Venceslao Santi Pievepelago E La Rivoluzione Del 1831 I. I Fatti

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Venceslao Santi Pievepelago E La Rivoluzione Del 1831 I. I Fatti Venceslao Santi Pievepelago e la rivoluzione del 1831 I. I fatti precedenti Le frequenti ruberie, le molteplici requisizioni, le leve forzate e le violenze di ogni maniera che dal 1796 al 1814 furono fatte anche nella provincia di Modena dai Francesi calati in Italia per portarvi, dicevano essi, la libertà e l’eguaglianza, avevano suscitato nell’animo dei Frignanesi, forse più che negli abitanti delle città e della pianura, una così profonda avversione contro la dominazione e gli ordinamenti di quei nuovi apostoli di libertà, che nel 1814 anche quassù fu accolta con gioia la noti- zia della disfatta di Napoleone I e venne salutata con entusiasmo l’instaurazione nel ducato di Mo- dena di Francesco IV, già preannunciata quale apportatrice di pace, di giustizia e di prosperità mate- riale e morale. E, come accade sempre nelle forti reazioni, il popolo non si restrinse a stigmatizzare gli eccessi del- la rivoluzione e della egemonia francese, ma arrivò perfino a giudicare come funeste nella vita pra- tica quelle dottrine fondamentali civili e politiche che formano la conquista più bella di quel grande rivolgimento. Si ebbe così una novella prova che i nemici più funesti alla vera libertà sono coloro che di questa fanno maggiore abuso. Dall’altra parte il nuovo duca, prodigando ai suoi sudditi blandizie paterne, proteste amorevoli, ge- nerose largizioni, secondandone i desideri col ripristino di istituzioni predilette, colla costruzione o col riattamento di strade, colla somministrazione di lavoro e di commestibili nelle annate penuriose, esonerandoli o alleggerendoli da tasse gravose, li rese più devoti e più sottomessi al principato asso- luto e perciò più alieni dalle innovazioni e dai mutamenti politici. Onde avvenne che i frignanesi mal disposti da questi fatti precedenti verso i propugnatori di rivoluzioni governative, non si com- mossero punto, tranne qualche rara eccezione di individui appartenenti alla classe più colta, ai moti liberali del 1820 e 1821 e poco a quelli del 18311. Allorché nel principio di quest’anno i liberali dell’Emilia e delle Romagne, incoraggiati dall’esito felice delle rivoluzioni della Francia e del Belgio e più ancora dalle promesse dirette e indirette di Luigi Filippo, raddoppiarono la propaganda in favore di un rivolgimento destinato a sostituire, al- meno nell’Italia centrale, un regime costituzionale al governo assoluto, Francesco IV, venuto a co- noscenza di questo lavorio, procurò di opporvisi specie coll’impedire l’introduzione nel suo stato “di libri e fogli volanti contenenti massime contrarie alla pubblica tranquillità ed alle legittime auto- rità”. A tal uopo, colla data 24 gennaio 1831, fece dal governatore di Modena March. Luigi Cocca- pani mandare anche al facente le funzioni di Sindaco in Pievepelago, Marco Ferrarini, una circolare con cui lo eccitava a non permettere la circolazione “in cotesto Comune di libri od altri fogli che non fossero muniti del bollo voluto dalla stabilita censura sulle stampe” e ad usare “la più attenta vigilanza sui Pedoni, conoscendosi che si procurava l’introduzione di tali perniciosi libri e stampe specialmente col mezzo loro”2. Il 2 febbraio poi il medesimo governatore scriveva al Ferrarini: “E’ a notizia del governo, che alcuni mossi da reo disegno di trarre partito dalle circostanze dei tempi, onde predisporre gli animi a poli- tici cambiamenti, si permettono non solo di sragionare delle pubbliche notizie che vengono stampa- te nelle Gazzette, ma anche d’inventarne altre allarmanti, esagerate, e tali da far temere vicini peri- coli, torbidi ed insurrezioni, che compromettono l’ordine e la pace pubblica. Disprezzerebbe il go- 1 Il paese delle montagne modenesi nel quale il rivolgimento politico del 1831 fu accolto con maggiore simpatia e con più efficace cooperazione fu Fanano dove Francesco IV, subito dopo i moti patriottici del 1821 aveva per ragioni politi- che, istituito un Convitto Legale, come sezione dell’Università. 2 I documenti che servono di base a questa narrazione sono tratti, per la massima parte, dall’Archivio di Stato di Mode- na e da quello del Comune di Pievepelago. 1 verno, né si prenderebbe alcuna cura del contegno di tali maleintenzionati, se ciò non influisse diret- tamente a destare timori ed angustie in tante buone persone e famiglie, che costituendo il massimo numero di sudditi leali e fedeli si trovano oltremodo esposte a dispiaceri nell’apprensione che ad ar- te è ad essi insinuata di mutazioni e di vicende funeste nella pubblica quiete e tranquillità. In conse- guenza di ciò invito la S. V. di portare la maggiore vigilanza sopra gl’individui che si permettono discorsi allarmanti sulle vicende dei governi, e sui fatti che li riguardano, alterandoli od immagi- nandoli per modo da produrre e spargere timori ed angustie sulla continuazione della pubblica quie- te e dello stabilito ordine legittimo. Acquistata notizia dell’individuo od individui che si permettono gli enunciati discorsi, e conosciuta la di loro arte, saranno da lei chiamati, e premesso un processo verbale dei discorsi che avessero te- nuti, si riceverà la loro dichiarazione, o affermativa o negativa del fatto, e si rimanderanno, avver- tendoli nel primo caso che si terrà la cosa a calcolo, onde conoscere a suo tempo se per loro parte vi ebbe maliziosa esagerazione, od invenzione, e nell’altro caso poi procuri V. S. di rendere notoria la dichiarata insussistenza dell’allarmante discorso. Se l’individuo poi al riprovevole enunciato di lui contegno unisse anche qualche mancanza di rispetto, in allora lo farà arrestare, dandone immediato rapporto al governo”. II. La rivoluzione Queste istruzioni e questi comandi arrivarono a Pievepelago la sera del giorno 5, quando cioè, scoppiata nella notte dal 3 al 4 febbraio quella rivoluzione intorno a cui la circolare pretendeva dile- guare nei montanari non solo le voci, ma finanche i sospetti, Francesco IV, spaventato, abbandona- va la capitale del ducato per recarsi ad invocare la protezione e il soccorso del Governo Austriaco. La notizia ufficiale di tale avvenimento pervenne a Pievepelago insieme all’annunzio che alla Reg- genza lasciata dal duca era stata sostituita dai liberali una Giunta Provvisoria, la quale poi il giorno 9 rassegnò il potere all’avvocato Biagio Nardi col titolo e coll’autorità di Dittatore. Per guadagnare simpatie al nuovo governo, il Dittatore mediante circolare dell’11 febbraio notificò ai popoli della provincia la soppressione della tassa personale, ed il Governo Provvisorio, instaurato il 22 dello stesso mese, con editto del 28 abolì la pena del confisco e con altro del 2 marzo, certa- mente a dileguare il timore di quelle leve forzate che al tempo di Napoleone I avevano tanto irritato gl’Italiani, dichiarò che non vi era, né vi sarebbe stata mai coscrizione militare e che al bisogno l’arruolamento sarebbe stato volontario. Rispetto a Pievepelago in particolare dal Nardi il 13 febbraio fu imposto al Brigadiere dei Dragoni qui stazionato di trasferirsi prontamente a Modena senz’armi; il 14 venne emanato l’ordine di far cantare dai parroci, nella domenica del 20, un solenne Tedeum pel felice cambiamento di esso; il 16 si invitò l’autorità comunale a pubblicare avviso “portante che il sig. Saverio Cabonargi3 era auto- rizzato a inscrivere quei giovani che amavano far parte della guardia nazionale in questo paese”; ed il 18 fu nominato Sindaco del Comune, in luogo del Ferrarini legittimista inflessibile, Vincenzo Giacobbi, liberale, che prese possesso della sua carica nella seduta plenaria del 26. L’accoglienza fatta dalla popolazione di Pievepelago al mutamento di governo ed il contegno di es- sa durante il breve regime dei liberali, per i motivi sopra accennati e pel ricordo dei moti infelici del 1820-1821, fu piuttosto fredda ed improntata a molta diffidenza. Nei primi 13 giorni dopo la fuga del duca da Modena non venne fatta alcuna dimostrazione palese- mente favorevole al nuovo governo: solo il 19 febbraio, massime per iniziativa di Venanzio di Fi- lippo Vignocchi e di Domenico di Giovanni Galassini, “fu fatta in questo capoluogo una bandiera a tre colori, bianca, rossa e verde, che venne portata in giro pel paese ed affissa nella pubblica piaz- za”. Poco tempo appresso dai medesimi individui, coadiuvati da Giuseppe Vignocchi fratello di Venanzio e diretti dal predetto Saverio Cabonargi, “fu istituita una guardia nazionale provvisoria pel mantenimento del buon ordine, col distintivo di un nastro di cordella tricolorata al braccio sini- 3 Era figlio del notaro Vincenzo di Groppo. 2 stro, della quale fecero parte Vignocchi Venanzio, Vicini Giulio, Venturi Domenico, Galassini Do- menico, Vignocchi Giuseppe, Vignocchi Vincenzo, Vignocchi Gio. Battista di Luigi, Guerri Gio- vanni, Marcolini Gio. Domenico fu Angelo, Venturi Pellegrino fu Domenico e Serafini Angelo fu Gio. Battista”. A questi fautori del nuovo ordinamento si aggiungevano il chirurgo Pietro Manfredini di S. Anna che arrivò fino a strappare al sedentario di Finanza, residente in quella frazione, i bottoni della mon- tura perché portanti l’effigie dell’Aquila Estense, e Vincenzo Fini di Angelo di Pievepelago, il quale di giorno e di notte girava spesso per il paese gridando ad alta voce: Evviva l’Italia! Evviva l’unione! Evviva l’indipendenza! alternando a queste sante parole imprecazioni ed invettive contro il governo assoluto. Il luogo dove si radunava il piccolo manipolo di pievaroli “attaccati al governo rivoluzionario” co- me li designavano i legittimisti, era l’osteria di Luigi Giovanetti, ed ivi i convenuti si comunicavano le scarse notizie che arrivavano dalla capitale e discutevano di alta e bassa politica. All’arruolamento di volontari indetto dal governo provvisorio due soli furono gli aderenti in tutto il comune di Pievepelago, cioè Simone Mucci dalle Tagliuole, che seguì poi il generale Carlo Zucchi fin presso Ancona, e Giovanni Antonio Masoni che il 4 marzo fu inscritto nei cacciatori a cavallo. Vincenzo Crovetti che il 1° marzo era partito da Pievepelago col Masoni per arruolarsi nelle truppe volontarie, non si presentò all’ufficio d’inscrizione.
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