, che riesce comodo al trasporto sui carri. La terza detta di Santa il pavimento per lavorare intorno alla volta.

112 113 Gli operaj si diedero allora a dispiccare un gran masso nel cielo della sala. Il che ottennero assai facilmente col percuotere verticalmente intorno alla periferia del masso co’ loro picconi e farvi un intaglio; in cima al quale con- tinuarono a battere ma con colpi orizzontali: né guari andò [molto tempo passò] che staccossi il masso tutto ad un tratto, come senza fatica, e cadde sopra gli strati di rottami a bella posta alzati per addolcirne la caduta. Di sì fatti massi essi ne spiccano de’ si larghi da farne, spaccandoli in lastre, un pavimento di un sol pezzo per una camera molto spaziosa. Ma l’uso è di fenderli in lastre delle misure usate in commercio, nè queste mai eccedono in lunghezza metri 1,75, in larghezza metri 1,50. La maniera di fendere il masso in lastre di varia sottigliezza e perfino di 4 millimetri, è parimente curiosa, ma ci piacque vederne l’esperimento fuori di quella tetra caverna. Essi adoperano una specie di scarpello piatto a guisa di cuneo, che successi- vamente applicano a tutto il contorno della pietra, gentilmente battendo con un martello sopra la costa non aguzza dello stromento. In brevissimo spazio di tempo la pietra si risente, come essi dicono, e spaccasi interamente per la sua grossezza ad un tratto. Lo smercio principale di queste ardesie si fa nella Liguria; ma ne mandano anche a Napoli, in Toscana, a Gibilterra, in Portogallo, in Francia, in Corsi- ca, in Sardegna, a Trieste, in Odessa. Il loro scavamento mette in giro da 400 Arrivo al porto delle Camalle mila lire ogni anno; il che fa ben popolato e pieno di vita questo Distretto. I lavoranti nelle cave invecchiano anzi tempo, o per la polvere ardesiaca che Portatrici di ardesia aspirando assorbiscono, o per la privazione della luce solare in cui passano i giorni, o per l’aria umida del sotterraneo, o meglio per l’ effetto di tut- te queste cagioni insieme accolte. Di rado essi giungono ai sessant’anni, e muojouo per lo più idropici. In questa guisa lo scavo delle viscere della terra riesce sempre, ove più ove meno, funesto alla salute degli uomini. Perciò Latini chiamavano i baratri, sacri alla regina del Tartaro [luogo sotterraneo e tenebroso].” Sono numerosi i testi e i siti che consentono di approfondire l’argomento, noi segnaliamo i seguenti, che ci sono sembrati ben documentati: http://www.digilands.it/caicslp/attidispense/tesi2014/Liguria/Ferrazinm.pdf http://www.asgsangiorgio.it/pubblicazioni/Bollettino%2009/le%20cave%20 di%20ardesia%20del%20s.%20giacomo.pdf http://www.rotarygolfodigenova.org/Pubblicazioni/ARDESIA.pdf http://www.cittametropolitana.genova.it/it/search/node/ardesia

114 115 Anello del Monte Zatta Pressi del Passo del Bocco, Poggio Buenos Ai- res, Colonia “Devoto”, Faggio 40, cima del Monte Zatta, Prato Pinello, fonte di Prato Pinello, pressi del Passo del Bocco

Luogo di partenza e di arrivo: pressi di Passo del Bocco, Strada Provincia- le 27 di Casségo (E9 26.916 N44 24.720; q. 960m). Tempo di percorrenza: 3h 30’. Tempo effettivo: (Tempo di percorrenza a piedi + 10’ di sosta per ogni ora di cammino + 30’. di sosta per un rinfresco): 3h 30’ + 40’ + 30’= 4h 40’. Dislivello complessivo in salita: 550m. Dislivello complessivo in discesa: 550m. Difficoltà: di orientamento in caso di nebbia, neve non battuta, o tempo mol- to brutto. Stato dei sentieri: buono ovunque. Segnaletica F.I.E. o C.A.I. lungo i sentieri: frequenti segni bianchi e rossi del C.A.I. con la sigla AV fino sulla cima di levante del Monte Zatta, sussi- diati lungo tutto il percorso dalla sigla A10. Rifornimenti idrici affidabili:Fonte di Prato Pinello. Ricoveri occasionali: nessuno. Trasporti pubblici: Il Passo del Bocco è raggiungibile con i pullman di Lavagna vista dalla Basilica di S.Stefano linea dell’ATP (Azienda Trasporti Provinciale di Genova, tel. 01853731, www.atpesercizio.it) e della TEP (Trasporti Pubblici Parma, tel. 800977966, www.tep.pr.it). Elementi d’interesse del percorso: Poggio Buenos Aires, Faggio 40, pano- rama della cima, la faggeta e la Colonia della Fondazione Antonio Devoto. Molto bella la tavolozza di colori offerta in autunno dal bosco misto.

Premessa

Percorso facile, che può presentare qualche difficoltà di orientamento in caso di avverse condizioni atmosferiche. Molto bello il panorama della cima; an- che la salita offre alcuni scorci interessanti delle valli e dei borghi.

116 117 costituita in prevalenza da segni sugli alberi, poiché dal terreno emergono L’itinerario è sempre segnalato dal caratteristico segnavia; lungo il percor- solo rari sassi e nessuna roccia. Arrivati a un bivio (12’/2h 43’; q.r. 1285m) so, tra una tappa e l’altra, sono posizionati pannelli informativi su eventuali contrassegnato da un cippo confinario, si prosegue a sx per traccia di sentiero collegamenti, punti di ristoro, rifugi per il pernottamento. poco evidente, ma segnalata con la solita sigla A10, ripetuta con buona fre- Nel 1993 la Regione Liguria ha promulgato la Legge n. 5 "Individuazione quenza. Si continua a scendere, si arriva al bivio col sentiero che, staccandosi dell’itinerario escursionistico denominato ALTA VIA DEI MONTI LIGURI e a sx arriva al Faggio 40 (14’/2h 57’; q.r. 1210m) e si continua a scendere disciplina delle relative attrezzature" al fine di promuoverne la conoscenza per il ramo di dx. Si guada un ruscello (q.r. 1150m), si percorre un tornante e la fruizione, ma al contempo di garantire la tutela e la riqualificazione dx e si attraversa ancora lo stesso ruscello, questa volta passando sopra a un dell’ambiente naturale e dei valori storico-culturali e paesaggistici. L’Al- ponticello di legno (12’/3h 9’; q.r. 1125m), poi si passa accanto alla recin- ta Via e un’area protetta a tutti gli effetti: nella legge infatti sono previste zione di un vivaio forestale, si scende per un breve e ripido tratto e si arriva norme di comportamento equiparabili a quelle dei Parchi Liguri e precise a un piazzale sterrato (8’/3h 17’; q.r. 1055m), dove ci sono alcune tabelle del sanzioni nel caso questa venga violata. Parco Naturale Regionale dell'Áveto. Dal piazzale si può salire a sx e andare a visitare la grande costruzione che ospitava la Colonia della Fondazione Queste norme riguardano anche tutti gli itinerari di collegamento che favo- Antonio Devoto, ma se si vuole completare l’escursione ad anello, bisogna riscono l’accesso all’Alta Via dai centri delle medie e alte vallate. scendere a dx lungo la strada sterrata. All’incrocio successivo (6’/3h 23’; q.r. Informazioni più dettagliate sono reperibili nelle numerose pubblicazioni 1025m) si prosegue in discesa per il ramo di dx e dopo dieci minuti si torna al presenti in libreria oppure sul sito www.altaviadeimontiliguri.it. punto di partenza (7’/3h 30’; q.r. 960m), vale a dire sulla Strada Provinciale Testo tratto dalle schede edite dalla Regione Liguria col titolo Rete Natura 27 di Casségo. 2000 - Gli Itinerari nel SIC del e del Monte Ramaceto; lo stesso testo è contenuto anche nel sito http://provaloco.altervista.org/files/ L’Alta Via dei Monti Liguri e il Parco Naturale Regionale dell’Áveto. itinerario_1.pdf. Alcune escursioni descritte in questa guida interessano l’uno o l’altro di queste due istituzioni, volte entrambe, perciò riteniamo utile parlarne ma, essendo entrambe soggette a leggi e a regolamenti emanati dall’ente Regio- ne Liguria, per non commettere errori prendiamo le notizie direttamente dai documenti ufficiali. Alta Via dei MontiLiguri

L’Alta Via É un itinerario escursionistico lungo 440 Km, diviso in 43 tappe con una lunghezza media di circa 10 km, promosso dall’Associazione Alta Via dei Monti Liguri i cui soci fondatori sono il Centro Studi Unioncamere Liguri delle Camere dl Commercio Liguri, il Club Alpino Italiano e la Federazione Italiana Escursionismo. Da Ventimiglia (punto di partenza) fino a Ceparana (punto di arrivo), la Liguria viene attraversata lungo la linea di spartiacque dapprima Roja- Nervia, lungo il confine di Stato con la Francia, fino al (m 2200), la vetta più alta della Liguria, poi, per circa 300 km, lungo il crinale tirrenico-padano, per terminare seguendo la linea di separazione tra Magra e Vara.

126 127 Il Parco Il Parco dell’Áveto, situato nell’entroterra del Tigullio, tutela una delle zone più belle e significative dell’Appennino Ligure. Il territorio protetto, poco più di 3000 ettari, interessa tre valli, la Val d’Áveto, la Val Graveglia e la Valle Sturla, che presentano ciascuna caratteri peculiari: paesaggi di alta montagna, pascoli ed estese faggete in Val d’Áveto; prati pascolati, ca- stagneti, noccioleti, orti e uliveti in Valle Sturla e un paesaggio rurale ben conservato a uliveti e vigneti e, soprattutto, una grande varietà di rocce e minerali, e quindi di cave e miniere, in Val Graveglia. Il Parco comprende le principali cime di questa porzione di Appennino: il Monte Penna (1735 m), dal profilo caratteristico, la vetta più elevata del Parco; il Monte Aiona (1701 m), caratterizzato da estesi pascoli sul versante tirrenico e foreste di faggio su quello padano; i monti Zatta (1404 m) e Ramaceto (1345 m), entrambi dalla caratteristica forma ad anfiteatro, a strati arenacei nudi nel versante meridionale e ricoperti da folte faggete in quello settentrionale. Il Parco presenta una notevole ricchezza geologica, floristica e faunistica, tanto da costituire uno dei distretti maggiormente ricchi in biodiversità di tutta la Liguria. Grazie alla sua particolare posizione, inoltre, offre in ogni stagione opportunità diverse per chi lo voglia visitare; è quindi meta parti- colarmente ricca di fascino per gli appassionati di ambiente e di montagna. Colonia Devoto Sono numerose infatti le attività del tempo libero e sportive che vi si possono praticare, grazie al ricchissimo patrimonio escursionistico, costituito da una Antonio Devoto fondatore della Colonia Devoto fitta rete di sentieri percorribili a piedi, in mountain bike o a cavallo e, in La storia di questo personaggio è una storia di emigrazione nelle “Ameri- inverno, con le racchette da neve o con gli sci da fondo. Nel comprensorio che” dove molti liguri, ma non solo loro, si recarono a cercare fortuna, tra del Parco è inoltre possibile affrontare la discesa in canoa di alcuni tratti di la seconda metà dell’800 e primi decenni del ‘900 ma, a differenza di molte fiume o di torrenti, praticare il torrentismo grazie ad alcuni itinerari attrez- altre storie, questa è a lieto fine, perché il protagonista trovò davvero l’”A- zati ed effettuare arrampicate su spettacolari palestre di roccia. Ma il Parco merica”, fece fortuna e diventò molto ricco e potente. non è solo natura e sport: numerosi sono gli antichi borghi rurali, gli edifici Antonio Devoto (Lavagna 1832 - Buenos Aires 1916) partì da Cavi di Lava- religiosi e civili, i manufatti che meritano una visita, mentre una gita nel gna quando era molto giovane, verso la metà dell’800, e iniziò a lavorare Parco è sempre un’occasione per gustare e apprezzare i numerosi e saporiti a Buenos Aires assieme ai fratelli; faceva il garzone in una macelleria del prodotti tipici. quartiere di La Boca, dove tutti erano liguri; poi aprì un magazzino di ma- Testo tratto dal sito www.parks.it/parco.Áveto/par.php. teriali edili e in breve tempo diventò molto ricco. In seguito creò numerose imprese industriali, edili e bancarie. Acquistò grandi estensioni di terra nel- la pampa e fondò numerose aziende agricole, abitate per lo più da persone provenienti dal Piemonte e dalla Lombardia. Fu anche costruttore di ferro- vie e nel 1872 fondò il "Banco d’Italia e del Rio della Plata”. Nel corso della prima guerra mondiale costituì un comitato per inviare in Italia contributi in denaro e per facilitare il rimpatrio dei connazionali chia- mati alle armi; per questo suo impegno, pochi mesi prima di morire, fu insi- gnito dal re Vittorio Emanuele III del titolo di conte.

128 129 discosto pochi metri dalla strada. ampiamente dimostrato che la strategia del terrore fu messa in pratica dai Purtroppo lo stato di conservazione di questo storico edificio, in cui sono nazisti, proprio per creare il disaccordo tra i partigiani e la popolazione, e state scritte importanti pagine di storia nazionale, sono molto precarie e se che molte stragi operate dai nazifascisti erano programmate e sapientemen- nessuno interverrà, entro poco tempo diventerà un rudere irrecuperabile. te mascherate come reazione ad azioni partigiane. Si va avanti e si arriva (5’/5h 30’; q.r. 695m) all’incrocio con la strada asfal- Nella zona in cui ci stiamo muovendo, il primo nucleo partigiano si formò tata (Via Ciàn Panigà) che scende dal Passo di Romaggi e s’avvia verso dalle parti di Favale, subito dopo l’8 settembre del 1943, data dell’armisti- Villagrande di Cichèro, la prendiamo andando a dx in leggera salita e dopo zio concesso dall’esercito alleato al governo Badoglio che aveva sostituito pochi minuti si arriva al Passo di Romaggi (10’/5h 40’; q. 723m). il dimissionario governo fascista. Il gruppo era per lo più composto di gio- vani che non avevano risposto alla chiamata obbligatoria di arruolamento nell’esercito tedesco, o nelle milizie della Repubblica Sociale Italiana, la cosiddetta Repubblica di Salò. Tra loro c’erano anche ex prigionieri alleati La Resistenza ed ex militari del disciolto Esercito Italiano. All’inizio si dettero alla mac- Tra gli anni 1943 e 1945, nacque, crebbe e si sviluppò nel Tigullio, un forte chia al solo scopo di sottrarsi alla leva militare, poi però maturarono l’idea movimento di resistenza all’occupazione militare del territorio nazionale, che non erano loro ad essere fuori posto, erano i nazisti che si trovavano nel operata dell’esercito nazista e sostenuta dai reparti militari della Repub- posto sbagliato e per questo se ne dovevano andare. A questo punto decisero blica Sociale Italiana, erede del decaduto governo fascista. Il movimento di trasformare la clandestinità in guerriglia. di resistenza era nato in seno alla popolazione, e in parte anche a ciò che Questo gruppo di giovani lasciò presto la zona di Favale (novembre 1943) e restava del disciolto Esercito Italiano, e mirava principalmente a impedire si spostò nel “Casùn du Stecca”, il Casone dello Stecca, dove passa il nostro all’esercito occupante di esercitare il totale controllo sul territorio e sulla percorso escursionistico del Monte Ramaceto. Nessuno avrebbe immaginato popolazione; in alcune regioni nacquero addirittura delle zone libere, delle che quella sparuta schiera di giovani, di lì a pochi mesi, avrebbe dato vita piccole quanto effimere “repubbliche”. L’azione di resistenza si sviluppava alla “Divisione Cichero”, che in breve tempo diventò per i nazi-fascisti la attraverso atti di sabotaggio, sequestro di armi e di esplosivi, di generi di più temuta formazione militare partigiana della zona, e certamente una del- prima necessità e di documenti, come le preziose liste di leva che, in mano le più importanti della Liguria. Al comando di questa formazione c’era il ai nazisti, costituivano una pericolosa arma di controllo dei giovani soggetti ventiduenne Aldo Gastaldi, sottotenente del Genio Militare, che assunse il alla chiamata alle armi. Nei primi tempi, quando i partigiani erano poco e nome di battaglia di “Bisagno” e che diventò ben presto famoso, per le sue male armati, cercavano di evitare gli scontri armati, ma quando gli Alleati, azioni militari e il suo coraggio, non solo nelle valli in cui operava con la soprattutto inglesi e americani, iniziarono a rifornirli di armi, allora comin- sua formazione, ma in tutta la regione. Il comandante “Bisagno” mantenne ciò la guerriglia vera e propria, con attacchi alle caserme, ai presìdi e alle sempre buoni rapporti con la popolazione e impose ai suoi partigiani regole colonne di nazi-fascisti in marcia. Ovviamente queste azioni provocavano di comportamento rigidissime, rivolte alla massima lealtà nei confronti dei la reazione degli occupanti, che rispondevano con feroci rappresaglie nei commilitoni, dei superiori e della popolazione. confronti della popolazione inerme, arrivando in molti casi a distruggere Superato il duro periodo dei rastrellamenti, operati dai nazifascisti nell’esta- interi paesi. C’è da rimanere allibiti di fronte alla sproporzione tra l’azione te – autunno del 1944, la “Chichero” ricominciò a cresce numericamente, al e la reazione, basti pensare che, secondo il codice nazista, un tedesco morto punto che nel marzo del 1945 se ne decise lo sdoppiamento, nacque così la valeva dieci italiani, ma l’onta che rimarrà indelebile nella storia dell’uma- Divisione “Pinan Cichero” che operava nella zona a Nord Est di Genova. nità è che la reazione era sempre condotta da uomini in armi nei confronti di uomini, donne e bambini assolutamente inermi e indifesi. Alla lunga questo stato di cose portò al disaccordo tra i partigiani e la popolazione, costretta a La parola agli esperti: Marco Gallione. subire tali angherie, e produsse forti discordie tra chi riteneva che l’Italia si Verso la metà di settembre del '43, un sardo di cui non mi sovviene il nome, potesse liberare dall’occupazione nazista solo attraverso la guerriglia e chi e tre giovani siciliani: Severino, Rizzo e Giuseppe, abbandonate le caserme riteneva che, tutto sommato, fosse meglio non provocare reazioni: discordie di Caperana, un sobborgo di Chiavari, risalirono la vallata del Màlvaro fino e ferite non ancora del tutto sanate nel nostro Paese, nonostante sia ormai a Favale. Qualcuno del Comitato che, subito dopo l'armistizio, s'era costi-

158 159 tuito nella cittadina rivierasca, gli aveva fatto indossare degli abiti civili e settembre, avevano ripreso a circolare. li aveva indirizzati lassù, dove avrebbero trovato i partigiani; dando loro Poi, ai primi di ottobre, sul vi fu un convegno di dirigenti del anche una parola d'ordine, ma raccomandando di usarla con la massima Movimento di Liberazione, e si cominciò con l'assegnare le zone e dare delle discrezione e prudenza. direttive: la più importante era di attaccare e far fuori il maggior numero di Quei poveri ragazzi, arrivati che furono a Favale - e le scarpe slabbrate e fascisti e di tedeschi. Il fatto della mancanza di armi in realtà rappresentava scalcagnate, e l'abito stesso striminzito facevano pensare che fossero zingari un inconveniente trascurabile, poiché era ovvio che attaccando il nemico, le - cominciarono a chiedere a questo e a quello in cui s'imbattevano, dov'era il armi si sarebbero subito conquistate. Comando partigiano e, poiché tutti diffidavano, finirono con lo spifferare la Attaccare: con che cosa? parola d'ordine: « sutta a chi tucca! » che d'ora in poi, come una bandiera, Lo spietato massacro della Benedicta, segnò la fine del periodo di incuba- spronerà all'azione le nostre formazioni dell'entroterra genovese, diventan- zione del movimento partigiano nell'entroterra genovese. I colpi di mano di do il motto delle Divisioni Cichero. ribelli isolati stanno diventando vere e proprie azioni coordinate, e il Co- mando tedesco, fortemente preoccupato, con un grande rastrellamento tenta di distruggere quei focolai di ribellione, anche per rendere sicure le grandi arterie della Fontanabuona, del Trebbia e dell'Áveto che collegano la Ligu- ria con Piacenza e con Parma. Dalle basi di Monleone, nella Fontanabuona, e di Torriglia e Rezzoaglio sul- le strade del Trebbia e dell'Áveto, partono ogni giorno ingenti forze di fasci- sti inquadrati da tedeschi, e percorrono le mulattiere che portano sull'Antola e sul Ramaceto, setacciano le vallate, invadono villaggi sperduti sulle pen- dici di quei massicci, incendiano casolari, razziano bestiame, terrorizzano la gente del posto. Ma i partigiani, considerata l'impossibilità di opporsi validamente a quella furia, già hanno predisposto un piano di difesa: parte di essi, con a capo il Commissario, si spingeranno nel profondo delle cave di ardesia di Orero, cave abbandonate da anni, percorse da un labirinto di gallerie impraticabili che s'addentrano nel cuore delle montagne; mentre il resto delle forze, col nuovo Comandante della formazione, Bisagno, si rifugerà nei boschi di Pa- nexi, scaverà delle tane ai piedi degli alberi, e i partigiani potranno acquat- tarvisi, mentre il nemico, che non s'azzarda a penetrare nel folto, sfogherà la sua rabbia mitragliando alla cieca. Finché, dopo un paio di settimane, visto che quella lotta contro un nemico invisibile è destinata a non portare alcun C'era una baita appollaiata su un costone folto di castagni, in località Rocca risultato, il Comando tedesco ordina di ridiscendere a valle, lasciando che di Merlo, dov'erano rifugiati mezza dozzina di renitenti alla chiamata alle i fascisti, sui loro fogli, si vantino di avere liberato l'intera zona dai ribelli. armi e qualche inglese scampato dal vicino campo di Calvari. I contadini Ma ecco, improvvisa e fulminea, la risposta di Bisagno: intima al podestà di del posto gli portavano patate e farina di castagne: quel poco che potevano Ferriere di dare le dimissioni e di sloggiare dal paese; e poiché questi, forte dare, che altro non avevano, povera gente; i quattro giovani si sistemarono di un distaccamento di fascisti accasermatosi nelle scuole, si rifiuta di ottem- lassù con loro, mentre per tutta la valle e fin giù nelle cittadine rivierasche, perare all'ordine, al termine fissato blocca la statale e mentre un pattuglione con la presenza a Rocca di Merlo di quel pugno di uomini decisi a fare occupa il centro del villaggio attirando su di sé l'attenzione dei fascisti, col qualcosa, non importa cosa, pur di fare, già si stava acquistando fiducia nel grosso della formazione circonda la caserma e piomba da solo nell'interno domani e si guardava con commiserazione quei pochi fascisti che, dopo l'8 facendola saltare.

160 161 Indice delle note Indice

Abbazia di San Fruttosio di Capodimonte 25 Prefazione 5 Madonna di Caravaggio 41 I Monti di Filippo 7 San Tomaso del Poggio 43 Informazioni e consigli 9 Santa Maria in Valle Christi 44 Uno sguardo sul Golfo del Tigullio 11 Coreglia Ligure 45 Da Camogli a Portofino 15 Il Santuario di Montallegro 54 Anello del Monte Pegge, Manico del Lume e Madonna di Le strade Antiche 78 Caravaggio 29 Le Vie del Sale 80 Percorsi vari tra Rapallo e Montallegro Notizie dei castelli 95 Anello do Rapallo e di Montallegro 49 L’ardesia del Monte San Giacomo 111 Percorsi vari tra Rapallo e Montallegro L’Alta Via dei Monti Liguri 126 Scorciatoia per Monte Zuccarello 63 Il Parco dei Monti Liguri 128 Percorsi vari tra Rapallo e Montallegro Antonio Devoto fondatore della Colonia Devoto 129 Salita al M. Rosa e discesa a Rapallo per la Salita Montallegro 69 Uno sguardo sulla Val Fontanabuona 140 Percorsi vari tra Rapallo e Montallegro Romaggi di San Colombano Certenoli 143 Discesa da Montallegro a Rapallo per Valle Tuia 75 La Resistenza 158 Anello di Zoagli e di Monte Zuccarello 83 Curiosità e notizie 173 Anello di Lavagna sulla Via dell’Ardesia 99 Gli itinerari nel SIC del Monte Caucaso 175 Anello del Monte Zatta 117 Anello del Monte Pissaqua 131 Anello del Monte Ramaceto 145 Anello del Monte Caucaso 163 Indice delle note 178 Indice 179

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